PDF - Spaghetti Writers

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Non so dove mi porterà, #6
Federico Malvaldi
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Sarei potuto tornare a casa. Avrei potuto mettere quell’appartamento sottosopra alla ricerca di non so
cosa. Cercare tutto quello che non mi tornava di quell’uomo. Ma non lo feci, rimasi lì, in quella sala
d’aspetto fredda e odorante di detersivi e disinfettante. Rimasi lì, aspettando qualcosa o qualcuno.
Aspettando che un dottore venisse a dirmi cosa era successo, come se i dottori lo sapessero davvero, ogni
tanto.
Nessuno sa mai nulla. Nessuno sa mai dirti cosa sta succedendo, non sanno far altro che prendere
tempo, dirti che stanno valutando la situazione, che si vedrà. E così rimasi in quella sala d’attesa, senza
sigarette e, soprattutto, senza sapere cosa fare.
Ero appena uscito a prendere una boccata d’aria gelida quando una giovane dottoressa dai capelli rossi
uscì fuori per fumare una sigaretta. Era molto bella, ma ancora di più lo era la sigaretta che teneva tra le
labbra. Ci guardammo per un secondo, poi io distolsi lo sguardo e mi appoggiai al muro dell’ospedale
stringendomi nel cappotto: era un freddo maledetto.
«Ne vuole una?» Mi chiese.
«Come?»
«Vuole una sigaretta?»
«Se le avanzano.»
«Le sigarette non avanzano mai, ma sono sempre una buona scusa per fare quattro chiacchiere.»
«Già.» Dissi prendendo la sigaretta che mi stava offrendo. Una Nazionale. «Cristo Santo, pensavo che
queste non le facessero più.»
«E invece…»
«Sono state le prime sigarette che ho fumato. Però erano senza filtro, mio padre le teneva nascoste in un
mobiletto nel suo ufficio… che schifo, erano… un po’ vecchie.»
Lei mi sorrise e mi passò l’accendino. Lo presi, accesi la sigaretta e aspettai di sentire il cuore rallentare.
Chiusi chi occhi, feci un sospiro e le ridetti l’accendino. Quando riaprii gli occhi lei mi stava
guardando.
«Cosa ci fa qui?» Mi chiese.
«Aspetto una persona.»
«Chi?»
«Non lo so.»
«Non lo sa?»
«Lo conosco appena.»
Lei mi guardò senza capire.
«Voglio dire… Cazzo. Sono andato a vivere da quest’uomo da pochi giorni. E… è un vecchio cieco, un
nero.»
«Oh, il Signor Marquez.»
«Lei sa qualcosa?»
«Stiamo facendo degli accertamenti.»
«Non mi dica così anche lei.»
«E cosa dovrei dirle?»
«Cos’ha.»
«Lei è un parente?»
«No, non lo sono. Ma quell’uomo non ha parenti, non ha proprio nessuno. Ha uno scrittore fallito che
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vive con lui da una settimana e una vecchia domestica che però non risponde più al telefono.»
«Ne è sicuro?»
«No.»
La dottoressa sorrise e io rimasi a guardarla in attesa di una risposta.
«E il suo amico dove è andato?» Mi chiese.
«Quello bello e ricciolo?»
«Sì.»
«Ma lei lavora o osserva la gente che gira in sala d’attesa?»
«Un po’ tutte e due le cose.»
«È alla ricerca del principe azzurro e lo cerca qui? In tal caso le dico subito che Edoardo è un disastro
con le donne.»
«Lo terrò presente» sorrise ancora, nel dirlo.
Finimmo le nostre sigarette e si apprestò a rientrare.
«Mi dice come sta Marquez?» Le chiesi con un tono un po’ troppo supplichevole.
«Sta bene. Tra poco la faccio entrare, ok? Ma ha solo cinque minuti.»
«Va bene.»
Quel “tra poco la faccio entrare” si rivelò essere un’altra ora d’attesa che passai a guardare i cartoni
animati nell’ala dedicata ai bambini. Eravamo io e Bobby, un ragazzetto di cinque anni che chiedeva il
perché di ogni cosa. Mi aveva appena chiesto se i pesci bevono quando la dottoressa mi venne a
chiamare e gliene fui infinitamente grato. Chi lo sa se i pesci bevono?
«Solo cinque minuti, va bene?» Mi disse mentre attraversavamo corridoi pieni di gente moribonda e di
dottori che facevano di tutto tranne che affrettarsi a curare la gente.
«È sveglio?» Chiesi.
«Più o meno?»
«Più o meno? Cosa vuol dire?»
«Vuol dire che ha perso molto sangue e che sarebbe meglio se lo lasciasse dormire.»
«Allora che lo vedo a fare?»
«Così si tranquillizza. Vede che sta bene e può andare a casa senza rimanere a guardare i cartoni animati
coi bambini.»
«Ma…»
«Siamo arrivati, è qua dentro» mi disse fermandosi davanti a una stanza che conteneva solo due letti.
«Mi dica cosa è successo.»
«Una ferita da arma da fuoco. Nell’addome.»
«Che cosa?»
«Già.»
«La polizia sa nulla?»
«Non ancora. Quelli si mettono sempre nel mezzo e quando devi salvare qualcuno non è il massimo
averli tra i piedi. Li avvertiremo domani mattina. Che poi sarà tra poche ore. Quindi le consiglio di fare
la sua visita e andarsi a riposare.»
«Cazzo.»
«Già.»
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Rimasi imbambolato a guardare il vecchio che dormiva nel suo letto.
«Entri» mi disse la dottoressa. «Vengo a chiamarla tra cinque minuti.»
Feci come mi aveva detto. Il letto accanto all’uomo era occupato da una vecchia stramba che parlava da
sola. Quando entrò mi guardò con sguardo disperato. «Hai visto Jack, ragazzo? Il mio Jack? Se non lo
trovo non può darmi i cioccolatini.»
Scossi la testa e sussurrai un mi dispiace. Poi mi avvicinai al letto del mio padrone di casa. Un leggero
fischio accompagnava ogni suo respiro. Era tutto intubato e pieno di fili. Solo guardarlo mi faceva sentir
male.
«Ma che cazzo ha combinato?» Sussurrai più a me che a lui «Porca merda.»
Mi venne automatico prendergli la mano, come se si fosse trattato di un vecchio nonno. Forse fu il
freddo della mia mano o non so cosa, ma aprì immediatamente gli occhi. Ancora una volta ebbi
l’impressione che non fosse cieco come diceva la Signora Maria.
«Ehi» gli dissi stringendogli la mano.
«Che cazzo fai, sei finocchio?»
Gliela lasciai immediatamente.
«Se sei un finocchio fai le valigie e vattene da casa mia, va bene? Porca troia siete tutte checche…»
La tosse gli impedì di continuare a inveire contro di me. Non sapevo cosa dire, ma la tentazione di
prendere il cuscino sul quale appoggiava quella sua testa dura e soffocarlo era immensa.
«Mi dice cosa è successo?» Gli chiesi cercando di mantenere la calma.
«Non sono affari tua.»
«Allora la prossima volta la lascio crepare in cucina, va bene?»
«Sì, così te ne ritorni da mamma e papà.»
«Vaffanculo.»
«Senti ragazzino, cosa vuoi?»
«Cosa voglio? Porca puttana, mi chiede cosa voglio? Prima sparisce per ore senza far sapere nulla a
nessuno, poi riappare pieno di sangue e mi sviene davanti gli occhi. Ho aspettato quasi dieci ore in
questo posto di merda per sapere se era vivo o era crepato, mi è stato chiesto se i pesci bevono. Cristo
Santo, lei lo sa? No lei non lo sa, non sa un cazzo! E mi viene a chiedere cosa voglio? Ma vada
affanculo.»
«Infermiera? C’è un’infermiera, questo qui mi sta dando fastidio. Infermiera!»
Si mise a suonare a ripetizione il campanello delle emergenze e a urlare a più non posso. Io rimasi
imbambolato a guardarlo come un cretino. Tutto mi sembrava surreale e pensai davvero di andare a
casa, fare i bagagli e tornare dai miei o da qualsiasi altra parte. In quel momento anche passare la notte
sotto un ponte mi sembrò preferibile al rimanere anche solo un’altra ora dentro il mondo di
quell’uomo. Ma non ne sarei mai uscito da quel mondo e purtroppo non lo sapevo ancora.
Arrivò la dottoressa che mi buttò fuori dalla stanza in malo modo e cercò di calmare il Signor Marquez.
Stetti un quarto d’ora ad aspettarla lì fuori, senza riuscire a far altro che guardare il via vai dei medici.
Quando uscì aveva una faccia esausta.
«La accompagno fuori.» Mi disse. Io annuii e mi limitai a seguirla.
«Senti…» mi disse quando fummo usciti dall’ospedale. «Non è la prima volta che il Signor Marquez
finisce qui.»
«Che cosa?»
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«È… complicato. Ma non sta a me spiegarti la situazione.»
«E a chi sta?»
«Domani lo rimandiamo a casa e ci sarà anche la signora Maria. Sarà tutto chiaro. Vai a letto ora e
dormi un po’. Ti servirà.»
«Dovrei andarmene da quella casa»
«Un affitto così basso non si trova in giro.»
«E lei come…»
«Dammi del tu. Mi chiamo Chiara.»
Annuii. «Luca.»
Mi sorrise e mi dette una pacca sulla spalla. Io la guardai immerso nel mio sconforto.
«Allora vado.» Dissi.
«Sì» rispose.
Ci guardammo in silenzio.
«Non ti darò il mio numero» Aggiunse.
Annuii di nuovo e mi avviai verso casa. Dopo poco mi sentii chiamare ed era lei. Mi dette un pacchetto
di Nazionali per avere la compagnia delle sigarette lungo il tragitto. La ringraziai e proseguii. Quando
aprii il pacchetto per fumare mi accorsi che oltre a tre sigarette e un accendino c’era un biglietto col suo
numero di telefono con accanto scritto un breve messaggio: “In caso di necessità.”
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