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Rassegna Stampa del giorno 8 NOVEMBRE 2010
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
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UN AFORISMA AL GIORNO
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“eccedere nella parsimonia
è disdicevole come
eccedere nei desideri
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Lavoro, dobbiamo svegliarci
Basta con i «pezzi di carta»
La partita si vince dimenticando le abitudini consolidate
La gente ha in mente una distinzione fra lavoro manuale e lavoro intellettuale che
aveva senso un tempo, quando da un lato c’
erano solo operai e contadini analfabeti,
e dall’
altro intellettuali umanisti. Ma oggi che senso ha dire che un tecnico di impianti
elettronici fa un lavoro manuale mentre l’
impiegato ne fa uno intellettuale? Il tecnico
affronta problemi che costituiscono una vera sfida intellettuale con un sapere che ha
acquisito in anni di studio e di lavoro. L’
altro spesso fa un’
attività di routine che richiede solo di adoperare in modo elementare il computer.
La nostra economia ha un disperato bisogno di tecnici preparati. E non solo nelle tradizionali professioni industriali, ma anche nelle attività di servizio: elettricista, idraulico, giardiniere, esperto di impianti di sicurezza, cuoco e pasticciere, infermiere o tecnico di infissi. Anzi,
oggi servirebbe un sapere teorico-pratico anche per fare il semplice commesso: in un negozio
di fiori dovrebbe conoscere fiori e piante, in uno di prodotti tessili le fibre e le manifatture, in
una libreria i libri che vende e, nel campo dei computer, conoscere i diversi sistemi operativi e
saper dare una vera assistenza ai clienti. Invece questi tecnici mancano, le imprese li cercano
e non li trovano. Molte famiglie e molti giovani vanno ancora all’
università per avere il «pezzo
di carta» e sognano un lavoro intellettuale, magari di diventare subito scrittore, avvocato,
giornalista, conduttore televisivo. E poi si trovano in diecimila a un concorso per cinque posti
da vigile urbano o da impiegato statale.
E la principale causa è proprio la distinzione fra lavoro intellettuale e manuale anche
nell’
insegnamento. Perché da un lato si fanno corsi universitari astratti senza rapporti con la
realtà, dall’
altro corsi professionali senza sufficiente base teorica. Mentre occorre una formazione che dia un sapere elevato ma applicato ai problemi concreti. Dove impari studiando e
lavorando su casi reali, sotto la guida di bravi maestri e sapendo che devi dare un risultato.
La sfida della concorrenza globale non può essere vinta solo con alchimie economiche.
Dobbiamo svegliarci un po’tutti, mettere da parte le fantasie, le abitudini consolidate, guardare in faccia la realtà come abbiamo fatto nel dopoguerra quando, in pochi anni, siamo usciti
dalla miseria, come ha fatto la Cina, come sta facendo il Brasile. Ritrovare slancio vitale, ma
anche rigore e determinazione.
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Da Facebook al satellite,
le nuove armi del Fisco
Befera: quest’
anno 10 miliardi di entrate in più grazie ai controlli, nel 2011 il doppio
ROMA - Facebook, e-Bay, Google sono le ultime risorse usate dagli ispettori del fisco per
stanare gli evasori. In attesa che si compia la difficile rivoluzione culturale che tolga all’
Italia il
triste primato europeo dell’
evasione, ormai oltre i 120 miliardi di lire all’
anno di mancati introiti (Centro studi Confindustria), i 13 mila «verificatori» fiscali tra i quali 2.500 ispettori sul
territorio, affilano le armi. E anche per raddoppiare gli incassi secondo quanto stabilito
nell’
ultima manovra dal ministro dell’
Economia Giulio Tremonti. Per il direttore dell’
Agenzia
delle Entrate Attilio Befera se quest’
anno le «azioni di contrasto» contro gli evasori finiranno
per fatturare circa 10 miliardi di euro, nel 2011 la cifra dovrà almeno raddoppiare. I perni sui
quali ruota tutta la nuova pressione degli ispettori sono Internet e le banche dati con software
dai nomi come Serpico, Perseo, Gerico, Elisa. Insieme a strumenti potenziati come il tutoraggio per le grandi imprese, il redditometro ridisegnato e rimodulato con un occhio per le spese
extra-lusso, la stretta sulle compensazioni e l’
inversione dell’
onere della prova nel caso di società offshore e di residenze fittizie.
Su eBay e social network
il «vero» tenore di vita
Anche i più popolari social network del mondo come Facebook, i motori di ricerca come Google o le aste on-line modello e-Bay, sono entrati nell’
uso quotidiano da parte degli ispettori
dell’
Agenzia delle entrate per scovare gli evasori fiscali. Sono stati i funzionari più giovani a
rendersi conto che su quegli strumenti viaggiano un sacco di informazioni utili per le indagini.
Su Facebook, per esempio, è facile che un «navigatore» si lasci andare a confidenze sulla sua
ultima casa o barca acquistata oppure a un viaggio da mille e una notte. Così come è strategico - spiegano all’
Agenzia delle Entrate - per capire la vera residenza di chi l’
ha messa
all’
estero ma di fatto vive i Italia. L’
uso di Google maps, nella versione a pagamento Google
Earth, si è dimostrata utilissima per vedere dal satellite il numero degli stabilimenti balneari o
delle barche presenti nei vari marina. Il Grande Occhio è ormai uno dei più efficaci strumenti
per stanare i furbetti.
Rilevazioni dallo spazio
sugli immobili fantasma
Tutti a caccia degli immobili fantasma. Il fenomeno dell’
abusivismo edilizio, nonostante i vari
condoni, è una delle piaghe del Paese e attraverso un uso attento del sistema telematico, il
portale dei Comuni e il sistema di interscambio gestiti dall’
Agenzia del Territorio si è accertato
l’
enorme divario tra gli immobili costruiti e visibili dal satellite o dalle rilevazioni aree e le dichiarazioni catastali. Con l’
articolo 19 del decreto legge numero 78 del maggio scorso, il ministro dell’
Economia Giulio Tremonti ha voluto chiudere una falla invitando i proprietari di case
non censite a denunciarle. In caso contrario ci penserà d’
ufficio l’
Agenzia delle entrate che, oltre a una multa salata, attribuirà all’
immobile una rendita catastale «presunta». Il secondo
passo sarà la gestione del «catasto integrato», secondo un accordo raggiunto nel luglio scorso
tra governo, province e comuni. Appena pronti i regolamenti attuativi potrà partire
l’
operazione per introdurre l’
attestazione integrata «ipotecario-catastale».
Serpico, Perseo e Gerico,
redditi e consumi in un click
Perseo è l’
ultimo nato e, assicurano gli ispettori dell’
agenzia delle entrate, funziona benissimo.
La metafora mitologica ritrae il re della Macedonia con la testa della Medusa (uno dei mostri
marini Gorgoni) appena decapitata e questa rappresenta l’
evasione. A regime entrerà in genRassegna Stampa del giorno 8 NOVEMBRE 2010
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naio con l’
arrivo del nuovo redditometro. Perseo è un programma di software ideato per scoprire, con tre click sul mouse, la differenza tra il reddito dichiarato e il tenore di vita. Insomma se un imprenditore dichiara un reddito di 50 mila euro lordi e poi possiede una Ferrari c’
è
qualcosa che non va. Tutto fa comunque capo alla regina delle banche dati nata con il nome
del celebre poliziotto americano Serpico. Con questa banca dati basta introdurre il codice fiscale per avere tutta la «vita» del contribuente. Serpico ha sotto controllo spese e guadagni di
40 milioni di italiani. Sempre la Sogei, società controllata da Tesoro, ha ideato il programma
Gerico con la missione di conoscere i ricavi presunti degli studi di settore.
Multe per chi non denuncia
le fatture oltre i 3 mila euro
È l’
ultima norma del decreto 78 di quest’
estate. Il regolamento è in corso di pubblicazione ma
gli ispettori sono convinti che sarà l’
arma più efficace per contrastare l’
evasione fiscale vera,
quella delle grandi cifre. Da gennaio tutti i contribuenti con partita Iva, dai professionisti agli
artigiani alle imprese, saranno obbligati a inviare per via telematica all’
Agenzia delle Entrate
tutte le fatture emesse o ricevute per un importo superiore a 3.000 euro, per esempio per
l’
acquisto o vendita di un natante. L’
operazione dovrà avvenire solo una volta l’
anno e per non
lo fa è prevista una sanzione di mille euro per ogni fattura non comunicata. Se cumulata con
decine di irregolarità è una multa che nessuno si può permettere di rischiare. Intrecciando i
dati dei programmi Serpico, Gerico e Perseo, il fisco è in grado di intercettare subito asimmetrie di reddito. Altra norma importante in arrivo è il divieto di usare la partita Iva per i soggetti a rischio. L’
Italia era l’
unico Paese in Europa a non avere questa possibilità.
Inps e comuni anti-evasione
Per chi aiuta c’
è il dividendo
Il ministero del Tesoro per contrastare la piaga dell’
evasione ha messo in campo anche l’
Inps
e i Comuni. Nel primo caso si tratta di scovare le aziende che non pagano i contributi previdenziali. Per questo finiranno sotto controllo tutte le imprese mentre l’
Inps si potrà avvalere
delle strutture di indagine dell’
Agenzia delle Entrate - come Serpico o Perseo - per incrociare i
dati e cercare di ridurre al minimo il fenomeno delle imprese «apri e chiudi» con i lavoratori
che alla fine risultano magari iscritti all’
Inps ma non al fisco o viceversa. Anche i Comuni parteciperanno a questo monitoraggio continuo. Anzi, il coinvolgimento degli Enti locali nella lotta
all’
evasione è una delle grandi novità introdotte da Tremonti. Secondo il progetto di legge i
Comuni che metteranno in campo misure di contrasto avranno in premio il 33% delle maggiori somme riscosse. Un modo anche per compensarli dei 3 miliardi di euro di mancati trasferimenti e dalla scomparsa della tassa sulla prima casa.
Le riscossioni accelerano
Esecutive dopo tre mesi
La parte normativa per dare maggiori strumenti al fisco è piuttosto cospicua. L’
Italia è ancora
l’
unico Paese al mondo ad avere il meccanismo di iscrizione a ruolo con emissione successiva
della cartella esattoriale che prevede un tempo di circa un anno. Ma tra qualche mese cambierà tutto. Secondo la legge 78 dal luglio 2011 l’
atto di riscossione diventa esecutivo dopo 90
giorni. «In questo modo - commentano alle Entrate - sarà più complesso per gli evasori colti
in flagrante spogliarsi dei beni e risultare nullatenenti». Altra norma prevista dall’
ultima manovra, nell’
ottica della tracciabilità, è l’
estinzione dei libretti al portatore dopo il 30 di giugno
prossimi: dopo quella data tutti i depositi non nominativi saranno chiusi. Nuovi studi di settore
ancora in via di definizione e un forte colpo di freno sulle operazioni off-shore sono i due cavalli di battaglia sui quali i 13 mila verificatori coordinati dalla responsabile accertamento
dell’
Agenzia delle entrare Rossella Orlandi contano di più.
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Camusso: vedere Marchionne?
Prima spieghi il piano per Fiat
«No a incontri separati, si parla con tutti i sindacati»
MILANO - «Il problema è: vuole la Fiat discutere davvero con le organizzazioni sindacali?». Se l’
è chiesto Susanna Camusso, la neo segretario della Cgil, commentando ieri sera in
tv a «Che tempo che fa» l’
esclusione del primo sindacato italiano all’
incontro di Cisl e Uil, giovedì scorso, con l’
amministratore delegato del Lingotto, Sergio Marchionne. «Incontrarci? Dipende da lei» si era limitato ad affermare quest’
ultimo, riferendosi al fatto che a quella riunione lui era stato invitato o forse segnalando quanto ancora pesi la mancata firma di Cgil-Fiom
all’
accordo su Pomigliano D’
Arco. Ma per Camusso «non può essere che ognuno di noi stacca
un bigliettino e chiede a Sergio Marchionne se per qualche minuto ci può vedere e ci dice delle
cose». La Cgil «chiede di discutere davvero di cos’
è questo piano industriale».
«Noi - ha argomentato - pensiamo due cose: una è che sarebbe bene se il governo aprisse un tavolo sul piano Fiat, chiamando tutti a discutere del futuro. Due, che se la Fiat incontra
i sindacati incontri tutte e tre le organizzazioni di categoria, la Cgil non ha attitudine agli incontri separati». Solo una settimana prima, da quegli stessi microfoni, Marchionne affermava
ro che la numero uno della Cgil parlare soprattutto nel suo applaudito intervento, tanto che il
conduttore Fabio Fazio chiede al pubblico di rinviare i battimani alla fine: «I veri soggetti di
questo Paese sono i genitori e i nonni, le famiglie che continuano a sostituirsi allo Stato nei
servizi, sostenendo i giovani senza lavoro. Pensiamo meno al Ponte sullo Stretto e facciamo
più asili nido. Così non si può andare avanti. Al centro dell’
Agenda bisogna mettere il futuro e
questo futuro si chiama lavoro». «Il lavoro è un grande valore - ha concluso Camusso - è un
onore essere dei lavoratori, nel futuro non ci può essere la precarietà, che ci ha fatto molto
male. Il lavoro deve essere con diritti certi, riconosciuti e retribuito». Anche per questo il contratto nazionale di lavoro «ha ancora un senso». che nemmeno un euro degli utili Fiat viene
generato in Italia. Camusso ha replicato additando la «quantità di ore di cassa integrazione»
utilizzata da Fiat in Italia. «Non conosco altre aziende che, avendo fatto tanta cassa integrazione, abbiano contemporaneamente prodotto anche utili. E vorrei capire: sono i modelli della
Fiat - che in Europa, tolta la Cinquecento, vende poco altro - che fanno un’
azienda che riesce
a stare o meno sul mercato o sono le ricadute sul lavoro?». In Italia esiste «un problema di
competitività» perché «non viene fatto nulla per attrarre investimenti e su questo Marchionne
ha sicuramente ragione. Però lo si dica - ha incalzato Camusso -, non si può scaricare tutto
sull’
ultimo anello debole, i lavoratori». Al gran capo di Fiat e Chrysler, la controllata Usa per la
quale gli analisti hanno annunciato ieri un trimestre «solido se non spettacolare», Camusso riserva un’
ultima stoccata: «Le congratulazioni per la mia elezione che Marchionne dice di avermi inviato? Le avrà spedite a Detroit, sbagliando indirizzo, noi non ne abbiamo trovato
traccia».
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La scalata a Hermès e i 18 milioni
guadagnati in un giorno
Italiano, di Gallarate, Antonio Belloni ha deciso di usare così le sue stock option. Il gruppo: «Regole perfettamente rispettate»
L’
operazione in Borsa del numero due di Louis Vuitton: ha acquistato e subito
rivenduto 250 mila azioni
PARIGI — Con cinque dichiarazioni, dalla numero 210D5121 alla 210D5125, datate 5 novembre e in libera consultazione per chiunque sul sito della Amf (la Consob francese, Amffrance.org), Antonio Belloni ha informato l’
Autorità per il controllo dei mercati finanziari di avere, il giorno 26 ottobre, comprato e rivenduto 250 mila azioni Lvmh, guadagnando così 18
milioni di euro. Dalla mattina alla sera.
Il favoloso jackpot del manager Toni Belloni, 55 anni, nato a Gallarate (Varese), numero
due del colosso del lusso Lvmh — Louis Vuitton Moët Hennessy — si è realizzato nei giorni in
cui il numero uno Bernard Arnault sferrava l’
attacco al grande rivale Hermès, provocando il rialzo di entrambi i titoli. Sabato 23 ottobre Arnault ha annunciato di essere salito al 14% della
società concorrente e di essere pronto ad aumentare la quota fino al 17,1%: operazione portata a termine pochi giorni dopo, mercoledì 26 ottobre.
Quella mattina di mercoledì Belloni, il più stretto collaboratore di Arnault, ha pensato che
era venuto il momento di usare le sue stock options, di avvalersi cioè del diritto di comprare
azioni Lvmh a un prezzo concordato in anticipo con la sua azienda, decisamente inferiore a
quello del mercato. Il top manager italiano ha acquistato 200 mila azioni Lvmh al prezzo di 37
euro l’
una, e altre 50 mila Lvmh a 61,77 euro ciascuna, spendendo in totale 10,48 milioni di
euro. Poche ore dopo, Belloni ha rivenduto le stesse azioni, stavolta al prezzo di mercato, sicuro di trovare immediatamente acquirenti anche in virtù dell’
assalto a Hermès. E infatti: cedendo le azioni a 112,35 euro l’
una, Belloni ha incassato 28,08 milioni di euro. Tolti i 10 milioni spesi al mattino, se ne è messi in tasca 18.
«Regole perfettamente rispettate», ha dichiarato un portavoce di Lvmh al quotidiano Parisien, autore della scoperta sul sito dell’
Autorità. Resta il fatto che il clima sociale in Francia,
dopo la crisi cominciata nel 2008, gli scioperi per la riforma delle pensioni e la disoccupazione
al 10%, non è molto favorevole agli incassi record dei supermanager: in poche ore Belloni ha
guadagnato una cifra pari a 1400 anni di Smic, il salario minimo garantito. Il dirigente italiano
aveva ripetuto la stessa operazione, anche se con ricavi inferiori, a marzo, aprile e maggio, e
nel 2009 è stato il manager più pagato di Francia, con uno stipendio annuale di 5,3 milioni di
euro (oltre un milione in più del gran capo Arnault, a sua volta l’
uomo più ricco di Francia).
Come è arrivato a questi eccezionali risultati? «A differenza dei miei amici — ha raccontato anni fa Belloni, nato in una famiglia di industriali del Varesotto — in tasca avevo sempre
pochi soldi». A 15 anni, con un budget di 60 dollari è andato a finire il liceo negli Stati Uniti.
Poi laurea in economia a Pavia con 110 e lode («rifiutai un 28 in diritto tributario al mio professore Marco Vitale, già allora un’
autorità. I compagni mi presero per pazzo ma volevo mantenere la media, ripetei l’
esame e presi 30»), e nel 1978 l’
ingresso alla Procter & Gamble, dove resterà per 22 anni spostandosi tra Cincinnati, Ginevra, Bruxelles, Atene. A fine 2001 la
scelta difficile di lasciare P&G ed entrare nel mercato del lusso con Louis Vuitton, proprio in un
momento difficile come quello post-11 settembre: dalla candeggina e il caffè Splendid allo
champagne e all’
alta pelletteria. «A 46 anni volevo sperimentare un’
azienda con un’
anima europea, in un segmento di mercato completamente diverso». Scommessa vinta, il marchio
Lvmh è il leader mondiale dei prodotti di lusso, ha 70 mila dipendenti e da gennaio 2010 il titolo ha conosciuto un rialzo in Borsa del 50%. Sposato, tre figli, Belloni ama ricordare l’
utilità
dell’
amato basket — «insegna lo spirito di squadra, più si sale in azienda e più diventa imporRassegna Stampa del giorno 8 NOVEMBRE 2010
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tante gestire un team» — e la passione per due vecchie moto, una
Puch 175 e un’
Hercules 125.
L’
Autorità dei mercati finanziari sta controllando sulla correttezza
dell’
intera operazione Lvmh-Hermès e il suo presidente, Jean-Pierre
Jouyet, da mesi lancia allarmi sui rischi dell’
insider trading. Solo pochi
giorni fa, il 3 novembre, l’
Amf ha pubblicato una serie di raccomandazioni alle società per evitare che i dirigenti traggano eccessivo vantaggio in Borsa dalla loro posizione di persone informate. Un codice di
condotta pieno di consigli. Ottimi, ma non vincolanti.
Louis Vuitton Una modella con un capo inverno 2010
Hermès Modelle vestite da Jean-Paul Gaultier per la primavera-estate 2011
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Parliamo dei turni
Camusso: “Piano Fiat per l’Italia
basta trattative frammentate”
“Congratulazioni da Marchionne? Le ha mandate a Detroit”
Discutiamo l´organizzazione degli stabilimenti, i turni, ma prima vogliamo sapere del piano industriale
ROMA - Un piano Fiat chiaro, da discutere con sindacati e governo. No alle trattative frammentate, agli incontri separati con i sindacati e alle discussioni divise stabilimento per stabilimento. Nell´intervista con Fabio Fazio - la risposta a quella rilasciata da Marchionne nella stessa trasmissione due settimane fa - Susanna Camusso chiede all´ad della Fiat di uscire dall´ambiguità: «Da Marchionne vogliamo sapere che cosa è davvero questo piano industriale per gli stabilimenti italiani», premette il neosegretario generale della
Cgil. Che lancia una prima frecciata all´ad del Lingotto: «Non può accadere che ogni singola organizzazione sindacale stacca un bigliettino e chiede a Marchionne se per qualche minuto ci può vedere e ci può dire
delle cose».
Il riferimento è all´incontro separato di venerdì scorso a Roma tra il manager della Fiat e i leader della Cisl e
della Uil, Bonanni e Angeletti. Incontro che la Fiat aveva giustificato sostenendo che erano stati i sindacati a
chiederlo e che se la Cgil avesse fatto altrettanto anche Camusso sarebbe stata ricevuta: «Noi della Cgil ha detto ieri il segretario generale - non abbiamo l´attitudine a chiedere incontri separati, quindi non stiamo
rivendicando un incontro con la Fiat. Continuiamo a pensare che sarebbe utile se il governo aprisse un tavolo su questo piano della Fiat, chiamando tutti a discutere sul futuro del piano. E sarebbe altrettanto opportuno che su quel piano la Fiat incontrasse tutte e tre le organizzazioni di categoria».
La leader della Cgil sembra offrire a questo punto un terreno di incontro al numero uno della Fiat: «Partiamo dal piano, da che cosa c´è dentro e da quali sono le sue prospettive. Poi ci potrà essere anche la discussione sull´organizzazione del lavoro e sui singoli stabilimenti». Camusso dà ragione a Marchionne
«quando segnala che il nostro paese ha gravi problemi di competitività. Il primo problema è che siamo un
paese che non fa sistema, non fa nulla per attrarre investimenti, e anche su questo Marchionne ha ragione.
Ma perché scaricare questo problema sui dieci minuti di pausa degli addetti alla linea di montaggio?». Tra i
vertici di Cgil e Fiat rimangono lontane le distanze sulla questione della produttività: «Marchionne lamenta
che in Italia non si siano fatti utili - dice Camusso - ma in Polonia e in Brasile non si sono certo fatte le ore
di cassa integrazione che si sono fatte in Italia. Le altre case automobilistiche, pur in periodo di crisi, hanno
fatto utili anche producendo in Europa. Non è che la Fiat ha un problema di modelli?».
L´ultimo passaggio è una polemica sul piano personale. A proposito di Susanna Camusso nei giorni scorsi
Marchionne aveva dichiarato di non averla mai contattata: «Ho fatto il mio dovere istituzionale, le ho fatto le
mie congratulazioni per la nomina». Ma di quelle congratulazioni in corso d´Italia non sanno nulla: «Ho letto
questa dichiarazione di Marchionne - dice Camusso a Fazio - e forse le congratulazioni che dice di avermi
inviato le ha mandate a Detroit e ha sbagliato indirizzo perché noi non ne abbiamo trovato traccia».
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Scontri e proteste a Seul contro il G20
In 40 mila in piazza: “Stop alla speculazione e salari più alti”
In Corea ci sarà l’
ok alle nuove regole della finanza scritte dal Fsb del governatore Draghi
ROMA - In 40 mila protestano a Seul contro il summit del G20 che da giovedì riunirà nella capitale
sudcoreana i Grandi della terra. Sfilano per chiedere «salari minimi più alti e lotta alla disoccupazione»: 8 mila agenti in tenuta anti-sommossa ricorrono agli spray urticanti per mantenere l´ordine.
Ci sono i primi scontri.
I poliziotti sono destinati a diventare 50 mila quando arriveranno i capi di stato e di governo dei
paesi che contano: ci saranno Obama, Merkel, Sarkozy, Berlusconi ma anche i leader delle nazioni emergenti, le uniche che oggi trainano l´economia scossa dalla crisi e dunque la sua «ripresa»,
definita dallo stesso G20 «fragile» e «disuguale». A loro è stato appena concesso di entrare nella
stanza dei bottoni del Fmi, per la prima volta in 65 anni. La Cina sarà il terzo azionista, dopo Usa e
Giappone, scavalcando Germania, Francia e Gran Bretagna; India, Brasile e Russia figurano nella
top ten. Sono le nuove «locomotive»: il G20 finanziario di Gyeongju, un mese fa, ha stabilito che
non si poteva non coinvolgerle nelle scelte decisionali. Specie se spronate ad assumersi responsabilità e impegni, non ultimi quelli per frenare la guerra delle monete tra Usa e Cina. «Andrò a
battermi» annuncia il brasiliano Lula, atteso con la neo-eletta Dilma Rousseff, che non ha gradito
la nuova mossa della Fed. Come la Ue, del resto: in una lettera ai colleghi, il presidente Barroso
auspica da Seul «cooperazione» e «un´azione collettiva» per la ripresa.
La rivoluzione del Fmi è solo uno dei punti dell´agenda, ma nevralgico visto che i ministri del G20
hanno già detto che proprio il Fondo dovrà creare speciali «indicatori» per far suonare l´allarme
quando gli squilibri globali si allargano, con rischi per i cambi e per la ripresa. Questi indicatori sono il frutto di un delicato compresso tra gli Usa, decisi a porre un tetto ai surplus commerciali e i no
di Cina, Germania, Giappone e Brasile. Ora serve l´avallo dei big su questo punto come
sull´impegno a «evitare svalutazioni competitive» e «a lasciare al mercato la determinazione dei
tassi di cambio». Ci sarà anche l´ok alle nuove regole della finanza scritte dal Fsb del governatore
Mario Draghi, riviste ancora ieri a Basilea. Ovvero: più forti requisiti patrimoniali delle banche e più
vigilanza; paletti alle agenzie di rating e agli istituti «sistemici», troppo grandi per fallire.
Nell´attesa, Seul si blinda. Da giorni la polizia ispeziona tutta la posta e i pacchi in consegna al
Coex, il centro congressi che ospiterà il G20. Sono previste manifestazioni di protesta a ritmo quotidiano.
Rassegna Stampa del giorno 8 NOVEMBRE 2010
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
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La Germania molla Obama:
“Usa senza credibilità
sanno solo fare debiti”
Il meeting coreano doveva processare la Cina, ora ci sarà Barack sul banco degli imputati
Il presidente della Fed Bernanke si difende: non provocheremo inflazione
MUMBAI - «La politica monetaria americana aumenta l´insicurezza dell´economia mondiale e distrugge la
credibilità degli Stati Uniti». Pesantissima, l´accusa viene lanciata dal ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble, in un´intervista che esce oggi su Der Spiegel. Il conto alla rovescia per il vertice G20, che
si apre giovedì sera a Seul, avviene in un clima sempre più teso. Mentre Barack Obama è in India, si addensano nubi minacciose sulla tappa più importante della sua tournée asiatica. In Corea del Sud
l´appuntamento multilaterale doveva servire a rilanciare la visione americana di una ripresa della crescita
affidata alle "locomotive in attivo", i paesi con forti avanzi commerciali. Un tassello essenziale per Obama: il
sostegno all´export americano è una delle priorità che il presidente si è dato per risalire la china dopo la batosta elettorale. Ora il G20 si apre sotto i peggiori auspici per gli Stati Uniti.
Doveva essere il summit del "processo alla Cina", in quella sede l´America voleva coalizzare un ampio fronte di alleati e premere su Pechino al fine di ottenere una rivalutazione del renminbi. Sta accadendo il contrario: è l´America a ritrovarsi più isolata, sotto la raffica di accuse che uniscono tutti gli altri. La Cina vede
arrivare in suo aiuto uno schieramento inusuale, che unisce il Brasile e il Canada, il Giappone e la Germania. Il rovesciamento è così repentino da cogliere Obama impreparato. Com´è potuto accadere? In apparenza, il casus belli risale a mercoledì scorso: il giorno dopo le elezioni di mid-term, la Federal Reserve ha
avviato la manovra del secondo quantitative easing, in codice Qe2, cioè 600 miliardi di dollari di acquisti di
buoni del Tesoro nei prossimi otto mesi. Un´operazione finalizzata a ridurre i tassi a lungo termine per stimolare gli investimenti. L´effetto collaterale è la creazione di nuova liquidità. I mercati reagiscono indebolendo il dollaro, com´è naturale, visto che aumenta l´offerta della valuta americana. «Non è coerente - lancia Schaeuble - accusare la Cina di manipolare il suo cambio, se poi le rotative della banca centrale americana si mettono a stampar moneta».
Nella durezza degli attacchi c´è un apparente mistero: la manovra di Qe2 era stata preannunciata con largo
anticipo, addirittura molti mesi, dal presidente della Fed Ben Bernanke. Perché il coro di condanne quando
si è materializzata una politica monetaria ampiamente prevista? Il colpevole non è tanto Bernanke ma il segretario al tesoro Tim Geithner. Non a caso tornano a circolare con insistenza le voci su una sua imminente
sostituzione, non appena Obama varerà il rimpasto della sua squadra di governo.
L´errore tattico di Geithner è questo: mentre in passato aveva contestato solo la parità di cambio cinese,
accusando il renminbi debole di fornire un vantaggio sleale all´export made in China, in vista del G20 il segretario al Tesoro ha cambiato messaggio. Geithner ha proposto di fissare un tetto agli attivi e ai deficit
commerciali: non dovrebbero superare il 4% del Pil. La filosofia è condivisa da molti, compreso il Fondo
monetario internazionale: si tratta di ridurre i macro-squilibri tra nazioni che consumano e importano troppo,
e nazioni che risparmiano ed esportano troppo. Questo aggiustamento può consentire di rilanciare la crescita mondiale in modo sano, cioè creando domanda aggiuntiva in quei paesi che se lo possono permettere
perché hanno risparmi in eccesso. Ma la proposta Geithner - che non a caso è stato costretto a sfumarla è apparsa come una pressione unilaterale sui grandi esportatori. Si è trasformata in autogol politico: ha unito tutti i paesi con forti avanzi, Cina, Germania, Giappone, Brasile. L´attenzione si è spostata sulla politica
monetaria americana, accusata di avere "rotto" in modo unilaterale lo spirito di cooperazione degli altri G20,
da Londra a Pittsburgh a Toronto. E Obama si ritroverà a Seul nella posizione più scomoda: l´imputato numero uno.
Bernanke ha cercato di organizzare una difesa in una cornice insolita: a Jekyll Island, in Georgia, l´isola dove un secolo fa cominciò la fondazione della banca centrale Usa. Nella sede di un convegno storico, Bernanke ha spiegato l´operazione Qe2 partita mercoledì scorso: «Non stiamo cercando di creare inflazione.
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C´è stata una significativa disinflazione dall´inizio della crisi, c´è troppa forza lavoro inutilizzata. Il nostro
scopo è fornire uno stimolo aggiuntivo per aiutare l´economia riprendersi, ed evitare una disinflazione aggiuntiva». Gli ha fatto eco Geithner: «Non useremo il dollaro come strumento per un vantaggio competitivo». Alle accuse dei paesi emergenti di inondarli di una liquidità che crea nuove bolle speculative, il segretario al Tesoro ha ribattuto: «I flussi di capitali verso i paesi emergenti sono un voto di fiducia nelle loro economie, sono giustificati e benvenuti, anche se comportano pressioni che vanno governate». Ma la frittata
ormai è fatta. Per Schaeuble «gli americani hanno vissuto a debito, hanno gonfiato il loro settore finanziario
e abbandonato la loro base industriale, queste sono le vere ragioni dei loro disavanzi».
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Una volta sceglievano tutt’al più la marca dei biscotti e della lavatrice, oggi comprano titoli
e accendono mutui E persino nell’acquisto dell´auto di casa sono determinanti. Lo dicono
ricerche europee e lo conferma Bankitalia
Alla donna il potere del portafoglio
è lei a decidere le spese di famiglia
L´invisibile esercito di amministratrici delegate che “movimenta”un terzo del Pil
Lo dicono i ricercatori tedeschi del Max Planck Institut, in uno studio fatto insieme ai francesi dell´università
parigina di Cergy Pontoise. Lo conferma Bankitalia, che dal 1985, ogni due anni, analizza le decisioni economiche degli italiani (con un modello di ricerca che ora è stato adottato anche dalla Banca Centrale Europea) e stabilisce a chi tocca il ruolo di "capofamiglia finanziario". E, sorpresa, tra le donne sposate, la categoria più interessante essendo ovvio che le single decidono per sé, si è passati da uno scarno 1 per cento
a oltre l´11, mentre in generale il 35 per cento delle scelte in questo campo è fatto da donne.
Con conseguenze che, negli anni del dopo-crisi, potrebbero costringere le banche a cambiare abitudini e
prodotti: «Le donne non amano il rischio, preferiscono le obbligazioni alle azioni - spiega Graziella Bertocchi, docente di economia politica all´Università di Modena e autrice, insieme a Costanza Torricelli e Marianna Brunetti - e anche quando hanno dei titoli nel loro portafoglio tendono a farlo in misura minore dei
maschi dello stesso livello. Il potere finanziario delle donne sta crescendo velocemente, anche se ricerche
come le nostre non consentono di entrare in certi aspetto, come la (probabile) condivisione di alcune decisioni col partner».
«Ora tocca al sistema finanziario rispondere - sottolinea Elsa Fornero, economista e vicepresidente del
Comitato di Sorveglianza di Intesa Sanpaolo, un posto che fino a poco tempo veniva giudicato irraggiungibile per una donna - Le banche devono prepararsi di più e meglio a offrire prodotti specifici alle donne, e alle donne sole o che decidono da sole, uscendo dal cliché secondo il quale, soprattutto quando si esce dal
circuito del piccolo risparmio per entrare in quello dell´investimento, l´interlocutore è un uomo che parla con
un altro uomo. E devono farlo in fretta, perché conquistare clienti è sempre difficile e richiede sempre più
intelligenza, serve una logica dei servizi, differenziata secondo i segmenti».
Che fossero le donne a decidere sulla marca dei biscotti, dopo aver ascoltato la radio e paragonato i prezzi,
si sapeva già. Che il loro potere decisionale fosse in crescita anche in settori meno tradizionali, come le auto, lo raccontano campagne pubblicitarie ormai dedicate anche o prevalentemente a loro per vendere utilitarie italiane, tedesche, francesi. Solo ora però diventa evidente come gli "svantaggi" nella suddivisione dei
ruoli familiari possano trasformarsi nel potere di influenzare: «Le donne dedicano più tempo e più attenzione, comparano le offerte e analizzano i dettagli - conferma Daniela Del Boca, docente di Economia politica
all´Università di Torino e direttore di Child, il centro di studi internazionale su Welfare e famiglie - E ora
questo consente anche a loro di pronunciarsi con competenza su decisioni come il tipo di mutuo da accendere, e potenzialmente di dire l´ultima parola». Anche nell´azienda-famiglia, insomma, c´è bisogno di womenomics, di economia delle donne, proprio come nel resto del paese. Ma in casa il gender gap, la differenza tra i sessi in favore degli uomini, tende a diminuire, nonostante l´umiliante settanduesimo posto
dell´Italia nelle classifiche mondiali che misurano incarichi decisionali e peso delle donne nelle aziende.
È nelle famiglie, insomma, che un invisibile esercito di amministratrici delegate prende ogni giorno migliaia
di decisioni e "movimenta" un terzo del Pil italiano: 490 miliardi di euro all´anno, quasi tre volte di più di
quello che le donne guadagnano in tutto il Paese, senza contare il "potere di veto" su acquisti ritenuti fino a
ieri di competenza maschile, come l´auto o la televisione. Una realtà che non solo il mondo iper-maschile
della finanza ma anche quello del marketing e della pubblicità non ha ancora accolto fino in fondo.
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La Fiba-Cisl
Vi augura
una giornata serena!!
Arrivederci adomani9
per una nuova
rassegna stampa!
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