Curiosità popolari tradizionali
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Curiosità popolari tradizionali
^l^Wr'^^W^^ .OW^VHAO ^/ h^^^^i CURIOSITÀ POPOLARI TRADIZIONALI •-j$a-5«^*$e.. CURIOSITÀ POPOLARI TRADIZIONA pubblicati; per cuka GIUSEPPE PITRE VOL. Vili. TRADIZIONI ED USI NELLA PENISOLA SORRENTINA PALERMO LlBRtlUA INTERNAZIONALE L. PEDONE LaURIEL DI CARLO CLAUSEN 1890. >a jìs Ud TRADIZIONI ED USI ; Isella PENISOLA SORRENTINA GAETANO AMALFI ,S^^ PALERMO LlBKr.RIA INTKRNAZION'ALn L. iJi M. CARLO PkDOSK LaURH-L CLAUSI-N- ] < Proprietà letteraria Eàiiioue di soli 200 esemplari ordinalamente numerati. TipOgr.tlU liei GlOKNALE I>l SlCIL Jì^ 0/4 AL DOTT. GIUSEPPE PITRÈ. eco un picciol saggio logico del mio luogo demopsico- natio. Mi sono ingegnato d'essere possibilmente oggettivo, di d'esplorarlo un qua e là, per altro, specie a manze mi Si si e restringermi ad un sol paese, per avere agio sa Tegiano, male. Di rado, e che anche cui le a qualche vergini costu- spesso nella mente. fioriscono bene ripetono meno po' incidenza, accenno tai usi in altrove. massima Pure, parte ho voluto astenermi dalla parte comparativa. Vi hanno tanti mi volumi, che servono sarei allontanato dal al proposito; e poi mio scopo, ed im- jwR pinguate troppo queste modeste pagine, stevole rendermi ragione connettere certe frasi; in spesso cui memoria serbar ho All'uopo ricordando nelle i attinto da passato, al noi s'era da opuscoli, e libri sono stato largo Talvolta opportuno, ciò troduzione, vi sarà di d'in- specie Ma non mente che quei alla notiziucce è fra parti, le da trasecolare sono un titoli plicc ponendo , meglio intorno ad un punto . che altrove hannt) svolgi- accenno, un indice, Sono riccnoscente un'altra a e non Cono Lamaida, e ad persona, che no.i vuole esser nomi- nata, per avermi \ tegianesi; al 5 Angelis, per alcune sorrentine; e più a sem- altro. l [ con- pretesto per mento, dovendo qui servire come un ' Non battistrada alK) studioso. vengo. varie come una servire molla connessione raggruppare tra occupato dell'argomento. Questo può libercolo ; va obliterando. si sembrandomi citazioni, ba- spiegazione la una volta che, prima, nessuno cx-projcsso di \ quanto di fonti. i presente il rinviene si lì certe ubbie e di di Lei, tanto essi fornito parecchie mio carissimo cognato, benemerito di si cari notizie lìnrico de \ di studi, tutti per ^ M' ] avere con lumetto fra isquisita cortesia accolto vo- il Curiosità tntdiiionaìi. le Certo, se avessi potuto aver maggiore op- portunità e calma, questo lavoruccio mi sarebbe riuscito meno impresentabile. Comunque, valga quale semplice correggendo i tentativo; e sorga cune, faccia meglio Di presto chi miei errori, e colmando le la- ! Padani, ai 7 di settembre, iSSp. Gaetano Amalfi. Mn. . : . _jì» fiU' è ? ALCUNE TRADIZIONI ED NELLA PENISOLA SORRENTINA USI \p imi dIP- ALCUNE TRADIZIONI ED USI NELLA PENISOLA SORRENTINA GAP. I. BAMBINERIE. HE bel lavoretto l'affetto potrebbe raggruzzolare, si raccogliendo tutte le suggerisce dolci espressioni mamme alle cazione de' loro bimbi , nell' , Cesare Musatti ! che invol'ha tentato per Venezia, cavandone un grazioso librettino Il : Amor materno. nostro vernacolo non nimia; ninno, ninnillo, mio, e simili. soavemente Quando gli solite Viénece, suonno, Viene po' mare, si meno ricco di tale sino- bellillo, titiriniello, è nella culla concilia chiando una delle è titillo, il core nella zana, lei sonno; cullandolo e cantic- ninne-nanne si o : noe vuò' venire; nu' sajc la via, Si nu' È saje, tu la peccerillo, e la 'mparare, fatt'ia nonna vo' fare. Viene a cavallo a 'nu cavallo Cu' briglia r'oro jaiico, e sella re brillanti; Viene a cavallo a 'nu cavallo verde, Scila t'oro e briglia re perle Ovvero ! : Viene a cavallo a 'nu cavallo niro, La r'oro, e la briglia de rubbine sella Non manca le di fasce qualche appendergli maschile, un cornetto di osso luna od anche un (Sulla duplice collo, al amuleto contro di di : porre tra una chiave argento, una mezza di campanello, detto forma o malocchi i o ! 'f Sanl'^nluono. Antonio ed ^iiluono, cfr. G. ba- sile, III, 53). Questi questuanti, in altri tempi, giravano di casa in casa, sonando il campanello di ottone, che recavano in mano; e recitando Sant'Antuono auto : potente, e Clic passasti iu levante e lu ponente, Libera 'sta devota Da lu fFuoco 'nfernale Da male lengue e da Mamma Dance E Poi si de la e tTuoco ardente, la pruvedenza; salute, forza e lu santo mala gente. Poten^^a, timore faceva baciare di Dio « la vavasi sul cassettino, dove si ! figura del Santo, che tro- gettava l'obolo per la ele- mosina.... Se mai nella casa dell'operajo vi era qualche bimbo al lattante, la fanciullo madre dava nel campanello a del bere un po' di acqua questuante, credendo ^ <; che cosi, De (V. p. bimbo giungesse il Bourcard, Usi a parlare presto e spedito. » costumi di Napoli ecc. Voi. II, e 265). Mi piace riportare due ottave di Giulio-Cesare Cortese, che si E A La lo Ca da \ quanno è nato fenestra, ca sarrà eojeto, chiamma sbregognato; sera e tu lo la La 30-1): I, caccialo tre bote la No' antiche riferiscono, appunto, a queste costumanze (Vaiasseide, chiamma' janare nomme, pe' non te lo beto, sarrà guastato. cannola 'mpizza de segreto fuorfece, e po' miette a la fenesta sempe Vallariana, e statte A Ca 'nfesta. criature no' lo fa vasare, po' non parla, ed a lo pignatiello Fa che beva, ca priesto sa parlare, E se fosse 'no poco vavosiello Da quarche schiavo tu lo fa vasare, E faccia 'mpumma a quarche campaniello, Chello che l'è Se no' sempre Bartolommeo Zito jiine de Io 'mprommiso Io avere, fall' vide po' cadere. nelle Annota:(ejune e scbiarefecaye- Tardacino, Accademeco Resoliito, quisquiglie, annota in questo punto : — « fra . . le . . altre Tutte cose de gente bestiale, e poco temmorate de Dio, che perzò lo Poeta le de connoia, a lo la S. splreto. Croce le ffuorfece sempe quanno riana, la sera, e la mette pe' deresione de simmole gen- Pocca, 'ncagno de taglia. , lietto, se la , e de la valla- criatura stace dinto deve armare co' lo signo ca accossi no' le po' nullo maligno Conta Bartolommeo Spina (zctato da Martino Delirio 2. 1. 15), che 'na Streca fu q. 'ntenzione d'accidere 'na criatura de le potte fare niente, pecche Ed vèvere lemmosena Ili, Né pe' Chell'autra, e disse: De 5 Le cade, ) Mozzecalie li Da ; Zoe', ca < \ e tu lo la (Ediz. Porcelli, pure , , stanza la sosio che non saje l'uso piglia, figlio coda, ca : fuso lo si mio, scruso chello che da tutte eje temuto, majc non te farrà cornuto tentazione di ricopiar alla uscir di carreggiata {voi. mente, determinar pecorone e cornuto. la Può cit. p. far di le 72-3). differenza che ». — chiose, per Cercano corre non special- fra becco, riscontro un brano del La Tenta, egroca del Basile, in fine della giornata seconda, e che comincia : Fide 'no mai^na-magna, ec. ^ \ — 'nzorate, siente che dico io ; Resisto ma se Tu —» Se filanno mogliereta, i ». : ; ) — che reca un curioso consiglio per non an- , ) ( : fare 71-2). Voleva dire cchiù; ; glossa , che hanno cercanno chille Antonio S. dare in Cornovaglia ; e co' le sante a oraziane. » voglio mancare di trascrivere seguente ( p. no' femmenc Napoli tane de le che portano , ma zizza; l'armava sempe Uoro, quanno so' peccerelle, a lo ccriature le campaniello Voi. la mamma a proposito del bere nel cainpaniello Devozione, che hanno la la Croce co' lo signo de la S. « portata cchiù 50 miglia lontano paricchie, e paricchie vote, co' de Voi. XX, p. 252). (^t//^. cit. marmocchio Il balbetta le prime paroline: cocco. Se chiama prima tata, il padre, mamma, secondo il figlio non sarà maschio; e viceversa. Si fa più grandicello; e, vuole stare a segno. La madre l'ammonisce ed impaurisce, il con sumono un grugno sticciuola , e strano e terribile. Già lascia prende casa da una parente si , lofiore, le è acquistato , come fiabe, coi Petrosenella. , gli si dentro un cavo- o dentro una cappuccia, o che prezzemolo con o da un' amica. si per manda via di Quando torna, si mostra un po' geloso del novello ospite dà ad intendere, che ve- la calzoncino spaccato. Se è il avere un fratellino, temporaneamente e Mammone, minaccia di chiamar Farfariello, la Munaciello, che, nell'immaginazione fanciullesca, as- è nato da un La nonna lo trastulla nelle lunghe serate in- conti, specie vernali. Indi principiano gl'intertenimenti; ; stano anche de' giocattoli. J zella, ( di carta, la / nocciuole a Natale, i soldatini, Un e, talvolta, si una pupattola^ l'altarino, la barchetta cometa, specie in quaresima, il acqui- cavallaccio, una carroz- presepe con i il giuoco pastori. delle Uno molto i celebrato con grossi pastori di legno era quello della l famiglia Sabino, Sotto-al-Monte, presso Sorrento. Io ricordo d'averlo visto da bambino. Sul Presepe in ge^ ; nerale, ultimamente il Duca di Maddaloni ha > del tre gcnnajo; e l'ha inserta negli Alti, voi. ( gli / letto una sua prolusione all'Accademia Pontaniana, nella tornata estratti a XIX, oltre parte. Innanzi tutto, il capitolo delle imitazioni. — 7 Ognuno, almeno o meno ne' primi anni, più bertuccia qualcosa della Iki scimiottar quello che Hinno gli è portato a : altri. S'industria di ripetere tutto ciò che vede operar dalle mamme e da' babbi. In Tegiano, le volendo imitar .^cr/V, locano una pietra vicino muro al col- le tessitrici, e poi ne {tclaretto), come lasciano passare un'altra di sotto, e battono forte, per far risonare calcola e spola. e guida le La maggiore assume un tono materno; altre — : « Tessile, Jìiylie incje » ! — trasformano in Si formaggiaje; ed apparecchiano in casa miinccicddu. Profittano vicino alle calcare delle pietre non ben cotte. Le pestano; come stropicciano nel mezzo, o la pongano dendo nelle un po' cìjiolla, simile. Air occorrenza Kc pane di se r haje lo esempio: — mente del (schi(iiialii) ven- Un salsiccia o volersi prestare il un po' di , e 'a resleliiesce ! » pongono « 5()' sulla ijnatlo pongono sulla — « — Se mano ròhllc!» di sur un indice pelle So' doje il , è e più bofonchiando per , — E restituiscono farina-, si- come ròlelle; pezzetto pane, o fan vista d'impastare con un po' di col pollice ed pizzicotto volessero pesare, sclamando: grande, andar di staccano un bocconcino, lo danno un piccolo pò* vie / , fingono , dito della destra spianata nistro staccio, e formaggio; di Talvolta, s'improvvisa un .... pranzo. fiore. po' di pane. carte e fingono in Poi lati. i uno se fosse formano pezze farina sottilissima perchè , polvere la ambo una pezza, tenuta da du' ragazze da della gittate pongono e o real- una pagnotta simile. H fatta.... cuocerla, in un buco vónno imitare gazzi vere un po' cenieddu, in la la contadini. Si una scheggia petta con di padella, Chi non ne tocca ... ed rovescia la , l'accompagnano Queste si ripetono d' insegnare zioncella da recitare più in versi più , di ... pregare per la la ciria varianti, non ) qualche ora- < genitrice la per lo ^ inculcato l e avrà prosperità ] della fimiglia. Gli avrà imparato a crocesegnarsi; a / petere < alla un po' dimand plicava — : i della — : « Dottrina cristiana Chi ha crealo li i\Canima e tata « » ! ^ ? » — Più ; di due ! sera; alla babbo; per salute del ce- la pranzo. . meno ragazzetto al ritenere. Gli a . musica . con più o mattino ed al facili, . acciottolando , Piano, e dovunque. Già in prende il Mettono su un ? suon a guasta e , ragazzi di scenette, simili e avrà mancato di festa mentre un pajo sassi, In cn- ammannisce un boccone. si è più risentito, nel piatto Vogliono imitare una carta, smuo- a legna, eccetera, che ottengono le dalle rispettive madri. Cosi nere provano si Ciascuno reca qualcosa: strade. alle sale, il legno; e di ra- i , formano una zap- Sogliono comporre anche terra. mezzo consegnano. Talvolta , i a ri- rispondere — Un re- tale grandicello, co- ? mincia ad andare a scuola; a leggicchiare n^iW abbia, o \ santa-croce, del segno, che soleva ) vicino prima vocale. Anche alla nomignolo, ::^aluua\ pii'ìto; In i, V, la 'iia 'a iscuola loro caricatura )na:(^arclla fiiicciiclla; b, c'o i:, principio, hanno il loro \i cecatella; e, \i ;;/('^- piiìilo 'iicoppa; u, 'o vocca- pan -ut a. 'a non mancano : essere a le lettere i soliti castighi. Stare in ginoccliio, alla giurare, si fa cappellone il di carta in testa, la si-loca schiena, e le spalmate, specie una volta ponendo dita in croce, e le loro intendere, che lingua, o sulle che è gran dietro Sogliono baciandovi su. bugia esce la ! E in faccia, sulla unghie con piccole macchiette bianchicce; mostrarsi ignudo; e che fallo si corre ri- schio di toccare grave punizione. SuUj strade sogliono i monelli aggrapparsi dietro un luogo ad un corge, Una Ma altro. pcrcote con li le carrozze per recarsi da cocchiere il frusta e la curiosa preghiera, è li andar seguente la se se , fa ne acvia. : Sant'Anna, mia Sant'Anna, Tu vecchia e tiene l'anne, si' Ajuta a E nome il (.... dei bimbo) eh' è cinch' anne. se trova rint' 'e scanne. Ha bisuogno Pe' se Aggiungo due Pepe re trenta carrine, 'nu cazuncine. fa' scherzi altri : e piselle, E di' E cannelle tantu fine E Santu Martine. addore re cannelle. Chella ronna, che te scnnne E scanna a vavone Chiliu bellu piccione. Scarpctelle figlie Tiro A La pere a 'o li une, a li nianinia, la Tcnghe "e Re tei roje, a figli.i, li la 'nu vescuttielle, E ne facce quatte parte, Una, roje, ircje e quatte. zi' tre cancelle Tcresella. dLP' Ognuno conosce variamente sole, trastullo fanciullesco il lesce, : Voccola, 1779, pag. 118), In Teglano giocano lappa, (a la lampa, a la lampa del Basile, Introd.). adunano Si e li chiama posto alto. Gli A destra, recitando A Lu triste, Cu re fierro sotro stesso palma la modo A , le s' ultime si l' nira, a la Cu' San indice sinistro, sinistra stropiccia sulla ; ; deve accova parole ! , accorare. tu la r' chi Poi ripetono Salvatore, ! Quest' ultimo deve assolutamente accovarc Deve padrone gli e chiudo, si allo nira, se lo stesso di prima. e col dito resta auliva, Chi nce ancappa, accova gli Prende e sospesa in , : Cu' 'na fronna fuggono, padrone; il attone. r' Chi nce ancappa, che Pronunziando h la lappa ! 'n auciello, maneca 'iia II, lappa, la che nce ancappa maneca 'na Ala : Nce ancappa Cu' A ritto palma la lappa, a la ! destra spianata pongono sotto altri la lappa la padrone con il maggiore età. Il : mezzo, con in mentre a raccolta : Tenl. lor. od otto ragazzi o ragazze sette suppergiù della stessa iesce, nap. Mazzola del Dial. illustrato (cfr. o nascondono. scavipagnolal... Tricca l » inginocchiarsi benda F.d le egli , specie , mentre , il palpebre. Gli altri esclama:— — volendo dire, 'f Tricca che l'ha la- \ ' ^ sciato, e che pòniio ritirarsi. Allora essi cominciano a ^ padrone. Nell'aifer- i correre, e s'ingegnano di toccare ? mativa godono deirimmunità; ne può abbrancarli il... non paziente. Se costui il afferra nessuno, è più chiamato ^ / stupido (duolo); e il ricomincia si il giuoco, facendo altri padrone. Se qualcuno più svelto tocca un altro, il... |J H toccato deve accovarsi. via cosi ! \ ^ \ ] < Pìniyiiìa! parecchi una Piiii^iila ! ragazzetti ruota, e con ' ^ un altro giuoco. e e pongono si gì' indici o quale col suo in l ciascun dito, ad ogni parola, recita Pìngula, pìngula, Cavaliere Uno 'e la ginocchio » del indice destro, toccando su padrone. ; raccolgono giro da formare sul destri < Il Si : mio Martino. Regina, vaje pe' la Spagna, Pe' truvà' li quinnece anne. Io lio la gallina zoppa, Vaje pe' la rocca, Rocca romana, Sciola a la fontana, Sciola à fontanella, Icscc tu ca lemme a la si" "a chiù bella, fera accatta' bottune, N' accattammo ciento e uno, Cicnto e uno e 'na patacca. > ^ ' Uno, lu CaiIu cucii, Auza l'anca, lu perù e curre. ruje, lu tre e lu Chi esce deve andarsene vicino al quatto, culu cucii, con un muro^ solendosi praticare La padrona, sotto voce, domanda l.^ in sol piede e porsi mezzo all' alla strada. orecchio di eia- ..^j ap-~- m scuna delle altre ragazze canisto Taltra — : — Ad Vulisse « una terza gambe? le — oro ?» r' — : —E » — : Tu « —E « SI !» 'na campana Lu e cos'i che vurrisse manda la rotta ì : — « Vulisse 'na campana Quando eccetera. piace, le la padrona chiede la fornace » — pace !» — «Torna fiirniddit. friddu e Prendono terra Se si sar si sbaglia, le S' invitano .? fa' « Ra La pa- ispalla. i ra : dà, ca petruzze e ne , si compagni, in- 'na ventina? al > — Gittano quale esce. pongono quattro a due. Si lancia in aria uno accaparra due di quelle petruzze. si dice, si che compagno e scacalo. si e , Bisogna pas- cosi successivamente. arrivano a fare venti punti di seguito, colloca una pictruzza sul dorso della terra, nuovo — deve accogliere nella palma della destra. ha perduto lancia a in qua, torna ra Vulimme pietre al , deve an- ne viene ?» comincia, per primo, colui riesce, Se, invece si /'/crr^ li - « : cinque quinta, e la Quando — Eccetera, costei Invece della fornace, dice richiesta. in du' poste ciascuna di , > è » ! Ih jiiocu re tocco; che , spalle. Indi dì ro » ra qua, torna ra dà, ca staje ra hi il E Se ne torna nuovamente terrogando ) Torna Da la E j « « drona rinnova staje ) — — : ?» rotta dare a prenderla e portarla sulle ! servendo queste pa- ferma. si Al- « SI vecina a role di segno convenzionale. Chiede a quella uscita 'Nu — » sierpu 'nturcenatu a ciascuna, ? via. devono in aria le altre mano , e chi quattro, che, cadute e:ser raccolte dal sozio, senza lasciar cadere quelle che ha sulla 13 mano. Dimenticavo - dirvi. \ ^-Uai Se male alloga si pi:(^echu forte!» pietruzze vi : ha vinto. Allora posa ogni dito, (vicino cominciando dal polpastrella), — «Mortale, brutta e « Freccia dell'avversario, e colloca le fine di alla — sclama riesce, mano a terra spianata la cinque egli , — Se pollice, e alle denominando: pesature, lanza, rascu e pizzechu. )^ — Il vincitore prende ciascuna di queste pietre e la lancia cinque volte in aria — riceve le : Mortale uno, mortale « quinto — : « la ^ : — Eccetera. Ed — volendo che ha due.... » Mortale sfatto percuote con finito. Indi^ palma e grida nella al ( fortemente quella ) dire, » mano sua j ; avversario. dell' ^ Cosi finisce dita non voglio omettere , ciando dal pollice rici : E giuoco. il — catta — quist' autu Quistu po' dici lu peccerillu lu furnillu nuto; al — )). » ! che » rici — quistu — : : medio « « Piriperillu, : suol dire si Quistu vole panu; — — Ovvero — — Così l'anulare, della , > comin- , j « Nu' nc'è n'have! « ') ! : giacche siamo a parlar di « rici: Crepa quist' autu Va Tac- — j « e scatta !» — piriperillu, vole pani Lu ppanu miu, j ia 'nta \ pórre l'anello all'indice è del cor- della mignotta, della donna maritata; ) al malafemmina; ; al- mignolo, del valen^ tuomo. I < ragazzi, ballando, calcando su 1' ultimo verso Quanto Cu' le costumano pure cantare ia bella manuzze la : ronna quanno abballa, se tene la vuniiella, Piglia le retaglie, pòrtale ò La primmo amore strada de fierro ncc passe lu paponc! 3 — 14 in coro, ', Tra noi di si suole sclamare : Luna, luna, iMcname E r Ed rompo le Tegiano in maccarune 'nu piatto "e ; tu po' nu' nce mìtto 'o caso, si grattacasa. 'a : Luna, luna nova, Menarne roje ove, Menamelle Ca 'nzino, te fazzu taglio line le Luna luna ! vecchia, Menarne 'nu specchiu, Mcnamcllu 'nzino, Ca me tuo' e' Quando vedono rarle parano dono, che ne' grembiale il vadano vi ammiru ! lucciole {calccatascc) le di od sotto a cader dentro, i , per affer- cappelli; e cre- esclamando : Catecatàsce, scinni abbascc, Mu' 'nghiuri te mu' te scasce. venutu mctcturu, la Cu' 'na sarma re zecclic 'nchulu. Meteturo mesi, cfr. ^Basile, il luglio. , mio An. V, p. lario nap. p. 27-8). in coro (Sulla diversa 85; e nell'opuscolo: Ecco un Scolo, sculiblc, la nianu a Cristu, Cristu 'ncurunatu, Mittcle la manu a Cctpu, >S Un dei altro vocabo- altro scherzo, che : Pruojc denominazione /// Pistolotto tegiancse nel Giambattista cantano dlp- pnlomma. Capii Che ncc puorte 'ma — Nce porto <i fronna 'sa uoglii; ? santii, Pc' ciimenecà' lu Spirutu santu — Lu Spiritu santu La Madonna Che Ed parrucchiani, li se vòlunu confessani. L'anema A luminata, ia AlTruntamme lu va a Dio, la re Maria. figliu un'altra filastrocca Tuppè — — ». cuniunicatu, ia « Clii << la Tuppè ! è lloco Maria N'amma : : — ? » slnmturata. la — » ' mia, nu' pozzu apri', M'hanno alligato Giurci. li Manuzzc, manuzzelle Cumparisce la tavelella, Pigliamme pane Pe' e hinu, zuppa fa' la a lu Bamminu. — Lu Bamminu Ca vruscia la voccuzza; le nu' bole zuppa, La vuccuzza chiena re mele, Viva, viva San Michele. San Michele è ghiuto 'n-ciclu, Pe' sonare le campane. — « Li Maria Questo è Le campane il so' sunate, re la Tictaie ». nome nel Macchia roli : Rondinella, 1868, Diano p. ) d'una chiesa tegianesc, detta an- che degli ex Minori Osservanti, \ ^ — e /' come può omonima riscontrarsi ;' Napoli, ' sita valle, 144-5. Ecco un altro passatempo I delle giovinette. - — 16 — — — Si pongono e raccolti gizzano : — « Neh « — A « Addò te le E quelle, che la — mitte ?» — vene ?» duce quanno — Nocche « — » ? » ! Addò <( Che « ad- t' — vunnella. » la — «A cominciano a battere cum- tutte le i ; dialo- zegarelle. » e 'Mpiero a « veste Gno « Puglia » rummanene te — Poi marelle. » rimpetto (accera) di , cummà' ?» ! ?» è juto mariteto « poca distanza a lembi inferiori davanti della i piedi a terra ed a ripetere in coro con voce stentorea sillaba per sillaba saccio : — fa' ! Nocche — Ma Mi Quello dello che lo sfilare Lombardi citolo si trottola , fin nel Strumento « di rozzolo altri, , a pi rio, , vocabolario del- legno di figura in cima, col giuocano, facendolo girare fa fattore, che questo girare con Ciucceide 'nfasciolla Di qui strommolille. il , isferza ». (XV, 41) — Chi se in ciò non ha il — Nicolò ricorda spassava Chi : co' li gioco a spaccasi oniniola, ricordato, anche dal Bruno nel suo Canddajo (ediz. Napoli 1886 , : — Nel 75) p. spaccastrommola dai la baja gogni ?» — o nella sua portava 'no mi la Sor- di una cordicella avvoltagli intorno, ferro in cima, e giocamo : fanciulli i differendo dal palèo Marghieri o trova spiegato cono con un ferruzzo piramidale quale strumento fra gli segnora giuochi in Piano altri st ruminolo si l'arcifanfano Fanfani con — La con qualche piccola restringo ad accennar qualcuno. lat. trochus, simile al nocche qua là, oltre questi non mancano modifica, rento. « » , — : — «... Gli questo è gioco da putti; non Vocabolario de — 17 dissi, Va, disse lui, che tu Filopatridi si ti ver- dice : w p « che colui, a cui cade Or per ispaccarlo. con forza tirando strommola sbalzando con viso a chiunque prima la sorte, tira mentre questo ruota, moìo], e gli altri, onde : [struin- tirano sopra vanno queste e a rischio di dar sul furia, vicino stiasi , suo il vi si dice a spacca- strommola, che dinota alla cieca, e colla maggiore con- — fusione, e disordine ». Un la tardacinesche questo le mmane Uoro — : e , « s' della pegliannose pe' fede, e allargano tanno uno se sede, e niàmmara, muodo, se fosse 'na seggia, se fosse lo ddarese duje lo portano pe- li sole pe' la casa, e cantanno diceno A fa pe' ttutte doje braccia de le commo mmano, commo le Vajasseide. Si Se pigliano duje che beneno a fare 'no garbo la nocella, e , prime parole delle glossale secondo canto al modo in mammera a quello altro trastullo è cui spiegazione è nelle : e nocella, 'No sacco de pedetellj, Tanta ne fece màmmeta, Che roppe E Vi è curvo. costui; e se cavallo. I il — « cavallo, gli cadono^ al pone in cit. p, 85). ragazzo sta seduto; la testa sulle gambe, saltare sulle spalle di punizione tocca a loro fare giuoco scta-setella di il : seta-setell.i. Comma", pongono Un compagni devono Passiamo Comma', Si caudara. quello, a cavallo luongo. e l'altro, che fa e sta la vanno peglianno gusto ...... {Op. cosi vattenne a chella varie ragazze 18 in — •. — giro. Una dice alla compagna: va, — Valtenne a chclla « cambia essa il ! andare intorno. Talvolta, invece, pone si petendo Lo ne avvedano se parole di andare da chella, anello), compagne. Indi ricomincia le mio , ricomincia il tiene posseditrice è la no , lei , mani che se giro, fa- il mani ed interrogando — Chi aniello, gioco; se sia si le ri- le fa fare senza lascia a chi più le piace, Se indovinano chi vi in questa guisa. mani accoppiate. Una compagna soHta mossa con la « Aniello non si fa giro; fingendo di deporre l'oggetto nelle il cendo le le solite dell'altra. — Ma, mezzo ha qualcosa, (come un in ambo chiusa in tutto mentre questa un'altra. che gira attorno arriva ad afferrarla, deve costei quella Chi —E y) con suo posto mio lo costei , : aniello ? » si alza e resta in piedi, finché , provveduto. Insomma, tutto sta nell'in- dovinare, chi l'abbia avuto. In Tegiano, i ragazzi serrano delle fave nei pugni; si e senza farsele vedere, chiedono al vinare in qual pugno trovino. si compagno Il d'indo- divinando recita: Ari, aricchiii, Tribbiticchiu, Ari, ara, Apri qua . .. Se ha sbagliato, cioè ha fatto aprire deve dare la fava, che era il pugno vuoto, nel pugno. Al contrario, se ha indovinato, quello che teneva la fava gliela dare. Così cicìri so' è come &^ si fa pure con i ceci, e 'nta 'stu puinii ? » per le — Se si chiede : — i< deve Quanti sbaglia, la punizione fave; se indovina, la vincita è la stessa. Naturalmente sono scherzi da ragazzi, quando ancora le prime miglianza de' denti. (Vili, secondo dice orecchie, Ha ragione E la scura figliolella, munno non da lo lo le è sciuta ancora. non suol mettere prima si palme Un ! ragazzo nascondiglio, dove giunti mincia ad inseguirH; posto dove quello ma ) gode dell'immunità. > ahri lui in tegianese); e pitico V^Caiia giuochi mezzo LXIX) che di vuol spranghetta, la nella Tommaso Romagna (An. glierla e I, a aita, p. 55) ( ] ) j ) ria:;xti lippa, ricordato con j Universale (Discor- Garzoni da Bagnacavallo. Co- ( > giocare, prende un bastoncello ed una quale accomoda da restare mezzo in saltar e continuare giocare a rimpiat- ed in o picca o alla anche ] ^ a Ciro Massaroli. di / toccare essi di cui significato riscontra nel 'Basile l'ipotesi cercano un ) giunge chi divertimento. Si suol dire anche so altri si gridano: CiiciW Allora co- Chi, invece, è toccato, deve porsi in tino (alla lappa, occhi gli un cantuccio, o gli è bendato, si \ covre si delle mani, stando in benda con un fazzoletto, mentre sul ; ed ave ancora senno, Facimmo a nasconne con ( tant'è peccerella, venticinque anni, od in quel torno. de' fa - Cortese scrisse nel Micco Passavo tre tridec'anne, Invece, la mola de i si Il Le primme aurecchie, il iianno 17): Ch'è de il si popolo, a il discosto. — mettendosi sur una pietra, in guisa bilico; e poi « Il in con un bel colpo compagno quinta avanti corre , senza a la racco- muovere e uno punto in cui è caduto dal piedi dei spinge sulla mazza, che lungo l'estremità Se colpisce tro. pitico, il lo suo competitore ha situato il laterale della pietra, di fronte all'alil giuoco passa nelle mani primo batte tre volte sul piu^o, ma:(:^a, la del secondo; se no^ il sbalzandolo, se sa ben fare, lungi daWassinga (dal segno). Poi misura quante volte entra < cui questo il pitico si non vien non guadagnare non pttiio fra la alla pietra, lunghezza della far punti, una per 'ngaliti?ie, distanza in stabilita. » qualche lieve al da che vuol compagno. di punti convenuti, ossia a cavalluccio dal vinto — Cosi La cosa non (Basile, he. cit.). meno modo in ma:(;(a, ciò gioco passa pure il Chi dei due raggiunge un numero vien portato punto il colpito la prima delle tre volte sta- o rimane molto vicino bilite, dire il trova e Vassinga, e comincia da capo. Se Enrico , Melillo neppure per noi, varia modificazione fonetica della pa- rola vernacola. Non pochi giuochi ricordano altri tenopei, alcuni dei quali, ora del lera, fanciulli » i a vcspone , a prela gli ; Battista « in sino , a la par- scrittori Giovan — Diversi giuochi — menziona quello a Tufo, nel capitolo dei usano a fare smessi. che , cova- rota de canee, a spaceamallonc, a guarda coppole, a searreca varrile, assecu- tame ehisso bnrro, croce, a para piglia, a cavallo 'mpi:(^o 'mpa:^:^o liiongo, a a scassa tamaro trentuno , a e tam- capo o ad accosta cavallo, a capotommoìa, a saglipendola, a spoglia monaco, a (per quale vedi Ce , le la singbclelle, a scca-molleca, alla morra descrizione con V incisione nel De — , Bourcard, op. cit. 66-70), tee, ecc. (V. Meviorìa di \, AV accademia Scipione Volpicelia, letta \ di xArcheologia, j Lettere e Beile kAtH, nella tornata del 7 i;ennajo sefiuenti, p. e l 86-9). Altri sono nelle Stan:ie di Felarde- l niello (ediz. Porcelli, voi. seconda giornata De : XXIV), giante, che po' : « co' le come notò Tlmbriani anche nelle Mmuse forse, al Ba- nel Natanar II (p. 77, no- illustrazioni alla Fosilecheala e più tardi ha ripetuto E. Rocco ma non peso le messa Muse mento contrario desemo Autore — 'n scampolo autro co' la cit. « A argo- mme- chelle Fajasseide , da lettere quale le voi. XXI, p. 221). Illustrar ; tutti » questi ne da tentarsi di come voglio provare con un esempio. Stienne il a l' facette lo robba propria se n'ha pigliato l'accoppatura tutt'altra — molto di formano comme nne « giuochi sarebbe impresa non lieve sbieco, , opi- alla posso negare esser napolitane, le quali : cammarata che fecero {Edii: f seguenti parole d'una specie d'avvertenza pre- alle comme ' j An. VI pag. (^Basile, lo-ri). Altrove ho dissentito, attenendomi nione comune; — » > più giu- da assegnare altre, è le Peccerille, e Cortese (ediz. Por- 219-235); ma, che, voi. IV, p. li AH' uneco Sciammeg- opere del alle stamente, insieme con ta 2) e poi — rompere 'no becchiero stampata in calce sile, nella introduzione alla iratlenemiente de li nella lettera dello Smorfia celli, 1S80 , stienne , che recente. stira mia Non cortina , mia cortina, a mano, Cortese od il un giuoco ò di data solo lo ricorda Valardeniello: a mano » — (St. 7), Basile nella lettera; e certo quest'ul- é ^Tb <fM — timo nel IH Trat. lor. II; ma pure Tufo, lone nella Fedeltà sventurata secondo c'informa il «Più mettono fanciulli r altro l'un si braccia , mia e (II, 14). {Basile, in fila mentre cortina, i E rimangono terra. » 6-7) : capo del giuoco il distendono tutta la fila , primo braccia del le e del se- secondo il E colle braccia incrocicchiate sul petto. Ordinariamente per del Cer- tenendosi fanciulli voce fance no nudeco passa per sotto tutti p. lato, di a dire fancenne 'n auto, questo passaggio ché il il consiste in questo, An. VII, condo, rispondendo nce faggio fatto, e così mane vicini, più che sia possibile e rispondono, aggio il stennuto. Indi alla listerà Rocco mano per dice, stienne, stienne, le altri, es. mio conino; ed in tempi a noi stiendi introduzione nell' a questa giornata. Vi accennano anche si ripete fin- in simile attitudine conglomerati. giuoco termina col ruzzolare il ri- seguitando — Inesatta era la di tutti spiegazione d.uane, in precedenza, dal d'Ambra {Vocabolario Napolitano-toscano, MDCCCLXXIII) : — « Giuoco mano di bambine, che a cop- pie tenendosi per una hanno, finche la compagna, quale tratta dalla spinta, cade per terra con grosse la risa , tirano con quanto ne più scaltra abbandona della piccola brigata.» Intanto, alla cortina del la — primo verso si bustino, o Faustino; ed ecco lo scherzo forma completa, secondo mi è nella sua mano (p. della 146). è sostituito alla meglio riuscito pro- curarmelo. Potrebbero essere anche due componimentuzzi amalgamati insieme Correrà e (cfr. Canti nap. pubblicati da me, Milano 1881, N. 23 — 7, 49). dal SIP ¥ — Stienne, stienne, Maustino — — Aggio stennuto — — Stienne ato poco — — Aggio stennuto — — Pance 'nu nureco — — Nc'aggio — Fancinne auto — — — Nc'aggio — Pance 'na nocca, — — — Nc'aggio — — 'O cummA', — Ramme 'na cimma aruta — — Pe' chi serve — « » » (( e 'n » » X (i » ! ff 'o fatto » « 'n « 'o » I fatto » ! » « « fatta » 'a « peà', » 'o » « « — — — — — — Tutta ? » cummara « P' 'a sia ff e E 'O «E ch'ha fatto figliulo » quanto è ? — ? — — « Quanto « Passa pe' sotto a chesta mia bacclictta la è 'na maneca re paletta » ! » — quistione verte su l'ultima parola del primo verso. In primis, una duplice ipotesi su quell'emme. la forma primitiva era stienneme, ed elidendosi Ve, O agglutinata alla parola seguente. trazione di mnsto, mastro. Ma, dubbio , che quel nome comunque Auslino è tratta si , si O è d'una con- non vi = Agostino. ha Che maustino possa esser derivato dalla corruzione di mia cortina, come pretende Allora io accampai al il prof. Rocco, non ipotesi d'una Agostino non ha parentela di torto di rav- I, Trai, j) domene Agostino, col sorta. 24 il (Pent. lor. 'na vocca de chi ha pigliato lo quale persuade. possibile allusione celebre boja della Vicaria; ed ebbi vicinarlo al Do.MENE co' 1' Basta ricordare le \ Ca non aggio i DeT)oinmeìietAgostifio,o'nfosione; s parole del Cortese nella Rosa (III abbesuogno desceruppe 7) , : e l'altre della quinta lettera Cortese-Basile lera soja manco Fannella ruppo. Si disse stino, « secondo e' informa come pochi Ma non in de Ritis il gran anni or sono voga che spiega secolo nel famigerato il lo sce- Donimeno Ago- lo , col- la De T)onimeno agostino \ anche semplicemente Farmaco purgante Ca : : — XVI, Leroy. » — è proprio cosi. 'HoWArtidotario Napolitano di Francesco Greco, (Napoli 1642) è detto: — « Syrupus domini Augustini Niphi suessani qui NeapoU communiter est in usu » (p. 181). Inoltre vi è la ricetta, e la spiegazione di Giuseppe Donzelli. — « Ree. Corticum mirobolanorum citrinorum. Rhacpontici nostratis viridis sive centaurii radicis majoris. Foliorum senae mundac. Epythimi. Ivae arteticae ana une. Polipodii quercini Florum fumiterrae i mundi et V2viridis libr. lupulorum ana duas lib. et semis. scniis. Glycyrrhirac rasae une. unam. Passularum enucleat. une. tres. Sem. anisorum. Foenicul. ana une. semis. Florum boraginis. Buglossi. Violarum ana Omnium fiat nianip. dccoctio unum. sccundum 25 — artem in libr. 30 ) ,, - bXP aquae fontis lento igne iisque quo remaneant et cum sacchari albi libr. X fiat X, libr. syrupus addendo succor. lupulorum fumitcrrae dcpuratorum ana libram unam et semis. Confert morbis nielancholicis, necnon biliosum pituitosumque evacuat morbis Ad morbo ogni modo, nostro resta, il registra cortina; prove a ripresentare la priìiiis, come un sempre, e fino ; mia ipotesi. ma d' indole esotica. Ambra bisogna dargli Io stesso valore, che ha in italiano capezza. In Palermo o majulina 'un si ripete si godi : — « la curtina. » non ci si rac- La spusa agustina — Cioè^ sposando agosto o maggio, muore presto, senza vedersi bene del padiglione, che copre la d' Il nel senso di corte, corticella, mentre, (nap. sproviero, portiero), altrimenti più in interrogativo più convincenti vocabolo {cortina) insospettisce; e vor- rebbe tradir lo scherzo qui, mun- — gallico valde prodest. » Mauslino mi permetto In humorem et obstructiones aperit frigidis cercbri prodest, intentioneni habet dificandi et il , il talamo nuziale. — Di più, sostituzione, che riscontriamo nel nostro vernacolo, per quanto ho potuto indagare, manca nelle degli altri dialetti. Allora non è strano varianti ; ) e ) ) < \ (come abbiamo [ millanta altri censiore sia Non vi esempli !), che questa interpolazione accaduta in vista ha dubbio in quello di un novello sl'.euue re- fatto. essere, ....o '; <, sem^ brare qualcosa del tirapiedi. allusione ad slcnielìo] : popolo ha sostituito la ) un contemporaneo [Masi' bustino od ^Au- \ e che pure avea — Il dovuto 26 fitre impressione sulla \ sua immaginazione. Possiamo dedurlo da qualche vestigia che , figliolo, farme da , tuttora sussiste. che non canià 'i chia, a scaletta il o da , La mamma conduce bene cuorpo, Austeniello boja, verso si te faccio : — fa' rimbrotta il sieguetc a « Si 'nu bellu vestito iMast' Austino. » cinquanta o prima, abitava — in Il famoso una catapec- destra, nel cortile di Castelcapuano, vicino alla dove oggigiorno, di registro; e, ta- volta, faceva capolino, tutto accigliato, con una faccia rossa , (non è, sa si fedine bianche , l'ufficio se per vino ! ^^&iBSa-^ — 27 — o salsedine !) fra due GAP. II. FESTE, FIORI E FRUTTA. EL popolo Non lui il si ha celebrar le di qualcosa di a festicciuola sua ghiottornia la modo miglior è ricorrere feste, , buccolica. non abbia per che , suo piatto il predi- letto. A San Giuseppe, diciannove marzo son , di rito le cosi dette uova di lupo; le zeppole di cui la ricetta riscontrarsi nella vicino. Anzi si può Cucina casereccia del Duca di Buon- come che ritiene, scono quelle bollicine , tante Irigge ed appari- si anime escano dal Pur- gatorio. Vien carnevale , e specialmente i giorni prescelti. Anzi^ a bella posta, zati con diverso nome. E tutto toria. Se non m' inganno, compari » forse, giovedì , sono si sono i battez- va a finire a pappa- vien primo perchè in origine si « giovedì dei pranzava da co- -jM 28 storo; poi « giovedì de li una parienti », per ragione simigliante; indi « giovedì muzzillo », sicilianescamente luppiddu, nel quale alcune famiglie nendone lu rato, un po' a parte gl'intimi. In Tegiano, un po' di rete (j'ei^d), sona cui a' più cari un po' cambiarlo, onde farne porzione mangia il : La per- vaje la rata a chi ave lu , !) quaresima majale di chicchessia a spesso co, pretesto sotto per non , Ai desinari succulenti carnevaleschi, seguono me che si magro. di coli di rape, al stiere, danno grasso {la lardieddu), e puorcu. In Ischia, (dove sono più taccagni stumano ammazzare , po- presente, deve alla sua volta ri- il proverbio il , di fegato, costolette ('«a ^ienca re felettiì). è fatto si di in si periodo uccidere un majale suole si , una primizia, consistente o quattro tre se 'rapegna 'e copia di carni. In questo adopera maggior in nun tene renane « chi finalmente, « giovedì grasso », forse, perchè figlie »; e, che con niiueslra maritata, a la napolitana, che scriveva così fin grano cioè i pignati, che fanno si Nfl tempo isttsso ogni anno. D'una certa foglietta tenerina Con carne e pettorina, E sua salsa verde accompagnata la Di menta, Un d'agli e petrosin mischiata, pezzo ben pestata, 29 brocle pa- Gustosissi- immollato. tempo suo, dal i Né pianati di pasqua : Quei pasqua in diverse guise. apparecchiate la A quaresima. di manipolana si quelle scarseggia primo il del Tufo de- Vi farebbon gustar cosa Che di sorte, non avreste morte. poi mille anni Gastronomicamente non mancano Anche rianti. Cortese il delle piccole va- celebrando lo stuolo vajas- , sesco escQ in queste precise parole (Fajasseide, Ora Chi sarà l, 15): bertolose qualetate, le che chillo, Doro sapeno pozza dire? le fare le ffrittate, Maccarune, e migliacce da Le nnobele Zeppole, ed stopire, pignate mmaretate, aiitre cose da stordire, Agliata, e sauza, e mille autre sapure, Cose de cannarute, Ed a il Zito dichiara Napole e de signure. — « Pcgnato mmaretato mmarita chillo che se 'no pegnato glia : granne ceccione de la tutte de foglia, le 'ste ; fella ! 'no de verrinia;uatto q cape caso mostrato 'no piazzo de E ; po' cotte, che ccose, se nce mette 'na bella torzata ccimme cimme, e se lassano voliere soave; po' lassale arreposare 'no poco, e gne mette jenco, grassa; appriesso 'no ossa mastra; spiezie quanto abbasta. songo nce se dice dote. Se pi- 'na gallina casareccia; ""no sau- Costa; 'na de saucicce cervellate 'sta e dinto se , buono piezzo de carne de capone 'mpastato; po' co' Gian Gregorio d'Ariemme, soave che ma- bi' chillo che faceva lo Pascariello a la Commeddia,, soleva dicere, ca se fosse stato a tiempo nuostre , non lonne d'Ercole 'ncuollo pe' gna ; ma fi' s'averria puosto 'no politano da la deritta, e 'na averria portato pegnato Itl 30 Cco- maretato Na- Coglia potrita a h le all'uteme parte de Spa- la Spagnola da portannole pe' lo la senistra, e chelle Non potuto dicere co' cchiù raggione: Né pi:(Xf noi si averria 64-5). Ili, :(ione cit. Munno plus ultra. (Edi- difettano i tegianese pinecocchc:, cioè casalelli, in (uovo), ^ '^occo i due ingredienti costuma manipolarli principali. Da colla farina, zuccaro e su- gna; sul dorso s'incastrano uova col guscio, che, poi, fuoco diventano sode. Anticamente al vano solito in si apparecchia- un modo un po' diverso, come testimonia il Del Tufo: Cotti con uova, cacio e provatura, Zuccaro fino, acqua altra mistura, Come si La fiori, fanno aiior per ogni canto sera al tardi del Sabato Santo. Graziose son pure con certe rose e di E con le radici bollite, uova pente o in , colorate in rosso nero con campeggio, o variamente; e con disegnini bianchi, che interrompono Tuniformità del colore. ) Ve ne hanno delle bellamente lavorate, specie di oche. E con le più si trastullano a giocare, ovvero a tonarle. Quando si rompono ed anche senza, vanno a finire nello stomaco. del Ciò benemerito Del Tufo In costumava anche : questo tempo ancor tra Uomini, donne e Vedrian, con noi tutti. ior potriano fare, a tozzarc l'altro Stando l'uno di putti. come ancor Ogni giorno Lun si a uovo crudo, fresco o cotto, chi tocca a l'altro sotto, a' tempi ; \ ] , IP- Su scorza dipinti in più colori la ^ Vari fogliagli e Che insili Han di fiori, l Principesse le ^ Per quell'uova istesse ^ lo piacere e spasso, Giocando { tozzo insieni al Vi è pure l'agnello pasquale, sogliono far regalo in tal ricorrenza mini ova tribus rotulis 8i della Consuetudine monii dei vassalli. altri luoghi di lingua qual s'impara mangiano et Anonymo di si beveno , con maggior cibano diletto l'è armenti gli rosmarino, spico altre stissimo ^^ erbe simili lucci freschi , Landò , con , ? , di in Italiana tradotto nel delli enventori nuovamente si si è ritrovato fa si il poi ag- et — che si da !K. « Man- strugge in bocca zucchero. Et che grato sapore, poi che non che di serpillo maggiorana, arrostiti Vi delle cose, M.D.XLVIII. che non d' altro Tu nel ^Aramea gerai vitella di Surrento, la quale meraviglia è se ri- mostruose cose d'Italia composto, Utopia ha come può et un breve catalogo gionto ^ Così ». sorrentina recente, prendesi istremo piacere. et i sorrentina sui matri- mongana la non tanto più notabili delle illis, spallam privio et tertio seguenti parole di Ortensio dalle Commentario et Specie celebrità, di data levarsi babbi i diebiis Pascha Resurrectionis Do- in nella rub. una cui, spesso, di gallinaria et carnis unam porcinam de s mulier vaxalla anno quolibet te- « viginti passo. in loro marmocchi. In a' domino suo neatur dare passo di citronella , , si nepitella menta et sguazzerai con quei cacicaval- non con sopraveste di lento fuoco, zucchero et ma pre- cinamomo. i — 32 — .^^^^^^^^^^^^sm Io mi struggo mo solo a pensarvi formaggi sono I ! Campolongo nuele » eccellenti affibbia a — Ed ned ; Massa l'epiteto ginosa, ed escQ in queste altre parole Sorrento nobile simo. — » (Mergelliìia, p. 4) Sicuro e Sorriento gentile torniamo a bomba E non vaccina ! ì Ema- \ — « sempre affluentis- vitelli — di lalfi- il Napule « bella canta una volgar canzone. solo « carne per sincerarsi ricorda con lode si pone si la majale, nel suo \iìiajale\ — «Si' 'nu » e quelli Il bello Serio cetatino de Sorriento, e mo' justo è lo ticmpo tujo — (fJ/^. Porcelli, p. Le 23). ricottelle di e facendosi di- puorco casarinolo o pajesano Vernacchio: nelle mongana Salerno, duri ed asciutti, piuttosto stecchiti. scrive La Ma ! la anzi pure quella di ; stinzione fra di che sa, si grotte. la — » : verissi- sorrentina è d' un' antichità incontrastata. nobiltà Già pingui e teneri di è a torto Massa — » « in piccolissime fiscelle ristrette e poste in bell'ordine, va- licando gazzi » deri p. mare giungono il — in Napoli, che ne ha , 45-6). Ottimi Che la , di gentili Che gingilli. gradito cibo de' ra- colombini ! E descrizione In burri. formano seducenti altrove di fiori fatto i all'alba, per valermi delle vaghezza di mille altri i scherzi ! ed imi- V immaginazione, più esperti. fresco o giuncata; a rito il latte le pninaccrase e 33 - - ed graziose pecorelle di burro San Giovanni, 24 giugno, di 1858, in Arola, lavoretti, adorni di mortelle, gareggiare con All'Ascensione è (Piisseg. San Liborio, tazioni, che sa suggerire l'industria, la parole del Bi- le prugna. } In Sassano le d' augurio d'abbondanza. In le grano finestre del dalle amarene schiudono si passa la processione allorché , donne gittano giorno tal del Santo, , segno proprietarii di i ] ? < porte de' loro fondi. Chi vuole, { devo- ) ne colgono per una specie serve; e molti in di zione. ^ Alla Madonna marina mezzo agosto, di vi è gran Cassano. Sono molto ricerchi di i festa alla fichi voltati (da optare, dicono,) primaticci, ed altre frutta. Suppergiù cos'i seguono. E par nelle feste, che come venditori, Su su Chesta ca Re mio, dongo Te' su, pre De fico 'ste Vide, te', eh' e da Marchese spese, fa si, le te i : sarnese. fico Se contento vuoi E Tufo e maritate. Oli! che magna', Ora udire gridare di del caro del ottate, fico alle Vedove tempo al chiù de 'no mese. sta' 'no tornese tre pe' toja, vita non ti cagnare pallarc. cagnatelle, Sebbè' so' pecccrellc, "Ste fico Oh s' ! è jcdetelle di Doce come tutta a botta ricotta 'Sta fico borgesotto. Benannaggia Che meglio 'sta fico semmana : vo' de 'sta trojana ? Cui può far riscontro un luogo del Basile, che comincia : — « Quatto fiche fresche D — 34 — ped' uno, che co' la — spoglia de pezzente, lo cucilo de 'mpiso....» eccetera. co"* {Peutam. introduzione, — vera miniera inesauribile, Somma ciliege colte a Né manca lor. II). ed il Del Tufo, far parola di altre a Sant'Anastasia, delle frutta: di pere ber- gamutte^ dell'uva moscatella, inoria, e cornicella.duraca, (V. Volpicella-Del Tufo, de' meloni, e simili. « A M artino San è vino » ; — ma scrizione » non solo — costuma pure si può vedersi nel De Del sacrosanto la ctipeta, di cui la Ritis dei-M : San Martino, di di p. 12-18). ogni musto (o fusto) « Cosi tenuto in stima, Quando Che Onde s'assaggia vino il tornar ogni fa triste alma lieta. allor più a copeta Spende quell'artigiano Nostro napolitano. Che, non forse, qui qualche b.nronc, fa Val più quel buon torrone Che allor si mangia, e la zinzìyerata," /^-f -UU' Cosi da noi chiamata, Che non vai questa _Inolt£eIsi suol bannera »' che con piccole riole aurate >^ vivande, che bocca torte, : dire: — perche , — «Santo Martino tutte le botteghe bandiere — Ed : hanno veramente ^v^.^^^ ^'p'*-^" vostra cervellata, sono ha — « in mostra de' dolci , con certe lor fanno venir 1' miso a festa, an- bandee delle acquolina in zuccari, barattoli, conserve, cedronate, torrone, copete, pignolate, confetti, fosticelli, percocate, nocatoli, pizzette, mostacciuoli, ovetarache, graffioli, e simili. (V. Del Tufo, 0/). cit., — 35 p. 118-9; Fajasseidc,!, 19). j M- A/ql Ma almeno per piissiimo oltre, zioni iscacciarc certe tenta- ' ! Mu" Mu' se ne vene Natale santu se ne vene Chi se vcve E ]' la e giustu, ( nascerà de Cristu, ) vinu e chi lu mustu, hi ( r'acqua m'aggiu fatta 'na provista; Chi se mangia Pure "nfaccia a > carne e chi l'arrustu, la / chianca l'aggiu vistu la ! j Secondo ricorda un canto non mancano casione, stra di broccoli neri, il una pinocchi, cappone, e che so io sono molto raci) zeppole, capitone ecc., nella cabile tale, i le si voga in tegianese. In vigilia. nocciuole, l' imman- come in azzurra , Scafati di la ! ì ) per (spurie) che hanno sotto ) Pagani, di anguille di Sarno, le quali (ve- le ; na- Nel giorno Altrove, ! distinguono da quelle macchietta sosamelli, la mine- i le questa oc- ] ) pancia. ; Si serbano in casse di legno, vicino al fiumi cello. uno vuol di e si vederle, e le rete, i venditori prendono con coppo versano in uno spasone dimenano, come E, qui, le tanti dove guizzano , Guida pratica capitoletto. voci delle del diaì. Ne ' ' j serpi. non torna inopportuno spender qualche rola, a proposito Se iiap. dei venditori, cui pa- nella del Li\igni è dedicato han parlato anche l'Imbriani ed il un ; ; Pitrè, ; e qualche altro. in Napoli poli dal Né meno ii)i al curiosa è la Storia de' iS6o di N. 1878). Pure, fino a poco fa, tai frasi Fara^^lia erano pre:^:;^i (Na- iuler nos malnote. Non COSI da quando abbiamo - 56 — il mercato Vallazzano, m — , mio amico, che ne apparecchia delizia d'un \ zione! Pare, che Capo al /./;^^(7;7c), nome, tal Massa, di mologia lunatica il Fel- quale, secondo una eti- sede derivar da FiXXa dovrebbe , descri- la una ripetizione del sia ^ tempio, e Zàvo; gen. Zàv Giove, quindi di « tempio di j Giove ». ì Di rado ] arance barattano si come arduo, udire echeggiare, a cinche , a sordo a sei — qualche mellonaro: faccia. ... so' de Mo' suvio Ma fuoco.... ! Vesuvio so' purtualle È — «A : quatto, Palermo 'e Che maraviglia ! benuto d'a Mellune verace !.... Napoli Cu' 'no sordo vevo e « Castiellammare stiellammare. in minuta. Quindi è » — 113). Più facile è udir gridare Bideri, Passe^. p. (cfr. 'e alla ! 'a lasciamo questo tema. Discorrere riuscirebbe lungo e nojoso. r' 'a ! Ve- ) ? l ) \ \ ) diavoli! » li di Mi restringo 'a neve, e Fuoco ! lu 'nfierno cu' tutti lavo So' di Ca- ! rotta Fuoco me ( tutte feste le l a qualche altra. ^ È risaputo che a capo d'anno , si fanno degli auguri vicendevoli. ] ì In carnevale si costumano mille pazzerie; e qualche cosa ne ha detto Gaetano Canzano-Avarna: — { « L' ulti- ) ma sera di carnevale in Sorrento. {Slelle e Fiori. An. VII, Num. 8. —21. II. 84). Son di rito il filetto di majale, [ le salsicce , i fegatini , lascu^na, le sfogli al eli e, la i ; vini \ de' Colli, di Massa, di Capri, acc. Fino al 1799, facevano due mascherate; l'una da matti, detta dia di Carnevale, l'altra con mantelli scuri e la si gnor- maschere \ 'ì ) sparute, la guardia di Quaresima. Ilappresentavano le Accademie della S.:gge::^:;a e della Follia, e 37 - con lo scam- f doveano bio di scherzi e di lazzi la La schiera serata. far passare allegra ') dei matti poi, verso mezzanotte, j accompagnandone con assisteva Carnevale agonizzante, nenie e lamenti la dipartita come , dirò più giù, par- Non landò dalla Morte di Sorrento. luogo un riscontro con quanto dice terzo ragionamento, sul Mascherate, giuochi balli accennati fuor sarebbe il \ Del Tufo, nel > \ Vi sono molti nella dal Basile ' l di Carnevale di Napoli. sfrenati, ecc. \ quei di ) Xtrodu:^ioì!e della ^ prima giornata del Pentamerone, non dico cuni sono semi-dimenticati. nano 'ncoppa a le mazze dinto a lo circhio, mo' giero, mo' mo' forze d'Ercole, li « Chille chille , cammi- che passano mo' masto Rog- mattacine, lo cane ch'addanza, sti ». — Cui potrebbero versi della Stufa {Edi^. Le Ffarze, le cit. Commedie, La femmena, che far voi. e le mo' vracone, che sauta, mo' l'aseno che beve a lo becchiero Lucia canazza al- che fanno juoche de mano, mo' che chille, — mo' , perchè tutti,, XX, mo' , giunta que- di p. 368): Sagliemmanche sauta pe' la corda, Chell'autra co' la varva, E chell'autra, che ccose co' Li maitaciiie co' le li piede, bagattelle. La crapa che ba 'ncoppa a li rocchielle, 'Nzomma stòfano tutte li solazze, E boffune, e lazeze, e sciuocche e Cioè quelli, pazze. che camminano sui trampoli bastoni lunghi, nel mezzo gnetto, sul quale chi gli adopera posa dosi la parte di sopra : — dei quali è confitto alla coscia», il « due un le- piede, legan- — secondo defi- ^ } , nisce il in Quei che passano per dentro Fanfani. chio è facile questo spiegarlo. — : humi simulans se mortuuni unus « cer- al poi consistevano mattacini I jacebat stratus, circum queni caeteri lente saltantes modos certos tristesque ad musicos, et gesticulantes ibant, chori magistrum sequentes atque imitantes, qui mortui illius nunc unam ficti vel alteram manum, nunc unum altcrumque pedem velut rigefactos elevat, contrectat et normani praebet caeteris olfacit, nibus imitandi, donec CLin » — , < < ^ se in gesticulatio- erectum e terra illuni circum agunt. jactant et '. sibi invi- Così Fr. Pasqualino ^ XIV, citato dal Pitrè (voi. parodia p. 80). Si può ritenere una Morie di Sansone, descritta ne' Giuochi fan- la ecc. aggiuntovi e funebri del Lauriel, 1879) pa- N. 140-1 stesso autore citiUeschi dello quanto è detto negli Usi natalizi, popolo siciliano (Palermo, Pedone iiiiiiali J \ l ì Salomone-Ma- s rino nel volumetto. Le Repntalrici in Sicilia qcc, (Pa- ) gine 172-3, nonché lermo, 1886) Cortese Pas. {V^Cic. Nelle forze I, sulle spalle dell'altro: d'equilibrio e ue:^iii salire nella Vajass. IV, 29) (cfr. di in tal ginnastica. vita priv., vedi nel \ ) ro- vari uno ( guisa eseguono giuochi ) formano una piramide busti popolani poi, 37, e canto seguente). Ercole d' del Su masto %pg^iero 56. p. illustrazioni le Il salendo , Molmenti Torino, 1880, p. l'uso fino al secolo decimoterzo. non di rado, (5/r. Ve- di 59) ne ta ri- \ ( Indi cani che \ danzano; e simile. Cosi ho suono al d' un organetto, o visto, talvolta, anciie ballare degli ( orsi. | La Lucia ffl/i^z^^a deve arieggiare s rjijm.J9 — qualcosa delle [ mamiìie Lucie, descritte dal Villabianca nei Giuochi po- polareschi di Palermo. Alcuni monelli si femmine da strapazzo; ed tamburelli, stru- pantomima, dicola E quando riosi. Con si mezzo ad una gran in secondo c'informa appo noi. Pitrè il — , spiega si saltimbanco <.< Vocabolario dei Filopa- nel parola non vi appulcroì e Dopo con ogni specie essersi celebrato di stravizzi il ] fa ) morto ( bianca di farina, gittate su di una ) santo Carnevale, l'ultima sera dei tre giorni l'esequie. con carretta coro: E per , — mentre « un coso lo più taccia tutta la osteria. all' (XIV- 3 5), ed anche Saglìemmanche o sagìienvanche— cerretano » cu- di folla va a finire si cosa è tuttora in voga in Si- la cilia, tridi, di ballano e fanno della ri- , è stanchi, modifiche lievi suono al menti femminili, saltellano abbigliano da gli altri , , che » — giano, lo formano di paglia, vestito un uomo, e con la finge si trasportandolo È muorto Carnevale gli , si gridano in ì Te- ) In e simili. guisa da parere in maschera. Nell'ultima sera la portano ^ processionalmente, dogli da baldacchino Cannahiani ìiiaccaruììc fra , ììiìo, e chino quattro candele accese, L\CQn- con un lenzuolo, e ripetendo: oglia, (cioè di pa^ìì.x) Stasera r^ craje foglia A ! mezzanotte bruciare in un luogo deserto. fare slaineiitnin asini, di cui s (v. E non anche testamento. Al qual fiuto si si lo manca si vanno di collega ) ? 5 a ) largii ) il Te- conoscono parecchie versioni ] ) Novati, Caniiiiui medii acvi, Firenze, Libr. Dante^ | > 1883, Parigi, p. 79, dove ha du' strofe di più; %pmania i^^i,i:.X\l,2G;Mèhisine, Parigi, 1885, T. I di j II, j — 40 — -uà ^ n. primo e pende sotto finestra alla una vecchiarda rocca col e , settimane, e se ne toglie una quale segna come ne tanto da , la si sega vesti vecchia la , una pieno parvenza giorno qualche vecchia non deve uscire, tirata , a Pasqua, di quaresima di sangue per dare di realtà. Vedendo fanno a sorte, bendata e gibetto. Nella il la pignatta da una fornita di lungo ba- che dolce sorpresa secondo l'opportunità e quelli si persona stecchita di è anche Nu' sono Carnevale valsi gli scrittori (cfr. Petit. II, 4; Cine. popolo passata nel Giugliano Tu fra Quaresima, e si cosiddetta Morie de Sorrienlo, del qual para- la gone, spesso, Ed qual- la liberalità che intervengono a questo divertimento. All'immaginaria pugna rannoda si- quel celiando, che in istrada, si dice altrimenti le alla in stone. In tale rottura, vi è sovente apparecchiata di me- della brutta metà prima domenica, invece, suol rompere persona gallina qualcuna, quale, talvolta, ha nascosto fra la un budello mulazione senza restare la Si ap- di finisce sentenza di morte gera. Dimenticavo dirvi, che nella le con Oiiaresimn. tante penne con un' arancia le appende si incartapecorita ed battezza si al una pupazza rappresentante aggrinzita t'uso quante sono la E da Carnevale 91-2). quaresima è un sol passo. Subilo di balcone od al XIV 300; Pitrè, 13, col. comincia vavatteiie, là' Vili, 33, tee.) tanto che un canto : Mono vutà' lu , ad indicare una de Sorriemo, stommaco a li ggcnte! {Binile, An.l, p. 40). Si tratta d'un'antica costumanza. ^a M è — 41 enorme Carnevale, un fantocciaccio con landato dei cibi più succulenti, fra ventraja, inghir- prodotti del porco i ne stava sdrajato in una carretta. Sur un'altra Qua- se resima, una vecchiaccia magherà, lunga, lurida, adorna legumi ed di salacche, baccalà, volgendo chioma la parte del Borgo, alla rocca. come per entrare in città avviava verso di uscire. Allo scoccar dell'ultima travano sotto letro di la mezzanotte s'incon- legno e cartone, rappresentante la vita, l'altro Porta. Ivi era ad aspettare un alto sche- vedendo apparir Carnevale, con mieteva e ; Porta, (diroccata nel 1863) in atto si la segni del magro, altri Costei se ne veniva dalla l' mentre Quaresima la Morte, che, inesorabile falce gli si avanzava in Città, in aria trionfale. Intanto la plebaglia furente ed ubbriaca, urlando dilaniava il dei miseri avanzi (V. Vien domenica la corpo dell'ucciso; Canzano delle palme. In questo gliono regalar de' ramuscelli bolo di di lauro, La palma benedetta gente plice. d'i, falò p. 68). so- si , : im- pace, specie fra due fidanzati. In Santa Sofia di ramoscello 6Ì I, benedetti di ulivi Calabria, invece d'origine greca, fra un e faceva nel "Basile, An. di si costuma donare un alloro onor crìiiiperalori e di poeti. dattero è più signorile e di ma condizione più elevata, È un dono, che si dà specialmente a' è si usa meno sem- canonici; e che presenta dalle persone di chiesa. In Napoli, un in- dividuo ascende con un fascio di la cupola di San palme sulle spalle, Pietro va a Martire , e mutare quella legata vicino alla croce. Talvolta, è per isciogliere un voto promesso, come qualcuno salvato dal naufragio. Nel duomo, benedicono si compagnato da tutto palme dal Cardinale, ac- le clero, il quale percote tre volte il col piede dell'asta della croce, la porta serrata, che apre, e tutti entrano. accenna all' Il processionalmente in antico uso di uscir questo giorno, fermarsi ne' quadrivi elevare una croce volta, la dopo aver croce avanti popolo vi girato per Poi lasciava l'elemosina. croce in tale domenica. con fatte mente Seano i stramente Ma le il l' si mano ingegnosa fiori , foglioline inargentata frasca, cui palme più fissava la si artistiche sono special- e di cui , industria. Si recidono , midollo; e colombini, che si o ferro , filato serbano di anno in le Tralascio costumano può mosche di in far fili il sotto bottoncini di di cordellina da formare una nastrini e confetti variopinti grazioso. E queste frasche anno, specie nelle nicchie e negli scarabbattoli dei santi, perchè guasta, e con in guisa , Ne escono fiorellini, legano aggiungono si lavora pria, che si abbia indurito. da risultare un tutto assai si Il la possibilità, luogo dove principale la cstrae si del portico. ramuscelli ancora morbidi: con una bacchettina, de- contatto con Tarla la o sostituirono delle cap- si il midolli di fichi i ha altare giurisdizione, piantavano la chiesa del seggio la pelle ed Estaurita .significò quelle un e sa di redimita di palme benedette. Tal- , accorreva; e ciascuno, secondo vi si Tutini nell'origine dei Seggi, le 1' aria troppo spessa le sporcano. motto delle altre funzioni , che si questa settimana. Qualche cenno fugace riscontrar nel Bidcri (f(//.^. cil. 55-72). Pietro / m de Stefano nella Descrittione dei luoghi sacri della Città di Napoli, riferendosi al 1560, Giorgio dei Genovesi della chiesa di S. del giovedì santo, dando in racconta, che processiorie — con « battenti notte j ) certi scoriati di funicelle > san- ; nella , ove sono certe rosette d'argento, per cavarnosi gue il con un buon numero dalle spalle per loro divotione, di torchi accesi, visitando alcuni sepolcri della città, Noto dopo solo, che, benedicendo sorio; e le case, qua ha de' rotta la fonte, È piedi a' solderelli, delle uova, e simili. là i figliuoli donano specialmente si nel antico, piantar innamorate, d'onde Nel codice che il aveva scritto: IV-947). Ed ..... la frase, « il , specie maggio. » '] voce majuma, ì ) majos festiim florale Kalendas (Fasti, [ rinviene si rende majo. in onore piantare Precedentemente Ovidio Giustiniano di Vallauri dei cjleno un albero in- nanzi alla porta di qualcuno per largii delle baciano perdono d'ogni mancanza. genitori, e chiedon È uso • ; spruzzando acqua santa con l'asper- risaputo che in maggio, fiori. o^ prete in istola va il In Tegiano, nel mattino di Pasqua, i , ,; numero, an- vestivano in gran si i la nostro del Tufo: il Come fanno gli amanti Pria che la bella aurora Dianzi Sotto De Sol venghi fora, al la gelosia l'aspra donna ria. S Gli scovre allor con quella occasione L'amorosa Lasciando Fuor già sua passione. al dipartir gigli e viole della porta del suo vivo Sole. — 44 \ E tono COSI continua su questo nedetto de Falco 102-3). Be- {op. cìt. > TDescrittione dei luoghi antiqui nella ^ di Napoli Qcc. Maggio Celebriamo nel primo « memoria ginestre, in delle fiori — : celebrata dagli antichi. » — Ed Dea dalla li dei fiori , ] ) Cortese nel Li Tav. il — Lo primmo juorno > de Majo, quanno a Napole ogne casa deventa taverna ) tAmmure de Ciullo Tenia, e II, « — Ma lascio questo \ argomento, perchè voglio restringermi ad un uso, che ; co' lo frascone 'ncoppa la porta. » ha maggiore d'aria paesana. In questo giorno, ogni par- ^ suo majo a monsignore Arci- ] rocchia deve vescovo recare Galatea Rettoria la Parroco al Bolla di possesso et Nel 1593 l'Arcivescovo Giuseppe in Sorrento. Donzelli conferì di il Chiesa Bartolomeo legge si deferendi arborem della Piscopo — « Cum : et e nella ; onere ornatum floribus Maria S. di f^iciendi tinam. — (V. » un sacerdote Napoli 1880 riopinti; e Cenni di p. Mortora il ecc. ecc. — leggi, Eleggono 33). , > ^ i di per tale chiesa Carmine Russo più bei — va- e fiori ne rivestono una pertica, formando intorno tanti piccoli palchetti cede slor. assicelle, , cerchi, e simili. Pro- E nella al Ve- parroco o chi lo rappresenta devono in istola. funzione tutti scovo, quale poi suol regalare questi maggi, specie alle il monache di fare presentale il San Paolo. E non solo armi fiori annesse delle frutta primaticce, dell'uva, che bata con certa cura , Vi sono ! si delle tortorelle, eccetera. nanzi tutto molte candele — di 45 cera! — l \ decoratum prima mensis Maii ad majorem Ecclesiam Surren- die ) è ser- Ed in- > l A vero, dir volta regali i la mandato all' Almeyda condo ricava da e vanno alla una stupendi. Mi degli , governatore , ms. inedito w\\ compendiosa relazione fedelissima assottigliando; ma, proprio , descrizione d'uno di D. Giovanni Grillo piace riferir si si facevano se ne , città popolo nel regno : la se- , ( ) osservata \ del Napoli, composta dal Dottor Do- c- ; grandezze della rivoluzione — ] Vera minuta •' fedeltà universale nell' di menico Valvassori — delle glorie e Sorrento per di Maestà Cattolica : Sorrento di ! ì \ Era patre domenicano e sot- topriore del convento di S. Vincenzo. Scriveva nel 1648, intitolando nel 25. Vili, Sorrento. (V. Capasso, » lavoro all'Arcivescovo il Tasso // e di sua famiglia ec. la Napoli 1S66, pag. 227-8). — d'uva la Una « si ammazzata vitella ed cariche della sua cara e pretti si grassi guance fra le estinguer \ sospirata posti al fame Patriarca propria di queste quella Arianna. Otto paragone tinte di con ca- quei di tal ma- gran rossore Febo ? confusione nascosto. Dieci \ di Cintia nell'uscir di sufficiente ad > quel felice Epulone, che or privo ? de' quali sarebbe stato fiamme ^ Tantalo colà nel nero regno > solamente colmo bene si consuma con Tizio d'Averno. Dodici di oltre . sicuro Lieo al parere, che l'avrebbono di il di e semplice vista sarebbe a guisa ognuno la di che nubi della capponi^ j si , la tanto che , Giacobbe, io son niera avanzati \ composte vaghezza naturale, che avevano, che, h avrebbe posposta per le fresco con due teste di artificiosamente e spose di pene tra le voraci regolatissime -46- , colle quali si ?* sarebbe stimato onorato in tempi simili e contro sta- personaggio gran ogni gione ragoste, palaie, cefali regno di Fu reale. Nettuno hanno il primato; nevano racchiuse; vano chiunque curioso fissò lo vi comparire nella mensa ; la che da- acci, non corona; estinto, e l'ap- anche agli astinenti Mae dieci sufficienti a pre- settimana di pere bergamutte, che con e ben ingiallita quinta la fame d'una gola d'Eva, un Adamo; centro cipitar nel quarta di ca- la che avrebbero potuto di qualsivoglia mela appiè sesta di , bastevoli a risvegliar la spicati petito sopito, se sguardo; accomodati volofiori cosi ben carii spegne ed terza di bianchezza indizio della squisitezza loro a colla di broccoli di car- poco o nulla che nelle proprie viscere te- latte, la di che nel , seconda li cioffole così tenere, che nella tenerezza differivano da quel prima la treglie ed altro pesce , davano corteccia la loro pallida la indizio che , come matura, se l'approssimava una morte, da cui originar doveva; l'ottava la vita altrui si vidi neir apparenza non non scomparisse nona celato; la vati del stati ancora mare , al di per gusto il , della , acciò non ca- dalle acque salse perla di Cleopatra sarebbono ad una mensa reale; la grossezza , dichiaravano Atlante chi dorso. Le due altre che ru- occhi delicato sapore, che teneano loro morbidezza e di cetri di tale e tanta globi celesti gli lazzarole, che quasi coralli la meglio sufficienti cardoni di lusingavano furono di coso decima che l' di limoni sembrando addossava dolci , sul cosi deli- catamente formate, che avvalendosi Apollo non avrebbe •17 \ ; > avuto bisogno Ed i parole per mitigar di Dafne troppe di crudele ». — famosi gigli di Nola? L'origine, quel cor si modesta. Quando tariamente captivo a' Vandali, invece del figliuolo d'una povera vedova, rimpatriò, incontro con fiori bato candore di al solito, fu assai Paolino, che s'era offerto volonta- S. fra , popolo festante il cui il divennero pi- gigli ramidi, trasportate sulle spalle de' facchini A vannari (da S. Giovanni a Teduccio). allungarono tanto da superar scuna macchina divide si e l'orchestra, la quale accompagna con quel peso addosso. Negli giglio è in gala. L'istesso stri, arti o San Gio- poco poco a si più alte terrazze. Cia- le Nel primo più ordini. in fé si illi- Dipoi questi lui. gli giglio simbolo dell' popolane altri, adorno di fiori, e donne festoni, na- Ogni corporazione statuette di carta e simili. vi facchini, che ballano i di e mestieri ne fa uno, sostenuto da sedici facchini. Solo quello degli ortolani, Pure rifico) squa i tobre in Napoli gli il più grandioso, op. II, c'it. tortani, in il meramente ono- Eletti (ufficio maggio Prima eran , maggio cioccolatte, a gli Foresi. della Città, ^Municipale. ducati 6700. 1 j \ \ propine per qualche possesso. ; Gior. VII) ; la lo e regalare ma poi i cristalli furono a (Ca- ' carico da' Registri dell'Archivio risulta Nel 1804 , cera, a pa- ventagli, in ot- appaltatori a secondo la zucchero, in gen- cristalli i San Martino delle — ne ha lo-ii). solevano ricevere nella candelora najo ed in paccio — De Bourcard, trentasei (V. spesa è inscritta ventagli, forse, dovevano per annui servire per prò- ^ un po' curarsi sorbetti di fresco in està del quaranta, all' i : per uso di cristalli sportule o propine. Pria che poi divennero , approssimarsi della stagione estiva, cancellieri presso presentavano giudiziari collegi i i i Magistrati di ventagli verdi con manico nero. (V. Guiscardi, Saggio di Storia civile del Municipio napoletano, ec. 1862 si tamenti, voi. IX, artificiali. fiori francato il si abolì fastidio d'un'abolizione. Corroboratale un vassojo. Il tai rettore seduti e , offriva le passano diebiis illis, la , ai Eletti de' donativi; agli ac- rispettivi uscieri Regia Corte due volte ed a' majali in carnevale e vacche a pasqua. Poi fu costumava nicipio, che in queste ricorrenze al ipo-, cotta e stola le offre agli Eletti, che le ac- compagnatori. In l'anno essere non avrebbero qualche cerimonia, una /mjctìf di invitati per colgono dovevano di donarsi dai rettori delle chiese agli L' inserviente le reca in spesso, in (Appun- spesa la 172). E, forse, fol. In contrario, pochi danari costume Eletti, fiori. il in regalavano dei ramaglietti (spag. mw/V- Nel 22. VII. 1750, lete). tesi un nuovo Eletto entrava 47-8). Allorché p. carica, gli nobih, il Mu- de' regali Re: erbaggi fuori stagione, frutta, cacciagione della più rara , fiori , confetture pubblicamente nella , vigilia di eccetera. E da Monteolivcto, allora sede del Municipio, da bastagi bene abbigliati ed in doppia da una carrozza di accompagnati città dagli scortati dai pompieri, portavano si Natale e nel sabato santo alla fila, col cerimoniere in uscieri corpo di alla D J9 città in — gran Reggia preceduti gala ed , gala , e dipendenza del Mu- ) nicipio. che fiori, I stessi fiorai, usavano di di mag- offerti dagli procuravano (nel calcn si gio) per presentarli Re, prima al erano ortolani, ecc., ed in tempi più antichi argento; e annua relativa la era fissata per ducati 1430, spesa che nel prò vertita a sindaci ingraziarsi a poco capo dello Stato il (Oper. ciì. 1754 fu involendo i e tenersi in sella, doni in oggetti assai tali E parlando 170-1). p. Ma Poveri. de' poco convertirono a costosi. Albergo dell' si partita d'esito di Eletti, vo' ricordare quel Bernardo Aldano, capitan generale delle regno^ e deputato dal Viceré per artiglierie del tificazione di Sorrento, versità di quale, Piano era ricorsa molte imposizioni fattele nalmente Sindaco ed li il pose dentro volendo , ducati di pena , uopo , ciascuno riscuoter da cìt. . carcerò crimi- una fossa e nettò {Y Capasso, Op. for- l'uni- per isgravarsi di a S. E. a tale Eletti la avendo inteso che p. 20-1). , e ve mille Ma la- sciamo quest'argomento! Nella vigilia dell" Assunta per tutte penisola di Sorrento sono in uso riva dal divieto quicìeiìì) e di di quindi S. si imposto da Re Carlo ron bruciar Antonio, , a' alla stoppie 13 di giugno, comprano colline della , ; i I d'Angiò {Pridem pria di Anche tal tempo nella festa ragazzi con un soldo delle fascine e fanno de' gran larghetto del paese. Tale uso ora ad ogni va smettendo lumi le possibili incendi. evitare per ciascuno focara:iyi le focara~ii, alimen- paglia della raccolta già fatta. Forse ciò de- dalla tati i e veneziana le , fascine si sostituiscono cioè le panarcUe. San — so — con i Giovanni p poi è la festa prediletta di tutte le ragazze maritabili. ognuna In questa vigilia tira l'oroscopo... della sua sorte, specie matrimoniale. Citta un garofano sulla strada deserta primo e chi ; lo raccoglie scale,, mediante un preghiere fuori al versar l' siste nel sarà lo sposo. , od una delle rose sfogliate su l'acqua, ed a mezzanotte recita delle calcio; Un balcone. albume altro esperimento con- o sull' piombo del «W/'acqua; ed in quelle screpolature vedere di la mamma , perchè Op. — ?» (cfr. — ?» si crede : — « Figlia « Mam- , figlia, Del Tufo, 104-9; Di Falco, Ciulio Cesare Capaccio: Apparato « del Clorioso S. Ciov. Battista stività liquefatto vede o fuoco^ sclamando di perchè lu deciste , lu faciste cit., si futuro destino. La notte passa Erodiade e il madre sur una trave ma Citta pianella per le , della fe- fatto dal fede- lissimo popolo napolitano a 23 di giugno 1624 »). Valardeniello ricorda (st. Le ffemmene levano tutte la 19), che: San Gianne sera de 'n chiatta a la marina, Allere se nne jeano senza panne, Cantanno sempe maje E di quando pria è Cermenna. Vi la ronian^ina. San Pietro, si trasporta vi la gran è festa ai Madonna della Trinità, cui sogliono offrirsi de' ceri. molto popolo, specie per gustare i Colli dalla chiesa Vi affluisce primaticci fiori di fichi. Due poco altri fa, divertimenti erano la de' pianesi , almeno fino a caccia al bufalo e la cuccagna. Sul Beneficio soleva formarsi uno SI steccato di rozze tavo- — ^ ^ Lo sormontavano Iacee. che servono ad appendere di ferretti (quelli respinger e pronti a dei giovani di beccai, armati animale, qualora l' si l approssi- l maste un po' troppo^ con evidente pericolo. Il bufalo esce sua dalla Cominciano ad sbuffando. aizzare e viene ? arena nell' cani da presa ^ i l quali s'industriano afferrar l'orecchio, irritandolo ed ) indispettendolo. rossa e , si sbuffa, l'ira, rita con con la ma innanzi agli occhi. Infuriato va sospende opportunamente, e cresce si arrovella, si freme segue fascia rossa, e con s' sdegno; più s'ir- e incalza coi cani e , La lo sparo dei salterelli... e lotta; la rallegra a tale spettacolo. si bufalo è malconcio, stanco s'immola nella stalla, e dice di pungoli di ferro. Più i , spenzolare una fascia fa si i schiamazza, ride, sghignazza; e con l'animo teso folla il Dall' alto sventola per lacerarla; , che questa riso è finito a vita, solendo Qualche cane bufalo lanciarlo individuo vi ha passato famosa caccia porzioni del spinge Ma vi , si talvolta ha lasciato il la aria, e riuscirgli quissimile Ispagna, fatte in come primo immaginario, ricco di piaceri; Boccacci nella contrada duceva È un guai. toro le della debite pro- ! Cuccagna, poi, piani in Quando si uccidendola; e migliore. sia pianto. il vittima... la carne sanguinante, e ricevendolo sulle corna. Talaltra, anche qualche fatale, l stalla; > carne) la in con realtà. Si tele e di significato, è Bengodi. In Napoli costruivano dei dipinture — un luogo quello favoleggiato dal , S2 « rappresentando — si legnami a travarii collinette, gruppi case di giardini , botteghe cariche di e con vino, majali, botti vino, e simili tavano Tutto venditori. i si vedevano mandre , delle di agnelli con fontane e fantocci bene : Vi etc. , commestibili di getti di rappresen- abbigliati vi disponeva da prima a spet- si tacolo pubblico; e nelle ore p. m. al segnale dato dal Re, la plebe si donde risse, ferite e scagliava vietò, perchè, nel la , — Carlo ritornò in voga le ; feriti. ma poi, forse per qualche altro spiacevole incidente, furon nuovo vietate. maritaggi , E detti coccagne 25, Qcc. tee. (V. Guiscardi, Op. cano in tale esser raccolte (cfr. occasione Martorana, dìhL nap. 1874, iS/o//^/V p. sulla e biogr. e insaponati porgevano non argomento (Cfr. in luce per no II, p. La piacevole Giovannino detto 84-5). E qualche SJ di e scritt. del noi era lubrici pei di ed impossessarsi quanto altro vi era schiamazzi. questi pali in di Da mezzo Cuccagna posi a Tranese, ccc. Basile, an- altro — lisci e di Istoria il fra tuttavia illustrate più sdrucciolavano, I risa ragazzo mi ricordo aver visto Ca rotto. , scala, facile! di degli bibl. delle mortadelle e cima. Impresa carnescialeschi) aspettano La cosa ducati di Non man- 172). degnamente doveva montare senza si un prigiotto, di canti e 57-427). più modesta. Pali bene quali p. e che , un volume in ciascuno , ciì. canzoni, (specie di delle composte di converti tale spesa in quaranta la città delle III saccheggio, lasciando molti morti e Ferdinando figliuol di coccagna: la rado. » di nell'atto del 1734, macchina precipitò la Il saccheggiare a morti non accenno si può rin- venire anche nella di Leti. pop. di Severino Fer- '^ibl. una (Firenze 1882), rari raccolta di roba mss. e da edizioni rare, ed canti da carnescialeschi. Ma anche del nir la sera fici tratta non mancano anche in cui di d'i tema , Ed nostro Leopardi. al festa, non tarda molto che ha isprirato io voglio a ve- magni- dei versi appunto termi- nar questo capitoletto con una nota melanconica, re- cando uno statuto suntuario suU' esequie del secolo XV, e sul lutto la prima volta da Bartolommeo Capasso {Opera p. 241-3). — Item per « , riguardante Sorrento, e pubblicato per omne homo, de fiUyo, quanto fiUo deve curare [mutare che morisse tanto patre cossi de de... omne grado, non se panne^ se non starese con ?] citata, quilli panni se trova vestuto per spatio de mese uno. Et se fosse caso da pò che lo mese ey passato, volesse se canzar panno, se lo possa fare de zo che colore dummodo petesse, che lo mantello sia scura et colo collaro. Et se fosse per caso che se trovasse [?] et improntar de panno dopna se deva parente se no starese con [?] de bruno. vestir de quilli la dopna no se morte de panni che se ita tamen trovasse panno honesto se lo trova reservato matre vel mollere de marito, che se lomo con po- vecchio colo collaro, reservado Item che nulla nullo ap- sguarnuto de panno honesto ara potestate de se lo fare mecta le pomecta cola possa far imprestar siccome ey scripto sopra. Item se contenesse caso — 54 che — alcuno fosse acciso deva potestate de star in vestir de morto per in battallya poterese reservato se fosse Signoria. la homo Item dove moresse ad soy parenti li appetesse; zo che color che fosse cavaliere non deva portar se no torze sey de piso de libre tre luna lemente de cera la siano quindece per libra candele le siano ali scuyeri deli la prevete dopna. quelle , cossi de le dopne. venticinque per libra et la lectera simelemente per et che se danno , la quelle et siano de vinti per la libra et deli scuyeri deli cavalieri Item per deli cavalieri de piso candele dece per libra Item sime- , dopne. le Item de et torze quattro da questo piso scuyere et lo torza de lo Arcepiscopo deva esser quella de lo cavalieri libre doy, quella delo scuyere libra una, deva aver per lo cavaliere can- senze ey piscopo et dela una de piso de meza libra libra sey luna per una cavalieri et per li et per lo scuyere de devano esser de piso de unze et ali prelati scuyeri onze quattro li delle dopne. luna et Item per omne prevete , che vene cola cotta deve aver per mortorio delo cavaliere vel delo scuyere, che sia homo per libra delo per libra. Et dove non fosse de Sejo deve aver grano uno et quillo de Sejo grana doy candele doy de che ave ad da trenta per Item cavalier che libra Ilo far le et candele et lo piso spese doy de scuyere delo , vinti vinticinque che ave ad spender per defunto lo dicto in suso. sonar de Ile campane sia a quisto modo pana deva aver et de cera; per l'autra et lo Io scuyere per cera et deva sonar anche , sciran deva aver lo sacristano et meza de Sejo che a lo cavaliere devano sonar vid. campane, uno tari romanire per patre et sia et homo de cam- la la stilla [?] uno. tr. more alcun marare ad parenti le libra et unze quattro gente sonerà nulla quattro deli più restripti mezo e commone Item che quella casa dove ze deve che , campane^ excepta deve pagar et [?] le tutte duy tari homo non [?J excepto duy da parte delo , duy dela matrc; azo ey duy homene doy et femene. Item che homen no devano li more jorno che lo defunto andar ad far andar ad visitar. Item che li la fatti , seder, se no quello secundo lo dopna non deva far poza jorno homo soy, et che nullo duolo se lo deva no jorni jorni duy innante excomunicata se repetasse. Et dove non fosse duy, zo ey repetar, da alcuna dopna quissi ad visitar, quisti sia stata giorni duy et da poi ze andasse che no ze deve repetar pena de excom- a la municatione. Item che la matre non deva star inclusa per delo fìUo se no mise undece; chimputi deva non li morte misi undece carnale più la sora delo frate deva star inclusa mise sey; la mollerà delo insire et star inclusa : marito deva star inclusa mise... alo primo... mise duye... poza.., andar audir missa. Item che quando moresse uno - S6- pizolillo de duy anni — — ^\m non ingiuso se deva portar in braza, che preveti quattro. Quando moresse che diw persino anni scy a devano zi no ze sia se U fosse da esser ditti sey. priviti Et persin ad anni dudece ze devano esser priviti dece fin in dudece pede ali colli preditti et mandar Item che qu.mdo moresse nulla et a lo letto ordene. Abbatessa, che Sorrento, Avendo posto devase portara lo scuro. anni dudece sendelo poza li [}] devano parenti monacha vel fosse seder a lo Sejo de che non devano pianger forte che no et ze deva aver torze. dove se sia no se de zo che dopna che moresse Item che per nulla conditionc deva seder dintro pone, se no a lo Sejo; de a Ecclesia, la honiene de Sejo li senze poza seder corno ey usato. Item che quando se che 1' fa dopna ze deva nulla annale capo de lanno in andar ad visitar ne a re- petar. Item che omne homo misi et in capo de uno se faza veder in facevano voi. le XXVII pianto dirotto Vocabolario prefiche (cfr. co/Zt'^. reputalrici in Sicilia una specie , Porcelli, si è p. 64-5) a li presente Per intendere repelare, bisogna tener riepelo vale capo duy lo capuczo. » deva voltar se di dei in , quello che che Filopatridi, Roma. Delle occupato da par suo il nostro Salomone-Marino. W U ijjj'^-'--'^'^-'^-'^.'^.'-^^^-^^^»-'^-'^ ————————Jì? — ^ 57 .^^^^^-.^'^^^.^-^^^^^'^^^-^'^^^^^^^j]^^^ Oici GAP. III. DIVERSI RIMEDII. LTRR i medici propi-i;iniente pratici, dei segrctisti, a suggerire detti, vi ha dei che all'uopo^ son pronti un rimedio; somministrare un a espediente. Siete tormentato da una cefalalgia inzuppate Ovvero, dovi ? nell' fatevi Bagnate aceto naso. Vi filo si di di pure provvede paglia. In licante, detta di la bene con pezzuole fronte rimutandole di tanto in tanto. un piediluvio d'acqua scottante, versan- dentro un po' nape. Si consiglia un , , un cenere od fuoruscita la stuzzicando Tegiano si in maggio le sangue si specie di loglio, rinviene su per vecchie mura. S'introduce nelle narici, e mentre tiene con colpetti, la sinistra ripetendo e col pugno : 5« dai membrane con ricorre ad un'erba vel- San Giovanni, una che particolarmente zinzino di sedi destro, vi si vi le si danno Ériva, ériva Fammi San Giuvannu, ri 'na carrafa essi' ri Fammi 'na essi' sangu. ri San Giacchinu, Ériva, ériva menza ! essere (nap. escere) vale « uscire » Per chi noi sapesse, a scanso d' equivoco vinu ri Si ! ritiene mal il voca l'uscita. Pure i capo deri- di onde se ne pro- Giova talvora anche un pochino di dieta. vato da soverchia copia di sangue , nostri bimbi vi ricorrono; ed ecco la variante pianese : Eruva, cruva cecagnola, Piglia 'o sangue e ghietta fora, E ghiettane 'nu varriie, Fino E Fino « Ma die se spile a tanto, ; ghiettane 'na votta, che se sbotta! tanto, a Catarro, vino e' 'o carro y>, ammonisce provocare una liena il sudore e simili chicr di vino ; , proverbio. il tanto in questo, quanto in casi consimili, consiglia si ponendosi addosso molti panni, ovvero tracannando un buon bic- caldo. La passa tosse con una \ deco^ zione volta addolcita Ottima è anche Chi ha mal malva, o o di or/.o, tal- ì con miele o con un po' di zucchero. \ foglie di di la di lattuga, camomilla ed di denti, — il lauro. specie, se molari, ) — mastichi \ un po' di tabacco da fumo, od una testa di garofalo, e tutto sarà finito. bambagia Ovvero vi ponga sopra un po' intrisa nello spirito di di vino con pepe, o ba- gnata nell'aceto. ] > \ > Per guarire un mal d'orecchie, — S9 - si consiglia qualche \ p donna. Se di latte di stilla n' evita 1' uscita turando il foro con un po' di bambagina. Si dice causa del do- un verme, che lore sfamato sta nell'orecchio: in tal guisa, dissetato, e o... come ammolliente latte maturare malve o glie di Lo smi. tumori ed i di qualche in paterecci i Chi ha gli enfiagione. preferiscono occhi infiammati il tnicillo pestato, , li risciacqui stanza, in cui di sciato cader qualche goccia di aceto poste di lavano , notte fuori al balcone. deir acqua benedetta con le gli , I Quando vecchi specialmente, le dita nella pila e bagnarsi le palpebre con occhi sia la- o spremuto un occhi con l'acqua di rose, gli recandosi in chiesa, sogliono intinger stropicciar che ripetutasi po' di limone; o posta della lattuga tagliuzzata. si a fo- malumore. il mente con un po' d'acqua è l'Ascensione, Ma le lattughe bollite, a guisa di catapla- specifico de' paterecci è dicono succhiare si viene servono pure del Si placa. si ovvero , talpa uccisa della pelle la mani, ovvero con un uovo caldo, uscito allora, allora, da sotto la gallina. anche negli dicato stropicciare con si In tal caso giova pure una chiave mascolina, o porvi su un zinzino di cerume Pagani, Quest'ultimo rimedio è in- orzajuoli. all' istante cavato costuma guardar dall' nell' ogliaro orecchio. In (orcio), forse per certa similitudine con aglianilo (orzajuolo). Se uno ha perduto ulive , pentola), '^ i capelli , si valga nel quale (mentre gorgogliava si è gittata una lucertola viva, morire. La ruta è un ottimo — 60 vermifugo — dell' oglio di bollendo e vi si nella è fatta pei bambini. — Cosi pure rallina. il decotto il di seniment ielle di mare, l'erba co- Cortese (Mie. Pas. IV, ii) L'aglio e Ca paura produce la con un po' far passare il E vermi. i con aglio insalata all' oglio; e, talvolta Per non jova, so' ffatte assale potente. anche suol darsi ricorda anche : corallina chiù la vierme li che Si sa, Lo rimedio non è moderno. Il la o corallina cipolla ed menta. di singhiozzo , un basta dare , forte grido in testa, oppure far prendere una paura. Gli antichi dicevano ed — i moderni ci si uniformano: Febres autumnales, aut longae, aut mortales « Per purgarsi, invece di ricorrere all'oglio o di mandorle, di valgano si due dita di tata , ed , vi si galleggia marinai far a che spreme un mezzo limone succo e questo ; si bocca non ne la valgono dell'acqua A' bimbi che orinano nel scialetti, si f;i rinforzano all'insaputa le porcheria. tale in bocca. I mare. altrimenti detti letto, pi- più e , tutta la non commettono fresco posto per una corteccia nel succo limone. A di con , dis- imbrat- mangiar loro un topo. Cosi deboli reni ristagnare una sciolta, con poco zucchero ( di Ovvero un uovo notte, in infusione di meno resti piccolo. L' olio ultimo viene ». ricino un bicchiere oglio nostrale di olive. Anzi, a renderlo gustoso si in di caffè tostato e trarlo, si ricorre , si o meglio ricetta l'acqua e limone uno o due cucchiaini macinato. Per ottener l'effetto con- spesso all'acqua minerale dell'Alimuri. s ' '^ -, — — 6i Anzi, a proposito, tal anche una canzonetta semi- vi è popolare, di cui mi ho procurato^ non senza difficoltà, alcune strofe : Amice miei carissimi, 'O titmpo è già venuto, Che 'n-terra a l'Alimuri La vàteca nce E sta. de Surriento pure, Caruotte e Sant'Anièllo Li gente a muleniello Córrono rrutà'. a Tanto, che se ne vèvono Che vanno E burelle; li povere vunnelle li Te lo pozzono cuntà'. E don Peppo e don Bernardo Se venteano Le freve, li male mosche, e crosche 'St'acqua fa sana'. Le prievete nu' cantano Ne sequie né gloria, Chest'asqua cacatoria Ogni male E tu sana'. fa Civilo mio, Hai perso lu tragitto, Li sole seggo affitte, Te può remmerià'. Carotto è l' antica piazza preso in senso ristretto, Ponte Maggiore fin il del quale Comune si di Piano , divide da Meta al loco poiitis majoiis Piani Snrrenti), dove nel 24 giugno 1501, vi fu un fatto d'armi fra i nostri (compresi sorrentini e massesi) e circa mille sol- — 62 ^ dal conte di Sarno, Nirans (V. Capasse, dati capitanati Op. cit., 224-5 13, p. t'Agnello sono, « al confini poi con San- Don oggi I di Camillo Tito Cacace (V. senatore, del fratello 21): n. Palazzo comune notizie su quest'ultimo Fila di S. Agnello Abate ecc. », maggiori per prima appendice nella la 1877, 91-102). p. Vdteca, andiri vieni. Don Peppo Meta : Crosche sotterra Mi si don Bernardo, cioè due e Giuseppe laccarino i , croste , come rogna Martino, compositore pure manoscritti; e e simili. il quondam Pasquale de d'altri versi, morto trentenne uno Facile improvvisatore, era nel dei signor Papa, quando pranzava da perchè fista, rallegrar d' [?]. Cevilu, chi , morti, becchino. assicura esserne autore solendo farmacisti di Bernardo Starita e ingegno la quillamente brindisi attendere il mon- e facezie, telegra- prelevava dallo stipendio trenta compagno, a' e questi lo lasciava tran- suoi studi. Poi volle allo stato ecclesiastico, sicuro di ottener la a\er passato di Regina Madre, lui la pronto ed arguto. Primo ma nominalmente: carlini a favore del che corrono aprile [?] 1830. commensali con brigata i" triennio di rito nel addirsi messa, senza Mon- Seminario. signore glielo aveva promesso; e già l'aveva insignito de' primi ordini. troppo insolito Ma poi Martino se ne accorò tanto E soffermò si non aspettare , il , sembrandogli solito periodo. che ne prese la Il de morte. visitandolo monsignore nell'infermità, e rassicuran- dolo, che avrebbe adempito alla pronìessa, egli rispose, -63- w ^ :^^ che era troppo tardi farsene Chiedo scusa ma tizia; , non avrebbe saputo che e che ! mi sono indugiato se , trattava si nessuno ha detto verbo. Torniamo cui Se ad alcuno dolgono un nastrino o con un , Se ha dolore ai denti, membra, le filo ponga si miscela quella la , quale recipiente Il mal ed a sorbire , sottile si un la accetta abitar la casa in cui è che non rie , casa nei rimessa a nuovo. sia ecc. danno si fitti anche questa eccettuano Mangiando dar giù il finocchi, bisogna por verme. Altrimenti, guai È meglio il e nessuno tisico, a Ed bianche- le padroni i ac- meno di come una ma- vermo 'nu funghi, in generale, quelli scarpe. nati e cresciuti Ma cuocere con si non man- a l'aglio, re fenocchio. ritengono velenosi qualche su pezzo potenza venefica è distrutta la di , specie suola di facendoli , o con un cucchiajo d'argento. Per dar lo scaccione al opportuna una decozione melognano mente ! cacciarse 'n uocchio. Che mangiarse di ; materassi, rivendugliolo. ponga bello e guarito. è , si fuma. Se aperta su quel morto un I con male. sospetta. lattia I al fa ferro, e bocca contagioso ritiene gli riscalda e vapore il che di ! un bicchiere aceto, in si con sofferente regge a porsi bomba a br.sta ligarsi parte la aglio tritato ed amenta. S'arroventi in questa no- in d'un verseggiatore vernacolo, verme solitario , è molto apparecchiata con corteccia selvatico. 64 - ^ p ^^ p Quando uno fa un boccone gii Ai bimbi 'ncielo paura , subito Chi è gli si mezzo dicendo alto, : di coltello, « La vecchia o da una veuna spadella sfoglio di cipolla. Se va qualche un occhio, non bisogna stropicciar col fazzo- in fortemente basta soffiarsi letto; in suo cammino naturale. stato punto da un'ape uno od argento percuote si , il ponga sopra una lama spa, vi cosa andato male guardare in si fa ». ! è e cosi riprende alla schiena, d' ha preso una si bere un po' d'acqua. Chi sta per soffogarsi, perchè il naso, cosi uscirà per questa via. Si suol dire, che ha più esperienza; medico dev'esser vecchio, perchè il chirurgo giovane, perchè più il curo nelle operazioni. Ma, — non momento, al — specie nelle cose di chiamano né l'uno, né si- poco l'altro, od più qualche barbiere, o qualche levatrice. Nelle contusioni si consigliano delle bagnature con acqua fredda, o de' cataplasmi di cose ammollienti. Mi permetto ricordare un esempio, diciamo classico. Nel !^Cicco Passaro (V, 24-5), quando Ca ca no, de miiodo s'afFerraro, si, Che , scura de la Nora te sciaccaro. Lloco nce corze cchiù de 'na vecina, E se E co' lo ppane, e la rosamarina 'No 'nchiasio a Insomma un po' tamente '^ di messere mmienzo, e , Nora un impasto tela di ragno l'uscita del le spartette, se facctte di sulla pane e rosmarino. Porre ferita sangue, oppure , le arresta immedia- penninc dell'uc- cello russiello. o sul collo, di Le larghe croce. letto ; e Neil' epistassi evita lo si ferite si anche praticano delle bagnature ontare co' zuco de ruta, cetrina, Chest'arte nosta eje 'na scienzia futa, Ed è de Ed ha Jl'aute scienze 'na regina, trovato proprio ogne male, p' Agniento, mmedecina, e serveziale. Co' chesto revotaje E quanno Tappe Che-perzo lo levretiello, tanto po' lejuto, ne' averria lo cellevriello Ogn' auto lettcrummeco perduto; Asciaje che de mortella, e de rosielio La porva (o bello miedeco saputo !) Dapò eh' ontato aveva uoglio rosato. Se semmcnavn a elicilo 'mbrognolato, Accossì tanno do 'no cierto Losa A la Ed poteca 'no fegliulo accattaje subbeto Secunno, che diceano Carmosina E jette, ogue le cosa, rrezette, l'ontaje tutta piatosa, po' lo ppane cucito le facette, Conciato, ch'era cosa prencepale. Co' agile, ed Carmosina Da n' autra uoglio, arccheta, acqua e sale. perzi se fece ontare, vajassella peccerella. 66 storte , la parte, fredde. a cchesta caduti. veramente co' cera forma Nella un caso analogo eje stata dinto 'na cantina, E buono O s' fortemente liga si delle Mo' vedarrimmo a sanguigno. Nelle o Vajasseidc (IV, 22-5) è detto, in Pocca bagnature fredde o du' pagliuzze allacciano con un fazzo- si sgorgo nelle slogature e rotture, o , dei pezzi di neve, : E E matina se fece trovare la e netta, e ghianca, e bella. 'nciiicciata, In Sorrento che un giorno, Sant'Anto- racconta, si nino transitando per Borgo via del la di Porta, (pro- casa Maresca), sdrucciolò e cadde, prio dov" è ora la riportando una grave storta. Si trova a passare uno della famiglia, poi detta de' Vulcano; lo soccorre conduce propria abitazione, e lo cura con ogni nella amorevolezza. Santo Il per gratitudine ottiene beneflutore e discendenti membra Agnello, Anche fra La lì. , Un Lcg. pose si le quali, — ignorano gl'ingredienti. delle mistiche parole, Vi è un Pasquale — insieme de' bei quattrini; : chiniroo-dentista. oltre le bevande, di cui che arcani guarisce , mali vaccini. In Napoli pure percaiitàvaiio 'nciarnio, An. 33) I, vero mula. et SI Film : — — non sunt et « il verme , e li secondo c'informa A lesns, si pronunziano degli scongiuri, zoppo, che facendo delle croci, so muli, che soffrivano si- e simili. il mormorando non guente pop. sorr., che con certe sue tale, ha fatto incidere sulla tomba Delle medichesse, e le Fi iti) chinii^^ica dei Vulcani). non sono mancati nò mancano noi bottigline di medele si suo al poter guarire di (V. Ganzano volta 1883, mili medici da strapazzo. e poi virtù slogate e sconce. Cosi molti sofferenti accor- revano a quella S. la lo , i ani- gli cavalli o i guarivano col seil Capasso {'Basile, sanare lo verme de un cavallo ovloscp. niorlui Verviis habiiit moriitntnr. Spiriins Sancii, tylmcn. - 67 - In et moitni nomine siint, 'Palris et Santo losep santo Elia, et passavano per Si via, la Se incontrarono cuni lesa Cristo, cum Et Vergine Maria. la La Vergine Maria Parlava dicia et si che questo verme, che è addosso che morto « Queste questa bestia di parole se voleno dire tali suto et volese voltate di sole , farrite lo tenendo signo la banda dove ha da uscire la mano mattina quanno la innanti che sia in- lo sole sta per insire [uscire], cioè el supra la bestia groppe per fino a luna spalla Spiritus Sancii et a laltra ei che da detta croce le dire tre volte per mattina, fatto comò nove volte dicto incanto si modo in matine in tre poy et dirrite Amen, et volese che vengono ad la prima vole fare sagnare parerà a lo manescalco , et le da modo in tutta la bestia et centa sia quando et , incominzate da mezzo della croce dui aureccbie essere partisse, cioè si In nomine Patiis ecc. sia. matina bestia dieta quando se fa dicto non se vole tenere arme allato, ne manco lo muczo che tene dieta bestia et volese fare sopra tucto incanto cum gran devotione de Tutto questo il la Sancta Trinità Nazionale XII, scritto della Biblioteca et esperto per longo memorie Ferrando degli de animali tempo a del re Alfonso Aragonia ». —A equini, qualcosa ~ 6^ — 1:. servitii li I 23 homo ncscarcia di messer Pietro d'Andria sime ». Capasso ha ricavato da un mano- el Ma- « de le felicis- suo unigenito proposito si — : peritissimo potrebbe della re cura spigolare opportuni istituendo degli Cavallo (Venezia raffronti, Glorie del nelle 1567) del Caracciolo; Cavallo nel e frenato (idem 1620) del Ferraro. compilatore della cosiddetta Cronica di Parlenope Il (V. Maitorana, Op. cit. p. 409), alias Giovanni Villani, o meglio Bartolommeo Caracciolo, bronzo fornito di fé un cavallo sub de li certa costellatione che anche col quale cavallo sanità havendo Napoli guadagno Come Virgilio infirmità le et a le cure de la visione sola cita la de dolore che non haviano andaro una cavalli infirmi vi li 1526, Lib. \ ora al cap. I, Cavallo in bron:^o I in le nello virtù et fo la campane 1322 a. da riscontrare : La Museo Nazionale di Napoli \ \ de ». la (Na- Testa di \ già di casa iMaddaloni in via sedile I istessa de 20). poi, è Gaetano Filangieri Cav. Giannini cavallo perdi' Napole de ecclesia Nido dicto il construzione Su l'argomento, Ncir la havieno remedio de perfurarolo in ventre dopo del quale percus- convertuto a majore si maniscarchi de li ciò grande sione et roctura di « sanava che per stelle del quale cavallo le infirmitate di — uno cavallo de metallo forgiare fé' sub certa costellatione de poli, : cavalli. « Virgilio nocte un cavallo parla di di virtù singolari \ Triiicipe di Satriano Ricerche | |( ! Napoli \ 1882. Cronica natorie di Virgilio, si parla pure di altre virtù sa- come quella di guarire i cavalli, di togliere l'aria cattiva da Napoli, e di far venire erbe privilegiate per la molte sanità dei cittadini. Questi brani 69- \ anche Virgilio nel medio ne' Documenti al son riferiti evo del Comparetti (Voi. II, p. 230-9). mistero un libretto del In Meta, serbano con certo genere; ed all'uopo se ne valgono. Se ne conoscono due Una copie. r altra presso parte I denominati Fahri^ì volume Il stampa a è alla l'ope- Nicola Trutti, vissuto nel secolo scorso, nomea gran di Rosa CocoruUo; signora la agricoltori 'Ponte Maggiore. di ricciattola di e presso gli in diebiis bimbi, specialmente, si illis. raccomandano Ionia, la protettrice dei denti a Santa Bei- : Santa Bellonia mia Téccate Ciò quando senza die 'a cappella vecchia e mutano. si Il damme vecchio si nova 'a pone ! un buco, in visto da alcuno; e la Santa ne darà sia un altro più bello. Da si che si legano sciolgono le (sabato), campane (giovedì santo) in dicbus illis lungo digiuno, detto trapasso. Vi è si anche del tuono, a pane ed acqua, quello che i fulmini. Barbara ! Quando vede si il finché costumava un si fa il digiuno per evitare lampo, s'invoca:—» Santa » Affaccfcte, affaccete, Ca mo' passano Una r' acqua e rojt: Santa Barbara, assora Farmi campane latina, tempeste, n' ata re viento, 'stu tiempo. inutile aggiungere, incidentalmente, ritenersi le d'origine nolana, come ed inventore San Paolino. è. r>WL' 70 — indica Quando si la parola fonde una tJUj ^y Ir < ' campana di porsi drina ogni devoto , oro. Cos'i il in monete argento e di un bel regalo di più argentino. Pria , uso, dev'essere benedetta; e chi fa da deve dare , reca suono sarà migliore denaro in , , ma- fondi e simili. In Ischia credono, che per percuoterlo con una mano j veri. Anche sogliono si canna la Salvatore. Guai a chi colloca il vicino all'uscio! Così , morire un serpe, basta f^ir canna, perchè il trasportare O i cada- ( dorme, se Quando vengon ' ; : lietto e rosa, Se nu' / in cose del letto non bisogna porle in guisa le da formar croci, malgrado che soglia dirsi ) ebbe letto coi piedi s' giù arriposa ( ! foglie, specie di castagni, ca- le \ dono i Le donne raccattano capelli. losamente quelli che loro cadono e nascondono gè- capitati : in mano S a ^ malevoli, se ne potrebbero servire per operar dei lefizi. Chi vuoi fortificare da non farlo rompere d' aglio. I matrimoni , il ma- fondo d'una pentola nuova, con uno spicchio lo stropicci tra parenti finiscono sempre male. Ed -, ; "; ) ) Sono venquattro e \ vencinque gennajo^ commemorazione dell'apostolo San \ Paolo, o nel ventinove giugno. In Malta una vipera ) i cerauli } nati morsicò un dito del Santo; (cfr, ciak kAcUi Apostohnim, di ture ed e. nella notte ma non gli fccG ^ XXVIII). Di qui chi nasce in quella notte. Nulla i morsi degli animali velenosi eccerera. Anzi li tratta alla dimestica — 71 - alcun male : : la virtù pónno le spe- pun- vipere, aspidi, se li pone fino ,> ; > l ^3 in seno. Chi ne è morsicato un po' sputo di sulla ferita ricorre. gli , E ponendo o passandovi , la lingua, ì \ lo guarisce. Più potente chi ha nella polpa dell'avam- braccio una figura di ragno o di 212-224). 'AT^/arm^r^, è madre e 'ngiarmà' noi di maschi. alla Lo — ». ritiene si rettile (V. Pitrò, XVII^ vocabolo prediletto. Ed una — consiglia la figliuola: fatte Fra il Va « da lu 'ngiarmatore miei Cauli Tianesi n. X). (cfr. dopo ceraulo chi è nato sputo per produrre sei figli suo effetto deve essere il digiuna, a prima mattina. vene de botto, Si luglio a te nu' Nu' Una norma lu cappotto. pe' bevitori è quest'antico proverbio duando : sol est in leone Bibe vinum E maje te levare pei mariti cum furore. : Mese d'agosto, Mogliera mia, stanne discosto. Se uno trova un vicino fuoco dire giano. al Perciò si nido , raccomanda ricere vecino ó ffuoco, ca e fformiche In fuori està, ! ». le la caldaje, spiovere. (Per un curioso in Napoli, y. Capasse, Le donnicciuole ma vi è il si — desiderandosi (^cacciare) di uccellini subito si : formiche se — e no - 72 — banne si li man- avisseve a "a mangia' proibisce por . d'invocar An. spaventano rimedio: , 1' quali farebbero, subito, modo Basile, Vuè, se le pioggia le e sei permette , le al I, p. la pioggia 17). canto della gallina; > "XTc^ La gallina cantatora, Nu' se venne, né se dona, Se magna la patrona la ! Invece, in Tegiano, dicono : Quannu cantanu 'mie"zu Malauriu a vicini li Q.uannu cantanu Malauriu a De Nino, (Cfr. l'ammasonu, a patrunu. lu Usi abninesi, N. scenze, in luogo appartato^ corpo del si sotterra. tronca si L'infermo si il fa 45. Poli iddio p. porri, le escre- i capo a un bel tre an- boccone come marciscono \ dissolvono, così accade all'escrescenza, che \ od fritto le teste, e si XXI; In Pagani per far cadere superstizioso). guilluzze, e via, la ; arrostito. Intanto, cade e guarisce. Tegiano In si \ ritiene non doversi carne di majale nella settimana toccare, nò mangiar ) cioè l'antipe- X ri lila:(7^ari, nultima domenica di quaresima. In contrario, inverminisce. Per lo stesso motivo non patate od tagliar le Quando altro. unghie ed di farsi la testa. i è si suole zappare e piantar San Giovanni non capelli. Le donne Altrimenti locala, ossia si si si devono guardino bene rende tremula per paralisi. Se ne astengono anche in venerdì : Maliritta querla treccia, Chi lu viernirria s'intreccia Binirittu Chi Una lu ; quiru panu. viernirria si scana (spiana). variante recata da N. Castagni di proverbi ilaliani (Napoli, Nobile dal Pitrè con la sua spiegazione: 73 — 1870) // nella %accolta e riferita anche rnierd) nelle Ira- di:(ioni popolari pagina (Palermo, 1888) terza edizione italiane sesta. Uno dei peggiori cibi è la polenta nutrizione , dà scarsa clic : La pilenta A ti niaiuienc lenta Tanca pilenta auza la e ; scema. Nell'acqua può trovarsi un cattivo spirito. Per iscongiurarlo, pria di bere, — Ri chi — Re Santu — Chi Non di III troppo fiirla presto ? ca vogliu veve spirtu, riferire di la ! curiosa preghiera di cui togliendo moglie, era toccata la fortuna un coso, o veve Matteu. mancar vo' : ? Marcu. se la — Santu — Leva ripetono questi versetti si 'st'acqua ia tardi, o nascere di il bimbo troppo : Olii Santu Conu, Aggiu niuggliereme, che me more. Ajulaniella a chiange, J, min aggiu coru, \ Ca < Statte \ Ca t'adducu E ( ] Andò e' 'n buono. Santu Conu. 'nu stuppieddu re granu, atu de mècculu. a casa e la trovò guarita. (Per S. chiaroli, Oper. Cono cfr. Mac- cil.) ; l \ Smarrendosi qualcosa, lena (Elena); e subito ascolti si si dice un paternoster a Santa- trova. Chi ha paura de' morti, due messe con grande attenzione , senza vol- ^ tarsi in dietro, ed acquisterà coraggio. Chi non vuole j 74 — i farsi scendere gozzo, il dispiaceri; procuri E non so qui, cordato dagli senza accennare ad un uso finire ma scrittori; presso tuttavia, i guardi bene di prendersi dei si essere un vero cuor contento. di cui gli elementi di nostri volghi. Biagio sua yita, premessa Valentino, nella alla Fuorfece, in versi sdruccioli conta quanto segue ri- vivono, rac- : Mezanotto era passajc già, Gu.irJia, la Co' doje detella bello pizzecàunome. E me portaje deritto a l'Incoràbole, E 'no vestito janco me mcttèrono, Ma quanno me scetaje fu cchiù da ridere, Ca de farenare parca Cuòiizolo; li Votaje la comm' rota Me magnaje a tutte IT àute. La porzione avette de Agrincurabili era pure tecatto vi si seggia, seggin, leota , per comm' le cieiit'ova lo manicomio. il trasportava in bussola come indicare Si tornasse a hi le il manicomio munno Rocco cent' ova, la rota, An. {'Basile, Il povero men- {seghici) o roba , e le le honae potuto snaturare cento uova all' la fra il Guiscardi ed V, 63-4, e l'opu- voliititalis), si , 75 la — il primo e l'altro tradizione avrà fino a scambiar D — , regalavano a chi con- ospedale. Forse, cosa Ga- da matti- nimazze. attenendosi a quanto risulta da questi versi duceva r infermo onde : i6; IV, 7; II, p. puscolo del G. Hoinìnìbtts sostenendo, che , .Masto Giorgio Questo animò una polemichetta il = nel testamento di D. Onofrio Anche Cola Capasse sonetteggia Co' è ssòleto, bòcole. talvolta l'una con l'altra; ma la verità sta per che una citazione basti a troncare Placucci , nei suoi ^omagìia (di cui Usi il e avesse idee presiindi:^ii dei parmi, contadini della , credono possa tornare , 1885, voi. I. delle Cu- 144 riferisce: — «Chi e la fantasia alquanto alterata tradi:{ìonali), stravolte E prima. Pitrc ha fornito una ristampa, in Palermo, dal Pedone-Lauriel riosila popolari la ogni controversia. in p. senno bevendosi cento uova, raccogliendone uno per casa questuando -76- ». GAP. IV. AGRICOLTURA E CACCIA. NCHE senza avere if %f^ PX^ sa SW , ... che secondo i Columella scartabellato operazioni dei contadini le si variano . mesi zappare rr : ' , , -> concimare, disso- •',iÌX dare, surrasare, solforare, innestare, seminare, 'k piantare 1 Quale sia la i vivai, bellezza, è inutile dire. E scmpc Da Meta Lli e Il che so io ! nostro suolo e l'insolita del feracità Pica, nel suo Sorrenlo, dice attorniato de ciardine 'nlì' a Surricnto tu camniine (i i). piede stanno a zicco che se 'ntrezzano, Se toccano, se vasaiio, s' abbracciano, Li ranmic stanno chine che se spezzano, Se chiejano, Fanno s' abboccano, se stracciano. 'no bello vuosco, 'na delizia Che vcdcnnole ognuno se nce sfizia. Nce truove nzò che vuò. Tutte le Lazzarole, cerase cannamele. 77 pere, : ^' p Primmc e seconne fiche ghianche e nere Che cliiagneno co' lacreme de mele, Percoche co' E prune pizzo e nucc-perzech». lo pappacone d'hinia, Ammennole, crisommole lojenie, sorve, nespole e granate. Mele santo Nicola Cotogne che e perzeche. e nocelle, e limmoncelle. bone 'ngeh'ppate, so' } E de ) Chianiniate perzechclle de vcnnegna. Ave / Ln > punic la S strcppegna la scorza fina e tenerell.i la rompe E ghianca, De sta' co' \ tutta frutto de Q.uaresema, la noce, Che ' porzi 'na peccerclla: grossa, saporita e doce, la copeta a paravone : La chiammane perzò licca-terrone (29-32). ì ) li producono oglio eccellente; Ulivi giganteschi, che (maritate a pali di legno, \ viti ) danno succo limpido alias e generoso. spalatroni), che Gli erbaggi migliori di quelli delle paludi presso Napoli, perchè s bisogno di ) mento. E così continua ^ descrizione della penisola (j </ acqua. rate (Napoli 1842). I legumi Ma [ alcuni versi riguardanti ( di cui'evvi rica, ! Fr. (Portogallo) ha in un mo- lasciato una io voglio restringermi a riferire il principale ricolto, le arance, gran commercio: portogalìe Alvino non hanno sorrentina con figure colo- si incartate e poste nelle chiamano cuociono si dal mandano cassette. paese di cui fino in Ame- Volgarmente erano si indigene : Ncc nascono le guappe portovnlie Chiene de zuco, spireto -78 e ducezza : ,/ LOWt Pareno d'oro tante che E E so* gialle, pareno te ? fatte co' la cera \ Cresce 'nziemo lo sciore co' lo mentre spunta Ca pure lo sempe chino < ì ( sono vi arance di primi versi della seconda sestina ricordano I tasseschi : vavone (55-6). Cioè, spesso, sulla stessa pianta i \ piede 'ncrusione chilli Sta lo figlio, lo pati e, e Io tre anni. ? 'ntutto, Uà ce dura cchiù viècchio 'ncoppa a frutto, s'ammatura chillo, Chisto, e lo pede è E ? liniuni co" la janca cera, li Che E ) grosse, che so' proprio 'na bellezza, Ov : eterno col fiore il dura frutto \ E mentre ^ spunta Fun, di quelli 1' altro parti altre di e rigogliosi, senza Ed matura. Ed hanno maggior durata appunto perchè crescono , bisogno di lieti essere inaffiati. a propo-sito dell'acqua, chiedo \ ') > permesso di rac\ contare qualche aneddoto. la tradizione riferisce, che zelando il mondo a Morto gli propagar Divino il Maestro , ] Apostoli andarono giron- ) la nuova fede, e che San j gentili tempi di quei li. Il una predica Volle tare Pietro capitò in Sorrento. luogo prescelto ìli ai uh punto fra la città e Sant' Agnello, proprio dove adesso sorge una di cappelluccia mento il e si chi.uìia suo viaggio , Castellammare. cosi Mojano 5. una cui e capita I alle lapide ricorda Pietro a Mela. nei naturali gli radici del monti Il , negano 1' avveni- saito continua che sono ospitalità. ) sopra { Non > monte Eaito o Eagito. E ^ come segno della sua gratitudine, fa scaturire polle e zampilli d'acqua, di cui difettavano, in tutte le parti. - 79 \ Altri r attribuiscono a Sant'Antonino e a S. doveva restituire una chiese una bevuta d' acqua in punizione, maledisse acqua. Tutto Mandonna Campomajuri ebbe una stilla S'aggiunge e ma la fa scaturire quel folto. che i viva roccia dalla Grolla ^Acquara. come realmente accadde. In lupini mette i nostro Signor Gesù Cristo, fuggendo di lupini Ma essi ne Farisei se la consigliò di fare un lavacro in quelle secuzioni de' Farisei un campo forti monte Sul paesi. oggi chiamata sarebbe guarita, Il di che impossibile trovare riuscì che guisa poi diventassero amari narrare. , che una signora malata vide in sogno , Madonna, che acque sempre neppure nelle questi visitò sete; anche , Allora fu negata. difettò buon cuore. di offrì d'acqua. Allora una sorgente gli eccellente, di perchè gliene la che , paese, che il contrario avvenne di Preazzano il non ne ha mancato Pure monte Fa- Catello sul a S. visita da Sorrento, se ne saliva per Arola, dove gito. Partito siccite, S. Aniello Catello con qualche variante. S. Antonino ovvero , , una volta sperando volle avvidero svignare. Allora maledisse i non di erano secchi, esser visto in rumore e l^ecero tale lupini , per- nascondersi in e Cristo se , conto le dovette la che da dolci son divenuti amari. I contadini sogliono dal sole Ritengono che esso imbianchi e il che non possa esservi sabato noto proverbio : « 'Nu' v' è determinare le ore. bucato più del ranno senza sole , giusto il femmena senz'amore, nò sabato senza sole, nu' ne' ò vecchia senza relore ». e" 80 — JÌ5 ^ Prima 'a caura di procedere e aruta, e con quest^lcqua sciacqua e vi si fa colare , La pioggia si vendemmia alla pongono ò fusto. Si sogliono , a bollire finocchielli, lava si fosto. Indi il Se manca, cielo. ri- si mosto. il è considerata, specie in certi tempi, un beneficio del fare amenta costuma si come farla ] imj plorare dai preti nelle loro preghiere, aggiungendo la colletta alla Tegiano messa. In San Vin- supplica si cenzo. « 'e 'e sera {arcobaleno), buon tempo mena; arco matina, acqua vecina, o apparecchia Sette o a aprilanti , la marina 'e tine, o acqua ». giorni quaranta ». Come sono i primi sette di aprile, cosi seguono quaranta giorni. « di Gomme catarenèa, accussl natalèa ». Cioè Santa Caterina, « Tanta va si ripete marzo il tempo Natale. a marzo 'na cchioppeta re va 'nu carro r'oro, e chi 'o di tira ». e r'aprile, Ottima quanto è la pioggia e d'aprile. In Tegiano, suolsi ripetere : Aprile chiuove, chiuove, Maggio una e bona; Cerasale s'entrattegna, Chi ha da egna, la gregna. Cioè, in aprile, per dar buon ricolto, deve piovere copiosamente; in maggio, una buona piovuta e basta; a \ ; Arco a lavino (a lava), « i giugno deve far senza, eccetera. [In natale nata (vi è munno] Piano: « Acqua E si mah' acqua), 'a fauce {la falce) mete — 8i — aggiunge : « 'e Quannu ». giugno, arruina 'o ». « Russo quando cupèrchiate (teg. » sole tinge in rosso il le Scerocco a levante, nun è maje vacante Quarantore <( Quanno « Lebecce maje bene 'A vene 'o vierno mantone 'o viento 'a faccia quanno , tutta rarelle, co' rote, « Cielo a pecurelle, acqua a catenelle « Scuro o viento, o chiove maisto 'o chiaro è buontiempo Maestrale « Se ha fa 'e « 'O scerucchetto « Tramontana scerocco iti <( A frevaro « A può ». di seppia) Crape, 'e cummatte e buono o ; ». tramon- ». 'mparo essere a spacco maggio 'e chiara te scassa 'o panato 'nzerta [ l gregalune aprile, 'e a ". ? ì 'a mala stagione Innesta ». ) senza ecce- allievo. Si sa, che 'o '//- ncchieticllo. cannelora (2 fehhrajo), state rinto e vierno fora Comincia « quann' è : ». zioni, sicuro di ottener :(_ierto ». matina 'e forma tana scura riciotte juorne rura fatica, ». ». sera, scerocche 'A bona 'a , ». maletiempo sole fatta 'a seccia (nube « se lava o scerucchette, o maestraliello Area Luna « ». nu' fuje ». « a , ». « dimane ». ». bene fece fece; e se addò vota jatta est lampa, scampa; quanno trona, chiove ». 'o russore; 'e state lebeccio verace « male tiempo fore, Id cielo. il « 'a marina, 'e schine). « « 'E là buon tempo mena; russo 'e sera, pioggia vecina ». l'està. Frevaro friddo e avaro, vivo vino — 82 — e arresca fave ». ^ Dopo aver tostate « Frevaro giorno « A notte e 'o juorno è paro 'a Santa Lucia 'nu passo Nel 13-4 dicembre, prende la nome tal specie di piante vi ha una Vita di S. Agnello Abbate ecc. stam- ; il Pascarella beccaja ""nu passo proprietari e \anno a modici. In quel di non si permise con figlioletto un mercato, festa, si fa tal contadini e una : carne, e trovò primo gennajo 1866; sé, dal Santo protettore, che dal provvedersene, a prezzi assai è da lavorare gallina; a Sant'Aniello 'e giornata cresce di tanto. S. A- 1877). Ricorrendo ivi A il ». comune da bella chiesa (V. « Eguale ». e la notte. gnello forma pata bisogna , di vino. 'nu passo 'e pecuriello e fave e mangiatele delle ben bene inaffiarle re la tagliar della testa spaccata. vitella ». Sempre la giornata. « Marzo pazzo e ». Incostanza temperatura. Chi di nasce in questo mese, è cervellotico, cerebrino. « Marzo pe ottobre « si ' viecchie , ottobre pe' giuvene suol morire di mal sottile. Se marzo 'ngrogna, ne votta l'ognc « Quannu L'annata Essa la ia ia assuta fora, vecchia pe' intra a lu saccu. [Var. %isponni la vecchia ppi Nu' [Var. ». cannélora, la fernisce, si nun Hai tiempu ia 'tita lu saccu]. Santu Marcu, fignu a Santu Marcu] Esse lu viecchiu pc' intu a lu sacconu, Nu' fernisce si nun ia — Santu Conu. S; — ». In Cioè giugno. Cos'i in Tegiano. Al Piano tre di ai : Pasca Epifania Tutt' Tanne austo ancora i' ». ! annata vera è 'a A proposito ». via. Cannelora, 'a Nce songhe (I « vanne feste 'e Se vota quanne , magge arriva vi è un'erba, quasi simile all'avena, detta volgarmente pure in Tegiano: Lu-sini-e-noni. Clii vuol sapere, se una cosa debba succedere o no, prende un di quelle nistra. Secondo o A ma marzu si riuni tutti li ad osi- all'ultima fogliolina ricade la negativa cosi trae si termina marzo la facci ri shii e noni, prospicienze,cominciando da destra a l'affermativa, Come « mette a dire di quest'erba e si filo gnuna prognostico. il pastori i , marzu, tengu faciu 'mpristà' cincu pecuri In ». altri giorni in prestito da aprile; e Quannu marzu volu sogliono ripetere : ppecuri a lu jazzu (ovile); li juorni r'aprilu e mu- termini, ottenne cinque fé' morire il gregge. fa' Faci chiovi e nivicà'. Q.uannu marzu 'ngrogna, Faci care' li punti l'ogna. ri Quannu marzu volu Li pecuri faci stenni E li fa' , cani assalanà. Assaìanh', cacciar In aprile, vi sono gran raccolta, e si la lingua per troppo caldo, ansare. molte ortiche (ardichi), e se ne vendono che agiato contadino, alla povera gente, od che ha ricercano in campagna, o si lu guliu di gustarle. vanno a cogliere -84- fa a qualSi nel fosso l de Honestis, famiglia il al Portello. In questo paese, quasi in ogni meno pane suole (e da noi Raggranellando residui, i o focaccia pizza, nelli, spolette, si riscaldato , il Pria di bisogna infornar la pasta, è grazia di Se casca terra. Area « si Dio « che schiara , Quannu si si notte 'e femmena , trotte 'e farlo cadere a bacia. , 'mmocc' a bona cosa nun , è ». nu' ne' è fem- ia Sant'Anna, nu' si s'accarra ». pisa^ nu' trasporta col carro. (Teg.). s' Quanne 'nabbissa ». a e 'a fatto 'o cappiello {coverta di nubi), furore {vento di fuori) « ) fanno ». « Ischia fa si senza nocche, tre ghiuorne primme, tre ghiuorne aroppe Non intaccature le ne' è viernari senza scerocco Nu' mena ponendovi farla crescere, non bisogna : rialza porta, e cavallo che ba « di pasta. od almeno su l'ultimo pezzo, come augurio. a croce, pane forno dice mascajuolo. Si prova, se ponendovi un po' su delle coverte. Ordinariamente Il pagnotte, pa- palatoni e tortani. In Pagani, un tor- tano ben cotto, è ben Vi son varia guisa. in più comuni, le {_par- ritualmente qualche altre; e accomodata , diverse forme di pani: di lievito. forma una pagnottina si ruiiedda) più piccola delle ma- frequente) un po' nipolarsi in casa; e prestasi, a vicenda, Bagnulo , Il esce Saverio Massa, si Massa era un vecchio proprio non usciva mai al di casa. ogge ». di sotto Sette è chiara, se del Crocifisso od otto anni l'ultimo figlio settantenne. Ss l'aria calzettaio abitante - fa, , che è basito i A « granu ri marzu trona^ Innaru siccu (seni acqua), niassaru riccu « Frivaru curtu e amarli « Aprile escono dai dritto al ricolto cui finisce si sgombero vece, si delle case è a Tutt' costuma il nuove in li novembre; ma i. il maggio epoca lo In Napoli, in- Santi. i , Anche arance. le Tegiano Ciò quindici. il ad anno. Curioso fitto è il dei facchini assai si non devono mancare (cfr. una casa 'o terzo per fa è ve- i edificata me p' 'o ». scopa il , il , in usano scope A proposito proverbio : nemico, 'o secondo pe' l'amico, più umida. è voltarla in aria: altri- cielo. ingiuriar la vicina, od un vaso da notte Suol praticarsi ciò anche fatto di questi, in Si 185). cit. l, recente, dice di Quando non La donna, che vuole una scopa Nella nuova casa, maccheroni. La granata non bisogna mai si fidi. un piccolo pranzetto De Bourcard, Op. 'O primm^anno menti ri quattro maggio; in Pagani l'ultimo il s'invitano gli amici, e (( rrui (do^he) trasporto della roba, e l'affacendarsi della gente. Non mancano di fondi raccogliere di naturalmente quando cui li lino a tutto , agosto a mezza notte; dere ». ». vruscià' {bruciare) faci ti contadini I lii- )). hanno di a tanta carrini vai (Teg.) « varlili in quanta li » al , e momento pone chiude la fuori porta. dell'alterco. Un Tegiano, produsse un ferimento piut- tosto grave, di cui io dovetti occuparmi. La luna ha grande influenza 86 sugli uomini, sugli ani- p mali, sugli innesti, sulle uova, che sul pane e ricolto, sul secondo patisce alterazioni al cervello, È nota Ha luna inutatur. stìdlus ut , nella credenza il procuri legname; altrimenti marcisce. Anche vuoti col grosso della luna. In essa bocca, gU occhi ed E non naso. il spalle. poveretto, Il dopo o di spine sulle l'uccisione d'Abele, raccolse spine, che servirono per la corona concesse gli , rado Marcolfo, di Signore premio suol vedere la di legna, Il in granchi sono i si le , loro un luna scema per tagliare la o meglio Caino con un fascio epilettico. con quello dicono delle ave- le che ognuna , Bisogna aspettar solderello. Luna luna : bimbi i , le fasi della luna, mal di luna, è il l'apostrofe popolare che segue. In Tegiano marie fanno covare, si sulle piante. Si dice lunatico chi del Redentore. passar dodici di ore del giorno nell'inferno, ed altrettante della notte nella luna. Marcoffo È comunissima int'a mienzu coffiu ecclissi, luna » la luna »). Inoltre solu e la luna lu : ».— — « : (lotta) Tegiano. « Si tien « iMe Mi pare 'nu pari popolo invece il od aggrissa dice accrisso certa simiglianza di suono. In ri frase la — (Tegianese Mar- di dire addirittura per — « L'accrissu ferma l'opinione, che r oscuramento derivi da un conflitto; da una lotta fra questi due sangue de' guardare il astri. Talvolta celesti lottatori. asserisce fin di vedere si sole ad occhio nudo, si preferisce affissare o in un vetro il la 1: luna, se quando vi ò ecclissi, un bacile d' acqua, tanto più comodo E non riflesso aff"umicato. bisogna guardar il Riuscendo malagevole poter in no s'impazza. -87 ! p Luna bona « , calamu tiempu (Teg.). neglia » e Cioè, calmo e nebbioso. « Tiempo, Votano che Si ritiene, donne viento, signor, tornan e comme tutt' fa mesi, i il fortuna, e luna. » la nome cui abbia un erre, quando facciano venir mal di capo. Le madrifamiglia, vanno ad attingere acqua mita non guardarvi dentro di figliuoli a sé, e tira li salvaguardia per ricolo di un rinvengono vi si il porco bisogna guardar , con evidente affacciar farli pe- capitombolo. Per giudicare, se trichina loro i altrimenti, la cala- ; annegare. In sostanza, è una fa li non avvertono ne' pozzi, sia cammarato abbia la , Quando carni. le è guasto, Per divenire delle piccole bollicine. infermo, nella sua vita naturai durante, ha dovuto gu- sangue umano. star del una pellicola alla punta gliere, Le hanno galline della la pepitola, Ma lingua. destramente, con un ago, o simili può si ; ed lame guarisce senz'altro. Spesso suole accadere chè, in està si dice : — si <( fa Te mancare venesse pepitola 'a Li Tegiano, in settembre, mnrieddi (frutta delle spine si vanno anche a raccogliere si portano e i , si amici e parenti. agli troppo caldo, specie ; A l'acqua. pol- , per- chi parla assai, » ! quando son maturi l' a- prima rosse e poi nere) regalano mangiano, e Se troppo piove in guisa, da poter recare santi per le chiese, e si si danno pongono San Vincenzo, affinchè preghino Dio tutto allo stato normale. to- il Quando un , o fa ai campi, in trono, di ridurre tizzo arde da un — capo, e dall'altro « Fumu sprigiona del vapore, è ritenuto si buona fortuna indizio di onde , leuna verdi, chi àrdini ri suole sclamare si » ! maschio con vena, o nervo grosso un mostro Cca De lo zucanno da profummo leva un si di scienza. ll'apa va lo sciore, tutto lo sapore, ne caccia 'no mele prelebata. (Pica, 40). con grande nuovo sciame, i contadini lo seguono prodotto dallo acciottolar padelle strepito, meno e battere caldaje con pezzi di ferro. Cosi elevano alto Di un ge- i cannella e de zuccaro 'mpastato, Co' E Se fronte, gongolando, strombazzano, che verrà talentoso, nitori sarà — Nascendo alla loro volo; e il raccolgono su qualche albero. si sera, industriosamente appiccate ; si pone recide si una in il ramo, cui ed ecco cassetta, il si sono nuovo alveare. Fondo « al confine viato chi arriva , Cioè chi può giungere ad usurpare. servono a determinare giano si ritiene, ciano scacare Come le le che il le galline, cioè casa in e lo pongono — » fondi. In Te- non produrre più uova. ! Gli uccelli contadini primaticce, e rovinano ricorre agli spauracchi. , du' fra primmo. sambuchi, spesso, ramuscelli di quest'albero fac- i de' tormenti de' poveri specie limite I madri s'infuriano, e garriscono ne veggono recare glia , : a il i figliuoli, se formano uno beccano : le Vestono un fantoccino guardia frutta, seminato. Allora de' campi. I di volatili s'atterriscono e lasciano tutto in pace. In mancanza, 89 si pa^ si ) u^ 1 un mezzo più economico. ricorre ad od un pezzo straccio, Cito non se di -carta! memoria uno di sclicrzo vernacolo tcgianese, contadinesche: altro per certe allusioni Lu ciuccili, Cumme appende uno Si che 'nchiaiiava a cerasu, iu sapia 'nchianà', puozz'esse' accise! la lu ciucciu, e se ruppia lu nasu, Li mosche s'abbu'.tavanu risu. ri Poveri zappatori, zappa, zappa, Vulianu zappa' cu' Arrànzete a Lu sorge dice Si , che si donne sogliono mi compiessi si m'assuolvi te ne ra roje E si m'assuolvi Ma non vo' Ncoppe verimmo ti 1j uovu, ; biecchiu e lu nuovu, di riferir qualche altro proverbio: fave nce vo' Tuoglie, e 'a giiiuorno nce ». 'O meglio addore « 'E sciocco. Nello rau, che face l'uovu! mancare 'e uno recitare: ra 'n ti E La gaddina « pipajuolu. lu caricatureggiasse stesso paese, le « mangiatu s'ha si Patre, paroccola. la fenesta primmarola, la vierme d' 'e spicanJossa è 'a cerase portano 'e » vierme 'e l'au- live ». « Prune, ogne tanto una a cruvelle; Pere, 'a cumm' a demmoneo ». « Quanne verite nespule, temo « Perzcchelle mangiatenne ; matina e frutto de la state 'a sera; fujc chiagnite, ca chisso è l'u- ». Terra nera, buon grano mena 90 Resommule, ». . « Palomma « Chi vennegna amara pasciuta, cerasa ». troppo priesto, o poco vino o fa tutto agriesto ». « 'A neve <( « camp.igna 'a A maggio A S. Pietro Farmi tosano se o inutile aggiungere, — : de coUines « calcaires fondeur inconnue I, 35). che le ». ». E » , pas n' est volcaniques — (V. moins conosce cosi , il , essendo il Calbi entièrement Foy. physic. et lith. più oltre sostiene essere insignificante _, ma Di un , une jusqu' à rentino derivato da una lava spenta; cenno parti come conferma anche , inoltrarci in tale disquisizione. fa hanno nostre frutta quelle di altre di La Plaine de Sorrento, quoiqu' entourée formce de substances Camp. pecore o fieno terra d'origine vulcanica Breislak bona stagione, bona sem- : ». 'e paglia, una bontà maggiore la chella 'e aprile » Tre cose vo menta, e buono zappatore (( ma male; fa e vine ». Aprile docc Jurmire, aucielle a cantare e arbere a hurire « marzo nu' 'e pane te leva il non pro- dans la tufo sor- est hic locus sol ruscelletto si che quasi nessuno lo che scorre presso mura le di Sor- rento, ora diroccate; e va a metter capo nel mare, a luogo detto Calbioripa (KaX?ios lo ricorda (^uAuliini. Sur. . . . Saxo surgunt Mccnia Sircnum U, 8) Hicta l'elici.i, pi-.r^. — Giannattasio vetusto qiiac cava circuni Praccingit vallis rivo perfusa sonanti. 91 Il : In diebiis illis l' , (XIV, ziale ad altro Anastasio nelle sue epigramma non , 12), da Mar- Macedonio di ma, oggigiorno, rivolto Ili); (!ib. commercio il fXXXV, Plinio un 84), e da dell'Antologia greca molto repu- argilla sorrentina era come ricaviamo da tata, vi si pensa più. Filippo Lticubrationes in Surrentinorum ec- clesiaslicas civìlesqtie anliqnilates,eccQ\:evà(T{pinae,ij}i-2, Zempel prope Montem lordanum, T3'pis Joannis ha vari capitoli « De riguardanti frugibus selectissimis oleis et — De de malis; citreis poculis; (voi. potrebbero 123-149). Tcreseììa , delle vacche. che cresce; vitelle, Ciancioselìa , e , Dopo e simili. Ordinariamente scopo, non cade mai dicon dà una vacca r accortezza stilla si vacche. Ed i il subito rischio di , o d' , di di litri i , latte mas- se per caso non spruzzarvi non aver più il acqua Allo stesso petio. Cos'i fuoco. Se vecchi, più cicaloni, dei prognostici e far dei le il sul latte di sputarvi corre l'acqua, di sicchì. cattivo augurio tegianesi ritengono qualche sqccx munto aver quante caraffe o altrimenti : non Paliimmella, : goccia quale un preservativo contro Vnocchi sari — per lo più, cui, sogliono mescolar qualche vi : racimolare altre notiziucce. manca d'imporre anche un nome, come latte v. II) come De vinis; E qua e là si pomis; selectis pag. , primum de Surrentinis et — De II, Ogni colono suole aver son delle nostri prodotti i latte si ha del- da quelle non mancano trarne commenti, come, su per giù, profezie in quel « Discurzo tra lu Furieno e lu Pan- zese = Discurzo di dujo viecchi furieni Mesto — 92 — Pompeo \ e Mesto Dummineco de Scirocco, tenuto mienzo a lu 1794 ». È in versi sdruccioli e nel Lo riporta Giuseppe d'Ascia, a p. 335-44 lerio de S. Francisco patrio dialetto. della sua Storia dell' Isola cV Ischia (Napoli, Gabriele genio, 1867). che Si ritiene pure, Anche ladro passi con il oggetti in- gli una secchia d'acqua. volati, in caccia, qui, la propizi e nei giorni con certo successo; esercita si cacciatori i prendono Più copiosa quella delle quaglie in settembre delle beccacce, dei tordi Cominciamo Con le La cacciagione reti mano od a le rete. da terra vicino Sospeso ad una fune, di botte si grande mantiene alto quaglie di richiamo; e alle pratica si a ventaglio, quaglie, vi s'mpigliano dentro. Col cerchio, ossia con un cerchio di poi legno non molto sostenute da una canna o da altro doppio. Levandosi e , e simili. delle quaglie. in diverse guise. coverto alture le Tore, (dicono da Tàuo;) di Massa, tee. Colli, delle de' Ar- si lascia ca- dere quando queste ingannate dal canto delle compagne, si son raccolte dentro l'erba, che si lascia sotto cerchio, abbastanza pesante, e tale da la periferia del non farle scappare, abbassandosi. Col coppo e con la abbarbagliate dalla luce, gono, ed agevolmente col coppo. in quale, Il si fiaccola di si pónno — per notte. Le quaglie, accovacciano, e non fugcoppìare, cioè chi noi sapesse, prendere — consiste un'asta lunga, terminata in cerchio, coperto di rete. Con le reti fisse, o schiappari. Mettono capo 9? — a due Innghe aste o pertiche canali progressivi in mati rete. Allora si funicelle, suo posto, al le che È si toglie cccate), fatte con r oscurità della quaglie; e fa di notte; si si Per la da quella prima son com- situare alla parte opposta; notte non si avveggono della La seconda, come ho accennato, è giorno; e raccoglie un residuo, cioè quelle che sono restate nascoste fra l'erbe. sche si Le anno Avendo le reti tese, con fra- va percuotendo a terra, aggiungendo delle grida. Le poverette fuggono quaglie cieche muda, di restano prese. apparecchiano, e serbano di si più, accecandosi a bella posta. con grande cura; scopo allo ma sbalordite, si anno ed anche in Si custodiscono la alla caccia di pas- la quaglie, che passano, allettate, dal canto delle trappola loro tesa. di oh la.... da distinguere pratica di giorno. si pagne {quaglie e fer- battendo vicino laccio, saggio, di entrata {traslto), che di scaccio, tanti e restano, perchè abbassa, avendo delle carrucole in cima con opportune rimette cadono sommità con un alla formano infisse al suolo; e cui avere il e si mettono canto, a a far tempo oppor- tuno. La folla delle quaglie, fra di noi, è a settembre; e se ne altrove sono in smercio fa in adatte , , e si mandano cassette costruite maggio. Se ne trovano , all' uopo. invece , riva del mare, e specialmente nelle isole, ed Ischia ; ed cani e fucili Franca il , ivi concorrono i ma non mancano anche a vendere cacciatori neppure Scarse molte sulla come Capri con i delle loro reti. fastidio di aggiungere, che in questi sebi ap- pari, oltre le quaglie, si prendono, anche, D — 94 altri uccelli: Volendo beccacce, tordi, tortore, barbagianni, eccetera. acchiappar molti tordi, s'aggiungono pure dei richiami. Passiamo caccia dei fringuelli e di altri uccel- alla con Si fa lini. le piccole a terra; e per lo più in reti quando manca l'acqua. està, una piccola pozza, cioè vicinanze. Sulla pozza e si mette si apparecchia Si covre tutta la l' legata a quat- rete, mezzo tro bacchette, due fisse e due movibili per che laccio, un di un tiene dal cacciatore, nascosto in si posta, la acqua delle pic- colo pa^ìiarìello. Quando vede accumulati parecchi bevitori laccio, la rete cade, e gli uccellini vi , tira il . . . restano presi. Vi è anche dove vanno e si caccia a' passeri a riposare, si prendono la circonda l'albero. Indi poveretti sorpresi , dando per iscappare accende del zolfo Veniamo celli nuovi alle , mesi iemali. {arcìiioli), con I le ; si spaventano si Oppure reti. I ed an- ; si fanno cader tramortiti. , sono i primi a comparir dopo sogliono acciuffare o con o con gli i archetti delle gabbiole a scatto (caravaltoli), o casarole. primi consistono in una bacchettina gata ad arco da un doppio filo nodo , che forma il cappio ; flessibile pie- quale il , forellino praticato nella parte superiore. ciol vede Si ventaglio codebianche, abbaccaritli od anche uc- perchè Si , cascano nelle , e notte. le reti a accende una fiaccola. si sonno nel di e es.CQ \'i si pone da un un pic- un pezzettino legno, che fa da cuneo o zeppa. Vien teso parato; e è 1' arco, di o su qualche sostegno, posto nell'erba 9S 51P^ ¥ ed ordinariamente da fuori; e un si ... tratto in pianura. Gli spara; e resta con si si para, e si rimette , e cos'i sangue di alla fronte toglie si Ma non l'impresa è facile. ciatori A mestiere. di- supplito Federico tal almeno difetto, caravattoli. che si Casitto che vi Con autunno altri tal libriccino. azz. fratelli Pure, veniamo di pag. 28). mezzo d'una cannuccia come il ferma. si o verme, abbassa ed egli resta in si meccanismo suppergiù, allude dedicato gabbioline con porta mobile, delle uccelli, dai cacparte, ha Napoli, Tipografia dei , trova, la porticina si , l'uccellino va a beccarsi la carola gattabuia. sto, Son apre, e per Quando o in Gusumpaur, con un caro Testa, 1874 (in-i6" piccolo a' nomi verna- dai contadini Vocabolario ornitologico napolitano-italiano al signor Luigi faccia si è facile parlar delle varie specie di uccelli, senza ricorrere ai coli e convenzionali, appresi il vanno per beccare, essi : nel suo posto. al In Tegiano, chi vuole acchiappare uccelli, un po' Ad gambucce le V arco cappio, e viene preso. Si rallenta captivo, vengono uccellini riposano su questo ramoscello secco. prendono anche si corbezzoli e simili. presente dialogo A in que- : Reviezzule, cossa-sottile, Pe' 'na carola « Tu Le iste a murire ? » E tu merula, cossa re ferule, lu Scipive e nu' lu deci casarole pure son ve? formate » da una bacchettina piegata ad arco e mantenuta da un doppio spago, in cui s' infilzano delle assicelle di -96 canne , le quali con due o pone salde ed immobili. Si più compatto; e sante. Indi è mettendo capo nel e tre girate, restano si opposto lato , lato col a terra carica di terriccio, da rendersi pe- si un punto d'appoggio su solleva con una piccola spranghetta, che tien sollevata, la cui met- tendo capo nel centro dove è un arnese con una delle che solite carole gialle, di quelle è concime delle vacche. si disseccato galline di trovano, specie dove mangiatoje o nelle , L' ucceUino va a beccare, si spara, e vi schiacciato. resta Un' caccia altra ficetolc. graziosa è quella de' b eccafichi o un luogo adatto (para- Si suole apparecchiare qualche del gè- \ nere di cui sono ingordi questi uccellini; qualche mor- ) bacche sono molto ricerche; un' edera ed ( dove tella), tella, altri le pianta si cui albero di che facciano alberi e frutici^ dell' fichi ombra. dal fresco e dal trovarvi quanto concupiscono, gono loro non sturbati. stanza, e più si Allettati ] pon- ? vi muovono^, sendo indi- Così, in pochi giorni, da magheri ed allam- \ '\ panati, si riducono pingui pingui ed in buon numero. \ Allora il padrone che vuol fornirsi d'un saporoso ar- \ rosto pel desinare, ad un punto, alza ai lunghi pali, e e terreno nel e già attaccate ( poi dall'altra parte, scagliando pietruzze \ fosco, dove sono accovacciati, dovendo fuggire dove impigliati. E, per lo più, il vono accennato che dei richiami. , Ma si trovano sono detto « chiatto chiatto Ho le reti cos'i come spesso , 'e le reti , li scaccia; vi restano pingui, che e restato 'na fecetola ». anche pei tordi; \ \ \ > si ser- si so- \ i cacciatori, 97 per lo più, ^' gliono valer degli zufoli od arnesi coi quali fanno altri una completa imitazione, onde_, ingannati, credendovi compagni, esservi de' albero o come raccogliere, veli fermano si hanno e cosi essi ; si tano alle edere, delle ghiotti Lo tordi. i cui frutta stesso di qualche dice volgarmente appalrinre, fanno crescere a bella posta de' si rami sui agio di spararli. Per far- 1' . . mari- si per le cosiddette pratica si che lauri, o bacche son molto . capofoscolc (capinere). Non mr.ncano colombi de' stano con i passaggio delle tortore, altri posti pel beccacce. Li e delle loro fucili cacciatori i ed aspettano il si appo- momento pro- pizio. passerini I soghono prendere con si destramente nascoste mancia una granturco. terreno nel spicchio di noce Ma bisogna ciò , , e certe trappole, ponendovi per o meglio un acino praticarsi di molta ac- con cortezza perchè essi sono asrai astuti e sospettosi. I di ragazzi specialmente E come nidi. prendere a tempo dellini e (passeri ! dei merli solitarii) si mostrano molto desiderosi sorvegliano li , , più i quali si cresciuti sempre hanno il li trovarsi /;/ dei car- pelrandi vicino alle rinvengono nei giar- si becco sanno sor- quelli distinguono sogliono che rocce, e quelli di ntaccbid, che dini, e E come ! comuni son I giallo. Il colorito delle nero. Pure, talvolta, assai di penne e non è mancato qualche scherzo con una penna bianca ; di natura ; rado, qualcuno ed io ne ho visto più d'una volta. 98 - Per quanto è copiosa caccia la diciamo , cosi penna, altrettanto è meschina ed insignificante Qualche lepre di peli, cioè di selvaggina. montagne; qualche Qualche notizia si e in generale, un « A Perillo : delle cacce insigni per- altri gruzzoletto di proverbi cinegetici. (i5> abbaccarulu niar:;;^o) {code 'ncopp' ó puntette » (cuneo delVorciuolo). 'O Vescuve Crape 'e Del ricavato passa ». cime. Il disse ! 86) p. cit. comme pavato è della caccia (Op. Bideri quaglia passa si per uso 1737). Giuseppe San bianche) << Donato libretto di da regnanti ed pesche e simili diporti sonaggi, tee. (Napoli, ! relativa all'argomento, delle ville e luoghi prescelti Ed ora un sulle più alte volpe^, eccetera; e tutto finisce qui potrebbe cavar da Ragguaglio di , quella quaglia pagavano si scriveva Monsignor d'Amalfi, « : la cui de- le Secondo rendita fondava sull'entrata delle quaglie. Passò questa senpresso tenza in adagio popolo il tare r eventualità degli affari. Miseno, sono l'Asia Quaglie Spenne Quaglie Spenne , Capri , Iscliia , porti dell'innamorata quaglia, che dal- i giunge in queste contrade « napolitano a dino- Amalfi 'e arruste e 'e ». auste, : maggio e dà ò cane. » Perchè queste son maghere maghere; le altre pin- gui pingui. « Annata 'e quaglie mele e pere, annata 'e , annata 'e quaglie ». 99 — paglia. — Annata 'e « « manneme Santo Rocco, « 'E A San marevizzo S. ove « : prospettiva è va e 'o santo pro- il quasi ignorato un capo- sta cupola nella ». quaglia 'a — San Michele vene. » {tordo) di scerocchc 'e Michele (29 settembre) tettore di Carotto lavoro 'na quaglia «. quaglie grosse songhe di Chiesa di della Michele, dipinta su un piano perfetto, che, guar- data dal centro dell'arco maggiore, illude l'occhio più perito in fatto d'arte » « 'E « 'E quaglie gliano per la cit. 123). p. ottobre so' marevezzegne. 'e picciolezza « A « Tramontanella, « 'Ngnuorno Tutt' 'e ». {:{iij alanti) Re muote a a scopa 'a 'e — Somi- » tordi. ai Santa Teresa, lodola ciufuliantc « Op. (Bideri, quagliu nu' teneno 'nterra maletiempo. »» distesa 'e Sante, Non vi ». l'aucielle ». mmerdu 'mmocca sono più Santu Martino, nu' 'e tordi. ""nce lassa' manche 'na matina >k <( Santu Marco, auciellc poche « « scto A A 'e n' ancappe e' 'o sacche; assai ne vire e ». Roce (Croce), aucielle comme ""e nucc ». 'nu Sant'Andrea e 'n ato Sant'Andrea è 'o tra- Tarcere ». « A « Tene novantanove (( Aucielle sicché, maletiempo « Caccia e pisce, quanne truove tu fenisce « Ventinove, pecciune e ove « Quanno spoza Sant'Irene se renrcne 'a scuse castagna, 'e rennene comme \i ». 'o cacciatore ». ». ». ». tortora è 'ncampagna ». -^^-lO^ ^ GAP. V. PAREMIOLOGIA. gamme I. 'A buscia ha 2. Attacche l'asene addò vò' 'o patrone. 3- Quanno 4- Nu' 5- Ommo 'e 'o diavolo corte. t'accarezza, ne vo l'ànema. tuzzulià', ca se sccta 'o pastore. peluso , forzuto e guliuso. Russo malu pelo. famma 6. 'A 7- Bona nummcnata, 8. Vale chiù 'na faccia tosta massai 9- 'a tana. e scassa chiesa. (0 'nu piacere) ca 'na ia. Ogne ligno tene 'o funmio sujo. IO. A I r. Dio 12. Chi vo' lietto stritto, te coccate 'miezo. scanze da 'nu male vecino. n- Mercante 14. caccia 'o lupo d' va, e chi nun vo' manna. e puorce, apprezzale muorte,(> a puorto. Piglia 'na pizza pe' tortano. 15- E meglio capa i6. Cunziglio 'e 'e sarda, 'e cefaro. galline. 'e malamente cresce scmpe. 17. L'crva 18. A 19. L'avaro perde chiù ccasa 20. Vizio core co. dammagglo vorpe, 'e sunature nu' purtà' serenate. 'e d' 'o liberale. natura fino à morte dura. 21. Chi bello vo' parè\ pene e guaje ha da paté'. 22. Cammisa che 23. Fummo A sante 24. nu' vo' sta' cu' tico, stracciala. senza arrusto. viecche nu' s'allumano chiù cannele. 25. Chi cunfessa è ''mpiso; e chi fa ammore va 'mpa- raviso. 26. Pure l'uocchie 27. 'O core vónno 28. Se pigliano chiù che cu' 'na votta 'e 29. Chi ha pietà giano 'e 'a parte Uoro. nu' ze 'nganna. mosche cu"* 'na goccia 'e mele, acito. r' 'e carne 'e Tate, 'e soie s' 'e man- cane. 30. Chi serve 'ncorte, 'mpagliara more. — In Tegiano: Chi signure serve qcc. 31. Ietta 'a preta, 32.'Ntiempo 33. Quanno 'e e annasconna 'a scura 'a muntagna, piglia 'a guaragna; quanno scura a marina, e mano. malatie e carcere se conosceno l'amice. zappa e ba piglia 'o pegnato ba 'ncucina. 34. Ogne nave 35. Aruo 36. Chi ha desperata s'arreduce 'mpuorto. caruto, accetta, accetta. mamma nell'allegoria della nu' chiagne. (È riferito Vajasscide, canto primo). pure 37- Nu' ne' è messo meglio che sé stesso. {Idem, ^ allegoria seconda). Uno 38. cento vale per ciento e , vanno nu' pe' uno. La femmena 39. ha ra fora e dinto varietà, 40. tatis , il A assumeglia a , bella è , Coppella, egroca). Basile nella forma l' (M«- ) verso della predetta ) mancano casa re pezziente nu' miitandìs castagna la magagna. (Lo ricorda^ con poca la ultimo trozzole egroca). 41. Iddio te scanza ra 'na carota vascia. 42. Cane eh' abbaja, nu^ mozzeca. Cuorve 43. cuorvc nu' cu' 44. Chi pratteca e sceppano Tuocchie. si zuoppo, 'ncape 'o 'e l'anno pure zoppeca. 45. Curtu male cavato. Ovvero : 46. Quanno nu' ne' è 47. Fa bene e scordate; fa Male nu' Zeca male cavata. Tegianesc: Pare 'nu perocchiu, è menza vecchia. fa' e 'a gatta, 'e sureec abballano. male pcnzaec. e Ovvero: paura n'avc'. 48. 'O buonu juornu 49. Fcmmene e \ se vere d' 'a matina. denare so' cose chiù care. 'e 50. Coscienza e denare, so' 'e cose chiù rare. 51. Coscienza e denare, nu' se sape chi n' have. 52. 'E renare cacciano Tuocchie a 53. Chi vole 54. Chi tene 55. Chi have figli 'e eccate. sante, se ne faccia. mente 'e genio nuvole, va co' 'e fila', cuoio. — 103 ] — fila 'e ) ( ) > > ) pezze 'nculo. vecino 'ò spruoc- ^ ( Ruorme $6. ca la sorte veglia. zetella, 57. Chiacchiere vo' la zita, e po' s'addorma. 58. Chi pe' riempo nu' se pruvvcde, ino' po' nu' po' mangia'. Pane 59. trirsi panno e monaco, 60. L' abito nu' fa — L'apparenza 61. Chi lassa che nu' vole. giano — Il nu- sempre bene. e d'inverno, ha fatto veto. fecero maje ranno. nu' pane, e l'indossar molti panni e pesanti, d'està di dice si 'a ii via vecchia p' — Spesso : Chi chierica nu' fa pre- 'a sganna. cangia lu nova, trova chello 'a mutando^ peggiora. In Te- si becchiu pi' lu nuovu , trova quiru chi nu' bolu. 62. Addò Dò (Teg.) so' chiù galle a canta', nu' fa maje juorno. tanta 'addi cantani, nu' ngi faci mai iuornu. Dove son parecchi a dare ordini non ci si raccapezza. Ognuno vuol comandare; e ne deriva una gran , confusione. 6^. Nu' facimmo facciamo a chi iiglia e a chi figliastra. — Non parzialità. 64. FegUastre e neputc quanto ncc faje tutt' è per- duto. — Si è spesso ricompensati 6^. Pazze e peccerille 66. C L'amice e 'a so' roppu ti comu a li gatti, Oppure , : con l'ingratitudine. rajuta. mala sorte nu' nce so' chiù amici, primu — (Teg.) t'allitìano (lisciano) rascani {graffiano). 67. Chi ala {sbadiglia) o fridda Dio o Hima : avu l'amoru volu pocu pocu fa'. vali, o suonnu, o voglia ri pazzia' seta, (id.). 68. Sta cu' lu fui ca i t come se avessi 'mpilu ti birri i — Fa ^ tempi quando Tegiano era fortezza; l lendo qualche paesano forzare { posti in sentinella < « Fui, la con tutto fretta, rimonta Forse spalle. alle < ai sembra che vo- e ; consegna de' soldati • ' ( ca 'mpilu ti Ancora 69. ) ri porte alle ! , fosse respinto stato : ». < quannu cose antichissime più fujenni Giasicristu. ija quello, che di — Cioè, ] suole intendere si ^ \ NapoU Se ricorda 'o chiuppo Cammina jappica jappica. in : 70. , piano, piano: a Forcella. — Non dicono :^ippo, in : ^ catapcre. pL-re Addò arrevammo, mettemmo 'ji. \ precipitare spruoccolo 'o ('L7 Tegiano). 72. Chi rice che ti vo' bene chiù 'e mamma e tata, te 'nganna. A 73. eie di m:ilu mititorLi, lu 'ndoppa li la vanterà {^spe- grembiale). 74. Vicinu min, spicchialu (^specchio) min. 75. chi Nu' nun 76. Chi t' so' li femmini chi nu' gustani, ti faci quiru chi nu' ha gabbatu, o puru gabba' 77. so' li rinari abbàstani. Quannu ia ti Santa Biasu , t' ha fattu ancoru , o vola. ogni pertusu lu solu ngi trasu. 78. Nozzi e maccaruni, cauri cauri. — Bisogna far presto. 79. Ave 'ni. variva comu bato, che presume aver già Salardu. la Salardo dei Reali di Francia. IO) — barba —È come uno sbar- quella del ^ p — Guai ( chi chiava 80. Tristii i Non 81. Coma lui si scampa la ! pongi li sotta a iu rasuki. a ! putrusinu Iu — Chi (pre{:;^oììiolo). offende per un nonnulla. 82. Porta Iu e siili — Una 'nta la sacca. ìio, bande- ruola, un girella. 83. Volu cangia' frittata. la — Vuol una cosa dire per un'altra. 84. Si passi nicchi (anneghè); 85. lamu cittu acque chete rovinano 86. Facci e 87. li Unu zuompi criepi. — Le niechi. ti ponti. i piccirilli Lasciali fare ciò che nu' si nu' ngi pasScV, ca , tua e lassali Iu ralli vonno, senza a dui volu beni; a chi ghi'. — discutere. li robba e a chi rai cerca nienti. 88. Così ri curreia l'auti senta una cosa, non longa. facile è — Quando ottenerne 'a mu- poviri faci buono^ ognuno 'mpresterria Si 'o priesteto fosse pre- si restituzione. la ghera. 89. li Lu Signoru resigni e iddu propone e li ia mosso scassu. Dio dispone li e li di E venti. dell' « — clii I Uomo volu ria- pioppi delle santesse Santocchie 'nchiesa, riavule 'ncasa tre fin qui, Iu chiuppi, santocchi {pin:;ùcherc). tengono apportatori , qualcosa ». 90. Chi volu vientu vai da vuli vai da grassu e —È j). Dal si proverbi tegi.inesi. Kn' ha da i' scauzo chi — 106 — semmena ri- dice : settanta- 91. Meglio sulo ca male accompagnato. 92. si spine. 93- Né femmena 94. 'O cane arraggiato nce né Bona 97. Cunte Nu' affocato. e tristo testamicnto. vita, 98. re cannela. reste 'e pile. more 95. Chi gliotte sano, 96. lume tela a longa. e amicizia spisso, mettere fra 'o stanto e te 'a porta. 99. Chi se guarda 'o sujo, nu' fa latre a nisciuno. 100. "e Musso porciello, spalle d'aseniello, e recchie 'e mercante. IDI. Tante vote va nce lassa 'a 'a lancella int' ò puzzo, 'nfi' che maneca. 102. Icttarse 'nannanze pe' no' cadere arreto. 103. A gatto viecchio, sorccc tenncriello. 104. 'E guaje {Che nce va pi pegnata 'a r' sape 'e aggiungono ìnto, in cucchiara. 'a Tegiano). IO). Sant'Antuono se 'nammorajc d' 'o puorco. loé. Quanno che s'arde siente 'o vecino, atticnto ó fuoco tujo. 107. 'O pcvu trave 108. 'E femmene é chillo che schioppa. come so' 'e mellune, ogne ciente una. 109. O mange te menesta 'sa , o jette te pc' 'sa fenesta. no. 'Ncopp' ó cuotto, l'acqua vulluta. 111. Chi troppa 'a 112. Rice nun si, ca tira, ò 113. Chiagne 'o justo 114. Mazze e panelle, senza mazze, fanno 'e 'a spezza. peccato. p"o peccatore. fanno 'e figh pazze. 107 — figlie belle; panolle 115. Bona mmaretata, né 116. Nu' 117. A sputa' socra, né cajenata. 'ncielo ca 'nfaccia te torna. barca storta 'o puorto deritto. 118. S' ha da coccrc comnic 'o purpo co' l'acqua SO] a. 119. Chi patesce p'amore, nu' sente relore. 120. Fanne quante ne vuò', 121. Ogne 122. Ammore bella zita e tosse, 123. Chi pratteca e' 'o ca cck t'aspetto. 'nchiazza se marita. dove sta se conosce. zuoppo, 'ncapo l'anno zop- 'e peca 124. Chi lassa 'a via vecchia p' 'a nova, spesso 'ngan- nato se trova. 125. Cucurecù , quanno viecchio si' , nu' nce n' chiù. 126. Nu' te piglia' collera, ca 127. Zuoccole e cappiello 'o zuccaro va caro. casa a Sant' Aniello. 'e 128. Nu' carrecà' troppo ca scliiatta. 129. Meglio sudare che tossire. 130. Nu' se po' ave' grieco e cappuccio. 131. Carne 132. Pane 133. Robba (a e carne. passo, e vih 'e comme ! passe. mangiatorio, nu' se porta a cunfes- sorio. 134. Quarant'anne, a guarda le mare parine. cu' tutt' 'e — Ri- donne. 135. 'A vecchia 'a panza s' arrepecchia , 'a chitarra nu' sona chiù. 136. 'A cera se struja e 'o 108 muorto nun cammina. — .s 137- P'isca re sciure, se 'ngegnano 'ngegnano re casatielle, se 138. Nu' signure; Pasca 'e puverielle. 'e ne' è sapete senza sole, nu' ne' è vecchia senza relore, nu' ne' e donna senza amore. 139. 'A busci'a tene assai, gamme 'e Campesano sosteneva — Alessandro corte. venir le bugie o da chi ha letto o veduto molto del mondo, o vissuto gran tempo. (Domenichi, Op. 140. Dio cil., p. 262). guarda da ricco 'mpoveruto, e da te sfe- lenzo quanno è arresagliuto. 141. Xu' 142. Dio manna 143. C 'o bene, ca fa' tiempo 'e e nun aspiette male. vescuotte a chi nun ha diente. cu' la paglia s' ammaturano 'e nespule. 144. N'ora re contiento, fa scordare mill' anne de tormiento. 145. A 146. Ogne 'mperemiento, votta chiena tiene ""mmano. è giuvamiento. 147. Fra dujc liticante 'o terzo gode. 148. Trica e venga buono. 149. 'N terra 'e cecati beato chi ha 'n nocchio. 150. Aria netta n'ha paura 151. Nun 'e haje visto 'o serpe, e tronere. chiamme San Paulo. 152. Salta chi po'! dicettc 'o ranavuottolo. 153. Acqua e morte stanno adderete 154. Bannera vecchia onore 155. Pigliate 'e a porta. capetano. o tiempo camme vene. 156. Chi se fa pecora 'o lupo s' 'o mangia. 157. Sparte rccchezza addcvcnta povertà. D 109 — rompe 158. Chi scassa concia; chi pava. 159. Cunte spisse e amecizia longa. 160. A 'stu munno, nata e chi va a funno. chi 161. Chi bello vo' pare', pene e guaje ha da paté'. 162. Chi nasce tunno nu' po' mori' quatro. 163. Chello che se semmena 164. Chi troppa tira 'a se raccoglie. spezza. 'a 165. Mazzate 'e 166. Tutt' peccate murtali so' femmene. 167. Chi 168. 'e mangia sulo Amico 169. 'O 170. Chi marito, mazzate sapurite. s'affoca. cu' tutte e fercle malo guaragno spera suspira ; cu' nesciuno. spartere 'o fa cumpagno. campa e chi re speranza resperato more. muonece 171. Cu' prievete, e' 'a e cane, ha da sempe sta' mazza 'mmano. 172. 'O sparagno 173. 'O pazzo 174. 'O panno 175. Crai, rice 176. Chi 177. ò 'o fa 'a e 'o savio fino è fatto p' 'o s' gode. 'a povero ommo. curnacchia. 'a rorme nu' È meglio primmo guaragno. festa, piglia pisce. 'nu ciuccio vivo, ca ciente retture muorte. 178. Chi campa r' entrata, campa penato. 179. 'A Cora è a chiù brutta a scortecà'. 180. Napulitane larghe 181. Chi 182. Fa 'e vocche, e stritte 'e mano. rorme nun pecca. comme 183. Chi tene 'a t' è fatto, core ca nun 'e paglia, è sente peccato. sempe paura. 184. 185. Ha perdute Addò ne' è 'e vuoje e va trovanne come. 'e gusto, nu' ne' è perdenza. 186. iMeglio l'uovo ogge, ea gallina rimane. 'a 187. Meglio sulo ca male aecumpagnato. 188. 'O voje chiamma cornuto 189. 'O buseiardo ha da 190. Si aucicUe conosee sse a Taseno. bona memoria. ave' 'o grano, restarriano diune tutte. 191. 'O sazio nu' erere ó riuno. a lu malatu, 192. — aggiungono L'uommene 193. 'E dete 194. Mare Nò mesurano se mano chi porta 'a 195. 'A vorpa 196. nu"" r' 'a quanno — Lu riunu nu' crere Tegiano. in a palme. nu' so' tutte soece. cammisa galline e d' 'o 'mpiso. quanne scarrafune. carcere ne galere cacciano uommene da bene. 197. Neseiuno nasce 'mparato. 198. Ogne nureco vene ó 'e mano pazzie 199. Pazzie pazzie 200. mangia 'e A pettene. villano; pazzie 'e pieri, 'e cavaliere. chi chella nu' 'e le piace 'a carne auneechia r' , se voje eh' è chiù tosta. 201. Se sa dove se nasce, e nu' se sa dove more. 202. Sureo cummoglia surco. 203. Casa quante copre, terra quanto scopre. 204. Sulo à morte nu' nee remmerio. 205. Vizio 206. 'e natura Armammece 207. Chi vo' fa 'nfi' morte à e ghiate rura. ! erede, 'neigna da la 208. Muorto 'o criaturo nu' simmo fcmmcna. chiù cumparc. 209- Vo' caccia' 'e castagna 'a 'o r' fuoco mano e' 'a l'aute. 210. Chiacchiere e tabacchiere 'nu' legnammo 'e ne 'mpegna. (Banco della pegnorazionc 211. Vota Banco Napoli). pisce ca s'abbruciano. 'e Duormc 212. 'o in zelluso e' ''o 'e , magne e bive e' 'o ragnuso. 213. Tante che nce lassa vote va 'a 'a lancella int' ó puzzo, 'nfì' maneca. 214. Fa acqua pippa. 'a 215. Stare cu' duje pieri int' a 'na scarpa. 216. 'O potecaro chello che tene te venne. 217. Mercante falluto nu' bada a 'nteresse. 218. 'Ncoppa ó cuotto acqua vulluta. 219. Quanne si' martielle e tu vatte ; q nanne si' 'ncunia e tu statie. 220. Cumpatisce sempe chi è 'mpiso. 221. Chiagnere muorte, so' lacremc pcrze. 222. Sciorte e cauce arreto, viato chi n' ave. 223. Mare 224. Chi chi r' more e austo nu' paraviso nu' trova. s'è vestuto, 'nu malanno r' 'e venuto. 225. 'A 226. nu' jallina fa' majc rojc ove. Addò femmena che 227. Nu' nce i' n' ha fatte figlie. ne pe' denarej ne pe' cunsiglic. 228. Nu' ne' è cosa chiù sporca d' 'e recchie d' 'o confessore. 229. Se sa addò se nasce, e nu' se sa addò se more. 230. 'O miedeco piatuso 'i^- fa a chiaja vermenosa. 231. Tale arbero, tale frutto. me 232. Chi me bene, appriesso vo'' vene. 233. Chi scava, trova; e chi rorme, se sonna. 234. Mena pane a chi te jetta prete. 235. Nu' ghi' maje addò nu' 236. A chi rice 'e fatte 'e si' chiammato. Taute, nu' dicere 'e tuje. meno 237. Prommette certo, e vene sicuro. 238. 'Mmidia e nu' pietà. 239. Trica e venga buono. 240. Chi nu' fatica, nu' magna. 241. L'arraglià' d' ciuccio ""o nun arriva 'ncielo. 242. Chi coffeja, se confessa. 243. 'O cielo addò vere 244. Chi tene 'a neve, spanna 'o sole. renare ha sempe ragione. Chi nun tene renare ha sempe tuorto. 245. Ama l'ommo 246. Si vizio sujo. 'o e' savie nu' sbagliassero maje 'e , 'e pazze se 'mpcnnarriano. 247. Chi fa 'a legge l'ha da respettà'. 248. 'A rrobba nun è 249. 'O lupo nu' se 'e chi 'a fa', magna ó ma lupo. 'e chi 'a gore. Cuoreve e cuo- reve nu' se cacciano l'uocchie. 250. 'O cortiello ferisce, e 'o fotero accusa. 251. Fa chiano pe' 253. Chello priesto. fa' 252. Fatte desidera', si che vene te vuo' 'e ruffa fa' ama'. e rafia , se ne va 'e buffa e baffa. 254. Ha cchlù ragione chillo ch'accire, ca chillo che è acciso. k — II} — 255- 'O cane mozzeca ó stracciato. 256. Abbesogna taglia' 'ntrunco, pc' sana' 'no ram- mule seccato. 257. Haje da senti' 'o justo e 'o peccatore. 258. D' 'o panno scmpe fino nce sta 'o chiù fino. 259. Chi nu' sente ragione, e pazzo. 260. Chi nasce p' 'a more forca, nu' mare. pe' 261. Male e bene a fine vene. 262. 'O puorco s'accide 'nfamiglia. 2^3. 264. 265. Femmene vrenzolose nu' fanno maje 'e spose. Quanno nu' costa niente, ugne pe' tutto. ""A mano dritta se serve d' 'a mancina. 266. 'O diavulo nun è tanto brutto 267. Uommene 'e comme se dice. vino, diece a carrine. 268. Chello che esce è peccato^ nu' chello che trase, 269. Chi 'mmasciata te porta, 'ngiuria te vo' 270. Dimme a chi si' figlio, ca te i' fa'. dico a chi so- miglie. 271. Chi cagna 'a via vecchia p' 'a nova, sa chello che lassa e nu' sa chello che trova. 272. Fatte 'o fatte tujo, e vi' chi t' 'o fa fa'. 273. 'O busciardo ha d'avo' bona memoria. 274. Faccia senza colore, o latro o tradetore. 275. A casa 'e puveriello nu' nce mancano trozzole. 276. Chi tene che magna', nun ave a che penzà'. 277. 'O ciclo chiudo 'na portella e arapc 'nu por- tone. 278. jelano Tu 'e te mangc 'e mele ajctancllc , e a me se riente. 114 — JÌS 279- Se canta quanno se vene d' nu' 'a festa, quanno se va. 280. 'Nu male juorno, porta 'na brutta notte. Quanne 281. duje se vònno, ciento nu' nce pònno. 282. 'E denare acconciano tutt' 'e guaje. 283. Troppe tarde cantaste 'o miserere. Tre 284. so' 'e poticnte 'o papa, 'o re, e chi : nun tene niente. Da cà a dimane nasceno ciente pape. Penzammo ó granne, ca ó piccolo nce simmo. 285. 286. 287. Sia fatta 'a volontà 'e ajère, ogge ca è passato. 288. Cuofene saglie e cuofene seenne, l'anema mia Dio s' 'a piglia. 289. Furia francese, ritirata spagnola. Primma 290. t' aggio 'a 'mparà' e po' t' aggio 'a perdere. 291. me r me chiammo cannavaccio 'ntrico e nu' me alacelo), nu' (0 'mpaccio. 292. Fammc fattore pe' 'n anno, ca 293. Magna a gusto tujo, e vieste a 294. Tre cose nu' se me faccio ricco. gusto pònno annascondcre 'e : Tate. tosse, rogne e ammore. 295. casa 'e Ne sa chiù 'o pazzo à casa soja e' , 'o savio X Tante. 296. Chi troppo fatccaje, 2^7. Ciii troppo mangia int' s' ó sacco s' attcrrajc. atioca. 298. Acqua che scorre nu' fa payra. 299. 'l^ Una cosa nce vò pe' essere ricco o pasceta o 'na bona 'ncornatura. — 115 — : o nasceta, 300. Lassa correre 'o murino comme va. 301. Tira chiù 'nu pilo, ca ciente vuoje. 302. Quannc bave bene veciiia ""a 1' , addore ne te vene. 303. Nir manna' vescuotte a chi nu' tene ricnte. 304. Fcmmene hanno denarc e pe' una tutt' 'a pur- passa' 'a mano. 305. Quanno assomma caria 'o mare 'ntempesta sta , ""ncoppa. 306. 'A votta dà chello che tene. 307. Nesciuno te rice chiù bella 'e 308. ^^arva me ! 310. Puozze muri' 311. e i' « Lavate bona 'nzaponata, te Quanno 'e mmarite te ca pare ride. sapeto, pecche t'attierre vengo 'o faccia^ 'sa è me/ca fatta. quanno 309. Si chiagne mo', mcneca, : ». a truvà' tavernaro 'a dom- 'o lunedi. sta mmocca à cantina, into nu' ne' è nesciuno. 3 1 2. Quanno 'o bastemiento spare , segno che vo' ajuto. 313. A ppilo a ppllo addlventa zella. 314. 'A cuniìdenza è 315. 'A crianza 'e 'a mamma d' 'a bona tridece mise 316. Nu' po' conoscere 'a mala creanza. 'e Tanno. pace chi n'ha pruvnta 'a guerra. 317. L'ammore nu' s'accatta e nu' se venne. 318. Veata chella casa, che nce trase 'na chiereca rasa. 319. Ringrazio 'nu puorco pe' 'na cogliandra. \i6 — p 320. Faje 'o sorece d' 'o spezziale a alliccile 'a , 321. Tre rarità tene Nola: 'o pùrpeto 'e fora vetrina. campane zetelle, senza sonano battaglio e che beneno a fa' 'e 324. R' 'e sempe more d' ausuraro taje muri''; à renare 'e pressa, piezzo, ffigliole 'e nutricce a Nnapole. 322. 'A mogliera d' 'o latre nu' 323. Chi corre uno e , sciala e ride. 'nuoce. bene ^o ne vere se sciampagnone. 325. ^^ A reto me Gesù reto, bene mio; à nanze, 326. Male e bene 327. S' è aunita 'a a fine funa e me nanze Maria faje fui', A ! vene. corta, e ""o strummolo a tiriteppete. 328. 'A funa è corta, e 'o puzzo è futo. 329. 'E denare 330. 'Na 'i nfinfirinfl, se femmena e 'na ne vanno nfanfaranfà. papera facettero arrevotà' Nnapole. 331. Dini' ò vino se rice 332. ciucce, Vuò 'nzcrrà' o vuoje. 'e 333. Nu' sempe 'a lilla 335. rette 'a 336. E , quanno remmore va bene! recette fujute so' 'e e cecoria canta. folla 334. Festa 'n-chiesa, e verità (In vino vcritas). 'a stalla Don 'n-cucina. Matteo, quanno ve- mugliera prena. E n' avimme uno! recette chillo che cecaje l'uocchic a mugliera. 337. Chi prcreca a lu deserto mone. Chi lava 'a , nce perde lo ser- capa a l'aseno, nce perde lo sapone. 117 blp (Son quinari doppi , che tradiscono origine 1' non isciiiettamente popolare). 338. Signò', nu' peggio! decette 'a capa morte. 'e 339. Nu' chiammà' triste, ca pcjo te vene! decette "a veccliia a Nerone. 340. 'Ntiempo 341. 'O guerra, chiù buscie che terra. 'e pustiero te trovanno va stampato 'o e' 'mmano. 342. Lassa a fuoco ardente, e curre a partorente. 343. Chi addò nun mamma nu' 'ntenne a a muri' e tata, va è nato. 344. L'ommo 345. A p' 'a parola, e 'o voje p' 'e sante nu' fa vute , come. nu' criature e a prum- mettere. 346. Mentre 347. 348. 349. 'a bella se pretenne, 'a brutta se marita. Vuò mangia' a di' vocche. He mise 'e campanelle 'ncanna à jatta. Ammore è cecato e 'a famma è 'na , brutta bestia. 350. Chi secca e chi cucina allecca. fila 351. Chi vo' grazia a Dio, nu' porta 352. Ommo ^^l. A 'nzurato, tutt' 'e piere 'nterra , 'a male veneno 355. Caudara, che si pressa. 'nguajato. coppa "o cuoreo esce 354. Xu' ^c ommo correa. pe' Nocèra. guarda nun bolle maje. Ncasa ca nu' seenne maje {Si dice alla bi- lancili). )y6. Chi vo' Dio, s' 'o prega. 357. 'O ciuccio nu' cammina^ 118 si n'abbusca. , 3)8. Mantiene 'o carro 'o carro Tbaje 359. Si nu' nce 360. A p' 'a scesa. Pe' fa cammenà' scrognere. 'a vide, accattate n' accliiara. chi tanto, e a chi niente. 361. Muscc musce ^62. 'O fruste no. siente, e fruste da cielo te scanze che chelio manco te figlie ce- pienze. ^6^. N'ora 'e cicnt'anne 'usto, 364. Uocchie chine e mane 365. 'A palla vecchia caccia 366. 'A poreve caccia 'a 'e guaje. vacante. nova. 'a palla. 366. Vieste Ceccone ca pare Barone. 367. 'A gatta pe' ghi' 'e pressa facette 'e cate. 368. 'Na vota l'anno, Dio 'o 370. Pe' mare cummanna, nun bo 369. 'O peggio surdo è chi senti'. nu' nce stanne taverne , deceva Pu- lecenella. 371. Ammecizia e primmo amore nu' se scordano maje. 372. Ogne 'mpcdemiento 373. Vaje truvanne è giuvamiento. miezijuorne e ventiquattore scura-notte e benga sapato. (Si attaglia a' lavoratori , che stanno a giornata). 374. Me e suol dirsi pare 'a morte int' à loca {Cioè nd giuoco; a persona brutta). 375. Chi ha nemice assaje, nu' more majc. 376. Guardate 'o tujo, e nu' faje latro a nesciuno. 377. Se respctta 'o cane p' 'o patrone. — 119 378- Chi arrobba poco, arrobba assaje. Ognuno 379. è ricco à casa soja. 380. Chi se 'ntrica, resta 'ntricato. 381. 'A gatta quanno nu' po' arrevà' ò lardo, rice ca fete, Ogne 382. scnrrafoiie pare bello à 383. Passene Tanne e 384. 'O cielo te scanza da vascia, da mamma soja. morte s'avvecina. 'a buono vecino, da caruta marito 'mbriaco e mogliera gelosa. 385. Tutto 'o lassato è perduto. 386. Nu' ve 'ntrecate Ognuno 387. tene 'a maje tra marito e mugliera. croce soja. 388. Spisso chiagne 'o justo p' 'o peccatore. Quanno 389. care 'o ciuccio^ ne Alcuni di questi proverbi! parecchi altri si trovano nei , levammo 'e fierre. con qualche variante, due seguenti e periodici napoletani, ora defunti: I. nelìa Nel giornale direttore , primo numero numero : Lo Nuovo Diavolo s'inizia, :iiioppo e Domenico Polecc- laccarino. Il martedì 9 febbrajo 1864; ed al responsabile quinto, anno secondo (5. VI. 6è), cominciò si a pubblicare, in quarta pagina, Y Enciclopedia Storicafiìosofica-cìassìca del dialetto stesso laccarino. Gap. Gap. II. I. motto , ad opera dello che sono 248; Troverbi, 249-434; Gap. ITI. Senten:;e e mas- num. sime morali, 435-546, nel Vili. G6. napoletano 'Detti Antichi, Non mancano con la postilletta 77, an. II, delle illustrazioni : « Detto , sabato 18. e qualche inventato da me d — 120 — —Detto mio laccarino; Nel Lo Spassai ienipo, II. de Luigi Chìurcu^:;} vier:(e Progresso (1875-7) ""-im. 809 (1880) nuni. 146 Miiode de dire de : tano racciiovetc da L. Chiiira:iii. nota alcuni paradigmi Sempre potrebbe si (An. Son troppo da B. Croce ad intendersi facili faccenda non va, spesso tanto Mettere l'assisa a ispetta. scardi 1.400, si Basile (Op. dire) in è di cui la liscia. arrogarsi un dritto, che ccetrole, le ho vo- Ben diverso Sembra d'origine prettamente napolitana; rannodi fol. nel perciò e , o modi questi altri (alcuni solo motti non eli. 162, fatto seguente, ricordato dal al p. si ricorrenti contro il Nel 89). legge una della Città. Gui- registro di Ladislao dei supplica degli Giustiziere degli Scolari ortolani (il Rettore dello Studio, che aveva l'uffizio dell'assisa) ed Eletti di a proposito de' quali luto astenermi da qualsiasi glossula. e che ìiapoli- anciie degni raffronto coi Proverbi Iri- pubblicati , lo 66-7) eccetera. p. I., qualche istituir napoli toni tneiìibri tre, popolo lo Sono de napolitane, e Frovìcrbie : becchie e Staiiip. , che ! prose nove e — Napole d'ante. e E originale ». Modestia! giusto concetto delle produzioni popolari Motivo, che, contrariamente alla i sei con- suetudine, tentarono imporre l'assisa sugli ortaggi, fra cui i caiiles, cedrinoli. Nel diploma lactiicas, pipones, comprehendunlttr sub vocabnlo Il brano è riportato, si ciiciitias, citrolos, quod Nap., lib. et dicitnr benché monco glia (Stor. dello studio di super specifica , , omnia quae Lo Verde. anche III, dall' num. Ori- 13). 'N-Catania — vai, 'n-Catania vengo. pone Si morte, che tolto ad inseguire un alla non gli la sua dà mai pace, finche non l'abbia raggiunto con Un sterminatrice. falce signore per fuggir ma se ne scappò in Catania; inutile aggiungere come una tare onde l'intimazione in tuono minaccioso, e fé' Farmi fu anche , che essa si morìa la comparve gli 11 bocca in infelice, , la morte il motto. suol rappresen- vecchia stecchita, armata di falce. Cosi mano dipinta da Sant'Alfonso dei Liguori di (l'autor della canzonetta in vernacolo partenopeo per la nascita di omonima, Gesù Bambino) , (V. pure in Pagani. proposito di dan:(e macabre, nel e si il 'Basile, Tene doje facce come San Matteo. rella e voltafaccia. vede mio chiesa nella scrittarello an. : ^4 I.). Uomo doppio, gi- domo, L'origine è salernitana. Nel ^ e al precisamente nel soccorpo, sendovi due ridosso dell'" ciascuna con la altro due son vi , altari, statue Y uno ) ] del santo rivolta ad un altare, in guisa da faccia trovarsi quasi dorso e dorso. S'ingannerebbe chi cre- desse (e potrebbe sembrare, a prima vista) trattarsi di una specie lacovuccio di , Giano nella bifronte, del Pent. sclama (^J/^. Casa a doje porte, o cit. p. '0 sirece in sul pclrone, è antico. K Lo d' un' 147) ommo 'n Una facce da nante, una de Ed hann'autro a la lengua, Dare o Coppella, egr. della 'nterra, ital. erme prima bicipite, giornata : co" d.ije facce.... ) antro a lu core. dar del culo in sul lastrone far bancarotta; essere bancarottiere. ricorda pure il ; reto, Volterò nel o L'uso 'Di::^ionario fi- i Banqueroute « } losofico all'articolo > role Le négociant ( d'Italie ) pourvu qu' ^ \ >. ^ : « garder tous scs blens ^' il préscnce de tous assit le ». marchands. C'était une dcrivation les solvere ani ou de una prammatica: T)e fu vi data 7. IV. \ dinando de Figueroa, Reggente \ Vicaria, fé elevare una del palazzo di \ bitore decotto Giustizia \ Tra >>. Don Fer- Gran Corte della innanzi alla porta Capuano. Castel in , > cessione bonoriun, in della colonnetta aere, in peau sa 1546. In esecuzione di questa, ) ^ crcancies, ses nu sur une pierre en ani in ente, pa_ver de son argent noi precise pa- le et frustrcr derrière douce de Tancicn provcrbe romain, di Ecco pouvait dans certaines villes fallito Un [ \ de)^ che voleva evitare , carcere il doveva , j battendo tre volte cow \ cedere natiche \ ) ignude, pubblicamente, sulla pietra del vitupero. Di qui > pram- \ fare \ i :(ita suoi beni , bona, corrotto di cedo bonis. Nella citata matica, ritenendo sconveniente un simile ^ ordinò che gretamente il debitore, fatta alla banca questa pietre, tre palmi volte, ad alta voce la costume si > cessione dei beni se- ) mastrodatti, montasse su ) alta dal suolo, ripetendo, tre ) se bonis sculta sul piedistallo della nel museo mentre snis cedere, pensent Ne ». colonna uti volent. Saepius commodum magno cum puramente locale. : ban- il Se ne ) trova ) si « hic Ut qui ( iterato ; 14-5). fa negli statuti di Firenze, Pavia, Casale, ÌVIonza, \ l'epigrafe opprobrio com- (V. Guiscardi, Neapolilana, p. l'uso è E (che ora civico di S. Martino) conchiude spectaculo, id , del ditore annunziava quest'atto d'umiliazione. eo posthac benefitio le l menzione Como \ ecc. ) l d :> — 123 — e non sarà fuor di luogo riportare tazione: « broleti tantum de.... Cumarum, super quo concionatur non cum et il monito contro i fatto del il Norimberga Fene:(ia, eccetera. In Ognuno debitori. XII Tavole, delle statuti inferioris Del resto non deve recar meraviglia ». rigore giusto camixia Cumarum, pubblice in conclone secundum formam proximi M. ce. IX facti tal in , ci- lapidem sarabula, et ter vel quater dederit super lapidem et crolaverit questa anciie se concusserit seu crolaverit super .... ricorda Mercante di un Nasendntcher vi è (schiaccianaso), specie di feretro assai angusto in cui si chiudeva morto; ed fallito il Sardegna s'impediva non si Vedi qualche fosse pagato. Archivio delie Irad. pop. ma, ormai, Fiire 'e e tempo piilece in alcuni (voi. II, notizia nello altra 442 IV, 285), ec; ; tornare a bomba, di luoghi della sepoltura del cadavere, finché la come suol dirsi. Imiino la tosse, proverbio riferito anche nella 'Ktrodiii~eioìie de la jornata I del Pentameron (voi. Fa 15, ediz. Porcelli). p. chi non ha voce Belli scriveva in capitolo. romanesco Gioacchino Il in cuesto dde papa, o dde re, menno senza er titolo o dd'imperatore, Cquello nun pò' ave' nimai vosco Puri li puddici ani la tosse, fa in capitolo. da titolo ad un sonetto- dialogo contenuto nello scomunicato opuscoletto « Chiafeu ri Chiafcu, Friseddi malirittu. Stamparla tuostu, 1888 I men dovrebbe; : Chi nnasce O strepito, chi » — in ri la ri Carajesima. ragionu ri A Binirittu vernacolo tegianese. : — lu Paisu Capu- Passa non ho nulla. itbersel:{t von A. è reso in tal guisa : — sulla \ altri termini, Spri'iche gesanunelt und n. 754, Die Kuh geht vorùber (welche (( eines ) se volesse Chwatal (Magdeburg, 1887), Neapel vor dem Hause in miglia! In cento Negli Itaìienische %. come, l'indice aperti, da quia qui vi san dire: un segno vacca. Si suol dire, facendo 'a bocca col pollice e con ) } \ > Milchkiiufers jeden ^ gemolkcn E \vird), che so fatto cane Un mendico quidam, e plica : l'uno! « » dice Che « , che , motti racconta pure pulci le » ! ». rimo! Passa un cercava si cerca Si cane so' fatto Dunque mi Facetie (( e , E lui, di ancor vivo, gli avea detto avere addosso una pulce. tu burle , ( antico. è Francia redarguì un mal destro cor- et ) re- di vorrai S Chille so' perucchie tanto ? motto, quantunque Re Lodovico tigiano : Kein Gold im Hause : Chille so' perucchie tante ? stava al sole gli Il sagcn ^vill fare un cane? Vcnetia 1571 , » (Domenichi, p. , 32-3). Lo Zezza. il L'asene de Gragnano sapevano Lettere. Frase di Giulio Cesare Cortese Travaglitise , a principio Ammnre de proverbiale, tanto più, che Fu ripetuta anche dal del Ciiillo e primo presta si Lombardi libro de Li Penìa, ormai divenuta doppio senso. al nella Natu- Ciitcceide. ralmente, volendo giungere a Gragnano, bisogna passare per Lettere. 'Ntiempo V necessità, ravvicinare all'altro: « ogne pertuso ù Si piioiio. Ogni acqua leva sete ». può Al cui proposito mi soccorre una facezia. San Bernardo, o non so chi altro volea convincere — 125 i suoi monaci, non dover ) bazzicare nel convento nessuna donna, fosse anche di Ordina sbilenca, sccrpcllata lavandaja. tisica, apparecchiar delle vivande ben condito di acciughe salamoja, e simili. Poi in Solo e cisterne. in un corridojo ^ Di notte, quei poveri fratacchioni, si convento chiusi in e bersi quell'acqua stomachevole, verbio: dimostrazione, che la ne' Detti st'altro Fatti et O « . o i', da una costretti a l'origine del pro- dal: Chi « Guicciardini illustrato dal gravi di diversi principi, et (1569) tu, furono , onde panni. i assaliti Poco diverso », piacevoli cortigiani et filosofi arsi, sor priore avea ragione! il Cì)i troppa 'a tira, 'a spe:i:^a. troppo vuole, tutto perde un testo del- lasciò in l'acqua lurida, nella quale sete canina, sale, delle chiudere pozzi fé' erano risciacquati < la cuoco al p. isso » Ed anche per que- può cavare l'illustra- 35. si zione dell'istesso autore (p. 21). Antonio Marino, con- dannato a morte in Turchia, per omicidio, cercò pro- crastinar Tesecuzione, sotto pretesto che avrebbe inse- gnato di a parlare regio elefante. Ottenne dieci anni amici essere ciò gli , o > Orecchia manca, core franco; orecchia dritta, core af- ] impossibile io, il E redarguendolo dilazione. o fritto. chie, : « In tanto tempo, o morirà Ciò riguarda, sordigìino. il stro , zufolo signore, \ quando udiamo cornare Se ci casca qualcosa qualcuno lontano, che parla male Volete il l'elefante ». indovinare ferma al noi, o orec- le mano, ci è nomina. chi è stato? Se è l'orecchio sini- cominciate a nominar si di di nome di 126 tutti quel i vostri amici tale. Se il , ed il dritto, ri- ^ cordate affritto nemici i stesso lo si non muta. Su per ricetta Uocchio manco, core franco uoccliio : e la ; ripete degli occhi: « ». dritto, Son le giù, ) core l palpe- bre, che battono. Me pare dendo snulo La:^^aro. 'nii qualcuno galata lebbra la ve- Quando re- molti invocarono , evangelico; e da Si suole esclamare, carico di piaghe. lui l' uno intitolarono ajuto del santo spitale e l'ordine cavalleresco ospidaliero. Di qui derivano rozza di dice spagnoli come tela, che , de Bourcard, Tre cose fanno guerra a cacarella ^) . È nome tal op. II. cit. vìecchi li tempo al : de'' un zibaldone ms. Passaro viecchio principe di Salerno, inviti di nu Garibaldi, gru:^:;;olo erano \ in i 66), che il vincere dai occasione della confu illustrato da A. di proverbi leccesi. (Lecce, Tip. canta (0 'ntrona) chisCanno nu pigliam- so qual parroco taccagno, invece quelli (I, Lo pronunziò lasciò si proverbio lunario, pose in una zucca di e Luca Auriemma. pasca. Si rannoda alla seguente Htcezia Non caduta 1873), p. 17-8. Gomme cocona mo tal trase 'ngojola. Re Ferdinando, Un un di quando non giura de' Baroni. Tal C. Casetti, si diciannovesimo dei proverbi trimembri ì\ trasse da finti E viceré 6). catarro, nap. pubblicati da Benedetto. Croce nel Basile li la:(^ e calzoni gl'infermi di quell' ospedale. assumessero (cfr. nostri i una camicia a principio vestiti solo di :;;ari, fu ci vuota tanti : di valersi semi d'un quanto giorni da quello delle Ceneri a Pasqua. Eran che, per lo più, da noi, 127 si mangiano infornali, formando spassntiempo. 'o reverendo se ne speiittliava Il uno ogni giorno, per tenere Ma un conto esatto. il suo nipotino, allo scopo evidente di recargli piacere, alla manata insaputa, prese una onde scuotendola che parrocchiani, pezzo pria di semi, e di e trovandola santa Pasqua. la Tramonti. Chi a per giungere far invece ancora e essere principio a Conoscere la Mecca e la , crede avvede, che si d' aver gli resta Insomma, al vertice. dice di chi crede d'aver raggiunto si Montagna, che ». ha superata 1' fornita la salita; ma, giuntovi, ancora molto da in zucca, sarebbe stato da aspettare un bel ci venir Credere d'essere arrivalo a Chiiiiiio mena pose la quasi piena, notificò ai sua meta; ed la dell'erta! Lecca. Saper tutto. uno Strabene per conoscere la Non bisogna Ai^rr^. L'altra è- un nome immaginario, inventato per pura assonanza. quanUt l>le sape da Scaccinopole demmonio In Surrìento. napoletana, attribuita È e , nella chiù ca Pistola illustrazioni. Scaccinopoli sta nel senso proposito il mio San Luca Vha Narra tempo imprese di uomo diiìicili. fa, il dotte astuto, Vedi a Vuol pillata. dire, che e molto bella. , di dal vero Madonna la Niceforo, patriarca di col figliuolo. Ciò al Costantinopoli. (Cfr. Breviarìum Hisloricorurn, Amsterdam, 161 6, in-4°). Chi dona caro venne, Ifb tal scrittarello inserito nel Basile (II, 25-6). leggenda, che questo santo ritraesse, stupen- la damente superare con seppe Uncina Boccacci; e di cui, poco al barone Guiscardi ha fornito una ristampa scaltro; che sa iiiC in ^^^ — 128 - < m JLP E non chi te dà' chiù che pale, t'ha 'ngaiinato, o 'tiganmtre È riferito siano vale. te anche nel Lo Specchio morale schi:(^e aliasse \ I | io de la Cevertà \ pe' chi vo' ridere, e 'mpararese de crejan:;a \ I Vottiero I Maria Napole lyS^ Porciello \ Gó" \ o \ Napoletano Galateo \ de Nicola IsLnc la Stamparla de Giuseppe de llicien:^eja Superejtire li I vende nella medesima Stamperia accosta la \ Si porta piccola \ di S. Ligiioro la grana 20 sotto il N.° XXI Ave' riale. È prima edizione, e perciò ho voluto descriverla esat- tamente. Ghi lappa, Ghi Cioè chi tale, che, si fa il ; vino. occupata non so qual carica in un riscossi gli cesse un amico, instabil '0 molto, ottiene meno. Si racconta d'un avendo paesello, aveva gli chiese V acqua veve se veve fila, il applausi di segreto per cattivarsi volgo. Promise; e già la si partenza, e nulla gli a^ ea confidato. accompagnamento di seco. Si giunse quasi alla strada , un intoppo si al tutti. Gli suc- quale, pria di assumer le funzioni, benevolenza dello era al giorno della Non mancò il solito carrozze; ed egli lo volle condur al confine, dove, proprio in mezzo notava un enorme sasso, che formava libero passaggio delle carrozze. Al no- vellino fece impressione; l'altro se ne avvide, e con tono amichevole gli disse: — «Collega, nei parecchi anni che sono stato qui, non ho mutato nulla: sasso è al l'antifona. suo posto, come lo trovai ! » fin questo — Allora capi Qualcosa di simigliante Valletta. Solo qui e si si attribuisce anclie a Nicola tratta d'un preterello fatto d'un grosso Cristo esistente Napoli. Ma la conchiusione alla è la 130 — vescovo, Pietra-del-Pesce, in stessa. GAP. VI. USI MARINI. ALTRO giorno, ' cantile ed io ; spettacolo. Era ma rinunzio varava un bastimento mer- si andare a veder volli un questo bel mattino autunnale . . ; volentieri al piacere di descri- vervi la festa folla la , , il concorso di sim- patiche pulzelle e di leggiadre signore. Qualche rito. Un nendogli persona di innanzi s' era praticato anche il prediletta nome. Suol o si maggiore parte derivarsi da di chi ha Ciampa Emilia. Ordinariamente e ciascuno Ora al il battesimo addirittura ripete la rati; il di sacerdote in istola vi aveva adempito, impo- legno momento nella costruzione: concorre per si la si suol sua o per le quello di cognome 'o Cafiero, fare a ca- sue quote. trovava nello scalo, quasi prossimo solenne. colpi di martello, il i Già puntelli — 131 si cominciano a tórre, a che lo sostengono; e si con affida solo alla invasatura, quale dov'essere lan- la gergo poetico ciato neWcqiiorco piano, ! Tutti gli animi sono sospesi. Si recidono ultimo puntello, All' il costruttore risponde cagna due pezzi legno di che servono a mantener , bastimento quando il Già muove si sventolare i cominciano già ; Già istrappare Scena capitano. — , alcuni di ad ! Come inoltrarsi possessori > , uso^ vedendosi dell' hanno armatore ed — forse poco , ma che pure popolare. È una forma ; bastimento felicemente è giunto il elemento cappello il chiede e volta che qualcuno ed a , folla all' , Casa della nell' ìiifìdo chi avea strappato della vero dir sua spiegazione nell'uso la augurio frenato battimani i cappello il a consentanea a monsignor trova Cui cuc- vara. si fazzoletti. gareggiato per al » 'a ! 'O masto ha perduto « : trinche. le Fora castagna « : Per chi noi sapesse, castagne e castagnole, son » ! grida si loro o (gergo arcadico presenta si regalo. il distratto , !), rispettivi E accaduto tal- o perchè non inteso brutalmente spiccare a' il cappello , invece di regalare, ha risposto inquietandosi, o tirando qualche scappellotto, o ceffata. E basti di questo Fra e le otto della sei le volgarmente 'e , doje ore cf In questo periodo, accomoda gli cito ; si sfi~ea , gli ognuno talenta. al 'l» fa Si come primo tocco gli si ! dice capitone dell'equipaggio. ciò che vuole; ciò che diverte a suo benepla- (per adoperare un bel vocabolo nopeo) come meglio Ma, sono, sera, parte- pare e piace. delle otto 132 — , il ragazzo sclama : ( \ , Tre aummarie (f E timoniere il nuto Allora ». risponde: « Sia andando , «Salva nuovo timoniere aggiunge donna Lauro d' 'o accumpagna siamo Giacché Chi è rimpiaz- sicura». Anzi ! il 'n' aummaria ó ». che parlar di usi, consentite a Il questo posto ». e 'nu paternostro e ; bemnie- 'Na salvaregina à Ma- « : altre navi. 'o passa a poppa. prender a le (sia) bona ventura! e' 'a priatorio, che nei per est, Singo « contraccambia: lo Id ». : V equipaggio tutto nuovo timoniere zato nave pe' risponde io ^ ne riferisca uno lavare piatti i ; Uno degli giovanotto a marinajo, trovandolo vano', posa il che lavava cucchiara 'a uffici del raga^^xO è del giovanotlo di riempirli col cuc- Ebbene, quando uno chiajo. e in tante cose, anche in marina vi è unr. scala ascendente, altre da mozzo a capitano. di Come antico, ora dismesso. ! anticamente, passava da , ( i capitano se n'andava a prua; l Giù- < piatti i Ed » diceva gli , egli « : umilmente : « Ca^ pìtà', i' nu' so' degno anni 'o giuvenotto 'a cucchiara! niente il » Bealo — « (il « ». Aggio pe' 'n ato dieci ( Io t'aggio ditto, giuvenò', posa ) ! Capita', i' 'a nu' fa' degno! so' più antico de' marinai, cosi detto, per rispetto), s'accostava in tono autorevole mo' ! Ubberisce ó Capitano cummanna promosso 'o a In diebiis Final- » Beato ! » ». Posava V. il lui : « : « Chello Mena , che cucchiajo, e veniva marinajo. illis, l'equipaggio era porzionatamente secondo come oggigiorno, il lìssendo ricompensato guadagno, non comuni a pro- mesate, gì' interessi , cia- Jì« '^ ( ) scuno ambiva comandare; ed ceder Spesso accordo. d' manovre fare eseguire delle mentre rinfrescava ed approssimava la tene' (far resistere 'a comvento il tempesta, da prua tirava dritto a poppa; e diceva avimmo costretto a sbagliate per pura piacenza. Cosi accadeva talvolta che si doveva pro- in tutto si Capitano era il Bealo, il « Capita', : vele al venlo). le mò' Ogne miglio va pe' ciento; e ogne marenare va pe' quatto (dobbiamo profitlar del tempo) volta Clì' (( : avimmo maina' 'o laccio 'e trinchetto ticare Ma contrario. il maisto 'e scendenza, rispondeva: E il — s' senti' Passiamo Accade al inchiodar le tavole da Comincio finito di dalla uso d' e di si agli iniziatori fa del un po' di ». finiscono di , e quando prua. Allorché prima. ! C****, « : riimmaglio. 'o carpentieri i carpentieri i ed cingere di tavole lo scafo bastimento, condi- la solita fuori al bastimento poppa alza la ruota di chillo tene' 'a » ! cosiddetto Quando du' volte. ! sua avrebbe dovuto pra- C****, rice buono 'o Beato Capitano 'o ora alla Avimmo am- « resto dell'equipaggio, tina voce dicentes è stato a si « Capitano, per il « Capitano, il avimmo e ; Regolarmente ->. E ». Beato? fa', 'a festa, in nuovo dominator il han guscio del segno d'augurio delle onde. Si ab- bozza, a forma di bastimentino, un pezzetto di legno qualunque; s' inghirlanda di ramaglielti (chiedo venia, d'adoperar questo bel napolitanesimo) parecchi legria ! si di fiori porta a casa del primo armatore. Che schiamazzo ! Che c'itm1)4 — baldoria , ; ed Che in al- per istrada ! anche Si sparano maschi e dei dei due o palazzo del sor armatore al Vicino saltarelli. più so- tre colpi lenni. Egli, naturalmente, è apparecchiato a ricever la co- non mancano mitiva. Si va sopra, e i maestri ed capi maestri i (che ha portato e all' figlio d' armatore tore per mostrar , beneaugurando. , una certa presenta un secondo età più sua gratitudine ed ora, de' pezzi da cinque lire sua condizione e pezzo legno di natamente mai che so io petuti lascia alia ! gli , finito il al si si secondo pone su quel proporzio- ( mancano \ vi va via. spacca allegramente simulacro Il E non come legno ; presta. di iìori mazzo e ; si riporta si inutile. Si del bastimento. anzi ad un recinge e e ri- ; talvolta rado di secondo riimmaglio. pezzetto di legno stagione si riprende. si calafataggio tramato. Si non , gra- piastre; prosciutto, caciocavalli, vino, dolci, auguri, marina, e suo il dividere questo Oltre li si L' arma- de' napoleoni, Trascorse alcune ore talaltra Passiamo : o sua liberalità, e gli , o venti dieci ha costui auspici. lieti dovendoseli poi , loro. fra dei regali la Se qualche conto di coi , la e dimento, prendeva, una volta, la ragazzo il bastimento), simulacro del futuro il E quando tutti. sono seduti ^ si caposquadra ne tolgono un ramaglietto e lo pre- il sentano un delle cerimonie dal- Vi è posto per l'una e dall'ahra parte. quando usa, Ne di talvolta Nel restante somiglia si è ricorre al stoppa incabelli all' se la , uso an- tecedente. Si ha un'altra festicciuola, quando s'alzano — ir> - le ruote \ p^' "M ' V'ò gran piacevoleggiare grande soliti sparo. Non vi mancano del bastimento. gali in danaro; non di al- , grande e legria i un lauto asciolvere, con re- ì \ vini, dolci, e ) rado, anche una sporta di magnifiche sfogliate | delle nostre Ma monache meglio il 1' Carotto. di ho dimenticato esatto, l'ho lasciato in fine . o per essere più , didcior in fiindo, la be- . . nedizione del bastimento. Al mattino del varo, quando tutto sono si tolti i puntelli, ruota di poppa e benedice. Prima « 'Nomme con pronto, e già con l' ascia dicendo , bastemiento. lia 'o punto prima vota benerico chella I' legnammo e 'o 'nterra à marina. avimmo quanno , tutt' 'o cuorpo dinto (// neritto 'ngrolia e 'o punto, primma centa Cosi continua per 'a 'e fa' 'stu eh' è be- primmo alzato 'o corpo quanno avimmo dd bastimento). Be- quanno avimmo alzata 'a »... nalmente conchiude juorno, e , F benerico 'ngro- quinto. Beneritto 'ngrolia e 'o punto, miso : d' 'o Patre, d' 'o Figlio e d' 'o Spiritosanto. Beneritto Dio, ch'ha miso 'ncapo ó Capitano nuto alla (specie di scure) lo un' ascia una croce fii è capomaestro va vicino il l' : intavolato « Puozze tramuntana, e i' le altre a levante e puozze passare e parti. 'a Fi- mezo- tutte le i\c- scrazie; e l'urtema fosse chesta cc\ ». Dopo, dà un colpo con Indi un marinajo cala Vascia, fino alla rota di una moniera del bastimento ; coverta dove per , rimane fune per dentro v' attacca l'ascia l' uso del poppa. alla titira in bastimento. Il e la ? i Capitano regala un pajo ) Non ( più vicini ) Comunissimo vi mancano anche mentre , è traffico Anche queste ^ Napoli. \ un nome qualunque Nel guadagno lo più in un viaggi alto mare, l con ) battezzano, e s'impone loro { , corrono 1' giornalmente quasi A mi alcune ) \ prò quolibet rotulo carnium recentium vel ^ di Giovanna riferire dazi sui I Indi discorre particolareggiatamente Item prò qualibet Barca de de Surrento Civitatis Surrenti, illius minu- emptore, delle barche. vel de alia qua- fera qui habitat intra scilicet que navigat Messenam, Salernum usque a muros Surrento vel Neapoli vel solvantur, prò citra quolibet viagio, grana auri sex. Si vero barca ipsa ultra Messenam vel Vicum seu Salernum navigaverit tarenum viagio libet , che che e dai , solvat prò quo- medium. et l£t si fuerit prò duo». Eccetera, Tal si doveva pagar bastimenti lunghezza o unum ad Castrummaris vel Caprum, solvat quolibet viagio grana dritto '-, di Sorrento. diploma piace in Surrentoetcasalibus planitiei exigatur ab litate ì parole , recipiendus per venditorem ultra assisium denarius unus». « \ \ proposito delle gra- salitarum, lardi, arsungie et casei, qui venditur ad tum , V\Conarca, \i Sfoglia'.eìla. guisa costruite. tal « In primis si 'a ) i suol andare a parte, essendosi per si vezze loro imposte d' : costruttore. al barche adatte per bastimenti i il napoleoni di delie meno In un diploma di dalle barche sorrentini, in del viaggio si — '37 : ~ , dalle felu- proporzione della chiamava Re Ferdinando misura era cosi determinata eccetera. del i. falan^^af;gio. VI. 1465, la \ <. Item prò qualibet barca « ^ infra accedente ad prò quolibet viagio teneatLir solvere Cosi « prò vegetum decem portate Neapolim, Salcrnuni vel Misenum, gr. io (cap. vj) ». vegetum de- qualibet sagittia vel portate cem sghiffo ultra num vel faciente viagium Neapolim Saler- , Misenum» grana quindici. Se invece, « portante ultra vegetes decem ultra Salernum vel Misenum prò quolibet viagio, tarenos duos cum , dimidio ». Cosi un grana e dieci tari prò « qualibet barca de portata vegetum decem infra faciente viagium Salernum infra vel E dopo questo citazioncella di Misenum {cap. » i i \ < ^ ; ( j < ì vij-viij). po' di lalUionim, consentitemi un'altra un po' lunghetta , se non altro a titolo curiosità. « Item prò qualibet sagitia vel barca ultra dictas ve- getes decem, quc ingrediatur in maritimis Porti Capitis Cerbuli et strictus, maritimis aliis faciente viagium prò quolibet viagio diete Civitatis Salerni et Miseni, gr. 15, et infra solvantur transeant ultra Salernum vel si vel eius di- Neapolis {solcere debealur) barche essent vegetum decem et , Misenum , si diete gr. io, solvatur prò quolibet viagio ut supra. « Item prò sagetia seu barca qualibet marittimas supra dictas et veniente ad pertinentias eius, et (si) ibi oneraverit, solvatur prò quolibet viagio ut supnx (cap. viij). « Item prò qualibet navi veniente in maritimis su- pradictis et (qne) oneraverit et exoneraverit, solvantur vice qualibet tareni 4. c" - 158 - « quomodocum- } Castrummaris de l ix) », S Item prò qualibet sagetia seu barca que qualitercumque seu accedente Stabia, vice qualibet grana tria {cap. Tutto prova ciò che traffici non , costumano si anche giorni ai quei recente esser di data La nostri. preferenza è data alla navigazione a vela, e battelli a vapore non se ne costruiscono mai I marina barcajuoli della nerale gli di quella iMadonna.Ne celebrano Ed ha questo agosto. nando le carabine e fucili; cominciano fuoco borghesi non isdegnano della festa Madonna Guai si , ù a la chi di a fare bandiere di un fuoco con manca ! fritti; molti e quella passeggiata e par- con l'immagine cajuoli. ge- con pompa, a mezzo dei peperoni farsi teciparvi. Al mattino mano in che dura un bel pezzo. Alla , mangiar della lidi. che nella vigilia tor- di speciale, terra, costuma si la festa barche da Napoli tutte pavesate poco distante da sera, nostri grandemente teneri marinai) sono altri sui Cassano (come In benedizione, e è la processione, vi e gli stendardi dei bar- punti stabiliti povera la fer- si gente offre dei ceri. II marinajo non naturalmente anzi spesso superstizioso. Specie colo, subito fa voti alla Maria la Vecchia in Madonna Seano ed Sorrento, dove, oltre , i soliti a solo è se del si religioso vede Carmine, ; in peri- a Santa Santo Antonino simulacri in cera, in \ ) non J mancano mente e de' quadrettini raffiguranti la , dipinti nave in molto arrandellata- tempesta ; quasi tutta coverta dalle onde, e vicina a sommergersi, col — 159 $ ^ nome ( p / e qualche altra indicazione. \ scalzi l , quadro col aver fatta una II 65-70) , in Vi sogliono andare a piedi mano od appeso (cfr. lìicssa ptx:^u!a, cioè mendicata , destra a questa chiesa con bel soccorpo, si '( ma Un sapere. restò accecato. Y: vi vede dipinto si in avanzi gli non po- è si tentò scavare con audace op. cit. a sinistra. In e serbano mortali del Santo; in qual punto siano, tuto dopo al collo, de Bourcard, zappa; la questo at- un miracolo: suda o ^ teggiamento. Ogni anno, ^ trasuda la statua e tutta la ( umida, all'insolito \ accorse e \ di ! compagni,, nuotando ed andando in alto mare, furon ( sorpresi da una \ altri i dall' entrata recaron chiesa sottoposta, abbastanza prodotto dalle molte genti , ardere de' copiosi la corse con fede Sotto ceri. vede un grande osso si , calore ripete di balena, che ne inghiottì uno^ cattiva al nuova santo, alla volta la balena. Vari onde madre. Questa gli ri- quale fatto apparecchiar due il uncini di ferro da un fabbro ferrajo, andò alla marina e cavò dalle viscere della balena ed ucciso il mostro, lasciò Sulla statua di S. Ganzano l del ( dal chiostro di Antonino (5/d/. e il giovanotto sano e salvo; la costola, in di segno Argento v'è Fiori, VI, 7). Si dice Monte Casino in di trofeo. uno scritto che venuto Castellammare di Stabia, presso San Catello, lo ajutò nella cura delle anime. Poi vaghi di solitudine, si ritirarono sopra Fagito, dove loro apparve San Michele, che impose edificargli un delubro. Di lui ha composta rentino, più gran fede; e, la vita leggendaria l'Anonimo sor- volte ristampata. I marinai vi hanno una tornando dal viaggio, una 140 — visiti na è di rito. Ne minore Madonna e quella alla 1830, quando fino al noni per difendersi dai Turchi, torno andavano , A proposito...., S. M. del L. come giungono mandare per qualcuno a casa sparo di lo colpi. (V. Liguori, Lauro premio della cose recano ! porto non mancano l'imbasciata, avrebbe rimorso o seta, tunque cipio, ed al forestiero di si , che veraggio, o Poi, caratteristici nastri non è molto antica quan- , presente, abbia assunta serie proporzioni. Si , a A Luigi Gargiulo. prin- restringeva a traforare un po' di legno d'arancio è trovato si Non qualche lavoretto d'intarsio in di disegnarvi delle figurine con inchiostro a belle ! toccando Sorrento, , non provvedersi de' fettucce, massima parte in , vi '0 paesi visitati specialità de' legno: L' ultima industria deve vanno o buona novella. E tornando quante Quante altrimenti d' un di al ri- diversi 42-3). p. in spontaneamente, sempre col pensiero d'avere in che , partenza ed alla con salutare a del cran forniti di can- bastimenti i modo gname colorandolo ; cinese. d'adoperare ogni specie e quindi, secondo la di le- ì s ; ) \ ; ^ figura e gli \ abiti tema adatta si , il colore. Ma non lasciamo nostro ) loro, son pre- \ un og- \ il ' ! Se un compagno rimpatria prima murosi di mandare un'imbasciata, una gettucolo qualunque alla famiglia. di letterina, R quando si costruì\ scono bastimenti, ogni popolana suol i figlioletti alla marina a raccogliere tiurhe e fuoco, onde dicendosi marina, si mandare . che uno va a fa vuol significare, che è povero. - 141 suoi i trucioli tacche a pel la J ì \ ? La pesca non molto copiosa è simità dell'isoletta denominata menzione cente. Si fa un privilegio della dal ma non manca, ; Salerno eJ specie dalla parte del golfo di i Ni Galli. Capasse {Op. Regina Giovanna Carlo, in data 20. VI. 1519, in cui eh. p. di e si prossi- in l'uso è re- 251) di suo accennaai figlio — e pi- scatori della Città di Sorrento e Gabellotti delli pesci... con Vincenzo Gagliano mari tonnare della affittatore Galli in Principato Citra delli una : Marina Grande alla a Sant'Eligio e la terza al nostro mare, verseggia Si t'aflfacce Tu Cantone. piscaria — ». delli Vi sono tre di Sorrento, un'altra Il Pica, parlando del : a Prospietto o Mpontamare comme vide n'acqua a 'no cristallo... Nc'affiure a ghiocà' a commà-setella Lo Indi, cefaro, la treglia e l'alecella. dopo E Le a ancora a celebrar l'onda essersi diffuso limpida, continua : còfere noe piglici patelle, Tutte li li te si mine spunnele e l'ancine. pisce teneno 'naddore Che sentono de scoglie, che conzola. E no' te dico po' de lo sapore De lo palammeto e de la ricciola, E de lo tunno grasso e faudiante E de lo pesce, ohe ha la sp.ida 'nnante. Sui il nomi de' pesci , si può riscontrar Voc. looì. comprendente le voci volg. ed in ai Ir e contrade del %egno con ist. frutto con cui in Nap. appeìlansi animali di essi con la sinonimia scientifica ad 142 (rg-ii) parti d'Oron^io Costa p l Napoli, Fr. tAiioììno, 1846. Cfr. pure I Voc. de \ T^ddre degli voi. II Filop. Eremi voce la pesce, nel commedia: 28. Nella p. Gran // 'T^wi/m/Jo (V. Martorana p. 137-8), S. Vernacchio, con una spasetta ne di pesci^ ricorda pa- recchi coi vocaboli vernacoli. Per qualche notiziuola 1' e : riscontrar pure / marinai, naviga- de Bourcard pescivendoli nel Aggiungo uno scherzo pianese 1-13). (I, rematori pescatori, tori, potrebbe si Dalbono articolo di Carlo Tito A une, a li La mamma, roje, a li la figlia, li : tre cancelle, la scauzarella, che ghieva pe' mare, L'aucielle, Quanta penne, che ne purtave; Ne puntava vintiqualte, Une, Farmi treje roje, inutile e quatte. accennare al mito delle Sirene, essere metà donna e di 'voce COSI armoniosa da ammaliare metà pesce, con una o due code accadde ad Ulisse, Punta alla rentino Onofrio Gargiulli blicato, in Napoli, nel como. Spesso, i la , di a promontorio Sirene, vi Sta/io, (Sylv. KAthenaco il quale Sireniini - 143 pub- o scol- nella parte esterna di dubbio ha queste vergincttc, se Plinio (III, 5), sor- Domenico Sangia- nostri marinai fanno dipingere star fede, oltre a che 18 14, presso o bastimento. Nò dimora come Il o Gargiulo (1748-1815) ne una Sirena nella poppa, o una barca qui Campanella. argomento per un suo poemetto. Le tolse pire della e ricca naviganti, i L. Il, scrisse e. : quondam ritenersi dobbiamo 2 v. pre- i), an- Snrrentum ciim sede. Anzi il Gargiulli ritiene giunsero punto le che , « pietra hi Apollo di dove », Sirene, ricordata da Igino ifab. cxlj) è ap- questo promontorio, e precisamente dove in si dice Kyicrapoìla derivata, a suo giudizio, da apxx Ar.òX- E che Xwvo; (p. 47 N. 4). Strabene tempio il vi fosse, non pare che ben V.); anzi (Jib. l'Anastasio {Liicubr. in SnrenL Antiq. lo dice dedicato a giunge Giunone Argiva tori. La stessa (non ricava eso),of/.T)v Ecco poi piace la denominazione voglio discutere teorica via óòov con le alla sione, scortata da un quale di , anno , ogni da Sorrento strada, , dove Torca a prendere incomincia. Di coste bagnate dal Gargiulli mar pestano, si la là, via i il seguito al sia sulle le fa- , monti nome alle si vuol Visita in Sirenuse, e per la stessa via verso la sera; stata questa non in- porta a visitare una rovine del tempio di Apollo. luogo onde fatto mi nel scendendo cappella, detta oggi di S. Pietro Acrapoìla, che fondata da 7). una proces- prete, che, attraversando Sireniani^ ascende ad un' altura !) (II, allude, e che si Pasqua medesima la adora- suoi bene o male se « Parte, : festivo di cendo costantemente i Torca, in Massa, la parole del stesse generosamente dimenticato secondo giorno di , Ag- 51-2). tracce delle cui parla Polluce di , costumanza riferir p. le quale anche qui avea il , (id. greche offrivano ad « sacre legazioni n, che varie città Apollo Pitio apponga 247) quando II, appo noi riscontrarsi tuttavia , c'informa s' vi è parti restituisce. si usanza tra memoria ; i ond' I — 144 Del tempo in cui Sorrentini introdotta, af- — è che a credere siamo S indotti essere la {Op. tilesclii ». Pitrè Il nel , VII conti, il IV voi. diavolo una , e costumi gen- dà , Novelle Rac- e 421-2, scrive: Nel e Tradi:(ioni sorren- delle da Augusto Kòpisch e verseggiate raccolte Fiabe delle 'Biblioteca, p. demonio promette de' 52-3). p. delia sua 'Barcaiuolo e tine medesima un avanzo cit., , un un pescatore oro quanto a ce n'entra nella sua barchetta, a patto che egli, sposatosi, gU dia a sette questo nascerà. Cito stranieri poeti dei anni il primo riscontro contemporanei tradotti Strafforello, e corredati di biografìe, Né p. Canti nei da Gustavo U- 199. {Torino non avendo nione tipografica editrice 1859), Kòpisch figliuolo, che gli dall' Italia il libro del ». voglio astenermi che faccia — Lampa — Chi di qualche riferir proverbio , caso nostro. al spisso, accosta pe' isso. sta a mare nàvega; chi sta 'nterra — Oh che viente — A quarto quinta nu' — Frevare, punente mare. — Luna marenare cuccato. bellu ! a beleà' n' aparà'; jòreca. è 'o maestrale. a pesca'. a allerta, — Quanno fatte truvà' navega tu navega; quanno he navegato, sarvato. — Quanno 'o canale {eli V^Cessina) rormc , o sce- rocco, o miezejuorno. — Arena rossa, nu' se mettene nasse. — Notta longa, pesciu luongo curtu. — 145 - ; notta corta, pesciu — Cu' l'acqua — Sarpe, addò — Chi vo' o scature, freta nu' se pegliene pisce. pigile là pappa. fa' Tha da puvcrielle, figlie 'i fa' o pe- pigliaucielle. — Quanno mare — Carne giovene muorto, è 'o 'e viecchie. pisce e pisce so' bive. Pesce cuotto e carna crura. Come tutti paesi in riva al mare, anche la Peni- i sola Sorrentina tempo a suo , sioni barbaresche, ricordate in All'arme ! ne' miei anche fu esposta alle incur- All'arme! La campana sona, Li Turche so' arrivati a È , un canto, che comincia: Cani! Pianesi la (n. marina 95). Vi sono varianti appunto perchè in altri vernacoli, fatto il si e ri- pete pure altrove (Cfr. Finamore, Focab. Abnc^. p. 271 n. 7; Imbriani , C. delle Pitrè, nella Riv. Bolognese, del pop. Nap. \ ^ , 1870, II, Giugno 1558, nel 13, nel Capasse {Op. fu quella de' Turchi come di 397; cit. Sorrento in può vedersi di cui la descrizione cap. IV). anche delle precedenti non mancano nianze, p. 768; Molinaro, C. p. 125). p, La più memorabile Ma Prov. vierid. voi. quella accaduta nel 1543, testimo- di cui una Cronichetta sincrona, serbata nella Bib. Nazionale, parla in questi termini — ) (( Die xxiii junii Ioan cèrea tanta \ \ : 1543 Neap.... Avante di post di de ) larmata del turcho, Capitaneo \ et ] S. ) generale Barbarossa, quale erano circa cento cinquanta ) ì vele et se patriavano sopra le bucchc de Crapa, et se \ 146 — diceva che aspettavano Conte de lo galere de Pranza Capitaneo le languillara de trentasei galere; però non faceva motivo ncsciuno cita de Sorrento sfrattò de lo Greco dano Mem. , et mare stor. argomento mar di Stabia %egno del ». Vico — : — Massa « di , l'amenità del luogo Torre Gior- 218). Al che , Sorrento tomo (cfr. II, p. contribuito un , e il Genis. Lib. I, 44 ; 456). pochetto X, 102), donne, celebrata nei canti popolari e ne' versi de' poeti laureati, diciamo così per derei la (\'. (Cfr. pure Costo, Comp. della Istor. ritiene avervi e la bellezza delle — G. B. del Tufo sullo Vico di Nap., ediz. Gravier, E qualcuno » di Fratta maggiore, p. potrebbe ravvicinarsi un verso stesso , la tutta la Costerà sende vende in Napoli, Castello ad , ma : mo' d'in- : Q.uei lumi, quei begli occhi, e le bellezze Q.uasi tutte divine. Dette Cosi le Sorrentine, Che col vivo del volto e belle irezze Son tante inespugnabili fortezze. il del Tufo. Il quale non manca celebrare di anche Anna Corriale, Che con lo sguardo sol certo Serva e soggetta tutta (Volpicella, op. Lo specchio de le cit. la farla Turchia. 157-8). Anzi, in un raro libretto bellissivie , donne napoletane di laconio Beldando (Nap. per Ioanne Sultzbach alemano, 1536), vi ';,Mc\ è quest'ottava riguardante una sorrentina ^.^—^.-^^-^^ - M7 : p ^ •Giovanna Mastrogiudice resta ci Bella di modi, e bella di presenza, Che con il lembo Par ch'asconda Vada piena di sdegno Si come da Natura Fu fatta anchor vaga vesta della E non in eccellenza primo luoco aspira al solo queste delle genti di ai ! honesta, e invidia Et più s'abbella, quante) più ziose ed affascinanti non senza e che faccia, la Ma ! E la s'adira. ve ne sono tante loro bellezza, e mare ha fornito uno la di gra- partenza dei temi prediletti poeti popolari: Site chiù bella vuje ca n'è la rosa, Nzo, che ve vede, Nenna, oje se ne scasa; Quanno pedezzullo 'nterra posa, 'sto Ogn'ommo s'addenocchia e 'nterra vasa. Ah! se me toccaria chcsta pe' sposa, Chi me farria asci' chiù da la casa ?.... Tal canzonetta zetti; e mi ricordo S. Pietro a Majella. briani Ma \ sorrentina (Cauli Due altri delie prov. E non mcrid. voi. II, p- 361 è insolito , ò l'addio, che rinajo, pria di affidarsi al furore delle tima serenata Bideri, op. alla cit. p. Io vengo, Ca lu il Qjjanto me di e 397). il canto giovane ma- onde, rechi un'ul- sua bella, al suo mesto sospiro. (V. 125). Nenna mia, a cerca' licenza, patrone a biiordo m'ha chiammato. Lo sape Doni- dal Conservatorio canti sorrentini reca l'Im- commovente più malinconico e della partenza. musicata fu d\'iverla vista nel pare addura chisto core — 'sta partenza. 'nammorato 148 — ! A becine toje t'arraccomanno le Che non m'avisse Non passa, E torno a La te a manco che m'abbusco a parte, anno, 'n marina de Sorriento. la La spenno 'ncuollo a Appena qua' mancainiento. fa' prometto, viaggio 'stu Ncnna mia te, bella; a lu paese arrivarraggio, T'accatto 'nu lazzetto e 'na spatella. A Tu marina affaccete dimane. la Vede' voglio te da terra Da buordo I versi, come me io primma de partire. vasamane. faje 'nu responno co' sospire te non sono vedete, forse, ! d'indole schiet- ma ritraggono, a meraviglia, il Come lei resta mesta all' amara tamente popolare; stato delle cose. tenza Pure dovrà venire ! volta Tannetto si il momento prolunga, o Gli è fedele e costante lo possa affretta quest'istante al rento), a pag. // : ritorno 16 del volumetto liche Toesieii aiis alien E : Miindarlcii coi voti un canto del ! tem- la XVII-309-10) tornare in porto. fortunato. Vi è proposito, intitolato Non monta E quando pesta imperversa, prega per lui (cfr. Pitrc, che sano e salvo par- del ritorno. Tal- raddoppia. si stesso. vero , marinajo /ìgriimi che fa (Sor- Voìksthùm- : Ilaliens iiiid seiner von Aiigust Kopisch. Berlin Inseln, gesatnmelt iind iìberselil Ganti 1838. È vivo nel nostro popolo; e con simile intestazione, fu edito, mu- Verlag von sicato , trasse) fin nel Gustav dal 1825 (donde, fascicolo certo, al sesto de' — 149 — il Kopisch lo Passatempi sia raccolta di ariette e diicltini, ecc. ìà^ tuttora Napoli R.''' musicali, Litografia comincia: intedcscamcnio Militare). L' ìiomml nun wieder, cr koinnil niin iviedcr glio recare testo il Chi rice ca Comm' : mo' vene, a 'na luna le Doje parole oje ca mo' vene! voglio asci' 'nnantc. nce voglio dire: io po' Ch'aje fatto fora, eh' aje tricato tanto Mme Ora E mentre sarebbe ? n'aje fatto piglia' malinconia, pe' ora Ma mo' Zitte, Man sa^^t er Ma e me: ! 'no pasto de chiaoto ! che torna a casa Ninno mio : zitt'uocchie meje, e no' chiù chianto i fidanzati importunità sì con continuare la Perciò è meglio far punto; e ripeto anche dei nostri soliti novellatori : Stretta la foglia, larga la via. Dite la vostra, che ! rallegrano del felice ritorno, ho detto ISO — la mia ! mia io, cicalata. come uno GAP. VII. GLI SPIRITI. RISAPUTO, che assumono diverse torme, e 'fi" manifestano variamente. e de' nefìci malevoli. far la penitenza alcuni luoghi. Ve ne sono Quest' ultimi ricomparendo, Mi e si de' be- devono penando in restringo a qualche fugace accenno. ^0 V^ùtnacieìlojiì folletto, specie de' Lcmiircs de' uno Romani. spirito familiare, Si abito ecclesiastico con zucchetto; e beato chi par glielo. rare. Si può strap- fonte d'una fortuna, ch'era follia spe- la vede recitando le L una mostrare in suol di sfuggita; e, spesso, l'uffìzio. Anzi, a tal in luoghi proposito, romiti, mi piace citar parole dello amico Correrà, che se ne è occupato. (Basile, I, 29). (( Talvolta era un vecchio venerando eoa parrucca e codino, che sa liva e erano all'oscuro, e tirava il s^ndevaje campanello — iji - scale, di quando questa o di porta, quell'altra con grande paura degli ciata in corpo. mezzodì che s ? Spes so era una serpe che veniva ogni > che paura la quella data casa, per ingollare, un piattello, in era serbato gli con abitanti, e loro aveva cac- gran suo contento per od un , altro animale sovente era un elegante giovanotto più ordinaria è Somministra la qualsiasi, e Pure, ». forma la prima. \ monete delle , ) ai suoi devoti; e qualcuna ^ il qualcuno è segreto, o nemico, serqua giunto ad arricchire. Se Io ! e talvolta anche qualche peg- giore vendetta. Fa cadere un oggetto e rompere nasconde un nirlo; altro, e vi spegne il fa più nulla. Anzi, deve aspettarsi una dispettuzzi; di guai chi ne svela anche solo trapelare lo lascia non ha e Ma lume, perdere fa e siete solo; vi fa udire dei vi la lascia all' testa per ; ne rinve- oscuro, mentre rumori spaventevoli e simili. Alla parte di basso Meta, una ragazza aveva avuta l'infelice idea di confidare ad un'amica, ciello_le a veva fat to^trovare scale . xM una- il _ Egli se ne sdegna, e colta l'occasione, che era ata a sciorinare 1 ch e un napoleonejvicino_alle_ il bucato sulla terrazza, picchia la che sviene, e bisogna soccor- santa ragione, tanto rerla, e ristorarla col liquore anodino. Un'altra alla si aveva formato un bel gruzzoletto, grazie munificenza di lui ; ma una cugina, più non rivide delle monetuzze d'oro il essendosene vantata con beneficatore; anzi e d'argento, posto al rinvenne del car- bone. Ciò in punizione del fallo commesso. In Meta, una madre vedeva che la figliuola si for- Jì? \ > 'O/ad niva di abiti, di oggetti d'oro, e simili; e sospettò che^j Ne fossero doni di qualche seduttore. La madre Lei nega. sistenza. percuote, Einalmente la mattina, disfacendo guanciale al segreto, la chiede con in- liga vicino al letto, e la poverina confessa, che ogni letto, trovava sei il non rinvenne più nulla, sotto! carlini, Ma, svelato depostivi dal Monaciello. , ebbe a pentirsi dell'insistenza importuna. Un dal Munaciello bilia via , i e prò bono pacis ; e solo gli restava facchini quando , me vengo; mo' lui, « : il letto vento. Pochi anni disse , casa la che fa, la abbasso notte dagli ed al spiriti che malalingua di non so chi si nome Rosa mattino hi recavano mo' me ne , nova! ». Era anche alla per incutere spa- Madonna Monaciello il erano di Rosella, con gran monelli, che, de' notte, lanciavano pietre per essere più Tcgiano da Cortona, a mo- ogni pure ! comparso era rubacchiando sicuro. In che sua vittima. Figuratevi la terrore del vicinato, mentre al , un semplice pretesto è mutar casa, pensò udì una voce, che ripeteva, si che sloggiava, seguendo Talvolta , trasportato Mo' me ne vago ne vago a l'irritazione dell'altro si Aveva fastidio. lieve tono tripudiante in J lommella era continuamente tormentato sere di con non il mamma e tardi la , i ricorda una certa Margherita Capurirota, travagliata ogni quali la rotolarono per le scale; trovata morta dallo spavento. Qual- mormora, che , sendo stata la ganza ed avendo raggruzzolate parecchie nete bianche e gialle, un ladro, fìngendosi 1S3 — uno mo- spirito, avesse le un'altra fatto E brutto tiro. il voglio qui quantunque, forse storiella, riferire appartenente a diverso ordine di tradizioni. Si narra, che vi aleggi lo spirito di Mirichicchiii, di- minuitivo di medico. Rimonta l'archiatro; mignolo. Sembra, che il suo Ma il signore a Mirichicchin e gittare , campagna, Sotto-corte dimorava la Ma mistero. Mirichicchin no- di lui. il capo sottostante nella perchè nel superiore Castello , popolo nel mano mozzare fé' avanzi gli È una Corte. era anche la tempo, a il una trama contro fosse ordita cui vi in , si Duca, avvertito tempi dei Duchi. Era a"" un nanerottolo, donde statura e di vendetta, che è esca a tarda restato notte, si perde nel che lo spiritq_di_ , ^ri e e rigiri^ con^ un a lanterna in mano, nella campagna, dove cadde su o cadavere. Cerca, cerca, fino poi sparisce. Cerca le ossa il canto del gallo, e al disperse dalla vanga del_ contadino! casa di qualcuno Talvolta va in e picchia esser per con le nocche delle dita. apparecchiato da pranzo. lui. E nessun deve gustar _sa2£Ìa di sale Se . gli , specie sul tetto Segno che vuole Bisogna la cucinar solo vivanda, neppure s^ piace, se la trangugia, lascia dei denari nel piatto, e torna qualche altra volta. Se no, vi sporca e Felice chi è svelto da via. strappargli il berretto_dal capo, mentre mangia, o in una delle sue ricerche notturne! Otterrà molto denaro, o giungerà a strappargli lui custodito. il segreto di qualche tesoro nascosto, da Ma chi sarà - il fortunato i4^— ? La non è i faccenda da poco si Spesso ha !.... morde per isdegno ed esclama avvisto d' una simile insidia l^unti, quasi Al Capo si ricordano lib. II, , più Sorrento, e proprio gli spiriti della villa non torna. pollici), Ed » ! In certi contrada Puolo, alla Pollio Stazio, 5)'/z'. (cfr. Allo scoccar della mezzanotte, car. 2). denti, e i i confonde col Monaciello. si di berretto fra quisti e quisti, t'accereri « Si avissi : ii mani (non avendo le si vedeva sorgere dal mare ed andare a quella volta una fanciulla bianco vestita mentre un bruno , alato destriero, movendo cavaliere su d' dalla città raggiungerla, eseguendosi una'infernale tregenda. che all'avvicinarsi dell'ora, rinajo, prossimità, interrompeva frettoloso le vele. — « la mesta canzone qualunque , e siasi cosa, , specie tare o passare alcun mentano, recano le sedie, i nei siti più recon- p. 82). E non ne Non campagna. lasciano abi- tranquillo per la sua via. Tor- de' dispettucci, fino a metter sossopra farli entrare, vi è granata od un bacile porta. fra le tavolini e gli altri mobili. Pure, per non una cani stessi, coda la qualche rivolo, in una grotta, in una casa, se solitaria e di , i con , in aff'rettavano a mentre che gambe, andavano ad accovacciarsi diti )>. (V. Ganzano Op. eh. VII, mancano si non ne sarebbero venuti grande spavento di raccoglieva e contadini dei fondi circostanti I chiudersi nei loro abituri dando segno ma- Il trovava in quelle si dei Nobilioni, dei Capece, dei Correale, fuori per un affrettava per si , Volendo contar le — pieno d' il gocce, deve 155 — rimedio: pórre acqua vicino passar alla molto manca la già dentro, non vi è opportuno di tempo; e nasce di spiriti maligni d'inoltrarsi. rimedio, a scongiurar farli meno Ma, iia sono se che non qualche da non venerdì {venerino) morto un era comodità creda si Chi prete. punto paura degli Meta anzi gli appariscono di rado. In ; non tale, buona di Una vita. fighuoletta del vicino colono, che soleva recar del latte in quella ( f^^-^h < ' ^ famiglia, una sera trovò aperto l'uscio di casa nessuno ed mezzo un ^ stanza. alla ffran malore onde poeta il cui non immortali , ne prese e ; guarita. affatto , sottoposti a leggi speciali, dolere di non poter morire. fa le e sono naturalmente benefiche. Esseri Le_f^ite, ijìvece, soprannaturali spaventata Si ritrasse di senza , che ballonzolava in ritratto' dell'estinto, il Fanno diventar bello un brutto, arricchire un povero, ringio- vanire un vecchio. Nel bel un vero augurio randosi cosi , saluta la , della « : se la propizia. bona 'nibriana (Ediz. quanta curiosità delle fate. ci Bona Il Chi non ricorda (V^Canzano, bella popolana , ^Mbri ana ! riti- » h (brutta E, e la 157 e 201 voi. IV). [Oh! cit. p. lasciamo quest'argomento questa sera", hanno pòrta In Sorrento, è celebre è la Bella 'Mbriana, Qualche Cortese ricorda de' tanti nostri novellatori , da bimbi, quelli di puta caso , i racconti Carlo Perrault; e , il Basile ? Ma ! ][ la fita di casa Mastrogiudice Ibidem, IV). Si originò dall'aver Paolo di famiglia bellezza, numero casa. sposata una Cornelia Maramaldo giovinetta di di singolare Amalfi. Si dice , che costei avesse vaghezza d'addentrarsi nelle scienze oc- 156 , Air uopo eulte. tal Marzia ammaestramenti profittò degli una di una vecchiaccia città di Scala, la janara, della ottantenne, orba, lurida, che ^n^ja^ scorta di un gatto nero, legato ad una funicella^ in pochi istanti cava dove meglio gli il lumicino talentay_a. Ogni abituro di lei; e dall' udiva si re» si , sera, dileguavasi miagolio il prulungato del gatto. Cornelia Tadescò con donativi mostrando desiderio unguento di bava rando strani fé"* scongiuri. Troppo E Benevento. ungere con a tant'altezza, , quello che segue Un vecchio, che mente la fa vestire Mastrogiudice parola e fa ammodo Indarno ! come si di '^•^-^^^ Sorrento, un La ricovre lei le fosse è , e la gettarvi conduce dopo nove tal muta , non , gittancasa in ; mesi ne ha un dice mai una sola chiede conto della sua condizione, trovata in quel sito. Allora, un giorno, apparecchiare un gran fuoco; e mosse con , '^'- forse Paolo, rinca- , suo cappotto; se Eppure figliuolo. p^^ seggio, vede sulla strada, ignuda una al il "^a^ \^ in fanciulla di meravigliosa bellezza. dolc addosso trovò sul mi ha raccontato un po' diversa- , Un cosa. la sando, vicino si Mastrogiudici da cicerone fa Cor- ! meno. Fortuna, che ''l^i^'àretpi^x.J^^ : Francesco d'Aprea palagio via ne fu spaven- arrivò ad afferrarsi ad un fumajuolo. Cosi terrazzo del magnifico mormo- filtro, libratesi in aria S' intese venir tardi. a fé' lei La resistenza. trangugiare un vedendosi poggiare nelia, tata. di rospo, di cuore di vipera, di cer- di Le vello di civetta. con andar d' L'ottenne con un po' dentro il lei figlioletto. presente, Ad un fa le tratto acquista si favella, e grida la comincia a parlare, e conchiude pompa parentado il al come fatti i zeppi pieni trasformazione anche befania. cenci, delle fate, sarebbe nostri conti i che si di casa che, in quella ; casa ed , nirsi, le mura e dirsi Ma vigilia, mentre, donne solevano le non a notte chi la è tutto. , Le vada gironzo- prega può trasformar le lasci de ^ tutto, le len- Nondimeno, in cacio, e simili. storpiare chi di onde suol , bimbi, che essa abiti nelle a' regalucci nelle calze; che è capace popolari. definisce un fantoccio finestra. alla in zuola in lasagna, la fanciulli i danno ad intendere lando pro- qualche parola portava intorno quella porlo per ischerzo gole de' camini epifania di vocabolario Il nel giorno della festa, balie gran Tìefana. alla È una di con celebrano si Invece, parmi più opportuno spendere intorno momento quel suol dirsi, recar nottole ad Atene ed acqua Ne son fonte. e ; Da è di famiglia regia; e nozze. le Diffondersi a riferire prio, pietà. sa, clic si Per è in uggia. premu- bisogna mangiar delle fave, o porsi un mortajo sul corpo, o recitar l'avemaria della Befania, una specie San Giuliano (V. Notiiie istorìche del del paternostro di significato delle Befane, ftcc. con un curioso presso il idillio Giusti ecc. di Doni. Maria Marini di Benedetto 'Buomnatlei. In 1792, nonché popolari perdute in Vcneiia, 1881, le di Lucca Costuwanie ed arti Francesco Fapanni pag. 12-3). Ben diversa e la strega, o Jan ara, - 158- teg. magar a. Es- senzialmente malefica, e una donna un potere soprannaturale nio. Pettegoleggia, come femminucce le stizzisce si che , uno in naie napolitano permetto conversione il della ne han 'Domenica San Paolo , formare una croce. E chi si 'ì o e ; mi Il vigilia di il o stregone ) per evitarlo. \ rimedio è facile. !> ( s fiamme, / giorni ( Nella vi- \ tralcio va in , tali ? mormorando non si patteggia, fatto. San Giovanni il , mentre brucia da diavolo, il \ se- virtù stregonesche ridda, alla tregenda, sotto nevento. Anche nel giorno della è nato in quei Appare ; destro del paziente, dà anima e corpo, e tutto e della , il , Natale, vada allo specchio La notte alla non insignirsi delle so che strane parole. gli < i6), dal quale < un'estremità, passarlo sul braccio gilia di ( far di tutto Basta recidere un tralcio di vite e vuole , ad Gior- (I, chi vuol liberarsene e tutto finisce. tipo, il ne sono già occu- è strega onde bisogna sesso, in guisa da è gelosa Stregonerie, inserto nel : nella notte di Natale, di Nondimeno, creato Me demo- col , qualche periodo. riferir Chi nasce condo scrittarello vendica si , imagine e similitudine propria. pato che ha ottenuto , mercè un patto , > l 'ì e consacrata famoso noce di Be- < \ venerdì è destinato a tale oggetto. ^ j L'ha detto Pietro Piperno, nel curioso opuscolo < super si ili osa Noce di Benevento. ) Napoli^ per Giacomo \ per congregarsi { nate / le come fra 1' 'Della Trattato historico ecc. In , 1640. « Hanno di più detto luogo alcune giornate desti- in altre sceleragini che Goffliro : si quella del venerdì commettano 159 - siino , forsi perche maggiori per \ ') [ \ ) stro ^ella Gesù Cristo Signore Notte Piccinni cosi , 'Sta 'na y^ v6r~ ' '/ E • \ "^ ^ fc-o^_ ^_ (xd^ ^^ , L napolitano il Domenico la notte s'abbecina, viento, e copp.i : parte int' vastem lento, a 'no de diavole so' 'na cinquantina, Chi accavallo a 'no crapio e chi a Chi portala da 'n Veramente \ passione di no- 34). In quest' ottava da parte lontana e da vecina, Ddo , della (p. noce chiantata a Bcncviento, comme Li streghe \ ì scrive Nce veneno copp' acqua <^ j^^ ne » : Addò, ^"•^ memorabile giorno esser quel il 'n orzo e chi da popolo ripete 'no puorco, uorco. : Sott'acqua e sotta viento / ) Ed \ Sbtt' 'e nuce Veneviento "e caricatura, s'aggiunge in ! : Nu' ne quaglie, nu' ne cuoglic, '^ Maccarrune Taglie e l'uoglie. cu' Sogliono acquistar certi specifici Stregare , che ammaliare , verbi prediletti; e nella gì' la si , virtù del volo, serbano affatturare magata tal cune parole dell'Oliva E Ca fiale, , ungendosi con in E : putcva cu' 'nu pegnatiello. la natura e l'alemiente 'nterra, e 'naria fa' mille portiente. — sono i (1626). Terribili sono Cu' 'nu crivo, 'na suglia, e 'na vorpara Spustare , proposito, mi piace recare al- se diceva ca nu' nc'era para, te bottigline. ammagare Circe, scrisse Filippo Pinella Cìntia, favola boschereccia incantesimi; ed a in 160 £IP-. Per di rerà Le : chieri del nel solo il una barchetta tre ! di stregoni , e fattuc- specialmente sono importanti di cui Roma Ma non 1882. qualcuna Marina alla move si ! dormiva omicciattolo Avvistosi del fatto : saporitamente cominciò , quatto sotto la ! Un quattro! tremare a simmo gravidanza simmo Votta ca E, proprio, eran sfila. cercano , Votta ca : Si sospetta della di loro, e s'intona La barchetta Cassano di spingono in mare e la Eppure non è ticchio il girne a Tripoli, a prender datteri. di Vanno fatto. Cor- napoletano viaggio a Benevento. Al Piano, saltò compagne a tre Detto Giornale 8); e le Streghe (I, Zanazzo, libretto il Slrigibiis, lo scritto del illustrazioni del Sabatini, le \ riscontrare, oltre TDe : di Benevento streghe "Domenica della può altre notizie, si Bartolomeo Spina prua. a verga a verga; e rimase davvero quatto, (chiedo venia del bi- pessimo sticcio mezzo vernacolo , Le streghe ritornarono l'omuncolo ne ebbe moni oculari e nel Pitrè nezia il Pure ! sembrare trebbe , , a ed alcuni il Bernoni (£« 1874, p. II). fatto prima le mezzo italiano). han saputo da l' non ò locale vista. strighe. Solo e notte co' datteri stessa tre Si ; e testi- come po- , appo trova il Leggende popolari, Vediventano sette; ed luogo Alessandria. Hanno pure nonico l' , ; la la virtù di prevedere il futuro. di Carotto, recitando di notte l'ufficio, alto di un noce una strega profetare i 161 ca- più minuti particolari del naufragio d'un bastimento, che appunto pochi giorni dopo. Un udì dal- accadde In un fondo di Vico, vi erano delle streghe, che con mettevano grande strepito Ma nato. ispavento in animosa una persona volle tutto con vici- il com- altri pagni andarle a vedere; e s'accorsero, che avevano dei campanelli ligati Armati l'altro. piedi e saltavano da a' di fucili, un noce al- minacciarono di ucciderle, se non iscendevano. E quando furono a terra, le conobbero, e le percossero tanto, che non dettero più noja a nessuno. Se vanno in chiesa , nella notte di Natale all'ele- , vazione dell'ostia, debbono uscir fuori. Pure riesce loro impossibile, se_£ualcuno_si_ una pone vicino alla ticavo dire, che, al proposito stregonico, trare porta cojì_ ed un mazzoli noci Spi ghe in mano. Dimen- falce con frutto 1' operetta di Giulio si può riscon- Michelet Gianfrancesco Pico della Mirandola Strega di blicata nel volume quadrigesimo Daelli. Ma torniamo ai , ; e La) ripub- > della 'biblioteca rara,] patri lari. In Sorrento, accanto alla cappella olim di San Ga- leone , principio era a v' del secolo XII un tempio pagano. Vi apparivano streghe, demoni, fantasmi e mili. L'Ughelli, neìV Italia sacra, in Snrrentiun forma: — « pateret accessus ; concursus, ut nulli impune hunc enim suis pore; illum debilitahant mente; Doge si- c'in- Hic tanta delusio dacmonum, tantus contra- riae potestatis fiebat tcntabant , ». — Anzi continua in quel tempo illi facilis phantasmatibus cormortis descrimina in- a raccontarci, che Sergio II, della città, volle accertarsi propri occhi della verità del fatto. Armato con e solo, i una 'JY^ m.' 162 sera avvia a quella s' , Ad un volta. tratto trova si , cinto da un capannello di giovinette biancovestite, che, riddandogli intorno, sempre più lo stringevano nel loro cerchio illis : ungiiibus eiitn apri varco con il cente a tcrra^ con un il la Ma , to- : e si trovò gia- si una di quelle furie. Indi, ricorse quale purgò il , tempio, consa- il Santi Felice e Baccolo (V. Ganzano, ai Tegiano In di notte doli, si appo i \'i una mucca, , Op. ~ lissiva (f sciati, » pulcini il , o , , in sostanza, di scompare, si mandra una è ne- vento smardi pe- come dei seminaristi, ibid. I, 76-7). figliuolo presso al cennerale de : « Ti pigliassi lu vientu i panni arrove- t'^U^t^rV'*^ J.-t^-^*^ ^^cotti ^ti^ ^^'^'^ , si consiglia da noi , di tener ermeticamente chiuse' portele finestre ^^ fuoco, si un vento spaven- De Nino, pure dice dei si sul che loro Chi vuol ^premunirsi, nidossi t"-*^'^^'^ che gittarli tristu », (ranno), lo rimbrotta Ben a proposito notte i giro, in caccian- , sttippieddu'^ imQWo) , di ciò Un bambino (cfr. La madre, che vede ! o qualcosa dei maiali^ sogliono chiamarli, tristu di pure « lu vientu una chioccia con risce barile, Pónno anche Cinesi. sola parvenza. la maàri vadano una specie del simun^Md., te vole, core è i un quissimile sempre per vendicarsi gata. le bamboli per deformarli i viva_Jorza,Jn un ""a piedi, che ritiene, a rapire , e costringendoveli: la animo, III). cit. ha dilaniare fece spada. Al mattino sol colpo.... ad crandolo si braccio di uno di quegli idolivreciso vescovo Barbato al morsibiis et tuniqiie sibi certatim convellere. ;' se là- no, --^^^ \e entra la janara_ e storpia i Nò, camminando bambini. a quell'ora, bisogna voltarsi in dietro. Si corre rischio di rimanere impietrito statua di sale. lora si : Ma vi è un : quissimile famosa della rimedio per mandarla il alla ma- appicchi a terra un coltello con manico nero , ed e presto fatto. do di Pure, vi vuol prudenza, specie parlan- qualche vecchina.Il meglio non pórre farsi le mani addosso. Chi vi assicura che non sia una stregacela La r^^^^ì (cfr. T^à^l sima una specie fattura è di privativa delle Correrà, nel basile, an. I, matrimoni. i canzonetta dello Sgruttcndio ad tAmore, 7 È comunisUna 68-9). p. quella per fare andare a male ? fattucchiere ne Tiorba la -ti-e a Taccone (Vili) gli chiede, apostrofandolo pure Sca^- :(aììiniiricllo, sul che può riscontrare si il Vocab. dei Fi- lopatridi (II, 94): Gomme E li tu li core arruote, sbuote ì Chiù de 'nciarmo, I capelli ciò le li tengono ? \ cosi gelosi. spesso vomitano ^ono anche a far trecce E poi di morire un amante capelli. \ che > Giun- ( sa, si un nemico di ^ cordicella, e bisbi- \ gliando non so che parolette, muore ucciso, consunto, ) cui volete disfarvi. o come meglio la Annodando una piace.... si cucinata la ; vivanda ! Ma vostra ragazza.... o ganza è restìa o pensa ad ricorrete alla fattura; e ) de fattura sono un potente mezzo per operarla; per- donne ossesse le e piegherà comincia alle la bella.... cupide brame. suppongo Una o se altri, < \ brutta, ) canzonetta tegianese \ !... : \ — 164 — ^ M' fattu liai fattura, la Cu' 'na scorza E nel Micco Tassare lo sgargiato » per limonu ri china, che le promette Ca l' /?i ^ ammica de Mase mo" faccio te lo una va a trovare la suo soccorso il vec- : priesto e beloce. Venire cornino lecora E « comincia a piangere ed a schiamazzare partenza del ganzo, la -/. quando , a noce. la se facette dà' 'no pegnatiello -^^ Co" 'na vranca de fave, e 'na cajazza, E^e nianeca negra 'no cortiello, E sammuco de 'n'argata, e 'na mazza, Fece de cera po' 'no popatiello, E mesese parlare coninie pazza a Chflle solete lloro asenetate, Credjte da Qualcosa Pure di simigliante risultato il , Tegiano, ove marlo , e scure 'nnammorate. le il bimbo piange, fallu lu rimpetto o ppi' ventru bruniano. Candeìajo che soddisfacente. In e non via di cal- è vi medico assicura essere dolori passeggieri, il guaribili fra qualche ora comare è nel tutt' altro fu 18-9) (I, Diu, 'ncarma a comare, che il madre dà una voce vicina : — « ca mu' mi zi il (un po') zi ». schiatta suo mestiere, s'approssima comincia a palpare alla Cuiumnra^ mia, (nap. ^nk^ianiia) criaturu, 'stu sa la , alla sofferente, gli ricerca con — La culla, alla le dita l'addome, biasciando parole misteriose d'un valore contrastabile per fiasco; giuri. la guarigione. ma pertinace è Non riuscendo si fa in- un bel fede nella bontà degli scon- la , Spesso si - volgo 165 alla madre , in tono convinto lu « : criaturu Cummà', nun né quistu, ne quist'autu, ia pigliata aruocchi l'ani ti ! » Per sincerarsene, prende un piatto pieno lo pone dopo brevi intervalli, l'una d' acqua e bimbo, lasciandovi cadere, sulla fronte del tre l'altra, a g occe d'acqua , recitando paternostri e gloriapatri. Se le tre gocce galleggiano, senza sperdersi, vuol dire che è faccenda" cui deve pensare medico; se no, il locchi. In questa ipotesi a nocchi lu « piglia' Venuto, dopo , criaturi la viso L malato, accompagnando ((( differenza Cri sci, crisci dalla Binirica ! fattura ^ ! Se . prende una chiave mascolina volte sulla fronte del le , 1' e sulla varianti del dialogo Uocchie E e sputar e '^in atto con le rituali autore si ignoto, è gli si tante segnano croci per scongiuro (che con ripete pure da noi) si : si passa Y anello più fronte tempo che dura questo il ma- chiamare. a deve !) 1' bambmo; ovvero col pollice della destra tutto manda si )i il chi ha potuto essersi scusato d'una colpa involontaria\ (ecco ,a realmente è vi e sapendosi : maluocchie furtecidde a l'uocchi Crepa l'ammìria. E schiatta Al Piano si li maluocchie! suol dire : Aglie e fravaglie, E O Non si è fattura squaglie, nc'è', bisogna gelo, e dice : o nun nc'c, tirarsi ammcu ! 'a roce è sempe bona addosso cattive cose È : ! passa l'an- da credersi, un gran baccalare. - i66 — — ^ come chereco de Troja « lo », ovvero Sinneco de « lo ( Chiunzo j ne verrà sempre meglio. Se muore un per dirla col Basile, nella Clio (XXI, 229) » seguirlo due finché altri, giunge si prete, ? devono ( numero al tre, > : per- < Piovendogli su nel trasporto, verrà giù pioggia S per otto giorni. Si sogliono piantar delle croci, dove / fetto. consumano si col carbone reati od sangue, o segnarle di sangue ancora caldo, non il ) prossime mura. Chi, ucci- altro sulle dendo, lecca sul ferro rozzamente è tormentato dai rimorsi. E poi, chi vede continue fan-) quando tasimc, vuol dire, che omise Dar Nel maliarda, una donna, longobardo era un — causa di sacerdote buona azione. quel gobbo, che smarrì di una grave ingiuria. — si davvero non non mancano la strada, dopo lunghi aggiramenti Noce è poteva si Benevento, intorno di far così, qualche novella di la viaggiando trovò, per alla ammaz- sempre è racconta pure appo noi Si di notte, fortuna, alla quale stavano allegra- mente ballonzolando moltissime streghe con una nità di stregoni mirare so il tafi'eruglio in cui egli si tutti cosi in diavoli. e come, da una ( delitto addirittura; e la mali, tanti Ma impunemente. perchè, a volte a volte, « il <' della strega ad dritto zare battezzò, si delle parole. di E quella tresca, fu scoperto, strega, la infi- formatosi di soppiatto a quale lo invitò al portò con tanta grazia e maestria non ballo, , che quanti se ne maravigliarono; e gli presero perciò grande amore mezzo , e fatta , che , messoselo baldanzosamente portare una certa sega_di_ butirro, - 167 segaron con gli e veran suo dolore, essa, senza con un certo impiastro subito subito cicatrice la bello e guarito ». seppe condurre con di Peretola ; Lorenzo non Firenze di riuscì. gli Bellini in Pisa). sanarono Francesco (V. xxv Gennajo Il casa a compagno non si del buon gobbo altro del gobba, la gli rimandarono lo e un discrezione la e la cosa Redi, lettera D"". — Ma marzapane di 1689 al racconto popolare è, , (Li- per intero, nella Novellaja fiorentina dell'Imbriani vorno, 1877) n. XLIII: Idiit Gobbi, con vari riscontri i segnati in nota. Ciò che è detto delle streghe, va ripetuto anche degli Unico stregoni. singolari è assume (come s'è visto mitologia popolare : rasacco , , fondamento il : esser fornito di virtù per aver patteggiato col , Fracassone diavolo. Il quale anche altrove!) vari nomi nella Farfanello, Lucifero, Bruttabestia ed ; Tentillo, più o è Pa- meno fornito di corna e di coda. Tal fiata assume forma di caprone, di gatto, di cane, e simili. Pure mai a desiderare, in fatto d' astuzia Me conquistare un'anima. tarello : // dimonio , non , specie ne sono occupato nello nelle storie popolari, lascia se vuole scrit- inserto nel solito "Basile. Questo quando opera direttamente. suole valersi di altri pitato; renderlo, in entrar nel : una parola, strane, (^rlasette^ lingue, gorio III pretendeva il vernato dal demonio: si Ma corpo sbiritato. per lo più, di Fa un malcadelle cose atteggia a profeta. Gre- longobardo Astolfo esser go- — «Antiquus — 168 — quippe humani ge- — neris diabulus ejus perfiduin hostis (Lettera a Pipino del 755. Gasparino suo compare fuori lo caccia. ricorrono degli esorcizi^atori di mestiere misteriose parolette. Il si O^TTvv tutti Vi son qui. sapete, — di Melfi, adoperano che , come prete, ». Appo non iMa, come ritrovato della moglie, al ec). corpo del duca lo Straparola (II, 4) entra nel e cor invasit — Troya, IV, 692 certe vale delle preghiere e di acqua benedetta. Comunque, se è lui che opera, qual meraviglia tribuire strapotenza agl'indemoniati zuoli si La grotta ? afferma opera diabolica. L'aquedotto sulla strada che mena Barliario indi Bajlardo a Salerno o Bajalardo at- Poz- romano assegna a Pietro si , di al cui proposito il Finamore ha pubblicato una novella abruzzese (V ..uirch. per trad. pop. le D'Ancona ha È 1886, voi. V, scritto inutile dire, c\\q questi sizione libro del il flisc. I, 85-8), ed p. un articolo nelle sue Varietà maghi hanno (I, il 15), a loro dispo- comando. Gabriele Fasano nell'ot- tava vigesima del quarto canto del travestimento napoli- tano della Genisnleinme Liberata parlando d'Idroate dice: — « Ched era 'n autro Pietro Bajalardo ». nota, chiarifica : » Pietro Berliario rottamente detto Pietro Bajalardo suo gran pentimento, che il capo nato. di il , si che meritò per lo segno d'averlo perdo- vede oggidì nella Chiesa San Matteo Apostolo, Cattedrale lerno poi, in Santo Crocefisso spiccasse dalla croce, a dargliene Questo gran miracolo —E famoso mago, cor- della Città di Sa- ». L un protagonista realmente D fl-f|> — 169 — esistito , intorno al ^d >. ^ p quale, more solilo, sono raccolte varie si Lo tradizioni. I ) ricorda (Voi. De il II, Renzi nella Sloria della medicina in II 8). p. Mazza Il d'averne tanae historia (p. 33 e seg.) assevera il sepolcro con la scritta Petri Barliari gistri Era cultore goneria. Su Hoc est sepulcruni visto m. ma- ». scienze naturali, d'alchiinia e di stre- di di « : Urbis salerni- libro: nel Italia può lui riscontrarsi poemetto il Vita, : conversione e morte di Pietro Barliario, nobile Salernitano e famosissimo mago, composta da Filippo Cataloni ro- mano, che Comparetti ha ristampato il Virgilio nel medio evo. (In del voi. II, p. 283-306). Ricorda pure un' meno completa nel dal edita , 1799: Stupendo con la vita fra altra Marascandoli Con si vende ad un soldo è Si dice che una ripubblicata / più furono donna , < che trasportare opera nascose i i sassi, il Nap(ìli uno ! in testa di raccomandò di Tutto sarebbe , meno suo galletto sozì di Pietro che facevano a questi avesse docili all'avvertimento Tovesciato. Già - 1' se in in' ot- napoletano. dal 5; dai muricciolai. volta gli saltasse Guai galli. compirsi pria di posta Biagio dei Librai, n. S. nir di porto Salerno. All'uopo i ; data in luce da Luca Pa^ien:ia e piccole varianti, uccidere Lucca, morte di Pietro 'Maliardi famosissimo mago, e solito Luigi Russo, strada e si redazione in , miracolo del Crocifisso di Salerno, opera nuova per consolazione dei peccatori tava rima 'Documenti i Livorno F. Vigo, 1872. fordi tutti cantato rovinato. I un' avara di sotto un tinello avevano cominciato a al proposito. xMa, ad lO^ , un tratto, andò I alla quel maledetto gallo cantò chichirich); e tutto malora compagni gittarono mare in sportavano, e fuggirono stono a testimonianza isoletta bocca impauriti. nel golfo di Salerno, due i tre le questo di E detti dal funesto volatile. han confermato a spuntare cominciando , i ) /5w X '^'/^ sussij J—i form.mo una e così Galli tre che meritasse versi, che tra- Pure, esse fatto; cioè giorno. il pietre epiteto 1' che corrono , lo bocca in di : avesse 'o piiorte Si Salierno Napule muorte sai ria Nondimeno, adesso ! cerca rimediare alla si fallita im- presa. Il cosiddetto Bosco-di-Meta, in prossimità del posto daziario ed ora di pertinenza della famiglia Lauro, in diebiis illis un bosco; era realmente Niotte lo trasfornìò un in Per dire che uno è ma bel giardino Pietro in una . un biricchlno, ne ha perpetrato « Ne ha f;Ute chiù de Ne iia tatto chiù isso K^* '^ ca Catucce », sul quale ultimo nome si può vedere un conto pubblicato da R. della Campa nel Basile. Una notte Pietro volendo salire per la finestra da delle grosse , suol ripetere si Pietro Baialardo Ovvero: ». : « ^ una sua ganza, si fece legare ad dispetto, lo lasciò a a prendere Più curiosa il è libro del la una fune; mezzo penzoloni. Ma comando, l 'altra egli p er manda e subito ò liberato. fine, che in certa guisa, si avvicina a quella di Fausto. Pietro era vecchio e carico di colpe, e da un \ \ \ \ ^ mo- 'ì 'fy ^ mento all'altro Ma ferno. Pasqua o vi e avrebbe potuto andarsene dritto rimedio per il avendo Dà sole ^ andare come e via in ! che così quello la dice di uomo. dell' Ode una prima messa Roma il in castagna. Il secondo demonio^ già si sa, zione della mistica vivanda si un'altra confessa e , gli altro l' una gitta avrebbe voluto una por- onde ne , a cavallo insistito lo stabilito il che afferma , pone indi , zomunica. Poi esce fuori ed avendo , come andare Si ed ; lo licen- , Gerusalemme, ed una terza in Salerno •^per aver la parte vento diavolo zoppo al ment e trasportare farsi come andare preferenza la messe cantate. udirsi tre demonio per risposto di E pure zia. doveva Natale di Chiama un primo all'in Al mattino di salvarsi. fu sdegnato , e dette col piede in terra, e sprofondò e disparve. Si dice, che in Salerno, fu salvo si veda tuttavia questo fosso. E Pietro ! Rinomato in Sorrento, è (V. Ganzano, Op.cìt. V), (id. Vili), È sulla vi t^ il via che rano, che tino a poco vi e fa, il diavolo Casa Boccia di tesoro incantato della mena Conca Nar- a Massalubrese. allo scoccar della mezzanotte, mo^ appariva ujiJbruiio__gMyeixierq_su_^di^^ rello. Percorso tre volte questo spazio si precipitava nel burrone sottostante. Vociferavano esservi un tesoro. Allora vivea a spetto di > lommella un uomo audace ed stregone , roprannominato la in so- Canesca. Gli ricorsero tre giovani avventati, anelanti impossessarsi di tanta ricchezza. Vi aveva un libro, ottenuto miste- riosamente da un mago. Promise il suo ajuto ; ma LP— pretese da ciascuno l'anticipo di venticinque ducati, e promessa la di toccare un recare di maggio, con lunga di E ra bujo scala co me ma fitt o; loro fiducia di s' introdussero vi penetr ò te mpestato di appare tutto ragazzo oro gran frastuono nebra, trema perduti ! il gemme. e di monte, prima del tempo Si era toccato » tutto , Cenesca sclama e la di so le Il fan- un pugno. Che fiamme libro va in Il ! nell' antro. un raggio stupefatto, va per raccoglierne ciullo, e , tesoro solo a cosa compiuta. In una notte il che sparve per sempre, sprofondando otte- si « : Siamo tesoro il , monte. il L'infiltramento delle acque, in quel punto, avea for- mato molti stallattiti, quali in alcune ore del giorno i apparivano risplendenti come gemme. Poi allora coperti Anche avanza terriccio, e nulla più il Tegiano in ab antico fra le si in del terreno , di un tesoro nascosto, rocce del monticello Petrone sua forma detto pure vangando buccina « lu cuppulinu quelle prossimità, arso per la si mancanza Un ». fin una d' gli ti tosta , lagni chi ? » 'ne. monacu miu, « Zi' mancu (romperla), e a spisiLV — li sajetti ». di stilla si dalla prolissa barba 'sta ) agghiancarla \ essi' l'uocchi pi' monaco non risponde verbo. un pugno di terra, e comincia ad « Questa ' { « è ricchissima ! Là ^ '^" \ Per- : Il esaminarla con curiosità.— ; '; terra ia accuss'i potini mi poveromu m'hana palata S'abbassa, raccoglie la. ngi la occhi e bianca, dalla fronte rugosa, dritto ed atticciato che per , contadino dolea della durezza acqua e della fame che lo rodeva. Alza vede comparire innanzi un monaco ha li incanto. tale di ' ''^** ^ **' '*"; "> 'j— l j ,n^ yA* sotto {al Peiroiie) v' è un tesoro che guardava fouìi mentre impresa sempre e , . ! uno ha almanaccato come impos- questo tesoro sessarsi di dell' ca- E quando parlare. a Lu ». imbambolati cordone era scompatso il più d' secoli donne occhi monaco continuava il volle baciargli Da con trasecolato ; lì ma scorato dalla difficoltà , Sapete suo posto. al se- il monaco ? Recarsi processionalmente in quel_ che poi luogo; far la com unione ad una ca^ra^jiera greto del , bisogna sgozzare, per immolarla rita, farà dove pochi passi ed andrà a cadere proprio è sepolta tanta ricchezza. incorrerebbe nella preferiscono la mondo scomunica salute dell' ; punto al Ma, praticando e anima come sapete a tutt' ciò i , tesori i s' più del ! Ormai è noto A lu A lu : paravisu Chi ngi va', E li belli cosi, ngi riposi. 'mbiernu tanta genti, Chi ngi vai si ni penti. nu' servi chiù pinti', Q.uannu Chiama 'inta si nu' po' assi'. ajutu, ajutu, ajutu Santu Antonia Curiosa è e Giasucristu jettani piacevolezza la (Facezie, motti di genio custode. Fe- al et quel romito, il riferita burle ecc. Venezia, fuocu dal ! Domenichi 1571, p. : 235-6); quale voleva metter d'accordo Dio col demonio. Già pareva che fosse per riuscire all'impresa, tanto più, che la cosa quattro parole : si poteva accomodar con Peccavi, domine; miserere mei 174 ! E il dia- volo dirle Bene « : ? » — » E altro ! sta Tu « — !» fatto il — Dio !» a Tanta potenza doveva destar Di qui una lotta male santi varne ed il fra ; i continua basta aprire a bizzeffe, Anche Milton. i questa contesa, anzi di qui sotto piedi i invece nominare di poeti, puta caso s'inizia. e il Tasso il demonio il Nella chiesa par- )>. suol dire si Pitrè Il che ha noi di « : Chillo (XVII, 97-8) magno ricorda una storia del Santo, con , Tra debellata. bestia sotto a S. Michele! che sta bene il demonio. Per tro- il ha un San Michele vi , brutta la gelosia di qualcuno. tradizione popolare rappresenta la rocchiale di Carotto la incessante fra angeli ed gli , noi deve di clii sdegno. parti pieno di si Ma « Allora non se ne faccia « intervento diavolesco, in trentasei ottave siciliane, tuttora inedita. È di noto, che la Madonna l'ha schiacchiato in forma serpe, rettile, che e servito più d'una volta a rap- tempo presentarlo. Anzi, un ponevano le serpi recensione del titolata : Tegiano Grimm si dà grande detto anche Pnmpnuaìu. nella notte di Natale , fin ne' suggelli come si Va gironzando nella la il ^Cammoiiii hanno da il a es- Pumpunalu neonato ed occupare Guai chi non crede , pel paese, specie, in cui le incinte sarebbe capace di rapire culla. fabb ri dem Slangen. In JVitege mit importanza a sere più sagaci del solito. Sgravandosi, posto nella i può vedere d'un libro di Moriz Haupt, in- Kìeincre Schrìften, , , incoronate, tal il ratto suo ! In punizione potrebbe nascere un Pumpunalu invece d'un marmocchio! Di rado in questa D '75 notte fatale, i gio- vanotti recano si tale essere non in chiesa per Armato terribile. ,^s'imbrodola nel brago della via serqua bastonate di i son primo al a caldaja acqua ac- d' Cosi saltando dentro le finestre. malgrado, costretti, loro Ma Pumpunali rincasano impauriti. Le madri provvide pongono una canto all'uscio e sotto bastone, una mezza e scarica , 'passeggiero. sul tocco della campana,, attaccar briga con nocchieruto di prendere un bagno ed a nettarsi della sozzura raccattata di fuori. Pel fascino, volgarmente detto ne hanno scritto il Valletta, il dopo che la jeltalnra, Pitrè, e va- tanti altri lentuomini, mi restringo ad un cenno. Chi ha l'occhio piccolo e porcigno, o gli sbatte, o parla e sputa è un jettatore di sicuro, specie se porta Statevi in guardia ! anche occhiali. gli mirare un lampadario ma- Basta gnifico appeso ad una galleria per farlo cadere in fran- tumi; gittareunosguardo ad una gallina, che_fa l'uovo, buon per procurarle una cattiva morte; augurarvi vertimento , mentre vi apparecchiate gnata, per farla andare a male. svolto in modo L' argomento è tamente, non mancano de' rimedi. Antonio Schioppa ha scritto V ^Ant idolo al Fascino (Napoli, 1830). gli altri medium. cioè , Il marzialeggiando carrettiere, ove^ il il : stato Ma, fortuna- straziante dal Michelet. antichi consigliavano protendere di- scampa- ad una Gli dito medio, piegando Et digitum porrigito cavallo s'impunta, sputa tre_ volte al suolo, e sparge per aria uii^£ugno di terra. Così rompe il malocchio. I testimoni deporre falsamente, sputano prima a f^^^MJ:^^ 176 , quando vónno terra, yU*«-^* 4^ come uno *^ f scongiuro de' possibili mali, che potrebbero venir dalla Un menzogna. bue su di verde e Perciò di contravveleno sono unj>aip di un armadio o rosso il si ritengono colori avversi bottegajo appende il un portone. di delle corna cornai giallo, Il il, alla jettatura. cosi dipinte. ) Abbiamo cornetto pende mamma già visto, che la catena dell'orologio Forse cornette alla collana. l'indicare fida, 'no Beneviento vicino portone. al E da cavallo accanto I I, p. finestra. che v'hanno ferito col malocchio; non avete paura. E poi due foglioline Ma non so di ruta finir : è , appendono un ferro Le noci le anime le il ma a tre canti fuoco, è segno, sputatevi dentro, un ottimo preservativo. ci stringe i il cuore : le i anime dei santi. (Cfr. chant Lemural cursive del Lalins,PATÌs, morti loro apparissero, quali, nella tradizione vanno processionando^n elude sur costumano 70). Altri portatevi sempre in tasca Gli antichi ritenevano, che che senza trapassati. sotto forma di fantasmi, vale, (< questo capitoletto senza dir qualche parola d'un argomento che de^poveri godono od inchiodar due barbagianni servono, allo stesso scopo. Se crepita e dal^ quelli per valermi d'una espres- fabbri ferrai alla se l'ap- fascio di spesso anche forniti, si », sione del Basile {Pent. Voi. piantare un sjm^revivo, donna un tutto questo deriva che allegoricamente ne sono pagare la^ : corno^ abbondanza. il bimbo un al o d'oro. L/uomo corallo, d'avorio di alla pone 011 les 1884; D >77 frotta. medie- Sovente sono an- Georges Edon, Nouveìle\ Frères Arvales, — Du et Vécriture Mcril, 'Pocsiesla-^' iines popnìaires vi — ; ha malvagio, un momento la resipiscenza di pitali, in quando istanti, var l'anima, fino grida di orrore sia tutto è finito, la E ; condanne nelle mi si anche con un'elemosina minima. Le poi stiziati Vicaria , si ponevano in loro si loro la sua parte, teste de' giu- certe gabbie di ferro Queste anime, salvandosi, e trovandosi non mancano , le che eran a perpetuo terrore dei malfattori poter beneficare altrui ca- de' Bian- , dice Ciascun contribuiva per ! Dio. andavan facendo Si e falli, di cerca sal- si Congregazione ben morire. sante messe pei condannati perdono del ali giustiziabili. ai Napoli ed altrove, chi confortava a non possa avere e pentito de' suoi ; essere accolto sotto le grandi Negli ultimi Non Leggenda aurea, eccetera). quale in extremis il di alla , ! in grado di esaudire chi rivolge; di mostrarsi grate a quanti han reso Raccomandandosi benefici. a' buoni più spiriti, d'uno ha sfuggito d'essere impiccato, strozzato, afforcato. Formano da rinfresca le anime volgersi loro. in Le angeli custodi, specie posta a bella ossa di morti ; dagli avelli si fiducia. Sovente raccolgono delle fragi; ; si insidie. Son sono armate ri- di han percorso od ucciso V assassino, o fatto qualcosa di simile. molta bimbi. Chi spesso, han soccorso qualcuno quali, grave pericolo; lo han liberato dalle sorte ai del purgatorio, ha più dritto a ri- ed alleviare, Anche sulle elemosine sia i naviganti barche e sui vi per procurar dei suf- pure d'un solo istante, pena. è. 178 nutrono bastimenti la loro Le fiammelle o fuochi ritengono anime del fatui sì purgatorio. Oh questa morte ! quando meno ce Ma , in tempi altri che cogUe ci dice che si , all' con lo aspettiamo il la improvviso, e sua h\ce fatale. Signore mandasse ad avvertire almeno una settimana prima. Cos'i ognuno aveva l'agio d'accomodar al le cose sue; di apparecchiarsi viaggio; di farsi dire fatai messe per delle sal- la vezza dell'anima.... o sprecare in gozzoviglie fino Mandava ad ultimi spiccioli. un angelo non quale dovette convincersi il , avvertire, per buon vento. tirava troppo gli mezzo di che per lui Perciò, spiegate le ali, , se ne tornò nella sede celeste. In Tegiano si aggiunge rimediare in parte panìellu Si febbricitante. ( « ] ed avvicinatosi ) (f ì '« > ) sta' avea campaniellu 'e agli occhi , San TascaìeH! l ricavare dal Vigo, dal Peignot, Rechcrches ì sur ) J Una les esclama dauses des inorts. (Dijon, dan:(a dei morti del sec. V^rch. Trent." an. V si — Ne potrebbe hist. et Ut. 1826); dal Largajolli, XF! nell'Alto Trentino (nel- ecc.). Dico solo che - — 179 : truvà' » qualche notizia e ; — di pianto, indugio a parlare delle danze macabre. han discorso parecchi con chiede: Stanotte ne è venuto a mia. cam- figliuola la buon mattino passare di grembiale il visibile, (e forse a torto!) 'u — cummara Non m' buon Dio il angelo Una comare la ferma, e le figHata ? » Dà in uno scoppio passo frettoloso. Come vede dell' Una donna San Pascale. 'e ) ! che volendo un rumore battezzato, sostituì Ah , mancanza alla vi hanno anime dannate, purganti, scordate, pezzentelle, so io !"^Alcune stanno sopra, altre sotto terra in alto, altre a mezz'aria. Gesù Cristo, sotto non fermarsi mai di ! Quei 6 condannato a preti che in vita mancarono reckar lemesse, devono restare sulla terra non abbiano rimediato chiese dirute di al che e alcune L'Ebreo Errante, che respinse peso della croce, il : malfitto. campagna Escon di pallor della col finché notte nelle morte sulle guance allampanate. Celebrano messe silenziose senza suoni di campanelli , od al Le ascoltano quanti tabelle. più con lieve strepito in vita di neppure pensarono ad udirle. Qualche nostro vecchio racconta, che uscito per faccende ad ora insolita, ed entrato in una di queste chiese per udir messa presto, delle cose; e, istante s' ! //' è accorto della verità mentre fuggiva, tutto 7 -^m%^ i8o è sparito in un innanzi ad un albero di lauro. Che è Che non ? La sprona per rimuoverla. Indarno. S'accresce quando vede aviglia, statua della la Madonna con una lioccia e dodici pulcini di oro. Figuratevi • La quale ordina di trasportar il Ma tedrale. capi si zata sotto il nome di primitiva la il tra- ! che volea restare , pensò ad ampliare rinviene si rinnova dell'alloro. Si pie' sporto per ben tre volte, invano Allora tutto nella cat- qualche giorno dopo, più non suo posto, anzi a si ! notizia propagatasi e propalatasi, giunge fino al vescovo al ? una gran fiamma. a pie' dell'albero S^approssima. Scorge è me- la quel punto in chiesetta ; e ribattez- , Santa-Maria-del-Lauro. (Cfr, Ca- passo, Memorie storiche delle chiese sor renf ine, Napoli 1854, E 137). p. stata la anche Taborre tradizione ripetè, che quella effigie era ed onorata in oriente vista che per fuggir e la miracolosamente aveva cercato il dubbie. Il dai \ che risulta restaurata fu mario de' fatti 2 giugno indicati i 1748 del della lite fra poli e la famiglia , nel 1206 arcivescovo di Sorrento un documento in < Patriarca Antiocheno riferisce un'iscrizione, vescovi di Stabia e di Jìqua. zione Meta. ì da Alfcrio sacrata cielo di abbiamo prove non Dell' antichità di questa cìiiesa dalla quale monte sul , persecuzione dell'Isaurico, e presso il Ma ( men- ( som- ) seggio di Nido di Na- ? , allegato Vulcano. L' incoronazione vari miracoli. ) assistito Borrelli ne fa Il 1218 il , con- e nel si capitolo Vaticano lasciando queste ed fé' il sono altre notiziucce, voglio solo dire, che la festa se ne celebra — Ji^ 182 pompa con gran l'argomento pletamente nel giorno otto settembre; e che del- occupato pure è si P. Francesco il il Ganzano Liguori e più com- La Madonna , del Lauro, Stor. documentata del santuario di Meta. (Avel- Maggi, 1888). lino, Nel Rivolo mezzo impose glietto cui una Madonna su tufo ben vi è festa si celebra nel due luglio. Trapani alto, Domenico Trapani. tal vi al avrebbe mattino A Vergine apparve cavare in quel punto far perchè , un volte ad tre di eseguendo ciò in la del secolo decimosettimo, la sogno in Meta di serbati, e di sotto un , un rinvenuto Gli cespu- Ma tesoro. trovò quell'imagine. L'istesso si una vi fé presto elevare cappella , alquanto perchè trovandosi in un rivolo, non fosse so- verchiata dall'alluvione. • prima era nel casale Santa-Maria-di-Galatea nome, in prossimità de' questo nome Madonna. Vi stile di da un tempietto rina Galatea. Mutati la colli si , nella quale si bambino in giata sur una sedia col prima Si pretende questa la , aumentata la parrocchiale, e ed agli I altri U\ su ; si sagramenti. Mauri ed fin li i e Ma , al misero tutto sotto 183 - ada- grembo. del Piano. Ed so ne edi- , continuò ad esser precetto pasquale facciamo un passo Saraceni nelle loro - legno dorato, di rappresenta chiesa adempiva dea ma- alla popolazione ficarono altre nelle varie borgate la tal culto vi fu sostituita il pose una statuetta greco-bizantino anche quando dedicato tempi ed i di Fontanella. Assunse piraterie sopra , e si in dietro. spinsero distrussero m anche Dopo chiesa. la tornano vari anni, vi naturali, i senza darsi alcun pensiero del delubro e della statuetta, che credevano mattino armento voce, spine fatta pezzi. in primavera di 1580, un bel suo il in prossimità della quondam chiesetta,ode una che l'invita a rimuovere quelle erbe e quelle che nascondevano , Pure, nel donna pascolando una , donna non insistente. se l' effigie ne dà per intesa Non ; vede nessuno'; e quei ruderi. fra ma si la voce pone ad fa si La più origliare. Alla terza chiamata conosce esser voce divina. Subito, quanto fa le vella ; era detta, e scovre si Con grande e tutti affollano meravigliati. si una cappellina con popolana vi lampada e fiori Vi accomoda accesa ed ; ogni accorre a curiosare ed a recitar preci. Di cominciano qui imagine. l' gioja comincia ad annunziar la lieta -no- nella chiesa di i miracoli. L' imagine fu Mortora ; ma trasportata quei di Galatea dolenti andarono a riprendersela; e la collocarono in altra cap- pellina di fiori.... fu ritrovata nella La dimane, con meraviglia Mortora chiesa di adesso. Quegli ritennero, che e perciò la riportarono a si , dove di tutti, e anche fosse involata di notte; Galatea, custodendola gelo- samente. Lidarno! Si rinvenne nella nuova chiesa, onde la lasciarono andare, ritenendo esser questa lontà. Si conservò ivi; e nel giore, venne posta su questo quadrangolare a tuttavia si figura di in nonché il -184 - di troncata storici Ganzano). sua vo- la l'aitar una nicchia piramide conserva. (Cfr. Cenni ecc. già citati, dt^- 1657, rifatto di S. mag- marmo , M. dove di G. • , p Anche Santa-Maria-dcl-Toro-in-Vico-Equense di sì racconta una storia consimile. Non so che Caterina, storpia ed ammalata, in una notte del 1530, vide insogno una maestosa Signora: « Va, Caterina, e là, innanzi alla — — disse le nella grotta di Villauto, mia immagine guarirai svegliata, raccontò tutto ai genitori, e durla in quel sembrando ciò lonca serviva luogo. Kssi ». ! mostravan si Al mattino con- sollecitò a li repugnanti inverosimile, tanto più che quella spe- come stalla di animali vaccini. Finalmente contentarla, che vi s'indussero più per devozione molti per curiosità o per per altro. vollero , E accom- pagnarla. Arrivati nella grotta nudarla sotto uscirono l'effigie fede i si alcuni coloni , della Madonna. La Caterina trascinò a pie dell'immagine; e In quel punto fu eretta la La domenica nella terza Ma donde ! un eccesso in Di e finalmente , di rialzò guarita. si chiesa, che pure oggi esiste; forse la più bella del Vicano. posamente meraviglia magnifiche pareti delle fecero a de- si Qual delle erbe e dei dumi. quest'origine? È festa celebra si pom- di ottobre. facile a dirsi. Nel se- colo decimoquinto vivea in Vico una brava e pia persona, Natale Villauto. Per sua devozione fò dipingere nella grotta di in braccio. a un suo oliveto Lui morto, segno da perdersi luogo l'imagine che il gli fin fu la la eredi memoria; rinvenuta Cnnzano). La Madonna - Vergine col figliuolo non di i8s vi come ho Pozzano - badarono più esistervi si in quel detto. (Vedi trovò in un pozzo dove era occultata , qual proposito al ; Maria riscontrare V Istoria deìf immac;ine di S. può si di Polivano (Castellammare, 1859) del P. Serafino de' Ruggieri. Nel soccorpo magine appo , tAuxiliniìi : Antonino vi Ve Nella stessa parrocchia dal altra trovava Turchi invasori I im- confraternita la ne è un' Si racconta, che versasse lacrime e si e un'antica raccoglieva si Cristianoruììì. giugno 1558. nel 13 e quale {Fustigantinm). dei Battenti tolo di Sant' la ti- Casarlano in pugnalarono; la di stille sangue. un artVesco, rappresentante v' è Maria Palumbo pascolava jHia_giovencji in quelle_v|cinanze^ Da mezzo Vergine la cespugli a' bambino col ode una voce un secondo tutto al padre, poco a abitazione di solito anche Martire chiesa, che con relativa ai Padri Domenicani ; e trascritta pure nel libro dei esistente nella parrocchia di Santa Seano il vi la si e occupato al Canzano. è 1' imagine Forse è detta cosi perchè i riferisce l'immagine. Casarlano. Dell' argomento Maria Ricorre si le ritrova e 1425 fu affidata matrimoni del 1679 A scena quale Così da una relazione serbata nell'Archivio Pietro S. la nel , sulla guancia. Allora quale scava poco sorse una nel di Napoli. di a il ma ; giorno un terzo e un colpettino dette anche Li, Di' a tuo padre, che venga Lei non se ne dà per intesa » ! ripete ( : punto; e troverà una mia imma- a scavare in questo gine in braccio. festa nel due la di 5. Maria La Vecchia. più antica di quelle parti. luglio. Gran fede vi marinai; ed ultimamente ne celebrarono con — 186 hanno pompa , il Presso centenario. delle fiammelle accese, Pure Santa Maria , , tempo in tempesta, la ajiint /// Vico in Equensc ritrovata in una fu di veggono si ! Gra:{ie delle deciquarto secolo nel chiesetta questa quando imperversa guerra, o chiesetta mura quasi colma di terreno^ in vicinanza delle della città. Altra ve ne e in S. Agata della chiesa è una .bellezza: molto pure , secondo giorno festa ricorre nel La antica. Pentecoste. L'altare di mirabilmente intarsiato di madreperle, agate, lapislazzuli, corniole ed altre pietre Verso preziose. Festinese di Massa. La alla Madonna E si si due della strada, promessa la in si ! i lupi fermò lasciando (cfr. (jnassae, Op. celebra nel quindici agosto. cit. p. Capo Corbo tanella, fede, al fu di-i preda. A ^ San-J 4), la vi è S. salutano tempio di aggregazione delubniin di Minerva. festa di la Ganzano). il passo, nuova voto fosse che infestavano quelle contrade. Massa Lubrense villaggi, lubrense dal si il la fanciulla spaventata, fece un tempio, se vi tal Riviezzolo, con una semplice benedizione, a snidarono Anche d'un figlioletta La belva giunta vicino all'immagine muro mantenne t'Angelo e rapi la mamma, di edificarle restata illesa. pinta sul decimoquinto, lo scorcio del secolo venne un lupo da Fagito, Maria della I — di Ca- Lobra. La marinai alla vista" affettuosamente. Con la/ Minerva, nella collina Fon- sostituito quello della Vergine, in parte coi ruderi dell'altro , e si dipinse l'effigie pareti. Distrutto dai sopra una dello Turchi nel 1564-70, - 187 - fu eretto un \ altro a Campitello, muro con dal dove recò V istessa immagine tolta si singolare da perizia scaldolo (V. Sor. sac. ed del P. ili. Costanzo Para- Bonaventura, San- t'Agnello, 1877, P- 55-64)- giacché siamo su l'argomento consentite che h, giunga qualche Galline in Pagani, La piove troppo si , tima domenica Dura tre giorni a vi quale la celebra festa si intorno notizia collega al nostro tema. /;/ albis se ) ) di luglio punto culminante, non e , §e e fa in tutto il si ( accompagna- ] o tingere amarante. Al passaggio si a sul due lazzano intorno. di di colombi assicelle vaccinai o più li \^i , le la questua. delle migliori che sogliono piani, Lo mo' a vende d' E per lanciano. piedistallo della statua, li e , per l'i, una scansia talvolta e molti li lo abbastanza spazio sarebbe angusto. quei volatili festa toglie coniglio, e devozione. congreghe, banda delle tortorelle e dei colombi, fermano grande ed con precipuo è già pronta una galline, più , o svo- Il mastro anche qualche acquistano per è chi offre delle gabbiette (\) trionfo) piene sollevate da quattro aste unitamente alle adorne di carta dorata e colorata. conducono innanzi giovenche, montoni, e fin — alla I processione parecchi vacche , qualciie maiale, tutti nastri 188 ( domenica. La statua della paese Scopo popolo. è ì ; preti, fratelli delle varie di conto. tien e nel lunedi il mento concorso , La processione pirotecnici. percorre Ogni popolana ha ne cominciare dal sabato, Madonna e ma rimanda. Ricorrerebbe pure neir ul- sono molti giuochi di agdelle domenica si nella Madonna alla , a vari colori. donna. vendono, Li e guadagno va il non mancano questuanti I di zelo alla Ma- perche , raccolta riesca copiosa. Si recano fin nelle la botteghe e ciascuno contribuisce per la sua parte. Ma donde (fra cui il il Galline? Vi ò chi delle titolo ritiene quondam Monsignore Ammirante) derivare dall'aver le galline, razzolando, scoverta l'imagine della Madonna; che e così e scritto sotto alle figure dispensare gliono occasione in della festa. so- si Altri dal tributo di galline, che fin dalla edificazione del tempio cominciarono ad valse pellativo della Fia:iia , divote. le ofi^rir distinguere a tale ap- Maria Cannine Capua specificazione è irriverente. In vi per divina dormendo in quel intercessione dai sorci t. II, n. , Commentari V era decimosettimo. inedia, i al Pel- Madonna col principio del stata bisognava andar con e una inondazione, sequestrati in casa, morenti rivò una moria di cinque o sei un forestiero storpio la e fu rinvenuta nel tanto che per soccorrere di la sacello, e leccato La nostra immagine rappresenta secolo Maria S. T>e Basii. Suricorum). 3, figliuolo in braccio Nò ha guarì da un' osti- , nata lebbra (cfr. Can. Pratillo nei legrino, Frati. non so che Ar- dei Sorci (Suricorinn), detta cosi, perchè rigo Imperatore, del convento dei nel dall' altra Comunque, S. barchette, le paralitico, donde de- persone. Capita mila che per carità viene allogato vìqW Oralorio, contiguo alla parrocchia di San Felice /;/ venivano Princis detto pure spoglialo/o, perche vi condei confratelli — carnìelitani, 189 — e vi serbavano i Uà loro abiti solendo seppellire , parete gli pende sul capo, e La defunti. i pone si mezzanotte è svegliato da una voce ciano a squillare. Si destano Verso l trova \ comin- ^ , che accorrono cittadini i ) celeste, e si Le campane scosse da mano ignota guarito. a sincerarsi coi propri occhi dell' accaduto. Si pone subito ad un luogo fu recata non cadde stilla in cinque — come si Castellammare nel convento da un quinquennio, orbo di con al- tempo lavoro, venne ebbe copiosa raccolta. di Stabia si ì :' ) ^ ' [ Angelo d'Amato, serie dei prodigi. Frate la — dicono, mesi. In questo il \ ) per avere , muratori Ma, terminato d'acqua. giù pioggia a catinelle, e Di qui quale, chiesa compimento da cinque a manovali trettanti La decente. più una edificare ', che dalla russare. a quel sera, immagine rivolge le sue preci a quell' tale ) trovava ^ piedi. Nel calen su d' un carro mento, moto alla di alla ed attratto maggio 1609 nuova sola invocazione della e la vista, e celebrò la pensò [ì] chiesa. messa di mani farsi Deposto e di recare \ ) sul pavi- Vergine, riebbe il ringraziamento di su quell'altare. Antonio Di Simone vaso dal del casal dei Pccorari demonio. Invano preci era esorcismi ed bastò condurlo nel tempio per vederlo liberato. stesso accadde ad una tale Silvia Pagano. Basile di Sanseverino, viaggiando per ficile, precipitò col salvo. V era , si in- Ma Lo Antonio un sentiero mulo da spaventevole cassandosi; ed alla sola invocazione ! dif- altezza, fra- \ trovò sano e ^ un ribaldo paesano, Andrea Pepe — 190 — , alias \ Capitan Garzicchio, che capitanava un branco di banditi. Nel 1660 alla piazza di Pagani menica lugliatica. scopo Corte-in- Piano allo convenivano quanti ligiare nascosero nel vetusto castello accosto si Ma si festa alla una tempesta suscitò spaventò; ed appena dispersi tornò che , sereno; e il sva- di ultima do- dell' li ce- si lebrò una festa solenne con gran concorso Allora s^inanimirono a ritentar prova; e discesi nel piano trovarono si , mano devano d' esser cinti da anni dopo, un sforzi, più gli s' avve- una catena adamantina. Due Giuseppe Frabacile tal mortalmente tempio gente. di inchiodati da una ed arrestati Raddoppiando invisibile. la ferito , trasportato nel ne usci sano e salvo. Il medico Francesco Tortora, mentre nel 1739 da Agerola (dove esercitava la professione) guano monaca curare una si recava a Gra- monastero \ Ni- ) colò di Mira, precipitò da un'altura insieme col suo ca- } a Invocata vallo. la Vergine, gli nel di S. sembrò vederla per l'aria che lo staccasse dal destriero, che restò sfracellato, e sviluppati i piedi dalle staffe, lo condusse '^ ^ felicemente \ lontano dodici palmi. E quando cattiva novella, rire innanzi Ne Jine. alla minori piangeva morto, lo marito donna sei avuta la ì vide ricompa- l , sano e salvo. sono i Nel 1660 una cima de' famiglia la perchè lo l' intervento delle gal- donnacchera capelli; in gattabuja. \ con fatti e gli sgherri era indebitata fino vanno per porre Lei promette una gallina alla liberi. Birri e creditori casa, e colpiti d'istantaneo D — 191 il Ma- entrano in accecamento, noi pònno t > ) rinvenire, l-, una quissimile dei soldati comandati Siri da Elino. Nel 1697, Domenico chiesa si , donne di non casa di dare colle Un li della mensa. odore. Si si iP dare non so dove, famiglia di dar alla come destinata offerta; fosse apparecchiata per dovette gittare. si un'amica una gallina con lasciò ad ? Ma i^^K gallina muore. Le don- Nel 1696, una femminuccia paesana, dovendo an- l'incarico di consegnarla a suo \ la alle que- apparve in tavola era tutta inver- \ *^^ : ai pose a cuocere ed esalava un gratissimo Ma quando minita e schifosa, a segno che mA mani vuote ordina gallinella invece, perchè ben grassa, la della richiamano, e ne consegnano un'altra. quidam, nel 1708 r equivalente gallina solita la precipita dalla terrazza nel cortile e nette spaventate -f^ cappellano governatori ed ordina i partono Questi stuanti. si Amarante, quistiona con lei tempo ai governatori. vinta dall'avarizia, la sostituì con altra di minor pregio. Nella vigiUa della festa quella tale gallina allo spuntar del sole, se ne vola trovatala chiusa ferma si alla sur volta della chiesa; un vicino e pogginolo. L Indarno accorre spalancata dove la molta porta resta tutto riormente, viene il , se gente per acciuffarla. Invece, ne vola su giorno senza esposta al 1' aitar toccar maggiore pubblico in un gabbione^ e le uova, dispensate, dettero salute a vari infermi. penne erano di color tanè , , cibo. Poste- abito della Madonna Le del Carmine. Nel 1708, un sagrestano - 192 ruba ed occulta una di queste galline ma ; gli fugge sul piedistallo dopo l'anno un volo spicca , Lo statua. e Ma s' ancora sendovi imbranca fra novenario per onorare la gran Signora Carmine, volgarmente del di Nocera dei ciità e questuanti i l'uno stampato , tìcc. in Napoli nel 1763. Qualche si potrebbe cavare SS. XXX In Napoli ^ ) ( j ) j \ \ l ì ; stam- nella due li- Trani nel 1724; l'altro in altri Targomento altra notizia su illustrata de' santuari Storia dalla settembre MT)CCLXXXFII, peria Paciana). Precedentemente v' erano bretti , Sagro Madre Maria Padani, coronata nel Giuseppe Messina di la gal- delle Galline, proteggilrice della di questo corrente anno di nost. salate ecc. avvenne altre (cfr. le e folla alla stesso Marzano. Un'avara nasconde in S. promessa. lina già scappa in mezzo della ^ più celebri, delle festività più solenni ecc. di Gaspare de Luise, impressa pure Parmi inutile in Napoli, aggiungere, che il quadro M. nel T. di Mater- di domjnij. in Nocera, fu rinvenuto sotto terra; un' altra imagi nejii Avigliano, su di un sambuco; di Capitanata sopra una quercia, ecc.Ta E potrei 1' ( 1873. Incoronata ) ( ? lunga. lista è ^ raggruzzolare parecchi esempli , se non vi ^ fosse rischio d'andar troppo lungi dal nostro Pure, — cazioni so si non m'inganno, ponno — queste centro. molteplici cspli- \ ? raccogliere sotto un sol punto di vista. ^ È sempre la tradizione, gini un' origine ai che attribuisce meravigliosa , alle varie rimontando per tempi degli Iconoclasti, quando furono ad una erano fiera rette persecuzione ed anche da governo greco. '9J Ma al le fatte imma- ] lo più } segno nostre contrade cessare della pro- l } scrizione di , cominciarono maggior luce. Pure i tano, e che porgerebbero si ripetono su mi son per giù far a fatti capolino mirabili campo stessi gli ristretto a riferirne ^ — risplendondo si non pochi , qua e là raccon- raffronti, , per cui una sol volta, come sem- plice saggio, j a , che 194 — <? GAP. IX. SALUTI ED AUGURII. 1^ ^^ rendere alla pello; fare Ed persona. Fra primo è superiore. il gli uomini si una scappellata. Se baciano Buon bespero Santa notte ! mani le : ossignuri' Buon si adattano l'inferiore, che deve saluto dovere. il salutare desta Salutare e cortesia; L saluto è degli angeli. I saluti Che diamine di il cap- condizione più mo- Saluto Vostra « Buona notte ! giorno ! » ! costuma cavarsi E simili ! Eccellenza Buona sera sono forme ! ! e formole ordinarie. Gli amici {hic ci hacc homo !) doppiamente quando vón rendere L'ha detto il P armi in v ersi si baciano la cosa più aftettuosa. bellissimi; in viso, e ed un bigotto avvocato del nostro foro ha stampato una allegazione sul bacio. Gli ecclesiastici ( / o le persone '95 di chiesa sogliono , dialogizzare Viva Gesù « : seppe 'ncumpagnia Di lontano « : mano; o toccando con la punta come in segno di baciamano. Curiose son da' Cerimonie « le Cavalieri napolitani Son E Giu- sempre e tutto vostro sfTè la , del il si Tufo dice ci : niÌA cas.i l,i : » ! e creanze proprie usate Vedendo un amico ha serbato memoria. E San « delle dita le labbra delle quali e » — » Ogge facendo un segno con suol salutare si Maria e Ovvero ». ! Vossignoria; di Servasi pur di me, dove mi vede Atto a servirla Se s' imbatte esclama « : si cava Come berretta e la le all'uscio , la sul cavai si siede. vede. scorge in terra, si fa le complimentano Vada per gran reverenza. : cortesia con leggiadria Replica al primo Se non va prima « Deh ! Ma il qui starcni cento mio signor Giovanni. vada pur (risponde Vada pur volentiero. l'altro alfin Obedrò Or fi : al : " il ann » Cavaliero) » Come mio signore » a buon servitore (Op. cit. p. 164-5). Se si punto, Di grazia padron mio, Vossignoria. L'altro alla s'inchina. trovano a passar due cavalieri per uno stesso subito Se ». o cosa divina, Dal suo cavai, se la maggior momento o avanti in cocchio, Subito che Se di Vi son schiavo, vassallo e servidore vede una donna finestra, cavallo od a piede. a una persona in i, In Tegiano è proverbiale : Ti salutu bell'arcu, bellu pintu e beliti fattu, A chi ti veri e nu' cita saluta, lu culoru ti tramuta questi versetti è preso dall'epilessia. Ed ora passiamo In ogni musica auguri. agli od festa intuonando nuovo genere, di scambiare per affetto ; contadini per ossequio i aggiungono vi olio, vino, eccetera, con le espressioni del cuore, quantunque espresse zamente nel loro linguaggio de beve, I comme Una sono Ciucceìdc (IX, Gomme Vola !... Mille ed ! ! Puazze aunnà' » mezzadro, mezza- par:;jaìe, non 'n 17) vede' a Il Lombardi il ri- scrisse cane, eh' abbajamio li uno dioto a l'uorto lo parzonaro, e ba sbuffanno. al e più. : sera dell'ultimo dell' bona sera un po' roz- volta, coltivando la terra, dividevano Correno 'ncuollo La : volgarmente parytinale detti o colto con l'affittuario. Ora, in casa; mare l'acqua de lu nostri contadini nella loro più tenere cient'anne « Pe' Maluocchie nu' nce pozzano ! par:(onare da par:^ionale iuolo. : ai dei regali ghiurnate .'...Puzzate campa' quanto 'o pane "e cheste e 'o vino una prodigando auguri sempre e padroni o proprietari. Anzi pollastri, certi con orecchi gli mancia. Gli amici se ne sogliono in vista di qualche frutta, non mancano onomastico strimpeliatori andar o ! vede l'arco baleno, e non re- Si suol dire, che chi suono del anno si suol girare di casa lammnrro beneaugurare buon pencipio - r' 197 anno » : « La cantando alcune \ d'una nota canzone, che io parti altrove occupandomi , chivio per si tradi:^ioni popolari le cominciando dal padrefamiglia E voi. , specificano gli auguri a ciascuno l'altro risponde: Aiìimen professione sanare nella vincere , canzone ve ne Né meno 359). Poi p. componenti «o/4 chillo caro palre : A ! II. dei , ». ! che hanno una quelli, adattano delle parole, come, che possano si ammalati gli pure pubblicato lio proposito di tale uso (Ar- di E cause e simili. le poi è per tutti. che curioso è ciò si mezza pratica dalla notte in poi. Per lo più degli uomini van girando di porta in porta, scagliando vicino a ciascuno una pietra calcarea, e pronunziando ad alta cramentali quanto peso si presenta Tanto « : ottenere per janco e cuntento « Siate gnore v'aonne cano capannelli di lauro, 'e bene ! che girando , e di a vuje , : man- ramuscelli augurano di casa in casa, 'O lauro ripete 'O Se- Più tardi non con manate , sono più penuria, è o meglio lettale (come questi giorni pezzenti non mancheranno di « : penne». Al mattino cu' tutt' 'a famiglia. », e simile. anno chist' rimunerazione la parole sa- le e 'a a tutti 'nferta a ». In i tutt' 'e ragazzi di buon capo d'anno me preta e 'a i', voce guadagna' puozze il di Fate loro carità la colmarvi d'auguri. Specie comunissimo pc:(;^ire generale in ogni festa) in insistenti. fra di noi l'andar in , e tempi pezzendo, (adopero questo bel vocabolo dia- ingiustamente escluso dalla lingua, mentre pure ha accolto il sostantivo, e — pe:i::;endo 1Q8 — unito al verbo an- -Jì5 hanno occasione dare). Cosi spesso di <( fare pasca », ammannire un buon pezzetto con ogni cioè Non corrente. mancar voglio raffronto fra la canzonetta zese di Santa Siliviestro con quanto narra di (Basile, an. (Usi I, istituir 32, 80); e p. Costumi ^bru:^- e 172-7). In occasione d'onomastico :(esi,\l, altro oc- potersi con quella abruz- pianese De Nino il dire si sogliono perchè quando sono lunghe indicano tirar le orecchie, vita prospera e feconda. Bevendosi qualche liquore, specie del vino, invece de' desinari brindisi di modestamente A « : dà' pe' cient'anne 'ncuorpo ! »). ! illustri In alcune case E di risposta si ponevano non la mano costoro o dal più anziano nuova per la ci : ripetere Me ! più lo puzzate Pozza scennere « a mangiare, senza genitori ed ottenuto da ai Gustando una benedicite. il prima volta (uva duricine, albicocche tee.) che suol si ». aver prima baciata frutta , vosta salute la si ha fatto campare un altro anno, , cosi Tegiano sclamano « : Gesus ! (cfr. , Cinquanta XXXIII). Oppure guadagnano si pesche ringrazia innanzi tutto Dio, can:(oni popolari napoletane, n. un gloriapatri fichi, , e poi » si dice indulgenze. In le recitano un pa- ternostro. Anche fra di pare che si (come noi adesso, puta caso, le costumasse recider che andavano a marito era lo altrove, e da qualcuno pure donne d'Introdacqua stesso che ; le chiome onde augurar affrettar le nozze. 199 — in alle tale Abruzzo) fanciulle recisione, Ci autorizza a mentre ritener cosi la divulgata frase vergine in capillis, leggi longobarde nelle è ripetuta avevano casa relidas. Se le innupte Muratori^ il capiUo in in filias : capelli i cosa di simile. Ciò e confermato dai versi Ermengarda ricorda zoni, in cui mano essa recise di sua Ora, renza è « Salute e « : Puozze ave' bona Ai bimbi suol Tcgiano In chiome le Martinu ! « : sciorta dirsi Alle ragazze » ! in : segno di salute. « nella riferito Dialetto napolitano, MaruUi-Livigni, chiude : Benericu Santu Guida (p. 63) Pratica si con- : A la salute s(>je — Salute, Ca mo' nenna te a la cantina pe' te bella, vene tutta Tiene fravecato Ca mo' a bevere tutte Janimo int' Va bona, canzona ; li confiette; sposa co' Nicola la santa notte a te, d' 'e figliuole. faccia de rosa, cocca, va cojeta a riposare... te —E statte 'sta a lo pietto, Bannera, arcebannera —E uommene compagne. mena ognuno Q.uanno farraje santa notte, Figliò, salute a Quando uno giorni simile ricor- in » ». In un canto a figliola del ! Oppure ». ! averle ». ! Crisci (f : Benerica Man- d' nel di dello sposalizio. mascule figli del madre alla formola più comune d'auguri la osserva , maritate dovevano essere senza o qual- le nostri si nenna bona te; starnuta ripete figliò ^ si e sola figliola... suole augurar macchinalmente — 200 — ; felicità. ma in Ai altri Roma tempi in mortifera (591 moriva starnutando, scampi dalla venne rica bacco — : scoverta T'ajuti Iddio, se « : — Iddio « dell' Ame- non è ta- In servizio vostro « qcc. Noto 1882). con un ringraziamento, l'augurio, l'altro risponde fra cui volendo », goder dire, di salute per adoperarla a prò di chi ha fatto voti buona per la ! M. Di Martino, Lo Slanmto, tatorio (v. .Dopo di Di qui pre- cioè: t'aiuti! » « : ricordando esser questo un potente starnu- » ! un'epidemia fu vi del popolino. dir al — Dio morte — Dopo moda — tendono l'augurio ti ed altrove, ?) che avca per segno lo starnuto. La gente , Pure lui. oggi vorrebbero fare novatori alcuni smettere un tale uso, che è assai più antico della suc- cennata epidemia. Otto Reinsberg Dùringsfeld, in uno scrittarello , Felicità, tunamente , che pure simile riscontro servi ! » — ed : 1876), nota oppor- : — ovvero: » ! Romani i che Edw. Tylor , Greci solevano esclamare i Vivi « Mar- volgarizzato dal nostro Di tino (Pavia, Successori Bizzoni — Salve « {'Die ^Anfange ! « ti in , con- Anzi, aggiunge » der Iddio osserva, Ciiltiir) Chi vago costumarsi anche presso i varie formole, riscontri grazioso libricciuolo. Tra noi la formola più comune E l'altro risponde e viecchio lattia ! » : — onde è « : — non si è si Viva « Grazie — Quando starnutisce, valescente. Talvolta, tarro, il barbari. uno ! » ! » è o— « Oppure : Felicità — a principio di buon segno : il « ? >j « una ma- attribuisce air inizio d' catarro ! Santo ottimo, se con- suol chiedere a chi starnutisce che? Hai preso delle — Le beghine : un ca- — (f E consigliano crocesignarsi starnutando perche un demonio profit- , tando della bocca aperta (e ciò anche in caso di sba- diglio) potrebbe entrare nel corpo del malcapitato. Tegiano due volendosi beneaugurare, costumano In ripetere questa filastrocca — — — — — — Neh « : cummà' ! ? _ .> « He accunzatu « Acconza, accunzaria « Chi « Te manno « Vienetenne, Mariuccia, Che me manne ? Qno « niulinu lu ! « ! » » ! » Mariuccia. bella farina te voglio » fa', Janca e munatella (fina, fina), Corame Auza 'na piccola fajelia. 'e perù, 'stu Carcame mola, 'sta Cu' 'nu bellu maritu, Questo caso che nel verso difica cosi l'ultimo zata te Ovvero deva ! » muntagna 'a quest'altro cape 'e — « Oh ! : — mo- La pozzo vede' scapezda scandalezzarsi. Ab- come questo : Somma. 'e Chella « {aW spave Non manca — « in contrario, scennesse aute e tonne, Quanto glieva 'o — auguri poco gentili, gli Che : » ! vuol bene; Non ce Diu vole!» si , bondano Diu vole si le qualche scherzo bene mio. e che luna È la Riana stella, Quanno nu' tengo renare, « Vache facenne mamma, ombelico) zella ! » ? : che nu te sciu- 'nce per- Forma chi a^ quasi 1' ironia, vuol male, si marmocchi La frevu Ed nevu si A ripetere^ specie rimoiiiii, li brutta spezia, 'nu a trièminilu, la frevu malegiia. nevu la suol si qualche altra occasione in : — a lu spitu (^schidione) a lu solu ! Arieggiano » sogliono scambiare questo caricatura degli auguri. ; Lu putintissimu comu la Tegiano, in fra di certi « riscenzu (convulsione) Puozzi aumintà' ovvero « comu la complimenti, che loro paesi e paesi, come : Maratea, senza sole, Uommene E, se Maratea Ovvero st' altro , : — che « si senza parole; corna avessero frasche, le saria 'nu bosco. Pagani, magani o magari dice di Scafati, il Sgruttendio, attribuito ad un tale che le ortiche » luogo si — O que- natio dello era punto con : Scafati, schifati, Malacqua, nialagente E pure Il l'erua che mi riduce alla malamente. è mente, che in altri tempi era tenuto come un peccato contro mento, l'aver chiamato Iddio parziale o spagnuolo, si dice nello Specidum il secondo comanda- Confessarionun (1525) lentano Fra Matteo Corradono. Prova come del ci- non dubbia dcl- l'avvcrsione de' Napoletani verso gli Spagnuoli. Dicendo di sperde fino uno: vada significa che il « Se ne pozza perde' alla malora ricordo. — 203 , al 'a semmenta ! » diavolo, se ne di- -u^ notte a chi resta! « Felice non m'importa un — — te. male «A Chi ne ha avuto avuto: « Puoz/e essere salutato si possa sonare a morte mala pasca che vatta!», possa aver te ! Ma lasciamo questo tema, e torniamo Tegiano In guri. suol dire fiurisci Pozza il comu fiurisci mazza la ri la messa S. Giuseppa Natale verso un'ora di notte, di il ! ! padrefamigUa più anziano pone sul fuoco un ceppo (slreppone) non senza essersi prima prostrati tutti A e recitata un'avemaria. coro glia ripete in t'anni , « : finché , compie chi Lu puozze figUu miu...tata fuoco al si camina! terra chi la Puozza aumimà' comu aumenta o sinceri au- : Pozza Ivi, a' specie in occasione di partenza, , miu perversa, si contro pone una si tempesta. la la Il ati ceppo cienlascia si dura due fino serba Ove fami- come un potempo im- il fuori alla finestra; e tutto finisce in un attimo. Allo stesso scopo testa, rito, mette' pe' 'n ecc. ». ad otto giorni. Ciò che supera, tente rimedio a faccia a terra, il consuma. Talvolta si od un paletta si adopera una Da coltello. noi falce si in ritiene cattivo augurio spazzare di sera; lo stesso se si versa rovescia il vino. del sale e dell' olio Ove una cucitrice ; di lieto , agucchiando sangue, buon segno : se si si punga e ne spicci quella veste dovrà consumarsela lei. Trovarsi una formichina è 204 ; ^ da 'no campanaro! », cioè, per « — fico! » addosso è lieto augurio. ^ ,; P l Cosi una lucertola due code. E a contadine riten- le gono, che chiudendone una nella cassa o cassone del grano, quello che Vedendo chio. vi serba si aumenti , nuova, specie se una vaccarella vede con si caso, lest.i, piircieddn ri Sanili la stessa virtù Come ,ylnlonitt. specie da chi ha qualcuno fuori, puta America! È sicuro in breve una fra /// oc- d' buona San Bartolommeo, di che non deve mai uccidersi. In Tegiano attribuiscono a vista a venire in casa una fartalhi; reca indizilo dover ricevere di lettera. In Ischia nelle ore pomeridiane della vigilia di San Lorenzo costuma si carboni del santo, il scavar la quale, come per , questa è senz'altro rinvenire benedetta. Ma portati e, più i trovano; e devono rassegnarsi nella speranza Massa Lubrense In anno un altro più fortunati si piena di si cresca un esso , buon raggiunge sale ; cifetto. l' di rondine omino ammodo ma li in non ne d' esser stimola. che facendo inghiottire ritiene, ad un bambino un cuore crudo viva vaghezza se , i sapete, fu arrostito Questi carboni sono sacri sulla graticola. casa, terra con squartata la zucca quanto dicono, non sempre a Pure si con fervore pratica , e con parole d'augurio. lì rare chi le non ricorda donne contenute sonno per p. in , alcune tarli i cose che sogliono augu- bamboletti ninne-nanne riposare? 41-2) ha ricordato canzonette le belle cullando il Anche ? Le espressioni Le invocazioni del Tufo al (0/). <://., principio di parecchie di tali : — ? 20S — il O Nunziata min, falla dormire La Nunziata nu' volc canzone. Ma vele paternuostc e orazinnc. Ed alla figlia mia, te Mannaie mamma. 'nu marito senza Potrei ancora continuare, che curioso lettore ha avuto a chiamma Santa Maria, che ognuno ma sono la stanco; e se qual- pazienza di seguirmi fino questo punto, dev'essersi annojato. rimandar venga il la cosa ad un' altra volta capriccio. Pel anche io l'occasione di mandargli un — 206 quindi supposto che ce momento non Fine. N„. LJla,. _, È meglio voglio perdere lieto augurio ! ? ^^ — a ^-^^-INDICE Al Dott. Giuseppe Pitrè ALCUNE TRADIZIONI ED Pag. USI RENTINA CAPO I. — » Bambinerie . Prime cure materne. — Rimedio — il campanello non andare per viene e// //il lappa juocu re mondo. al li ! di A nasconiie'; ^4 infantili. in iscuola. pingula! A Lu spacca- inamiiiera e nocella; Cniiniià' seta-selella; e piu\o. — j — Come — Presepe. — — Giuochi; 'Irica e scainpag itola! Tiiigtcla, «/rt^^u i Sant'Antuono. brecce; Scole seni iste! Tuppè, tuppè! stroiniiiola; » . Cornovaglia. in — Trastulli Scimiotteggiamenti. — Castighi si V NELLA PENISOLA SOR- Sticiiiie, stieune, A mia cor- tina! Ipotesi esplicativa. C.\PO II. — Feste, Carnevale ed fiori e i-rutì i suoi giovedì. w — Ln rato tegiancse. — Ca— Agnello Minestra maritata, con ricetta del Tufo-Cortese. satelli. — Uova pente descritte da Dei-Tufo. Pasquale.— Offerta pasquale della vassalla sorrentina. La mongana di Sorrento, lodata da Ortensio Landò. — 207 — — 28 w? Burri piancsi. — Giuncata. — Diverse specie e — Copeta San Martino. — Bucco— Anguille Sarno. — Vari matdi voci di venditori. lica natalizia. di carnevale. — domenica delle — La Quaresima. palme majo sorrentino.— Regalo Sorrento. tagli agli — Re. — San Pietro. — Statuto CAPO gigli di — III. nella — La be- — dagli amanti. recati — Nola. Fiori, cristalli — Offerta Il del e ven- Municipio al dell'Assunta.— Prognostici vigilia vigilia — La sera di Sorrento.— La di del Grillo ad un governatore Napoli. Focaraiii nella delle maritabili di I Eletti di morte e le frasche di Scano. — Fiori nedizione delle case. di trastulli — L'ultima forze d'Ercole, Lucia canazza. tacini, ficlii di — Festa San Giovanni. di — La caccia del bufalo. cuccagna. sorrentino sull'esequie e sul lutto. DiVHRSI RIMEDI! » 58 Segretisti.— Frottola per fare uscire sangue dal naso. — Catarro. — .Mal orecchie e occhi. — Vermifugo. — Rinforzar reni. — Acqua d'Alinuiri, e relativa lastrocca. — Dolori membra e denti. — Malsot— Verme finocchio. — Funghi. — Come medicano contusioni testimonianza del Cortese. — Virtù chirurgica de' Vulcani. — Come verme sana d' d" le fi- di tile. di di si le e , si — del cavallo. — Parafulmini nuovi. — I cerauli. — uccelli. i La — mistici. il — Denti canna ed Le formiche che mangiano — — Non — Agricoltura — Le i vecchi e serpe. il nidi degli è da intrecciare Previdenza pria trova una cosa smarrita. C.-\PO IV. — Li gallina cantatrice. di venerdì. capelli si Destriero di Virgilio. di bere. — Come cent'uova ed i pazzi. ''77 e cacci.\ Feracità del suolo della penisola sorrentina celebrata dal Pica. togalle. tini-a gli — Arance, — Prima il smercio e perchè si chiamano por- — Con— Sant'Antonino e Grotta acquara. — Gesù predica di S. Pietro in Sorrento. viaggio e capita a Mojano. .\rolesi. — La Madonna e la uOS 208 —— — , 1 e — La pioggia. — Proverbi astronomici. — Colio d'ortiche. — pane famiglia. — Sgombro dei fondi e delle — La luna e sue influenze. Marcoffo nella luna. — La calamita nel poz?o. — porco cammarato e gallina con pepitela. — fumo delle legna verdi. — Le api che sciamano. — sambu— Qualche proverbio — Calbi. Nomi vacche. — Caccia delle quaglie. — Caccia de' de' delle code bianche. — Proverbi cinegetici. CAPO V. — Paremiologia Pag. Cristo ed lupini. i in Il case. Il la , la Il I chi. sulla frutta. Il di ^ fringuelli, passeri, Proverbi. — Apoftegmi; Vassisa a le ccetrole. frasi — Ncalania Tene doje facce come San Matteo. — Pure E 'e piilece ecc., hanno la 1 vai, Kcatania ueiigo. — — Dare sidece 'iitena. — Tassa vacca. — c'"o '« tosse. — Chille che so' fatto cane ? 1 spiegate: C\Celtere so' perucchie tante l'uno; — Vasene de Gra;rnano sapevano — Gallina vecchia brodo buono. — 'Nliempo necessità ogni pertuso puorto. — Chi troppa spe^a. — Passaro chio nn trase 'ngajola, — Camme eccola canta. — Crearrevato a Chiiingo. — Scaccianopole da Surdere lettere. fa 'o 'e è 'fl tira, 'a viec- d'essere riento ecc. CAPO VI. — Usi Varo di ..131 m.-^rini un bastimento. Promozione del ragazzo maglio. poste ai battellieri Giovanna I. e — Festa del mari. — bastimento. naviganti alla marina di 'O rum- — Gravezze sorrentini al Cassano. — im- tempo — Voti di e — Antonino. — L'intarsio ed sorrentini. — Pesca; e special'tà questi devozioni del marinajo. nastri di seta doje ore d' '0 capitone. giovanetto.— Il Beato. a — Benedizione — 'E S. i di San Pietro Acrapolla e processione annuale. — Invasioni turchesche. — Bellezza donne sorrentine. — Canto amoroso. — canto della Proverbi pescatori. delle CAPO Il — Canzonetta VII. — Gli Spiriti partenza. del riniiatrio. — » 209 — 1 5 14 '0 Miuijciello il — segreto. spiriti della trare in fitta e sue gesta. Rosa — Le casa. — Pollio. villa chi tradisce di — Mirichicchiu. — Rimedio per non — fate. casa Mastrogiudice. di — Punizioni Capurisota. La Bella — — en- — 'D\ibriana. La Befana. Gli farli La La janara, — Congresso stregonesco sotto Noce Benevento. — Potenza delle streghe ed antidoti. — La vecchia cap— La pella San Galeone. — La vientu confermata coi versi del Cortese. — Rimedi contro ma— Gobbo Peretola. — Demonio e malocchi, male. — umpunale. — bene e ghi. — Lotta la di trista. di fattura, i ( ( ì ( ecc. fra tattira e suoi «^APO Vili. Madonna \ pulcini d' oro. \ latea , Le y^/- 1 an'.ine dei trapassati. mari.we Lauro di Pag. i8i Meta con la del — La Madonna delle galline di Casarlano. — Confraternita — di Vico in Pagani i Ga- ; de' battenti. pro- — La — Immagine del Rivolo Meta. Maria delle Seano. — di Santa Maria della Vecchia Grazie in Vico. in ed chioccia di cessione e tradizione. Vergine — — Ritrovamento Santa Maria Toro Mortora. — Santa Maria da Equense. del Il il il antidoti. — Leggende s ) di II in S. Santa Maria della Lobra e culto re- Pozzano. — Osservazioni. — Saluti ed Augurii — Cerimonie de' cavalieri tempi Saluti — L'ultima sera dell'anno. G. B. del Tufo. — novella, — ha una Buoncapodanno. — Q.uando — Auguri tegianesi. — Ironia. — Ceppo Starnuto ronSan Lorenzo Cuore Natale. — Carboni dine. — Commiato. lativo. CAPO — Madonna di IX. » di ai e baci. .'\uguri. s' frutta e felicità. di di .o$a-^!e=^- di i9J " 'irò Principali pubblicazioni dello stesso autore. V Ciiiciuanta oanti po>). iiap.— Milano, Ambrosoli, 1881. In-IG" di p. Cento Canti di Sei-rara d'Ischia —Milano, Brigola, 1882, id. p. ^CJanii del pop. di Piano di Sorrento — id. 188.'5 p. 128. ^ Uì\ povero diinenticato — id. Pagnoni, 1882 p. :5-J. 64. iCamillo l'aturro, poeta dialettale inetese). 10. Graleota in Parna.so, venticincine motti di F. GS-aliani, ed una satira in terza rinaa. — Napoli, Pesole, 1885. In-S" p. 10. Ijiriclie inedite di A.les.-^andro IPoerio— Piano di Sonento,1887. In-4" gran formato, p. 16. In IVIorte del Ho.i a— Campobasso, lamiceli, 1887. fn-i" piccolo di p. 20. Alcuni brani degli awertiinenti inediti di Ciccio d'A.ndi'ea a' nipoti — Napoli, Pesole, 1885. In-4'' gr. di p. 10. ^1^ XJn paternoster, un'avcmai'ia ed una salveregina verversegtiiate dei tempi viceregi^ali— Napoli, Cosmi 1887 id. XXIV Villanelle ed una tavola in vernac^olo jiagognanese con alcuni detti e pregiudizi pop. — Palermo, Pedone-Lauriel, 1886. Estratto dall'.lrc/iit-. jier ìe tradiz. pop. lu-S" di p. K Canti del poi>. di S. Valentino — id. p. 40. Canti pop. tegianesi — id. p. 2i I ohiocliiari nel mandamento di 'J'egiano. — ^ «^entocinriue villanelle raccolte in S. "Valentino — X id. -2ò* p. 8. Napoli, Priore, 1888. ln-4'' di p. 72. ^ Un XV altro vocabolario napolitano — id. di j). :58. (Jttave raccolte in JDiano — id. In-ie^ di p. 24. Come si sposano in Tegiano, («so pop.) — p. 40. id. I^a Carestia di Na^}. la Bocca della Vei-ità, racconto, satira — id. In-4» gr. p. 10. sul Galiani — Torini), Fratelli Bo.i;i. Iii-IO" gr. p. 120. libro delUi Coiuiìo.sizione del mondo di ReHtoro d'A.rezzo dal Kiccai-diano 316 1— id. Im-4° p.XlV-ti4. Frammenti del AVisiieare e dell'Imbi-iaui contro l'ietro Colletti - id. 1889. ln-4» gr. di p. 16. Dubbi II pi'iino ICugac l.ia (versi) — id. In-lO" bislungo di p. 54. vita di G-ii-olamo 'l\^rlarotti Vannetti — id. In-i» di p. .36. sci-it (a d.i C 'Icnienlino