dall`insistenza non nasce for

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dall`insistenza non nasce for
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La neve cade sui boccioli, sulla frutta.
Ognuno baci chi vuole...
ma se non vorrà, non insistere:
dall'insistenza non nasce fortuna.
Se fossi felice quanto sono infelice,
verrei nelle tue stanze
Starei seduto tra i cuscini
come un pascià tra i suoi sudditi
Bacerei la tua bocca di miele
la tua bocca di miele
rimasta sola.
(è una vecchia canzone bosniaca)
Un vero pranzo da condannato a morte, pensa Andreas, e si spaventa notando quanto lo gusti. È una vergogna, pensa, dovrei pregare, pregare, starmene tutto il giorno in ginocchio, e invece me ne sto
qui a mangiar cuore di porco... è una vergogna.
Poi servono qualcosa di molto piccolo, che se ne sta lì minuscolo, in mezzo al piatto bianco. È un dolce rivestito di cioccolata, una sfoglia rivestita di cioccolata e piena di panna, di autentica panna.
«Ragazzi» dice Willi, di buon umore, «vi è piaciuto?» Sì, gli è piaciuto davvero, e si sentono molto bene.
Non è che si siano abbuffati. Mangiando bisogna bere vino, è magnifico. Andreas prega... bisogna pregare dopo i pasti, e Andreas prega molto a lungo; mentre gli altri due siedono riversi sullo schienale
e fumano, Andreas ha appoggiato gli avambracci al tavolo e prega...
La vita è bella, pensa, era bella. Dodici ore prima di morire devo riconoscere che la vita è bella, ma è troppo tardi. Sono stato ingrato, negando che esiste una gioia umana. E la vita era bella.
(Il treno era in orario)
Ma basta con questo volonteroso
patto,
per troppi lo abbiamo
detto, e nessuno lo fa
intero,
infatti io non mi vesto
non mi preparo nemmeno,
non ci penso neanche
non vedo che questo e
il doppio delle spinte che ho
ricevuto
il doppio di tutte le cose
spedite addosso!
Mi avevano detto che io potevo, anche
perché tutto è speciale,
e dove ho messo i piedi è
diventato vero
(non guardare giù!)
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Adesso voglio andare al mare,
voglio andare al mare!
Ma non sarò lì:
penserò
ai
posti dove dormivo e
piangevo e preparavo il
pranzo tardissimo,
(ah! tu vai
via!)
Una cosa che dovresti fare tutti i giorni.
Pensa com'è bello, qualcuno mi ha cercato, mi
ha detto di guardare e c'erano molte
cose, tutte portavano un sigillo, ma solo io sapevo che era
il tuo e
quindi potevo usarle tutte, perché
bastava che io ti sapevo
per aprire tutto!
fatto di
tessuto avanzato! del tuo interno
invisibile,
la tua pelle invisibile, quella
senza corpo, che non può
morire
quella che al buio brillava
di puntini blu o rosa, una volta erano rosa
(ma io non so cosa vuol dire).
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Non ti lascio parlare,
tu credi,
ma
è così
audace
ascoltarti (per me)
che
mi vergogno
perché questa voce mi
trasforma nel bicchiere o
nella tazzina
bianca
sul vassoio che trema tra le tue
mani
e che forse poi tu
porterai
alla bocca o
appoggerai solamente
prima di
uscire dalla
stanza.
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Nel silenzio dicevano:
“Invento ricami morbidi, che non feriscano le sue dita.
Ma non è questo il mio talento, i ricami sono così mediocri che devo concentrarmi, è stato come tradirti.
Non dovrei temere di sapere tutto, soprattutto dei semi più acidi, del veleno lento, dei coltelli che non usiamo.”
“Puoi davvero farlo?”
“Sì! è un raggio di ghiaccio, la piccola fonte, freddissima e quindi per il primo momento estremamente spiacevole.”
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Volevo raccontare tantissime cose solo per assicurarmi di essere la stessa persona che sono dall'inizio, perché mi sembra
sempre impossibile essere qui dopo tutto questo tempo.
Non sembrava stupirti, così andavo avanti e mi dicevo “allora sono io questa persona”.
Ho almeno tremila anni.
Ancora non ti ho parlato delle separazioni angeliche o delle terribili precipitazioni che avevo sulla riva di quel fiume, due vite
fa.
Ma sta per finire, sta per essere freddo, dovremmo coprirci (sarà così ovunque, sia per me là, che per te da un'altra parte).
Io non voglio ammalarmi.
Mi sto già preoccupando. Non so cos'è.
Non so se ho fame o
se voglio sentire quella storia che mi taglia in tre fette uguali (ognuna pensa di volerti per sé).
Comunque mi vedevo bella nel bagno di ieri sera.
Sembravo pulita, appena fatta: fresca, come un piccolo di qualche razza.
Ma poi ho guardato meglio, e la faccia era spaventosa. Mi sembrava di un'altra persona, che non era nemmeno umana.
Era un angelo adulto. Era assente, impegnato a pregarti segretamente, e quando mi ha visto mi ha rimproverato in silenzio.
Ho lavato le mani, il mio maglione mi piaceva e avrei voluto darmi una carezza delicata sulla spalla, per sentirne la
consistenza,
ma non l'ho fatto, mi è bastato immaginarlo.
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Cosa vuoi sapere?
Adesso la vedo ancora, la tua faccia diventa un volto e io ti
riconosco, ti
prendo con le mani,
non tocco niente, sparisco dietro, apriamo
gli occhi nello stesso momento e la
luce cambia tono con me,
mi rimprovera.
Non voglio dare fastidio! (io non sopporto niente.)
Sento di avere una bocca con te
Lo sai che
teneramente
ci inventiamo tantissime cose quando pensiamo a qualcuno
ma io non invento niente
parlo continuamente con te
solo di cose vere
(invento solo che tu mi ascolti, non so se è normale).
Non mi fa schifo niente di me,
è così rilassante adesso!
Prima invece che paura!
Non devo essere bella
(sono tua
e tua
e di chi lo vede
allora sono
sua)
è così bello...
come faccio a sopportarlo?
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Da quando ti prego, tu mi ascolti.
Io ti chiedo quel pezzo, e tu lo impacchetti,
lo accarezzi, lo sigilli con un bacio.
Quando mi sveglio è tutto pronto: devo solo scartarlo.
Ma quando mi sveglio dimentico tutto.
Oggi per esempio, non ti ho nemmeno detto grazie.
Come se non fossero tue le dita che
scostano tutto, per farmi passare,
che piegano i rami, chiudono le cellule
dei piccoli tagli, e colorano i
lividi perché io veda dove ho
battuto
troppo forte.
Disegni segnali, combini
tutti i nostri giorni
per farci incontrare.
Io a volte addirittura
piango, e ti parlo come una stupida.
Ti dico cose che perdoni, che non
mi fai pagare.
Allora mi accorgo che ovunque
suona la tua orchestra,
mi immagino di sentirla, e
immagino anche
la tua voce.
Ma non posso davvero sentirla!
Tu mi hai detto “ascolta questa”,
mentre lui parlava
(e ridevi un po', dietro di me).
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Ma è stranissimo
non conosco nessuno
(non si può)
invento tutti
ma li vedo bene,
sembrano veri.
Tu per esempio:
tu con ciglia dolcissime:
mi facevano pensare:
vorrei avere l'occasione di sacrificarmi tragicamente per te
morire in un duello
o almeno una
sparatoria,
qualcosa di importante.
Nel mio libro preferito, il protagonista sta andando in guerra e sente la morte avvicinarsi con precisione crescente,
allora non fa altro che pregare, ripensare alla sua vita senza amore e chiedere perdono.
Per tutta la vita non ha amato che un paio di occhi, intravisti per un secondo (dice che non erano nemmeno belli, erano
solo tristi e dolci) e non fa che pregare per quegli occhi e chiedere perdono per non avere amato.
Viene trascinato in un bordello, dove conosce una giovane cantante che si innamora subito di lui. Anche lui la ama, si
sente legato dolorosamente a lei ma non la desidera affatto, perché lui pensa ancora a quegli occhi, non può
staccarsene.
Decidono di scappare insieme, lui deve vendere gli stivali, lei gli prende la testa fra le mani e gli dice “Dovunque io ti
conduca sarà la vita. Mi credi? Dovunque io ti conduca sarà la vita. Vieni!”.
Salgono sull'automobile e si schiantano, forse morendo entrambi. Ma non è questo quello a cui pensavo, io pensavo
solo che il tuo abbraccio era comodo, ma lo avrei dimenticato, non potevo ricordarlo davvero, neanche se volevo.
Adesso credo di ricordare il tuo sguardo, ma non so come fare a conservarlo, è per questo che pensavo a quel libro, mi
chiedevo: come avrà fatto lui a ricordare quegli occhi e tenerli fino all'ultimo momento?
serenata per chiedere perdono (è quella vecchia canzone bosniaca dell'inizio)
https://vimeo.com/139094157
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