Corrispondenza tra valutazione clinica con test di

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Corrispondenza tra valutazione clinica con test di
 Master di Primo Livello in “Posturologia e Terapie Manuali” Anno Accademico 2013-­‐2014 Direttore Prof. Zaffagnini Corrispondenza tra valutazione clinica con test di posturodinamica e valutazione strumentale con spinometria DISCENTE Dott.ssa Laura Mazzola RELATORE Prof. Alfredo Marino INDICE INDICE .............................................................................................................................. 3 PARTE 1 ........................................................................................................................... 4 1.1 Cenni di anatomia e biomeccanica della colonna vertebrale ................................ 4 1.2 Leggi di Fryette .................................................................................................... 11 1.3 Test di posturodinamica ...................................................................................... 13 1.4 Spinometria ......................................................................................................... 16 Bibliografia ................................................................................................................. 24 Sitografia ................................................................................................................... 25 PARTE 2 ......................................................................................................................... 26 2.1 Scopo della tesi .................................................................................................... 26 2.2 Materiali e metodi ............................................................................................... 27 2.3 Analisi statistica ................................................................................................... 32 2.4 Risultati ................................................................................................................ 33 2.4.1 Test di posturodinamica ................................................................................... 33 2.4.2 Spinometria ...................................................................................................... 34 2.4.3 Analisi comparativa .......................................................................................... 35 2.5 Discussione .......................................................................................................... 40 2.6 Conclusioni .......................................................................................................... 42 Bibliografia ..…………………………………………………………………………………………………………..43 RINGRAZIAMENTI……………………………………………………………………………………………………...44 3
PARTE 1 1.1 Cenni di anatomia e biomeccanica della colonna vertebrale La colonna vertebrale è un organo complesso in cui coesistono strutture vascolari, neurologiche, articolari, legamentose e muscolari. Nell’uomo, sul piano sagittale, essa presenta quattro curvature che, oltre a conferire un’ampia mobilità e l’elasticità necessaria ad assorbire le vibrazioni prodotte durante la marcia, permettono di sopportare carichi superiori a quelli sostenibili qualora fosse completamente diritta aumentando la resistenza del rachide alle oscillazioni di compressione assiale. Queste inoltre suddividono il rachide in quattro segmenti principali composti da due deviazioni a convessità anteriore, più mobili e flessibili, ovvero la lordosi cervicale e la lordosi lombare, e da due a convessità posteriore, più rigide, vale a dire le cifosi dorsale e sacrale (fig. 1.1). I punti di passaggio tra le varie curvature vengono detti “cerniere” e sono le zone maggiormente esposte a danni sia di usura che di tipo fratturativo. Fig. 1.1 -­‐ Curvature fisiologiche del rachide e sua suddivisione in segmenti. Il movimento della colonna vertebrale si sviluppa grazie all’azione coordinata del sistema neuromuscolare agonista che lo produce, di quello antagonista che lo 4
controlla e di quello dei vari segmenti. Ne consegue che il grado di mobilità è differente nei vari livelli della colonna, influenzato anche dall’orientamento delle superfici articolari che ciascuna zona possiede. Essendoci ampie variazioni individuali sia nei due sessi sia nelle differenti età, non possono essere dati dei valori assoluti alla mobilità del rachide. La vertebra è l’unità funzionale della colonna e in essa si possono distinguere due porzioni: una anteriore, costituita dal corpo vertebrale, e una posteriore, rappresentata dall’arco vertebrale (fig. 1.2a). Da una vista lungo il piano sagittale, la vertebra può così essere suddivisa in: !
un pilastro anteriore, che esplica fondamentalmente una funzione statica di sostegno; !
un pilastro posteriore, che svolge una funzione dinamica. L’unione funzionale tra questi due pilastri (fig. 1.2b) è assicurata dai peduncoli. a b Fig. 1.2 -­‐ a) Suddivisione vertebrale lungo il piano trasversale; b) suddivisione vertebrale lungo il piano sagittale. 5
Il segmento vertebrale è formato da due vertebre adiacenti, dal disco intervertebrale tra loro frapposto e dai tessuti molli che le uniscono (fig. 1.3). Fig. 1.3 -­‐ Esempio di segmento vertebrale, tratto lombare. Il nucleo polposo, interposto tra i due piatti vertebrali, compone con questi una tipologia di articolazione detta “giunto a sfera”, la quale rende possibili tre tipi di movimenti, ovvero flessione ed estensione lungo il piano sagittale, inclinazione laterale nel piano frontale e rotazione in quello orizzontale. Flessione ed estensione sono movimenti semplici e simmetrici. Nella prima (fig. 1.4a) si ha uno scivolamento anteriore e una traslazione sul piano sagittale della vertebra soprastante rispetto alla sottostante unito a uno slittamento posteriore del nucleo polposo e antero-­‐superiore delle faccette articolari e ad una messa in tensione dei legamenti posteriori. La flessione totale del rachide è di 110°, mentre quella dei singoli segmenti raggiunge i 40° nel tratto cervicale, i 45° nel tratto dorsale e i 60° in quello lombare. a
b Fig. 1.4 -­‐ a) Movimento di flessione di un segmento vertebrale; b) movimento di estensione di un segmento vertebrale. 6
Di contro, nell’estensione (fig. 1.4b) la vertebra soprastante scivola indietro rispetto alla sottostante tendendo i legamenti anteriori e si osserva una traslazione postero-­‐
inferiore delle faccette articolari ed una anteriore del nucleo polposo. L’estensione totale della colonna è complessivamente di 140°, mentre nei vari distretti raggiunge i 60° a livello cervicale, i 40° a livello dorsale e i 20° in quello lombare. Rotazione e lateroflessione rappresentano invece dei movimenti combinati e asimmetrici, in associazione con estensione, flessione o neutralità. Durante la rotazione si realizza uno scivolamento del piatto superiore dal lato della torsione. Similarmente nella lateroflessione lo slittamento si realizza verso il lato dell’inflessione. Nel complesso tale articolazione consente quindi sei gradi di libertà: flesso-­‐estensione, inclinazione laterale a destra e a sinistra, scivolamento sagittale e trasversale e infine rotazione verso destra e verso sinistra. Tuttavia si deve sottolineare che possono essere ottenuti movimenti di grande ampiezza solamente sommando i movimenti di molte articolazioni di questo tipo dal momento che ogni singolo movimento è poco ampio. Questi movimenti complessi dipendono dalla disposizione dei legamenti e delle faccette posteriori. Il movimento di inclinazione laterale si realizza lungo il piano frontale grazie agli slittamenti delle faccette articolari posteriori, le quali si elevano dal lato della convessità e si abbassano da quello della concavità (fig. 1.5), e può essere centrato principalmente sulla colonna dorsale e lombare. a
b Fig. 1.5 -­‐ a,b) Movimento di inclinazione laterale di un segmento vertebrale. 7
In entrambi i segmenti esso si combina con una rotazione automatica che è dovuta alla compressione dei dischi e alla tensione dei legamenti. L’inclinazione laterale incrementa difatti la pressione sul disco dal lato della concavità per cui la sua sostanza, compressa, si sposta verso la convessità determinando la rotazione (fig. 1.6). b a
Fig. 1.6 -­‐ a,b) Rotazione automatica del rachide durante la flessione laterale. Tale rotazione è fisiologica. Tuttavia, alcune alterazioni della statica vertebrale causate o da un’ineguale ripartizione delle tensioni legamentose o da irregolarità nello sviluppo, determinano una rotazione permanente dei somi. Il moto rotazionale si compie interamente su di un piano orizzontale e viene influenzato dalla posizione tenuta dal centro di rotazione, che differisce in base al piano vertebrale. A livello lombare (fig. 1.7) la rotazione è minima a causa dell’orientamento delle superfici articolari. Durante tale movimento la muscolatura posteriore e quella addominale agiscono sui due lati della colonna con un’azione combinata tra la muscolatura omolaterale e quella controlaterale. Fig. 1.7 -­‐ Rotazione vertebrale nel tratto lombare. 8
Nel tratto toracico (fig. 1.8a) la rotazione vertebrale comporta sempre una deformazione delle coste per via dell’elasticità costale e condrale, ottenendo dal lato della rotazione un aumento della concavità costale mentre dal lato opposto al movimento rotatorio un aumento della concavità condro-­‐costale (fig. 1.8b). b a
Fig. 1.8 -­‐ a) Rotazione assiale nel tratto dorsale; b) deformazione costale secondaria alla rotazione vertebrale nel tratto dorsale. 5° 35° 50° Nonostante la presenza della gabbia toracica, che conferisce rigidità a tutto il segmento, nel rachide dorsale si ha un movimento rotatorio a b che, nel suo insieme, risulta quattro volte c maggiore di quello del tratto lombare. Nel complesso la rotazione assiale tra bacino e cranio si aggira attorno ai 90° (fig. 1.9d), mentre 90-­‐95° quella del tratto lombare è di 5° circa (fig. 1.9a), quella del tratto dorsale di 35° (fig. 1.9b) e quella d del tratto cervicale raggiunge i 50° (fig. 1.9c). Fig. 1.9 -­‐ a) Ampiezza della rotazione nel tratto lombare; b) ampiezza della rotazione nel tratto dorsale; c) ampiezza della rotazione nel tratto cervicale; d) ampiezza globale della rotazione del rachide. 9
Per quanto riguarda invece l’inclinazione L 20° laterale (fig. 1.10), essa ammonta all’incirca D 20° sui 20° sia a livello lombare che dorsale C 35° mentre a livello cervicale si aggira attorno ai 35°-­‐45°. 20° L’inflessione del rachide nel suo complesso, tra cranio e sacro, oscilla quindi tra i 75° e gli 85° per lato. 35° T 75° 20° Fig. 1.10 -­‐ Ampiezza della lateroflessione della colonna vertebrale nel suo insieme e nei suoi vari tratti. Durante la lateroflessione del tratto dorsale, dal lato della convessità si ha un sollevamento del torace unito ad un allargamento degli spazi intercostali e dell’angolo condro-­‐costale mentre in quello della concavità una retrazione ed un abbassamento toracico unitariamente a una diminuzione di ampiezza degli spazi intercostali e dell’angolo condro-­‐costale (fig. 1.11). Fig. 1.11 -­‐ Modificazione dell’ampiezza degli spazi intercostali durante la lateroflessione del tratto dorsale. A livello lombare l’ampiezza della lateroflessione varia in relazione all’età. Per questo, in linea di massima, si può dire che essa sia tra i 20° e i 30° per ogni lato. L’ampiezza maggiore si ha nei tratti compresi tra L3 e L4 e L4 e L5, dove nella giovane età arriva attorno ai 16°, per rimanere invece poi stabile sugli 8° tra i 30 e 60 anni e infine diminuire a 6° nell’età più avanzata. 10
1.2 Leggi di Fryette Harrison Fryette (1876-­‐1960) fu uno dei primi osteopati che si occupò di analizzare la cinematica rachidea. Rifacendosi al lavoro di R. W. Lowett del 1905 “The mechanism of the normal spine and its relation to scoliosis”, egli elaborò uno studio sui principi dei movimenti fisiologici della colonna vertebrale e dedusse le leggi della biomeccanica del rachide in rapporto alle disfunzioni vertebrali che presentò all’American Osteopathic Association nel 1918 e nel suo libro “Principles of Osteopathic Technique” del 1954 in cui è contenuta un’analisi segmentale della colonna vertebrale in posizione seduta. Nel 1956 T. E. Hall riesaminò le sue idee dando loro l’appellativo di “leggi” nell’annuario dell’Osteopathic Institute of Applied Techinque. Le leggi sono tre ma soltanto le prime due (fig. 1.12) sono attribuite a Fryette in quanto la terza fu proposta da C. R. Nelson nel 1948. Mentre quest’ultima è stata riconosciuta valida per tutto il rachide dall’osteopatia mondiale, le prime due sono considerate valide solo per i tratti dorsale e lombare dall’osteopatia classica, mentre anche per quello cervicale basso (C3-­‐C7) dall’osteopatia moderna. Alla luce delle ricerche degli ultimi anni, si è invece concordi nel reputare inapplicabili alle prime due vertebre cervicali i primi due principi. Le leggi di Fryette sono le seguenti: !
I LEGGE: Quando una vertebra o un gruppo di vertebre in posizione neutra (NSR) oppure con una flessione (FSR) o estensione (ESR) comprese tra i 10° e i 20°, tali per cui non si abbia contatto tra le apofisi articolari posteriori, compiono una lateroflessione, si ottiene una rotazione automatica opposta dei corpi vertebrali verso il lato della convessità; !
II LEGGE: In condizioni di flessioni (FRS) o estensioni (ERS) maggiori che comportano un contatto tra le faccette articolari, la lateroflessione determina una rotazione dei corpi vertebrali dallo stesso lato, ovvero verso la concavità; !
III LEGGE: Il movimento iniziale di un’articolazione intervertebrale su un piano modifica la mobilità di questa negli altri due piani riducendola. Il moto di una vertebra varia a seconda della morfologia della curva nella quale essa si trova. 11
Fig. 1.12 -­‐ Raffigurazione grafica delle leggi di Fryette. Da queste leggi Kapandji ha descritto il fenomeno della rotazione automatica del rachide: “Allorquando il rachide si lateroflette, si vedono i corpi vertebrali ruotare in maniera tale che la loro linea mediana anteriore si sposta verso la convessità della curvatura”1 nei tratti dorsale e lombare. Al contrario, a livello del tratto cervicale inferiore, i movimenti rotatori si attuano nel verso della concavità della curvatura ma, dal momento che l’atlante ha una rotazione opposta, nel complesso, a livello del cranio, si ottiene in fisiologia una lateroflessione pura. Più si analizza la cinematica rachidea dal vivo e più ci si rende conto di quanto complesse e imprevedibili siano le varie possibili combinazioni della traslazione e della torsione articolare di ciascun segmento. Per questa ragione gli enunciati di Fryette piuttosto che leggi potrebbero essere considerate come varianti individuali e segmentali senza per il momento un modello esatto che ne consenta una previsione. Ad ogni modo, agli studi di Fryette va riconosciuta un’importanza fondamentale per aver disciplinato la medicina osteopatica mondiale costituendo le regole su cui si basano tutte le manipolazioni vertebrali nonché altre tecniche quali le cranio-­‐sacrali, le posturali e le fasciali. Esse vengono per l’appunto impiegate dagli osteopati per trattare le varie disfunzioni interessanti il rachide e costituiscono un fondamento teorico imprescindibile in quanto qualsiasi tecnica per il trattamento vertebrale, per 1
Kapandji IA. Physiologie articulaire. Tome 3: Tronc et rachis, Paris, Maloine, 1982 12
essere scientifica, deve basarsi su una comprensione minuziosa dei movimenti fisiologici della colonna. 1.3 Test di posturodinamica La prova posturodinamica è un test dinamico ideato dal podoposturologo e osteopata francese Philippe Villeneuve e da sua moglie, la posturologa S. Villeneuve Parpay, che consente di evidenziare eventuali disequilibri tonici ovvero ipertonie che caratterizzano la presenza di una sindrome da deficit posturale, esplorando il tono muscolare e testando la resistenza dei muscoli della colonna al loro stiramento. I soggetti colpiti da tale sindrome presentano per l’appunto un’ipertonia paravertebrale che si associa ad altri sintomi, nonostante gli esami complementari risultino nella norma. Sperimentata da tempo nella pratica clinica e attualmente utilizzata nel quotidiano da molti terapisti, essa fa parte degli esami clinici posturali di routine e possiede il vantaggio di non essere aggressiva, al contrario ad esempio del test dei punti dolorosi di Da Cunha, e di permettere una stima comparativa realistica. In aggiunta essa ha una riproducibilità eccelsa da terapeuta a terapeuta, convalidata tra l’altro da studi francesi e canadesi. La prova posturodinamica riprende e applica nella clinica le conoscenze della cinematica rachidea dovute agli studi di Kapandji e Fryette, le quali illustrano come ad ogni inclinazione laterale della colonna nel piano frontale si deve accompagnare una rotazione automatica nel piano orizzontale controlaterale alla lateroflessione a livello lombare, toracico e cervicale superiore, mentre omolaterale all’inclinazione laterale nel tratto cervicale inferiore. Complessivamente, quindi, a livello cervicale le due rotazioni di senso opposto si annullano, consentendo perciò al capo di inclinarsi senza rotazioni. Questi principi di biomeccanica sono stati poi applicati nella diagnosi clinica dall’osteopata americano Fryette (1978) che riprese le osservazioni di Lowett del 1907 circa la fisiologia dei movimenti del rachide. Nel suo libro “Principles of Osteopathic Technique” del 1954 è infatti contenuta un’analisi segmentale della colonna vertebrale nella posizione seduta. 13
L’esame posturodinamico si basa su tali leggi della cinematica del rachide trasponendole alla posizione stante. Esso è un test tonico che consente di valutare se il movimento biomeccanico della colonna, dipendente dal tono muscolare, è fisiologico o meno. In caso negativo, esso permette di localizzare le disfunzioni propriocettive presenti e di oggettivare la loro modificazione grazie alla terapia. Il tono può essere valutato tramite le modificazioni dell’attività motoria. I gesti comportano infatti una serie di automatismi, la cui realizzazione armoniosa è indicativa del loro buon funzionamento. Quando un soggetto ha un buon equilibrio rachideo, si dovrebbe riscontrare una simmetria di tono tra i vari gruppi muscolari, con la tensione più bassa possibile. Ciò consente all’insieme corporeo di raggiungere la massima ampiezza durante i movimenti di lateroflessione e rotazione che nei tratti lombare e dorsale risultano, come detto, opposti. Viceversa, qualora certi gruppi muscolari posturali fossero in ipertono, il corpo, e quindi anche i segmenti vertebrali, risulterebbero più rigidi, con una diminuzione dell’ampiezza dei movimenti ed una rotazione nello stesso senso dell’inclinazione laterale nei tratti lombare e/o toracico. Tale risposta non fisiologica è sintomatica di una o più disfunzioni propriocettive a livello di uno o più segmenti. Oltre a individuare la situazione posturale del paziente ed oggettivare la localizzazione delle disfunzioni propriocettive, esso permette di orientare le ulteriori indagini cliniche e di valutare l’efficacia dei seguenti trattamenti per capire se si ha operato la modifica percettiva più idonea. Infatti i trattamenti devono essere scelti in base al tipo di disfunzione posturale del paziente e, se adeguati, dovrebbero normalizzare i parametri testati che prima non davano una risposta fisiologica. Esistono due tipologie di disfunzione che si differenziano per il tipo di contrattura: in una è segmentaria, mentre nell’altra essa coinvolge tutta la muscolatura assiale. In quest’ultimo caso si parlerà di sindrome posturale sistematizzata. La valutazione globale delle risposte ottenute nei tre tratti del rachide consente di valutare il numero delle regioni disfunzionanti e quindi di formare una scala riportata in una tabella riassuntiva che può contare da zero a sei croci. In base alla distribuzione e al numero delle croci vengono determinate le due tipologie di pazienti posturali: 14
quelli con disfunzioni localizzate riportano da una a quattro croci, di cui non più di due per colonna, mentre quelli con disfunzioni sistematizzate hanno o come minimo tre croci in una stessa colonna, nel caso dei pazienti sistematizzati lateralizzati, o sei croci in quelli sistematizzati generalizzati (fig. 1.13). Più il paziente riporta delle croci e più sarà difficile da trattare. I soggetti con disfunzione sistematizzata possono avere disfunzionante tutto un lato della catena muscolare nel caso dei pazienti con disfunzione lateralizzata (ad esempio soggetti affetti da scoliosi o sciatalgia), o l’intero sistema nel caso di pazienti con disfunzione generalizzata (esempi tipici sono i soggetti lombalgici, bruxisti o con ernie). A ragione di ciò si dovrà andare a lavorare più a livello sistemico che locale. Fig. 1.13 -­‐ Classificazione delle disfunzioni propriocettive in base alle risposte ottenute nel test di posturodinamica. 15
L’istituzione di un punteggio consente di oggettivare il livello della disfunzione, orientarne la terapia, seguirne il trattamento e l’evoluzione e di avere un linguaggio comune con gli altri terapeuti. 1.4 Spinometria La spinometria è una moderna metodica sviluppata negli anni ‘80 da Drerup e Hierholzer2 presso l’Università tedesca di Münster che consente di effettuare un’analisi tridimensionale della morfologia e della postura del rachide. In seguito i brevetti dell’Università di Münster sono stati comprati dalla ditta produttrice Diers che ha così iniziato la produzione del macchinario Formetric, di cui Hakomed è il fornitore per l’Italia. Il sistema di scansione optoelettrica Diers Formetric con cui viene effettuato tale esame strumentale viene prescritto dal medico specialista. Per semplificarne la prescrizione, in Italia, si designa tale metodica di analisi con il termine “spinometria”, sebbene negli studi di validazione essa venga invece indicata con il termine “Rasterstereography”. Pensata in principio per essere un’alternativa all’rx nel follow-­‐up della scoliosi giovanile in quanto esame privo di costo biologico dato che non utilizza radiazioni ionizzanti, è stata ben presto estesa alla valutazione della postura e all’individuazione di disturbi funzionali di rachide, bacino ed arti inferiori. Si è infatti notato che molti di questi disturbi non sono dovuti tanto ad un’alterazione morfologica quanto ad uno squilibrio posturale, determinato ad esempio da un blocco del complesso vertebrale, da una malocclusione o da un difetto visivo. Per tali alterazioni, il ricorso all’rx, che rappresenta il gold standard per la ricerca e la valutazione dei disturbi di origine strutturale, non risulta essere la metodica di analisi più adatta. La radiografia presenta infatti alcuni limiti, essendo un esame bidimensionale, statico, poco accurato nella quantificazione di certi parametri come quello di rotazione vertebrale e, servendosi di radiazioni ionizzanti, pure ad elevato costo biologico. I dati 2
Drerup B, Hierholzer E. Automatic localization of anatomical landmarks on the back surface and construction of a body-­‐fixed coordinate system. Journal of Biomechanics. 1987;20(10):961-­‐970 16
ottenuti, oltre a dover essere ricavati dall’operatore stesso, sono difficilmente ripetibili a causa delle variazioni posturali fisiologiche che l’atto di respirare comporta e per il fatto che l’esame viene compiuto sia sul piano sagittale che su quello frontale. Il ricorso alla spinometria può rivelarsi in questi casi invece più utile. Pur non potendo sostituire le informazioni ottenibili con la radiografia, in quanto ad esempio non permette di monitorare lo sviluppo osseo, essa consente però una rappresentazione tridimensionale della morfologia della colonna, nella cui definizione si ha una riduzione dell’influenza della respirazione e delle oscillazioni corporee, riuscendo pure ad evidenziare, oltre alle inclinazioni, anche le torsioni anomale di vertebre ed emibacini. La spinometria ha altresì la possibilità di effettuare una misurazione dinamica per mezzo della quale si può ottenere una valutazione biomeccanica del funzionamento del rachide ed effettuare un’operazione di media sui parametri calcolati. Da tale analisi funzionale si può ricavare un numero di informazioni maggiore, più preciso e ripetibile rispetto all’esame obiettivo, consentendo quindi di completare in maniera attendibile le misurazioni effettuate dal medico in fase di visita. Tramite la spinometria si riesce a notare in breve tempo se le varie catene muscolari reclutate in un movimento sono libere o disfunzionali e a capire quindi se può essere attuata o meno una determinata correzione posturale. Assegnando dei valori numerici, essa riesce a oggettivare l’entità dei disordini in esame e gli output generati da ogni tipo di correzione. Oggigiorno il sistema Formetric è molto diffuso all’estero nei principali centri dedicati alla patologia vertebrale (basti pensare che nella sola Germania se ne contano più di 700) ed anche in alcuni centri di ricerca italiani.
L’esame spinometrico, oltre ad essere impiegato in alcuni centri nella diagnostica di routine delle deformità della colonna e nei programmi di screening sui più giovani, è risultato essere un valido sostituto dell’rx nell’analisi generale della postura e trova applicazione anche nella valutazione dell’efficacia delle ortesi plantari e del rischio biomeccanico in medicina del lavoro ed è altresì consigliato per arricchire l’analisi biomeccanica integrata nell’atleta. 17
La letteratura scientifica internazionale riporta varie pubblicazioni su questo strumento, a cui è stato riconoscuta anche validità legale. Il sistema Formetric è costituito da una colonna munita di videocamera CCD e proiettore a bande a cui è collegato un computer (fig. 1.14). Esso si basa sulla video-­‐
rasterstereografia, che è un metodo di rilevamento topografico che si avvale di una scansione ottica tridimensionale di luce alogena. a b Fig. 1.14 -­‐ a,b) Sistema Formetric. Il principio che sottostà all’esame spinometrico è quello della triangolazione che, attraverso una sorgente luminosa che colpisce un determinato oggetto da una certa angolazione ed una telecamera, consente di rilevarne la superficie catturando la luce da esso riflessa e registrare 10.000 punti di misura. In tal modo si ottiene un triangolo dalle tre linee che, in ordine, collegano la sorgente luminosa con la telecamera, il soggetto e la distanza dei fasci di luce (fig. 1.15). Il calcolo della distanza separante l’oggetto dalla fonte luminosa è reso possibile dalla conoscenza della direzione di irraggiamento e dello spazio intercorente tra la sorgente luminosa e la telecamera. 18
a
b Fig. 1.15 -­‐ a,b) Raffigurazione grafica del principio della triangolazione. Tale principio della triangolazione può essere sfruttato altresì per trasporre in pixel l’oggetto esaminato, ottenendo così la ricostruzione tridimensionale della sua superficie. L’analisi è di facile effettuazione ed è di breve durata. L’acquisizione può essere svolta in differenti modalità in relazione al contesto clinico: 1) esame statico: è molto breve (40 millisecondi) e per questo particolarmente adatto agli individui affetti da serie disfunzioni posturali di origine neurologica o vestibolare, in cui acquisizioni più lunghe sarebbero sfalsate da oscillazioni troppo ampie; 19
2) averaging: analisi dinamica in 4D che rileva 12 immagini in 6 secondi (circa la durata di un respiro) e ne calcola il valore medio, eliminando eventuali errori di campionamento causati dai movimenti respiratori e dalle oscillazioni corporee; 3) misurazione dinamica: analisi in 4D indicata qualora si voglia analizzare gli adattamenti posturali del sistema scheletrico durante l’effettuazione di movimenti elementari. Essa esegue un’acquisizione volumetrica fino a un massimo di 50.400 punti a fotografia, registrando fino a un massimo di 50 immagini al secondo. Il corpo del paziente, posto in piedi di schiena ad una distanza di 2 metri dall’apparecchio, viene illuminato da una serie di bande di luce orizzontali ad infrarossi, distanziate tra loro di 1 cm, il cui riflesso viene poi rilevato dalla telecamera digitale. Ad ogni modo, soltanto i punti superficiali colpiti da una linea possono venire misurati, mentre quelli che cadono nel gap tra due linee adiacenti di 11 mm circa non vengono rilevati3,4. Grazie alla scansione ottica e all’uso di marker, l’apparecchiatura individua in automatico i vari punti di repere della schiena (rappresentati dalla settima vertebra cervicale, dalle fossette di Michaelis e dall’osso sacro), la linea mediana della colonna ed ogni rotazione della stessa. Tali punti anatomici consentono di delineare la superficie corporea del soggetto indipendentemente dalla posizione tenuta rispetto al sistema di rilevamento. Terminata la misurazione il software, unendo tutti i punti rilevati, analizza ed elabora in tempo reale i dati acquisiti da cui si ottengono i valori della deviazione laterale, della rotazione vertebrale e del profilo sagittale del rachide, necessari per ottenere la ricostruzione 3D della superficie del dorso con un errore attorno ai 0,2-­‐0,3 mm (fig. 1.16). 3
Frobin W, Hierholzer E. Transformation of irregularly sampled surface data points into a regular grid and aspects of surface interpolation, smoothing and accuracy. In: Coblentz AM, Herron RE, editors. Proc. SPIE 0602, Biostereometrics ‘85. 1986. pp. 109–114. 4
Frobin W. Accuracy of localization of anatomical landmarks from rasterstereographic measurements. In: Alberti A, Drerup B, Hierholzer E, editors. Proceedings of the 6th International Symposium on Surface Topography and Spinal Deformity. Stuttgart: Gustav Fischer; 1992. pp. 47–51.
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Fig. 1.16 -­‐ Ricostruzione tridimensionale della superficie della schiena. Per discriminare la convessità, la concavità e la forma a sella della regione dorsale vengono usati colori differenti (fig. 1.17), mentre la loro intensità indica l’entità del grado di curvatura5. Le regioni di transizione tra le varie curvature si presentano invece bianche. Fig. 1.17 -­‐ Colorazione delle varie regioni della schiena in base alla loro curvatura. La creazione di questa ricostruzione è resa possibile dalla correlazione esistente tra i punti di repere superficiali e la sottostante struttura ossea. La morfologia della colonna viene analizzata mediante la misurazione della grandezza vertebrale per ricercare il centro della vertebra, la localizzazione della linea dei processi spinosi ed il successivo confronto tra la posizione di questa con la rotazione superficiale. La localizzazione dei processi spinosi è necessaria per riuscire a rilevare la deviazione laterale vertebrale e viene determinata calcolando l’eventuale discrepanza tra questa e la linea di simmetria che separa in due metà i profili trasversali del reticolo luminoso registrato prendendo a riferimento i punti di repere. Alla base di tale metodica si ha l’assunto che un paziente sano abbia una linea dei processi spinosi che divida in due parti quasi simmetriche il profilo del dorso, che è appunto costituito dalla linea mediana soprastante i processi spinosi. 5
Drerup B. Rasterstereographic measurement of scoliotic deformity. Scoliosis. 2014;9:22. 21
La validità di tale ipotesi è stata avvalorata da uno studio condotto su 25 soggetti con un angolo scoliotico compreso tra i 20° e i 50°. Ancora oggi il livello di precisione della spinometria è stato accertato solo per scoliosi inferiori ai 50°6. La localizzazione delle vertebre può essere determinata se si conoscono la rotazione delle medesime, la posizione dei processi spinosi e la distanza tra le estremità dei processi spinosi e il centro somatico. La rotazione vertebrale, che viene stimata dalla ricostruzione della linea mediana, sebbene con un’accuratezza limitata, è equiparata a quella della superficie del dorso a livello della linea di simmetria. Dal momento che la schiena in corrispondenza dei processi spinosi è molto concava a livello lombare e convessa a quello dorsale, si possono commettere degli errori di misurazione della rotazione e dell’inclinazione laterale vertebrale qualora si abbiano dei piccoli scostamenti mediali o laterali. La ricostruzione del soma è resa possibile solamente se non ci sono gravi deformità a carico del rachide e se si conoscono sia la distanza intercorrente tra il centro della vertebra e la pelle che ricopre i processi spinosi sia l’altezza del corpo del paziente. Il punto centrale del corpo vertebrale è calcolato dalla stima delle dimensioni anatomiche di questo. Congiungendo i punti centrali si delinea la linea di simmetria, vale a dire della “spinal midline”, che corrisponde alla forma della spina vertebrale elaborata tridimensionalmente. Il modello tridimensionale ottenuto può essere analizzato dalle varie angolazioni al fine di determinare vari parametri come: !
lunghezza del tronco e punti di inversione delle quattro curvature della colonna; !
flessione anteriore, posteriore e laterale e deviazione del tronco; !
entità di rotazione vertebrale; !
inclinazione del bacino; !
angoli di lordosi e cifosi. La precisione e la ripetibilità dei risultati sono dovuti in gran parte al fatto che la scansione viene compiuta solamente sul lato posteriore del paziente, diminuendo di 6
Hierholzer E. Objektive Analyse der Rückenform von Skoliose Patienten, Gustav Fischer Verlag, Stuttgart, New York, 1993. 22
conseguenza l’errore determinato dall’effetto delle variazioni posturali che possono verificarsi durante l’effettuazione di una radiografia a due o tre proiezioni. Gli errori di rilevazione oscillano attorno a: !
3° sul movimento di rotazione vertebrale, determinata dalle rotazioni della superficie e della linea mediana spinale nelle tre dimensioni; !
± 2 mm sulla determinazione del punto del centro vertebrale; !
± 1 mm sulla definizione della posizione dei punti di repere. 23
______________________ Bibliografia !
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PARTE 2 2.1 Scopo della tesi La spinometria è una moderna metodica di analisi che, servendosi di luce alogena, permette di misurare la superficie posteriore di tronco e bacino a distanza ravvicinata grazie ad una tecnica di triangolazione che consente di calcolare la posizione di un punto P lontano sulla base di una distanza nota tra due punti, rappresentati da una fotocamera e la proiezione di un reticolo di luce uniforme e geometricamente definito, e dal triangolo formato da questi due punti con il punto sconosciuto. Durante l’esame viene proiettato sul dorso del paziente, e in seguito registrato da una fotocamera, un reticolo di linee luminose orizzontali, ognuna costituita da una nuvola di punti. Per mezzo di un computer le linee rilevate vengono analizzate e trasformate in un reticolo di punti da cui si ottiene la forma e la posizione della superficie della schiena nello spazio. A questo punto il sistema individua i punti di repere per stabilire una relazione tra la superficie ricostruita della schiena del paziente e la struttura ossea della spina dorsale. La spinometria, oltre a operare una ricostruzione tridimensionale sia della superficie del dorso che della spina dorsale sottostante, permette di effettuare anche una misurazione dinamica tramite cui si può ottenere una valutazione biomeccanica del funzionamento del rachide e realizzare un’operazione di media sui parametri calcolati. La prova di posturodinamica rappresenta uno degli esami clinici posturali tramite il quale si riesce a testare la resistenza dei muscoli spinali al loro stiramento (riflesso miotatico) e quindi a esplorare il tono muscolare evidenziando eventuali disequilibri tonici, a oggettivare la localizzazione delle disfunzioni propriocettive e a individuare perciò la situazione posturale del soggetto in esame. Tale test tonico permette inoltre di orientare le ulteriori indagini cliniche e di controllare i trattamenti posturali che si sono scelti in base alla disfunzione posturale del caso.
Benché, come detto, la prova di posturodinamica sia uno dei test maggiormente utilizzati nell’esame posturologico, tutti gli studi clinici al momento disponibili si sono 26
incentrati sulla dimostrazione della sua riproducibilità intra e inter operatore1,2,3. Per quanto è a nostra conoscenza, mancano, ad oggi, in letteratura degli studi che ne analizzino in maniera rigorosa la correlazione con parametri clinici oggettivi. Scopo di questo studio pilota è verificare se i risultati ottenuti con il test clinico di posturodinamica corrispondono effettivamente a quelli ottenuti tramite analisi spinometrica, al fine di validare l’affidabilità dell’analisi posturodinamica nella pratica posturologica. Sarebbe infatti interessante poter confermare la corrispondenza delle valutazioni ottenute dai due esami, manuale e strumentale, per poter utilizzare con sufficiente affidabilità l’analisi posturodinamica durante le visite posturologiche. 2.2 Materiali e metodi Nel presente studio è stato incluso un campione di 21 soggetti di razza caucasica di cui 11 di sesso femminile e 10 di sesso maschile, di età compresa tra 21 e 59 anni. Tutti sono stati reclutati su base volontaria e sono stati sottoposti ai test dopo essere stati informati riguardo al carattere non ionizzante degli stessi. Criteri di esclusione erano la presenza di scoliosi o di altre deformità spinali gravi, in quanto la spinometria si è dimostrata essere un metodo di indagine affidabile solo per lo studio dell’allineamento spinale in individui non scoliotici4. Di contro, coloro che presentavano solamente un atteggiamento scoliotico sono stati considerati conformi ai criteri di inclusione. Il protocollo dello studio prevedeva che i pazienti venissero inizialmente sottoposti al test di posturodinamica, che è stato effettuato nel seguente modo: I pazienti sono stati analizzati in bipedestazione eretta, tenendo una posizione diritta ma rilassata, con le ginocchia estese e i piedi, nudi, leggermente aperti. Il terapeuta, posto dietro all’assistito, ha iniziato ad analizzare il tratto cervicale appoggiando i palmi sulle ossa temporali e parietali, con le dita rivolte verso l’alto, ed i pollici sulla parte posteriore dell’occipite (fig. 2.1a). Al paziente è stato quindi chiesto di eseguire un’inclinazione laterale (bending) (fig. 2.1b) prima a destra e poi a sinistra. 27
a b Fig. 2.1-­‐ Prova posturodinamica a livello cervicale: a) posizione di base; b) bending a destra. Si è considerato indice di disfunzione propriocettiva il riscontro di un movimento secondario sul piano orizzontale, dal momento che in fisiologia ciò non dovrebbe verificarsi. Dopodiché si è passati a livello dorsale. L’operatore ha applicato le mani sulle scapole del paziente, con i pollici sulle spine scapolari e le dita rivolte verso l’alto ed ha ricercato un movimento secondario lungo il piano orizzontale (fig. 2.2). a b Fig. 2.2 -­‐ Prova posturodinamica a livello dorsale: a) posizione di base; b) bending a destra. Di norma la colonna deve effettuare una rotazione controlaterale alla lateroflessione, per cui la mano appoggiata sul lato dell’inclinazione laterale dovrebbe avanzare. Il moto rotazionale deve essere ampio e armonico. Un’interruzione o un’inversione del senso del movimento è stato quindi considerato patologico. In ultimo si è proceduto 28
allo studio del tratto lombare. Il terapeuta ha posto i pollici sulle spine iliache postero-­‐
superiori e il resto dei palmi lungo le creste iliache (fig. 2.3a). Mentre il paziente si fletteva lateralmente da un lato e poi dall’altro, l’operatore ha esaminato il movimento secondario di rotazione che, se fisiologico, doveva essere controlaterale al lato dell’inclinazione (fig. 2.3b), per cui verso avanti. a b Fig. 2.3 -­‐ Prova posturodinamica a livello lombare: a) posizione di base; b) bending a destra. In caso contrario, o se il movimento secondario subiva un arresto o un’inversione, si è considerato essere in presenza di una disfunzione a livello dell’articolazione sacroiliaca o lombare. La disposizione laterale delle mani in ognuno dei tre livelli sopracitati ha consentito di avere dei punti di riferimento ossei e di rendere manifesta la cinematica rachidea. I movimenti percepiti sono il risultato della somma dei moti di ciascuna delle vertebre dei tratti cervicale, dorsale e lombare. Dal momento che si è esaminato il lato preso in analisi anche in relazione con esso stesso, le ipertonie riscontrate sono assolute. Ciò ha permesso di caratterizzare l’ipertonia sistematizzata e di precisarne estensione e localizzazione. 29
In seguito i pazienti sono stati sottoposti al test spinometrico tramite apparecchiatura Diers Formetric 4D (Formetric®-­‐System, Diers International, Schlangenbad, Germany). I pazienti dovevano rimanere a torso nudo fino alla linea interglutea, senza calzature né gioielli. Sono stati posizionati di schiena davanti alla telecamera con i piedi leggermente divaricati a 90° ed i talloni allineati lungo una linea di riferimento marcata per terra e dovevano tenere lo sguardo all’orizzonte, fissando un obiettivo visivo posto allo stesso livello dell’altezza degli occhi, distante come minimo 90 cm per non provocare rotazioni (fig. 2.4). Sulla pelle dei pazienti sono stati Fig. 2.4 -­‐ Posizionamento dell’assistito per l’effettuazione del test spinometrico. applicati dei marker adesivi in corrispondenza delle regioni acromiali, della vertebra prominens e delle fossette lombari al fine di determinare un collegamento più immediato tra la superficie cutanea e le strutture scheletriche sottostanti5 e di permettere la costruzione di un sistema di coordinate cartesiane. L’operatore ha quindi abbassato la colonna del macchinario per centrare la schiena del paziente con il fascio luminoso (fig. 2.5). Fig. 2.5 -­‐ Centratura del dorso dell’assistito tramite fascio luminoso. Dopodiché si è proceduti con l’acquisizione che, nel nostro caso, mirava a registrare la rotazione vertebrale e delle spalle durante i due bending laterali. Come modalità di acquisizione nel presente studio si è scelta la 4D dynamic, che permette l’acquisizione di un video del movimento. Ogni acquisizione è stata fatta durare 16 secondi e sono state scattate fotografie alla frequenza di 10Htz (10 al secondo). Per la rilevazione dei marker adesivi ci si è avvalsi di luce infrarossa (fig. 2.6). Fig. 2.6 -­‐ Luce infrarossa per il rilevamento dei marker adesivi. 30
Per l’analisi dei video ci si è avvalsi del software Diers® che ha permesso di ottenere dati numerici (fig. 2.7). a b c Fig. 2.7 -­‐ Esempi di output del test spinometrico: a) in posizione neutra; b) durante il bending di destra; c) durante il bending di sinistra. 31
I dati numerici così ottenuti dall’apparecchio Formetric sono stati quindi convertiti in parametri qualitativi al fine di poter essere paragonati con i risultati ottenuti mediante osservazione clinica con test di posturodinamica. Si è deciso di non procedere al confronto dei dati riguardanti il movimento del tratto cervicale in quanto la comunità osteopatica ritiene inapplicabili le prime due leggi di Fryette alla regione cervicale alta e non è concorde nel considerarle applicabili alla regione cervicale bassa. In relazione all’inclinazione laterale del tratto dorsale, la spinometria ha fornito sia dati riguardanti il grado di rotazione della singola vertebra, che dati relativi alla rotazione del cingolo scapolare. Fatto interessante e, per quanto è a nostra conoscenza, mai riportato prima in letteratura, si è notato come, in alcuni casi, la vertebra con rotazione massima abbia eseguito un movimento contrario a quello generale dell’intero tratto. Abbiamo quindi deciso di andare a confrontare i dati ottenuti dal test di posturodinamica con la rotazione del cingolo scapolare, in quanto maggiormente rappresentativa del movimento globale del segmento. Per quanto riguarda l’inclinazione laterale del tratto lombare, in assenza di dati relativi al movimento del cingolo pelvico, si è deciso di confrontare i dati ottenuti dal test di posturodinamica con il movimento della vertebra che presentava il grado di rotazione maggiore. 2.3 Analisi statistica Tutte le analisi statistiche sono state effettuate usando PRISM 5, versione 5.0f (GraphPad Software, Inc.). Per l’analisi delle variabili qualitative si è usato il test esatto di Fisher, con ipotesi alternativa a due code e si è considerato come statisticamente significativo un P value < 0.05. 32
2.4 Risultati 2.4.1 Test di posturodinamica L’insieme delle rilevazioni dei movimenti dei pazienti al test di posturodinamica sono riassunti nella tabella 1. Con la lettera X sono indicate le rotazioni secondarie inverse al senso della fisiologia. TEST DI POSTURODINAMICA PAZIENTE 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 BENDING SINISTRA Cervicale X X X X X X X X X X X X X X X X Dorsale BENDING DESTRA Lombare X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X Cervicale X X X X X X X X X X X X X Dorsale X X X X X X X X X X X X X Lombare X X X X X X X X X X X X X X Tabella 1 -­‐ Risposta al test di posturodinamica. In base al test di posturodinamica effettuato, è risultato avere un movimento fisiologico nel tratto dorsale il 28.6% (n=6) dei soggetti nel bending sinistro e il 38.1% (n=8) in quello destro, mentre nel segmento lombare il 38.1% (n=8) nella lateroflessione sinistra e il 33.3% (n=7) in quella destra. Inoltre, il 28.6% dei pazienti (n=6) ha riportato una disfunzione propriocettiva sistematizzata generalizzata; il 33.3% dei pazienti (n=7) una disfunzione propriocettiva sistematizzata lateralizzata e il 38.1% dei pazienti (n=8) una disfunzione localizzata. 33
2.4.2 Spinometria L’insieme delle rilevazioni dei movimenti dei pazienti al test di posturodinamica sono riassunti nella tabella 2. La rotazione delle spalle viene considerata in riferimento alla linea passante per le fossette del bacino, e non al suolo. I valori dei gradi e il verso della rotazione netta del cingolo scapolare si evincono dal confronto tra il valore di partenza della rotazione delle spalle e quello finale raggiunto durante i bending di destra e di sinistra. I valori delle rotazioni vertebrali si riferiscono alla vertebra che nel bending ha compiuto la rotazione maggiore e sono dati dalla comparazione tra la rotazione di base in posizione neutra e quella raggiunta durante l’inclinazione laterale. La rotazione vertebrale, se fisiologica, deve avvenire nel verso opposto a quello del bending. SPINOMETRIA PAZIENTE 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 BASE Rotaz. BENDING SX Dorsale Lombare BENDING DX Rotaz. Dorsale Lombare Rotaz. spalle vert. rotaz. vert. rotaz. spalle vert. rotaz. vert. rotaz. spalle 1° dx 2° dx 4° sx 5° sx 4° sx 1° sx 6° dx 5° dx 11° dx 2° dx 2° dx 5° dx 8° dx 4° dx 1° dx 9° dx 4° dx 4° dx 11° sx 1° sx 6° dx D4 D6 D5 D6 D3 D5 D5 D5 D3 D6 D4 D4 D5 D1 D5 D5 D5 D5 D5 D5 D5 12° dx 21° dx 19° dx 8° dx 12° dx 6° dx 21° dx 10° dx 11° dx 24° dx 17° dx 23° dx 19° dx 7° dx 8° dx 5° dx 5° dx 6° dx 5° dx 2° dx 15° dx L2 L2 L2 L3 L2 L2 L3 L1 L4 L2 L4 L2 L3 L3 L3 L3 L2 L2 L2 L4 L3 17° sx 2° dx 5° dx 2° dx 3° dx 5° dx 2° sx 5° dx 2° sx 9° dx 1° sx 0° 5° dx 1° sx 3° dx 4° dx 12° dx 3° dx 5° dx 2° sx 7° dx 5° dx 6° dx 7° sx 3° sx 5° sx 7° sx 1° dx 1° dx 4° dx 2° dx 7° dx 4° dx 14° dx 2° dx 2° dx 11° dx 4° dx 6° dx 10° sx 1° sx 5° dx D5 D4 D3 D4 D6 D4 D5 D6 D10 D4 D7 D5 D6 D4 D5 D8 D6 D5 D5 D7 D3 2° sx 12° sx 18° sx 17° sx 16° sx 6° sx 30° sx 20° sx 8° dx 14° sx 28° sx 24° sx 16° sx 17° sx 7° sx 4° dx 13° sx 8° sx 22° sx 21° sx 13° sx L3 L3 L1 L3 L2 L4 L2 L2 L3 L3 L2 L2 L2 L3 L2 L1 L2 L4 L4 L4 L4 17° dx 5° sx 7° sx 4° dx 3° sx 1° sx 6° sx 7° sx 3° sx 2° dx 11° sx 0° 2° sx 4° dx 6° sx 5° dx 6° dx 4° sx 6° dx 4° dx 10° dx 4° sx 2° dx 2° sx 11° sx 9° sx 1° sx 14° dx 2° dx 7° dx 18° sx 5° sx 34° sx 11° dx 5° dx 8° dx 10° dx 10° dx 8° dx 12° sx 0° 6° dx Tabella 2 -­‐ Risposta al test spinometrico. 34
Nel bending a sinistra il 100% dei pazienti (n=21) ha presentato un movimento fisiologico del segmento dorsale, qualora si consideri come parametro il verso di rotazione della vertebra che ha compiuto la rotazione massima, mentre il movimento è risultato fisiologico nel 42.9% dei pazienti (n=9) qualora si consideri come parametro il verso di rotazione del cingolo scapolare. Sempre nel bending a sinistra, il tratto lombare ha dimostrato avere un movimento fisiologico nel 71.4% dei pazienti (n=15), prendendo come parametro di riferimento il verso di rotazione della vertebra che ha effettuato la rotazione massima. Durante il bending di destra nel 90.5% dei pazienti (n=19) è stato riscontrato un movimento fisiologico del segmento dorsale qualora si consideri come parametro il verso di rotazione della vertebra che ha compiuto la rotazione massima, mentre si è ottenuto un movimento fisiologico nel 42.9% dei pazienti (n=9) qualora si consideri come parametro il verso di rotazione del cingolo scapolare. Sempre nel bending a destra, il tratto lombare ha dimostrato avere un movimento fisiologico nel 52.4% dei pazienti (n=11), prendendo come parametro di riferimento il verso di rotazione della vertebra che ha effettuato la rotazione massima. Come si evince dai dati riportati nella tabella 2, non è detto che durante il bending tutte le vertebre della colonna ruotino nel verso opposto, in quanto non di rado si riscontrano dei compensi nella direzione contraria. È da evidenziare, infatti, che spesso il passaggio dorso-­‐lombare risulta bloccato, con una contro-­‐rotazione, con il risultato che il gruppo di quelle vertebre esegue un movimento opposto a quello complessivo. In questi casi si tratta quindi di colonne che sicuramente non lavorano in modo del tutto fisiologico. 2.4.3 Analisi comparativa La tabella 3 confronta le risposte dei pazienti alla spinometria e al test di posturodinamica durante i bending di sinistra e di destra. I test sono risultati concordi nel 76.2% dei pazienti (n=16) per quanto riguarda il segmento dorsale al bending sinistro, nel 57.2% dei pazienti (n=12) per quanto riguarda il segmento lombare al bending sinistro, nel 76.2% dei pazienti (n=16) per 35
quel che concerne il segmento dorsale al bending destro e nel 61.9% dei pazienti (n=13) per quel che concerne invece il segmento lombare al bending destro. TABELLA COMPARATIVA PAZIENTE 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 BENDING SINISTRO TEST Spinometria Test PD Spinometria Test PD Spinometria Test PD Spinometria Test PD Spinometria Test PD Spinometria Test PD Spinometria Test PD Spinometria Test PD Spinometria Test PD Spinometria Test PD Spinometria Test PD Spinometria Test PD Spinometria Test PD Spinometria Test PD Spinometria Test PD Spinometria Test PD Spinometria Test PD Spinometria Test PD BENDING DESTRO Dorsale Lombare Dorsale Lombare X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X 36
19 20 21 Spinometria Test PD Spinometria Test PD Spinometria Test PD X X X X X X X X X X X X X X X X X Tabella 3 -­‐ Tabella comparativa riassuntiva dei movimenti dei pazienti al bending sinistro e destro, secondo l'analisi spinometrica e il test di posturodinamica. PD = test di posturodinamica; X = rotazioni secondarie in senso inverso alla fisiologia. Nel bending sinistro il numero dei pazienti con movimento non fisiologico del segmento dorsale al test spinometrico si è rilevato essere significativamente maggiore all’interno dei pazienti con prova di posturodinamica disfunzionante, rispetto ai pazienti con test posturodinamico fisiologico (P=0,0464; fig. 2.8). Nell’analisi del movimento del segmento dorsale al bending sinistro, la presenza di un test di posturodinamica disfunzionante ha dimostrato avere una sensibilità del 91.7%, un valore predittivo positivo (VPP) del 73.3% e un valore predittivo negativo (VPN) dell’83.3% per pazienti con test spinometrico disfunzionante.
P value: 0.0464 (Fisher's exact test, Two-­‐sided) Sensibilità: 0.9167 (95% confidence interval: 0.6152 to 0.9979) Specificità: 0.5556 (95% confidence interval: 0.2120 to 0.8630) Valore predittivo positivo: 0.7333 (95% confidence interval: 0.4490 to 0.9221) Valore predittivo negativo: 0.8333 (95% confidence interval: 0.3588 to 0.9958) Fig. 2.8 -­‐ Numero di pazienti con spinometria disfunzionante vs fisiologica al bending sinistro dorsale in base al risultato del test di posturodinamica. 37
Per quanto riguarda il movimento del segmento lombare al bending sinistro, la presenza di un test di posturodinamica alterato non ha dimostrato avere una correlazione statisticamente significativa (P=0.3359) con la presenza di un test spinometrico disfunzionante (fig. 2.9). P value: 0.3359 (Fisher's exact test, Two-­‐sided) Sensibilità: 0.8333 (95% confidence interval: 0. 3588 to 0. 9958) Specificità: 0.4667 (95% confidence interval: 0. 2127 to 0. 7341) Valore predittivo positivo: 0.3846 (95% confidence interval: 0. 1386 to 0. 6842) Valore predittivo negativo: 0.8750 (95% confidence interval: 0. 4735 to 0. 9968) Fig. 2.9 -­‐ Numero di pazienti con spinometria disfunzionante vs fisiologica al bending sinistro lombare in base al risultato del test di posturodinamica. Nel bending destro, il numero dei pazienti con movimento non fisiologico del segmento dorsale al test spinometrico si è rilevato essere significativamente maggiore all’interno dei pazienti con prova di posturodinamica disfunzionante, rispetto ai pazienti con test posturodinamico fisiologico (P=0,0318; fig. 2.10). Nell’analisi del movimento del segmento dorsale al bending destro, la presenza di un test di posturodinamica disfunzionante ha dimostrato avere una sensibilità dell’83.3%, un VPP del 76.7% e un VPN del 75.0% per pazienti con test spinometrico disfunzionante. 38
P value: 0.0318 (Fisher's exact test, Two-­‐sided) Sensibilità: 0.8333 (95% confidence interval: 0.5159 to 0.9791) Specificità: 0.6667 (95% confidence interval: 0.2993 to 0.9251) Valore predittivo positivo: 0.7692 (95% confidence interval: 0.4619 to 0.9496) Valore predittivo negativo: 0.7500 (95% confidence interval: 0.3491 to 0.9681) Fig. 2.10 -­‐ Numero di pazienti con spinometria disfunzionante vs fisiologica al bending destro dorsale in base al risultato del test di posturodinamica. La presenza di un test di posturodinamica alterato non ha dimostrato di correlare in maniera statisticamente significativa (P=0.3615) con la presenza di un test spinometrico disfunzionante, per quanto riguarda il movimento del segmento lombare durante il bending di destra (fig. 2.11). P value: 0.3615 (Fisher's exact test, Two-­‐sided) Sensibilità: 0.8000 (95% confidence interval: 0.4439 to 0.9748) 39
Specificità: 0.4545 (95% confidence interval: 0.1675 to 0.7662) Valore predittivo positivo: 0.5714 (95% confidence interval: 0.2886 to 0.8234) Valore predittivo negativo: 0.7143 (95% confidence interval: 0.2904 to 0.9633) Fig. 2.11 -­‐ Numero di pazienti con spinometria disfunzionante vs fisiologica al bending destro lombare in base al risultato del test di posturodinamica. 2.5 Discussione Scopo di questo studio pilota era verificare per la prima volta se i risultati ottenuti con il test clinico di posturodinamica corrispondessero effettivamente a quelli ottenibili tramite indagine spinometrica, al fine di validare l’affidabilità dell’analisi posturodinamica nella pratica posturologica. Confrontando le risposte dei pazienti alla spinometria e al test di posturodinamica, durante il bending sinistro e il bending destro è emerso che: 1. Il numero dei pazienti con movimento non fisiologico del segmento dorsale al test spinometrico si è rilevato essere significativamente maggiore all’interno dei pazienti con prova di posturodinamica disfunzionante rispetto ai pazienti con test posturodinamico fisiologico, sia per quanto riguarda il bending destro che per quello sinistro. La presenza di un test di posturodinamica alterato ha dimostrato avere buoni valori di sensibilità, VPP e VPN per la presenza di una disfunzione del tratto dorsale al test spinometrico, sia nel bending di sinistra che nel bending di destra. 2. Per quanto concerne il movimento del segmento lombare, la presenza di un test di posturodinamica alterato non ha dimostrato di correlare in maniera statisticamente significativa con la presenza di un test spinometrico disfunzionante sia nel bending sinistro che in quello destro. Possiamo quindi affermare che il test di posturodinamica rappresenta una prova clinica affidabile per lo studio della cinetica del segmento dorsale in entrambi i bending di sinistra e di destra. A questo scopo la prova di posturodinamica ha dimostrato di avere buoni valori di sensibilità e di VPP e VPN. Questo, unito alla sua rapidità di esecuzione, disponibilità, ottima tollerabilità da parte del paziente e al suo costo nullo, ne fanno un test di screening adeguato per un’indagine della cinematica del segmento 40
dorsale di primo livello. Vista l’alta sensibilità e VPN del test di posturodinamica, i pazienti che risultino negativi ad esso avranno alta probabilità di presentare valori fisiologici anche ad un test di secondo livello quale la spinometria, non beneficiando quindi particolarmente dell’esecuzione di tale test. Visto l’alto VPP del test di posturodinamica, i pazienti che risultino positivi ad esso presenteranno probabilmente anche un’analisi spinometrica disfunzionante. Saranno quindi questi pazienti a beneficiare maggiormente dell’esecuzione di un test di secondo livello, che permetterà innanzitutto di oggettivare e quantificare l’entità della disfunzione (garantendo così un miglior follow-­‐up del paziente) e poi, grazie alla sua maggiore specificità, di identificare i falsi positivi al test di posturodinamica. Come detto, lo studio della cinematica del segmento lombare non ha invece restituito una corrispondenza statisticamente significativa tra i risultati ottenuti tramite test di posturodimanica e quelli con analisi spinometrica. La mancata corrispondenza tra alcuni risultati rilevati con test spinometrico e altri ottenuti mediante metodiche differenti, è stata attribuita in studi precedenti ad una possibile imprecisione nel posizionamento dei marker6,7, o a movimenti anomali della pelle che, spostando i marker, possono determinare una falsa interpretazione della loro localizzazione5. Questa possibilità non può ovviamente essere esclusa anche per quanto riguarda il nostro studio, ma non sembra poter chiarire la differenza di significatività riscontrata all’interno della nostra casistica, tra analisi del segmento dorsale e analisi del segmento lombare. Tale disparità può essere spiegata invece, a nostro parere, dai diversi criteri metodologici adottati nel nostro protocollo per lo studio del segmento dorsale e lombare. Come descritto più precisamente nella sezione “Materiali e Metodi”, in relazione all’inclinazione laterale del tratto dorsale, si era deciso di andare a confrontare i dati ottenuti dal test di posturodinamica con la rotazione del cingolo scapolare, in quanto maggiormente rappresentativa del movimento globale del segmento. Si era notato infatti come, in alcuni casi, la vertebra con rotazione massima eseguisse un movimento contrario a quello generale dell’intero tratto. Per quanto 41
riguarda l’inclinazione laterale del tratto lombare, in assenza di dati relativi al movimento del cingolo pelvico, si era deciso invece di confrontare i dati ottenuti dal test di posturodinamica con il movimento della vertebra che presentava il grado di rotazione maggiore. Non possiamo quindi escludere che, anche per il segmento lombare, la vertebra con rotazione massima, scelta come parametro di confronto, eseguisse in realtà un movimento contrario a quello generale dell’intero segmento lombare, andando quindi ad inficiare l’attendibilità della comparazione tra le due tecniche. Sarebbe perciò interessante approfondire l’indagine in tal senso, con studi futuri che vadano ad analizzare nel dettaglio come mai alcune vertebre presentino un movimento contrario a quello complessivo del segmento anatomico di appartenenza e che vadano a confrontare i risultati del test di posturodinamica ottenuti dall’indagine del tratto lombare con i dati spinometrici relativi al movimento del cingolo pelvico. 2.6 Conclusioni In conclusione, il presente studio-­‐pilota fornisce risultati incoraggianti circa la corrispondenza tra analisi posturodinamica e spinometrica, avvalorando l’affidabilità della prova di posturodinamica nella pratica posturologica, in particolare per quanto riguarda lo studio del segmento dorsale. Si rimanda a studi futuri un’analisi più approfondita della corrispondenza tra test posturodinamico e spinometrico per lo studio del segmento lombare. 42
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