La filiazione legittima e naturale. Le azioni a tutela dello status

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La filiazione legittima e naturale. Le azioni a tutela dello status
La filiazione legittima e naturale. Le azioni a tutela dello status
(Maria Dossetti – Milano, 21 ottobre 2009)
Bibliografia essenziale generale
Rimane insuperato, anche se non aggiornato, il testo del prof. Cattaneo:
CATTANEO, Della filiazione legittima, in Commentario Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1988
Si possono inoltre utilmente consultare i contributi dedicati alla filiazione in
Trattato di diritto di famiglia diretto da Zatti, II, Milano, 2002
Il diritto di famiglia. Trattato Bonilini-Cattaneo, II ed., Torino, 2007
Il nuovo diritto di famiglia. Trattato diretto da Ferrando, Bologna, 2007
Codice della famiglia ipertestuale, Torino, Utet, 2009
1) Gli status o lo status di filiazione? Modi diversi di accertamento per un unico status
Con riguardo al rapporto di filiazione, il temine “status” è da tempo utilizzato in due diverse
accezioni:
a) status in senso sostanziale, che designa il rapporto tra il figlio e i genitori che lo hanno
generato, e che sussiste per il solo fatto della procreazione, indipendentemente dal suo
accertamento (art. 30 Cost.). Di conseguenza, il figlio, anche nato fuori del matrimonio, ha
diritto al mantenimento da parte di entrambi i genitori fin dalla nascita (v., da ultimo, Cass.,
25 febbraio 2009, n. 4588, in Foro it., 2009, 1026; Cass., 17 dicembre 2007, n. 26575, in
Fam. e dir., 2008, 563 e Trib. Trani, 27 settembre 2007, ibidem, 564)
b) status in senso formale, che si riferisce al rapporto di filiazione giuridicamente accertato e
che colloca la persona in una determinata relazione con i suoi genitori, la famiglia, la società.
Mentre la titolarità dello status in senso sostanziale spetta ad ogni essere umano ( v.
FERRANDO, La filiazione naturale e la legittimazione2, in Trattato Rescigno, 1997, p. 99 ss.;
BIANCA, La famiglia, Milano, 2005, 345 ss. Cfr. Corte cost., 28 novembre 2002, n. 494, in
Giur. it., 2003, 868 e 1306; Foro it., 2004, I, 1053; Fam. e dir., 2003, 119, sulla ammissione
alla dichiarazione giudiziale di paternità e maternità naturale dei figli incestuosi: ogni persona
ha diritto ad uno status filiationis), l’attribuzione dello status in senso formale è regolato dalle
norme sull’accertamento del rapporto di filiazione, a seconda che la nascita sia avvenuta nel
matrimonio o fuori del matrimonio. E ancora oggi la diversa origine incide sulla disciplina del
rapporto di filiazione.
Tuttavia il legislatore si sta attualmente orientando a introdurre una vera e propria
unificazione della disciplina del rapporto di filiazione, con l’eliminazione degli aggettivi
“legittimo” e “naturale” e quindi la eliminazione di ogni distinzione quanto agli effetti della
filiazione [v. disegno di legge (Bindi e altri) n. 2514, presentato alla Camera dei deputati il 12
aprile 2007]. E’ bene sottolineare che dovrà trattarsi di parificazione, non di equiparazione
della filiazione naturale a quella legittima, che presupporrebbe una condizione privilegiata
della filiazione legittima. Un passo importante nel senso del superamento delle differenze di
disciplina tra le due filiazioni è stato compiuto dalla l. 54/2006, sull’affidamento condiviso:
l’art. 4 estende l’applicazione della legge ai figli di genitori non coniugati, e quindi, in
particolare, l’art. 155, 1° comma, che dispone che i figli hanno diritto di conservare rapporti
significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale (v. DOSSETTI, La
disciplina unitaria dello status di figlio: un adempimento che non può essere rinviato, in Fam.
Pers. e Succ., 2006, 418).
Dovrà invece essere mantenuta la diversità nell’accertamento della sussistenza dello status di
filiazione o, meglio, del rapporto tra il figlio e i suoi genitori.
In particolare, dovrà rimanere la rilevanza del matrimonio nell’accertamento dello status dei
figli nati da genitori coniugati, mentre il principio volontaristico potrà continuare ad essere il
fondamento del sistema di accertamento della filiazione rispetto a genitori non coniugati.
Oggi, l’istituto del matrimonio è sempre più depurato dall’idea che esso attribuisca ai coniugi
e ai figli uno status di dignità superiore, mentre viene in primo piano la sua natura di impegno
con cui i coniugi assumono diritti e doveri reciproci, e nei confronti dei figli, con carattere
“programmatico”, ossia tendenzialmente per tutta la vita.
Tuttavia, l’unificazione dello status di filiazione potrà incidere sulle azioni di stato, rendendo,
ad esempio, superata l’azione di contestazione della legittimità fondata sulla mancanza di
matrimonio tra i genitori.
2) I modi di accertamento della filiazione
a) Filiazione legittima. L’accertamento avviene in modo automatico, in presenza di alcuni
presupposti: matrimonio dei genitori; concepimento in costanza di matrimonio; nascita dalla
moglie e presunzione di paternità (art. 231 c.c.). Filiazione legittima indivisibile, nel senso
che si può essere figli legittimi soltanto di due genitori.
b) Filiazione naturale. L’accertamento è fondato sul principio volontaristico: riconoscimento
dei genitori, ovvero dichiarazione giudiziale di paternità o maternità naturale promossa dal
figlio. Filiazione naturale divisibile, nel senso che l’accertamento del rapporto di filiazione nei
confronti di ciascuno dei genitori deve avvenire in modo autonomo.
3) Le azioni di stato in generale
Nell’esposizione tradizionale si distingue tra azioni di stato legittimo e azioni relative alla
filiazione naturale.
I principi ispiratori della disciplina delle azioni di stato: certezza dello status e verità dello
status, che di per sé sono confliggenti. Esigenza di bilanciamento tra questi due principi.
In linea di principio, la riforma del diritto di famiglia ha dato maggior spazio alla ricerca della
verità: estensione della legittimazione all’azione di disconoscimento; eliminazione dei limiti
alla ricerca della paternità naturale; ampliamento dei termini delle azioni di stato.
Quanto all’esigenza di certezza degli status, essa è normalmente assicurata dalle regole in
materia di legittimazione e di limitazione temporale dell’azione: ad esempio, in linea di
principio le azioni di stato sono imprescrittibili riguardo al figlio, mentre si prescrivono con
riguardo agli eredi o ai discendenti.
Fa eccezione l’azione di disconoscimento, i cui limiti peculiari (in particolare quanto a
legittimazione e termini) sono dettati non solo a presidio dello stato di legittimità, ma
corrispondono anche all’esigenza che non sia messa in dubbio, senza fondate ragioni, la
fedeltà della moglie.
La Corte europea dei diritti dell’uomo (sent. 24 novembre 2005, n. 74826, in Fam., Pers. e
Succ., 2006, 188) ha riconosciuto che l’istituzione di un termine per l’esercizio dell’azione di
disconoscimento può essere giustificato dalla preoccupazione di garantire la certezza giuridica
dei rapporti familiari e di proteggere l’interesse del minore; tuttavia il termine deve essere tale
da realizzare un bilanciamento con l’interesse del ricorrente a far cadere la presunzione di
paternità.
4) La presunzione di paternità ex art. 231
La presunzione opera quando è formato un titolo dello stato di figlio legittimo. In questo
modo, la moglie, che ha commesso adulterio, può denunciare il figlio come nato da donna che
non vuole essere nominata (e in questo caso il figlio sarò figlio di ignoti); oppure riconoscerlo
nell’atto di nascita come proprio figlio naturale.
Interpretazione dell’art. 30, 1° comma, ord. stato civ. (“La dichiarazione di nascita è resa…
rispettando l’eventuale volontà della madre di non essere nominata”): in argomento v.
DOSSETTI, L’accertamento della filiazione legittima tra automatismo e principio
volontaristico, in Scritti in memoria di Giovanni Cattaneo, Milano, 2002, p. 817 ss., e in
Giur. it., 2002, 1992)
5) L’azione di disconoscimento della paternità ex art. 235
.
5.1 I presupposti o condizioni di procedibilità
- Mancata coabitazione
- Impotenza (il giudicato che respinge la domanda per uno dei presupposti non impedisce che
la domanda venga ripresentata per l’altro: App. Milano, 14 febbraio 1997, in Fam. e dir.,
1998, 1451)
- Adulterio: cfr. Cass., 5 giugno 2004, n. 10742, in Fam. e dir., 2004, 569, che ha sollevato la
questione di costituzionalità dell’art. 235, comma 1, n. 3 c.c. nella parte in cui subordina
l’utilizzo delle risultanze della prova genetica o ematologica alla raggiunta prova
dell’adulterio della moglie.
La Corte costituzionale, con sent. 6 luglio 2006, n. 266, ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale dell’art. 235 c.c. nella parte in cui, ai fini dell'azione di disconoscimento della
paternità, subordina l'esame delle prove tecniche, da cui risulta “che il figlio presenta
caratteristiche genetiche o del gruppo sanguigno incompatibili con quelle del presunto padre”,
alla previa dimostrazione dell'adulterio della moglie. Nella motivazione della decisione si
legge: “Il subordinare...l'accesso alle prove tecniche, che, da sole, consentono di affermare se
il figlio è nato o meno da colui che è considerato il padre legittimo, alla previa prova
dell'adulterio è, da una parte, irragionevole, attesa l'irrilevanza di quest'ultima prova al fine
dell'accoglimento, nel merito, della domanda proposta; e, dall'altra, si risolve in un sostanziale
impedimento all'esercizio del diritto di azione garantito dall'art. 24 della Costituzione. E ciò
per giunta in relazione ad azioni volte alla tutela di diritti fondamentali attinenti allo status e
alla identità biologica”.
La sentenza della Corte costituzionale è formalmente una dichiarazione di incostituzionalità,
ma ha le caratteristiche di una sentenza interpretativa. La precisazione è importante, perché la
Corte non ha stravolto l’impianto dell’art. 235, e dunque continuerà ad essere onere
dell’attore in disconoscimento provare i fatti a sostegno della domanda. Una soluzione
diversa, che aprisse la strada a indagini meramente esplorative, renderebbe inutile l’intero art.
235, come anche la stessa presunzione di paternità (cfr. BEMBO, Prova dell’adulterio e
indagini emogenetiche: la svolta della Consulta, in Fam., Pers. e Succ., 2007, 628.).
Inoltre, ancorare l’azione di disconoscimento ai presupposti tradizionali permette che possano
continuare ad essere applicate le regole sui termini dell’azione, e sulla loro decorrenza.
Prime applicazioni della sentenza della Corte costituzionale: Cass., 22 febbraio 2007, n. 4175,
in Fam. e dir., 2007., 787; Cass., 3 aprile 2007, n. 8356)
In ogni caso, perché non sorgano dubbi in ordine al corretto svolgimento delle indagini ed alla
possibilità che siano avvenute manipolazioni, è indispensabile la garanzia che la consulenza
tecnica sia svolta sotto la sorveglianza del giudice e nel contraddittorio tra le parti; ciò
permette anche di garantire il bene individuale della riservatezza dell'informazione genetica
da abusi (cfr. Garante della privacy, provvedimento 27 novembre 2008: considerata
illegittima la raccolta di campioni biologici del ricorrente e la loro analisi all’insaputa dello
stesso, e vietato l’utilizzo delle risultanze nel procedimento di disconoscimento della paternità
5.2. Termini e decorrenza
La Corte costituzionale è intervenuta più volte sulla decorrenza dei termini, come disciplinati
dall’art. 244.
Pima della sentenza della Corte cost. v. anche Cass., 25 febbraio 2005, n. 4090, dove si è
respinta la domanda di disconoscimento per decorrenza dei termini, che iniziano a decorrere
dal momento in cui si viene a conoscenza dell’adulterio della moglie, e non, come pretendeva
l’attore, dal momento in cui egli raggiunge la “certezza” negativa della sua paternità
biologica. Dopo la sentenza della Corte, questo principio è stato confermato da Cass., 23
ottobre 2008, n. 25623, in Foro it., 2008, 3444
5.3. Legittimazione
- In particolare, il preteso padre naturale non è legittimato a proporre l’azione ma può essere
ammesso a testimoniare nel giudizio (App. Milano, 18 marzo 1997, in Dir. famiglia, 1998,
1451), e può anche essere ammesso ad intervenire nel giudizio davanti alla Corte
costituzionale, relativo alla pretesa incostituzionalità della sua esclusione dalla legittimazione
a promuovere l’azione di disconoscimento (Corte cost. 27 novembre 1991, in Giur. it., 1992,
I, 1, 385)
Litisconsorzio necessario passivo(art. 247)
- Trasmissibilità dell’azione (art. 246): successione in senso lato di soggetti che normalmente
sono anche eredi, ma succedono non in quanto tali, ma in quanto congiunti.
- Morte del titolare dell’azione in pendenza del giudizio: si applica l’art. 110 cpc (subentrano
gli eredi) o l’art. 246? L’orientamento più accreditato ritiene che si applichi l’art. 246, che
sembra una ipotesi di successione anomala (ma, in contrario v. recentemente Trib. Monza, 1°
marzo 2005)
5.4 Effetti del disconoscimento e cognome
- Accertamento automatico della maternità naturale nei confronti della madre. Ma gli ufficiali
di stato civile lo ammettono se è la madre che ha fatto a suo tempo la dichiarazione di nascita,
altrimenti necessità del riconoscimento
- In linea di massima il figlio perde il cognome del marito e assume quello della madre.
Tuttavia può mantenere il suo cognome originario, se questo è diventato segno distintivo della
sua personalità (v. Corte cost., 3 febbraio 1994, n. 13, Corte cost., 23 luglio 1996, n. 297;
Corte cost., 11 maggio 2001, n. 120).
6) L’azione di disconoscimento della paternità ex art. 233
Natura dell’azione e oneri probatori (Trib. Bologna, 7 giugno 2004; Cass., 29 dicembre 1990,
n. 12211, in Foro it., 1992, I, 198)
Nullità del matrimonio ex art. 122 c.c.: il matrimonio può essere annullato anche quando la
gravidanza, accertata all’epoca delle nozze, sia stata portata a termine dopo i 180 giorni dal
matrimonio e il disconoscimento sia stato pronunciato ai sensi dell’art. 235 c.c. e non dell’art.
233 c.c. (Trib. Messina, 5 maggio 2004)
7) Azione ex art. 232, 2° comma: nascita di un figlio da donna separata.
Se il figlio è denunciato come figlio del marito, quale azione occorre intentare per rimuovere
l’indicazione della paternità: disconoscimento o contestazione o rettificazione? V., in vario
senso, Trib. Agrigento, 3 luglio 2003, in Gius., 2004, I, 108 e; Cass., 20 febbraio 1992, n.
2098, in Giur. it, 1993, I, 1, 1066(azione di disconoscimento); Trib. Salerno, 8 luglio 1992, in
Dir. famiglia, 1993, 215 e Cass., 30 ottobre 1990, n. 10519, in Nuova giur. civ. comm., 1991,
I, 509 (azione di rettificazione); Trib. Milano,13 luglio 1987, in Dir. fam., 1988, 352 e Trib.
Torino, 19 novembre 1984, in Giur. it., 1986, I, 2, 355 (azione di contestazione) Quest’ultima
è probabilmente la qualificazione più corretta.
Ma quale rimedio se il figlio è legittimo in quanto concepito con il marito separato, ed è stato
denunciato come figlio naturale? L’opinione più accreditata ritiene che sia possibile esperire
un’azione di accertamento atipica, ma secondo altri si tratta di azione di reclamo della
legittimità.
8) Azione di contestazione della legittimità
Supposizione di parto e sostituzione di neonato (art. 239)
Per molti anche l’azione ex art. 232, 2° comma.
9) Azione di reclamo della legittimità
- In particolare: il problema della legittimazione a proporre la domanda: la norma sembra
escludere i genitori, che potrebbero essere solo legittimati passivi (cfr. Trib. Parma, 17 ottobre
1998, in Nuova Giur.civ. comm., 1999, I, 46)
10) Riconoscimento del figlio naturale
- Riconoscimento successivo e valutazione dell’interesse del figlio. Evoluzione della
giurisprudenza (cfr. Cass., 11 gennaio 2006, n. 395; Cass., 16 novembre 2006, n. 23074;
Cass., 11 febbraio 2005, n. 2878, in Fam. Pers. e Succ., 2006, I, 73, nota SCARANO; Cass., 3
aprile 2003, n. 5115, in Fam. e dir., 2003, 445, nota FIGONE; App. Milano, 28 marzo 2003, in
Fam. e dir., 2003, 457, nota DE SCRILLI; Cass., 10 maggio 2001, in Nuova Giur. civ. comm,
2002, I, 294, nota LENA; Cass., 27 ottobre 1999, n. 12077, in Dir. famiglia, 2001, 536):
l’orientamento prevalente fino a pochi anni fa era nel senso che si dovesse individuare e
valutare il concreto interesse del minore ad instaurare rapporti con il genitore che intendeva
effettuare il riconoscimento.
Recentemente però è emersa, nella giurisprudenza di legittimità, una considerazione nuova:
quella del diritto del genitore a riconoscere il figlio, come aspetto del diritto alla genitorialità,
costituzionalmente garantito dall’art. 30 Cost., che può essere sacrificato solo in presenza di
motivi gravi ed irreversibili che inducano a prospettare una compromissione dello sviluppo
del minore. Si chiarisce, in queste decisioni, che il diritto alla genitorialità “non si pone in
termini di contrapposizione con l’interesse del minore, ma come misura ed elemento di
definizione dello stesso, che è segnato dal complesso dei diritti che al minore derivano dal
riconoscimento e, in particolare, dal diritto all’identità personale, qui inteso come diritto ad
una genitorialità piena e non dimidiata”(v. sentenze sopra citate). A mio avviso, si può
discutere dell’esistenza di un diritto alla genitorialità costituzionalmente garantito, ma queste
decisioni hanno il merito di porre in evidenza un aspetto, fino ad ora rimasto alquanto in
ombra, dell’interesse del minore al secondo riconoscimento: l’interesse all’accertamento del
suo stato di filiazione rispetto ad entrambi i genitori, al quale corrisponde l’interesse del
genitore ad essere “riconosciuto” dal figlio, appunto, come genitore (cfr. anche FIGONE,
Sull’interesse del minore al riconoscimento da parte del genitore naturale, in Fam. e dir.,
2003, 447).
V., in particolare, il problema del secondo riconoscimento da parte del genitore straniero di
fede musulmana, che deve essere risolto non con posizioni aprioristiche ma valutando in
concreto le circostanze: cfr. Cass. 27 ottobre 1999, n. 12077, in Dir. famiglia, 2001, 536, con
nota di GALOPPINI (ammesso il secondo riconoscimento); Cass., 10 ottobre 2008, n. 24931, in
Foro it., 2008, 3472 (negato il secondo riconoscimento)
- Il problema del consenso al secondo riconoscimento nel caso di morte del genitore che per
primo ha riconosciuto (in argomento v. DOSSETTI, Riconoscimento del figlio naturale minore
da parte dell’altro genitore dopo la morte del genitore che per primo ha riconosciuto, in
Fam. Pers. e Succ., 2/2008 )
11) Impugnazione del riconoscimento ex art. 263
- I casi di riconoscimento non veritiero consapevolmente effettuato: riconoscimento per
compiacenza; aggiramento della disciplina dell’adozione (art. 74 l. adoz): Cass., 17 febbraio
2006, n. 3563; acquisto della cittadinanza italiana: App. Torino, 26 giugno 2006, in Dir.
famiglia, 2006, 1707
- Il problema della incostituzionalità della norma (v. Cass., 15 aprile 2005, n. 7924
[manifestamente infondata la censura relativa alla imprescrittibilità dell’azione]; Corte cost.,
22 aprile 1997, n. 112, in Fam e dir., 1997, 411 [respinta la censura contro la mancanza della
valutazione dell’interesse del minore per poter accogliere l’azione])
12) Dichiarazione giudiziale di paternità e maternità
- Incostituzionalità del giudizio di ammissibilità (art. 274 c.c.): Corte cost., 10 febbraio
2006, n. 50: la questione sollevata era circoscritta al procedimento riguardante l’accertamento
della filiazione di soggetti maggiorenni, ma la Corte ritiene che le ragioni della
incostituzionalità, concentrate appunto sul procedimento, siano comuni anche a quello
relativo ai figli minori. Rimangono però i dubbi sulla sopravvivenza della valutazione della
conformità all’interesse del minore della dichiarazione giudiziale, introdotto a suo tempo da
Corte cost., 20 luglio 1991, n. 341 (cfr., BASINI, La morte del Minotauro: la Consulta
dichiara l’illegittimità costituzionale dellart. 274 c.c., in Fam. Pers. e Succ., 2006, 403)
- I casi di “paternità rifiutata”, in cui il presunto padre strumentalizza il giudizio sull’interesse
del minore, incolpandosi di comportamenti incompatibili con il ruolo di genitore, al fine di
evitare la dichiarazione di paternità: Cass., 23 febbraio 1996, n.1444 e 24 settembre 1996, n.
8413, in Nuova giur. civ. comm., 1997, I, 78, nota ZATTI; Trib. min Napoli, 10 maggio 1996,
in Fam. e dir., 1996, 343, nota CARBONE. In altre occasioni è stato avanzato il dubbio di
legittimità costituzionale dell’art. 269 c.c., nella parte in cui non dà rilievo alla volontà del
padre di procreare, mentre la legge sull’interruzione della gravidanza riconosce alla donna la
scelta se portare a termine o interrompere la gravidanza (questione di costituzionalità
giudicata manifestamente infondata): cfr. Cass., 15 marzo 2002, n. 3793, in Vita not., 2002,
332; Cass., 17 ottobre 1995 n. 10833, in Nuova giur. civ. comm., 1997, I, 256, nota
FARGNOLI; Cass., 18 novembre 1992, n. 12350, in Nuova giur. civ. comm., 1992, I, 933.
- Legittimazione passiva: la domanda deve essere proposta nei confronti del presunto padre o
dei suoi eredi (art. 276 c.c.). In argomento v. Cass., sez. un., 3 novembre 2005, n. 21287, in
Fam. Pers. e Succ., 2006, 975, nota TARRICONE: la decisione, risolvendo un contrasto di
giurisprudenza, ha stabilito che legittimati passivi all’azione sono solo gli eredi del presunto
padre e non anche gli eredi degli eredi.
Recentemente, la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 276, nella parte in cui non prevede la possibilità di nomina di un
curatore speciale nei confronti del quale promuovere l’azione in caso di premorienza sia dei
presunti padre o madre sia degli eredi, per carenza di motivazione, da parte del giudice
remittente, circa l’applicabilità alla fattispecie concreta dell’eventuale pronuncia di
incostituzionalità (Corte cost., 20 luglio 2007, n. 319).
- Prova della paternità o della maternità: può essere data con qualsiasi mezzo, comprese le
prove genetiche ed ematologiche (art. 269 c.c.). In argomento v., da ultimo, Cass., 23 luglio
2008, n. 20345 (il giudice può fondare il proprio convincimento circa l’effettiva sussistenza
del rapporto di filiazione anche su risultanze istruttorie dotate di valore indiziario, sicché il
rifiuto ingiustificato di sottoporsi ad indagini ematologiche costituisce un comportamento
valutabile da parte del giudice); conf., Cass., 16 aprile 2008, n. 10051.
13) Riconoscimento successivo del padre e scelta del cognome
I principi e casistica
Nessun automatismo (Cass. 2751/2008; Cass., 12641/2006): perciò la scelta del giudice non
può essere condizionata né dal favor per il patronimico né dall'esigenza di equiparare, almeno
tendenzialmente, il risultato della scelta a quello derivante dalle diverse regole, che
presiedono all'attribuzione del cognome del figlio legittimo (Cass. 12670/2009); inoltre,
l'attribuzione del cognome paterno, e, soprattutto, la privazione del cognome materno non
debbono pregiudicare il diritto all'identità personale del figlio (Cass., 2751/2008; Cass.,
16989/2007); si pure affermato che l’aggiunta del cognome paterno può essere disposta anche
dopo alcuni anni dalla nascita, in quanto può servire ad individuare e conservare memoria
delle proprie radici (C. 15089/2008). L'attribuzione del cognome paterno, in ogni caso, non
deve essere tale da recare pregiudizio al figlio, come potrebbe accadere nel caso di
comportamenti gravemente negativi ed infamanti tenuti dal padre (Cass. 16989/2007) ed
associabili al cognome di lui (Cass., 12641/2006).