dipartita finale - Torino Spettacoli

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dipartita finale - Torino Spettacoli
al Teatro Gioiello dal 16 al 19 marzo
da giovedì a sabato ore 21 – domenica ore 16
DIPARTITA FINALE di Franco Branciaroli ‐ scene Margherita Palli – luci Gigi Saccomandi regia di Franco Branciaroli con, in ordine anagrafico, Ugo Pagliai, Franco Branciaroli , Maurizio Donadoni e con Pasquale Di Filippo e Livio Remuzzi Dopo l’apprezzata edizione di Finale di Partita di Beckett del 2006, Franco Branciaroli da autore firma, con questo Dipartita Finale, un testo ascrivibile alla stessa atmosfera dell’assurdo. È la storia di tre clochard, Pol, Pot e il Supino, comicamente alle prese con le questioni ultime, cui li costringe Toto, travestimento della morte. Oltre allo stesso Branciaroli, ad interpretarlo ci sarà Ugo Pagliai e Maurizio Donadoni, insieme a due attori emergenti, Pasquale Di Filippo e Livio Remuzzi. E il fine metafisico, quello di un mondo affossato nell’assenza di valori e che affida la propria longevità alla scienza, in assenza di una fede nell’immortalità, è perseguito con strumenti irresistibilmente divertenti. “È una parodia, un western, un gioco da ubriachi sulla condizione umana dei nostri tempi ‐ spiega Branciaroli ‐, con tre barboni che giacciono in una baracca sulle rive di un fiume, forse del Tevere, e con la morte, nei panni di Totò menagramo, che li va a trovare impugnando la falce”.Il finale, a sorpresa, è lieto per tre quarti. Lungo il Tevere in un Tempio Spazio indefinito, resti di umanità attendono la Fine. Una fine.Pol dorme sempre, sonnecchia in un letto sfatto e ciò nonostante riesce a farsi obbedire da Pot che non dorme mai e subisce ogni tipo di vessazione perché non ha il coraggio di abbandonarlo. Forse si amano. Il Supino, che crede di essere Eterno, Immortale, parla solo con Pot, bisbigliano. Forse Pot è l’unico che lo capisce. Sono insieme per necessità e per un Destino. Pol e Pot si agitano per cercare una “Fine” desiderata con timore, mentre il Supino immobile pensa e ripensa al senso della sua esistenza. Sono tre personaggi oltre la linea a cui si aggiunge la “Morte”, che non abita la baracca che loro immaginano come un rifugio antiatomico, mas la cui ironia piace poco al Supino. Forse la Morte cerca solo un posto per dormire. La fine del mondo si avvicina. Il Supino aspetta il messaggio da un gruppo di “Immortali” che valga per l’universo alla ricerca di nuovi mondi da soggiogare. Mentre Pol e Pot si preparano alla Fine. Una storia “lunare”, più che assurda, di quattro avanzi di una futura e immaginaria società che mette a nudo la speranza, vera forza dell’umano, facendola emergere dalle necesità che la medesima natura impone, da bisogni primari e con leggerezza tipica delle cose essenziali. DIPARTITA FINALE riflessioni dell’autore Ci si difende dall’angoscia da sempre. L’angoscia è la mancata perfezione della vita. Affidarsi a Dio, venirne uccisi per salvarsi, addirittura ucciderlo per questo: finora. È morto, adesso, per chi lo percepisce davvero. Non morto per noi, non più; scomparso. I più lo ignorano nel profondo perché indifferenti. Con Lui tutto ciò che è assoluto valore è scomparso. Però l’angoscia resta e cresce: vieppiù. La realtà è senza ideale, la natura senza luce. Ebbene, l’opera d’arte (sperando che sia arte) deve essere capace, oggi, di suscitare in qualcuno la convinzione che in essa sia presente quel senso ultimo del mondo che è il trovarsi privi di Dio; e naturalmente la disperazione che ne consegue. Di aver perso il rimedio per allontanare la sofferenza e la morte. Il sapere umano pensa già alla costruzione di una vita umana in cui sofferenza e morte siano allontanate il più possibile: la realizzazione di un mondo nuovo che anticipi l’Apocalisse: nuova terra, nuovo cielo. La scienza, la potenza umana, sostituisce Dio. Si assomigliano molto, Dio e scienza, più di quanto solitamente si creda. La scienza adesso non limita nessuna azione; non vi è morale o etica perché non c’è più nessun valore assoluto, nessun Dio. Non ci sarà nessuna “natura” da rispettare. Si andrà oltre la “natura”. Ci si difende dall’angoscia cercando la forza più potente: il sapere umano, o meglio, la “tecnica” che ne è conseguenza. Si potrà diventare anche immortali. Tutti i limiti saranno valicati. Immortale non è eterno; qualcuno tenterà di lasciare aperta la porta al divino, al passato di una cultura immensa da cui non si può prendere un definitivo congedo. Franco Branciaroli