Curiosità popolari tradizionali

Transcript

Curiosità popolari tradizionali
^l^Wr'^^W^^
.OW^VHAO
^/
h^^^^i
CURIOSITÀ
POPOLARI TRADIZIONALI
•-j$a-5«^*$e..
CURIOSITÀ
POPOLARI TRADIZIONA
pubblicati; per cuka
GIUSEPPE PITRE
VOL. Vili.
TRADIZIONI ED USI
NELLA PENISOLA SORRENTINA
PALERMO
LlBRtlUA INTERNAZIONALE L. PEDONE LaURIEL
DI
CARLO CLAUSEN
1890.
>a
jìs
Ud
TRADIZIONI ED USI
;
Isella
PENISOLA SORRENTINA
GAETANO AMALFI
,S^^
PALERMO
LlBKr.RIA INTKRNAZION'ALn L.
iJi
M.
CARLO
PkDOSK LaURH-L
CLAUSI-N-
]
<
Proprietà letteraria
Eàiiioue di
soli
200 esemplari
ordinalamente numerati.
TipOgr.tlU
liei
GlOKNALE
I>l
SlCIL
Jì^
0/4
AL DOTT. GIUSEPPE PITRÈ.
eco un
picciol saggio
logico del
mio luogo
demopsico-
natio.
Mi sono
ingegnato d'essere possibilmente oggettivo,
di
d'esplorarlo un
qua
e
là,
per
altro, specie a
manze mi
Si
si
e
restringermi ad un sol paese, per avere agio
sa
Tegiano,
male. Di rado, e
che
anche
cui
le
a
qualche
vergini costu-
spesso nella mente.
fioriscono
bene
ripetono
meno
po'
incidenza, accenno
tai
usi
in
altrove.
massima
Pure,
parte
ho voluto
astenermi dalla parte comparativa. Vi hanno
tanti
mi
volumi, che servono
sarei allontanato
dal
al
proposito; e poi
mio scopo, ed im-
jwR
pinguate troppo queste modeste pagine,
stevole rendermi ragione
connettere
certe frasi;
in
spesso
cui
memoria
serbar
ho
All'uopo
ricordando
nelle
i
attinto da
passato,
al
noi
s'era
da opuscoli,
e
libri
sono stato largo
Talvolta
opportuno,
ciò
troduzione,
vi
sarà
di
d'in-
specie
Ma non
mente
che quei
alla
notiziucce
è
fra
parti,
le
da trasecolare
sono un
titoli
plicc
ponendo
,
meglio intorno ad un punto
.
che altrove hannt) svolgi-
accenno, un indice,
Sono riccnoscente
un'altra
a
e
non
Cono Lamaida,
e
ad
persona, che no.i vuole esser nomi-
nata, per
avermi
\
tegianesi;
al
5
Angelis, per alcune sorrentine; e più
a
sem-
altro.
l
[
con-
pretesto per
mento, dovendo qui servire come un
'
Non
battistrada alK) studioso.
vengo.
varie
come una
servire
molla connessione
raggruppare
tra
occupato dell'argomento. Questo
può
libercolo
;
va obliterando.
si
sembrandomi
citazioni,
ba-
spiegazione
la
una volta che, prima, nessuno cx-projcsso
di
\
quanto
di
fonti.
i
presente
il
rinviene
si
lì
certe ubbie e di
di
Lei, tanto
essi fornito parecchie
mio carissimo cognato,
benemerito
di
si
cari
notizie
lìnrico de
\
di
studi,
tutti
per
^
M'
]
avere
con
lumetto
fra
isquisita
cortesia
accolto
vo-
il
Curiosità tntdiiionaìi.
le
Certo, se avessi potuto aver maggiore op-
portunità e calma, questo lavoruccio mi sarebbe
riuscito
meno
impresentabile. Comunque, valga
quale semplice
correggendo
i
tentativo; e sorga
cune, faccia meglio
Di
presto chi
miei errori, e colmando
le
la-
!
Padani, ai 7 di settembre, iSSp.
Gaetano Amalfi.
Mn.
.
:
.
_jì»
fiU'
è
?
ALCUNE TRADIZIONI ED
NELLA PENISOLA SORRENTINA
USI
\p
imi
dIP-
ALCUNE TRADIZIONI ED
USI
NELLA PENISOLA SORRENTINA
GAP.
I.
BAMBINERIE.
HE bel lavoretto
l'affetto
potrebbe raggruzzolare,
si
raccogliendo tutte
le
suggerisce
dolci espressioni
mamme
alle
cazione de' loro bimbi
,
nell'
,
Cesare Musatti
!
che
invol'ha
tentato per Venezia, cavandone un grazioso
librettino
Il
:
Amor
materno.
nostro vernacolo non
nimia; ninno, ninnillo,
mio, e
simili.
soavemente
Quando
gli
solite
Viénece, suonno,
Viene
po'
mare,
si
meno
ricco di tale sino-
bellillo, titiriniello,
è nella culla
concilia
chiando una delle
è
titillo,
il
core
nella zana, lei
sonno; cullandolo e cantic-
ninne-nanne
si
o
:
noe vuò' venire;
nu' sajc
la
via,
Si nu'
È
saje, tu
la
peccerillo, e la
'mparare,
fatt'ia
nonna
vo' fare.
Viene a cavallo a 'nu cavallo
Cu' briglia r'oro
jaiico,
e sella re brillanti;
Viene a cavallo a 'nu cavallo verde,
Scila t'oro e briglia re perle
Ovvero
!
:
Viene a cavallo a 'nu cavallo niro,
La
r'oro, e la briglia de rubbine
sella
Non manca
le
di
fasce qualche
appendergli
maschile, un cornetto di osso
luna od anche un
(Sulla duplice
collo,
al
amuleto contro
di
di
:
porre tra
una chiave
argento, una mezza
di
campanello, detto
forma
o
malocchi
i
o
!
'f
Sanl'^nluono.
Antonio ed ^iiluono,
cfr.
G.
ba-
sile, III, 53). Questi questuanti, in altri tempi, giravano
di casa in casa, sonando il campanello di ottone, che
recavano in mano;
e
recitando
Sant'Antuono auto
:
potente,
e
Clic passasti iu levante e lu ponente,
Libera
'sta
devota
Da lu fFuoco 'nfernale
Da male lengue e da
Mamma
Dance
E
Poi
si
de
la
e tTuoco ardente,
la
pruvedenza;
salute, forza e
lu santo
mala gente.
Poten^^a,
timore
faceva baciare
di
Dio
« la
vavasi sul cassettino, dove
si
!
figura del Santo, che tro-
gettava l'obolo per
la
ele-
mosina.... Se mai nella casa dell'operajo vi era qualche
bimbo
al
lattante, la
fanciullo
madre dava
nel campanello
a
del
bere un po' di acqua
questuante, credendo
^
<;
che
cosi,
De
(V.
p.
bimbo giungesse
il
Bourcard, Usi
a parlare presto e spedito. »
costumi di Napoli ecc. Voi. II,
e
265). Mi piace riportare due ottave di Giulio-Cesare
Cortese, che
si
E
A
La
lo
Ca da
\
quanno
è nato
fenestra, ca sarrà eojeto,
chiamma sbregognato;
sera e tu lo
la
La
30-1):
I,
caccialo tre bote
la
No'
antiche
riferiscono, appunto, a queste
costumanze (Vaiasseide,
chiamma'
janare
nomme,
pe'
non
te lo beto,
sarrà guastato.
cannola 'mpizza de segreto
fuorfece, e po' miette a la fenesta
sempe
Vallariana, e statte
A
Ca
'nfesta.
criature no' lo fa vasare,
po'
non
parla, ed a lo pignatiello
Fa che beva, ca
priesto sa parlare,
E se fosse 'no poco vavosiello
Da quarche schiavo tu lo fa vasare,
E faccia 'mpumma a quarche campaniello,
Chello che
l'è
Se no' sempre
Bartolommeo Zito
jiine
de
Io
'mprommiso
Io
avere,
fall'
vide po' cadere.
nelle Annota:(ejune e scbiarefecaye-
Tardacino, Accademeco
Resoliito,
quisquiglie, annota in questo punto
:
—
«
fra
.
.
le
.
.
altre
Tutte
cose de gente bestiale, e poco temmorate de Dio, che
perzò lo Poeta
le
de
connoia, a lo
la
S.
splreto.
Croce
le
ffuorfece
sempe quanno
riana, la sera, e
la
mette pe' deresione de simmole gen-
Pocca, 'ncagno de
taglia.
,
lietto,
se
la
,
e
de
la
valla-
criatura stace dinto
deve armare co' lo signo
ca accossi no' le po'
nullo
maligno
Conta Bartolommeo Spina (zctato da Martino
Delirio
2.
1.
15), che 'na Streca fu
q.
'ntenzione d'accidere 'na criatura de
le
potte fare niente, pecche
Ed
vèvere
lemmosena
Ili,
Né
pe'
Chell'autra, e disse:
De
5
Le cade,
)
Mozzecalie
li
Da
;
Zoe', ca
<
\
e tu lo
la
(Ediz.
Porcelli,
pure
,
,
stanza
la
sosio
che non saje l'uso
piglia, figlio
coda, ca
:
fuso
lo
si
mio,
scruso
chello che da tutte eje temuto,
majc non
te
farrà
cornuto
tentazione di ricopiar
alla
uscir di carreggiata {voi.
mente, determinar
pecorone e cornuto.
la
Può
cit. p.
far di
le
72-3).
differenza che
».
—
chiose, per
Cercano
corre
non
special-
fra becco,
riscontro un brano del
La
Tenta, egroca del Basile, in fine della giornata seconda,
e che comincia
:
Fide 'no mai^na-magna, ec.
^
\
—
'nzorate, siente che dico io
;
Resisto
ma se
Tu
—»
Se filanno mogliereta,
i
».
:
;
)
—
che reca un curioso consiglio per non an-
,
)
(
:
fare
71-2).
Voleva dire cchiù;
;
glossa
,
che hanno cercanno
chille
Antonio
S.
dare in Cornovaglia
;
e co' le sante a oraziane. »
voglio mancare di trascrivere
seguente
(
p.
no'
femmenc Napoli tane de
le
che portano
,
ma
zizza;
l'armava sempe
Uoro, quanno so' peccerelle, a lo
ccriature
le
campaniello
Voi.
la
mamma
a proposito del bere nel cainpaniello
Devozione, che hanno
la
la
Croce
co' lo signo de la S.
«
portata cchiù
50 miglia lontano paricchie, e paricchie vote, co'
de
Voi.
XX,
p.
252).
(^t//^.
cit.
marmocchio
Il
balbetta le prime paroline:
cocco. Se chiama prima
tata,
il
padre,
mamma,
secondo
il
figlio
non
sarà maschio; e viceversa. Si fa più grandicello; e,
vuole stare a segno. La madre l'ammonisce ed impaurisce,
il
con
sumono un grugno
sticciuola
,
e
strano e terribile. Già lascia
prende
casa da una parente
si
,
lofiore,
le
è acquistato
,
come
fiabe, coi
Petrosenella.
,
gli
si
dentro un cavo-
o dentro una cappuccia, o che
prezzemolo
con
o da un' amica.
si
per
manda via di
Quando torna,
si
mostra un po' geloso del novello ospite
dà ad intendere, che
ve-
la
calzoncino spaccato. Se è
il
avere un fratellino, temporaneamente
e
Mammone,
minaccia di chiamar Farfariello,
la
Munaciello, che, nell'immaginazione fanciullesca, as-
è
nato da un
La nonna
lo trastulla
nelle lunghe serate in-
conti, specie
vernali.
Indi principiano gl'intertenimenti;
;
stano anche de' giocattoli.
J
zella,
(
di carta, la
/
nocciuole a Natale,
i
soldatini,
Un
e, talvolta, si
una pupattola^
l'altarino, la barchetta
cometa, specie in quaresima,
il
acqui-
cavallaccio, una carroz-
presepe con
i
il
giuoco
pastori.
delle
Uno molto
i
celebrato con grossi pastori di legno era quello della
l
famiglia Sabino, Sotto-al-Monte, presso Sorrento.
Io
ricordo d'averlo visto da bambino. Sul Presepe in ge^
;
nerale, ultimamente
il
Duca
di
Maddaloni ha
>
del tre gcnnajo; e l'ha inserta negli Alti, voi.
(
gli
/
letto
una
sua prolusione all'Accademia Pontaniana, nella tornata
estratti
a
XIX,
oltre
parte.
Innanzi tutto,
il
capitolo delle imitazioni.
—
7
Ognuno,
almeno
o meno
ne' primi anni, più
bertuccia
qualcosa della
Iki
scimiottar quello che Hinno gli
è portato a
:
altri.
S'industria di ripetere tutto ciò che vede operar
dalle
mamme
e da' babbi.
In Tegiano, le
volendo imitar
.^cr/V,
locano una pietra vicino
muro
al
col-
le tessitrici,
e poi ne
{tclaretto),
come
lasciano passare un'altra di sotto, e battono forte,
per far risonare calcola e spola.
e guida le
La maggiore assume un tono materno;
altre
—
:
«
Tessile, Jìiylie incje
»
!
—
trasformano in
Si
formaggiaje; ed apparecchiano in casa miinccicddu. Profittano vicino alle calcare delle pietre
non ben
cotte.
Le pestano;
come
stropicciano nel mezzo,
o
la
pongano
dendo
nelle
un po'
cìjiolla,
simile.
Air occorrenza
Kc
pane
di
se
r haje
lo
esempio:
—
mente
del
(schi(iiialii)
ven-
Un
salsiccia
o
volersi prestare
il
un po'
di
,
e
'a
resleliiesce ! »
pongono
« 5()'
sulla
ijnatlo
pongono
sulla
—
«
— Se
mano
ròhllc!»
di
sur un
indice
pelle
So' doje
il
,
è
e
più
bofonchiando per
,
— E restituiscono
farina-,
si-
come
ròlelle;
pezzetto
pane, o fan vista d'impastare
con un po'
di
col pollice ed
pizzicotto
volessero pesare, sclamando:
grande,
andar
di
staccano un bocconcino, lo
danno un piccolo
pò* vie
/
,
fingono
,
dito della destra spianata
nistro
staccio, e
formaggio;
di
Talvolta, s'improvvisa un .... pranzo.
fiore.
po' di
pane.
carte e fingono
in
Poi
lati.
i
uno
se fosse
formano pezze
farina sottilissima
perchè
,
polvere
la
ambo
una pezza, tenuta da du' ragazze da
della
gittate
pongono
e
o
real-
una pagnotta
simile.
H
fatta....
cuocerla, in un buco
vónno imitare
gazzi
vere un po'
cenieddu, in
la
la
contadini. Si
una scheggia
petta con
di
padella,
Chi non ne tocca ... ed
rovescia
la
,
l'accompagnano
Queste
si
ripetono
d'
insegnare
zioncella da recitare
più in versi
più
,
di ...
pregare per
la
la
ciria
varianti,
non
)
qualche ora-
<
genitrice
la
per lo
^
inculcato
l
e
avrà
prosperità
]
della fimiglia. Gli avrà imparato a crocesegnarsi; a
/
petere
<
alla
un po'
dimand
plicava
—
:
i
della
—
:
«
Dottrina cristiana
Chi
ha crealo
li
i\Canima e tata
«
»
!
^
? »
— Più
;
di
due
!
sera;
alla
babbo; per
salute del
ce-
la
pranzo.
.
meno
ragazzetto
al
ritenere. Gli
a
.
musica
.
con più o
mattino ed
al
facili,
.
acciottolando
,
Piano, e dovunque. Già
in
prende
il
Mettono su un
?
suon
a
guasta
e
,
ragazzi
di
scenette,
simili
e
avrà mancato
di
festa
mentre un pajo
sassi,
In cn-
ammannisce un boccone.
si
è più risentito,
nel piatto
Vogliono imitare una
carta,
smuo-
a
legna, eccetera, che ottengono
le
dalle rispettive madri. Cosi
nere
provano
si
Ciascuno reca qualcosa:
strade.
alle
sale,
il
legno; e
di
ra-
i
,
formano una zap-
Sogliono comporre anche
terra.
mezzo
consegnano. Talvolta
,
i
a
ri-
rispondere
— Un
re-
tale
grandicello, co-
?
mincia ad andare a scuola; a leggicchiare n^iW abbia, o
\
santa-croce, del segno, che soleva
)
vicino
prima vocale. Anche
alla
nomignolo,
::^aluua\
pii'ìto;
In
i,
V,
la
'iia
'a
iscuola
loro caricatura
)na:(^arclla
fiiicciiclla;
b,
c'o
i:,
principio,
hanno
il
loro
\i cecatella; e, \i ;;/('^-
piiìilo
'iicoppa; u, 'o vocca-
pan -ut a.
'a
non mancano
:
essere a
le lettere
i
soliti
castighi.
Stare
in
ginoccliio,
alla
giurare,
si
fa
cappellone
il
di carta in testa, la si-loca
schiena, e le spalmate, specie una volta
ponendo
dita in croce, e
le
loro intendere, che
lingua,
o
sulle
che è gran
dietro
Sogliono
baciandovi su.
bugia esce
la
!
E
in faccia, sulla
unghie con piccole macchiette bianchicce;
mostrarsi ignudo; e che
fallo
si
corre
ri-
schio di toccare grave punizione. SuUj strade sogliono
i
monelli aggrapparsi dietro
un luogo ad un
corge,
Una
Ma
altro.
pcrcote con
li
le
carrozze per recarsi da
cocchiere
il
frusta e
la
curiosa preghiera, è
li
andar
seguente
la
se se
,
fa
ne acvia.
:
Sant'Anna, mia Sant'Anna,
Tu
vecchia e tiene l'anne,
si'
Ajuta a
E
nome
il
(....
dei bimbo) eh' è cinch' anne.
se trova rint' 'e scanne.
Ha bisuogno
Pe' se
Aggiungo due
Pepe
re trenta carrine,
'nu cazuncine.
fa'
scherzi
altri
:
e piselle,
E
di'
E
cannelle tantu fine
E
Santu Martine.
addore
re cannelle.
Chella ronna, che te scnnne
E scanna
a
vavone
Chiliu bellu piccione.
Scarpctelle figlie
Tiro
A
La
pere a
'o
li
une, a
li
nianinia, la
Tcnghe
"e
Re
tei
roje, a
figli.i,
li
la
'nu vescuttielle,
E ne
facce quatte parte,
Una,
roje,
ircje
e quatte.
zi'
tre
cancelle
Tcresella.
dLP'
Ognuno conosce
variamente
sole,
trastullo fanciullesco
il
lesce,
:
Voccola, 1779, pag. 118), In Teglano giocano
lappa, (a la lampa, a la lampa del Basile,
Introd.).
adunano
Si
e
li
chiama
posto
alto.
Gli
A
destra, recitando
A
Lu
triste,
Cu
re fierro
sotro
stesso
palma
la
modo
A
,
le
s'
ultime
si
l'
nira, a
la
Cu' San
indice sinistro,
sinistra stropiccia sulla
;
;
deve
accova
parole
!
,
accorare.
tu
la
r'
chi
Poi
ripetono
Salvatore,
!
Quest' ultimo deve assolutamente accovarc
Deve
padrone
gli
e
chiudo,
si
allo
nira,
se lo stesso di prima.
e
col dito
resta
auliva,
Chi nce ancappa, accova
gli
Prende
e sospesa in
,
:
Cu' 'na fronna
fuggono,
padrone;
il
attone.
r'
Chi nce ancappa, che
Pronunziando
h
la lappa !
'n auciello,
maneca
'iia
II,
lappa,
la
che nce ancappa
maneca
'na
Ala
:
Nce ancappa
Cu'
A
ritto
palma
la
lappa, a
la
!
destra spianata
pongono
sotto
altri
la lappa
la
padrone con
il
maggiore
età. Il
:
mezzo, con
in
mentre
a raccolta
:
Tenl. lor.
od otto ragazzi o ragazze
sette
suppergiù della stessa
iesce,
nap. Mazzola
del Dial.
illustrato (cfr.
o
nascondono.
scavipagnolal... Tricca
l
»
inginocchiarsi
benda
F.d
le
egli
,
specie
,
mentre
,
il
palpebre. Gli altri
esclama:—
— volendo
dire,
'f
Tricca
che l'ha
la-
\
'
^
sciato, e che pòniio
ritirarsi.
Allora essi cominciano a
^
padrone. Nell'aifer-
i
correre, e s'ingegnano di toccare
?
mativa godono deirimmunità; ne può abbrancarli
il...
non
paziente. Se costui
il
afferra nessuno, è
più
chiamato
^
/
stupido (duolo); e
il
ricomincia
si
il
giuoco, facendo
altri
padrone. Se qualcuno più svelto tocca un altro,
il...
|J
H
toccato deve accovarsi.
via
cosi
!
\
^
\
]
<
Pìniyiiìa!
parecchi
una
Piiii^iila !
ragazzetti
ruota, e con
'
^
un altro giuoco.
e
e
pongono
si
gì' indici
o
quale col suo
in
l
ciascun dito, ad ogni parola, recita
Pìngula, pìngula,
Cavaliere
Uno
'e
la
ginocchio
»
del
indice destro, toccando su
padrone.
;
raccolgono
giro da formare
sul
destri
<
Il
Si
:
mio Martino.
Regina,
vaje pe' la Spagna,
Pe' truvà'
li
quinnece anne.
Io lio la gallina zoppa,
Vaje pe'
la rocca,
Rocca romana,
Sciola a la fontana,
Sciola à fontanella,
Icscc tu ca
lemme
a
la
si"
"a
chiù bella,
fera accatta'
bottune,
N' accattammo ciento e uno,
Cicnto e uno e 'na patacca.
>
^
'
Uno,
lu
CaiIu
cucii,
Auza
l'anca, lu perù e curre.
ruje, lu tre
e lu
Chi esce deve andarsene
vicino
al
quatto,
culu cucii,
con un
muro^ solendosi praticare
La padrona, sotto voce, domanda
l.^
in
sol
piede e porsi
mezzo
all'
alla strada.
orecchio
di eia-
..^j
ap-~-
m
scuna delle altre ragazze
canisto
Taltra
—
:
— Ad
Vulisse
«
una terza
gambe?
le
—
oro ?»
r'
—
:
—E
»
—
:
Tu
«
—E
« SI
!»
'na
campana
Lu
e
cos'i
che vurrisse
manda
la
rotta
ì
:
—
«
Vulisse 'na campana
Quando
eccetera.
piace,
le
la
padrona chiede
la
fornace
»
—
pace !»
— «Torna
fiirniddit.
friddu
e
Prendono
terra
Se
si
sar
si
sbaglia,
le
S' invitano
.?
fa'
«
Ra
La pa-
ispalla.
i
ra
:
dà, ca
petruzze
e ne
,
si
compagni, in-
'na ventina?
al
>
— Gittano
quale esce.
pongono quattro
a
due. Si lancia in aria
uno
accaparra due di quelle petruzze.
si
dice,
si
che
compagno
e scacalo.
si
e
,
Bisogna pas-
cosi successivamente.
arrivano a fare venti punti di seguito,
colloca una pictruzza sul dorso della
terra,
nuovo
—
deve accogliere nella palma della destra.
ha perduto lancia
a
in
qua, torna
ra
Vulimme
pietre al
,
deve an-
ne viene ?»
comincia, per primo, colui
riesce,
Se, invece
si
/'/crr^
li
- «
:
cinque
quinta, e
la
Quando
— Eccetera,
costei
Invece della fornace, dice
richiesta.
in du' poste ciascuna di
,
>
è
»
!
Ih jiiocu re
tocco;
che
,
spalle. Indi dì
ro
»
ra qua, torna ra dà, ca staje
ra hi
il
E
Se ne torna nuovamente
terrogando
)
Torna
Da
la
E
j
«
«
drona rinnova
staje
)
—
—
:
?»
rotta
dare a prenderla e portarla sulle
!
servendo queste pa-
ferma.
si
Al-
« SI
vecina a
role di segno convenzionale. Chiede a quella
uscita
'Nu
—
»
sierpu 'nturcenatu
a ciascuna,
?
via.
devono
in
aria
le
altre
mano
,
e chi
quattro, che, cadute
e:ser raccolte dal sozio, senza lasciar
cadere quelle che ha sulla
13
mano. Dimenticavo
-
dirvi.
\
^-Uai
Se
male
alloga
si
pi:(^echu forte!»
pietruzze
vi
:
ha vinto. Allora posa
ogni dito, (vicino
cominciando dal
polpastrella),
— «Mortale,
brutta e
« Freccia
dell'avversario, e colloca le
fine di
alla
—
sclama
riesce,
mano
a terra spianata la
cinque
egli
,
— Se
pollice, e
alle
denominando:
pesature, lanza, rascu e pizzechu.
)^
—
Il
vincitore prende ciascuna di queste pietre e la lancia
cinque volte in aria
—
riceve
le
:
Mortale uno, mortale
«
quinto
—
:
«
la
^
:
— Eccetera. Ed
— volendo
che ha
due.... »
Mortale sfatto
percuote con
finito. Indi^
palma e grida
nella
al
(
fortemente quella
)
dire,
»
mano
sua
j
;
avversario.
dell'
^
Cosi finisce
dita
non voglio omettere
,
ciando dal pollice
rici
:
E
giuoco.
il
—
catta
—
quist' autu
Quistu po'
dici
lu peccerillu
lu furnillu
nuto;
al
—
)).
»
!
che
»
rici
— quistu
—
:
:
medio
«
« Piriperillu,
:
suol dire
si
Quistu vole panu;
—
— Ovvero —
— Così
l'anulare, della
,
>
comin-
,
j
«
Nu' nc'è n'have!
«
')
!
:
giacche siamo a parlar di
«
rici:
Crepa
quist'
autu
Va
Tac-
—
j
«
e scatta
!»
—
piriperillu, vole pani
Lu ppanu miu,
j
ia 'nta
\
pórre l'anello all'indice è del cor-
della mignotta, della
donna maritata;
)
al
malafemmina;
;
al-
mignolo, del valen^
tuomo.
I
<
ragazzi, ballando,
calcando su
1'
ultimo verso
Quanto
Cu'
le
costumano pure cantare
ia
bella
manuzze
la
:
ronna quanno abballa,
se tene la vuniiella,
Piglia le retaglie, pòrtale ò
La
primmo amore
strada de fierro ncc passe lu paponc!
3
—
14
in
coro,
',
Tra
noi
di
si
suole sclamare
:
Luna, luna,
iMcname
E
r
Ed
rompo
le
Tegiano
in
maccarune
'nu piatto "e
;
tu po' nu' nce mìtto 'o caso,
si
grattacasa.
'a
:
Luna, luna nova,
Menarne
roje ove,
Menamelle
Ca
'nzino,
te fazzu
taglio line
le
Luna luna
!
vecchia,
Menarne 'nu specchiu,
Mcnamcllu
'nzino,
Ca
me
tuo'
e'
Quando vedono
rarle
parano
dono, che
ne'
grembiale
il
vadano
vi
ammiru
!
lucciole {calccatascc)
le
di
od
sotto
a cader dentro,
i
,
per affer-
cappelli; e cre-
esclamando
:
Catecatàsce, scinni abbascc,
Mu'
'nghiuri
te
mu'
te scasce.
venutu mctcturu,
la
Cu' 'na sarma re zecclic 'nchulu.
Meteturo
mesi,
cfr.
^Basile,
il
luglio.
,
mio
An. V,
p.
lario nap. p. 27-8).
in
coro
(Sulla diversa
85; e nell'opuscolo:
Ecco un
Scolo, sculiblc,
la
nianu a Cristu,
Cristu 'ncurunatu,
Mittcle
la
manu
a Cctpu,
>S
Un
dei
altro vocabo-
altro scherzo, che
:
Pruojc
denominazione
/// Pistolotto tegiancse nel Giambattista
cantano
dlp-
pnlomma.
Capii
Che ncc puorte 'ma
—
Nce porto
<i
fronna
'sa
uoglii;
?
santii,
Pc' ciimenecà' lu Spirutu santu
— Lu
Spiritu santu
La Madonna
Che
Ed
parrucchiani,
li
se vòlunu confessani.
L'anema
A
luminata,
ia
AlTruntamme
lu
va a Dio,
la
re Maria.
figliu
un'altra filastrocca
Tuppè
—
—
».
cuniunicatu,
ia
«
Clii
<<
la
Tuppè
!
è lloco
Maria
N'amma
:
:
—
? »
slnmturata.
la
—
»
'
mia, nu' pozzu apri',
M'hanno
alligato
Giurci.
li
Manuzzc, manuzzelle
Cumparisce
la
tavelella,
Pigliamme pane
Pe'
e hinu,
zuppa
fa' la
a lu
Bamminu.
— Lu
Bamminu
Ca
vruscia la voccuzza;
le
nu' bole zuppa,
La vuccuzza chiena
re mele,
Viva, viva San Michele.
San Michele
è ghiuto
'n-ciclu,
Pe' sonare le campane.
—
«
Li
Maria
Questo
è
Le campane
il
so' sunate,
re la Tictaie ».
nome
nel
Macchia roli
:
Rondinella, 1868,
Diano
p.
)
d'una chiesa tegianesc, detta an-
che degli ex Minori Osservanti,
\
^
—
e
/'
come può
omonima
riscontrarsi
;'
Napoli,
'
sita valle,
144-5. Ecco un altro passatempo
I
delle giovinette.
-
—
16
—
—
—
Si
pongono
e raccolti
gizzano
:
—
«
Neh
«
—
A
«
Addò te le
E quelle, che
la
—
mitte ?» —
vene ?»
duce quanno
—
Nocche
«
—
»
?
»
!
Addò
<(
Che
«
ad-
t'
—
vunnella. »
la
— «A
cominciano a battere
cum-
tutte le
i
;
dialo-
zegarelle. »
e
'Mpiero a
«
veste
Gno
«
Puglia »
rummanene
te
— Poi
marelle. »
rimpetto (accera)
di
,
cummà' ?»
!
?»
è juto mariteto
«
poca distanza
a
lembi inferiori davanti della
i
piedi a terra
ed a ripetere in coro con voce stentorea sillaba per
sillaba
saccio
:
—
fa'
!
Nocche
— Ma
Mi
Quello dello
che
lo sfilare
Lombardi
citolo
si
trottola
,
fin nel
Strumento
«
di
rozzolo
altri,
,
a
pi rio,
,
vocabolario del-
legno di figura
in cima, col
giuocano, facendolo girare
fa
fattore, che questo
girare con
Ciucceide
'nfasciolla
Di qui
strommolille.
il
,
isferza ».
(XV, 41)
—
Chi
se
in ciò
non ha
il
— Nicolò
ricorda
spassava
Chi
:
co'
li
gioco a spaccasi oniniola, ricordato,
anche dal Bruno nel suo Canddajo (ediz.
Napoli 1886
,
:
— Nel
75)
p.
spaccastrommola
dai la baja
gogni ?»
—
o
nella sua
portava 'no
mi
la
Sor-
di
una cordicella avvoltagli intorno,
ferro in cima, e
giocamo
:
fanciulli
i
differendo dal palèo
Marghieri
o
trova spiegato
cono con un ferruzzo piramidale
quale strumento
fra gli
segnora
giuochi in Piano
altri
st ruminolo
si
l'arcifanfano Fanfani
con
— La
con qualche piccola
restringo ad accennar qualcuno.
lat. trochus,
simile al
nocche qua
là,
oltre questi
non mancano
modifica,
rento.
«
»
,
—
:
— «...
Gli
questo è gioco da putti; non
Vocabolario de
—
17
dissi,
Va, disse lui, che tu
Filopatridi
si
ti
ver-
dice
:
w
p
«
che colui, a cui cade
Or
per ispaccarlo.
con forza
tirando
strommola sbalzando con
viso a chiunque
prima
la sorte, tira
mentre questo ruota,
moìo], e gli altri,
onde
:
[struin-
tirano sopra
vanno queste
e a rischio di dar sul
furia,
vicino
stiasi
,
suo
il
vi
si
dice a spacca-
strommola, che dinota alla cieca, e colla maggiore con-
—
fusione, e disordine ».
Un
la
tardacinesche
questo
le
mmane Uoro
—
:
e
,
«
s'
della
pegliannose pe'
fede, e
allargano
tanno uno se sede,
e
niàmmara,
muodo,
se fosse 'na seggia,
se fosse lo ddarese
duje lo portano pe-
li
sole pe' la casa, e cantanno diceno
A
fa
pe' ttutte doje
braccia de
le
commo
mmano, commo
le
Vajasseide. Si
Se pigliano duje
che beneno a fare 'no garbo
la
nocella,
e
,
prime parole delle glossale
secondo canto
al
modo
in
mammera
a
quello
altro trastullo è
cui spiegazione è nelle
:
e nocella,
'No sacco de pedetellj,
Tanta ne fece màmmeta,
Che roppe
E
Vi
è
curvo.
costui; e se
cavallo.
I
il
—
«
cavallo, gli
cadono^
al
pone
in
cit.
p,
85).
ragazzo sta seduto;
la testa sulle
gambe,
saltare sulle spalle di
punizione tocca a loro fare
giuoco
scta-setella
di
il
:
seta-setell.i.
Comma",
pongono
Un
compagni devono
Passiamo
Comma',
Si
caudara.
quello, a cavallo luongo.
e l'altro, che fa
e sta
la
vanno peglianno gusto ...... {Op.
cosi
vattenne a chella
varie ragazze
18
in
—
•.
—
giro.
Una
dice alla
compagna:
va,
—
Valtenne a chclla
«
cambia
essa
il
!
andare intorno. Talvolta, invece,
pone
si
petendo
Lo
ne avvedano
se
parole di andare da chella,
anello),
compagne. Indi ricomincia
le
mio
,
ricomincia
il
tiene
posseditrice
è la
no
,
lei
,
mani
che se
giro, fa-
il
mani ed interrogando
— Chi
aniello,
gioco; se
sia
si
le
ri-
le fa fare
senza
lascia a chi più le piace,
Se indovinano chi
vi
in questa guisa.
mani accoppiate. Una compagna
soHta mossa con
la
« Aniello
non
si fa
giro; fingendo di deporre l'oggetto nelle
il
cendo
le
le solite
dell'altra.
—
Ma,
mezzo ha qualcosa, (come un
in
ambo
chiusa in
tutto
mentre questa
un'altra.
che gira attorno arriva ad afferrarla, deve costei
quella
Chi
—E
y)
con
suo posto
mio
lo
costei
,
:
aniello ? »
si
alza e
resta in piedi, finché
,
provveduto. Insomma, tutto
sta nell'in-
dovinare, chi l'abbia avuto.
In Tegiano,
i
ragazzi
serrano delle fave nei pugni;
si
e senza farsele vedere, chiedono al
vinare in qual
pugno
trovino.
si
compagno
Il
d'indo-
divinando recita:
Ari, aricchiii,
Tribbiticchiu,
Ari, ara,
Apri qua
.
..
Se ha sbagliato, cioè ha fatto aprire
deve dare
la
fava, che era
il
pugno vuoto,
nel pugno. Al contrario,
se ha indovinato, quello che teneva la fava gliela
dare. Così
cicìri so'
è
come
&^
si fa
pure con
i
ceci, e
'nta 'stu puinii ? »
per
le
— Se
si
chiede
:
—
i<
deve
Quanti
sbaglia, la punizione
fave; se indovina, la vincita è la stessa.
Naturalmente sono scherzi da ragazzi, quando
ancora
le
prime
miglianza de' denti.
(Vili,
secondo dice
orecchie,
Ha ragione
E
la
scura figliolella,
munno non
da lo
lo
le
è sciuta ancora.
non
suol mettere prima
si
palme
Un
!
ragazzo
nascondiglio, dove
giunti
mincia ad inseguirH;
posto dove quello
ma
)
gode dell'immunità.
>
ahri
lui
in tegianese);
e pitico
V^Caiia
giuochi
mezzo
LXIX)
che
di
vuol
spranghetta,
la
nella
Tommaso
Romagna
(An.
glierla e
I,
a aita,
p.
55)
(
]
)
j
)
ria:;xti
lippa,
ricordato
con
j
Universale (Discor-
Garzoni da Bagnacavallo. Co-
(
>
giocare, prende un bastoncello ed una
quale
accomoda
da restare mezzo in
saltar
e continuare
giocare a rimpiat-
ed in
o picca o alla
anche
]
^
a
Ciro Massaroli.
di
/
toccare
essi
di
cui significato riscontra nel 'Basile
l'ipotesi
cercano un
)
giunge
chi
divertimento. Si suol dire anche
so
altri
si
gridano: CiiciW Allora co-
Chi, invece, è toccato, deve porsi in
tino (alla lappa,
occhi
gli
un cantuccio, o
gli
è bendato,
si
\
covre
si
delle mani, stando in
benda con un fazzoletto, mentre
sul
;
ed ave ancora
senno,
Facimmo a nasconne
con
(
tant'è peccerella,
venticinque anni, od in quel torno.
de'
fa
-
Cortese scrisse nel Micco Passavo
tre tridec'anne,
Invece, la mola de
i
si
Il
Le primme aurecchie,
il
iianno
17):
Ch'è de
il
si
popolo, a
il
discosto.
—
mettendosi
sur una pietra, in guisa
bilico; e poi
« Il
in
con un bel colpo
compagno
quinta avanti
corre
,
senza
a
la
racco-
muovere
e
uno
punto in cui è caduto
dal
piedi
dei
spinge sulla mazza, che
lungo l'estremità
Se colpisce
tro.
pitico,
il
lo
suo competitore ha situato
il
laterale della pietra, di fronte all'alil
giuoco passa nelle mani
primo
batte tre volte sul piu^o,
ma:(:^a,
la
del secondo; se no^
il
sbalzandolo, se sa ben fare, lungi daWassinga (dal segno).
Poi misura quante volte entra
<
cui questo
il
pitico
si
non vien
non guadagnare
non
pttiio fra
la
alla pietra,
lunghezza della
far punti,
una
per
'ngaliti?ie,
distanza
in
stabilita. »
qualche lieve
al
da
che vuol
compagno.
di punti
convenuti,
ossia a cavalluccio dal vinto
— Cosi
La cosa non
(Basile, he. cit.).
meno
modo
in
ma:(;(a, ciò
gioco passa pure
il
Chi dei due raggiunge un numero
vien portato
punto
il
colpito la prima delle tre volte sta-
o rimane molto vicino
bilite,
dire
il
trova e Vassinga, e comincia da capo. Se
Enrico
,
Melillo
neppure per noi,
varia
modificazione
fonetica della pa-
rola vernacola.
Non
pochi
giuochi ricordano
altri
tenopei, alcuni dei quali, ora
del
lera,
fanciulli »
i
a vcspone
,
a prela
gli
;
Battista
«
in sino
,
a la
par-
scrittori
Giovan
— Diversi giuochi
— menziona quello a
Tufo, nel capitolo dei
usano a fare
smessi.
che
,
cova-
rota de canee, a
spaceamallonc, a guarda coppole, a searreca varrile, assecu-
tame
ehisso
bnrro,
croce,
a
para piglia, a cavallo
'mpi:(^o 'mpa:^:^o
liiongo, a
a scassa
tamaro
trentuno
,
a
e
tam-
capo o
ad accosta cavallo, a capotommoìa, a saglipendola, a
spoglia monaco, a
(per quale vedi
Ce
,
le
la
singbclelle, a scca-molleca, alla
morra
descrizione con V incisione nel
De
—
,
Bourcard,
op.
cit.
66-70), tee, ecc. (V. Meviorìa di
\,
AV accademia
Scipione Volpicelia, letta
\
di xArcheologia,
j
Lettere e Beile kAtH, nella tornata del 7 i;ennajo
sefiuenti,
p.
e
l
86-9). Altri sono nelle Stan:ie di Felarde-
l
niello (ediz. Porcelli, voi.
seconda giornata
De
:
XXIV),
giante, che po'
:
«
co' le
come notò Tlmbriani
anche nelle
Mmuse
forse,
al
Ba-
nel Natanar II (p. 77,
no-
illustrazioni alla Fosilecheala
e più tardi ha ripetuto E.
Rocco
ma non
peso
le
messa
Muse
mento contrario
desemo Autore
—
'n
scampolo
autro
co'
la
cit.
«
A
argo-
mme-
chelle
Fajasseide
,
da
lettere
quale
le
voi.
XXI,
p.
221). Illustrar
;
tutti
»
questi
ne da tentarsi
di
come voglio provare con un esempio.
Stienne
il
a
l'
facette lo
robba propria se n'ha pigliato l'accoppatura
tutt'altra
—
molto
di
formano
comme nne
«
giuochi sarebbe impresa non lieve
sbieco,
,
opi-
alla
posso negare esser
napolitane, le quali
:
cammarata
che fecero
{Edii:
f
seguenti parole d'una specie d'avvertenza pre-
alle
comme
'
j
An. VI pag.
(^Basile,
lo-ri). Altrove ho dissentito, attenendomi
nione comune;
—
»
>
più giu-
da assegnare
altre, è
le
Peccerille, e
Cortese (ediz. Por-
219-235); ma, che,
voi. IV, p.
li
AH' uneco Sciammeg-
opere del
alle
stamente, insieme con
ta 2) e poi
—
rompere 'no becchiero
stampata in calce
sile,
nella introduzione alla
iratlenemiente de
li
nella lettera dello Smorfia
celli,
1S80
,
stienne
,
che recente.
stira
mia
Non
cortina
,
mia cortina, a mano,
Cortese od
il
un giuoco
ò
di
data
solo lo ricorda Valardeniello:
a
mano
»
—
(St. 7),
Basile nella lettera; e certo quest'ul-
é
^Tb
<fM
—
timo nel
IH
Trat.
lor.
II;
ma
pure
Tufo,
lone nella Fedeltà sventurata
secondo c'informa
il
«Più
mettono
fanciulli
r altro
l'un
si
braccia
,
mia
e
(II,
14).
{Basile,
in fila
mentre
cortina,
i
E
rimangono
terra. »
6-7)
:
capo del giuoco
il
distendono
tutta la fila
,
primo
braccia del
le
e del se-
secondo
il
E
colle braccia incrocicchiate sul petto.
Ordinariamente
per
del
Cer-
tenendosi
fanciulli
voce fance no nudeco
passa per sotto
tutti
p.
lato,
di
a dire fancenne 'n auto, questo passaggio
ché
il
il
consiste in questo,
An. VII,
condo, rispondendo nce faggio fatto, e così
mane
vicini,
più che sia possibile e rispondono, aggio
il
stennuto. Indi alla
listerà
Rocco
mano
per
dice, stienne, stienne,
le
altri, es.
mio conino; ed in tempi a noi
stiendi
introduzione
nell'
a questa giornata. Vi accennano anche
si
ripete fin-
in simile attitudine conglomerati.
giuoco termina col ruzzolare
il
ri-
seguitando
— Inesatta
era
la
di tutti
spiegazione d.uane, in
precedenza, dal d'Ambra {Vocabolario Napolitano-toscano,
MDCCCLXXIII)
:
—
«
Giuoco
mano
di
bambine, che a cop-
pie tenendosi
per una
hanno, finche
la
compagna,
quale tratta dalla spinta, cade per terra
con grosse
la
risa
,
tirano
con quanto ne
più scaltra abbandona
della
piccola brigata.»
Intanto, alla cortina del
la
—
primo verso
si
bustino, o Faustino; ed ecco lo scherzo
forma completa, secondo mi è
nella sua
mano
(p.
della
146).
è sostituito
alla
meglio
riuscito pro-
curarmelo. Potrebbero essere anche due componimentuzzi
amalgamati insieme
Correrà
e
(cfr.
Canti nap. pubblicati
da me, Milano 1881, N.
23
—
7,
49).
dal
SIP
¥
— Stienne, stienne, Maustino —
— Aggio stennuto —
— Stienne ato poco —
— Aggio stennuto —
— Pance 'nu nureco
—
— Nc'aggio
— Fancinne auto —
—
— Nc'aggio
— Pance 'na nocca, —
—
— Nc'aggio
—
— 'O cummA',
— Ramme 'na cimma aruta —
— Pe' chi serve —
«
»
»
((
e
'n
»
»
X
(i
»
!
ff
'o fatto »
«
'n
«
'o
»
I
fatto
»
!
»
«
«
fatta »
'a
«
peà', »
'o
»
«
«
—
—
—
—
—
—
Tutta
? »
cummara
« P' 'a sia
ff
e
E
'O
«E
ch'ha fatto
figliulo »
quanto è
?
—
?
—
—
«
Quanto
«
Passa pe' sotto a chesta mia bacclictta
la
è
'na
maneca
re paletta »
!
»
—
quistione verte su l'ultima parola del
primo
verso. In primis, una duplice ipotesi su quell'emme.
la
forma primitiva era
stienneme, ed elidendosi Ve,
O
agglutinata alla parola seguente.
trazione di mnsto, mastro. Ma,
dubbio
,
che
quel
nome
comunque
Auslino
è
tratta
si
,
si
O
è
d'una con-
non
vi
= Agostino.
ha
Che
maustino possa esser derivato dalla corruzione di mia
cortina,
come pretende
Allora io accampai
al
il
prof.
Rocco, non
ipotesi d'una
Agostino
non ha
parentela
di
torto di rav-
I, Trai, j)
domene Agostino, col
sorta.
24
il
(Pent. lor.
'na vocca de chi ha pigliato lo
quale
persuade.
possibile allusione
celebre boja della Vicaria; ed ebbi
vicinarlo al Do.MENE
co'
1'
Basta
ricordare le
\
Ca non
aggio
i
DeT)oinmeìietAgostifio,o'nfosione;
s
parole del Cortese nella Rosa (III
abbesuogno desceruppe
7)
,
:
e l'altre della quinta lettera Cortese-Basile
lera soja
manco Fannella
ruppo. Si disse
stino,
«
secondo
e'
informa
come pochi
Ma non
in
de Ritis
il
gran
anni or sono
voga
che
spiega
secolo
nel
famigerato
il
lo sce-
Donimeno Ago-
lo
,
col-
la
De T)onimeno agostino
\
anche semplicemente
Farmaco purgante
Ca
:
:
—
XVI,
Leroy. »
—
è proprio cosi. 'HoWArtidotario Napolitano di
Francesco Greco, (Napoli 1642) è detto:
—
«
Syrupus
domini Augustini Niphi suessani qui NeapoU communiter est in usu » (p.
181). Inoltre vi è
la ricetta, e
la
spiegazione di Giuseppe Donzelli.
—
«
Ree. Corticum mirobolanorum citrinorum.
Rhacpontici
nostratis viridis
sive
centaurii
radicis
majoris.
Foliorum senae mundac.
Epythimi.
Ivae arteticae ana une.
Polipodii quercini
Florum fumiterrae
i
mundi
et
V2viridis
libr.
lupulorum ana
duas
lib.
et
semis.
scniis.
Glycyrrhirac rasae une. unam.
Passularum enucleat. une.
tres.
Sem. anisorum.
Foenicul. ana une. semis.
Florum
boraginis.
Buglossi.
Violarum ana
Omnium
fiat
nianip.
dccoctio
unum.
sccundum
25
—
artem
in
libr.
30
)
,,
-
bXP
aquae fontis lento igne iisque quo remaneant
et
cum
sacchari albi
libr.
X fiat
X,
libr.
syrupus addendo succor.
lupulorum fumitcrrae dcpuratorum ana libram unam
et
semis.
Confert morbis nielancholicis, necnon
biliosum pituitosumque evacuat
morbis
Ad
morbo
ogni modo,
nostro
resta,
il
registra cortina;
prove
a
ripresentare la
priìiiis,
come un
sempre,
e fino
;
mia
ipotesi.
ma
d'
indole esotica.
Ambra
bisogna dargli Io stesso valore, che ha in italiano
capezza. In
Palermo
o majulina 'un
si
ripete
si
godi
:
—
«
la curtina.
»
non
ci
si
rac-
La spusa agustina
— Cioè^ sposando
agosto o maggio, muore presto, senza vedersi bene
del padiglione, che copre
la
d'
Il
nel senso di corte, corticella, mentre,
(nap. sproviero, portiero), altrimenti più
in
interrogativo
più convincenti
vocabolo {cortina) insospettisce; e vor-
rebbe tradir lo scherzo
qui,
mun-
—
gallico valde prodest. »
Mauslino
mi permetto
In
humorem
et
obstructiones aperit
frigidis cercbri prodest, intentioneni habet
dificandi et
il
,
il
talamo nuziale.
— Di
più,
sostituzione, che riscontriamo nel nostro vernacolo,
per quanto ho potuto indagare, manca nelle
degli altri dialetti. Allora
non
è strano
varianti
;
)
e
)
)
<
\
(come abbiamo
[
millanta
altri
censiore
sia
Non
vi
esempli
!),
che questa interpolazione
accaduta in vista
ha dubbio
in
quello
di
un novello
sl'.euue
re-
fatto.
essere, ....o
';
<,
sem^
brare qualcosa del tirapiedi.
allusione ad
slcnielìo]
:
popolo ha
sostituito la
)
un contemporaneo [Masi' bustino od ^Au-
\
e che pure avea
—
Il
dovuto
26
fitre
impressione sulla
\
sua immaginazione. Possiamo dedurlo da qualche vestigia
che
,
figliolo,
farme
da
,
tuttora sussiste.
che non
canià
'i
chia,
a
scaletta
il
o da
,
La
mamma
conduce bene
cuorpo,
Austeniello
boja, verso
si
te
faccio
:
—
fa'
rimbrotta
il
sieguetc
a
« Si
'nu bellu vestito
iMast' Austino. »
cinquanta o prima, abitava
—
in
Il
famoso
una catapec-
destra, nel cortile di Castelcapuano, vicino alla
dove
oggigiorno,
di
registro; e, ta-
volta, faceva capolino, tutto accigliato,
con una faccia
rossa
,
(non
è,
sa
si
fedine bianche
,
l'ufficio
se per vino
!
^^&iBSa-^
—
27
—
o
salsedine
!)
fra
due
GAP.
II.
FESTE, FIORI E FRUTTA.
EL popolo
Non
lui
il
si
ha
celebrar le
di
qualcosa di
a
festicciuola
sua ghiottornia
la
modo
miglior
è ricorrere
feste,
,
buccolica.
non abbia per
che
,
suo piatto
il
predi-
letto.
A
San Giuseppe, diciannove marzo
son
,
di rito le
cosi dette uova di lupo; le zeppole di cui la ricetta
riscontrarsi nella
vicino. Anzi
si
può
Cucina casereccia del Duca di Buon-
come
che
ritiene,
scono quelle bollicine
,
tante
Irigge ed appari-
si
anime
escano dal Pur-
gatorio.
Vien
carnevale
,
e specialmente
i
giorni prescelti. Anzi^ a bella posta,
zati
con diverso nome. E tutto
toria.
Se non m' inganno,
compari
»
forse,
giovedì
,
sono
si
sono
i
battez-
va a finire a pappa-
vien primo
perchè in origine
si
«
giovedì
dei
pranzava da co-
-jM
28
storo; poi « giovedì de
li
una
parienti », per
ragione
simigliante; indi « giovedì muzzillo », sicilianescamente
luppiddu, nel quale
alcune famiglie
nendone
lu rato,
un po'
a parte gl'intimi. In
Tegiano,
un po'
di rete (j'ei^d),
sona cui
a'
più cari
un po'
cambiarlo, onde
farne porzione
mangia
il
:
La per-
vaje la rata a chi ave lu
,
!)
quaresima
majale di
chicchessia
a
spesso co,
pretesto
sotto
per non
,
Ai desinari succulenti carnevaleschi, seguono
me
che
si
magro.
di
coli di rape, al
stiere,
danno
grasso {la lardieddu), e
puorcu. In Ischia, (dove sono più taccagni
stumano ammazzare
,
po-
presente, deve alla sua volta ri-
il
proverbio
il
,
di fegato,
costolette ('«a ^ienca re felettiì).
è fatto
si
di
in
si
periodo
uccidere un majale
suole
si
,
una primizia, consistente
o quattro
tre
se 'rapegna 'e
copia di carni. In questo
adopera maggior
in
nun tene renane
« chi
finalmente, « giovedì grasso », forse, perchè
figlie »; e,
che
con
niiueslra maritata,
a la napolitana, che
scriveva così
fin
grano
cioè
i
pignati,
che
fanno
si
Nfl tempo isttsso ogni anno.
D'una certa
foglietta tenerina
Con
carne e pettorina,
E
sua salsa verde accompagnata
la
Di menta,
Un
d'agli e petrosin mischiata,
pezzo ben pestata,
29
brocle
pa-
Gustosissi-
immollato.
tempo suo,
dal
i
Né
pianati di pasqua
:
Quei
pasqua
in diverse guise.
apparecchiate
la
A
quaresima.
di
manipolana
si
quelle
scarseggia
primo
il
del
Tufo
de-
Vi farebbon gustar cosa
Che
di
sorte,
non avreste morte.
poi mille anni
Gastronomicamente non mancano
Anche
rianti.
Cortese
il
delle piccole va-
celebrando lo stuolo vajas-
,
sesco escQ in queste precise parole (Fajasseide,
Ora
Chi sarà
l,
15):
bertolose qualetate,
le
che
chillo,
Doro sapeno
pozza dire?
le
fare le ffrittate,
Maccarune, e migliacce da
Le nnobele
Zeppole, ed
stopire,
pignate mmaretate,
aiitre
cose da stordire,
Agliata, e sauza, e mille autre sapure,
Cose de cannarute,
Ed
a
il
Zito dichiara
Napole
e de signure.
—
«
Pcgnato mmaretato
mmarita
chillo che se
'no pegnato
glia
:
granne
ceccione de
la
tutte
de foglia,
le
'ste
;
fella
!
'no
de verrinia;uatto q cape
caso mostrato
'no piazzo de
E
;
po' cotte, che
ccose, se nce mette 'na bella torzata
ccimme cimme,
e se lassano voliere
soave; po' lassale arreposare 'no poco, e
gne
mette
jenco, grassa; appriesso 'no
ossa mastra; spiezie quanto abbasta.
songo
nce
se dice
dote. Se pi-
'na gallina casareccia; ""no sau-
Costa; 'na
de saucicce cervellate
'sta
e dinto se
,
buono piezzo de carne de
capone 'mpastato; po'
co'
Gian Gregorio d'Ariemme,
soave
che ma-
bi'
chillo che faceva lo
Pascariello a la Commeddia,, soleva dicere, ca se fosse
stato a
tiempo
nuostre
,
non
lonne d'Ercole 'ncuollo pe'
gna
;
ma
fi'
s'averria puosto 'no
politano da
la deritta, e 'na
averria portato
pegnato
Itl
30
Cco-
maretato Na-
Coglia potrita a
h
le
all'uteme parte de Spa-
la
Spagnola
da
portannole pe' lo
la senistra, e chelle
Non
potuto dicere co' cchiù raggione:
Né
pi:(Xf
noi
si
averria
64-5).
Ili,
:(ione cit.
Munno
plus ultra. (Edi-
difettano
i
tegianese pinecocchc:, cioè
casalelli, in
(uovo),
^ '^occo
i
due ingredienti
costuma manipolarli
principali.
Da
colla farina, zuccaro e su-
gna; sul dorso s'incastrano uova col guscio, che, poi,
fuoco diventano sode. Anticamente
al
vano
solito
in
si
apparecchia-
un modo un po' diverso, come testimonia
il
Del Tufo:
Cotti con uova, cacio e provatura,
Zuccaro
fino,
acqua
altra mistura,
Come
si
La
fiori,
fanno aiior per ogni canto
sera al tardi del Sabato Santo.
Graziose son pure
con certe
rose e
di
E con
le
radici bollite,
uova pente
o
in
,
colorate in rosso
nero con campeggio, o
variamente; e con disegnini bianchi, che interrompono
Tuniformità del colore.
)
Ve ne hanno delle bellamente lavorate, specie di
oche. E con le più si trastullano a giocare, ovvero a
tonarle. Quando si rompono ed anche senza, vanno
a finire nello stomaco.
del
Ciò
benemerito Del Tufo
In
costumava anche
:
questo tempo ancor tra
Uomini, donne e
Vedrian,
con
noi
tutti.
ior potriano fare,
a tozzarc
l'altro
Stando l'uno
di
putti.
come ancor
Ogni giorno
Lun
si
a
uovo crudo,
fresco o cotto,
chi tocca a l'altro sotto,
a'
tempi
;
\
]
,
IP-
Su
scorza dipinti in più colori
la
^
Vari fogliagli e
Che
insili
Han
di
fiori,
l
Principesse
le
^
Per
quell'uova istesse
^
lo piacere e spasso,
Giocando
{
tozzo insieni
al
Vi è pure l'agnello pasquale,
sogliono far regalo
in tal ricorrenza
mini ova
tribus
rotulis
8i della Consuetudine
monii dei
vassalli.
altri luoghi di lingua
qual s'impara
mangiano
et
Anonymo
di
si
beveno
,
con maggior
cibano
diletto
l'è
armenti
gli
rosmarino, spico
altre
stissimo
^^
erbe
simili
lucci freschi
,
Landò
,
con
,
?
,
di
in Italiana tradotto nel
delli enventori
nuovamente
si
si è
ritrovato
fa
si
il
poi ag-
et
—
che si
da !K.
«
Man-
strugge in bocca
zucchero. Et che
grato sapore, poi che non
che di serpillo
maggiorana,
arrostiti
Vi
delle cose,
M.D.XLVIII.
che non
d' altro
Tu
nel
^Aramea
gerai vitella di Surrento, la quale
meraviglia è se
ri-
mostruose cose d'Italia
composto,
Utopia
ha
come può
et
un breve catalogo
gionto
^
Così
».
sorrentina
recente,
prendesi istremo piacere.
et
i
sorrentina sui matri-
mongana
la
non tanto
più notabili
delle
illis,
spallam
privio
et tertio
seguenti parole di Ortensio
dalle
Commentario
et
Specie
celebrità, di data
levarsi
babbi
i
diebiis
Pascha Resurrectionis Do-
in
nella rub.
una
cui, spesso,
di
gallinaria et carnis
unam porcinam de
s
mulier vaxalla anno quolibet te-
«
viginti
passo.
in
loro marmocchi. In
a'
domino suo
neatur dare
passo
di
citronella
,
,
si
nepitella
menta
et
sguazzerai con quei cacicaval-
non con
sopraveste di
lento fuoco,
zucchero
et
ma
pre-
cinamomo.
i
—
32
—
.^^^^^^^^^^^^sm
Io mi struggo
mo
solo a pensarvi
formaggi sono
I
!
Campolongo
nuele
»
eccellenti
affibbia a
— Ed
ned
;
Massa l'epiteto
ginosa, ed escQ in queste altre parole
Sorrento
nobile
simo.
—
»
(Mergelliìia, p. 4) Sicuro
e Sorriento gentile
torniamo a bomba
E non
vaccina
!
ì
Ema-
\
—
«
sempre
affluentis-
vitelli
—
di lalfi-
il
Napule
«
bella
canta una volgar canzone.
solo
«
carne per sincerarsi
ricorda con lode
si
pone
si
la
majale,
nel suo
\iìiajale\
— «Si'
'nu
»
e quelli
Il
bello
Serio
cetatino
de Sorriento, e mo' justo è lo ticmpo tujo
— (fJ/^. Porcelli,
p.
Le
23).
ricottelle di
e
facendosi di-
puorco casarinolo o pajesano
Vernacchio:
nelle
mongana
Salerno, duri ed asciutti, piuttosto stecchiti.
scrive
La
Ma
!
la
anzi pure quella di
;
stinzione fra
di
che
sa,
si
grotte.
la
—
»
:
verissi-
sorrentina è d' un' antichità incontrastata.
nobiltà
Già
pingui e teneri
di
è
a torto
Massa
—
»
« in
piccolissime fiscelle ristrette e poste in bell'ordine, va-
licando
gazzi »
deri
p.
mare giungono
il
—
in Napoli,
che ne ha
,
45-6). Ottimi
Che
la
,
di
gentili
Che
gingilli.
gradito cibo de' ra-
colombini
!
E
descrizione
In
burri.
formano seducenti
altrove
di fiori
fatto
i
all'alba,
per valermi delle
vaghezza
di
mille
altri
i
scherzi
!
ed imi-
V immaginazione,
più esperti.
fresco o giuncata; a
rito
il
latte
le
pninaccrase e
33
-
-
ed
graziose pecorelle di burro
San Giovanni, 24 giugno,
di
1858,
in Arola,
lavoretti, adorni di mortelle,
gareggiare con
All'Ascensione è
(Piisseg.
San Liborio,
tazioni, che sa suggerire l'industria,
la
parole del Bi-
le
prugna.
}
In Sassano
le
d'
augurio d'abbondanza. In
le
grano
finestre del
dalle
amarene schiudono
si
passa la processione
allorché
,
donne gittano
giorno
tal
del Santo,
,
segno
proprietarii di
i
]
?
<
porte de' loro fondi. Chi vuole,
{
devo-
)
ne colgono per una specie
serve; e molti
in
di
zione.
^
Alla
Madonna
marina
mezzo agosto,
di
vi è
gran
Cassano. Sono molto ricerchi
di
i
festa alla
fichi voltati
(da optare, dicono,) primaticci, ed altre frutta. Suppergiù
cos'i
seguono. E par
nelle feste, che
come
venditori,
Su su
Chesta
ca
Re mio,
dongo
Te' su, pre
De
fico
'ste
Vide,
te',
eh' e da
Marchese
spese,
fa
si,
le
te
i
:
sarnese.
fico
Se contento vuoi
E
Tufo
e maritate.
Oli! che magna',
Ora
udire gridare
di
del caro del
ottate,
fico
alle
Vedove
tempo
al
chiù de 'no mese.
sta'
'no tornese
tre pe'
toja,
vita
non
ti
cagnare
pallarc.
cagnatelle,
Sebbè' so' pecccrellc,
"Ste fico
Oh
s'
!
è
jcdetelle
di
Doce come
tutta
a
botta
ricotta
'Sta fico borgesotto.
Benannaggia
Che meglio
'sta
fico
semmana
:
vo' de 'sta trojana
?
Cui può far riscontro un luogo del Basile, che comincia
:
—
«
Quatto
fiche fresche
D
—
34
—
ped' uno, che co'
la
—
spoglia de pezzente,
lo cucilo de 'mpiso....» eccetera.
co"*
{Peutam. introduzione,
—
vera miniera inesauribile,
Somma
ciliege colte a
Né manca
lor. II).
ed
il
Del Tufo,
far parola di altre
a Sant'Anastasia, delle
frutta: di
pere ber-
gamutte^ dell'uva moscatella, inoria, e cornicella.duraca,
(V. Volpicella-Del Tufo,
de' meloni, e simili.
«
A
M artino
San
è vino » ;
— ma
scrizione
»
non solo
—
costuma pure
si
può vedersi nel De
Del sacrosanto
la ctipeta, di cui la
Ritis
dei-M
:
San Martino,
di
di
p. 12-18).
ogni musto (o fusto)
«
Cosi tenuto in stima,
Quando
Che
Onde
s'assaggia
vino
il
tornar ogni
fa
triste
alma
lieta.
allor più a copeta
Spende quell'artigiano
Nostro napolitano.
Che,
non
forse,
qui qualche b.nronc,
fa
Val più quel buon torrone
Che
allor
si
mangia, e
la
zinzìyerata,"
/^-f
-UU'
Cosi da noi chiamata,
Che non
vai questa
_Inolt£eIsi suol
bannera »'
che con piccole
riole aurate >^
vivande, che
bocca
torte,
:
dire:
— perche
,
— «Santo
Martino
tutte le botteghe
bandiere
— Ed
:
hanno
veramente
^v^.^^^ ^'p'*-^"
vostra cervellata,
sono
ha
—
«
in
mostra de' dolci
,
con
certe lor
fanno venir
1'
miso
a festa, an-
bandee delle
acquolina in
zuccari, barattoli, conserve, cedronate, torrone,
copete, pignolate, confetti, fosticelli, percocate,
nocatoli, pizzette, mostacciuoli, ovetarache, graffioli, e
simili.
(V. Del Tufo,
0/).
cit.,
—
35
p. 118-9; Fajasseidc,!, 19).
j
M-
A/ql
Ma
almeno per
piissiimo oltre,
zioni
iscacciarc certe tenta-
'
!
Mu"
Mu'
se ne vene Natale santu
se ne vene
Chi se vcve
E
]'
la
e giustu,
(
nascerà de Cristu,
)
vinu e chi lu mustu,
hi
(
r'acqua m'aggiu fatta 'na provista;
Chi se mangia
Pure "nfaccia a
>
carne e chi l'arrustu,
la
/
chianca l'aggiu vistu
la
!
j
Secondo ricorda un canto
non mancano
casione,
stra di broccoli neri,
il
una
pinocchi,
cappone, e che so io
sono molto
raci)
zeppole,
capitone ecc., nella
cabile
tale,
i
le
si
voga
in
tegianese. In
vigilia.
nocciuole,
l'
imman-
come
in
azzurra
,
Scafati
di
la
!
ì
)
per
(spurie)
che hanno sotto
)
Pagani,
di
anguille di Sarno, le quali (ve-
le
;
na-
Nel giorno
Altrove,
!
distinguono da quelle
macchietta
sosamelli, la mine-
i
le
questa oc-
]
)
pancia.
;
Si serbano in casse di legno, vicino al fiumi cello.
uno vuol
di
e
si
vederle,
e le
rete,
i
venditori
prendono con coppo
versano in uno spasone
dimenano, come
E, qui,
le
tanti
dove guizzano
,
Guida pratica
capitoletto.
voci
delle
del diaì.
Ne
'
'
j
serpi.
non torna inopportuno spender qualche
rola, a proposito
Se
iiap.
dei
venditori, cui
pa-
nella
del Li\igni è dedicato
han parlato anche l'Imbriani ed
il
un
;
;
Pitrè,
;
e qualche altro.
in
Napoli
poli
dal
Né meno
ii)i
al
curiosa è
la
Storia de'
iS6o di N.
1878). Pure, fino a poco
fa, tai frasi
Fara^^lia
erano
pre:^:;^i
(Na-
iuler nos
malnote.
Non
COSI da
quando abbiamo
-
56
—
il
mercato Vallazzano,
m
—
,
mio amico, che ne apparecchia
delizia d'un
\
zione! Pare, che
Capo
al
/./;^^(7;7c),
nome,
tal
Massa,
di
mologia lunatica
il
Fel-
quale, secondo una
eti-
sede
derivar da FiXXa
dovrebbe
,
descri-
la
una ripetizione del
sia
^
tempio, e Zàvo; gen.
Zàv Giove, quindi
di
«
tempio
di
j
Giove
».
ì
Di rado
]
arance
barattano
si
come
arduo, udire echeggiare,
a
cinche
,
a
sordo
a
sei
—
qualche mellonaro:
faccia.
...
so' de
Mo'
suvio
Ma
fuoco....
!
Vesuvio
so'
purtualle
È
— «A
:
quatto,
Palermo
'e
Che maraviglia
!
benuto d'a
Mellune verace
!....
Napoli
Cu' 'no sordo vevo e
«
Castiellammare
stiellammare.
in
minuta. Quindi è
»
—
113). Più facile è udir gridare
Bideri, Passe^. p.
(cfr.
'e
alla
!
'a
lasciamo questo tema. Discorrere
riuscirebbe lungo e nojoso.
r' 'a
!
Ve-
)
?
l
)
\
\
)
diavoli! »
li
di
Mi restringo
'a
neve, e
Fuoco
!
lu 'nfierno cu' tutti
lavo
So' di Ca-
!
rotta
Fuoco
me
(
tutte
feste
le
l
a qualche altra.
^
È
risaputo
che a capo d'anno
,
si
fanno degli auguri
vicendevoli.
]
ì
In carnevale
si
costumano
mille pazzerie; e qualche
cosa ne ha detto Gaetano Canzano-Avarna:
—
{
« L' ulti-
)
ma sera di carnevale in Sorrento. {Slelle e Fiori. An. VII,
Num. 8. —21. II. 84). Son di rito il filetto di majale,
[
le
salsicce
,
i
fegatini
,
lascu^na, le sfogli al eli e,
la
i
;
vini
\
de' Colli,
di
Massa,
di
Capri, acc. Fino
al
1799,
facevano due mascherate; l'una da matti, detta
dia di Carnevale, l'altra con mantelli scuri e
la
si
gnor-
maschere
\
'ì
)
sparute, la guardia di Quaresima. Ilappresentavano le
Accademie
della
S.:gge::^:;a
e della Follia, e
37
-
con
lo
scam-
f
doveano
bio di scherzi e di lazzi
la
La schiera
serata.
far passare
allegra
')
dei matti poi, verso mezzanotte,
j
accompagnandone con
assisteva Carnevale agonizzante,
nenie e lamenti
la
dipartita
come
,
dirò più giù, par-
Non
landò dalla Morte di Sorrento.
luogo un riscontro con quanto dice
terzo ragionamento, sul
Mascherate,
giuochi
balli
accennati
fuor
sarebbe
il
\
Del Tufo, nel
>
\
Vi sono molti
nella
dal Basile
'
l
di
Carnevale di Napoli.
sfrenati, ecc.
\
quei
di
)
Xtrodu:^ioì!e della
^
prima giornata del Pentamerone, non dico
cuni
sono
semi-dimenticati.
nano 'ncoppa
a le
mazze
dinto a lo circhio, mo'
giero,
mo'
mo'
forze d'Ercole,
li
«
Chille
chille
,
cammi-
che
passano
mo' masto Rog-
mattacine,
lo cane ch'addanza,
sti
».
— Cui
potrebbero
versi della Stufa {Edi^.
Le
Ffarze, le
cit.
Commedie,
La femmena, che
far
voi.
e
le
mo' vracone,
che sauta, mo' l'aseno che beve a lo becchiero
Lucia canazza
al-
che
fanno juoche de mano, mo'
che
chille,
—
mo'
,
perchè
tutti,,
XX,
mo'
,
giunta que-
di
p.
368):
Sagliemmanche
sauta pe' la corda,
Chell'autra co' la varva,
E
chell'autra, che ccose co'
Li maitaciiie co'
le
li
piede,
bagattelle.
La crapa che ba 'ncoppa
a
li
rocchielle,
'Nzomma stòfano tutte li solazze,
E boffune, e lazeze, e sciuocche e
Cioè
quelli,
pazze.
che camminano sui trampoli
bastoni lunghi, nel
mezzo
gnetto, sul quale chi gli adopera posa
dosi la parte di
sopra
:
—
dei quali è confitto
alla
coscia»,
il
«
due
un
le-
piede, legan-
— secondo
defi-
^
}
,
nisce
il
in
Quei che passano per dentro
Fanfani.
chio è facile
questo
spiegarlo.
—
:
humi
simulans se mortuuni
unus
«
cer-
al
poi consistevano
mattacini
I
jacebat stratus, circum queni caeteri lente saltantes
modos
certos tristesque
ad
musicos, et gesticulantes ibant,
chori magistrum sequentes atque imitantes, qui mortui
illius
nunc unam
ficti
vel alteram
manum, nunc unum
altcrumque pedem velut rigefactos elevat, contrectat
et
normani praebet
caeteris
olfacit,
nibus imitandi, donec
CLin
»
—
,
<
<
^
se in gesticulatio-
erectum
e terra
illuni
circum agunt.
jactant et
'.
sibi invi-
Così Fr. Pasqualino
^
XIV,
citato dal Pitrè (voi.
parodia
p.
80). Si
può
ritenere una
Morie di Sansone, descritta ne' Giuochi fan-
la
ecc.
aggiuntovi
e
funebri del
Lauriel,
1879) pa-
N. 140-1
stesso autore
citiUeschi dello
quanto è detto negli Usi
natalizi,
popolo siciliano (Palermo,
Pedone
iiiiiiali
J
\
l
ì
Salomone-Ma-
s
rino nel volumetto. Le Repntalrici in Sicilia qcc, (Pa-
)
gine 172-3, nonché
lermo, 1886)
Cortese
Pas.
{V^Cic.
Nelle forze
I,
sulle spalle dell'altro:
d'equilibrio e
ue:^iii
salire
nella
Vajass. IV, 29)
(cfr.
di
in
tal
ginnastica.
vita priv.,
vedi nel
\
)
ro-
vari
uno
(
guisa eseguono giuochi
)
formano una piramide
busti popolani
poi,
37, e canto seguente).
Ercole
d'
del
Su masto %pg^iero
56.
p.
illustrazioni
le
Il
salendo
,
Molmenti
Torino, 1880,
p.
l'uso fino
al
secolo decimoterzo.
non
di
rado,
(5/r.
Ve-
di
59) ne
ta
ri-
\
(
Indi cani che
\
danzano;
e
simile. Cosi
ho
suono
al
d'
un organetto, o
visto, talvolta, anciie ballare degli
(
orsi.
|
La Lucia
ffl/i^z^^a
deve
arieggiare
s
rjijm.J9
—
qualcosa
delle
[
mamiìie Lucie, descritte dal Villabianca nei
Giuochi po-
polareschi di Palermo. Alcuni monelli
si
femmine da strapazzo; ed
tamburelli, stru-
pantomima,
dicola
E quando
riosi.
Con
si
mezzo ad una gran
in
secondo c'informa
appo
noi.
Pitrè
il
—
,
spiega
si
saltimbanco
<.<
Vocabolario dei Filopa-
nel
parola non vi appulcroì
e
Dopo
con ogni specie
essersi celebrato
di stravizzi
il
]
fa
)
morto
(
bianca di farina, gittate su di una
)
santo Carnevale, l'ultima sera dei tre giorni
l'esequie.
con
carretta
coro:
E per
,
—
mentre
«
un coso
lo più
taccia tutta
la
osteria.
all'
(XIV- 3 5), ed anche
Saglìemmanche o sagìienvanche—
cerretano »
cu-
di
folla
va a finire
si
cosa è tuttora in voga in Si-
la
cilia,
tridi,
di
ballano e fanno della ri-
,
è stanchi,
modifiche
lievi
suono
al
menti femminili, saltellano
abbigliano da
gli altri
,
,
che
»
—
giano, lo formano di paglia, vestito
un uomo,
e
con
la
finge
si
trasportandolo
È muorto Carnevale
gli
,
si
gridano in
ì
Te-
)
In
e simili.
guisa da parere
in
maschera. Nell'ultima sera
la
portano
^
processionalmente,
dogli da
baldacchino
Cannahiani
ìiiaccaruììc
fra
,
ììiìo,
e
chino
quattro candele accese, L\CQn-
con un
lenzuolo, e ripetendo:
oglia,
(cioè di pa^ìì.x) Stasera
r^
craje foglia
A
!
mezzanotte
bruciare in un luogo deserto.
fare
slaineiitnin asini, di cui
s
(v.
E non
anche testamento. Al qual fiuto
si
si
lo
manca
si
vanno
di
collega
)
?
5
a
)
largii
)
il
Te-
conoscono parecchie versioni
]
)
Novati, Caniiiiui medii acvi, Firenze, Libr. Dante^
|
>
1883,
Parigi,
p.
79, dove ha du'
strofe di più;
%pmania
i^^i,i:.X\l,2G;Mèhisine, Parigi, 1885, T.
I
di
j
II,
j
—
40
—
-uà
^
n.
primo
e
pende
sotto
finestra
alla
una vecchiarda
rocca
col
e
,
settimane, e
se ne toglie una
quale segna
come ne
tanto da
,
la
si
sega
vesti
vecchia
la
,
una
pieno
parvenza
giorno qualche vecchia
non deve
uscire,
tirata
,
a
Pasqua,
di
quaresima
di
sangue per dare
di
realtà.
Vedendo
fanno
a sorte, bendata
e
gibetto. Nella
il
la
pignatta da una
fornita di lungo ba-
che dolce sorpresa secondo l'opportunità e
quelli
si
persona stecchita
di
è
anche
Nu'
sono
Carnevale
valsi gli scrittori
(cfr. Petit. II, 4; Cine.
popolo
passata nel
Giugliano
Tu
fra
Quaresima,
e
si
cosiddetta Morie de Sorrienlo, del qual para-
la
gone, spesso,
Ed
qual-
la liberalità
che intervengono a questo divertimento.
All'immaginaria pugna
rannoda
si-
quel
celiando, che
in istrada, si dice
altrimenti le
alla
in
stone. In tale rottura, vi è sovente apparecchiata
di
me-
della brutta
metà
prima domenica, invece, suol rompere
persona
gallina
qualcuna,
quale, talvolta, ha nascosto fra
la
un budello
mulazione
senza
restare
la
Si ap-
di
finisce
sentenza di morte
gera. Dimenticavo dirvi, che nella
le
con
Oiiaresimn.
tante penne
con
un' arancia
le
appende
si
incartapecorita
ed
battezza
si
al
una pupazza rappresentante
aggrinzita
t'uso
quante sono
la
E da Carnevale
91-2).
quaresima è un sol passo. Subilo
di
balcone od
al
XIV
300; Pitrè,
13, col.
comincia
vavatteiie,
là'
Vili, 33, tee.)
tanto che un canto
:
Mono
vutà' lu
,
ad indicare una
de Sorriemo,
stommaco
a
li
ggcnte!
{Binile, An.l, p. 40). Si tratta d'un'antica costumanza.
^a
M
è
—
41
enorme
Carnevale, un fantocciaccio con
landato dei
cibi più
succulenti, fra
ventraja, inghir-
prodotti del porco
i
ne stava sdrajato in una carretta. Sur un'altra Qua-
se
resima, una vecchiaccia magherà, lunga, lurida, adorna
legumi ed
di salacche, baccalà,
volgendo
chioma
la
parte del Borgo,
alla rocca.
come
per entrare in città
avviava verso
di
uscire. Allo scoccar dell'ultima
travano sotto
letro di
la
mezzanotte s'incon-
legno e cartone, rappresentante
la vita,
l'altro
Porta. Ivi era ad aspettare un alto sche-
vedendo apparir Carnevale, con
mieteva
e
;
Porta, (diroccata nel 1863) in atto
si
la
segni del magro,
altri
Costei se ne veniva dalla
l'
mentre Quaresima
la
Morte, che,
inesorabile falce gli
si
avanzava
in Città,
in aria trionfale. Intanto la plebaglia furente ed ubbriaca,
urlando dilaniava
il
dei miseri avanzi (V.
Vien
domenica
la
corpo dell'ucciso;
Canzano
delle
palme. In questo
gliono regalar de' ramuscelli
bolo
di
di lauro,
La palma benedetta
gente
plice.
d'i,
falò
p. 68).
so-
si
,
:
im-
pace, specie fra due fidanzati. In Santa Sofia di
ramoscello
6Ì
I,
benedetti di ulivi
Calabria, invece d'origine greca,
fra
un
e faceva
nel "Basile, An.
di
si
costuma donare un
alloro onor crìiiiperalori e di poeti.
dattero è più signorile e
di
ma
condizione più elevata,
È un dono, che
si
dà specialmente
a'
è
si
usa
meno sem-
canonici; e che
presenta dalle persone di chiesa. In Napoli, un in-
dividuo
ascende
con un fascio
di
la
cupola di San
palme
sulle spalle,
Pietro
va a
Martire
,
e
mutare quella
legata vicino alla croce. Talvolta, è per isciogliere
un
voto promesso, come qualcuno salvato dal naufragio.
Nel duomo,
benedicono
si
compagnato da
tutto
palme dal Cardinale, ac-
le
clero,
il
quale percote tre volte
il
col piede dell'asta della croce, la porta serrata, che
apre, e tutti entrano.
accenna
all'
Il
processionalmente in
antico uso di uscir
questo giorno, fermarsi ne' quadrivi
elevare una croce
volta,
la
dopo aver
croce avanti
popolo
vi
girato per
Poi
lasciava l'elemosina.
croce in tale domenica.
con
fatte
mente
Seano
i
stramente
Ma
le
il
l'
si
mano ingegnosa
fiori
,
foglioline
inargentata
frasca, cui
palme più
fissava la
si
artistiche
sono
special-
e di cui
,
industria. Si recidono
,
midollo; e
colombini,
che
si
o ferro
,
filato
serbano
di
anno
in
le
Tralascio
costumano
può
mosche
di
in
far
fili
il
sotto
bottoncini di
di
cordellina
da formare
una
nastrini e confetti variopinti
grazioso.
E
queste frasche
anno, specie nelle nicchie e negli
scarabbattoli dei santi, perchè
guasta, e
con
in guisa
,
Ne escono
fiorellini,
legano
aggiungono
si
lavora pria, che
si
abbia indurito.
da risultare un tutto assai
si
Il
la possibilità,
luogo dove
principale
la
cstrae
si
del portico.
ramuscelli ancora morbidi: con una bacchettina, de-
contatto con Tarla
la
o
sostituirono delle cap-
si
il
midolli di fichi
i
ha
altare
giurisdizione, piantavano
la
chiesa del seggio
la
pelle ed Estaurita .significò
quelle
un
e sa di
redimita di palme benedette. Tal-
,
accorreva; e ciascuno, secondo
vi
si
Tutini nell'origine dei Seggi,
le
1'
aria
troppo spessa
le
sporcano.
motto
delle altre
funzioni
,
che
si
questa settimana. Qualche cenno fugace
riscontrar
nel
Bidcri
(f(//.^.
cil.
55-72). Pietro
/
m
de Stefano nella Descrittione dei luoghi sacri della Città
di Napoli, riferendosi al 1560,
Giorgio dei Genovesi
della chiesa di S.
del giovedì santo,
dando
in
racconta, che
processiorie
—
con
«
battenti
notte
j
)
certi scoriati di funicelle
>
san-
;
nella
,
ove sono certe rosette d'argento, per cavarnosi
gue
il
con un buon numero
dalle spalle per loro divotione,
di torchi accesi, visitando alcuni sepolcri della città,
Noto
dopo
solo, che,
benedicendo
sorio; e
le case,
qua ha
de'
rotta la fonte,
È
piedi
a'
solderelli,
delle uova, e simili.
là
i
figliuoli
donano specialmente
si
nel
antico, piantar
innamorate, d'onde
Nel codice
che
il
aveva scritto:
IV-947). Ed
.....
la frase, «
il
,
specie
maggio.
»
']
voce majuma,
ì
)
majos festiim florale Kalendas (Fasti,
[
rinviene
si
rende majo.
in
onore
piantare
Precedentemente Ovidio
Giustiniano
di
Vallauri
dei
cjleno un albero in-
nanzi alla porta di qualcuno per largii
delle
baciano
perdono d'ogni mancanza.
genitori, e chiedon
È uso
•
;
spruzzando acqua santa con l'asper-
risaputo che in maggio,
fiori.
o^
prete in istola va
il
In Tegiano, nel mattino di Pasqua,
i
,
,;
numero, an-
vestivano in gran
si
i
la
nostro del Tufo:
il
Come
fanno
gli
amanti
Pria che la bella aurora
Dianzi
Sotto
De
Sol venghi fora,
al
la
gelosia
l'aspra
donna
ria.
S
Gli scovre allor con quella occasione
L'amorosa
Lasciando
Fuor
già sua passione.
al
dipartir gigli e viole
della porta del suo vivo Sole.
—
44
\
E
tono
COSI continua su questo
nedetto de Falco
102-3). Be-
{op. cìt.
>
TDescrittione dei luoghi antiqui
nella
^
di Napoli Qcc.
Maggio
Celebriamo nel primo
«
memoria
ginestre, in
delle
fiori
—
:
celebrata dagli antichi.
»
— Ed
Dea
dalla
li
dei fiori
,
]
)
Cortese nel Li Tav.
il
—
Lo primmo juorno
>
de Majo, quanno a Napole ogne casa deventa taverna
)
tAmmure
de Ciullo
Tenia,
e
II,
«
— Ma
lascio questo
\
argomento, perchè voglio restringermi ad un uso, che
;
co' lo frascone 'ncoppa la porta. »
ha maggiore d'aria paesana. In questo giorno, ogni par-
^
suo majo a monsignore Arci-
]
rocchia deve
vescovo
recare
Galatea
Rettoria
la
Parroco
al
Bolla di possesso
et
Nel 1593 l'Arcivescovo Giuseppe
in Sorrento.
Donzelli conferì
di
il
Chiesa
Bartolomeo
legge
si
deferendi arborem
della
Piscopo
— « Cum
:
et
e nella
;
onere
ornatum
floribus
Maria
S.
di
f^iciendi
tinam.
— (V.
»
un sacerdote
Napoli 1880
riopinti; e
Cenni
di
p.
Mortora
il
ecc. ecc.
— leggi,
Eleggono
33).
,
>
^
i
di
per
tale chiesa
Carmine Russo
più
bei
—
va-
e
fiori
ne rivestono una pertica, formando intorno
tanti piccoli palchetti
cede
slor.
assicelle,
,
cerchi, e simili.
Pro-
E
nella
al
Ve-
parroco o chi lo rappresenta
devono
in
istola.
funzione
tutti
scovo,
quale poi suol regalare questi maggi, specie
alle
il
monache
di
fare
presentale
il
San Paolo. E non solo
armi
fiori
annesse delle frutta primaticce, dell'uva, che
bata con certa cura
,
Vi sono
!
si
delle tortorelle, eccetera.
nanzi tutto molte candele
—
di
45
cera!
—
l
\
decoratum
prima mensis Maii ad majorem Ecclesiam Surren-
die
)
è ser-
Ed
in-
>
l
A
vero,
dir
volta
regali
i
la
mandato
all'
Almeyda
condo
ricava da
e
vanno
alla
una
stupendi.
Mi
degli
,
governatore
,
ms. inedito
w\\
compendiosa relazione
fedelissima
assottigliando; ma,
proprio
,
descrizione d'uno di D. Giovanni Grillo
piace riferir
si
si
facevano
se ne
,
città
popolo nel regno
:
la
se-
,
(
)
osservata
\
del
Napoli, composta dal Dottor
Do-
c-
;
grandezze della
rivoluzione
—
]
Vera minuta
•'
fedeltà
universale
nell'
di
menico Valvassori
—
delle glorie e
Sorrento per
di
Maestà Cattolica
:
Sorrento
di
!
ì
\
Era patre domenicano e sot-
topriore del convento di S. Vincenzo. Scriveva nel 1648,
intitolando
nel 25. Vili,
Sorrento.
(V. Capasso,
»
lavoro all'Arcivescovo
il
Tasso
//
e
di
sua famiglia ec.
la
Napoli 1S66, pag. 227-8).
—
d'uva
la
Una
«
si
ammazzata
vitella
ed
cariche
della
sua cara e
pretti
si
grassi
guance
fra le
estinguer
\
sospirata
posti al
fame
Patriarca
propria
di
queste quella
Arianna. Otto
paragone
tinte di
con
ca-
quei di
tal
ma-
gran rossore
Febo
?
confusione nascosto. Dieci
\
di Cintia nell'uscir di
sufficiente ad
>
quel felice Epulone, che or privo
?
de' quali sarebbe stato
fiamme
^
Tantalo colà nel nero regno
>
solamente colmo
bene
si
consuma con Tizio
d'Averno. Dodici
di
oltre
.
sicuro Lieo
al
parere, che l'avrebbono di
il
di
e
semplice vista
sarebbe a guisa
ognuno
la
di
che
nubi della
capponi^
j
si
,
la
tanto
che
,
Giacobbe, io son
niera avanzati
\
composte
vaghezza naturale, che avevano, che,
h avrebbe posposta per
le
fresco con due teste
di
artificiosamente
e
spose
di
pene
tra le voraci
regolatissime
-46-
,
colle quali
si
?*
sarebbe stimato onorato in tempi simili e contro sta-
personaggio
gran
ogni
gione
ragoste, palaie, cefali
regno
di
Fu
reale.
Nettuno hanno
il
primato;
nevano racchiuse;
vano
chiunque curioso
fissò lo
vi
comparire nella mensa
;
la
che da-
acci,
non
corona;
estinto,
e l'ap-
anche agli astinenti Mae
dieci sufficienti a pre-
settimana di pere bergamutte, che con
e ben ingiallita
quinta
la
fame
d'una gola d'Eva, un Adamo;
centro
cipitar nel
quarta di ca-
la
che avrebbero potuto
di qualsivoglia
mela appiè
sesta di
,
bastevoli a risvegliar la
spicati
petito sopito, se
sguardo;
accomodati
volofiori cosi ben
carii
spegne ed
terza di
bianchezza indizio della squisitezza loro a
colla
di broccoli
di car-
poco o nulla
che nelle proprie viscere te-
latte,
la
di
che nel
,
seconda
li
cioffole così tenere, che nella tenerezza
differivano da quel
prima
la
treglie ed altro pesce
,
davano
corteccia
la
loro pallida
la
indizio che
,
come
matura, se l'approssimava una morte, da cui originar
doveva; l'ottava
la vita altrui si
vidi neir
apparenza non
non scomparisse
nona
celato; la
vati
del
stati
ancora
mare
,
al
di
per
gusto
il
,
della
,
acciò
non
ca-
dalle
acque salse
perla di Cleopatra
sarebbono
ad una mensa reale;
la
grossezza
,
dichiaravano Atlante chi
dorso. Le due altre
che ru-
occhi
delicato sapore, che teneano
loro morbidezza
e di cetri di tale e tanta
globi celesti
gli
lazzarole, che quasi coralli
la
meglio
sufficienti
cardoni
di
lusingavano
furono
di
coso
decima
che
l'
di
limoni
sembrando
addossava
dolci
,
sul
cosi deli-
catamente formate, che avvalendosi Apollo non avrebbe
•17
\
;
>
avuto bisogno
Ed
i
parole per mitigar di Dafne
troppe
di
crudele
».
—
famosi gigli
di
Nola? L'origine,
quel cor
si
modesta.
Quando
tariamente captivo
a'
Vandali, invece del figliuolo d'una
povera vedova, rimpatriò,
incontro con
fiori
bato candore
di
al solito, fu assai
Paolino, che s'era offerto volonta-
S.
fra
,
popolo festante
il
cui
il
divennero
pi-
gigli
ramidi, trasportate sulle spalle de' facchini
A
vannari (da S. Giovanni a Teduccio).
allungarono tanto da superar
scuna macchina
divide
si
e l'orchestra, la quale
accompagna
con quel peso addosso. Negli
giglio è
in gala. L'istesso
stri,
arti
o San Gio-
poco
poco
a
si
più alte terrazze. Cia-
le
Nel primo
più ordini.
in
fé
si
illi-
Dipoi questi
lui.
gli
giglio simbolo dell'
popolane
altri,
adorno
di
fiori,
e
donne
festoni, na-
Ogni corporazione
statuette di carta e simili.
vi
facchini, che ballano
i
di
e mestieri ne fa uno, sostenuto da sedici facchini.
Solo quello degli ortolani,
Pure
rifico)
squa
i
tobre
in
Napoli
gli
il
più grandioso,
op.
II,
c'it.
tortani, in
il
meramente ono-
Eletti (ufficio
maggio
Prima eran
,
maggio
cioccolatte, a
gli
Foresi.
della Città,
^Municipale.
ducati 6700.
1
j
\
\
propine per qualche possesso.
;
Gior. VII)
;
la
lo
e
regalare
ma
poi
i
cristalli
furono
a
(Ca-
'
carico
da' Registri dell'Archivio
risulta
Nel 1804
,
cera, a pa-
ventagli, in ot-
appaltatori a
secondo
la
zucchero, in gen-
cristalli
i
San Martino
delle
— ne ha
lo-ii).
solevano ricevere nella candelora
najo ed in
paccio
—
De Bourcard,
trentasei (V.
spesa è inscritta
ventagli, forse,
dovevano
per annui
servire per prò-
^
un po'
curarsi
sorbetti
di fresco in està
del quaranta,
all'
i
:
per uso di
cristalli
sportule o propine. Pria
che poi divennero
,
approssimarsi della stagione estiva,
cancellieri presso
presentavano
giudiziari
collegi
i
i
i
Magistrati di ventagli verdi con manico nero. (V. Guiscardi, Saggio di Storia civile del Municipio napoletano, ec.
1862
si
tamenti, voi. IX,
artificiali.
fiori
francato
il
si
abolì
fastidio d'un'abolizione.
Corroboratale
un vassojo.
Il
tai
rettore
seduti
e
,
offriva
le
passano
diebiis illis, la
,
ai
Eletti de' donativi;
agli
ac-
rispettivi uscieri
Regia Corte due volte
ed
a'
majali in carnevale e vacche a pasqua. Poi fu
costumava
nicipio, che in queste ricorrenze
al
ipo-,
cotta e stola le offre agli Eletti, che le ac-
compagnatori. In
l'anno
essere
non avrebbero
qualche cerimonia, una /mjctìf di
invitati per
colgono
dovevano
di donarsi dai rettori delle chiese agli
L' inserviente le reca in
spesso, in
(Appun-
spesa
la
172). E, forse,
fol.
In contrario, pochi danari
costume
Eletti,
fiori.
il
in
regalavano dei ramaglietti (spag. mw/V-
Nel 22. VII. 1750,
lete).
tesi
un nuovo Eletto entrava
47-8). Allorché
p.
carica, gli
nobih,
il
Mu-
de' regali
Re: erbaggi fuori stagione, frutta, cacciagione della
più rara
,
fiori
,
confetture
pubblicamente nella
,
vigilia di
eccetera.
E
da Monteolivcto, allora sede del Municipio,
da bastagi bene abbigliati ed in doppia
da una carrozza di
accompagnati
città
dagli
scortati dai pompieri,
portavano
si
Natale e nel sabato santo
alla
fila,
col cerimoniere in
uscieri
corpo
di
alla
D
J9
città in
—
gran
Reggia
preceduti
gala
ed
,
gala
,
e
dipendenza del Mu-
)
nicipio.
che
fiori,
I
stessi fiorai,
usavano
di
di
mag-
offerti
dagli
procuravano (nel calcn
si
gio) per presentarli
Re, prima
al
erano
ortolani, ecc., ed in tempi più antichi
argento; e
annua
relativa
la
era fissata per ducati 1430, spesa che nel
prò
vertita a
sindaci ingraziarsi
a
poco
capo dello Stato
il
(Oper.
ciì.
1754 fu involendo i
e tenersi
in sella,
doni in oggetti assai
tali
E parlando
170-1).
p.
Ma
Poveri.
de'
poco convertirono
a
costosi.
Albergo
dell'
si
partita d'esito
di Eletti, vo'
ricordare quel Bernardo Aldano, capitan generale delle
regno^ e deputato dal Viceré per
artiglierie del
tificazione di Sorrento,
versità di
quale,
Piano era ricorsa
molte imposizioni
fattele
nalmente Sindaco ed
li
il
pose dentro
volendo
,
ducati di pena
,
uopo
,
ciascuno
riscuoter da
cìt.
.
carcerò crimi-
una fossa
e nettò
{Y Capasso, Op.
for-
l'uni-
per isgravarsi di
a S. E.
a tale
Eletti
la
avendo inteso che
p.
20-1).
,
e
ve
mille
Ma
la-
sciamo quest'argomento!
Nella vigilia
dell"
Assunta per tutte
penisola di Sorrento sono in uso
riva dal divieto
quicìeiìì)
e
di
di
quindi
S.
si
imposto da Re Carlo
ron bruciar
Antonio,
,
a'
alla
stoppie
13 di giugno,
comprano
colline della
,
;
i
I
d'Angiò {Pridem
pria di
Anche
tal
tempo
nella festa
ragazzi con un soldo
delle fascine e
fanno de' gran
larghetto del paese. Tale uso ora
ad ogni
va smettendo
lumi
le
possibili incendi.
evitare
per ciascuno
focara:iyi
le
focara~ii, alimen-
paglia della raccolta già fatta. Forse ciò de-
dalla
tati
i
e
veneziana
le
,
fascine
si
sostituiscono
cioè le panarcUe. San
—
so
—
con
i
Giovanni
p
poi è la festa prediletta di tutte le ragazze maritabili.
ognuna
In questa vigilia
tira l'oroscopo... della
sua sorte,
specie matrimoniale. Citta un garofano sulla strada deserta
primo
e chi
;
lo raccoglie
scale,,
mediante un
preghiere fuori
al
versar
l'
siste nel
sarà lo sposo.
,
od una
delle rose sfogliate su l'acqua,
ed a mezzanotte recita delle
calcio;
Un
balcone.
albume
altro esperimento con-
o
sull'
piombo
del
«W/'acqua; ed in quelle screpolature
vedere
di
la
mamma
,
perchè
Op.
—
?»
(cfr.
—
?»
si
crede
:
—
« Figlia
«
Mam-
,
figlia,
Del Tufo, 104-9; Di Falco,
Ciulio Cesare Capaccio:
Apparato
«
del Clorioso S. Ciov. Battista
stività
liquefatto
vede o
fuoco^ sclamando
di
perchè lu deciste
,
lu faciste
cit.,
si
futuro destino. La notte passa Erodiade e
il
madre sur una trave
ma
Citta
pianella per le
,
della
fe-
fatto dal fede-
lissimo popolo napolitano a 23 di giugno 1624 »). Valardeniello
ricorda
(st.
Le ffemmene
levano
tutte
la
19), che:
San Gianne
sera de
'n chiatta a la
marina,
Allere se nne jeano senza panne,
Cantanno sempe maje
E
di
quando
pria
è
Cermenna. Vi
la
ronian^ina.
San Pietro,
si
trasporta
vi
la
gran
è
festa ai
Madonna
della Trinità, cui sogliono offrirsi de' ceri.
molto popolo, specie per gustare
i
Colli
dalla chiesa
Vi
affluisce
primaticci fiori di
fichi.
Due
poco
altri
fa,
divertimenti
erano
la
de'
pianesi
,
almeno
fino a
caccia al bufalo e la cuccagna. Sul
Beneficio soleva formarsi
uno
SI
steccato di rozze tavo-
—
^
^
Lo sormontavano
Iacee.
che servono ad appendere
di ferretti (quelli
respinger
e pronti a
dei giovani di beccai, armati
animale, qualora
l'
si
l
approssi-
l
maste un po' troppo^ con evidente pericolo.
Il
bufalo
esce
sua
dalla
Cominciano ad
sbuffando.
aizzare
e viene
?
arena
nell'
cani da presa
^
i
l
quali s'industriano afferrar l'orecchio, irritandolo ed
)
indispettendolo.
rossa
e
,
si
sbuffa,
l'ira,
rita
con
con
la
ma
innanzi agli occhi. Infuriato va
sospende opportunamente, e cresce
si
arrovella,
si
freme
segue
fascia rossa,
e
con
s'
sdegno;
più s'ir-
e
incalza coi cani
e
,
La
lo sparo dei salterelli...
e
lotta;
la
rallegra a tale spettacolo.
si
bufalo è malconcio, stanco
s'immola
nella stalla, e
dice
di
pungoli di ferro. Più
i
,
spenzolare una fascia
fa
si
i
schiamazza, ride, sghignazza; e con l'animo teso
folla
il
Dall' alto
sventola
per lacerarla;
,
che questa
riso è finito a
vita, solendo
Qualche cane
bufalo
lanciarlo
individuo vi ha passato
famosa caccia
porzioni
del
spinge
Ma
vi
,
si
talvolta
ha lasciato
il
la
aria, e riuscirgli
quissimile
Ispagna, fatte
in
come primo
immaginario, ricco
di
piaceri;
Boccacci nella contrada
duceva
È un
guai.
toro
le
della
debite pro-
!
Cuccagna, poi,
piani
in
Quando
si
uccidendola; e
migliore.
sia
pianto.
il
vittima...
la
carne
sanguinante,
e
ricevendolo sulle corna. Talaltra, anche qualche
fatale,
l
stalla;
>
carne)
la
in
con
realtà. Si
tele
e
di
significato, è
Bengodi. In Napoli
costruivano dei
dipinture
—
un luogo
quello favoleggiato dal
,
S2
«
rappresentando
—
si
legnami a
travarii
collinette,
gruppi
case
di
giardini
,
botteghe cariche
di
e
con vino,
majali, botti
vino, e simili
tavano
Tutto
venditori.
i
si
vedevano
mandre
,
delle
di agnelli
con
fontane
e
fantocci bene
:
Vi
etc.
,
commestibili
di
getti
di
rappresen-
abbigliati vi
disponeva da prima a spet-
si
tacolo pubblico; e nelle ore p. m. al segnale dato dal
Re,
la
plebe
si
donde
risse,
ferite e
scagliava
vietò, perchè, nel
la
,
— Carlo
ritornò in voga
le
;
feriti.
ma
poi,
forse per qualche altro spiacevole incidente, furon
nuovo
vietate.
maritaggi
,
E
detti
coccagne
25, Qcc. tee. (V. Guiscardi, Op.
cano
in tale
esser raccolte
(cfr.
occasione
Martorana,
dìhL nap. 1874,
iS/o//^/V
p.
sulla
e
biogr.
e
insaponati
porgevano
non
argomento
(Cfr.
in luce per
no
II,
p.
La
piacevole
Giovannino detto
84-5).
E qualche
SJ
di
e
scritt.
del
noi
era
lubrici
pei
di
ed impossessarsi
quanto altro
vi
era
schiamazzi.
questi pali in
di
Da
mezzo
Cuccagna
posi a
Tranese, ccc. Basile, an-
altro
—
lisci
e di
Istoria
il
fra
tuttavia
illustrate
più sdrucciolavano,
I
risa
ragazzo mi ricordo aver visto
Ca rotto.
,
scala,
facile!
di
degli
bibl.
delle mortadelle e
cima. Impresa
carnescialeschi)
aspettano
La cosa
ducati
di
Non man-
172).
degnamente
doveva montare senza
si
un prigiotto,
di
canti
e
57-427).
più modesta. Pali bene
quali
p.
e che
,
un volume
in
ciascuno
,
ciì.
canzoni, (specie di
delle
composte
di
converti tale spesa in quaranta
la città
delle
III
saccheggio,
lasciando molti morti e
Ferdinando
figliuol di
coccagna:
la
rado. »
di
nell'atto del
1734,
macchina
precipitò la
Il
saccheggiare
a
morti non
accenno
si
può
rin-
venire anche nella
di Leti. pop. di Severino Fer-
'^ibl.
una
(Firenze 1882),
rari
raccolta di roba
mss. e da edizioni rare, ed
canti
da
carnescialeschi.
Ma
anche del
nir la sera
fici
tratta
non mancano anche
in cui
di
d'i
tema
,
Ed
nostro Leopardi.
al
festa,
non tarda molto
che ha isprirato
io voglio
a
ve-
magni-
dei versi
appunto
termi-
nar questo capitoletto con una nota melanconica, re-
cando uno statuto suntuario suU' esequie
del secolo
XV,
e sul lutto
la
prima volta da Bartolommeo Capasso {Opera
p.
241-3).
—
Item per
«
,
riguardante Sorrento, e pubblicato per
omne homo,
de fiUyo, quanto fiUo
deve curare [mutare
che morisse tanto patre
cossi de
de...
omne
grado, non se
panne^ se non starese con
?]
citata,
quilli
panni se trova vestuto per spatio de mese uno. Et se
fosse caso da
pò che
lo
mese ey
passato,
volesse
se
canzar panno, se lo possa fare de zo che colore
dummodo
petesse,
che lo mantello
sia
scura et colo collaro. Et se fosse per caso che
se trovasse
[?]
et
improntar
de panno
dopna
se
deva
parente se no starese
con
[?]
de bruno.
vestir de
quilli
la
dopna no
se
morte de
panni che se
ita
tamen
trovasse panno honesto
se lo
trova reservato matre vel mollere de marito,
che se
lomo
con po-
vecchio
colo collaro, reservado
Item che nulla
nullo
ap-
sguarnuto de panno honesto ara potestate
de se lo fare
mecta
le
pomecta
cola
possa far imprestar siccome ey scripto sopra.
Item se contenesse
caso
—
54
che
—
alcuno
fosse
acciso
deva
potestate de
star in
vestir de
morto
per
in battallya
poterese
reservato se fosse
Signoria.
la
homo
Item dove moresse
ad
soy
parenti
li
appetesse;
zo che color
che fosse
cavaliere
non
deva portar se no torze sey de piso de libre tre luna
lemente de
cera
la
siano quindece per libra
candele
le
siano
ali
scuyeri
deli
la
prevete
dopna.
quelle
,
cossi de le dopne.
venticinque per libra et
la
lectera
simelemente per
et
che se danno
,
la
quelle
et
siano de vinti per la libra et deli scuyeri
deli cavalieri
Item
per
deli cavalieri
de piso candele dece per libra
Item
sime-
,
dopne.
le
Item de
et
torze quattro da questo piso
scuyere
et lo
torza de lo Arcepiscopo
deva esser quella
de lo cavalieri libre doy, quella delo scuyere libra una,
deva aver per lo cavaliere can-
senze ey piscopo
et
dela una de piso de
meza
libra
libra
sey luna per
una
cavalieri et per
li
et
per lo
scuyere de
devano esser de piso de unze
et ali prelati
scuyeri onze quattro
li
delle dopne.
luna et
Item per
omne
prevete
,
che vene cola
cotta deve
aver per mortorio delo cavaliere vel delo scuyere, che
sia
homo
per
libra
delo
per
libra.
Et dove non fosse de Sejo deve aver grano
uno
et
quillo
de Sejo grana doy
candele
doy de
che ave ad
da trenta per
Item
cavalier
che
libra
Ilo
far
le
et
candele
et
lo piso
spese
doy de
scuyere
delo
,
vinti
vinticinque
che ave ad spender
per
defunto
lo dicto
in suso.
sonar
de
Ile
campane
sia
a
quisto
modo
pana
deva aver
et
de cera; per l'autra
et lo
Io scuyere
per
cera et
deva sonar anche
,
sciran
deva aver
lo sacristano
et
meza de
Sejo
che a lo cavaliere devano sonar
vid.
campane,
uno
tari
romanire
per
patre et
sia
et
homo
de
cam-
la
la stilla [?]
uno.
tr.
more
alcun
marare
ad
parenti
le
libra
et
unze quattro
gente sonerà
nulla
quattro deli più restripti
mezo
e
commone
Item che quella casa dove
ze deve
che
,
campane^ excepta
deve pagar
et
[?]
le
tutte
duy
tari
homo non
[?J
excepto
duy da parte delo
,
duy dela matrc; azo ey duy homene
doy
et
femene.
Item che
homen no devano
li
more
jorno che
lo defunto
andar ad
far
andar ad
visitar.
Item che
li
la
fatti
,
seder, se no quello
secundo
lo
dopna non deva
far
poza
jorno
homo
soy, et che nullo
duolo
se
lo
deva
no
jorni
jorni
duy
innante
excomunicata se repetasse. Et dove
non
fosse
duy, zo ey repetar, da
alcuna dopna quissi
ad
visitar,
quisti
sia
stata
giorni duy et da poi ze andasse
che no ze deve repetar
pena de excom-
a la
municatione.
Item che
la
matre non deva
star inclusa per
delo fìUo se no mise undece; chimputi
deva
non
li
morte
misi undece
carnale
più
la
sora
delo frate deva star inclusa mise sey;
la
mollerà delo
insire
et
star
inclusa
:
marito deva star inclusa mise... alo primo... mise duye...
poza..,
andar audir missa.
Item che quando moresse uno
- S6-
pizolillo
de duy anni
—
—
^\m
non
ingiuso se deva portar in braza, che
preveti quattro.
Quando moresse che
diw persino
anni
scy
a
devano
zi
no
ze sia se
U
fosse da
esser
ditti
sey.
priviti
Et persin ad anni dudece ze devano esser priviti dece
fin in
dudece
pede
ali
colli
preditti
et
mandar
Item che qu.mdo moresse nulla
et
a lo letto
ordene.
Abbatessa, che
Sorrento,
Avendo posto
devase portara lo scuro.
anni dudece sendelo poza
li
[}]
devano
parenti
monacha
vel fosse
seder a lo Sejo de
che non devano pianger forte
che no
et
ze deva aver torze.
dove
se
sia
no
se
de zo che
dopna che moresse
Item che per nulla
conditionc
deva seder dintro
pone, se no a lo Sejo; de
a
Ecclesia,
la
honiene de Sejo
li
senze poza seder corno ey usato.
Item che quando se
che
1'
fa
dopna ze deva
nulla
annale
capo de lanno
in
andar ad
visitar
ne a re-
petar.
Item che
omne homo
misi et in capo de
uno
se faza veder in
facevano
voi.
le
XXVII
pianto dirotto
Vocabolario
prefiche (cfr.
co/Zt'^.
reputalrici in Sicilia
una specie
,
Porcelli,
si
è
p.
64-5)
a
li
presente
Per intendere repelare, bisogna tener
riepelo vale
capo
duy
lo capuczo. »
deva voltar
se
di
dei
in
,
quello
che
che
Filopatridi,
Roma. Delle
occupato da par suo
il
nostro
Salomone-Marino.
W
U ijjj'^-'--'^'^-'^-'^.'^.'-^^^-^^^»-'^-'^
————————Jì?
—
^
57
.^^^^^-.^'^^^.^-^^^^^'^^^-^'^^^^^^^j]^^^
Oici
GAP.
III.
DIVERSI RIMEDII.
LTRR
i
medici propi-i;iniente
pratici, dei segrctisti,
a suggerire
detti,
vi
ha dei
che all'uopo^ son pronti
un rimedio;
somministrare un
a
espediente. Siete tormentato da una cefalalgia
inzuppate
Ovvero,
dovi
?
nell'
fatevi
Bagnate
aceto
naso. Vi
filo
si
di
di
pure
provvede
paglia. In
licante, detta di
la
bene
con pezzuole
fronte
rimutandole
di
tanto in tanto.
un piediluvio d'acqua scottante, versan-
dentro un po'
nape. Si consiglia
un
,
,
un
cenere od
fuoruscita
la
stuzzicando
Tegiano
si
in
maggio
le
sangue
si
specie di loglio,
rinviene su per
vecchie mura. S'introduce nelle narici, e mentre
tiene
con
colpetti,
la
sinistra
ripetendo
e
col
pugno
:
5«
dai
membrane con
ricorre ad un'erba vel-
San Giovanni, una
che particolarmente
zinzino di sedi
destro, vi
si
vi
le
si
danno
Ériva, ériva
Fammi
San Giuvannu,
ri
'na carrafa
essi'
ri
Fammi
'na
essi'
sangu.
ri
San Giacchinu,
Ériva, ériva
menza
!
essere (nap. escere) vale « uscire »
Per chi noi sapesse,
a scanso d' equivoco
vinu
ri
Si
!
ritiene
mal
il
voca
l'uscita.
Pure
i
capo deri-
di
onde
se
ne pro-
Giova talvora anche un pochino
di dieta.
vato da soverchia copia di sangue
,
nostri bimbi vi ricorrono; ed ecco la variante
pianese
:
Eruva, cruva cecagnola,
Piglia 'o sangue e ghietta fora,
E
ghiettane 'nu varriie,
Fino
E
Fino
«
Ma
die se spile
a tanto,
;
ghiettane 'na votta,
che se sbotta!
tanto,
a
Catarro, vino
e'
'o carro
y>,
ammonisce
provocare
una liena
il
sudore
e simili
chicr di vino
;
,
proverbio.
il
tanto in questo, quanto in casi consimili,
consiglia
si
ponendosi addosso molti panni,
ovvero tracannando un buon bic-
caldo.
La
passa
tosse
con una
\
deco^
zione
volta addolcita
Ottima
è
anche
Chi ha mal
malva, o
o
di
or/.o, tal-
ì
con miele o con un po'
di
zucchero.
\
foglie di
di
la
di
lattuga,
camomilla ed
di denti,
—
il
lauro.
specie, se molari,
)
— mastichi
\
un po'
di
tabacco da fumo, od una testa di garofalo,
e tutto sarà finito.
bambagia
Ovvero
vi
ponga sopra un po'
intrisa nello spirito di
di
vino con pepe, o ba-
gnata nell'aceto.
]
>
\
>
Per guarire un mal d'orecchie,
—
S9
-
si
consiglia
qualche
\
p
donna. Se
di latte di
stilla
n' evita
1'
uscita turando
il
foro con un po' di bambagina. Si dice causa del do-
un verme, che
lore
sfamato
sta nell'orecchio: in tal guisa,
dissetato, e
o...
come ammolliente
latte
maturare
malve o
glie di
Lo
smi.
tumori ed
i
di
qualche
in
paterecci
i
Chi ha
gli
enfiagione.
preferiscono
occhi infiammati
il
tnicillo pestato,
,
li
risciacqui
stanza, in cui
di
sciato cader qualche goccia di aceto
poste
di
lavano
,
notte fuori al balcone.
deir acqua benedetta
con
le
gli
,
I
Quando
vecchi specialmente,
le
dita nella pila
e bagnarsi le palpebre
con
occhi
sia la-
o spremuto un
occhi con l'acqua di rose,
gli
recandosi in chiesa, sogliono intinger
stropicciar
che
ripetutasi
po' di limone; o posta della lattuga tagliuzzata.
si
a
fo-
malumore.
il
mente con un po' d'acqua
è l'Ascensione,
Ma
le
lattughe bollite, a guisa di catapla-
specifico de' paterecci è
dicono succhiare
si
viene
servono pure del
Si
placa.
si
ovvero
,
talpa uccisa
della
pelle
la
mani, ovvero con un uovo caldo, uscito allora,
allora, da sotto
la
gallina.
anche negli
dicato
stropicciare con
si
In tal caso
giova pure
una chiave mascolina, o porvi su un
zinzino di cerume
Pagani,
Quest'ultimo rimedio è in-
orzajuoli.
all'
istante cavato
costuma guardar
dall'
nell' ogliaro
orecchio. In
(orcio), forse
per certa similitudine con aglianilo (orzajuolo).
Se uno ha perduto
ulive
,
pentola),
'^
i
capelli
,
si
valga
nel quale (mentre gorgogliava
si
è gittata
una lucertola viva,
morire. La ruta è un ottimo
—
60
vermifugo
—
dell'
oglio di
bollendo
e vi
si
nella
è fatta
pei bambini.
—
Cosi pure
rallina.
il
decotto
il
di
seniment ielle di mare, l'erba co-
Cortese (Mie. Pas. IV, ii)
L'aglio e
Ca
paura produce
la
con un po'
far passare
il
E
vermi.
i
con aglio
insalata
all'
oglio; e, talvolta
Per
non jova,
so' ffatte assale potente.
anche
suol darsi
ricorda anche
:
corallina chiù
la
vierme
li
che
Si sa,
Lo
rimedio non è moderno.
Il
la
o
corallina
cipolla ed
menta.
di
singhiozzo
,
un
basta dare
,
forte
grido in testa, oppure far prendere una paura.
Gli antichi dicevano ed
—
i
moderni
ci si
uniformano:
Febres autumnales, aut longae, aut mortales
«
Per purgarsi, invece di ricorrere all'oglio
o
di
mandorle,
di
valgano
si
due dita
di
tata
,
ed
,
vi
si
galleggia
marinai
far
a
che
spreme un mezzo limone
succo
e questo
;
si
bocca non ne
la
valgono dell'acqua
A' bimbi che orinano nel
scialetti, si
f;i
rinforzano
all'insaputa
le
porcheria.
tale
in
bocca.
I
mare.
altrimenti detti
letto,
pi-
più
e
,
tutta
la
non
commettono
fresco posto per una
corteccia
nel succo
limone.
A
di
con
,
dis-
imbrat-
mangiar loro un topo. Cosi
deboli reni
ristagnare una sciolta,
con poco zucchero
(
di
Ovvero un uovo
notte, in infusione
di
meno
resti
piccolo. L' olio
ultimo
viene
».
ricino
un bicchiere
oglio nostrale di olive. Anzi, a renderlo
gustoso
si
in
di
caffè tostato e
trarlo,
si
ricorre
,
si
o meglio
ricetta
l'acqua e limone
uno o due cucchiaini
macinato. Per ottener
l'effetto
con-
spesso all'acqua minerale dell'Alimuri.
s
'
'^
-,
— —
6i
Anzi, a
proposito,
tal
anche una canzonetta semi-
vi è
popolare, di cui mi ho procurato^ non senza difficoltà,
alcune strofe
:
Amice
miei carissimi,
'O titmpo è già venuto,
Che
'n-terra a l'Alimuri
La vàteca nce
E
sta.
de Surriento pure,
Caruotte e Sant'Anièllo
Li gente a muleniello
Córrono
rrutà'.
a
Tanto, che se ne vèvono
Che vanno
E
burelle;
li
povere vunnelle
li
Te lo pozzono cuntà'.
E don Peppo e don Bernardo
Se venteano
Le
freve,
li
male
mosche,
e crosche
'St'acqua fa sana'.
Le prievete nu' cantano
Ne
sequie né gloria,
Chest'asqua cacatoria
Ogni male
E
tu
sana'.
fa
Civilo mio,
Hai perso
lu
tragitto,
Li sole seggo affitte,
Te può remmerià'.
Carotto
è
l'
antica
piazza
preso in senso ristretto,
Ponte Maggiore fin
il
del
quale
Comune
si
di
Piano
,
divide da Meta al
loco poiitis majoiis Piani Snrrenti),
dove nel 24 giugno 1501,
vi
fu
un
fatto
d'armi fra
i
nostri (compresi sorrentini e massesi) e circa mille sol-
—
62
^
dal conte di Sarno, Nirans (V. Capasse,
dati capitanati
Op.
cit.,
224-5
13,
p.
t'Agnello sono,
«
al
confini poi con
San-
Don
oggi
I
di
Camillo
Tito Cacace (V.
senatore,
del fratello
21):
n.
Palazzo
comune
notizie su quest'ultimo
Fila di S. Agnello Abate ecc.
»,
maggiori
per
prima appendice nella
la
1877,
91-102).
p.
Vdteca, andiri vieni.
Don Peppo
Meta
:
Crosche
sotterra
Mi
si
don Bernardo, cioè due
e
Giuseppe laccarino
i
,
croste
,
come rogna
Martino, compositore pure
manoscritti; e
e simili.
il
quondam Pasquale de
d'altri versi,
morto trentenne
uno
Facile improvvisatore, era
nel
dei
signor Papa, quando pranzava da
perchè
fista,
rallegrar
d'
[?].
Cevilu, chi
,
morti, becchino.
assicura esserne autore
solendo
farmacisti di
Bernardo Starita
e
ingegno
la
quillamente
brindisi
attendere
il
mon-
e
facezie,
telegra-
prelevava dallo stipendio trenta
compagno,
a'
e questi lo lasciava tran-
suoi studi. Poi volle
allo stato ecclesiastico, sicuro di ottener la
a\er passato
di
Regina Madre,
lui la
pronto ed arguto. Primo
ma nominalmente:
carlini a favore del
che corrono
aprile [?] 1830.
commensali
con
brigata
i"
triennio di rito nel
addirsi
messa, senza
Mon-
Seminario.
signore glielo aveva promesso; e già l'aveva insignito
de'
primi ordini.
troppo insolito
Ma
poi
Martino se ne accorò tanto
E
soffermò
si
non aspettare
,
il
,
sembrandogli
solito periodo.
che ne prese
la
Il
de
morte.
visitandolo monsignore nell'infermità, e rassicuran-
dolo, che avrebbe adempito alla pronìessa, egli rispose,
-63-
w
^
:^^
che era troppo tardi
farsene
Chiedo scusa
ma
tizia;
,
non avrebbe saputo che
e che
!
mi sono indugiato
se
,
trattava
si
nessuno ha detto verbo. Torniamo
cui
Se ad alcuno dolgono
un nastrino
o con un
,
Se ha dolore
ai
denti,
membra,
le
filo
ponga
si
miscela
quella
la
,
quale
recipiente
Il
mal
ed a sorbire
,
sottile
si
un
la
accetta abitar la casa in cui è
che non
rie
,
casa nei
rimessa a nuovo.
sia
ecc.
danno
si
fitti
anche questa
eccettuano
Mangiando
dar giù
il
finocchi, bisogna por
verme. Altrimenti, guai
È meglio
il
e
nessuno
tisico, a
Ed
bianche-
le
padroni
i
ac-
meno
di
come una ma-
vermo
'nu
funghi, in generale,
quelli
scarpe.
nati e cresciuti
Ma
cuocere con
si
non man-
a
l'aglio,
re fenocchio.
ritengono velenosi
qualche
su
pezzo
potenza venefica
è distrutta la
di
,
specie
suola di
facendoli
,
o con un cucchiajo d'argento.
Per dar lo scaccione
al
opportuna una decozione
melognano
mente
!
cacciarse 'n uocchio.
Che mangiarse
di
;
materassi,
rivendugliolo.
ponga
bello e guarito.
è
,
si
fuma. Se
aperta su quel
morto un
I
con
male.
sospetta.
lattia
I
al
fa
ferro, e
bocca
contagioso
ritiene
gli
riscalda e
vapore
il
che
di
!
un bicchiere aceto,
in
si
con
sofferente regge a porsi
bomba
a
br.sta ligarsi
parte
la
aglio tritato ed amenta. S'arroventi
in
questa no-
in
d'un verseggiatore vernacolo,
verme
solitario
,
è
molto
apparecchiata con corteccia
selvatico.
64
-
^
p
^^
p
Quando uno
fa
un boccone
gii
Ai bimbi
'ncielo
paura
,
subito
Chi
è
gli
si
mezzo
dicendo
alto,
:
di
coltello,
«
La vecchia
o da una veuna spadella
sfoglio di cipolla. Se va qualche
un occhio, non bisogna stropicciar col fazzo-
in
fortemente
basta soffiarsi
letto;
in
suo cammino naturale.
stato punto da un'ape
uno
od
argento
percuote
si
,
il
ponga sopra una lama
spa, vi
cosa
andato male
guardare in
si fa
».
!
è
e cosi riprende
alla schiena,
d'
ha preso una
si
bere un po' d'acqua. Chi sta per soffogarsi, perchè
il
naso, cosi uscirà per
questa via.
Si
suol dire, che
ha più esperienza;
medico dev'esser vecchio, perchè
il
chirurgo giovane, perchè più
il
curo nelle operazioni. Ma,
— non
momento,
al
— specie
nelle cose di
chiamano né l'uno, né
si-
poco
l'altro,
od
più qualche barbiere, o qualche levatrice.
Nelle contusioni
si
consigliano delle bagnature con
acqua fredda, o de' cataplasmi
di
cose ammollienti.
Mi
permetto ricordare un esempio, diciamo classico. Nel
!^Cicco
Passaro (V, 24-5), quando
Ca
ca no, de miiodo s'afFerraro,
si,
Che
,
scura de
la
Nora
te sciaccaro.
Lloco nce corze cchiù de 'na vecina,
E
se
E
co' lo ppane, e la rosamarina
'No
'nchiasio a
Insomma
un po'
tamente
'^
di
messere mmienzo, e
,
Nora
un impasto
tela
di
ragno
l'uscita del
le spartette,
se facctte
di
sulla
pane e rosmarino. Porre
ferita
sangue, oppure
,
le
arresta
immedia-
penninc dell'uc-
cello
russiello.
o
sul collo,
di
Le larghe
croce.
letto
;
e
Neil' epistassi
evita lo
si
ferite
si
anche
praticano
delle
bagnature
ontare co' zuco de ruta,
cetrina,
Chest'arte nosta eje 'na scienzia futa,
Ed
è
de
Ed ha
Jl'aute scienze 'na regina,
trovato proprio
ogne male,
p'
Agniento, mmedecina, e serveziale.
Co' chesto revotaje
E quanno Tappe
Che-perzo
lo levretiello,
tanto po' lejuto,
ne' averria lo cellevriello
Ogn' auto lettcrummeco perduto;
Asciaje che de mortella, e de rosielio
La porva (o
bello
miedeco saputo
!)
Dapò eh' ontato aveva uoglio rosato.
Se semmcnavn a elicilo 'mbrognolato,
Accossì tanno do 'no cierto Losa
A
la
Ed
poteca 'no fegliulo
accattaje subbeto
Secunno, che diceano
Carmosina
E
jette,
ogue
le
cosa,
rrezette,
l'ontaje tutta piatosa,
po' lo ppane cucito
le
facette,
Conciato, ch'era cosa prencepale.
Co'
agile, ed
Carmosina
Da
n' autra
uoglio, arccheta, acqua e sale.
perzi se fece ontare,
vajassella peccerella.
66
storte
,
la parte,
fredde.
a cchesta caduti.
veramente co' cera
forma
Nella
un caso analogo
eje stata dinto 'na cantina,
E buono
O
s'
fortemente
liga
si
delle
Mo' vedarrimmo
a
sanguigno. Nelle
o
Vajasseidc (IV, 22-5) è detto, in
Pocca
bagnature fredde
o du' pagliuzze
allacciano con un fazzo-
si
sgorgo
nelle slogature e rotture,
o
,
dei pezzi di neve,
:
E
E
matina se fece trovare
la
e netta, e ghianca, e bella.
'nciiicciata,
In Sorrento
che un giorno, Sant'Anto-
racconta,
si
nino transitando per
Borgo
via del
la
di Porta, (pro-
casa Maresca), sdrucciolò e cadde,
prio dov" è ora
la
riportando una
grave
storta.
Si
trova a passare uno
della famiglia,
poi detta de' Vulcano; lo soccorre
conduce
propria abitazione, e lo cura con ogni
nella
amorevolezza.
Santo
Il
per gratitudine ottiene
beneflutore e discendenti
membra
Agnello,
Anche
fra
La
lì.
,
Un
Lcg.
pose
si
le quali,
—
ignorano gl'ingredienti.
delle mistiche parole,
Vi è un Pasquale
—
insieme de' bei quattrini;
:
chiniroo-dentista.
oltre le bevande, di cui
che arcani
guarisce
,
mali vaccini. In Napoli pure percaiitàvaiio
'nciarnio,
An.
33)
I,
vero mula.
et
SI
Film
:
—
—
non sunt
et
«
il
verme
,
e
li
secondo c'informa
A
lesns,
si
pronunziano degli scongiuri,
zoppo, che facendo delle croci,
so
muli, che soffrivano
si-
e simili.
il
mormorando non
guente
pop. sorr.,
che con certe sue
tale,
ha fatto incidere sulla tomba
Delle medichesse,
e
le
Fi iti) chinii^^ica dei Vulcani).
non sono mancati nò mancano
noi
bottigline di medele
si
suo
al
poter guarire
di
(V. Ganzano
volta
1883,
mili medici da strapazzo.
e poi
virtù
slogate e sconce. Cosi molti sofferenti accor-
revano a quella
S.
la
lo
,
i
ani-
gli
cavalli
o
i
guarivano col seil
Capasso
{'Basile,
sanare lo verme de un cavallo ovloscp.
niorlui
Verviis habiiit
moriitntnr.
Spiriins Sancii, tylmcn.
-
67
-
In
et
moitni
nomine
siint,
'Palris
et
Santo losep
santo Elia,
et
passavano per
Si
via,
la
Se incontrarono cuni lesa Cristo,
cum
Et
Vergine Maria.
la
La Vergine Maria
Parlava
dicia
et si
che questo verme, che è addosso
che morto
«
Queste
questa bestia
di
parole se voleno dire
tali
suto et volese voltate di
sole
,
farrite lo
tenendo
signo
la
banda dove ha da uscire
la
mano
mattina quanno
la
innanti che sia in-
lo sole sta per insire [uscire], cioè
el
supra la bestia
groppe
per fino a
luna spalla
Spiritus Sancii et a laltra
ei
che da detta croce
le
dire tre volte per mattina,
fatto
comò
nove volte
dicto
incanto
si
modo
in
matine
in tre
poy
et
dirrite
Amen,
et
volese
che vengono ad
la
prima
vole fare sagnare
parerà a lo manescalco
,
et
le
da
modo
in
tutta la bestia et
centa
sia
quando
et
,
incominzate da mezzo
della croce
dui aureccbie
essere
partisse, cioè
si
In nomine Patiis ecc.
sia.
matina
bestia
dieta
quando
se fa dicto
non se vole tenere arme allato, ne manco lo
muczo che tene dieta bestia et volese fare sopra tucto
incanto
cum gran devotione de
Tutto questo
il
la
Sancta Trinità
Nazionale XII,
scritto della Biblioteca
et
esperto per longo
memorie
Ferrando
degli
de
animali
tempo
a
del re Alfonso
Aragonia
».
—A
equini, qualcosa
~
6^
—
1:.
servitii
li
I
23
homo
ncscarcia di messer Pietro d'Andria
sime
».
Capasso ha ricavato da un mano-
el
Ma-
«
de
le
felicis-
suo unigenito
proposito
si
—
:
peritissimo
potrebbe
della
re
cura
spigolare
opportuni
istituendo degli
Cavallo (Venezia
raffronti,
Glorie del
nelle
1567) del Caracciolo;
Cavallo
nel
e
frenato (idem 1620) del Ferraro.
compilatore della cosiddetta Cronica di Parlenope
Il
(V. Maitorana, Op.
cit. p.
409), alias Giovanni Villani,
o meglio Bartolommeo Caracciolo,
bronzo fornito
di
fé un cavallo sub
de
li
certa costellatione che
anche
col quale cavallo
sanità
havendo
Napoli
guadagno
Come
Virgilio
infirmità
le
et
a le cure de
la
visione sola
cita
la
de
dolore che non haviano
andaro una
cavalli infirmi vi
li
1526, Lib.
\
ora al
cap.
I,
Cavallo in bron:^o
I
in
le
nello
virtù et fo
la
campane
1322
a.
da riscontrare
:
La
Museo Nazionale
di Napoli
\
\
de
».
la
(Na-
Testa di
\
già di casa iMaddaloni in via sedile
I
istessa
de
20).
poi, è
Gaetano Filangieri
Cav. Giannini
cavallo perdi'
Napole
de
ecclesia
Nido
dicto
il
construzione
Su l'argomento,
Ncir
la
havieno remedio de
perfurarolo in ventre dopo del quale percus-
convertuto a
majore
si
maniscarchi de
li
ciò grande
sione et roctura
di
«
sanava
che per
stelle
del quale cavallo le infirmitate
di
—
uno cavallo de metallo
forgiare
fé'
sub certa costellatione de
poli,
:
cavalli.
« Virgilio
nocte
un cavallo
parla di
di virtù singolari
\
Triiicipe di Satriano
Ricerche
|
|(
!
Napoli
\
1882.
Cronica
natorie di Virgilio,
si
parla pure di altre virtù sa-
come
quella di guarire
i
cavalli,
di togliere l'aria cattiva da Napoli, e di far venire
erbe privilegiate per
la
molte
sanità dei cittadini. Questi brani
69-
\
anche
Virgilio nel medio
ne' Documenti al
son
riferiti
evo
del Comparetti (Voi.
II,
p.
230-9).
mistero un libretto del
In Meta, serbano con certo
genere; ed all'uopo se ne valgono. Se ne conoscono
due
Una
copie.
r altra presso
parte
I
denominati Fahri^ì
volume
Il
stampa
a
è
alla
l'ope-
Nicola Trutti, vissuto nel secolo scorso,
nomea
gran
di
Rosa CocoruUo;
signora
la
agricoltori
'Ponte Maggiore.
di
ricciattola di
e
presso
gli
in diebiis
bimbi, specialmente,
si
illis.
raccomandano
Ionia, la protettrice dei denti
a Santa
Bei-
:
Santa Bellonia mia
Téccate
Ciò quando
senza die
'a
cappella vecchia e
mutano.
si
Il
damme
vecchio
si
nova
'a
pone
!
un buco,
in
visto da alcuno; e la Santa ne darà
sia
un
altro più bello.
Da
si
che
si
legano
sciolgono
le
(sabato),
campane (giovedì santo)
in
dicbus
illis
lungo digiuno, detto trapasso. Vi
è
si
anche
del tuono, a pane ed acqua, quello che
i
fulmini.
Barbara
!
Quando
vede
si
il
finché
costumava un
si
fa
il
digiuno
per evitare
lampo, s'invoca:—» Santa
»
Affaccfcte, affaccete,
Ca mo' passano
Una
r'
acqua e
rojt:
Santa Barbara, assora
Farmi
campane
latina,
tempeste,
n' ata re viento,
'stu
tiempo.
inutile aggiungere, incidentalmente, ritenersi le
d'origine
nolana,
come
ed inventore San Paolino.
è.
r>WL'
70
—
indica
Quando
si
la
parola
fonde una
tJUj
^y Ir
<
'
campana
di porsi
drina
ogni devoto
,
oro. Cos'i
il
in
monete
argento e
di
un bel regalo
di
più argentino. Pria
,
uso, dev'essere benedetta; e chi fa da
deve dare
,
reca
suono sarà migliore
denaro
in
,
,
ma-
fondi e
simili.
In Ischia credono, che per
percuoterlo con una
mano
j
veri.
Anche
sogliono
si
canna
la
Salvatore. Guai a chi colloca
il
vicino all'uscio! Così
,
morire un serpe, basta
f^ir
canna, perchè
il
trasportare
O
i
cada-
(
dorme,
se
Quando vengon
'
;
:
lietto e rosa,
Se nu'
/
in
cose del letto non bisogna porle in guisa
le
da formar croci, malgrado che soglia dirsi
)
ebbe
letto coi piedi
s'
giù
arriposa
(
!
foglie, specie di castagni, ca-
le
\
dono
i
Le donne raccattano
capelli.
losamente quelli che loro cadono
e
nascondono gè-
capitati
:
in
mano
S
a
^
malevoli, se ne potrebbero servire per operar dei
lefizi.
Chi vuoi
fortificare
da non farlo rompere
d' aglio.
I
matrimoni
,
il
ma-
fondo d'una pentola nuova,
con uno spicchio
lo stropicci
tra
parenti
finiscono
sempre
male.
Ed
-,
;
";
)
)
Sono
venquattro e
\
vencinque gennajo^ commemorazione dell'apostolo San
\
Paolo, o nel ventinove giugno. In Malta una vipera
)
i
cerauli
}
nati
morsicò un dito del Santo;
(cfr,
ciak
kAcUi Apostohnim,
di
ture ed
e.
nella
notte
ma non
gli fccG
^
XXVIII). Di qui
chi nasce in quella notte. Nulla
i
morsi degli animali velenosi
eccerera. Anzi
li
tratta alla dimestica
—
71
-
alcun male
:
:
la virtù
pónno
le
spe-
pun-
vipere, aspidi,
se
li
pone fino
,>
;
>
l
^3
in
seno. Chi ne è morsicato
un po'
sputo
di
sulla
ferita
ricorre.
gli
,
E ponendo
o passandovi
,
la
lingua,
ì
\
lo guarisce. Più potente chi ha nella polpa dell'avam-
braccio una figura di ragno o di
212-224). 'AT^/arm^r^, è
madre
e
'ngiarmà'
noi
di
maschi.
alla
Lo
—
».
ritiene
si
rettile
(V. Pitrò, XVII^
vocabolo prediletto. Ed una
—
consiglia la figliuola:
fatte
Fra
il
Va
«
da
lu
'ngiarmatore
miei Cauli Tianesi n. X).
(cfr.
dopo
ceraulo chi è nato
sputo per produrre
sei figli
suo effetto deve essere
il
digiuna, a prima mattina.
vene de botto,
Si luglio a te nu'
Nu'
Una norma
lu cappotto.
pe' bevitori è quest'antico proverbio
duando
:
sol est in leone
Bibe vinum
E
maje
te levare
pei mariti
cum
furore.
:
Mese d'agosto,
Mogliera mia, stanne discosto.
Se uno trova
un
vicino
fuoco
dire
giano.
al
Perciò
si
nido
,
raccomanda
ricere vecino ó ffuoco, ca
e fformiche
In
fuori
està,
!
».
le
la
caldaje,
spiovere. (Per un curioso
in Napoli,
y. Capasse,
Le donnicciuole
ma
vi
è
il
si
—
desiderandosi
(^cacciare)
di uccellini
subito
si
:
formiche se
—
e
no
-
72
—
banne
si
li
man-
avisseve
a
"a
mangia'
proibisce
por
.
d'invocar
An.
spaventano
rimedio:
,
1'
quali farebbero, subito,
modo
Basile,
Vuè,
se le
pioggia
le
e sei permette
,
le
al
I,
p.
la
pioggia
17).
canto della gallina;
>
"XTc^
La
gallina cantatora,
Nu' se venne, né se dona,
Se
magna
la
patrona
la
!
Invece, in Tegiano, dicono
:
Quannu cantanu 'mie"zu
Malauriu a
vicini
li
Q.uannu cantanu
Malauriu a
De Nino,
(Cfr.
l'ammasonu,
a
patrunu.
lu
Usi abninesi, N.
scenze, in luogo appartato^
corpo
del
si
sotterra.
tronca
si
L'infermo
si
il
fa
45. Poli iddio
p.
porri, le escre-
i
capo a
un
bel
tre an-
boccone
come marciscono
\
dissolvono, così accade all'escrescenza, che
\
od
fritto
le teste, e si
XXI;
In Pagani per far cadere
superstizioso).
guilluzze, e
via,
la
;
arrostito.
Intanto,
cade e guarisce.
Tegiano
In
si
\
ritiene
non doversi
carne di majale nella settimana
toccare, nò mangiar
)
cioè l'antipe-
X
ri lila:(7^ari,
nultima domenica di quaresima. In contrario, inverminisce.
Per lo stesso motivo non
patate
od
tagliar le
Quando
altro.
unghie ed
di farsi la testa.
i
è
si
suole zappare e piantar
San Giovanni non
capelli.
Le donne
Altrimenti locala, ossia
si
si
si
devono
guardino bene
rende tremula
per paralisi. Se ne astengono anche in venerdì
:
Maliritta querla treccia,
Chi
lu
viernirria s'intreccia
Binirittu
Chi
Una
lu
;
quiru panu.
viernirria
si
scana (spiana).
variante recata da N. Castagni
di proverbi ilaliani (Napoli, Nobile
dal
Pitrè
con
la
sua spiegazione:
73
—
1870)
//
nella
%accolta
e riferita
anche
rnierd) nelle Ira-
di:(ioni popolari
pagina
(Palermo, 1888) terza edizione
italiane
sesta.
Uno
dei peggiori cibi è la polenta
nutrizione
,
dà scarsa
clic
:
La
pilenta
A
ti
niaiuienc lenta
Tanca
pilenta auza
la
e
;
scema.
Nell'acqua può trovarsi un cattivo spirito. Per iscongiurarlo, pria di bere,
— Ri chi
— Re Santu
— Chi
Non
di
III
troppo
fiirla
presto
?
ca vogliu veve
spirtu,
riferire
di
la
!
curiosa preghiera
di
cui togliendo moglie, era toccata la fortuna
un coso,
o
veve
Matteu.
mancar
vo'
:
?
Marcu.
se la
— Santu
— Leva
ripetono questi versetti
si
'st'acqua
ia
tardi,
o
nascere
di
il
bimbo troppo
:
Olii
Santu Conu,
Aggiu niuggliereme, che
me
more.
Ajulaniella a chiange,
J,
min aggiu coru,
\
Ca
<
Statte
\
Ca t'adducu
E
(
]
Andò
e'
'n
buono. Santu Conu.
'nu stuppieddu re granu,
atu de mècculu.
a casa e la trovò guarita. (Per S.
chiaroli,
Oper.
Cono
cfr.
Mac-
cil.)
;
l
\
Smarrendosi qualcosa,
lena (Elena); e subito
ascolti
si
si
dice
un
paternoster a Santa-
trova. Chi ha paura de' morti,
due messe con grande
attenzione
,
senza vol-
^
tarsi
in
dietro,
ed acquisterà coraggio. Chi non vuole
j
74
—
i
farsi
scendere
gozzo,
il
dispiaceri; procuri
E
non so
qui,
cordato dagli
senza accennare ad un uso
finire
ma
scrittori;
presso
tuttavia,
i
guardi bene di prendersi dei
si
essere un vero cuor contento.
di
cui gli elementi
di
nostri volghi. Biagio
sua yita, premessa
Valentino, nella
alla Fuorfece, in versi sdruccioli
conta quanto segue
ri-
vivono,
rac-
:
Mezanotto era
passajc
già,
Gu.irJia,
la
Co' doje detella bello pizzecàunome.
E me portaje deritto a l'Incoràbole,
E 'no vestito janco me mcttèrono,
Ma quanno me scetaje fu cchiù da ridere,
Ca de
farenare parca Cuòiizolo;
li
Votaje
la
comm'
rota
Me magnaje
a tutte IT àute.
La porzione avette de
Agrincurabili era pure
tecatto
vi
si
seggia, seggin,
leota
,
per
comm'
le cieiit'ova
lo
manicomio.
il
trasportava in bussola
come
indicare
Si tornasse a hi
le
il
manicomio
munno
Rocco
cent' ova, la rota,
An.
{'Basile,
Il
povero men-
{seghici)
o roba
,
e le
le
honae
potuto
snaturare
cento uova
all'
la
fra
il
Guiscardi ed
V, 63-4, e l'opu-
voliititalis),
si
,
75
la
—
il
primo
e l'altro
tradizione avrà
fino a scambiar
D
—
,
regalavano a chi con-
ospedale. Forse,
cosa
Ga-
da matti-
nimazze.
attenendosi a quanto risulta da questi versi
duceva r infermo
onde
:
i6; IV, 7;
II, p.
puscolo del G. Hoinìnìbtts
sostenendo, che
,
.Masto Giorgio
Questo animò una polemichetta
il
=
nel testamento di D. Onofrio
Anche Cola Capasse sonetteggia
Co'
è ssòleto,
bòcole.
talvolta
l'una
con
l'altra;
ma
la verità sta
per
che una citazione basti a troncare
Placucci
,
nei suoi
^omagìia
(di
cui
Usi
il
e
avesse idee
presiindi:^ii dei
parmi,
contadini della
,
credono possa tornare
,
1885, voi.
I.
delle
Cu-
144
riferisce:
— «Chi
e la fantasia
alquanto
alterata
tradi:{ìonali),
stravolte
E
prima.
Pitrc ha fornito una ristampa, in
Palermo, dal Pedone-Lauriel
riosila popolari
la
ogni controversia.
in
p.
senno bevendosi cento uova,
raccogliendone uno per casa questuando
-76-
».
GAP.
IV.
AGRICOLTURA E CACCIA.
NCHE senza avere
if
%f^
PX^
sa
SW
,
...
che
secondo
i
Columella
scartabellato
operazioni dei contadini
le
si
variano
.
mesi
zappare
rr
:
'
,
,
->
concimare, disso-
•',iÌX
dare, surrasare, solforare, innestare, seminare,
'k
piantare
1
Quale
sia
la
i
vivai,
bellezza, è inutile dire.
E scmpc
Da Meta
Lli
e
Il
che so
io
!
nostro suolo e l'insolita
del
feracità
Pica, nel suo Sorrenlo, dice
attorniato de ciardine
'nlì'
a
Surricnto tu camniine
(i i).
piede stanno a zicco che se 'ntrezzano,
Se toccano, se
vasaiio,
s'
abbracciano,
Li ranmic stanno chine che se spezzano,
Se chiejano,
Fanno
s'
abboccano, se stracciano.
'no bello vuosco, 'na delizia
Che vcdcnnole ognuno se nce sfizia.
Nce truove nzò che vuò. Tutte le
Lazzarole, cerase cannamele.
77
pere,
:
^'
p
Primmc e seconne fiche ghianche e nere
Che cliiagneno co' lacreme de mele,
Percoche co'
E prune
pizzo e nucc-perzech».
lo
pappacone
d'hinia,
Ammennole, crisommole
lojenie, sorve,
nespole e granate.
Mele santo Nicola
Cotogne che
e perzeche.
e nocelle,
e limmoncelle.
bone 'ngeh'ppate,
so'
}
E de
)
Chianiniate perzechclle de vcnnegna.
Ave
/
Ln
>
punic
la
S
strcppegna
la
scorza fina e tenerell.i
la
rompe
E ghianca,
De sta' co'
\
tutta
frutto de Q.uaresema, la noce,
Che
'
porzi 'na peccerclla:
grossa, saporita e doce,
la
copeta a paravone
:
La chiammane perzò licca-terrone (29-32).
ì
)
li
producono oglio eccellente;
Ulivi giganteschi, che
(maritate a pali di legno,
\
viti
)
danno succo limpido
alias
e generoso.
spalatroni), che
Gli erbaggi migliori
di quelli
delle paludi presso Napoli, perchè
s
bisogno
di
)
mento. E così continua
^
descrizione della penisola
(j
</
acqua.
rate (Napoli 1842).
I
legumi
Ma
[
alcuni versi riguardanti
(
di cui'evvi
rica,
!
Fr.
(Portogallo)
ha
in
un mo-
lasciato
una
io voglio restringermi a riferire
il
principale ricolto, le arance,
gran commercio:
portogalìe
Alvino
non hanno
sorrentina con figure colo-
si
incartate e poste nelle
chiamano
cuociono
si
dal
mandano
cassette.
paese
di
cui
fino in
Ame-
Volgarmente
erano
si
indigene
:
Ncc nascono
le
guappe portovnlie
Chiene de zuco, spireto
-78
e
ducezza
:
,/
LOWt
Pareno d'oro tante che
E
E
so* gialle,
pareno
te
?
fatte co' la cera
\
Cresce 'nziemo lo sciore co' lo
mentre spunta
Ca pure
lo
sempe chino
<
ì
(
sono
vi
arance
di
primi versi della seconda sestina ricordano
I
tasseschi
:
vavone (55-6).
Cioè, spesso, sulla stessa pianta
i
\
piede 'ncrusione
chilli
Sta lo figlio, lo pati e, e Io
tre anni.
?
'ntutto,
Uà ce dura
cchiù viècchio
'ncoppa a
frutto,
s'ammatura
chillo,
Chisto, e lo pede è
E
?
liniuni co" la janca cera,
li
Che
E
)
grosse, che so' proprio 'na bellezza,
Ov
:
eterno col fiore
il
dura
frutto
\
E
mentre
^
spunta Fun,
di
quelli
1'
altro
parti
altre
di
e rigogliosi, senza
Ed
matura. Ed hanno maggior
durata
appunto perchè crescono
,
bisogno
di
lieti
essere inaffiati.
a propo-sito dell'acqua, chiedo
\
')
>
permesso
di
rac\
contare qualche aneddoto.
la
tradizione riferisce, che
zelando
il
mondo
a
Morto
gli
propagar
Divino
il
Maestro
,
]
Apostoli andarono giron-
)
la
nuova
fede, e
che San
j
gentili
tempi
di quei
li.
Il
una predica
Volle tare
Pietro capitò in Sorrento.
luogo prescelto
ìli
ai
uh punto
fra la città e Sant'
Agnello, proprio dove adesso sorge
una
di
cappelluccia
mento
il
e
si
chi.uìia
suo viaggio
,
Castellammare.
cosi
Mojano
5.
una
cui
e capita
I
alle
lapide ricorda
Pietro a Mela.
nei
naturali gli
radici
del
monti
Il
,
negano
1'
avveni-
saito continua
che
sono
ospitalità.
)
sopra
{
Non
>
monte Eaito o Eagito. E
^
come segno
della sua gratitudine, fa scaturire polle
e
zampilli d'acqua, di cui difettavano, in tutte le parti.
-
79
\
Altri
r attribuiscono a Sant'Antonino e
a S.
doveva
restituire
una
chiese una bevuta d' acqua
in punizione, maledisse
acqua. Tutto
Mandonna
Campomajuri ebbe
una
stilla
S'aggiunge
e
ma
la
fa scaturire
quel folto.
che
i
viva roccia
dalla
Grolla ^Acquara.
come realmente
accadde. In
lupini mette
i
nostro Signor Gesù Cristo, fuggendo
di
lupini
Ma
essi
ne
Farisei se
la
consigliò di fare un lavacro in quelle
secuzioni de' Farisei
un campo
forti
monte
Sul
paesi.
oggi chiamata
sarebbe guarita,
Il
di
che
impossibile trovare
riuscì
che guisa poi diventassero amari
narrare.
,
che una signora malata vide in sogno
,
Madonna, che
acque
sempre
neppure nelle
questi
visitò
sete;
anche
,
Allora
fu negata.
difettò
buon cuore.
di
offrì
d'acqua. Allora
una sorgente
gli
eccellente,
di
perchè gliene
la
che
,
paese, che
il
contrario avvenne di Preazzano
il
non ne ha mancato
Pure
monte Fa-
Catello sul
a S.
visita
da Sorrento, se ne saliva per Arola, dove
gito. Partito
siccite,
S. Aniello
Catello con qualche variante. S. Antonino
ovvero
,
,
una volta
sperando
volle
avvidero
svignare. Allora maledisse
i
non
di
erano secchi,
esser
visto in
rumore
e l^ecero tale
lupini
,
per-
nascondersi in
e Cristo se
,
conto
le
dovette
la
che da dolci son
divenuti amari.
I
contadini
sogliono
dal
sole
Ritengono che esso imbianchi
e
il
che non possa esservi sabato
noto proverbio
:
«
'Nu' v' è
determinare
le
ore.
bucato più del ranno
senza sole
,
giusto
il
femmena senz'amore, nò
sabato senza sole, nu' ne' ò vecchia senza relore
».
e"
80
—
JÌ5
^
Prima
'a
caura
di
procedere
e aruta, e
con quest^lcqua
sciacqua
e vi si fa colare
,
La pioggia
si
vendemmia
alla
pongono
ò fusto. Si
sogliono
,
a bollire finocchielli,
lava
si
fosto. Indi
il
Se manca,
cielo.
ri-
si
mosto.
il
è considerata, specie in certi tempi,
un beneficio del
fare
amenta
costuma
si
come
farla
]
imj
plorare dai preti nelle loro preghiere, aggiungendo la
colletta
alla
Tegiano
messa. In
San Vin-
supplica
si
cenzo.
«
'e
'e
sera {arcobaleno),
buon tempo mena; arco
matina, acqua vecina, o apparecchia
Sette
o a
aprilanti
,
la
marina
'e
tine, o
acqua
».
giorni quaranta
».
Come sono
i
primi sette di aprile, cosi seguono quaranta giorni.
«
di
Gomme
catarenèa, accussl natalèa ». Cioè
Santa Caterina,
«
Tanta va
si
ripete
marzo
il
tempo
Natale.
a
marzo
'na cchioppeta re
va 'nu carro r'oro, e chi 'o
di
tira ».
e r'aprile,
Ottima
quanto
è la pioggia
e d'aprile.
In Tegiano, suolsi ripetere
:
Aprile chiuove, chiuove,
Maggio una
e bona;
Cerasale s'entrattegna,
Chi ha da egna,
la
gregna.
Cioè, in aprile, per dar buon ricolto, deve piovere
copiosamente; in maggio, una buona piovuta e basta;
a
\
;
Arco
a lavino (a lava),
«
i
giugno deve
far senza, eccetera. [In
natale nata (vi
è
munno]
Piano:
«
Acqua
E
si
mah' acqua),
'a
fauce {la falce) mete
—
8i
—
aggiunge
:
«
'e
Quannu
».
giugno, arruina 'o
».
«
Russo
quando
cupèrchiate
(teg.
»
sole tinge in rosso
il
le
Scerocco a levante, nun è maje vacante
Quarantore
<(
Quanno
«
Lebecce maje bene
'A
vene
'o
vierno
mantone
'o
viento
'a
faccia
quanno
,
tutta rarelle,
co' rote,
«
Cielo a pecurelle, acqua a catenelle
«
Scuro
o viento, o chiove
maisto 'o
chiaro è buontiempo
Maestrale
«
Se ha
fa
'e
«
'O scerucchetto
«
Tramontana
scerocco
iti
<(
A
frevaro
«
A
può
».
di seppia) Crape,
'e
cummatte
e
buono
o
;
».
tramon-
».
'mparo
essere a spacco
maggio
'e
chiara te scassa 'o panato
'nzerta
[
l
gregalune
aprile, 'e
a
".
?
ì
'a
mala stagione
Innesta
».
)
senza ecce-
allievo. Si sa,
che
'o
'//-
ncchieticllo.
cannelora (2 fehhrajo), state rinto e vierno fora
Comincia
«
quann' è
:
».
zioni, sicuro di ottener
:(_ierto
».
matina
'e
forma
tana scura riciotte juorne rura
fatica,
».
».
sera,
scerocche
'A bona
'a
,
».
maletiempo
sole
fatta 'a seccia (nube
«
se lava
o scerucchette, o maestraliello
Area
Luna
«
».
nu' fuje
».
«
a
,
».
«
dimane
».
».
bene fece
fece; e se
addò vota
jatta
est
lampa, scampa; quanno trona, chiove ».
'o russore; 'e
state
lebeccio verace
«
male tiempo
fore,
Id
cielo.
il
«
'a
marina,
'e
schine).
«
« 'E
là
buon tempo mena; russo
'e sera,
pioggia vecina
».
l'està.
Frevaro friddo e avaro, vivo vino
—
82
—
e arresca fave ».
^
Dopo
aver tostate
«
Frevaro
giorno
«
A
notte e 'o juorno è paro
'a
Santa Lucia 'nu passo
Nel 13-4 dicembre,
prende
la
nome
tal
specie di piante
vi
ha una
Vita di S. Agnello Abbate ecc.
stam-
;
il
Pascarella
beccaja
""nu
passo
proprietari
e
\anno
a
modici. In quel di non
si
permise
con
figlioletto
un mercato,
festa, si fa
tal
contadini
e
una
:
carne, e trovò
primo gennajo 1866;
sé, dal
Santo protettore, che
dal
provvedersene, a prezzi assai
è da lavorare
gallina; a Sant'Aniello
'e
giornata cresce di tanto. S. A-
1877). Ricorrendo
ivi
A
il
».
comune da
bella chiesa (V.
«
Eguale
».
e la notte.
gnello forma
pata
bisogna
,
di vino.
'nu passo 'e pecuriello
e
fave e mangiatele
delle
ben bene
inaffiarle
re
la
tagliar
della
testa spaccata.
vitella ».
Sempre
la
giornata.
«
Marzo
pazzo
e
».
Incostanza
temperatura. Chi
di
nasce in questo mese, è cervellotico, cerebrino.
«
Marzo pe
ottobre
«
si
'
viecchie
,
ottobre
pe'
giuvene
suol morire di mal sottile.
Se marzo 'ngrogna, ne votta l'ognc
«
Quannu
L'annata
Essa
la
ia
ia
assuta fora,
vecchia pe' intra a lu saccu.
[Var. %isponni la vecchia ppi
Nu'
[Var.
».
cannélora,
la
fernisce,
si
nun
Hai tiempu
ia
'tita
lu saccu].
Santu Marcu,
fignu a Santu
Marcu]
Esse lu viecchiu pc' intu a lu sacconu,
Nu' fernisce
si
nun
ia
—
Santu Conu.
S;
—
».
In
Cioè
giugno. Cos'i in Tegiano. Al Piano
tre di
ai
:
Pasca Epifania
Tutt'
Tanne
austo
ancora
i'
».
!
annata
vera
è 'a
A proposito
».
via.
Cannelora,
'a
Nce songhe
(I
«
vanne
feste
'e
Se vota
quanne
,
magge
arriva
vi è un'erba, quasi simile all'avena,
detta volgarmente pure in Tegiano: Lu-sini-e-noni. Clii
vuol sapere, se una cosa debba succedere o no, prende
un
di quelle
nistra.
Secondo
o
A
ma marzu
si
riuni tutti
li
ad osi-
all'ultima fogliolina ricade la negativa
cosi
trae
si
termina marzo
la facci ri
shii e noni,
prospicienze,cominciando da destra a
l'affermativa,
Come
«
mette a dire
di quest'erba e si
filo
gnuna
prognostico.
il
pastori
i
,
marzu, tengu
faciu 'mpristà' cincu
pecuri
In
».
altri
giorni in prestito da aprile; e
Quannu marzu volu
sogliono
ripetere
:
ppecuri a lu jazzu (ovile);
li
juorni r'aprilu e
mu-
termini, ottenne cinque
fé'
morire
il
gregge.
fa'
Faci chiovi e nivicà'.
Q.uannu marzu 'ngrogna,
Faci care'
li
punti
l'ogna.
ri
Quannu marzu volu
Li pecuri faci stenni
E
li
fa'
,
cani assalanà.
Assaìanh', cacciar
In aprile, vi sono
gran raccolta,
e
si
la
lingua per troppo caldo, ansare.
molte ortiche (ardichi), e se ne
vendono
che agiato contadino,
alla
povera gente, od
che ha
ricercano in campagna, o
si
lu guliu di gustarle.
vanno a cogliere
-84-
fa
a qualSi
nel fosso
l
de Honestis,
famiglia
il
al
Portello. In questo paese, quasi in ogni
meno
pane suole (e da noi
Raggranellando
residui,
i
o focaccia
pizza,
nelli, spolette,
si
riscaldato
,
il
Pria di
bisogna
infornar la pasta,
è grazia di
Se casca
terra.
Area
«
si
Dio
«
che schiara
,
Quannu
si
si
notte
'e
femmena
,
trotte
'e
farlo
cadere a
bacia.
,
'mmocc' a
bona cosa nun
,
è ».
nu' ne' è fem-
ia
Sant'Anna, nu'
si
s'accarra ».
pisa^ nu'
trasporta col carro. (Teg.).
s'
Quanne
'nabbissa ».
a
e
'a fatto 'o cappiello {coverta di nubi),
furore {vento di fuori)
«
)
fanno
».
« Ischia
fa
si
senza nocche, tre ghiuorne primme, tre ghiuorne
aroppe
Non
intaccature
le
ne' è viernari senza scerocco
Nu'
mena
ponendovi
farla crescere,
non bisogna
:
rialza
porta, e cavallo che ba
«
di pasta.
od almeno su l'ultimo pezzo, come augurio.
a croce,
pane
forno
dice mascajuolo. Si prova, se
ponendovi un po'
su delle coverte. Ordinariamente
Il
pagnotte, pa-
palatoni e tortani. In Pagani, un tor-
tano ben cotto,
è ben
Vi son
varia guisa.
in
più comuni,
le
{_par-
ritualmente qualche
altre; e
accomodata
,
diverse forme di pani:
di lievito.
forma una pagnottina
si
ruiiedda) più piccola delle
ma-
frequente)
un po'
nipolarsi in casa; e prestasi, a vicenda,
Bagnulo
,
Il
esce Saverio Massa,
si
Massa era un vecchio
proprio
non usciva mai
al
di casa.
ogge
».
di
sotto
Sette
è chiara, se
del
Crocifisso
od otto anni
l'ultimo figlio settantenne.
Ss
l'aria
calzettaio abitante
-
fa,
,
che
è basito
i
A
«
granu
ri
marzu trona^
Innaru siccu (seni acqua), niassaru riccu
«
Frivaru curtu e amarli
«
Aprile
escono dai
dritto al ricolto
cui
finisce
si
sgombero
vece,
si
delle case è a Tutt'
costuma
il
nuove
in
li
novembre; ma
i.
il
maggio
epoca
lo
In Napoli, in-
Santi.
i
,
Anche
arance.
le
Tegiano
Ciò
quindici.
il
ad anno. Curioso
fitto è
il
dei facchini assai
si
non devono mancare
(cfr.
una
casa
'o terzo
per
fa
è ve-
i
edificata
me
p' 'o
».
scopa
il
,
il
,
in
usano scope
A
proposito
proverbio
:
nemico, 'o secondo pe' l'amico,
più umida.
è
voltarla in aria: altri-
cielo.
ingiuriar la vicina,
od un vaso da notte
Suol praticarsi ciò anche
fatto di questi, in
Si
185).
cit. l,
recente, dice
di
Quando non
La donna, che vuole
una scopa
Nella nuova casa,
maccheroni.
La granata non bisogna mai
si
fidi.
un piccolo pranzetto
De Bourcard, Op.
'O primm^anno
menti
ri
quattro maggio; in Pagani l'ultimo
il
s'invitano gli amici, e
((
rrui (do^he)
trasporto della roba, e l'affacendarsi della gente.
Non mancano
di
fondi
raccogliere
di
naturalmente quando
cui
li
lino a tutto
,
agosto a mezza notte;
dere
».
».
vruscià' {bruciare)
faci
ti
contadini
I
lii-
)).
hanno
di
a tanta carrini vai
(Teg.)
«
varlili
in
quanta
li
»
al
,
e
momento
pone
chiude
la
fuori
porta.
dell'alterco.
Un
Tegiano, produsse un ferimento piut-
tosto grave, di cui io dovetti occuparmi.
La luna ha grande influenza
86
sugli uomini, sugli ani-
p
mali, sugli innesti, sulle uova, che
sul
pane e
ricolto, sul
secondo
patisce alterazioni al cervello,
È nota
Ha
luna inutatur.
stìdlus ut
,
nella credenza
il
procuri
legname; altrimenti marcisce. Anche
vuoti col grosso della luna. In essa
bocca, gU occhi ed
E non
naso.
il
spalle.
poveretto,
Il
dopo
o
di spine sulle
l'uccisione d'Abele, raccolse
spine, che servirono per la corona
concesse
gli
,
rado Marcolfo,
di
Signore
premio
suol vedere la
di legna,
Il
in
granchi sono
i
si
le
,
loro un
luna scema per tagliare
la
o meglio Caino con un fascio
epilettico.
con quello
dicono delle ave-
le
che ognuna
,
Bisogna aspettar
solderello.
Luna luna
:
bimbi
i
,
le fasi della luna,
mal di luna, è
il
l'apostrofe popolare
che segue. In Tegiano
marie
fanno covare,
si
sulle piante. Si dice lunatico chi
del Redentore.
passar dodici
di
ore del giorno nell'inferno, ed altrettante della notte
nella luna.
Marcoffo
È comunissima
int'a
mienzu
coffiu
ecclissi,
luna »
la
luna
»). Inoltre
solu e la luna
lu
:
».—
—
«
:
(lotta)
Tegiano.
« Si tien
« iMe
Mi
pare 'nu
pari
popolo invece
il
od aggrissa
dice accrisso
certa simiglianza di suono. In
ri
frase
la
— (Tegianese
Mar-
di dire
addirittura per
—
«
L'accrissu
ferma l'opinione, che
r oscuramento derivi da un conflitto; da una lotta fra
questi
due
sangue de'
guardare
il
astri.
Talvolta
celesti lottatori.
asserisce fin di vedere
si
sole ad occhio nudo,
si
preferisce affissare
o
in
un vetro
il
la
1:
luna, se
quando
vi
ò ecclissi,
un
bacile d' acqua,
tanto più
comodo E non
riflesso
aff"umicato.
bisogna guardar
il
Riuscendo malagevole poter
in
no s'impazza.
-87
!
p
Luna bona
«
,
calamu
tiempu
(Teg.).
neglia »
e
Cioè, calmo e nebbioso.
«
Tiempo,
Votano
che
Si ritiene,
donne
viento, signor,
tornan
e
comme
tutt'
fa
mesi,
i
il
fortuna,
e
luna. »
la
nome
cui
abbia un erre,
quando
facciano venir mal di capo. Le madrifamiglia,
vanno ad attingere acqua
mita
non guardarvi dentro
di
figliuoli
a sé, e
tira
li
salvaguardia per
ricolo di un
rinvengono
vi si
il
porco
bisogna guardar
,
con evidente
affacciar
farli
pe-
capitombolo.
Per giudicare, se
trichina
loro
i
altrimenti, la cala-
;
annegare. In sostanza, è una
fa
li
non
avvertono
ne' pozzi,
sia
cammarato
abbia la
,
Quando
carni.
le
è guasto,
Per divenire
delle piccole bollicine.
infermo, nella sua vita naturai durante, ha dovuto gu-
sangue umano.
star del
una
pellicola alla punta
gliere,
Le
hanno
galline
della
la pepitola,
Ma
lingua.
destramente, con un ago, o simili
può
si
;
ed
lame guarisce senz'altro. Spesso suole accadere
chè, in està
si
dice
:
—
si
<(
fa
Te
mancare
venesse
pepitola
'a
Li Tegiano, in settembre,
mnrieddi (frutta delle spine
si
vanno
anche
a raccogliere
si
portano
e
i
,
si
amici e parenti.
agli
troppo caldo,
specie
;
A
l'acqua.
pol-
,
per-
chi parla assai,
»
!
quando son maturi
l'
a-
prima rosse e poi nere)
regalano
mangiano,
e
Se
troppo
piove
in guisa, da poter recare
santi per le chiese, e
si
si
danno
pongono
San Vincenzo, affinchè preghino Dio
tutto allo stato normale.
to-
il
Quando un
,
o
fa
ai
campi,
in
trono,
di ridurre
tizzo arde da
un
—
capo, e dall'altro
«
Fumu
sprigiona del vapore, è ritenuto
si
buona fortuna
indizio di
onde
,
leuna verdi, chi àrdini
ri
suole sclamare
si
»
!
maschio con vena, o nervo grosso
un mostro
Cca
De
lo
zucanno da
profummo
leva un
si
di scienza.
ll'apa va
lo sciore,
tutto lo sapore,
ne caccia 'no mele prelebata. (Pica, 40).
con grande
nuovo sciame,
i
contadini lo seguono
prodotto dallo acciottolar padelle
strepito,
meno
e battere caldaje con pezzi di ferro. Cosi elevano
alto
Di
un
ge-
i
cannella e de zuccaro 'mpastato,
Co'
E
Se
fronte,
gongolando, strombazzano, che verrà talentoso,
nitori
sarà
— Nascendo
alla
loro volo; e
il
raccolgono su qualche albero.
si
sera, industriosamente
appiccate
;
si
pone
recide
si
una
in
il
ramo,
cui
ed ecco
cassetta,
il
si
sono
nuovo
alveare.
Fondo
«
al
confine
viato chi arriva
,
Cioè chi può giungere ad usurpare.
servono a determinare
giano
si
ritiene,
ciano scacare
Come
le
le
che
il
le
galline, cioè
casa
in
e
lo
pongono
—
»
fondi. In
Te-
non produrre più uova.
!
Gli uccelli
contadini
primaticce, e rovinano
ricorre agli spauracchi.
,
du'
fra
primmo.
sambuchi, spesso,
ramuscelli di quest'albero fac-
i
de' tormenti de' poveri
specie
limite
I
madri s'infuriano, e garriscono
ne veggono recare
glia
,
:
a
il
i
figliuoli, se
formano uno
beccano
:
le
Vestono un fantoccino
guardia
frutta,
seminato. Allora
de'
campi.
I
di
volatili
s'atterriscono e lasciano tutto in pace. In mancanza,
89
si
pa^
si
)
u^
1
un mezzo più economico.
ricorre ad
od un pezzo
straccio,
Cito
non
se
di -carta!
memoria uno
di
sclicrzo vernacolo tcgianese,
contadinesche:
altro per certe allusioni
Lu
ciuccili,
Cumme
appende uno
Si
che 'nchiaiiava a
cerasu,
iu
sapia 'nchianà', puozz'esse' accise!
la lu ciucciu, e se ruppia lu nasu,
Li
mosche
s'abbu'.tavanu
risu.
ri
Poveri zappatori, zappa, zappa,
Vulianu zappa' cu'
Arrànzete a
Lu sorge
dice
Si
,
che
si
donne sogliono
mi compiessi
si
m'assuolvi te ne ra roje
E
si
m'assuolvi
Ma non
vo'
Ncoppe
verimmo
ti
1j
uovu,
;
biecchiu e lu nuovu,
di riferir
qualche altro proverbio:
fave nce vo' Tuoglie, e
'a
giiiuorno nce
».
'O meglio addore
« 'E
sciocco. Nello
rau, che face l'uovu!
mancare
'e
uno
recitare:
ra 'n
ti
E
La gaddina
«
pipajuolu.
lu
caricatureggiasse
stesso paese, le
«
mangiatu
s'ha
si
Patre,
paroccola.
la
fenesta primmarola,
la
vierme
d' 'e
spicanJossa
è 'a
cerase portano
'e
»
vierme
'e
l'au-
live ».
«
Prune, ogne tanto una
a cruvelle; Pere,
'a
cumm' a demmoneo ».
« Quanne verite nespule,
temo
«
Perzcchelle mangiatenne
;
matina e
frutto de la state
'a
sera;
fujc
chiagnite, ca chisso è l'u-
».
Terra nera, buon grano mena
90
Resommule,
».
.
«
Palomma
«
Chi vennegna
amara
pasciuta, cerasa
».
troppo priesto, o
poco vino o
fa
tutto agriesto ».
«
'A neve
<(
«
camp.igna
'a
A
maggio
A
S. Pietro
Farmi
tosano
se
o
inutile aggiungere,
—
:
de coUines
«
calcaires
fondeur inconnue
I,
35).
che
le
».
».
E
»
,
pas
n' est
volcaniques
— (V.
moins
conosce
cosi
,
il
,
essendo
il
Calbi
entièrement
Foy. physic.
et
lith.
più oltre sostiene essere
insignificante
_,
ma
Di un
,
une
jusqu' à
rentino derivato da una lava spenta;
cenno
parti
come conferma anche
,
inoltrarci in tale disquisizione.
fa
hanno
nostre frutta
quelle di altre
di
La Plaine de Sorrento, quoiqu' entourée
formce de substances
Camp.
pecore
o fieno
terra d'origine vulcanica
Breislak
bona stagione, bona sem-
:
».
'e
paglia,
una bontà maggiore
la
chella 'e aprile
»
Tre cose vo
menta, e buono zappatore
((
ma
male;
fa
e vine ».
Aprile docc Jurmire, aucielle a cantare e arbere a
hurire
«
marzo nu'
'e
pane
te leva
il
non
pro-
dans
la
tufo sor-
est hic locus
sol ruscelletto
si
che quasi nessuno lo
che scorre presso
mura
le
di
Sor-
rento, ora diroccate; e va a metter capo nel mare, a
luogo detto Calbioripa (KaX?ios
lo ricorda (^uAuliini. Sur.
.
.
.
Saxo surgunt
Mccnia Sircnum
U, 8)
Hicta
l'elici.i,
pi-.r^.
—
Giannattasio
vetusto
qiiac
cava circuni
Praccingit vallis rivo perfusa sonanti.
91
Il
:
In diebiis
illis
l'
,
(XIV,
ziale
ad altro
Anastasio nelle sue
epigramma
non
,
12), da
Mar-
Macedonio
di
ma, oggigiorno, rivolto
Ili);
(!ib.
commercio
il
fXXXV,
Plinio
un
84), e da
dell'Antologia greca
molto repu-
argilla sorrentina era
come ricaviamo da
tata,
vi
si
pensa
più. Filippo
Lticubrationes in Surrentinorum ec-
clesiaslicas civìlesqtie anliqnilates,eccQ\:evà(T{pinae,ij}i-2,
Zempel prope Montem lordanum,
T3'pis Joannis
ha vari capitoli
«
De
riguardanti
frugibus
selectissimis
oleis et
— De
de
malis;
citreis
poculis; (voi.
potrebbero
123-149).
Tcreseììa
,
delle vacche.
che cresce;
vitelle,
Ciancioselìa
,
e
,
Dopo
e simili.
Ordinariamente
scopo, non
cade
mai
dicon
dà una vacca
r accortezza
stilla
si
vacche.
Ed
i
il
subito
rischio di
,
o
d'
,
di
di
litri
i
,
latte
mas-
se per caso
non
spruzzarvi
non aver più
il
acqua
Allo stesso
petio. Cos'i
fuoco. Se
vecchi, più cicaloni,
dei prognostici e far dei
le
il
sul
latte
di sputarvi
corre
l'acqua,
di
sicchì.
cattivo augurio
tegianesi ritengono
qualche
sqccx
munto
aver
quante caraffe o
altrimenti
:
non
Paliimmella,
:
goccia
quale un preservativo contro Vnocchi
sari
—
per lo più,
cui,
sogliono mescolar qualche
vi
:
racimolare altre notiziucce.
manca d'imporre anche un nome, come
latte
v. II)
come
De vinis;
E qua e là si
pomis;
selectis
pag.
,
primum de
Surrentinis et
— De
II,
Ogni colono suole aver
son delle
nostri prodotti
i
latte
si
ha
del-
da quelle
non mancano trarne
commenti, come, su per
giù,
profezie in quel « Discurzo tra lu Furieno e lu Pan-
zese
= Discurzo
di
dujo viecchi furieni Mesto
—
92
—
Pompeo
\
e
Mesto Dummineco de Scirocco, tenuto
mienzo
a
lu
1794 ». È in versi sdruccioli e nel
Lo riporta Giuseppe d'Ascia, a p. 335-44
lerio de S. Francisco
patrio dialetto.
della sua Storia dell' Isola cV Ischia (Napoli, Gabriele
genio,
1867).
che
Si ritiene pure,
Anche
ladro passi con
il
oggetti in-
gli
una secchia d'acqua.
volati, in
caccia, qui,
la
propizi
e nei giorni
con certo successo;
esercita
si
cacciatori
i
prendono
Più copiosa quella delle quaglie in settembre
delle beccacce, dei tordi
Cominciamo
Con
le
La cacciagione
reti
mano od
a
le
rete.
da terra vicino
Sospeso ad una fune,
di botte
si
grande
mantiene alto
quaglie di richiamo; e
alle
pratica
si
a ventaglio,
quaglie, vi s'mpigliano dentro.
Col cerchio, ossia con un cerchio
di
poi
legno non molto
sostenute da una canna o da altro
doppio. Levandosi
e
,
e simili.
delle quaglie.
in diverse guise.
coverto
alture
le
Tore, (dicono da Tàuo;) di Massa, tee.
Colli, delle
de'
Ar-
si
lascia ca-
dere quando queste ingannate dal canto delle compagne,
si
son raccolte dentro
l'erba,
che
si
lascia
sotto
cerchio, abbastanza pesante, e tale da
la periferia del
non
farle scappare, abbassandosi.
Col
coppo
e
con
la
abbarbagliate dalla luce,
gono, ed agevolmente
col coppo.
in
quale,
Il
si
fiaccola di
si
pónno
— per
notte.
Le
quaglie,
accovacciano, e non fugcoppìare, cioè
chi noi sapesse,
prendere
— consiste
un'asta lunga, terminata in cerchio, coperto di rete.
Con
le
reti
fisse,
o schiappari. Mettono capo
9?
—
a
due
Innghe aste o pertiche
canali progressivi in
mati
rete.
Allora
si
funicelle,
suo posto,
al
le
che
È
si
toglie
cccate), fatte
con r oscurità della
quaglie; e
fa di notte;
si
si
Per
la
da quella
prima son
com-
situare alla parte opposta;
notte
non
si
avveggono
della
La seconda, come ho accennato,
è
giorno; e raccoglie un residuo, cioè quelle che sono
restate nascoste fra l'erbe.
sche
si
Le
anno
Avendo
le reti tese,
con
fra-
va percuotendo a terra, aggiungendo delle grida.
Le poverette fuggono
quaglie cieche
muda,
di
restano prese.
apparecchiano, e
serbano di
si
più, accecandosi a bella posta.
con grande cura;
scopo
allo
ma
sbalordite,
si
anno ed anche
in
Si custodiscono
la
alla
caccia di pas-
la
quaglie, che passano, allettate, dal canto delle
trappola loro tesa.
di
oh
la....
da distinguere
pratica di giorno.
si
pagne {quaglie
e
fer-
battendo vicino
laccio,
saggio, di entrata {traslto), che
di scaccio,
tanti
e restano, perchè
abbassa, avendo delle carrucole in cima
con opportune
rimette
cadono
sommità con un
alla
formano
infisse al suolo; e
cui
avere
il
e
si
mettono
canto, a
a far
tempo oppor-
tuno. La folla delle quaglie, fra di noi, è a settembre;
e se
ne
altrove
sono
in
smercio
fa
in adatte
,
,
e si
mandano
cassette costruite
maggio. Se ne trovano
,
all'
uopo.
invece
,
riva del mare, e specialmente nelle isole,
ed Ischia
;
ed
cani e fucili
Franca
il
,
ivi
concorrono
i
ma non mancano
anche
a vendere
cacciatori
neppure
Scarse
molte
sulla
come Capri
con
i
delle
loro
reti.
fastidio di aggiungere, che in questi sebi ap-
pari, oltre le quaglie,
si
prendono, anche,
D
—
94
altri
uccelli:
Volendo
beccacce, tordi, tortore, barbagianni, eccetera.
acchiappar molti tordi, s'aggiungono pure dei richiami.
Passiamo
caccia dei fringuelli e di altri uccel-
alla
con
Si fa
lini.
le
piccole a terra; e per lo più in
reti
quando manca l'acqua.
està,
una piccola pozza,
cioè
vicinanze. Sulla pozza
e
si
mette
si
apparecchia
Si
covre tutta
la
l'
legata a quat-
rete,
mezzo
tro bacchette, due fisse e due movibili per
che
laccio,
un
di
un
tiene dal cacciatore, nascosto in
si
posta,
la
acqua delle
pic-
colo pa^ìiarìello.
Quando vede
accumulati parecchi
bevitori
laccio, la rete
cade, e gli uccellini vi
,
tira
il
.
.
.
restano presi.
Vi
è
anche
dove vanno
e
si
caccia
a'
passeri
a riposare,
si
prendono
la
circonda l'albero. Indi
poveretti sorpresi
,
dando per iscappare
accende del zolfo
Veniamo
celli
nuovi
alle
,
mesi iemali.
{arcìiioli),
con
I
le
;
si
spaventano
si
Oppure
reti.
I
ed an-
;
si
fanno cader tramortiti.
,
sono
i
primi a comparir dopo
sogliono acciuffare o con
o con
gli
i
archetti
delle gabbiole a scatto (caravaltoli),
o
casarole.
primi consistono
in
una bacchettina
gata ad arco da un doppio
filo
nodo
,
che forma
il
cappio
;
flessibile pie-
quale
il
,
forellino praticato nella parte superiore.
ciol
vede
Si
ventaglio
codebianche, abbaccaritli od anche uc-
perchè
Si
,
cascano nelle
,
e
notte.
le reti a
accende una fiaccola.
si
sonno
nel
di
e
es.CQ
\'i
si
pone
da un
un
pic-
un pezzettino
legno, che fa da cuneo o zeppa. Vien teso
parato; e
è
1'
arco,
di
o
su qualche sostegno, posto nell'erba
9S
51P^
¥
ed ordinariamente
da fuori; e
un
si
...
tratto
in
pianura.
Gli
spara; e resta con
si
si
para, e
si
rimette
,
e
cos'i
sangue
di
alla
fronte
toglie
si
Ma non
l'impresa è facile.
ciatori
A
mestiere.
di-
supplito Federico
tal
almeno
difetto,
caravattoli.
che
si
Casitto
che
vi
Con
autunno
altri
tal
libriccino.
azz.
fratelli
Pure, veniamo
di pag. 28).
mezzo d'una cannuccia
come
il
ferma.
si
o verme,
abbassa ed egli resta in
si
meccanismo
suppergiù, allude
dedicato
gabbioline con porta mobile,
delle
uccelli,
dai cacparte, ha
Napoli, Tipografia dei
,
trova, la porticina
si
,
l'uccellino va a beccarsi la carola
gattabuia.
sto,
Son
apre, e per
Quando
o
in
Gusumpaur, con un caro
Testa, 1874 (in-i6" piccolo
a'
nomi verna-
dai contadini
Vocabolario ornitologico napolitano-italiano
al signor Luigi
faccia
si
è facile parlar delle
varie specie di uccelli, senza ricorrere ai
coli e convenzionali, appresi
il
vanno per beccare,
essi
:
nel
suo posto.
al
In Tegiano, chi vuole acchiappare uccelli,
un po'
Ad
gambucce
le
V arco
cappio, e viene preso. Si rallenta
captivo,
vengono
uccellini
riposano su questo ramoscello secco.
prendono anche
si
corbezzoli e simili.
presente dialogo
A
in
que-
:
Reviezzule, cossa-sottile,
Pe' 'na carola
«
Tu
Le
iste a
murire
? »
E
tu merula, cossa re ferule,
lu
Scipive e nu' lu deci
casarole
pure
son
ve?
formate
»
da
una bacchettina
piegata ad arco e mantenuta da un doppio spago, in
cui
s'
infilzano delle assicelle di
-96
canne
,
le
quali
con
due o
pone
salde ed immobili. Si
più compatto; e
sante. Indi
è
mettendo capo nel
e
tre girate,
restano
si
opposto
lato
,
lato
col
a terra
carica di terriccio, da rendersi pe-
si
un punto d'appoggio su
solleva con
una piccola spranghetta, che
tien sollevata,
la
cui
met-
tendo capo nel centro dove è un arnese con una delle
che
solite carole gialle, di quelle
è
concime
delle vacche.
si
disseccato
galline
di
trovano, specie dove
mangiatoje
o nelle
,
L' ucceUino va a beccare,
si
spara, e vi
schiacciato.
resta
Un'
caccia
altra
ficetolc.
graziosa è quella
de' b eccafichi
o
un luogo adatto (para-
Si suole apparecchiare
qualche
del gè-
\
nere di cui sono ingordi questi uccellini; qualche mor-
)
bacche sono molto ricerche; un' edera ed
(
dove
tella),
tella,
altri
le
pianta
si
cui
albero di
che facciano
alberi e frutici^
dell'
fichi
ombra.
dal fresco e dal trovarvi
quanto concupiscono,
gono loro
non
sturbati.
stanza, e più
si
Allettati
]
pon-
?
vi
muovono^, sendo indi-
Così, in pochi giorni, da magheri ed allam-
\
'\
panati,
si
riducono pingui pingui ed in buon numero.
\
Allora
il
padrone che vuol fornirsi d'un saporoso ar-
\
rosto pel desinare, ad un punto, alza
ai
lunghi
pali, e
e terreno nel
e
già attaccate
(
poi dall'altra parte, scagliando pietruzze
\
fosco,
dove sono accovacciati,
dovendo fuggire dove
impigliati. E, per lo più,
il
vono
accennato che
dei richiami.
,
Ma
si
trovano
sono
detto « chiatto chiatto
Ho
le reti
cos'i
come
spesso
,
'e
le
reti
,
li
scaccia;
vi
restano
pingui, che e restato
'na fecetola ».
anche pei
tordi;
\
\
\
>
si
ser-
si
so-
\
i
cacciatori,
97
per lo più,
^'
gliono valer degli zufoli od
arnesi coi quali fanno
altri
una completa imitazione, onde_, ingannati, credendovi
compagni,
esservi de'
albero
o come
raccogliere,
veli
fermano
si
hanno
e cosi essi
;
si
tano
alle edere, delle
ghiotti
Lo
tordi.
i
cui frutta
stesso
di
qualche
dice volgarmente appalrinre,
fanno crescere a bella posta de'
si
rami
sui
agio di spararli. Per far-
1'
.
.
mari-
si
per le cosiddette
pratica
si
che
lauri,
o bacche son molto
.
capofoscolc (capinere).
Non
mr.ncano
colombi
de'
stano con
i
passaggio delle tortore,
altri posti pel
beccacce. Li
e delle
loro
fucili
cacciatori
i
ed aspettano
il
si
appo-
momento
pro-
pizio.
passerini
I
soghono prendere con
si
destramente nascoste
mancia una
granturco.
terreno
nel
spicchio di noce
Ma
bisogna
ciò
,
,
e
certe trappole,
ponendovi
per
o meglio un acino
praticarsi
di
molta ac-
con
cortezza perchè essi sono asrai astuti e sospettosi.
I
di
ragazzi specialmente
E come
nidi.
prendere a tempo
dellini
e
(passeri
!
dei merli
solitarii)
si
mostrano molto desiderosi
sorvegliano
li
,
,
più
i
quali
si
cresciuti
sempre
hanno
il
li
trovarsi
/;/
dei car-
pelrandi
vicino alle
rinvengono nei giar-
si
becco
sanno sor-
quelli
distinguono
sogliono
che
rocce, e quelli di ntaccbid, che
dini, e
E come
!
comuni son
I
giallo.
Il
colorito delle
nero. Pure, talvolta, assai di
penne
e
non
è
mancato qualche scherzo
con
una penna bianca
;
di
natura
;
rado,
qualcuno
ed io ne ho visto più d'una
volta.
98
-
Per quanto è copiosa
caccia
la
diciamo
,
cosi
penna, altrettanto è meschina ed insignificante
Qualche lepre
di peli, cioè di selvaggina.
montagne; qualche
Qualche notizia
si
e
in generale,
un
«
A
Perillo
:
delle cacce
insigni per-
altri
gruzzoletto di proverbi cinegetici.
(i5>
abbaccarulu
niar:;;^o)
{code
'ncopp' ó puntette » (cuneo delVorciuolo).
'O Vescuve
Crape
'e
Del ricavato
passa
».
cime.
Il
disse
!
86)
p.
cit.
comme
pavato
è
della caccia
(Op.
Bideri
quaglia passa
si
per uso
1737).
Giuseppe
San
bianche)
<<
Donato
libretto di
da regnanti ed
pesche e simili diporti
sonaggi, tee. (Napoli,
!
relativa all'argomento,
delle ville e luoghi prescelti
Ed ora un
sulle più alte
volpe^, eccetera; e tutto finisce qui
potrebbe cavar da
Ragguaglio
di
,
quella
quaglia
pagavano
si
scriveva
Monsignor d'Amalfi,
«
:
la cui
de-
le
Secondo
rendita
fondava sull'entrata delle quaglie. Passò questa senpresso
tenza in adagio
popolo
il
tare r eventualità degli affari.
Miseno, sono
l'Asia
Quaglie
Spenne
Quaglie
Spenne
,
Capri
,
Iscliia
,
porti dell'innamorata quaglia, che dal-
i
giunge in queste contrade
«
napolitano a dino-
Amalfi
'e
arruste
e
'e
».
auste,
:
maggio
e dà ò cane.
»
Perchè queste son maghere maghere;
le
altre
pin-
gui pingui.
«
Annata
'e
quaglie
mele e pere, annata
'e
,
annata
'e
quaglie
».
99
—
paglia.
— Annata
'e
«
«
manneme
Santo Rocco,
« 'E
A
San
marevizzo
S.
ove
«
:
prospettiva
è
va
e 'o
santo pro-
il
quasi ignorato un capo-
sta
cupola
nella
».
quaglia
'a
— San Michele
vene. »
{tordo)
di
scerocchc
'e
Michele (29 settembre)
tettore di Carotto
lavoro
'na quaglia «.
quaglie grosse songhe
di
Chiesa di
della
Michele, dipinta su un piano perfetto, che, guar-
data dal centro dell'arco maggiore, illude l'occhio più
perito in fatto d'arte »
« 'E
« 'E
quaglie
gliano per
la
cit.
123).
p.
ottobre so' marevezzegne.
'e
picciolezza
«
A
«
Tramontanella,
«
'Ngnuorno
Tutt'
'e
».
{:{iij alanti)
Re muote
a
a
scopa
'a
'e
— Somi-
»
tordi.
ai
Santa Teresa, lodola
ciufuliantc
«
Op.
(Bideri,
quagliu nu' teneno 'nterra maletiempo. »»
distesa
'e
Sante,
Non
vi
».
l'aucielle ».
mmerdu 'mmocca
sono più
Santu Martino, nu'
'e
tordi.
""nce lassa'
manche
'na matina >k
<(
Santu Marco, auciellc
poche
«
«
scto
A
A
'e
n'
ancappe
e'
'o sacche; assai
ne vire e
».
Roce (Croce),
aucielle
comme
""e
nucc
».
'nu Sant'Andrea e 'n ato Sant'Andrea è 'o tra-
Tarcere
».
«
A
«
Tene novantanove
((
Aucielle sicché, maletiempo
«
Caccia e pisce, quanne truove tu fenisce
«
Ventinove, pecciune e ove
«
Quanno spoza
Sant'Irene se renrcne
'a
scuse
castagna,
'e
rennene
comme
\i
».
'o cacciatore ».
».
».
».
tortora è 'ncampagna
».
-^^-lO^
^
GAP. V.
PAREMIOLOGIA.
gamme
I.
'A buscia ha
2.
Attacche l'asene addò vò' 'o patrone.
3-
Quanno
4-
Nu'
5-
Ommo
'e
'o diavolo
corte.
t'accarezza,
ne vo l'ànema.
tuzzulià', ca se sccta 'o pastore.
peluso
,
forzuto e guliuso. Russo malu
pelo.
famma
6.
'A
7-
Bona nummcnata,
8.
Vale chiù 'na faccia tosta
massai
9-
'a
tana.
e scassa chiesa.
(0
'nu piacere) ca 'na
ia.
Ogne
ligno tene 'o funmio sujo.
IO.
A
I r.
Dio
12.
Chi vo'
lietto stritto,
te
coccate 'miezo.
scanze da 'nu male vecino.
n- Mercante
14.
caccia 'o lupo d'
va,
e chi
nun vo' manna.
e puorce, apprezzale muorte,(> a puorto.
Piglia 'na pizza pe' tortano.
15-
E meglio
capa
i6.
Cunziglio
'e
'e
sarda,
'e
cefaro.
galline.
'e
malamente cresce scmpe.
17. L'crva
18.
A
19.
L'avaro perde chiù
ccasa
20. Vizio
core
co.
dammagglo
vorpe,
'e
sunature nu' purtà' serenate.
'e
d' 'o liberale.
natura fino à morte dura.
21. Chi bello vo' parè\ pene e guaje ha da paté'.
22.
Cammisa che
23.
Fummo
A sante
24.
nu' vo' sta' cu' tico, stracciala.
senza arrusto.
viecche nu' s'allumano chiù cannele.
25. Chi cunfessa è ''mpiso; e chi fa
ammore
va 'mpa-
raviso.
26. Pure l'uocchie
27.
'O core
vónno
28. Se pigliano chiù
che cu' 'na votta
'e
29. Chi ha pietà
giano
'e
'a
parte Uoro.
nu' ze 'nganna.
mosche
cu"*
'na goccia 'e mele,
acito.
r' 'e
carne
'e Tate, 'e soie s' 'e
man-
cane.
30. Chi serve 'ncorte, 'mpagliara
more.
— In Tegiano:
Chi signure serve qcc.
31.
Ietta 'a preta,
32.'Ntiempo
33.
Quanno
'e
e
annasconna
'a
scura
'a
muntagna,
piglia 'a
guaragna; quanno scura a marina,
e
mano.
malatie e carcere se conosceno l'amice.
zappa e ba
piglia 'o
pegnato
ba 'ncucina.
34.
Ogne nave
35.
Aruo
36.
Chi ha
desperata s'arreduce 'mpuorto.
caruto, accetta, accetta.
mamma
nell'allegoria della
nu'
chiagne. (È
riferito
Vajasscide, canto primo).
pure
37-
Nu'
ne' è
messo
meglio
che sé stesso. {Idem,
^
allegoria seconda).
Uno
38.
cento
vale per
ciento
e
,
vanno
nu'
pe'
uno.
La femmena
39.
ha
ra fora e dinto
varietà,
40.
tatis
,
il
A
assumeglia a
,
bella è
,
Coppella, egroca).
Basile nella
forma
l'
(M«-
)
verso della predetta
)
mancano
casa re pezziente nu'
miitandìs
castagna
la
magagna. (Lo ricorda^ con poca
la
ultimo
trozzole
egroca).
41. Iddio te scanza ra 'na carota vascia.
42. Cane eh' abbaja, nu^ mozzeca.
Cuorve
43.
cuorvc nu'
cu'
44. Chi pratteca e
sceppano Tuocchie.
si
zuoppo, 'ncape
'o
'e
l'anno pure
zoppeca.
45. Curtu male cavato.
Ovvero
:
46.
Quanno
nu' ne' è
47.
Fa bene
e scordate; fa
Male nu'
Zeca male cavata.
Tegianesc:
Pare 'nu perocchiu, è menza vecchia.
fa'
e
'a
gatta, 'e sureec abballano.
male
pcnzaec.
e
Ovvero:
paura n'avc'.
48.
'O buonu juornu
49.
Fcmmene
e
\
se vere d' 'a matina.
denare so'
cose chiù care.
'e
50. Coscienza e denare, so'
'e
cose chiù rare.
51. Coscienza e denare, nu' se sape chi n' have.
52. 'E renare cacciano Tuocchie a
53.
Chi vole
54. Chi tene
55. Chi have
figli
'e
eccate.
sante, se ne faccia.
mente
'e
genio
nuvole, va co'
'e
fila',
cuoio.
—
103
]
—
fila
'e
)
(
)
>
>
)
pezze 'nculo.
vecino 'ò spruoc-
^
(
Ruorme
$6.
ca la sorte veglia.
zetella,
57. Chiacchiere vo' la zita, e po' s'addorma.
58. Chi pe' riempo nu' se pruvvcde,
ino'
po'
nu'
po' mangia'.
Pane
59.
trirsi
panno
e
monaco,
60. L' abito nu' fa
— L'apparenza
61. Chi lassa
che nu' vole.
giano
—
Il
nu-
sempre bene.
e d'inverno, ha fatto
veto.
fecero maje ranno.
nu'
pane, e l'indossar molti panni e pesanti, d'està
di
dice
si
'a
ii
via vecchia p'
— Spesso
:
Chi
chierica nu' fa pre-
'a
sganna.
cangia
lu
nova, trova chello
'a
mutando^
peggiora. In Te-
si
becchiu
pi'
lu
nuovu
,
trova quiru chi nu' bolu.
62.
Addò
Dò
(Teg.)
so' chiù galle a canta', nu' fa
maje juorno.
tanta 'addi cantani, nu' ngi faci
mai iuornu.
Dove son parecchi a dare ordini
non ci si raccapezza. Ognuno vuol comandare; e ne deriva una gran
,
confusione.
6^.
Nu' facimmo
facciamo
a chi iiglia e a chi
figliastra.
— Non
parzialità.
64. FegUastre e neputc quanto ncc faje tutt' è per-
duto.
—
Si è spesso ricompensati
6^. Pazze e peccerille
66.
C
L'amice
e
'a
so'
roppu
ti
comu
a
li
gatti,
Oppure
,
:
con l'ingratitudine.
rajuta.
mala sorte nu' nce
so' chiù amici,
primu
— (Teg.)
t'allitìano (lisciano)
rascani {graffiano).
67. Chi ala {sbadiglia)
o fridda
Dio
o Hima
:
avu
l'amoru volu
pocu
pocu
fa'.
vali,
o suonnu, o
voglia
ri
pazzia'
seta,
(id.).
68. Sta cu' lu fui ca
i
t
come
se
avessi
'mpilu
ti
birri
i
— Fa
^
tempi quando Tegiano era fortezza;
l
lendo qualche paesano forzare
{
posti in sentinella
<
« Fui,
la
con
tutto
fretta,
rimonta
Forse
spalle.
alle
<
ai
sembra che vo-
e
;
consegna de' soldati
•
'
(
ca
'mpilu
ti
Ancora
69.
)
ri
porte
alle
!
,
fosse
respinto
stato
:
».
<
quannu
cose antichissime più
fujenni Giasicristu.
ija
quello, che
di
— Cioè,
]
suole intendere
si
^
\
NapoU Se ricorda 'o chiuppo
Cammina jappica jappica.
in
:
70.
,
piano, piano:
a Forcella.
— Non
dicono
:^ippo,
in
:
^
catapcre.
pL-re
Addò arrevammo, mettemmo
'ji.
\
precipitare
spruoccolo
'o
('L7
Tegiano).
72. Chi rice che
ti
vo' bene chiù
'e
mamma
e tata,
te 'nganna.
A
73.
eie di
m:ilu mititorLi,
lu
'ndoppa
li
la
vanterà
{^spe-
grembiale).
74. Vicinu min, spicchialu (^specchio) min.
75.
chi
Nu'
nun
76. Chi
t'
so'
li
femmini chi nu' gustani,
ti
faci
quiru chi nu'
ha gabbatu, o puru gabba'
77.
so'
li
rinari
abbàstani.
Quannu
ia
ti
Santa Biasu
,
t'
ha fattu ancoru
,
o
vola.
ogni
pertusu lu solu
ngi trasu.
78. Nozzi e maccaruni, cauri cauri.
—
Bisogna
far
presto.
79.
Ave
'ni.
variva
comu
bato, che presume aver già
Salardu.
la
Salardo dei Reali di Francia.
IO)
—
barba
—È
come
uno
sbar-
quella del
^
p
— Guai
(
chi chiava
80. Tristii
i
Non
81. Coma
lui
si
scampa
la
!
pongi
li
sotta a iu rasuki.
a
!
putrusinu
Iu
— Chi
(pre{:;^oììiolo).
offende per un nonnulla.
82. Porta Iu
e
siili
— Una
'nta la sacca.
ìio,
bande-
ruola, un girella.
83.
Volu
cangia'
frittata.
la
— Vuol
una cosa
dire
per un'altra.
84. Si passi nicchi (anneghè);
85.
lamu
cittu
acque chete rovinano
86. Facci
e
87.
li
Unu
zuompi
criepi.
— Le
niechi.
ti
ponti.
i
piccirilli
Lasciali fare ciò che
nu'
si
nu' ngi pasScV, ca
,
tua e lassali
Iu
ralli
vonno, senza
a dui volu beni; a chi
ghi'.
—
discutere.
li
robba e a chi
rai
cerca nienti.
88. Così
ri
curreia
l'auti
senta una cosa,
non
longa.
facile
è
— Quando
ottenerne
'a
mu-
poviri
faci
buono^ ognuno 'mpresterria
Si 'o priesteto fosse
pre-
si
restituzione.
la
ghera.
89.
li
Lu Signoru
resigni e iddu
propone
e
li
ia
mosso
scassu.
Dio dispone
li
e
li
di
E
venti.
dell' «
—
clii
I
Uomo
volu ria-
pioppi
delle santesse
Santocchie 'nchiesa, riavule 'ncasa
tre fin qui,
Iu
chiuppi,
santocchi {pin:;ùcherc).
tengono apportatori
,
qualcosa
».
90. Chi volu vientu vai da
vuli vai da
grassu
e
—È
j).
Dal
si
proverbi tegi.inesi.
Kn' ha da
i'
scauzo chi
—
106
—
semmena
ri-
dice
:
settanta-
91. Meglio sulo ca male accompagnato.
92.
si
spine.
93-
Né femmena
94.
'O cane arraggiato nce
né
Bona
97.
Cunte
Nu'
affocato.
e tristo testamicnto.
vita,
98.
re cannela.
reste 'e pile.
more
95. Chi gliotte sano,
96.
lume
tela a
longa.
e amicizia
spisso,
mettere fra 'o stanto e
te
'a
porta.
99. Chi se guarda 'o sujo, nu' fa latre a nisciuno.
100.
"e
Musso
porciello, spalle d'aseniello, e recchie
'e
mercante.
IDI.
Tante vote va
nce lassa
'a
'a
lancella int' ò puzzo,
'nfi'
che
maneca.
102. Icttarse 'nannanze pe' no' cadere arreto.
103.
A
gatto viecchio, sorccc tenncriello.
104. 'E guaje
{Che nce va
pi
pegnata
'a
r'
sape
'e
aggiungono
ìnto,
in
cucchiara.
'a
Tegiano).
IO). Sant'Antuono se 'nammorajc d' 'o puorco.
loé.
Quanno
che s'arde
siente
'o
vecino, atticnto
ó fuoco tujo.
107.
'O pcvu trave
108. 'E
femmene
é
chillo che schioppa.
come
so'
'e
mellune, ogne ciente
una.
109.
O
mange
te
menesta
'sa
,
o
jette
te
pc' 'sa
fenesta.
no. 'Ncopp' ó
cuotto, l'acqua vulluta.
111. Chi troppa
'a
112. Rice
nun
si,
ca
tira,
ò
113. Chiagne 'o justo
114.
Mazze
e panelle,
senza mazze, fanno
'e
'a
spezza.
peccato.
p"o
peccatore.
fanno
'e
figh pazze.
107
—
figlie
belle; panolle
115.
Bona mmaretata, né
116.
Nu'
117.
A
sputa'
socra, né cajenata.
'ncielo ca 'nfaccia te torna.
barca storta 'o puorto deritto.
118. S' ha da coccrc
comnic
'o
purpo
co' l'acqua
SO] a.
119. Chi patesce p'amore, nu' sente relore.
120.
Fanne quante ne vuò',
121.
Ogne
122.
Ammore
bella zita
e tosse,
123. Chi pratteca
e'
'o
ca cck t'aspetto.
'nchiazza se marita.
dove
sta
se conosce.
zuoppo, 'ncapo
l'anno zop-
'e
peca
124. Chi lassa
'a
via vecchia p' 'a nova, spesso 'ngan-
nato se trova.
125. Cucurecù
,
quanno
viecchio
si'
,
nu' nce n'
chiù.
126.
Nu'
te
piglia'
collera, ca
127. Zuoccole e cappiello
'o
zuccaro va caro.
casa a Sant' Aniello.
'e
128. Nu' carrecà' troppo ca
scliiatta.
129. Meglio sudare che tossire.
130. Nu' se po' ave' grieco e cappuccio.
131.
Carne
132.
Pane
133.
Robba
(a
e
carne.
passo, e vih
'e
comme
!
passe.
mangiatorio, nu' se porta a cunfes-
sorio.
134. Quarant'anne, a
guarda
le
mare
parine.
cu' tutt' 'e
— Ri-
donne.
135. 'A vecchia
'a
panza
s'
arrepecchia
,
'a
chitarra
nu' sona chiù.
136. 'A cera se struja e 'o
108
muorto nun cammina.
—
.s
137- P'isca re sciure, se 'ngegnano
'ngegnano
re casatielle, se
138.
Nu'
signure; Pasca
'e
puverielle.
'e
ne' è sapete senza sole, nu' ne' è vecchia
senza relore, nu' ne' e donna senza amore.
139. 'A busci'a tene
assai,
gamme
'e
Campesano sosteneva
— Alessandro
corte.
venir le bugie o da chi ha letto
o veduto molto del mondo, o vissuto gran tempo.
(Domenichi, Op.
140.
Dio
cil.,
p.
262).
guarda da ricco 'mpoveruto, e da
te
sfe-
lenzo quanno è arresagliuto.
141.
Xu'
142.
Dio manna
143.
C 'o
bene, ca
fa'
tiempo
'e
e
nun
aspiette male.
vescuotte a chi nun ha diente.
cu' la paglia
s'
ammaturano
'e
nespule.
144.
N'ora
re contiento, fa scordare
mill'
anne de
tormiento.
145.
A
146.
Ogne 'mperemiento,
votta chiena tiene ""mmano.
è
giuvamiento.
147. Fra dujc liticante 'o terzo gode.
148. Trica e venga buono.
149. 'N terra
'e
cecati
beato chi ha 'n nocchio.
150. Aria netta n'ha paura
151.
Nun
'e
haje visto 'o serpe, e
tronere.
chiamme San Paulo.
152. Salta chi po'! dicettc 'o ranavuottolo.
153.
Acqua
e
morte stanno adderete
154. Bannera vecchia onore
155. Pigliate
'e
a porta.
capetano.
o tiempo camme vene.
156. Chi se fa pecora 'o lupo
s'
'o
mangia.
157. Sparte rccchezza addcvcnta povertà.
D
109
—
rompe
158. Chi scassa concia; chi
pava.
159. Cunte spisse e amecizia longa.
160.
A
'stu
munno,
nata e chi va a funno.
chi
161. Chi bello vo' pare', pene e guaje ha da paté'.
162. Chi nasce tunno nu' po' mori' quatro.
163. Chello che se
semmena
164. Chi troppa
tira
'a
se raccoglie.
spezza.
'a
165. Mazzate
'e
166. Tutt'
peccate murtali so' femmene.
167. Chi
168.
'e
mangia sulo
Amico
169. 'O
170. Chi
marito, mazzate sapurite.
s'affoca.
cu' tutte e fercle
malo guaragno
spera
suspira
;
cu' nesciuno.
spartere 'o
fa
cumpagno.
campa
e chi re speranza
resperato more.
muonece
171. Cu' prievete,
e' 'a
e cane, ha
da
sempe
sta'
mazza 'mmano.
172.
'O sparagno
173.
'O pazzo
174.
'O panno
175.
Crai, rice
176. Chi
177.
ò 'o
fa 'a
e 'o savio
fino è fatto p' 'o
s'
gode.
'a
povero
ommo.
curnacchia.
'a
rorme nu'
È meglio
primmo guaragno.
festa,
piglia pisce.
'nu ciuccio vivo, ca
ciente
retture
muorte.
178. Chi
campa
r'
entrata,
campa penato.
179. 'A Cora è a chiù brutta a scortecà'.
180. Napulitane larghe
181. Chi
182. Fa
'e
vocche, e
stritte 'e
mano.
rorme nun pecca.
comme
183. Chi tene
'a
t'
è
fatto,
core
ca
nun
'e paglia,
è
sente
peccato.
sempe paura.
184.
185.
Ha perdute
Addò ne' è
'e
vuoje e va trovanne
come.
'e
gusto, nu' ne' è perdenza.
186. iMeglio l'uovo ogge, ea
gallina rimane.
'a
187. Meglio sulo ca male aecumpagnato.
188.
'O voje chiamma cornuto
189.
'O buseiardo ha da
190. Si aucicUe conosee sse
a Taseno.
bona memoria.
ave'
'o
grano,
restarriano
diune tutte.
191. 'O sazio nu' erere ó riuno.
a lu malatu,
192.
— aggiungono
L'uommene
193. 'E dete
194.
Mare
Nò
mesurano
se
mano
chi porta 'a
195. 'A vorpa
196.
nu""
r' 'a
quanno
— Lu riunu
nu' crere
Tegiano.
in
a palme.
nu' so' tutte soece.
cammisa
galline e
d' 'o
'mpiso.
quanne scarrafune.
carcere ne galere cacciano
uommene
da bene.
197. Neseiuno nasce 'mparato.
198.
Ogne nureco vene ó
'e mano pazzie
199. Pazzie
pazzie
200.
mangia
'e
A
pettene.
villano; pazzie 'e pieri,
'e
cavaliere.
chi
chella
nu'
'e
le
piace 'a carne
auneechia
r'
,
se
voje eh' è chiù tosta.
201. Se sa dove se nasce, e nu' se sa dove
more.
202. Sureo cummoglia surco.
203. Casa quante copre, terra quanto scopre.
204. Sulo à morte nu' nee remmerio.
205. Vizio
206.
'e
natura
Armammece
207. Chi vo'
fa
'nfi'
morte
à
e ghiate
rura.
!
erede, 'neigna da la
208. Muorto 'o criaturo nu'
simmo
fcmmcna.
chiù cumparc.
209- Vo' caccia'
'e
castagna
'a
'o
r'
fuoco
mano
e' 'a
l'aute.
210. Chiacchiere e tabacchiere
'nu'
legnammo
'e
ne 'mpegna. (Banco della pegnorazionc
211. Vota
Banco
Napoli).
pisce ca s'abbruciano.
'e
Duormc
212.
'o
in
zelluso
e' ''o
'e
,
magne
e
bive
e'
'o
ragnuso.
213.
Tante
che nce lassa
vote va
'a
'a
lancella int' ó
puzzo,
'nfì'
maneca.
214. Fa acqua
pippa.
'a
215. Stare cu' duje pieri
int'
a 'na scarpa.
216. 'O potecaro chello che tene te venne.
217. Mercante falluto nu' bada a 'nteresse.
218. 'Ncoppa ó cuotto acqua vulluta.
219.
Quanne
si'
martielle e tu vatte
;
q nanne
si'
'ncunia e tu statie.
220. Cumpatisce sempe chi è 'mpiso.
221. Chiagnere muorte, so' lacremc pcrze.
222. Sciorte e cauce arreto, viato chi n' ave.
223.
Mare
224. Chi
chi
r'
more
e
austo nu'
paraviso nu' trova.
s'è
vestuto, 'nu
malanno
r' 'e
venuto.
225. 'A
226.
nu'
jallina
fa'
majc rojc ove.
Addò femmena che
227. Nu' nce
i'
n'
ha
fatte
figlie.
ne pe' denarej ne pe' cunsiglic.
228. Nu' ne' è cosa chiù
sporca
d' 'e
recchie d' 'o
confessore.
229. Se sa addò se nasce, e nu' se sa addò se more.
230. 'O miedeco piatuso
'i^-
fa
a chiaja
vermenosa.
231. Tale arbero, tale frutto.
me
232. Chi
me
bene, appriesso
vo''
vene.
233. Chi scava, trova; e chi rorme, se sonna.
234.
Mena pane
a chi te jetta prete.
235. Nu' ghi' maje addò nu'
236.
A
chi rice 'e fatte
'e
si'
chiammato.
Taute, nu' dicere 'e tuje.
meno
237. Prommette certo, e vene
sicuro.
238. 'Mmidia e nu' pietà.
239. Trica e venga buono.
240. Chi nu' fatica, nu' magna.
241. L'arraglià'
d'
ciuccio
""o
nun
arriva 'ncielo.
242. Chi coffeja, se confessa.
243. 'O cielo addò vere
244. Chi
tene
'a
neve, spanna 'o sole.
renare ha sempe
ragione. Chi
nun
tene renare ha sempe tuorto.
245.
Ama l'ommo
246. Si
vizio sujo.
'o
e'
savie nu' sbagliassero maje
'e
,
'e
pazze se
'mpcnnarriano.
247. Chi
fa
'a
legge l'ha da respettà'.
248. 'A rrobba nun è
249. 'O lupo nu' se
'e chi 'a fa',
magna ó
ma
lupo.
'e
chi 'a gore.
Cuoreve
e cuo-
reve nu' se cacciano l'uocchie.
250. 'O cortiello ferisce, e 'o fotero accusa.
251. Fa chiano pe'
253. Chello
priesto.
fa'
252. Fatte desidera',
si
che vene
te vuo'
'e
ruffa
fa'
ama'.
e rafia
,
se ne va 'e
buffa e baffa.
254.
Ha
cchlù ragione chillo ch'accire, ca chillo che
è acciso.
k
—
II}
—
255- 'O cane mozzeca ó stracciato.
256. Abbesogna taglia' 'ntrunco, pc' sana' 'no ram-
mule seccato.
257. Haje da senti' 'o justo e 'o peccatore.
258. D' 'o panno
scmpe
fino nce sta
'o chiù
fino.
259. Chi nu' sente ragione, e pazzo.
260. Chi nasce
p' 'a
more
forca, nu'
mare.
pe'
261. Male e bene a fine vene.
262. 'O puorco s'accide 'nfamiglia.
2^3.
264.
265.
Femmene vrenzolose nu' fanno maje 'e spose.
Quanno nu' costa niente, ugne pe' tutto.
""A mano dritta se serve d' 'a mancina.
266. 'O diavulo nun è tanto brutto
267.
Uommene
'e
comme
se dice.
vino, diece a carrine.
268. Chello che esce è peccato^ nu' chello che trase,
269. Chi 'mmasciata te porta, 'ngiuria te vo'
270.
Dimme
a chi
si'
figlio,
ca
te
i'
fa'.
dico a chi so-
miglie.
271. Chi cagna
'a
via vecchia p'
'a
nova, sa chello
che lassa e nu' sa chello che trova.
272. Fatte 'o fatte tujo, e
vi'
chi
t'
'o
fa
fa'.
273. 'O busciardo ha d'avo' bona memoria.
274. Faccia senza colore, o latro o tradetore.
275.
A
casa
'e
puveriello nu' nce
mancano
trozzole.
276. Chi tene che magna', nun ave a che penzà'.
277. 'O ciclo chiudo 'na
portella e arapc
'nu
por-
tone.
278.
jelano
Tu
'e
te
mangc
'e
mele
ajctancllc
,
e a
me
se
riente.
114
—
JÌS
279- Se canta quanno se vene d'
nu'
'a festa,
quanno
se va.
280. 'Nu male juorno, porta 'na brutta notte.
Quanne
281.
duje se vònno, ciento nu' nce pònno.
282. 'E denare acconciano
tutt' 'e
guaje.
283. Troppe tarde cantaste 'o miserere.
Tre
284.
so'
'e
poticnte
'o papa, 'o re, e chi
:
nun
tene niente.
Da cà a dimane nasceno ciente pape.
Penzammo ó granne, ca ó piccolo nce simmo.
285.
286.
287. Sia fatta
'a
volontà
'e ajère,
ogge
ca
è passato.
288. Cuofene saglie e cuofene seenne, l'anema mia
Dio
s' 'a
piglia.
289. Furia francese, ritirata spagnola.
Primma
290.
t'
aggio
'a
'mparà' e
po'
t'
aggio
'a
perdere.
291.
me
r me chiammo cannavaccio
'ntrico e nu'
me
alacelo), nu'
(0
'mpaccio.
292.
Fammc
fattore pe' 'n anno, ca
293.
Magna
a gusto tujo, e vieste a
294.
Tre cose
nu' se
me
faccio ricco.
gusto
pònno annascondcre
'e
:
Tate.
tosse,
rogne e ammore.
295.
casa
'e
Ne
sa chiù 'o pazzo à casa soja
e'
,
'o
savio X
Tante.
296. Chi troppo fatccaje,
2^7. Ciii troppo mangia
int'
s'
ó sacco
s'
attcrrajc.
atioca.
298. Acqua che scorre nu' fa payra.
299.
'l^
Una
cosa nce vò pe' essere ricco
o pasceta o 'na bona 'ncornatura.
—
115
—
:
o nasceta,
300. Lassa correre 'o murino
comme
va.
301. Tira chiù 'nu pilo, ca ciente vuoje.
302.
Quannc
bave bene
veciiia
""a
1'
,
addore
ne
te
vene.
303. Nir manna' vescuotte a chi nu' tene ricnte.
304.
Fcmmene
hanno
denarc
e
pe'
una
tutt' 'a
pur-
passa'
'a
mano.
305.
Quanno
assomma
caria
'o
mare
'ntempesta
sta
,
""ncoppa.
306. 'A votta dà chello che tene.
307. Nesciuno te rice
chiù bella
'e
308. ^^arva
me
!
310. Puozze muri'
311.
e
i'
«
Lavate
bona 'nzaponata,
te
Quanno
'e
mmarite
te
ca pare
ride.
sapeto, pecche t'attierre
vengo
'o
faccia^
'sa
è me/ca fatta.
quanno
309. Si chiagne mo',
mcneca,
:
».
a truvà'
tavernaro
'a
dom-
'o lunedi.
sta
mmocca
à
cantina,
into nu' ne' è nesciuno.
3
1
2.
Quanno
'o
bastemiento
spare
,
segno che vo'
ajuto.
313.
A
ppilo a ppllo addlventa zella.
314. 'A cuniìdenza è
315. 'A crianza
'e
'a
mamma
d' 'a
bona tridece mise
316. Nu' po' conoscere
'a
mala creanza.
'e
Tanno.
pace chi n'ha pruvnta
'a
guerra.
317.
L'ammore
nu' s'accatta e nu' se venne.
318. Veata chella
casa, che nce trase 'na chiereca
rasa.
319. Ringrazio 'nu puorco pe' 'na cogliandra.
\i6
—
p
320. Faje 'o sorece d' 'o spezziale
a
alliccile 'a
,
321. Tre rarità tene Nola: 'o pùrpeto
'e
fora
vetrina.
campane
zetelle,
senza
sonano
battaglio e
che beneno a
fa'
'e
324. R'
'e
sempe
more
d'
ausuraro
taje
muri''; à
renare
'e
pressa,
piezzo,
ffigliole
'e
nutricce a Nnapole.
322. 'A mogliera d' 'o latre nu'
323. Chi corre
uno
e
,
sciala e ride.
'nuoce.
bene ^o
ne vere
se
sciampagnone.
325.
^^
A
reto
me
Gesù
reto, bene mio; à nanze,
326.
Male
e
bene
327. S' è aunita
'a
a fine
funa
e
me
nanze
Maria
faje
fui',
A
!
vene.
corta, e
""o
strummolo
a
tiriteppete.
328. 'A funa è corta, e 'o puzzo è futo.
329. 'E denare
330. 'Na
'i
nfinfirinfl, se
femmena
e 'na
ne vanno nfanfaranfà.
papera facettero
arrevotà'
Nnapole.
331. Dini' ò vino se rice
332.
ciucce,
Vuò
'nzcrrà'
o
vuoje.
'e
333. Nu'
sempe
'a
lilla
335.
rette 'a
336.
E
,
quanno
remmore
va bene! recette
fujute
so'
'e
e cecoria canta.
folla
334. Festa 'n-chiesa, e
verità (In vino vcritas).
'a
stalla
Don
'n-cucina.
Matteo, quanno ve-
mugliera prena.
E
n'
avimme uno!
recette
chillo
che cecaje
l'uocchic a mugliera.
337. Chi
prcreca a lu deserto
mone. Chi lava
'a
,
nce
perde lo ser-
capa a l'aseno, nce perde lo sapone.
117
blp
(Son quinari doppi
,
che tradiscono
origine
1'
non
isciiiettamente popolare).
338. Signò', nu' peggio! decette
'a
capa
morte.
'e
339. Nu' chiammà' triste, ca pcjo te vene! decette
"a
veccliia a
Nerone.
340. 'Ntiempo
341. 'O
guerra, chiù buscie che terra.
'e
pustiero te
trovanno
va
stampato
'o
e'
'mmano.
342. Lassa a fuoco ardente, e curre a partorente.
343. Chi
addò nun
mamma
nu' 'ntenne a
a muri'
e tata, va
è nato.
344.
L'ommo
345.
A
p' 'a
parola, e 'o voje p' 'e
sante nu' fa vute
,
come.
nu'
criature
e a
prum-
mettere.
346. Mentre
347.
348.
349.
'a
bella se pretenne, 'a brutta se marita.
Vuò mangia' a di' vocche.
He mise 'e campanelle 'ncanna à jatta.
Ammore è cecato e 'a famma è 'na
,
brutta
bestia.
350. Chi
secca e chi cucina allecca.
fila
351. Chi vo' grazia a Dio, nu' porta
352.
Ommo
^^l.
A
'nzurato,
tutt' 'e
piere 'nterra
,
'a
male veneno
355. Caudara, che
si
pressa.
'nguajato.
coppa "o cuoreo esce
354. Xu'
^c
ommo
correa.
pe'
Nocèra.
guarda nun bolle maje. Ncasa
ca nu' seenne
maje {Si
dice alla bi-
lancili).
)y6. Chi vo' Dio,
s'
'o prega.
357. 'O ciuccio nu' cammina^
118
si
n'abbusca.
,
3)8. Mantiene 'o carro
'o carro Tbaje
359. Si nu' nce
360.
A
p' 'a
scesa. Pe' fa
cammenà'
scrognere.
'a
vide, accattate n' accliiara.
chi tanto, e a chi niente.
361.
Muscc musce
^62.
'O
fruste no.
siente, e fruste
da
cielo te scanze
che
chelio
manco
te
figlie
ce-
pienze.
^6^. N'ora
'e
cicnt'anne
'usto,
364. Uocchie chine e
mane
365. 'A palla vecchia caccia
366. 'A poreve caccia
'a
'e
guaje.
vacante.
nova.
'a
palla.
366. Vieste Ceccone ca pare Barone.
367. 'A gatta pe' ghi' 'e pressa facette
'e
cate.
368. 'Na vota l'anno, Dio 'o
370. Pe' mare
cummanna,
nun bo
369. 'O peggio surdo è chi
senti'.
nu' nce stanne taverne
,
deceva Pu-
lecenella.
371. Ammecizia e
primmo amore
nu' se scordano
maje.
372.
Ogne 'mpcdemiento
373.
Vaje
truvanne
è
giuvamiento.
miezijuorne
e
ventiquattore
scura-notte e benga sapato. (Si attaglia a' lavoratori
,
che stanno a giornata).
374.
Me
e suol dirsi
pare
'a
morte
int' à
loca
{Cioè
nd
giuoco;
a persona brutta).
375. Chi ha nemice assaje, nu'
more majc.
376. Guardate 'o tujo, e nu' faje latro a nesciuno.
377. Se respctta 'o cane p' 'o patrone.
—
119
378- Chi arrobba poco, arrobba assaje.
Ognuno
379.
è ricco à casa soja.
380. Chi se 'ntrica, resta 'ntricato.
381. 'A gatta quanno nu' po' arrevà' ò lardo, rice
ca fete,
Ogne
382.
scnrrafoiie pare bello à
383. Passene Tanne e
384. 'O cielo te scanza da
vascia, da
mamma
soja.
morte s'avvecina.
'a
buono vecino, da
caruta
marito 'mbriaco e mogliera gelosa.
385. Tutto 'o lassato è perduto.
386. Nu' ve 'ntrecate
Ognuno
387.
tene
'a
maje
tra
marito e mugliera.
croce soja.
388. Spisso chiagne 'o justo p' 'o peccatore.
Quanno
389.
care 'o ciuccio^ ne
Alcuni di questi proverbi!
parecchi
altri
si
trovano
nei
,
levammo
'e
fierre.
con qualche variante,
due seguenti
e
periodici
napoletani, ora defunti:
I.
nelìa
Nel giornale
direttore
,
primo numero
numero
:
Lo Nuovo Diavolo
s'inizia,
:iiioppo e
Domenico
Polecc-
laccarino.
Il
martedì 9 febbrajo 1864; ed
al
responsabile
quinto, anno secondo (5. VI. 6è),
cominciò
si
a pubblicare, in quarta pagina, Y Enciclopedia Storicafiìosofica-cìassìca del dialetto
stesso laccarino. Gap.
Gap.
II.
I.
motto
,
ad opera dello
che sono 248;
Troverbi, 249-434; Gap. ITI. Senten:;e e mas-
num.
sime morali, 435-546, nel
Vili. G6.
napoletano
'Detti Antichi,
Non mancano
con
la
postilletta
77, an.
II,
delle illustrazioni
:
«
Detto
,
sabato 18.
e qualche
inventato
da
me
d
—
120
—
—Detto mio
laccarino;
Nel Lo Spassai ienipo,
II.
de Luigi
Chìurcu^:;}
vier:(e
Progresso (1875-7) ""-im. 809
(1880)
nuni.
146
Miiode de dire de
:
tano racciiovetc da L.
Chiiira:iii.
nota alcuni paradigmi Sempre
potrebbe
si
(An.
Son troppo
da B. Croce
ad intendersi
facili
faccenda non va, spesso tanto
Mettere l'assisa a
ispetta.
scardi
1.400,
si
Basile
(Op.
dire)
in
è di
cui la
liscia.
arrogarsi un dritto, che
ccetrole,
le
ho vo-
Ben diverso
Sembra d'origine prettamente napolitana;
rannodi
fol.
nel
perciò
e
,
o modi
questi altri (alcuni solo motti
non
eli.
162,
fatto seguente, ricordato dal
al
p.
si
ricorrenti contro
il
Nel
89).
legge una
della Città.
Gui-
registro di Ladislao dei
supplica
degli
Giustiziere degli Scolari
ortolani
(il
Rettore
dello Studio, che aveva l'uffizio dell'assisa) ed
Eletti
di
a proposito de' quali
luto astenermi da qualsiasi glossula.
e che
ìiapoli-
anciie degni
raffronto coi Proverbi Iri-
pubblicati
,
lo
66-7) eccetera.
p.
I.,
qualche
istituir
napoli toni
tneiìibri
tre,
popolo
lo
Sono
de
napolitane, e
Frovìcrbie
:
becchie
e
Staiiip.
,
che
!
prose nove
e
— Napole
d'ante.
e
E
originale ». Modestia!
giusto concetto delle produzioni popolari
Motivo, che, contrariamente
alla
i
sei
con-
suetudine, tentarono imporre l'assisa sugli ortaggi, fra
cui
i
caiiles,
cedrinoli.
Nel diploma
lactiicas, pipones,
comprehendunlttr sub vocabnlo
Il
brano
è riportato,
si
ciiciitias,
citrolos,
quod
Nap.,
lib.
et
dicitnr
benché monco
glia (Stor. dello studio di
super
specifica
,
,
omnia quae
Lo Verde.
anche
III,
dall'
num.
Ori-
13).
'N-Catania
—
vai, 'n-Catania vengo.
pone
Si
morte, che tolto ad inseguire un
alla
non
gli
la
sua
dà mai pace, finche non l'abbia raggiunto con
Un
sterminatrice.
falce
signore per fuggir
ma
se ne scappò in Catania;
inutile
aggiungere
come una
tare
onde
l'intimazione in tuono minaccioso,
e fé'
Farmi
fu anche
,
che essa
si
morìa
la
comparve
gli
11
bocca
in
infelice,
,
la
morte
il
motto.
suol rappresen-
vecchia stecchita, armata di falce. Cosi
mano
dipinta da
Sant'Alfonso dei Liguori
di
(l'autor della canzonetta in vernacolo partenopeo per
la
nascita di
omonima,
Gesù Bambino)
,
(V. pure
in Pagani.
proposito di dan:(e macabre, nel
e
si
il
'Basile,
Tene doje facce come San Matteo.
rella
e voltafaccia.
vede
mio
chiesa
nella
scrittarello
an.
:
^4
I.).
Uomo
doppio, gi-
domo,
L'origine è salernitana. Nel
^
e
al
precisamente nel soccorpo, sendovi due
ridosso
dell'"
ciascuna con
la
altro
due
son
vi
,
altari,
statue
Y uno
)
]
del santo
rivolta ad un altare, in guisa da
faccia
trovarsi quasi dorso e dorso. S'ingannerebbe chi cre-
desse (e potrebbe sembrare, a prima vista) trattarsi di
una specie
lacovuccio
di
,
Giano
nella
bifronte,
del Pent. sclama (^J/^.
Casa a doje porte, o
cit.
p.
'0 sirece
in sul pclrone,
è antico.
K
Lo
d' un'
147)
ommo
'n
Una facce da nante, una de
Ed hann'autro a la lengua,
Dare
o
Coppella, egr. della
'nterra, ital.
erme
prima
bicipite,
giornata
:
co" d.ije facce....
)
antro a lu core.
dar del culo
in sul lastrone
far bancarotta; essere bancarottiere.
ricorda pure
il
;
reto,
Volterò nel
o
L'uso
'Di::^ionario fi-
i
Banqueroute
«
}
losofico
all'articolo
>
role
Le négociant
(
d'Italie
)
pourvu qu'
^
\
>.
^
:
«
garder tous scs blens
^'
il
préscnce de tous
assit le
».
marchands. C'était une dcrivation
les
solvere ani
ou de
una prammatica: T)e
fu
vi
data 7. IV.
\
dinando de Figueroa, Reggente
\
Vicaria, fé elevare una
del palazzo di
\
bitore decotto
Giustizia
\
Tra
>>.
Don
Fer-
Gran Corte
della
innanzi alla porta
Capuano.
Castel
in
,
>
cessione bonoriun, in
della
colonnetta
aere,
in
peau
sa
1546. In esecuzione di questa,
)
^
crcancies,
ses
nu sur une pierre en
ani in ente, pa_ver de son argent
noi
precise pa-
le
et frustrcr
derrière
douce de Tancicn provcrbe romain,
di
Ecco
pouvait dans certaines villes
fallito
Un
[
\
de)^
che voleva evitare
,
carcere
il
doveva
,
j
battendo tre volte cow
\
cedere
natiche
\
)
ignude, pubblicamente, sulla pietra del vitupero. Di qui
>
pram-
\
fare
\
i
:(ita
suoi beni
,
bona, corrotto di cedo bonis. Nella
citata
matica, ritenendo sconveniente un simile
^
ordinò
che
gretamente
il
debitore, fatta
alla
banca
questa pietre, tre palmi
volte, ad alta
voce
la
costume
si
>
cessione dei beni se-
)
mastrodatti, montasse su
)
alta
dal suolo,
ripetendo, tre
)
se bonis
sculta sul piedistallo della
nel
museo
mentre
snis cedere,
pensent
Ne
».
colonna
uti
volent. Saepius
commodum magno cum
puramente
locale.
:
ban-
il
Se ne
)
trova
)
si
«
hic
Ut qui
(
iterato
;
14-5).
fa
negli statuti di Firenze, Pavia, Casale, ÌVIonza,
\
l'epigrafe
opprobrio com-
(V. Guiscardi, Neapolilana, p.
l'uso è
E
(che ora
civico di S. Martino) conchiude
spectaculo, id
,
del
ditore annunziava quest'atto d'umiliazione.
eo posthac benefitio
le
l
menzione
Como
\
ecc.
)
l
d
:>
—
123
—
e
non
sarà fuor di luogo riportare
tazione: «
broleti
tantum
de....
Cumarum, super quo concionatur
non cum
et
il
monito
contro
i
fatto del
il
Norimberga
Fene:(ia, eccetera. In
Ognuno
debitori.
XII Tavole,
delle
statuti inferioris
Del resto non deve recar meraviglia
».
rigore
giusto
camixia
Cumarum,
pubblice in conclone
secundum formam proximi
M. ce. IX
facti
tal
in
,
ci-
lapidem
sarabula, et ter vel quater dederit
super lapidem
et crolaverit
questa
anciie
se concusserit seu crolaverit super
....
ricorda
Mercante di
un Nasendntcher
vi è
(schiaccianaso), specie di feretro assai angusto in cui
si
chiudeva
morto; ed
fallito
il
Sardegna s'impediva
non
si
Vedi qualche
fosse pagato.
Archivio delie Irad. pop.
ma, ormai,
Fiire
'e
e
tempo
piilece
in alcuni
(voi.
II,
notizia nello
altra
442
IV, 285), ec;
;
tornare a bomba,
di
luoghi della
sepoltura del cadavere, finché
la
come
suol dirsi.
Imiino la tosse, proverbio riferito
anche
nella 'Ktrodiii~eioìie de la jornata I del Pentameron (voi.
Fa
15, ediz. Porcelli).
p.
chi
non ha voce
Belli
scriveva
in capitolo.
romanesco Gioacchino
Il
in
cuesto
dde papa, o dde
re,
menno
senza er titolo
o dd'imperatore,
Cquello nun pò' ave' nimai vosco
Puri
li
puddici ani la
tosse, fa
in
capitolo.
da titolo ad un sonetto-
dialogo contenuto nello scomunicato opuscoletto
«
Chiafeu
ri
Chiafcu, Friseddi
malirittu. Stamparla
tuostu,
1888
I
men dovrebbe;
:
Chi nnasce
O
strepito, chi
»
—
in
ri
la
ri
Carajesima.
ragionu
ri
A
Binirittu
vernacolo tegianese.
:
—
lu Paisu
Capu-
Passa
non ho
nulla.
itbersel:{t
von A.
è reso in tal guisa
:
—
sulla
\
altri
termini,
Spri'iche gesanunelt
und
n.
754,
Die Kuh geht vorùber (welche
((
eines
)
se volesse
Chwatal (Magdeburg, 1887),
Neapel vor dem Hause
in
miglia! In
cento
Negli Itaìienische
%.
come,
l'indice aperti,
da quia qui vi san
dire:
un segno
vacca. Si suol dire, facendo
'a
bocca col pollice e con
)
}
\
>
Milchkiiufers
jeden
^
gemolkcn
E
\vird),
che so fatto cane
Un mendico
quidam, e
plica
:
l'uno!
«
»
dice
Che
«
,
che
,
motti
racconta pure
pulci
le
»
!
».
rimo!
Passa un
cercava
si
cerca
Si
cane
so' fatto
Dunque mi
Facetie
((
e
,
E
lui, di
ancor vivo,
gli
avea detto avere addosso una pulce.
tu
burle
,
(
antico.
è
Francia redarguì un mal destro cor-
et
)
re-
di
vorrai
S
Chille so' perucchie tanto
?
motto, quantunque
Re Lodovico
tigiano
:
Kein Gold im Hause
:
Chille so' perucchie tante
?
stava al sole
gli
Il
sagcn
^vill
fare
un cane?
Vcnetia
1571
,
»
(Domenichi,
p.
,
32-3).
Lo
Zezza.
il
L'asene de Gragnano sapevano Lettere. Frase di Giulio
Cesare
Cortese
Travaglitise
,
a principio
Ammnre
de
proverbiale, tanto più, che
Fu
ripetuta anche dal
del
Ciiillo e
primo
presta
si
Lombardi
libro de
Li
Penìa, ormai divenuta
doppio senso.
al
nella
Natu-
Ciitcceide.
ralmente, volendo giungere a Gragnano, bisogna passare per Lettere.
'Ntiempo V
necessità,
ravvicinare all'altro:
«
ogne pertuso
ù
Si
piioiio.
Ogni acqua leva
sete ».
può
Al cui
proposito mi soccorre una facezia. San Bernardo, o non
so chi altro volea convincere
—
125
i
suoi monaci,
non dover
)
bazzicare nel convento nessuna donna, fosse anche
di
Ordina
sbilenca, sccrpcllata lavandaja.
tisica,
apparecchiar delle vivande ben condito di
acciughe
salamoja, e simili. Poi
in
Solo
e cisterne.
in
un corridojo
^
Di notte, quei poveri fratacchioni,
si
convento
chiusi in
e
bersi quell'acqua stomachevole,
verbio:
dimostrazione, che
la
ne' Detti
st'altro
Fatti
et
O
«
.
o
i',
da una
costretti a
l'origine del pro-
dal:
Chi
«
Guicciardini
illustrato dal
gravi di diversi principi,
et
(1569)
tu,
furono
,
onde
panni.
i
assaliti
Poco diverso
»,
piacevoli
cortigiani
et
filosofi
arsi,
sor priore avea ragione!
il
Cì)i troppa 'a tira, 'a spe:i:^a.
troppo vuole, tutto perde
un testo del-
lasciò in
l'acqua lurida, nella quale
sete canina,
sale, delle
chiudere pozzi
fé'
erano risciacquati
<
la
cuoco
al
p.
isso »
Ed anche
per que-
può cavare
l'illustra-
35.
si
zione dell'istesso autore (p. 21). Antonio Marino, con-
dannato a morte
in
Turchia, per omicidio, cercò pro-
crastinar Tesecuzione, sotto pretesto che avrebbe inse-
gnato
di
a parlare
regio
elefante.
Ottenne
dieci anni
amici
essere ciò
gli
,
o
>
Orecchia manca, core franco; orecchia dritta, core af-
]
impossibile
io,
il
E redarguendolo
dilazione.
o
fritto.
chie,
:
«
In tanto tempo, o morirà
Ciò riguarda,
sordigìino.
il
stro
,
zufolo
signore,
\
quando udiamo cornare
Se
ci
casca
qualcosa
qualcuno lontano, che parla male
Volete
il
l'elefante ».
indovinare
ferma
al
noi,
o
orec-
le
mano,
ci
è
nomina.
chi è stato? Se è l'orecchio sini-
cominciate a nominar
si
di
di
nome
di
126
tutti
quel
i
vostri amici
tale.
Se
il
,
ed
il
dritto, ri-
^
cordate
affritto
nemici
i
stesso
lo
si
non muta. Su per
ricetta
Uocchio
manco, core franco
uoccliio
:
e la
;
ripete degli occhi: «
».
dritto,
Son
le
giù,
)
core
l
palpe-
bre, che battono.
Me
pare
dendo
snulo La:^^aro.
'nii
qualcuno
galata
lebbra
la
ve-
Quando
re-
molti invocarono
,
evangelico; e da
Si suole esclamare,
carico di piaghe.
lui
l'
uno
intitolarono
ajuto del santo
spitale e l'ordine
cavalleresco ospidaliero. Di qui derivano
rozza
di
dice
spagnoli
come
tela,
che
,
de Bourcard,
Tre cose fanno guerra a
cacarella
^)
.
È
nome
tal
op.
II.
cit.
vìecchi
li
tempo
al
:
de''
un zibaldone ms.
Passaro
viecchio
principe di Salerno,
inviti
di
nu
Garibaldi,
gru:^:;;olo
erano
\
in
i
66), che
il
vincere dai
occasione della confu
illustrato
da
A.
di proverbi leccesi. (Lecce, Tip.
canta (0 'ntrona) chisCanno nu pigliam-
so qual parroco taccagno, invece
quelli
(I,
Lo pronunziò
lasciò
si
proverbio
lunario, pose in una zucca
di
e
Luca Auriemma.
pasca. Si rannoda alla seguente Htcezia
Non
caduta
1873), p. 17-8.
Gomme cocona
mo
tal
trase 'ngojola.
Re Ferdinando,
Un
un
di
quando non
giura de' Baroni. Tal
C. Casetti,
si
diciannovesimo dei proverbi trimembri
ì\
trasse da
finti
E
viceré
6).
catarro,
nap. pubblicati da Benedetto. Croce nel Basile
li
la:(^
e calzoni
gl'infermi di quell' ospedale.
assumessero
(cfr.
nostri
i
una camicia
a principio vestiti solo di
:;;ari,
fu
ci
vuota
tanti
:
di valersi
semi
d'un
quanto
giorni da quello delle Ceneri a Pasqua. Eran
che, per lo più, da noi,
127
si
mangiano
infornali,
formando
spassntiempo.
'o
reverendo se ne speiittliava
Il
uno ogni giorno, per tenere
Ma un
conto esatto.
il
suo
nipotino, allo scopo evidente di recargli piacere, alla
manata
insaputa, prese una
onde scuotendola
che
parrocchiani,
pezzo pria
di
semi, e
di
e trovandola
santa Pasqua.
la
Tramonti. Chi
a
per giungere
far
invece
ancora
e
essere
principio
a
Conoscere la Mecca
e la
,
crede
avvede, che
si
d'
aver
gli resta
Insomma,
al vertice.
dice di chi crede d'aver raggiunto
si
Montagna, che
».
ha superata
1'
fornita la salita; ma, giuntovi,
ancora molto da
in zucca,
sarebbe stato da aspettare un bel
ci
venir
Credere d'essere arrivalo a Chiiiiiio
mena
pose
la
quasi piena, notificò ai
sua meta; ed
la
dell'erta!
Lecca. Saper tutto.
uno Strabene per conoscere
la
Non
bisogna
Ai^rr^. L'altra è-
un nome immaginario, inventato per pura assonanza.
quanUt
l>le sape
da
Scaccinopole
demmonio
In
Surrìento.
napoletana, attribuita
È
e
,
nella
chiù
ca
Pistola
illustrazioni.
Scaccinopoli sta nel senso
proposito
il
mio
San Luca Vha
Narra
tempo
imprese
di
uomo
diiìicili.
fa, il
dotte
astuto,
Vedi a
Vuol
pillata.
dire,
che e molto bella.
,
di
dal vero
Madonna
la
Niceforo, patriarca di
col figliuolo. Ciò al
Costantinopoli. (Cfr.
Breviarìum Hisloricorurn, Amsterdam, 161 6, in-4°).
Chi dona caro venne,
Ifb
tal
scrittarello inserito nel Basile (II, 25-6).
leggenda, che questo santo ritraesse, stupen-
la
damente
superare
con
seppe
Uncina
Boccacci; e di cui, poco
al
barone Guiscardi ha fornito una ristampa
scaltro; che sa
iiiC
in
^^^
—
128
-
<
m
JLP
E
non
chi te dà' chiù che
pale,
t'ha 'ngaiinato, o 'tiganmtre
È
riferito
siano
vale.
te
anche nel Lo Specchio
morale
schi:(^e
aliasse
\
I
|
io
de la Cevertà
\
pe' chi vo' ridere, e 'mpararese de crejan:;a
\
I
Vottiero
I
Maria
Napole lyS^
Porciello
\
Gó"
\
o
\
Napoletano
Galateo
\
de Nicola
IsLnc la Stamparla de Giuseppe
de
llicien:^eja
Superejtire
li
I
vende nella medesima Stamperia accosta la
\
Si
porta piccola
\
di S. Ligiioro
la
grana 20 sotto
il
N.°
XXI
Ave' riale. È
prima edizione, e perciò ho voluto descriverla esat-
tamente.
Ghi lappa,
Ghi
Cioè chi
tale,
che,
si
fa
il
;
vino.
occupata non so qual carica in un
riscossi gli
cesse un amico,
instabil
'0
molto, ottiene meno. Si racconta d'un
avendo
paesello, aveva
gli chiese
V acqua
veve
se veve
fila,
il
applausi di
segreto per cattivarsi
volgo. Promise; e già
la
si
partenza, e nulla gli a^ ea confidato.
accompagnamento
di
seco. Si giunse quasi
alla strada
,
un intoppo
si
al
tutti.
Gli suc-
quale, pria di assumer le funzioni,
benevolenza dello
era al giorno della
Non mancò
il
solito
carrozze; ed egli lo volle condur
al
confine, dove, proprio in
mezzo
notava un enorme sasso, che formava
libero passaggio delle carrozze.
Al no-
vellino fece impressione; l'altro se ne avvide, e con
tono amichevole
gli disse:
— «Collega, nei parecchi anni
che sono stato qui, non ho mutato nulla:
sasso è
al
l'antifona.
suo posto, come lo trovai
!
»
fin
questo
— Allora
capi
Qualcosa
di
simigliante
Valletta. Solo qui
e
si
si
attribuisce anclie a Nicola
tratta d'un preterello fatto
d'un grosso Cristo esistente
Napoli.
Ma
la
conchiusione
alla
è
la
130
—
vescovo,
Pietra-del-Pesce, in
stessa.
GAP.
VI.
USI MARINI.
ALTRO giorno,
'
cantile
ed io
;
spettacolo. Era
ma
rinunzio
varava un bastimento mer-
si
andare a veder
volli
un
questo
bel mattino autunnale
.
.
;
volentieri al piacere di descri-
vervi la festa
folla
la
,
,
il
concorso
di
sim-
patiche pulzelle e di leggiadre signore.
Qualche
rito.
Un
nendogli
persona
di innanzi
s'
era
praticato
anche
il
prediletta
nome. Suol
o
si
maggiore parte
derivarsi da
di
chi ha
Ciampa Emilia. Ordinariamente
e ciascuno
Ora
al
il
battesimo
addirittura
ripete
la
rati;
il
di
sacerdote in istola vi aveva adempito, impo-
legno
momento
nella costruzione:
concorre per
si
la
si
suol
sua o per
le
quello di
cognome
'o
Cafiero,
fare a ca-
sue quote.
trovava nello scalo, quasi prossimo
solenne.
colpi di martello,
il
i
Già
puntelli
—
131
si
cominciano
a tórre, a
che lo sostengono; e
si
con
affida solo alla invasatura,
quale dov'essere lan-
la
gergo poetico
ciato neWcqiiorco piano,
!
Tutti gli animi sono sospesi. Si recidono
ultimo puntello,
All'
il
costruttore risponde
cagna
due pezzi
legno
di
che servono a mantener
,
bastimento quando
il
Già
muove
si
sventolare
i
cominciano
già
;
Già
istrappare
Scena
capitano.
—
,
alcuni
di
ad
!
Come
inoltrarsi
possessori
>
,
uso^ vedendosi
dell'
hanno
armatore ed
—
forse
poco
,
ma che pure
popolare. È una forma
;
bastimento felicemente è giunto
il
elemento
cappello
il
chiede
e
volta che qualcuno
ed a
,
folla
all'
,
Casa
della
nell' ìiifìdo
chi avea strappato
della
vero
dir
sua spiegazione nell'uso
la
augurio
frenato
battimani
i
cappello
il
a
consentanea a monsignor
trova
Cui
cuc-
vara.
si
fazzoletti.
gareggiato per
al
»
'a
!
'O masto ha perduto
«
:
trinche.
le
Fora castagna
«
:
Per chi noi sapesse, castagne e castagnole, son
»
!
grida
si
loro
o
(gergo arcadico
presenta
si
regalo.
il
distratto
,
!),
rispettivi
E accaduto
tal-
o perchè non inteso
brutalmente
spiccare
a'
il
cappello
,
invece di regalare, ha risposto inquietandosi, o tirando
qualche scappellotto, o ceffata. E basti di questo
Fra
e le otto della
sei
le
volgarmente
'e
,
doje ore cf
In questo periodo,
accomoda
gli
cito
;
si
sfi~ea
,
gli
ognuno
talenta.
al
'l»
fa
Si
come
primo tocco
gli
si
!
dice
capitone dell'equipaggio.
ciò che vuole; ciò che
diverte a suo
benepla-
(per adoperare un bel vocabolo
nopeo) come meglio
Ma,
sono,
sera,
parte-
pare e piace.
delle otto
132
—
,
il
ragazzo sclama
:
(
\
,
Tre aummarie
(f
E
timoniere
il
nuto
Allora
».
risponde: « Sia
andando
,
«Salva
nuovo timoniere aggiunge
donna
Lauro
d' 'o
accumpagna
siamo
Giacché
Chi è rimpiaz-
sicura». Anzi
!
il
'n'
aummaria ó
».
che
parlar di usi, consentite
a
Il
questo posto
».
e
'nu paternostro e
;
bemnie-
'Na salvaregina à Ma-
«
:
altre navi.
'o
passa a poppa.
prender
a
le
(sia)
bona ventura!
e' 'a
priatorio, che nei
per
est,
Singo
«
contraccambia:
lo
Id
».
:
V equipaggio
tutto
nuovo timoniere
zato
nave
pe'
risponde
io
^
ne
riferisca
uno
lavare
piatti
i
;
Uno
degli
giovanotto a marinajo,
trovandolo
vano', posa
il
che lavava
cucchiara
'a
uffici
del raga^^xO è
del giovanotlo di riempirli col cuc-
Ebbene, quando uno
chiajo.
e
in tante
cose, anche in marina vi è unr. scala ascendente,
altre
da mozzo a capitano.
di
Come
antico, ora dismesso.
!
anticamente, passava da
,
(
i
capitano se n'andava a prua;
l
Giù-
<
piatti
i
Ed
»
diceva
gli
,
egli
«
:
umilmente
:
«
Ca^
pìtà',
i'
nu'
so'
degno
anni 'o giuvenotto
'a
cucchiara!
niente
il
»
Bealo
—
«
(il
«
».
Aggio
pe' 'n ato
dieci
(
Io t'aggio ditto, giuvenò', posa
)
!
Capita',
i'
'a
nu'
fa'
degno!
so'
più antico de' marinai, cosi detto,
per rispetto), s'accostava in tono autorevole
mo'
!
Ubberisce ó Capitano
cummanna
promosso
'o
a
In diebiis
Final-
»
Beato
!
»
».
Posava
V.
il
lui
:
«
:
«
Chello
Mena
,
che
cucchiajo, e veniva
marinajo.
illis,
l'equipaggio era
porzionatamente secondo
come oggigiorno,
il
lìssendo
ricompensato
guadagno, non
comuni
a
pro-
mesate,
gì' interessi
,
cia-
Jì«
'^
(
)
scuno ambiva comandare; ed
ceder
Spesso
accordo.
d'
manovre
fare eseguire delle
mentre
rinfrescava ed approssimava
la
tene' (far resistere
'a
comvento
il
tempesta,
da prua tirava dritto a poppa; e diceva
avimmo
costretto a
sbagliate per pura
piacenza. Cosi accadeva talvolta che
si
doveva pro-
in tutto si
Capitano era
il
Bealo,
il
« Capita',
:
vele al venlo).
le
mò'
Ogne
miglio va pe' ciento; e ogne marenare va pe' quatto
(dobbiamo profitlar del tempo)
volta
Clì'
((
:
avimmo
maina' 'o laccio
'e
trinchetto
ticare
Ma
contrario.
il
maisto
'e
scendenza, rispondeva:
E
il
—
s'
senti'
Passiamo
Accade
al
inchiodar
le
tavole da
Comincio
finito
di
dalla
uso
d'
e di
si
agli iniziatori
fa
del
un po'
di
».
finiscono di
,
e
quando
prua.
Allorché
prima.
!
C****,
«
:
riimmaglio.
'o
carpentieri
i
carpentieri
i
ed
cingere di tavole lo scafo
bastimento,
condi-
la solita
fuori al bastimento
poppa
alza la ruota di
chillo
tene'
'a
»
!
cosiddetto
Quando
du' volte.
!
sua
avrebbe dovuto pra-
C****, rice buono 'o Beato
Capitano
'o
ora
alla
Avimmo am-
«
resto dell'equipaggio, tina voce dicentes
è stato a
si
«
Capitano, per
il
«
Capitano,
il
avimmo
e
;
Regolarmente
->.
E
».
Beato?
fa',
'a
festa, in
nuovo dominator
il
han
guscio del
segno d'augurio
delle onde. Si ab-
bozza, a forma di bastimentino, un pezzetto di legno
qualunque;
s'
inghirlanda
di
ramaglielti (chiedo venia,
d'adoperar questo bel napolitanesimo)
parecchi
legria
!
si
di
fiori
porta a casa del primo armatore.
Che schiamazzo
!
Che
c'itm1)4
—
baldoria
,
;
ed
Che
in
al-
per istrada
!
anche
Si sparano
maschi e dei
dei
due o
palazzo del sor armatore
al
Vicino
saltarelli.
più so-
tre colpi
lenni. Egli, naturalmente, è apparecchiato a ricever la co-
non mancano
mitiva. Si va sopra, e
i
maestri ed
capi maestri
i
(che ha portato
e
all'
figlio d'
armatore
tore
per mostrar
,
beneaugurando.
,
una certa
presenta un secondo
età
più
sua
gratitudine ed
ora, de' pezzi da cinque lire
sua condizione e
pezzo
legno
di
natamente
mai
che so io
petuti
lascia
alia
!
gli
,
finito
il
al
si
si
secondo
pone su quel
proporzio-
(
mancano
\
vi
va
via.
spacca
allegramente
simulacro
Il
E non
come legno
;
presta.
di
iìori
mazzo
e
;
si
riporta
si
inutile.
Si
del bastimento.
anzi ad un
recinge
e
e ri-
;
talvolta
rado
di
secondo riimmaglio.
pezzetto di legno
stagione
si
riprende.
si
calafataggio
tramato. Si
non
,
gra-
piastre;
prosciutto, caciocavalli, vino, dolci,
auguri,
marina, e
suo
il
dividere
questo
Oltre
li
si
L' arma-
de' napoleoni,
Trascorse alcune ore
talaltra
Passiamo
:
o
sua liberalità, e
gli
,
o venti
dieci
ha
costui
auspici.
lieti
dovendoseli poi
,
loro.
fra
dei regali
la
Se
qualche conto
di
coi
,
la
e
dimento, prendeva, una volta,
la
ragazzo
il
bastimento),
simulacro del futuro
il
E quando
tutti.
sono seduti ^
si
caposquadra ne tolgono un ramaglietto e lo pre-
il
sentano
un
delle cerimonie dal-
Vi è posto per
l'una e dall'ahra parte.
quando
usa,
Ne
di
talvolta
Nel restante somiglia
si
è
ricorre al
stoppa incabelli
all'
se la
,
uso
an-
tecedente.
Si
ha un'altra festicciuola, quando s'alzano
—
ir>
-
le
ruote
\
p^'
"M
'
V'ò gran piacevoleggiare grande
soliti
sparo. Non vi mancano
del bastimento.
gali
in danaro;
non
di
al-
,
grande
e
legria
i
un lauto asciolvere, con
re-
ì
\
vini, dolci, e
)
rado, anche una sporta di magnifiche sfogliate
|
delle nostre
Ma
monache
meglio
il
1'
Carotto.
di
ho
dimenticato
esatto, l'ho lasciato in fine
.
o per essere più
,
didcior in fiindo, la be-
.
.
nedizione del bastimento.
Al mattino del varo, quando tutto
sono
si
tolti
i
puntelli,
ruota di poppa e
benedice. Prima
«
'Nomme
con
pronto, e già
con
l'
ascia
dicendo
,
bastemiento.
lia
'o
punto
prima vota
benerico chella
I'
legnammo
e 'o
'nterra à marina.
avimmo
quanno
,
tutt' 'o
cuorpo dinto
(//
neritto 'ngrolia e 'o punto,
primma
centa
Cosi continua per
'a
'e fa' 'stu
eh' è be-
primmo
alzato 'o
corpo
quanno avimmo
dd
bastimento). Be-
quanno avimmo
alzata 'a
»...
nalmente conchiude
juorno, e
,
F benerico 'ngro-
quinto. Beneritto 'ngrolia e 'o punto,
miso
:
d' 'o Patre, d' 'o Figlio e d' 'o Spiritosanto.
Beneritto Dio, ch'ha miso 'ncapo ó Capitano
nuto
alla
(specie di scure) lo
un' ascia
una croce
fii
è
capomaestro va vicino
il
l'
:
intavolato
«
Puozze
tramuntana,
e
i'
le
altre
a levante e
puozze passare
e
parti.
'a
Fi-
mezo-
tutte le i\c-
scrazie; e l'urtema fosse chesta cc\ ».
Dopo, dà un colpo con
Indi un marinajo cala
Vascia, fino alla rota di
una
moniera
del bastimento
;
coverta
dove
per
,
rimane
fune
per
dentro
v' attacca l'ascia
l'
uso del
poppa.
alla titira
in
bastimento.
Il
e la
?
i
Capitano regala un pajo
)
Non
(
più vicini
)
Comunissimo
vi
mancano anche
mentre
,
è
traffico
Anche queste
^
Napoli.
\
un nome qualunque
Nel guadagno
lo più
in
un
viaggi
alto
mare,
l
con
)
battezzano, e s'impone loro
{
,
corrono
1'
giornalmente
quasi
A
mi
alcune
)
\
prò quolibet rotulo carnium recentium vel
^
di
Giovanna
riferire
dazi
sui
I
Indi discorre particolareggiatamente
Item prò qualibet Barca de
de Surrento
Civitatis Surrenti,
illius
minu-
emptore,
delle barche.
vel de alia qua-
fera
qui habitat intra
scilicet
que navigat
Messenam, Salernum
usque
a
muros
Surrento vel Neapoli
vel
solvantur, prò
citra
quolibet viagio, grana auri sex. Si vero barca ipsa ultra
Messenam
vel
Vicum
seu
Salernum navigaverit
tarenum
viagio
libet
,
che
che e dai
,
solvat prò quo-
medium.
et
l£t
si
fuerit
prò
duo». Eccetera,
Tal
si
doveva pagar
bastimenti
lunghezza o
unum
ad Castrummaris vel Caprum, solvat
quolibet viagio grana
dritto
'-,
di Sorrento.
diploma
piace
in Surrentoetcasalibus planitiei exigatur ab
litate
ì
parole
,
recipiendus per venditorem ultra assisium denarius unus».
«
\
\
proposito delle gra-
salitarum, lardi, arsungie et casei, qui venditur ad
tum
,
V\Conarca, \i Sfoglia'.eìla.
guisa costruite.
tal
« In primis
si
'a
)
i
suol andare a parte, essendosi per
si
vezze loro imposte
d'
:
costruttore.
al
barche adatte per
bastimenti
i
il
napoleoni
di
delie
meno
In un diploma di
dalle barche
sorrentini, in
del viaggio
si
—
'37
:
~
,
dalle felu-
proporzione della
chiamava
Re Ferdinando
misura era cosi determinata
eccetera.
del
i.
falan^^af;gio.
VI.
1465,
la
\
<.
Item prò qualibet barca
«
^
infra accedente ad
prò quolibet viagio
teneatLir solvere
Cosi
«
prò
vegetum decem
portate
Neapolim, Salcrnuni vel Misenum,
gr. io (cap. vj) ».
vegetum de-
qualibet sagittia vel portate
cem
sghiffo ultra
num
vel
faciente
viagium Neapolim
Saler-
,
Misenum» grana quindici. Se invece, « portante ultra vegetes decem
ultra Salernum
vel
Misenum
prò quolibet viagio, tarenos duos cum
,
dimidio
».
Cosi un
grana
e dieci
tari
prò
«
qualibet
barca de portata vegetum decem infra faciente viagium
Salernum
infra
vel
E dopo questo
citazioncella
di
Misenum
{cap.
»
i
i
\
<
^
;
(
j
<
ì
vij-viij).
po' di lalUionim, consentitemi un'altra
un po' lunghetta
,
se
non
altro a titolo
curiosità.
«
Item prò qualibet sagitia vel barca ultra dictas ve-
getes decem, quc ingrediatur in maritimis Porti Capitis
Cerbuli et
strictus,
maritimis
aliis
faciente
viagium
prò quolibet viagio
diete Civitatis
Salerni
et Miseni,
gr. 15, et
infra solvantur
transeant ultra Salernum vel
si
vel eius di-
Neapolis
{solcere debealur)
barche essent vegetum decem
et
,
Misenum
,
si
diete
gr.
io,
solvatur
prò quolibet viagio ut supra.
«
Item prò
sagetia seu barca
qualibet
marittimas supra dictas
et
veniente ad
pertinentias eius, et
(si) ibi
oneraverit, solvatur prò quolibet viagio ut supnx (cap.
viij).
«
Item prò qualibet navi veniente
in
maritimis su-
pradictis et (qne) oneraverit et exoneraverit, solvantur
vice qualibet tareni
4.
c"
-
158
-
«
quomodocum-
}
Castrummaris de
l
ix) »,
S
Item prò qualibet sagetia seu barca
que
qualitercumque
seu
accedente
Stabia, vice qualibet grana tria {cap.
Tutto
prova
ciò
che
traffici
non
,
costumano
si
anche
giorni
ai
quei
recente
esser di data
La
nostri.
preferenza è data alla navigazione a vela, e battelli a
vapore non se ne costruiscono mai
I
marina
barcajuoli della
nerale gli
di
quella iMadonna.Ne celebrano
Ed ha questo
agosto.
nando
le
carabine e
fucili;
cominciano
fuoco
borghesi non isdegnano
della festa
Madonna
Guai
si
,
ù
a
la
chi
di
a
fare
bandiere
di
un fuoco con
manca
!
fritti;
molti
e
quella passeggiata e par-
con l'immagine
cajuoli.
ge-
con pompa, a mezzo
dei peperoni
farsi
teciparvi. Al mattino
mano
in
che dura un bel pezzo. Alla
,
mangiar
della
lidi.
che nella vigilia tor-
di speciale,
terra,
costuma
si
la festa
barche da Napoli tutte pavesate
poco distante da
sera,
nostri
grandemente teneri
marinai) sono
altri
sui
Cassano (come
In
benedizione, e
è la processione,
vi
e gli stendardi dei bar-
punti
stabiliti
povera
la
fer-
si
gente
offre
dei ceri.
II
marinajo
non
naturalmente
anzi spesso
superstizioso. Specie
colo, subito
fa voti alla
Maria
la
Vecchia
in
Madonna
Seano ed
Sorrento, dove, oltre
,
i
soliti
a
solo
è
se
del
si
religioso
vede
Carmine,
;
in peri-
a Santa
Santo Antonino
simulacri in cera,
in
\
)
non
J
mancano
mente
e
de'
quadrettini
raffiguranti la
,
dipinti
nave
in
molto arrandellata-
tempesta
;
quasi tutta
coverta dalle onde, e vicina a sommergersi, col
—
159
$
^
nome
(
p
/
e qualche altra indicazione.
\
scalzi
l
,
quadro
col
aver fatta una
II
65-70)
,
in
Vi sogliono andare a piedi
mano od appeso
(cfr.
lìicssa ptx:^u!a,
cioè mendicata
,
destra
a
questa chiesa con bel soccorpo,
si
'(
ma
Un
sapere.
restò accecato.
Y:
vi
vede dipinto
si
in
avanzi
gli
non
po-
è
si
tentò scavare con
audace
op. cit.
a sinistra. In
e
serbano
mortali del Santo; in qual punto siano,
tuto
dopo
al collo,
de Bourcard,
zappa;
la
questo
at-
un miracolo: suda o
^
teggiamento. Ogni anno,
^
trasuda
la statua e tutta la
(
umida,
all'insolito
\
accorse e
\
di
!
compagni,, nuotando ed andando in alto mare, furon
(
sorpresi da una
\
altri
i
dall'
entrata
recaron
chiesa sottoposta, abbastanza
prodotto dalle molte genti
,
ardere de' copiosi
la
corse con fede
Sotto
ceri.
vede un grande osso
si
,
calore
ripete
di
balena, che ne inghiottì uno^
cattiva
al
nuova
santo,
alla
volta
la
balena.
Vari
onde
madre. Questa
gli
ri-
quale fatto apparecchiar due
il
uncini di ferro da un fabbro ferrajo, andò alla marina e
cavò
dalle viscere della balena
ed ucciso
il
mostro, lasciò
Sulla statua di S.
Ganzano
l
del
(
dal chiostro di
Antonino
(5/d/.
e
il
giovanotto sano e salvo;
la costola, in
di
segno
Argento
v'è
Fiori, VI, 7). Si dice
Monte Casino
in
di trofeo.
uno
scritto
che venuto
Castellammare
di Stabia,
presso San Catello, lo ajutò nella cura delle anime. Poi
vaghi
di solitudine, si ritirarono
sopra Fagito, dove loro
apparve San Michele, che impose edificargli un delubro.
Di
lui
ha composta
rentino, più
gran fede;
e,
la vita
leggendaria l'Anonimo sor-
volte ristampata.
I
marinai vi hanno una
tornando dal viaggio, una
140
—
visiti
na è di
rito.
Ne minore
Madonna
e quella alla
1830, quando
fino al
noni per difendersi dai Turchi,
torno
andavano
,
A proposito....,
S. M. del L.
come giungono
mandare per qualcuno a casa
sparo di
lo
colpi. (V. Liguori,
Lauro
premio
della
cose recano
!
porto non mancano
l'imbasciata,
avrebbe rimorso
o
seta,
tunque
cipio,
ed
al
forestiero
di
si
,
che
veraggio,
o
Poi,
caratteristici nastri
non
è
molto antica
quan-
,
presente, abbia assunta serie proporzioni. Si
,
a
A
Luigi Gargiulo.
prin-
restringeva a traforare un po' di legno d'arancio
è trovato
si
Non
qualche lavoretto d'intarsio in
di
disegnarvi delle figurine con inchiostro
a
belle
!
toccando Sorrento,
,
non provvedersi de'
fettucce,
massima parte
in
,
vi
'0
paesi visitati
specialità de'
legno: L' ultima industria
deve
vanno
o
buona novella. E tornando quante
Quante
altrimenti d' un
di
al ri-
diversi
42-3).
p.
in
spontaneamente, sempre col pensiero d'avere
in
che
,
partenza ed
alla
con
salutare
a
del
cran forniti di can-
bastimenti
i
modo
gname colorandolo
;
cinese.
d'adoperare ogni specie
e quindi,
secondo
la
di le-
ì
s
;
)
\
;
^
figura e gli
\
abiti
tema
adatta
si
,
il
colore.
Ma non
lasciamo
nostro
)
loro, son pre-
\
un og-
\
il
'
!
Se un compagno rimpatria prima
murosi
di
mandare un'imbasciata, una
gettucolo qualunque
alla famiglia.
di
letterina,
R quando
si
costruì\
scono
bastimenti, ogni popolana suol
i
figlioletti
alla
marina a raccogliere tiurhe e
fuoco, onde dicendosi
marina,
si
mandare
.
che uno va a fa
vuol significare, che è povero.
-
141
suoi
i
trucioli
tacche
a
pel
la
J
ì
\
?
La pesca non
molto copiosa
è
simità dell'isoletta denominata
menzione
cente. Si fa
un
privilegio della
dal
ma non manca,
;
Salerno eJ
specie dalla parte del golfo di
i
Ni
Galli.
Capasse {Op.
Regina Giovanna
Carlo, in data 20. VI. 1519, in cui
eh. p.
di
e
si
prossi-
in
l'uso
è re-
251) di
suo
accennaai
figlio
—
e pi-
scatori della Città di Sorrento e Gabellotti delli pesci...
con Vincenzo Gagliano
mari
tonnare
della
affittatore
Galli in Principato Citra
delli
una
:
Marina Grande
alla
a Sant'Eligio e la terza al
nostro mare, verseggia
Si t'aflfacce
Tu
Cantone.
piscaria
—
».
delli
Vi sono tre
di
Sorrento, un'altra
Il
Pica, parlando del
:
a Prospietto o Mpontamare
comme
vide n'acqua
a 'no cristallo...
Nc'affiure a ghiocà' a commà-setella
Lo
Indi,
cefaro, la treglia e l'alecella.
dopo
E
Le
a
ancora a celebrar l'onda
essersi diffuso
limpida, continua
:
còfere noe piglici
patelle,
Tutte
li
li
te
si
mine
spunnele e l'ancine.
pisce teneno 'naddore
Che sentono de
scoglie, che conzola.
E no' te dico po' de lo sapore
De lo palammeto e de la ricciola,
E de lo tunno grasso e faudiante
E de lo pesce, ohe ha la sp.ida 'nnante.
Sui
il
nomi
de' pesci
,
si
può
riscontrar
Voc. looì. comprendente le voci volg.
ed in ai Ir e contrade del
%egno
con
ist.
frutto
con cui in Nap.
appeìlansi animali
di essi con la sinonimia scientifica ad
142
(rg-ii)
parti
d'Oron^io Costa
p
l
Napoli, Fr. tAiioììno, 1846. Cfr. pure
I
Voc. de
\
T^ddre degli
voi. II
Filop.
Eremi
voce
la
pesce, nel
commedia:
28. Nella
p.
Gran
//
'T^wi/m/Jo (V. Martorana p. 137-8),
S.
Vernacchio, con una spasetta
ne
di pesci^
ricorda pa-
recchi coi vocaboli vernacoli.
Per qualche notiziuola
1'
e
:
riscontrar pure
/ marinai, naviga-
de Bourcard
pescivendoli nel
Aggiungo uno scherzo pianese
1-13).
(I,
rematori
pescatori,
tori,
potrebbe
si
Dalbono
articolo di Carlo Tito
A
une, a
li
La mamma,
roje, a
li
la
figlia,
li
:
tre cancelle,
la scauzarella,
che ghieva pe' mare,
L'aucielle,
Quanta penne, che ne purtave;
Ne
puntava vintiqualte,
Une,
Farmi
treje
roje,
inutile
e quatte.
accennare
al
mito delle Sirene, essere
metà donna
e
di 'voce COSI
armoniosa da ammaliare
metà pesce, con una o due code
accadde ad Ulisse,
Punta
alla
rentino Onofrio Gargiulli
blicato, in Napoli, nel
como. Spesso,
i
la
,
di
a
promontorio
Sirene,
vi
Sta/io, (Sylv.
KAthenaco
il
quale
Sireniini
-
143
pub-
o scol-
nella parte esterna di
dubbio
ha
queste vergincttc, se
Plinio (III, 5),
sor-
Domenico Sangia-
nostri marinai fanno dipingere
star fede, oltre a
che
18 14, presso
o bastimento. Nò
dimora
come
Il
o Gargiulo (1748-1815) ne
una Sirena nella poppa, o
una barca
qui
Campanella.
argomento per un suo poemetto. Le
tolse
pire
della
e ricca
naviganti,
i
L.
Il,
scrisse
e.
:
quondam
ritenersi
dobbiamo
2
v.
pre-
i),
an-
Snrrentum ciim
sede.
Anzi
il
Gargiulli
ritiene
giunsero
punto
le
che
,
« pietra
hi
Apollo
di
dove
»,
Sirene, ricordata da Igino ifab. cxlj) è ap-
questo promontorio, e precisamente dove
in
si
dice Kyicrapoìla derivata, a suo giudizio, da apxx Ar.òX-
E che
Xwvo; (p. 47 N. 4).
Strabene
tempio
il
vi fosse,
non pare che ben
V.); anzi
(Jib.
l'Anastasio {Liicubr. in SnrenL Antiq.
lo dice dedicato a
giunge
Giunone Argiva
tori.
La
stessa
(non
ricava
eso),of/.T)v
Ecco poi
piace
la
denominazione
voglio
discutere
teorica via
óòov
con
le
alla
sione, scortata da
un
quale
di
,
anno
,
ogni
da Sorrento
strada,
,
dove
Torca a prendere incomincia. Di
coste bagnate dal
Gargiulli
mar
pestano,
si
la
là,
via
i
il
seguito
al
sia
sulle
le
fa-
,
monti
nome
alle
si
vuol
Visita in
Sirenuse, e per la stessa via verso la sera;
stata questa
non
in-
porta a visitare una
rovine del tempio di Apollo.
luogo onde
fatto
mi
nel
scendendo
cappella, detta oggi di S. Pietro Acrapoìla, che
fondata
da
7).
una proces-
prete, che, attraversando
Sireniani^ ascende ad un' altura
!)
(II,
allude, e che
si
Pasqua
medesima
la
adora-
suoi
bene o male
se
« Parte,
:
festivo di
cendo costantemente
i
Torca, in Massa, la
parole del
stesse
generosamente dimenticato
secondo giorno
di
,
Ag-
51-2).
tracce delle
cui parla Polluce
di
,
costumanza
riferir
p.
le
quale anche qui avea
il
,
(id.
greche offrivano ad
« sacre legazioni n, che varie città
Apollo Pitio
apponga
247) quando
II,
appo noi
riscontrarsi tuttavia
,
c'informa
s'
vi è
parti
restituisce.
si
usanza
tra
memoria
;
i
ond'
I
—
144
Del
tempo
in cui
Sorrentini introdotta, af-
—
è
che
a
credere siamo
S
indotti
essere la
{Op.
tilesclii ».
Pitrè
Il
nel
,
VII
conti,
il
IV
voi.
diavolo
una
,
e
costumi gen-
dà
,
Novelle
Rac-
e
421-2, scrive:
Nel
e
Tradi:(ioni sorren-
delle
da Augusto Kòpisch
e verseggiate
raccolte
Fiabe
delle
'Biblioteca, p.
demonio promette
de'
52-3).
p.
delia sua
'Barcaiuolo e
tine
medesima un avanzo
cit.,
,
un
un pescatore oro quanto
a
ce n'entra nella sua barchetta, a patto che egli, sposatosi,
gU
dia a sette
questo
nascerà. Cito
stranieri
poeti
dei
anni
il
primo
riscontro
contemporanei
tradotti
Strafforello, e corredati di biografìe,
Né
p.
Canti
nei
da
Gustavo
U-
199. {Torino
non avendo
nione tipografica editrice 1859),
Kòpisch
figliuolo, che gli
dall' Italia
il
libro del
».
voglio astenermi
che faccia
— Lampa
— Chi
di
qualche
riferir
proverbio
,
caso nostro.
al
spisso, accosta pe' isso.
sta a
mare nàvega;
chi sta 'nterra
— Oh che
viente
— A quarto
quinta nu'
— Frevare, punente mare.
— Luna
marenare cuccato.
bellu
!
a beleà'
n' aparà';
jòreca.
è 'o maestrale.
a
pesca'.
a
allerta,
— Quanno
fatte truvà'
navega
tu navega;
quanno he navegato,
sarvato.
— Quanno
'o canale
{eli
V^Cessina)
rormc
,
o
sce-
rocco, o miezejuorno.
— Arena
rossa, nu' se mettene nasse.
— Notta
longa, pesciu luongo
curtu.
— 145 -
;
notta corta, pesciu
— Cu' l'acqua
— Sarpe, addò
—
Chi vo'
o
scature,
freta nu' se pegliene pisce.
pigile là pappa.
fa'
Tha da
puvcrielle,
figlie
'i
fa'
o pe-
pigliaucielle.
— Quanno mare
— Carne giovene
muorto,
è
'o
'e
viecchie.
pisce
e
pisce so' bive.
Pesce
cuotto e
carna crura.
Come
tutti
paesi in riva al mare, anche la Peni-
i
sola Sorrentina
tempo
a suo
,
sioni barbaresche, ricordate in
All'arme
!
ne' miei
anche
fu esposta alle incur-
All'arme! La campana sona,
Li Turche so' arrivati a
È
,
un canto, che comincia:
Cani! Pianesi
la
(n.
marina
95). Vi
sono varianti
appunto perchè
in altri vernacoli,
fatto
il
si
e
ri-
pete pure altrove (Cfr. Finamore, Focab. Abnc^. p. 271
n.
7;
Imbriani
,
C.
delle
Pitrè, nella Riv. Bolognese,
del pop.
Nap.
\
^
,
1870,
II,
Giugno 1558,
nel
13,
nel
Capasse {Op.
fu quella de'
Turchi
come
di
397;
cit.
Sorrento
in
può vedersi
di cui la descrizione
cap. IV).
anche delle precedenti non mancano
nianze,
p.
768; Molinaro, C.
p.
125).
p,
La più memorabile
Ma
Prov. vierid. voi.
quella accaduta nel
1543,
testimo-
di
cui
una
Cronichetta sincrona, serbata nella Bib. Nazionale, parla
in questi termini
—
)
((
Die
xxiii junii
Ioan cèrea tanta
\
\
:
1543 Neap.... Avante
di
post di de
)
larmata del turcho, Capitaneo
\
et
]
S.
)
generale Barbarossa, quale erano circa cento cinquanta
)
ì
vele et se patriavano sopra le bucchc de Crapa, et se
\
146
—
diceva che aspettavano
Conte de
lo
galere de Pranza Capitaneo
le
languillara de trentasei galere; però
non faceva motivo ncsciuno
cita
de Sorrento sfrattò
de lo Greco
dano
Mem.
,
et
mare
stor.
argomento
mar
di
Stabia
%egno
del
».
Vico
—
:
—
Massa
«
di
,
l'amenità del luogo
Torre
Gior-
218). Al che
,
Sorrento
tomo
(cfr.
II,
p.
contribuito un
,
e
il
Genis. Lib.
I,
44
;
456).
pochetto
X, 102),
donne, celebrata nei canti popolari
e ne' versi de' poeti laureati, diciamo così per
derei
la
(\'.
(Cfr. pure Costo, Comp. della Istor.
ritiene avervi
e la bellezza delle
—
G. B. del Tufo sullo
Vico
di Nap., ediz. Gravier,
E qualcuno
»
di Fratta maggiore, p.
potrebbe ravvicinarsi un verso
stesso
,
la
tutta la Costerà
sende vende in Napoli,
Castello ad
,
ma
:
mo'
d'in-
:
Q.uei lumi, quei begli occhi, e le bellezze
Q.uasi tutte divine.
Dette
Cosi
le
Sorrentine,
Che
col vivo del volto e belle irezze
Son
tante inespugnabili fortezze.
il
del
Tufo.
Il
quale
non manca
celebrare
di
anche Anna Corriale,
Che con
lo
sguardo sol certo
Serva e soggetta tutta
(Volpicella, op.
Lo
specchio
de
le
cit.
la
farla
Turchia.
157-8). Anzi, in un raro libretto
bellissivie
,
donne napoletane di laconio
Beldando (Nap. per Ioanne Sultzbach alemano, 1536),
vi
';,Mc\
è
quest'ottava riguardante una sorrentina
^.^—^.-^^-^^
-
M7
:
p
^
•Giovanna Mastrogiudice
resta
ci
Bella di modi, e bella di presenza,
Che con
il
lembo
Par ch'asconda
Vada piena
di
sdegno
Si
come da Natura
Fu
fatta
anchor
vaga vesta
della
E non
in eccellenza
primo luoco aspira
al
solo queste
delle genti di
ai
!
honesta,
e invidia
Et più s'abbella, quante) più
ziose ed affascinanti
non senza
e che
faccia,
la
Ma
!
E
la
s'adira.
ve ne sono tante
loro bellezza, e
mare ha fornito uno
la
di
gra-
partenza
dei temi prediletti
poeti popolari:
Site chiù bella vuje ca n'è la rosa,
Nzo, che ve vede, Nenna, oje se ne scasa;
Quanno
pedezzullo 'nterra posa,
'sto
Ogn'ommo s'addenocchia e 'nterra vasa.
Ah! se me toccaria chcsta pe' sposa,
Chi me farria asci' chiù da la casa ?....
Tal
canzonetta
zetti; e
mi ricordo
S.
Pietro a Majella.
briani
Ma
\
sorrentina
(Cauli
Due
altri
delie prov.
E non
mcrid. voi. II, p- 361
è insolito
,
ò l'addio,
che
rinajo, pria di affidarsi al furore delle
tima serenata
Bideri, op.
alla
cit.
p.
Io vengo,
Ca
lu
il
Qjjanto
me
di
e 397).
il
canto
giovane ma-
onde, rechi un'ul-
sua bella, al suo mesto sospiro. (V.
125).
Nenna
mia, a cerca' licenza,
patrone a biiordo m'ha chiammato.
Lo sape
Doni-
dal
Conservatorio
canti sorrentini reca l'Im-
commovente
più malinconico e
della partenza.
musicata
fu
d\'iverla vista nel
pare addura
chisto core
—
'sta
partenza.
'nammorato
148
—
!
A
becine toje t'arraccomanno
le
Che non m'avisse
Non passa,
E torno a
La
te
a
manco
che m'abbusco a
parte,
anno,
'n
marina de Sorriento.
la
La spenno 'ncuollo a
Appena
qua' mancainiento.
fa'
prometto,
viaggio
'stu
Ncnna mia
te,
bella;
a lu paese arrivarraggio,
T'accatto 'nu lazzetto e 'na spatella.
A
Tu
marina affaccete dimane.
la
Vede'
voglio
te
da terra
Da buordo
I versi,
come
me
io
primma de
partire.
vasamane.
faje 'nu
responno co' sospire
te
non sono
vedete, forse,
!
d'indole schiet-
ma ritraggono, a meraviglia, il
Come lei resta mesta all' amara
tamente popolare;
stato delle cose.
tenza
Pure dovrà venire
!
volta Tannetto
si
il
momento
prolunga, o
Gli è fedele e costante
lo
possa
affretta quest'istante
al
rento), a pag.
//
:
ritorno
16 del volumetto
liche Toesieii aiis alien
E
:
Miindarlcii
coi voti
un canto
del
!
tem-
la
XVII-309-10)
tornare in porto.
fortunato. Vi è
proposito, intitolato
Non monta
E quando
pesta imperversa, prega per lui (cfr. Pitrc,
che sano e salvo
par-
del ritorno. Tal-
raddoppia.
si
stesso.
vero
,
marinajo
/ìgriimi
che
fa
(Sor-
Voìksthùm-
:
Ilaliens
iiiid
seiner
von Aiigust Kopisch. Berlin
Inseln, gesatnmelt iind iìberselil
Ganti 1838. È
vivo
nel
nostro popolo; e con simile intestazione, fu edito,
mu-
Verlag von
sicato
,
trasse)
fin
nel
Gustav
dal
1825 (donde,
fascicolo
certo,
al
sesto de'
—
149
—
il
Kopisch lo
Passatempi
sia raccolta di ariette e diicltini, ecc.
ìà^
tuttora
Napoli
R.'''
musicali,
Litografia
comincia:
intedcscamcnio
Militare). L'
ìiomml nun wieder, cr koinnil niin iviedcr
glio recare
testo
il
Chi
rice ca
Comm'
:
mo' vene,
a 'na luna le
Doje parole
oje ca
mo' vene!
voglio asci' 'nnantc.
nce voglio dire:
io po'
Ch'aje fatto fora, eh' aje tricato tanto
Mme
Ora
E mentre
sarebbe
?
n'aje fatto piglia' malinconia,
pe' ora
Ma mo'
Zitte,
Man sa^^t er
Ma e me:
!
'no pasto de chiaoto
!
che torna a casa Ninno mio
:
zitt'uocchie meje, e no' chiù chianto
i
fidanzati
importunità
sì
con
continuare
la
Perciò è meglio far punto; e ripeto anche
dei nostri soliti novellatori
:
Stretta la foglia, larga la via.
Dite
la
vostra, che
!
rallegrano del felice ritorno,
ho detto
ISO
—
la
mia
!
mia
io,
cicalata.
come uno
GAP.
VII.
GLI SPIRITI.
RISAPUTO, che assumono diverse torme, e
'fi"
manifestano variamente.
e de'
nefìci
malevoli.
far la penitenza
alcuni luoghi.
Ve ne sono
Quest' ultimi
ricomparendo,
Mi
e
si
de' be-
devono
penando
in
restringo a qualche fugace
accenno.
^0
V^ùtnacieìlojiì folletto,
specie de' Lcmiircs
de'
uno
Romani.
spirito familiare,
Si
abito ecclesiastico con zucchetto; e beato chi
par glielo.
rare. Si
può strap-
fonte d'una fortuna, ch'era follia spe-
la
vede
recitando
le
L
una
mostrare in
suol
di sfuggita; e, spesso,
l'uffìzio.
Anzi, a
tal
in
luoghi
proposito,
romiti,
mi piace
citar
parole dello amico Correrà, che se ne è occupato.
(Basile,
I,
29).
((
Talvolta era un vecchio venerando eoa
parrucca e codino, che sa liva e
erano all'oscuro, e tirava
il
s^ndevaje
campanello
— iji -
scale,
di
quando
questa o di
porta,
quell'altra
con grande paura degli
ciata in corpo.
mezzodì
che
s
?
Spes so era una serpe che veniva ogni
>
che
paura
la
quella data casa, per ingollare, un piattello,
in
era serbato
gli
con
abitanti, e
loro aveva cac-
gran suo contento per
od un
,
altro animale
sovente era un elegante giovanotto
più ordinaria è
Somministra
la
qualsiasi, e
Pure,
».
forma
la
prima.
\
monete
delle
,
)
ai
suoi devoti; e qualcuna
^
il
qualcuno
è
segreto,
o
nemico,
serqua
giunto ad arricchire.
Se Io
!
e
talvolta
anche qualche peg-
giore vendetta. Fa cadere un oggetto e rompere
nasconde un
nirlo;
altro, e vi
spegne
il
fa
più nulla. Anzi, deve aspettarsi una
dispettuzzi;
di
guai chi ne svela
anche solo trapelare
lo lascia
non ha
e
Ma
lume,
perdere
fa
e
siete solo; vi fa udire dei
vi
la
lascia all'
testa per
;
ne
rinve-
oscuro, mentre
rumori spaventevoli
e simili.
Alla parte di basso Meta, una ragazza aveva avuta
l'infelice
idea di confidare ad un'amica,
ciello_le a veva fat to^trovare
scale
.
xM una-
il
_
Egli se ne sdegna, e colta l'occasione, che era
ata a sciorinare
1
ch e
un napoleonejvicino_alle_
il
bucato sulla terrazza,
picchia
la
che sviene, e bisogna soccor-
santa ragione, tanto
rerla, e ristorarla col liquore anodino.
Un'altra
alla
si
aveva formato un bel gruzzoletto, grazie
munificenza
di
lui
;
ma
una cugina, più non rivide
delle
monetuzze d'oro
il
essendosene
vantata con
beneficatore; anzi
e d'argento,
posto
al
rinvenne del car-
bone. Ciò in punizione del fallo commesso.
In Meta,
una madre vedeva che
la
figliuola
si
for-
Jì?
\
>
'O/ad
niva di abiti, di oggetti d'oro, e simili; e sospettò che^j
Ne
fossero doni di qualche seduttore.
La madre
Lei nega.
sistenza.
percuote, Einalmente
la
mattina, disfacendo
guanciale
al
segreto,
la
chiede con in-
liga vicino al letto, e
la
poverina confessa, che ogni
letto, trovava sei
il
non rinvenne più nulla,
sotto!
carlini,
Ma, svelato
depostivi dal Monaciello.
,
ebbe a pentirsi dell'insistenza importuna.
Un
dal Munaciello
bilia
via
,
i
e prò bono pacis
;
e solo gli restava
facchini
quando
,
me
vengo; mo'
lui,
«
:
il
letto
vento. Pochi anni
disse
,
casa
la
che
fa,
la
abbasso
notte dagli
ed
al
spiriti
che malalingua
di
non so
chi
si
nome Rosa
mattino
hi
recavano
mo' me ne
,
nova!
».
Era anche
alla
per incutere spa-
Madonna
Monaciello
il
erano
di Rosella,
con
gran
monelli, che,
de'
notte, lanciavano pietre per essere più
Tcgiano
da Cortona, a
mo-
ogni
pure
!
comparso
era
rubacchiando
sicuro. In
che
sua vittima. Figuratevi
la
terrore del vicinato, mentre
al
,
un semplice pretesto
è
mutar casa,
pensò
udì una voce, che ripeteva,
si
che sloggiava, seguendo
Talvolta
,
trasportato
Mo' me ne vago
ne vago a
l'irritazione dell'altro
si
Aveva
fastidio.
lieve
tono tripudiante
in
J
lommella era continuamente tormentato
sere di
con non
il
mamma
e tardi la
,
i
ricorda una certa Margherita
Capurirota, travagliata ogni
quali la
rotolarono per
le
scale;
trovata morta dallo spavento. Qual-
mormora, che
,
sendo
stata la
ganza
ed avendo raggruzzolate parecchie
nete bianche e gialle, un ladro, fìngendosi
1S3
—
uno
mo-
spirito,
avesse
le
un'altra
fatto
E
brutto tiro.
il
voglio
qui
quantunque, forse
storiella,
riferire
appartenente a
diverso ordine di tradizioni.
Si narra, che vi aleggi lo spirito di Mirichicchiii, di-
minuitivo di medico. Rimonta
l'archiatro;
mignolo. Sembra, che
il
suo
Ma
il
signore
a Mirichicchin
e gittare
,
campagna, Sotto-corte
dimorava
la
Ma
mistero.
Mirichicchin
no-
di lui.
il
capo
sottostante
nella
perchè nel superiore Castello
,
popolo
nel
mano
mozzare
fé'
avanzi
gli
È una
Corte.
era anche la
tempo,
a
il
una trama contro
fosse ordita
cui vi
in
,
si
Duca, avvertito
tempi dei Duchi. Era
a""
un nanerottolo, donde
statura
e di
vendetta, che
è
esca a tarda
restato
notte,
si
perde
nel
che lo spiritq_di_
,
^ri
e
e rigiri^ con^
un a lanterna in mano, nella campagna, dove cadde
su o cadavere. Cerca, cerca, fino
poi sparisce. Cerca
le
ossa
il
canto del gallo, e
al
disperse
dalla
vanga del_
contadino!
casa di qualcuno
Talvolta va in
e picchia
esser
per
con
le
nocche
delle
dita.
apparecchiato da pranzo.
lui.
E
nessun deve gustar
_sa2£Ìa di sale
Se
.
gli
,
specie sul tetto
Segno che vuole
Bisogna
la
cucinar solo
vivanda, neppure s^
piace, se la trangugia, lascia dei
denari nel piatto, e torna qualche altra volta. Se no,
vi sporca e
Felice chi è svelto da
via.
strappargli
il
berretto_dal capo, mentre mangia, o in una delle sue
ricerche notturne! Otterrà molto denaro, o giungerà
a strappargli
lui
custodito.
il
segreto di qualche tesoro nascosto, da
Ma
chi sarà
-
il
fortunato
i4^—
?
La non
è
i
faccenda da poco
si
Spesso ha
!....
morde per isdegno
ed esclama
avvisto d' una simile insidia
l^unti, quasi
Al Capo
si
ricordano
lib. II,
,
più
Sorrento, e proprio
gli spiriti della villa
non
torna.
pollici),
Ed
»
!
In certi
contrada Puolo,
alla
Pollio
Stazio, 5)'/z'.
(cfr.
Allo scoccar della mezzanotte,
car. 2).
denti, e
i
i
confonde col Monaciello.
si
di
berretto fra
quisti e quisti, t'accereri
« Si avissi
:
ii
mani (non avendo
le
si
vedeva
sorgere dal mare ed andare a quella volta una fanciulla
bianco
vestita
mentre un bruno
,
alato destriero,
movendo
cavaliere su d'
dalla città
raggiungerla, eseguendosi una'infernale tregenda.
che all'avvicinarsi dell'ora,
rinajo,
prossimità, interrompeva
frettoloso le vele.
—
«
la
mesta canzone
qualunque
,
e
siasi cosa,
,
specie
tare
o passare
alcun
mentano, recano
le
sedie,
i
nei
siti
più recon-
p.
82).
E non ne
Non
campagna.
lasciano abi-
tranquillo per la sua via.
Tor-
de' dispettucci, fino a metter sossopra
farli
entrare, vi è
granata od un bacile
porta.
fra le
tavolini e gli altri mobili.
Pure, per non
una
cani stessi,
coda
la
qualche rivolo, in una grotta, in una casa,
se solitaria e di
,
i
con
,
in
aff'rettavano a
mentre che
gambe, andavano ad accovacciarsi
diti )>. (V. Ganzano
Op. eh. VII,
mancano
si
non ne sarebbero venuti
grande spavento
di
raccoglieva
e
contadini dei fondi circostanti
I
chiudersi nei loro abituri
dando segno
ma-
Il
trovava in quelle
si
dei Nobilioni, dei Capece, dei Correale,
fuori per
un
affrettava per
si
,
Volendo
contar
le
—
pieno
d'
il
gocce, deve
155
—
rimedio: pórre
acqua vicino
passar
alla
molto
manca
la
già dentro,
non
vi è
opportuno
di
tempo;
e
nasce
di
spiriti
maligni
d'inoltrarsi.
rimedio, a
scongiurar
farli
meno
Ma,
iia
sono
se
che non
qualche
da
non
venerdì {venerino)
morto un
era
comodità
creda
si
Chi
prete.
punto paura degli
Meta
anzi gli appariscono di rado. In
;
non
tale,
buona
di
Una
vita.
fighuoletta
del vicino colono, che soleva recar del latte in quella
(
f^^-^h
<
'
^
famiglia, una sera trovò aperto l'uscio di casa
nessuno ed
mezzo
un
^
stanza.
alla
ffran
malore
onde
poeta
il
cui
non
immortali
,
ne prese
e
;
guarita.
affatto
,
sottoposti a leggi speciali,
dolere di non poter morire.
fa
le
e
sono naturalmente benefiche. Esseri
Le_f^ite, ijìvece,
soprannaturali
spaventata
Si ritrasse
di
senza
,
che ballonzolava in
ritratto' dell'estinto,
il
Fanno
diventar bello un brutto, arricchire un povero, ringio-
vanire un vecchio. Nel bel
un vero augurio
randosi
cosi
,
saluta
la
,
della
«
:
se la propizia.
bona 'nibriana (Ediz.
quanta curiosità
delle fate.
ci
Bona
Il
Chi non ricorda
(V^Canzano,
bella
popolana
,
^Mbri ana
!
riti-
»
h (brutta
E,
e la
157 e 201 voi. IV). [Oh!
cit. p.
lasciamo quest'argomento
questa
sera",
hanno pòrta
In Sorrento, è celebre
è la Bella 'Mbriana,
Qualche
Cortese ricorda
de' tanti nostri novellatori
,
da bimbi,
quelli
di
puta caso
,
i
racconti
Carlo Perrault; e
,
il
Basile
?
Ma
!
][
la
fita di
casa Mastrogiudice
Ibidem, IV). Si originò dall'aver Paolo di
famiglia
bellezza,
numero
casa.
sposata
una
Cornelia Maramaldo
giovinetta
di
di
singolare
Amalfi. Si dice
,
che
costei avesse vaghezza d'addentrarsi nelle scienze oc-
156
,
Air uopo
eulte.
tal
Marzia
ammaestramenti
profittò degli
una
di
una vecchiaccia
città di Scala,
la janara, della
ottantenne, orba, lurida, che ^n^ja^ scorta di un gatto
nero, legato ad una funicella^ in pochi istanti
cava dove meglio gli
il
lumicino
talentay_a.
Ogni
abituro di lei; e
dall'
udiva
si
re»
si
,
sera, dileguavasi
miagolio
il
prulungato del gatto. Cornelia Tadescò con donativi
mostrando
desiderio
unguento
di
bava
rando
strani
fé"*
scongiuri.
Troppo
E
Benevento.
ungere con
a tant'altezza,
,
quello che segue
Un
vecchio, che
mente
la
fa
vestire
Mastrogiudice
parola
e
fa
ammodo
Indarno
!
come
si
di
'^•^-^^^
Sorrento, un
La ricovre
lei
le
fosse
è
,
e
la
gettarvi
conduce
dopo nove
tal
muta
,
non
,
gittancasa
in
;
mesi ne ha un
dice mai una
sola
chiede conto della sua condizione,
trovata in quel sito. Allora, un giorno,
apparecchiare un gran fuoco; e
mosse
con
,
'^'-
forse Paolo, rinca-
,
suo cappotto; se
Eppure
figliuolo.
p^^
seggio, vede sulla strada, ignuda una
al
il
"^a^
\^
in
fanciulla di meravigliosa bellezza.
dolc addosso
trovò sul
mi ha raccontato un po' diversa-
,
Un
cosa.
la
sando, vicino
si
Mastrogiudici
da cicerone
fa
Cor-
!
meno. Fortuna, che
''l^i^'àretpi^x.J^^
:
Francesco d'Aprea
palagio
via
ne fu spaven-
arrivò ad afferrarsi ad un fumajuolo. Cosi
terrazzo del magnifico
mormo-
filtro,
libratesi in aria
S' intese venir
tardi.
a
fé'
lei
La
resistenza.
trangugiare un
vedendosi poggiare
nelia,
tata.
di
rospo, di cuore di vipera, di cer-
di
Le
vello di civetta.
con
andar
d'
L'ottenne con un po'
dentro
il
lei
figlioletto.
presente,
Ad un
fa
le
tratto
acquista
si
favella, e grida
la
comincia
a
parlare, e
conchiude
pompa
parentado
il
al
come
fatti
i
zeppi
pieni
trasformazione
anche befania.
cenci,
delle fate, sarebbe
nostri conti
i
che
si
di
casa
che, in quella
;
casa
ed
,
nirsi,
le
mura
e
dirsi
Ma
vigilia,
mentre,
donne solevano
le
non
a
notte
chi
la
è tutto.
,
Le
vada gironzo-
prega
può trasformar
le
lasci
de ^
tutto, le len-
Nondimeno,
in cacio, e simili.
storpiare chi
di
onde suol
,
bimbi, che essa abiti nelle
a'
regalucci nelle calze; che
è capace
popolari.
definisce un fantoccio
finestra.
alla
in
zuola in lasagna,
la
fanciulli
i
danno ad intendere
lando
pro-
qualche parola
portava intorno quella
porlo per ischerzo
gole de' camini
epifania
di
vocabolario
Il
nel giorno della festa,
balie
gran
Tìefana.
alla
È una
di
con
celebrano
si
Invece, parmi più opportuno spendere
intorno
momento
quel
suol dirsi, recar nottole ad Atene ed acqua
Ne son
fonte.
e
;
Da
è di famiglia regia; e
nozze.
le
Diffondersi a riferire
prio,
pietà.
sa, clic
si
Per
è in uggia.
premu-
bisogna mangiar delle fave, o porsi un mortajo
sul corpo,
o
recitar l'avemaria della Befania,
una specie
San Giuliano (V. Notiiie
istorìche del
del paternostro di
significato delle Befane, ftcc.
con un curioso
presso
il
idillio
Giusti
ecc. di Doni.
Maria Marini
di Benedetto 'Buomnatlei. In
1792,
nonché
popolari perdute in Vcneiia,
1881,
le
di
Lucca
Costuwanie ed arti
Francesco Fapanni
pag. 12-3).
Ben diversa
e la strega,
o Jan ara,
- 158-
teg.
magar a. Es-
senzialmente malefica, e una donna
un potere soprannaturale
nio. Pettegoleggia,
come
femminucce
le
stizzisce
si
che
,
uno
in
naie
napolitano
permetto
conversione
il
della
ne han
'Domenica
San Paolo
,
formare una croce.
E
chi
si
'ì
o
e
;
mi
Il
vigilia di
il
o stregone
)
per evitarlo.
\
rimedio è
facile.
!>
(
s
fiamme,
/
giorni
(
Nella vi-
\
tralcio va in
,
tali
?
mormorando non
si
patteggia,
fatto.
San Giovanni
il
,
mentre brucia da
diavolo,
il
\
se-
virtù stregonesche
ridda, alla tregenda, sotto
nevento. Anche
nel giorno della
è nato in quei
Appare
;
destro del paziente,
dà anima e corpo, e tutto e
della
,
il
,
Natale, vada allo specchio
La notte
alla
non
insignirsi delle
so che strane parole.
gli
<
i6), dal quale
<
un'estremità, passarlo sul braccio
gilia di
(
far di tutto
Basta recidere un tralcio di vite
e vuole
,
ad
Gior-
(I,
chi vuol liberarsene
e tutto finisce.
tipo,
il
ne sono già occu-
è strega
onde bisogna
sesso,
in guisa da
è gelosa
Stregonerie, inserto nel
:
nella notte di Natale,
di
Nondimeno,
creato
Me
demo-
col
,
qualche periodo.
riferir
Chi nasce
condo
scrittarello
vendica
si
,
imagine e similitudine propria.
pato
che ha ottenuto
,
mercè un patto
,
>
l
'ì
e
consacrata
famoso noce
di
Be-
<
\
venerdì è destinato a tale oggetto.
^
j
L'ha detto Pietro Piperno, nel curioso opuscolo
<
super si ili osa
Noce di Benevento.
)
Napoli^ per
Giacomo
\
per congregarsi
{
nate
/
le
come
fra
1'
'Della
Trattato historico ecc. In
,
1640.
«
Hanno
di
più
detto luogo alcune giornate desti-
in
altre
sceleragini che
Goffliro
:
si
quella del venerdì
commettano
159
-
siino
,
forsi
perche
maggiori per
\
')
[
\
)
stro
^ella
Gesù Cristo
Signore
Notte
Piccinni
cosi
,
'Sta 'na
y^
v6r~
'
'/
E
•
\
"^
^ fc-o^_
^_
(xd^
^^
,
L
napolitano
il
Domenico
la notte s'abbecina,
viento,
e copp.i
:
parte
int'
vastem lento,
a 'no
de diavole so' 'na cinquantina,
Chi accavallo a 'no crapio e chi
a
Chi portala da
'n
Veramente
\
passione di no-
34). In quest' ottava
da parte lontana e da vecina,
Ddo
,
della
(p.
noce chiantata a Bcncviento,
comme
Li streghe
\
ì
scrive
Nce veneno copp' acqua
<^
j^^
ne
»
:
Addò,
^"•^
memorabile
giorno
esser quel
il
'n
orzo e chi da
popolo ripete
'no puorco,
uorco.
:
Sott'acqua e sotta viento
/
)
Ed
\
Sbtt' 'e
nuce
Veneviento
"e
caricatura, s'aggiunge
in
!
:
Nu' ne quaglie, nu' ne cuoglic,
'^
Maccarrune
Taglie e l'uoglie.
cu'
Sogliono acquistar
certi
specifici
Stregare
,
che
ammaliare
,
verbi prediletti; e
nella
gì'
la
si
,
virtù del volo,
serbano
affatturare
magata
tal
cune parole dell'Oliva
E
Ca
fiale,
,
ungendosi con
in
E
:
putcva cu' 'nu pegnatiello.
la
natura e l'alemiente
'nterra, e 'naria fa' mille portiente.
—
sono
i
(1626). Terribili sono
Cu' 'nu crivo, 'na suglia, e 'na vorpara
Spustare
,
proposito, mi piace recare al-
se diceva ca nu' nc'era para,
te
bottigline.
ammagare
Circe, scrisse Filippo Pinella
Cìntia, favola boschereccia
incantesimi; ed a
in
160
£IP-.
Per
di
rerà
Le
:
chieri del
nel
solo
il
una barchetta
tre !
di
stregoni
,
e fattuc-
specialmente sono importanti
di cui
Roma
Ma non
1882.
qualcuna
Marina
alla
move
si
!
dormiva
omicciattolo
Avvistosi del fatto
:
saporitamente
cominciò
,
quatto
sotto
la
!
Un
quattro!
tremare
a
simmo
gravidanza
simmo
Votta ca
E, proprio, eran
sfila.
cercano
,
Votta ca
:
Si sospetta della
di loro, e s'intona
La barchetta
Cassano
di
spingono in mare
e la
Eppure non
è
ticchio
il
girne a Tripoli, a prender datteri.
di
Vanno
fatto.
Cor-
napoletano
viaggio a Benevento. Al Piano, saltò
compagne
a tre
Detto
Giornale
8); e le Streghe
(I,
Zanazzo,
libretto
il
Slrigibiis, lo scritto del
illustrazioni del Sabatini,
le
\
riscontrare, oltre
TDe
:
di Benevento
streghe
"Domenica
della
può
altre notizie, si
Bartolomeo Spina
prua.
a verga
a
verga; e rimase davvero quatto, (chiedo venia del bi-
pessimo
sticcio
mezzo vernacolo
,
Le streghe ritornarono
l'omuncolo ne ebbe
moni
oculari
e nel
Pitrè
nezia
il
Pure
!
sembrare
trebbe
,
,
a
ed alcuni
il
Bernoni (£«
1874,
p.
II).
fatto
prima
le
mezzo
italiano).
han saputo da
l'
non
ò locale
vista.
strighe.
Solo
e
notte co' datteri
stessa
tre
Si
;
e
testi-
come po-
,
appo
trova
il
Leggende popolari, Vediventano
sette; ed
luogo Alessandria.
Hanno pure
nonico
l'
,
;
la
la virtù
di
prevedere
il
futuro.
di Carotto, recitando di notte l'ufficio,
alto di
un noce una
strega profetare
i
161
ca-
più minuti
particolari del naufragio d'un bastimento, che
appunto pochi giorni dopo.
Un
udì dal-
accadde
In un fondo di Vico, vi erano delle streghe, che con
mettevano
grande strepito
Ma
nato.
ispavento
in
animosa
una persona
volle
tutto
con
vici-
il
com-
altri
pagni andarle a vedere; e s'accorsero, che avevano dei
campanelli
ligati
Armati
l'altro.
piedi e saltavano da
a'
di fucili,
un
noce
al-
minacciarono di ucciderle, se
non iscendevano. E quando furono a terra, le conobbero, e le percossero tanto, che non dettero più noja
a nessuno.
Se vanno
in chiesa
,
nella notte di Natale
all'ele-
,
vazione dell'ostia, debbono uscir fuori. Pure riesce loro
impossibile, se_£ualcuno_si_
una
pone vicino
alla
ticavo dire, che, al proposito stregonico,
trare
porta
cojì_
ed un mazzoli noci Spi ghe in mano. Dimen-
falce
con frutto
1'
operetta di Giulio
si
può riscon-
Michelet
Gianfrancesco Pico della Mirandola
Strega
di
blicata
nel
volume quadrigesimo
Daelli.
Ma
torniamo
ai
,
;
e
La)
ripub-
>
della 'biblioteca rara,]
patri lari.
In Sorrento, accanto alla cappella olim di San Ga-
leone
,
principio
era a
v'
del
secolo
XII un tempio
pagano. Vi apparivano streghe, demoni, fantasmi e
mili.
L'Ughelli, neìV Italia sacra, in Snrrentiun
forma:
—
«
pateret accessus
;
concursus, ut nulli impune
hunc enim
suis
pore; illum debilitahant mente;
Doge
si-
c'in-
Hic tanta delusio dacmonum, tantus contra-
riae potestatis fiebat
tcntabant
,
».
— Anzi continua
in quel
tempo
illi
facilis
phantasmatibus cormortis descrimina in-
a raccontarci, che Sergio II,
della città, volle accertarsi
propri occhi della verità del fatto.
Armato
con
e solo,
i
una
'JY^
m.'
162
sera
avvia a quella
s'
,
Ad un
volta.
tratto
trova
si
,
cinto da un capannello di giovinette biancovestite, che,
riddandogli intorno, sempre più lo stringevano nel loro
cerchio
illis
:
ungiiibus
eiitn
apri
varco con
il
cente a tcrra^
con un
il
la
Ma
,
to-
:
e si
trovò gia-
si
una
di quelle furie. Indi, ricorse
quale purgò
il
,
tempio, consa-
il
Santi Felice e Baccolo (V. Ganzano,
ai
Tegiano
In
di notte
doli,
si
appo
i
\'i
una mucca,
,
Op.
~
lissiva
(f sciati,
»
pulcini
il
,
o
,
,
in sostanza, di
scompare,
si
mandra
una
è ne-
vento
smardi pe-
come
dei seminaristi,
ibid. I,
76-7).
figliuolo presso al cennerale de
:
«
Ti
pigliassi lu vientu
i
panni arrove-
t'^U^t^rV'*^ J.-t^-^*^ ^^cotti ^ti^ ^^'^'^
,
si
consiglia
da
noi
,
di tener
ermeticamente chiuse' portele finestre
^^
fuoco,
si
un vento spaven-
De Nino,
pure
dice dei
si
sul
che loro
Chi vuol ^premunirsi, nidossi
t"-*^'^^'^
che
gittarli
tristu »,
(ranno), lo rimbrotta
Ben a proposito
notte
i
giro,
in
caccian-
,
sttippieddu'^ imQWo) ,
di ciò
Un bambino
(cfr.
La madre, che vede
!
o
qualcosa
dei maiali^
sogliono chiamarli,
tristu
di
pure « lu vientu
una chioccia con
risce
barile,
Pónno anche
Cinesi.
sola parvenza.
la
maàri vadano
una specie del simun^Md.,
te vole,
core
è
i
un quissimile
sempre per vendicarsi
gata.
le
bamboli per deformarli
i
viva_Jorza,Jn un
""a
piedi,
che
ritiene,
a rapire
,
e costringendoveli:
la
animo,
III).
cit.
ha
dilaniare
fece
spada. Al mattino
sol colpo.... ad
crandolo
si
braccio di uno di quegli idolivreciso
vescovo Barbato
al
morsibiis
et
tuniqiie sibi certatim convellere.
;'
se
là-
no,
--^^^
\e
entra la janara_ e storpia
i
Nò, camminando
bambini.
a quell'ora, bisogna voltarsi in dietro. Si corre rischio
di
rimanere
impietrito
statua di sale.
lora
si
:
Ma
vi
è
un
:
quissimile
famosa
della
rimedio per mandarla
il
alla
ma-
appicchi a terra un coltello con manico nero ,
ed
e presto fatto.
do
di
Pure, vi vuol prudenza, specie parlan-
qualche vecchina.Il meglio non
pórre
farsi
le
mani
addosso. Chi vi assicura che non sia una stregacela
La
r^^^^ì
(cfr.
T^à^l sima
una specie
fattura è
di privativa delle
Correrà, nel basile, an.
I,
matrimoni.
i
canzonetta dello Sgruttcndio ad tAmore,
7
È comunisUna
68-9).
p.
quella per fare andare a male
?
fattucchiere
ne
Tiorba
la
-ti-e
a
Taccone (Vili) gli chiede, apostrofandolo pure Sca^-
:(aììiniiricllo,
sul che
può riscontrare
si
il
Vocab. dei Fi-
lopatridi (II, 94):
Gomme
E
li
tu
li
core arruote,
sbuote
ì
Chiù de 'nciarmo,
I
capelli
ciò le
li
tengono
?
\
cosi gelosi.
spesso vomitano
^ono anche
a far
trecce
E
poi
di
morire un amante
capelli.
\
che
>
Giun-
(
sa,
si
un nemico
di
^
cordicella, e bisbi-
\
gliando non so che parolette, muore ucciso, consunto,
)
cui
volete disfarvi.
o come meglio
la
Annodando una
piace....
si
cucinata
la
;
vivanda
!
Ma
vostra ragazza.... o ganza è restìa o pensa ad
ricorrete alla fattura; e
)
de fattura
sono un potente mezzo per operarla; per-
donne
ossesse
le
e
piegherà
comincia
alle
la bella....
cupide brame.
suppongo
Una
o
se
altri,
<
\
brutta,
)
canzonetta tegianese
\
!...
:
\
—
164
—
^
M'
fattu
liai
fattura,
la
Cu' 'na scorza
E
nel Micco Tassare
lo sgargiato »
per
limonu
ri
china, che le promette
Ca
l'
/?i
^
ammica de Mase
mo"
faccio
te lo
una
va a trovare
la
suo soccorso
il
vec-
:
priesto e beloce.
Venire cornino lecora
E
«
comincia a piangere ed a schiamazzare
partenza del ganzo,
la
-/.
quando
,
a
noce.
la
se facette dà' 'no pegnatiello
-^^
Co" 'na vranca de fave, e 'na cajazza,
E^e
nianeca negra 'no cortiello,
E
sammuco
de
'n'argata, e 'na
mazza,
Fece de cera po' 'no popatiello,
E mesese
parlare coninie pazza
a
Chflle solete lloro asenetate,
Credjte da
Qualcosa
Pure
di simigliante
risultato
il
,
Tegiano, ove
marlo
,
e
scure 'nnammorate.
le
il
bimbo piange,
fallu
lu
rimpetto o
ppi'
ventru
bruniano.
Candeìajo
che soddisfacente. In
e
non
via di cal-
è
vi
medico assicura essere dolori passeggieri,
il
guaribili fra qualche ora
comare
è nel
tutt' altro
fu
18-9)
(I,
Diu, 'ncarma
a
comare, che
il
madre dà una voce
vicina
:
—
«
ca
mu' mi
zi
il
(un po')
zi
».
schiatta
suo mestiere, s'approssima
comincia a palpare
alla
Cuiumnra^ mia,
(nap. ^nk^ianiia)
criaturu,
'stu
sa
la
,
alla
sofferente, gli ricerca
con
— La
culla,
alla
le
dita
l'addome, biasciando parole misteriose d'un valore
contrastabile per
fiasco;
giuri.
la
guarigione.
ma pertinace è
Non riuscendo
si
fa
in-
un bel
fede nella bontà degli scon-
la
,
Spesso
si
-
volgo
165
alla
madre
,
in
tono
convinto
lu
«
:
criaturu
Cummà', nun
né quistu, ne quist'autu,
ia
pigliata aruocchi
l'ani
ti
!
»
Per sincerarsene, prende un piatto pieno
lo
pone
dopo
brevi intervalli, l'una
d'
acqua e
bimbo, lasciandovi cadere,
sulla fronte del
tre
l'altra,
a
g occe d'acqua
,
recitando paternostri e gloriapatri. Se le tre gocce galleggiano, senza sperdersi, vuol dire che è faccenda" cui
deve pensare
medico; se no,
il
locchi. In questa
ipotesi
a nocchi lu
« piglia'
Venuto, dopo
,
criaturi
la
viso
L malato, accompagnando
(((
differenza
Cri sci, crisci
dalla
Binirica
!
fattura
^
!
Se
.
prende una chiave mascolina
volte sulla fronte del
le
,
1'
e
sulla
varianti del dialogo
Uocchie
E
e
sputar e '^in
atto con le rituali
autore
si
ignoto,
è
gli si
tante
segnano
croci per
scongiuro (che con
ripete pure da noi)
si
:
si
passa Y anello più
fronte
tempo che dura questo
il
ma-
chiamare.
a
deve
!)
1'
bambmo; ovvero
col pollice della destra
tutto
manda
si
)i
il
chi ha potuto
essersi scusato d'una colpa involontaria\
(ecco
,a
realmente
è
vi
e sapendosi
:
maluocchie
furtecidde a l'uocchi
Crepa l'ammìria.
E
schiatta
Al Piano
si
li
maluocchie!
suol dire
:
Aglie e fravaglie,
E
O
Non
si
è fattura squaglie,
nc'è',
bisogna
gelo, e dice
:
o nun nc'c,
tirarsi
ammcu
!
'a
roce è sempe bona
addosso cattive cose
È
:
!
passa l'an-
da credersi, un gran baccalare.
-
i66
—
—
^
come
chereco de Troja
« lo
»,
ovvero
Sinneco de
« lo
(
Chiunzo
j
ne verrà sempre meglio. Se muore un
per dirla col Basile, nella Clio (XXI, 229)
»
seguirlo due
finché
altri,
giunge
si
prete,
?
devono
(
numero
al tre,
>
:
per-
<
Piovendogli su nel trasporto, verrà giù pioggia
S
per otto giorni. Si sogliono piantar delle croci, dove
/
fetto.
consumano
si
col carbone
reati
od
sangue, o segnarle
di
sangue ancora caldo, non
il
)
prossime mura. Chi, ucci-
altro sulle
dendo, lecca sul ferro
rozzamente
è
tormentato dai rimorsi. E poi, chi vede continue fan-)
quando
tasimc, vuol dire, che
omise
Dar
Nel
maliarda,
una donna,
longobardo era un
— causa
di
sacerdote
buona azione.
quel gobbo, che smarrì
di
una grave ingiuria.
—
si
davvero non
non mancano
la strada,
dopo lunghi aggiramenti
Noce
è
poteva
si
Benevento, intorno
di
far
così,
qualche
novella di
la
viaggiando
trovò, per
alla
ammaz-
sempre
è
racconta pure appo noi
Si
di notte,
fortuna, alla
quale stavano allegra-
mente ballonzolando moltissime streghe con una
nità di stregoni
mirare
so
il
tafi'eruglio
in cui egli si
tutti
cosi
in
diavoli.
e
come, da una
(
delitto addirittura; e la
mali,
tanti
Ma
impunemente.
perchè, a volte a volte,
«
il
<'
della strega ad
dritto
zare
battezzò,
si
delle parole.
di
E
quella tresca, fu scoperto,
strega,
la
infi-
formatosi di soppiatto a
quale lo invitò
al
portò con tanta grazia e maestria
non
ballo,
,
che
quanti se ne maravigliarono; e gli presero perciò
grande amore
mezzo
,
e
fatta
,
che
,
messoselo baldanzosamente
portare una certa sega_di_ butirro,
-
167
segaron con
gli
e
veran suo dolore,
essa, senza
con un certo impiastro
subito
subito
cicatrice
la
bello e guarito ».
seppe
condurre con
di Peretola
;
Lorenzo
non
Firenze
di
riuscì.
gli
Bellini in Pisa).
sanarono
Francesco
(V.
xxv Gennajo
Il
casa
a
compagno non si
del buon gobbo
altro
del
gobba,
la
gli
rimandarono
lo
e
un
discrezione
la
e la cosa
Redi, lettera
D"".
— Ma
marzapane
di
1689
al
racconto popolare
è,
,
(Li-
per intero, nella Novellaja fiorentina dell'Imbriani
vorno,
1877)
n.
XLIII: Idiit Gobbi, con
vari riscontri
i
segnati in nota.
Ciò
che è detto delle streghe, va ripetuto anche degli
Unico
stregoni.
singolari
è
assume (come
s'è visto
mitologia popolare
:
rasacco
,
,
fondamento
il
:
esser fornito di virtù
per aver patteggiato col
,
Fracassone
diavolo.
Il
quale
anche altrove!) vari nomi nella
Farfanello, Lucifero,
Bruttabestia
ed
;
Tentillo,
più o
è
Pa-
meno
fornito di corna e di coda. Tal fiata assume forma di
caprone, di gatto, di cane, e simili. Pure
mai
a desiderare, in fatto d' astuzia
Me
conquistare un'anima.
tarello
:
//
dimonio
,
non
,
specie
ne sono occupato nello
nelle storie popolari,
lascia
se vuole
scrit-
inserto nel solito
"Basile.
Questo quando opera direttamente.
suole valersi di
altri
pitato; renderlo, in
entrar nel
:
una parola,
strane, (^rlasette^ lingue,
gorio III pretendeva
il
vernato dal demonio:
si
Ma
corpo
sbiritato.
per lo più,
di
Fa
un malcadelle cose
atteggia a profeta. Gre-
longobardo Astolfo esser go-
— «Antiquus
—
168
—
quippe humani ge-
—
neris
diabulus ejus perfiduin
hostis
(Lettera a Pipino del 755.
Gasparino suo compare fuori lo caccia.
ricorrono
degli esorcizi^atori di mestiere
misteriose parolette.
Il
si
O^TTvv
tutti
Vi son
qui.
sapete,
—
di Melfi,
adoperano
che
,
come
prete,
».
Appo
non
iMa,
come
ritrovato della moglie,
al
ec).
corpo del duca
lo Straparola (II, 4) entra nel
e
cor
invasit
— Troya, IV, 692
certe
vale delle
preghiere e di acqua benedetta.
Comunque,
se è lui
che opera, qual meraviglia
tribuire strapotenza agl'indemoniati
zuoli
si
La grotta
?
afferma opera diabolica. L'aquedotto
sulla strada
che
mena
Barliario indi Bajlardo
a Salerno
o Bajalardo
at-
Poz-
romano
assegna a Pietro
si
,
di
al
cui proposito
il
Finamore ha pubblicato una novella abruzzese (V ..uirch.
per
trad. pop.
le
D'Ancona ha
È
1886, voi. V,
scritto
inutile dire, c\\q questi
sizione
libro del
il
flisc.
I,
85-8), ed
p.
un articolo nelle sue Varietà
maghi hanno
(I,
il
15),
a loro dispo-
comando. Gabriele Fasano
nell'ot-
tava vigesima del quarto canto del travestimento napoli-
tano della Genisnleinme Liberata parlando d'Idroate dice:
—
«
Ched
era 'n autro Pietro Bajalardo ».
nota, chiarifica
:
» Pietro Berliario
rottamente detto Pietro Bajalardo
suo gran pentimento, che
il
capo
nato.
di
il
,
si
che meritò per
lo
segno d'averlo perdo-
vede oggidì nella Chiesa
San Matteo Apostolo, Cattedrale
lerno
poi, in
Santo Crocefisso spiccasse
dalla croce, a dargliene
Questo gran miracolo
—E
famoso mago, cor-
della Città di Sa-
».
L un
protagonista
realmente
D
fl-f|>
—
169
—
esistito
,
intorno
al
^d
>.
^
p
quale, more solilo,
sono raccolte varie
si
Lo
tradizioni.
I
)
ricorda
(Voi.
De
il
II,
Renzi nella Sloria della medicina in
II 8).
p.
Mazza
Il
d'averne
tanae historia (p. 33 e seg.) assevera
il
sepolcro con
la scritta
Petri Barliari
gistri
Era cultore
goneria.
Su
Hoc
est sepulcruni
visto
m. ma-
».
scienze naturali, d'alchiinia e di stre-
di
di
«
:
Urbis salerni-
libro:
nel
Italia
può
lui
riscontrarsi
poemetto
il
Vita,
:
conversione e morte di Pietro Barliario, nobile Salernitano
e
famosissimo mago, composta da Filippo Cataloni ro-
mano, che
Comparetti ha ristampato
il
Virgilio nel medio evo. (In
del
voi. II,
p.
283-306). Ricorda pure un'
meno completa
nel
dal
edita
,
1799: Stupendo
con la vita
fra
altra
Marascandoli
Con
si
vende ad un soldo
è
Si dice che
una
ripubblicata
/ più
furono
donna
,
<
che
trasportare
opera
nascose
i
i
sassi,
il
Nap(ìli
uno
!
in
testa di
raccomandò
di
Tutto
sarebbe
,
meno
suo galletto
sozì di Pietro
che facevano
a
questi avesse
docili all'avvertimento
Tovesciato. Già
-
1'
se
in
in' ot-
napoletano.
dal
5;
dai muricciolai.
volta gli saltasse
Guai
galli.
compirsi
pria di
posta
Biagio dei Librai, n.
S.
nir di porto Salerno. All'uopo
i
;
data in luce da Luca Pa^ien:ia
e
piccole varianti,
uccidere
Lucca,
morte di Pietro 'Maliardi famosissimo mago,
e
solito Luigi Russo, strada
e si
redazione
in
,
miracolo del Crocifisso di Salerno,
opera nuova per consolazione dei peccatori
tava rima
'Documenti
i
Livorno F. Vigo, 1872.
fordi
tutti
cantato
rovinato.
I
un' avara di
sotto un tinello
avevano cominciato a
al
proposito. xMa, ad
lO^
,
un
tratto,
andò
I
alla
quel maledetto gallo cantò chichirich); e tutto
malora
compagni gittarono
mare
in
sportavano, e fuggirono
stono a testimonianza
isoletta
bocca
impauriti.
nel golfo di Salerno,
due
i
tre
le
questo
di
E
detti dal funesto volatile.
han confermato
a spuntare
cominciando
,
i
)
/5w
X
'^'/^
sussij
J—i
form.mo una
e
così
Galli
tre
che meritasse
versi,
che tra-
Pure, esse
fatto;
cioè
giorno.
il
pietre
epiteto
1'
che corrono
,
lo
bocca in
di
:
avesse 'o piiorte
Si Salierno
Napule
muorte
sai ria
Nondimeno, adesso
!
cerca rimediare alla
si
fallita
im-
presa.
Il
cosiddetto Bosco-di-Meta, in prossimità del posto
daziario ed ora di pertinenza della famiglia Lauro, in
diebiis illis
un bosco;
era realmente
Niotte lo trasfornìò
un
in
Per dire che uno
è
ma
bel giardino
Pietro in una
.
un biricchlno, ne ha perpetrato
« Ne ha f;Ute chiù de
Ne iia tatto chiù isso K^*
'^
ca Catucce », sul quale ultimo nome si può vedere
un conto pubblicato da R. della Campa nel Basile.
Una notte Pietro volendo salire per la finestra da
delle grosse
,
suol ripetere
si
Pietro Baialardo
Ovvero:
».
:
«
^
una sua ganza,
si
fece legare ad
dispetto, lo lasciò a
a prendere
Più curiosa
il
è
libro del
la
una fune;
mezzo penzoloni. Ma
comando,
l
'altra
egli
p er
manda
e subito ò liberato.
fine, che in certa guisa,
si
avvicina
a quella di Fausto.
Pietro era vecchio e carico di colpe, e da un
\
\
\
\
^
mo-
'ì
'fy
^
mento
all'altro
Ma
ferno.
Pasqua o
vi
e
avrebbe potuto andarsene dritto
rimedio per
il
avendo
Dà
sole ^
andare come
e via
in
!
che
così quello
la
dice di
uomo.
dell'
Ode una prima messa
Roma
il
in
castagna.
Il
secondo
demonio^ già
si sa,
zione della mistica vivanda
si
un'altra
confessa e
,
gli
altro
l'
una
gitta
avrebbe voluto una por-
onde ne
,
a cavallo
insistito
lo stabilito
il
che afferma
,
pone
indi
,
zomunica. Poi esce fuori ed avendo
,
come
andare
Si
ed
;
lo licen-
,
Gerusalemme,
ed una terza in Salerno
•^per aver la parte
vento
diavolo zoppo
al
ment e
trasportare
farsi
come
andare
preferenza
la
messe cantate.
udirsi tre
demonio per
risposto di
E pure
zia.
doveva
Natale
di
Chiama un primo
all'in
Al mattino di
salvarsi.
fu sdegnato
,
e
dette col piede in terra, e sprofondò e disparve. Si dice,
che
in
Salerno,
fu salvo
si
veda tuttavia questo fosso. E Pietro
!
Rinomato
in
Sorrento, è
(V. Ganzano, Op.cìt. V),
(id.
Vili),
È
sulla
vi
t^
il
via che
rano, che tino a poco
vi
e
fa,
il
diavolo
Casa Boccia
di
tesoro incantato della
mena
Conca
Nar-
a Massalubrese.
allo scoccar della mezzanotte,
mo^
appariva ujiJbruiio__gMyeixierq_su_^di^^
rello.
Percorso
tre volte
questo spazio
si
precipitava
nel burrone sottostante. Vociferavano esservi un tesoro.
Allora vivea a
spetto di
>
lommella un uomo audace ed
stregone
,
roprannominato
la
in so-
Canesca.
Gli
ricorsero tre giovani avventati, anelanti impossessarsi
di tanta
ricchezza. Vi aveva un libro, ottenuto miste-
riosamente da un mago.
Promise
il
suo
ajuto
;
ma
LP—
pretese da ciascuno l'anticipo di venticinque ducati, e
promessa
la
di toccare
un
recare
di
maggio, con lunga
di
E ra
bujo
scala
co me
ma
fitt o;
loro fiducia
di
s'
introdussero
vi penetr ò
te mpestato di
appare
tutto
ragazzo
oro
gran frastuono
nebra, trema
perduti
!
il
gemme.
e di
monte,
prima del tempo
Si era toccato
»
tutto
,
Cenesca sclama
e la
di
so le
Il
fan-
un pugno. Che
fiamme
libro va in
Il
!
nell' antro.
un raggio
stupefatto, va per raccoglierne
ciullo,
e
,
tesoro solo a cosa compiuta. In una notte
il
che sparve per sempre, sprofondando
otte-
si
«
:
Siamo
tesoro
il
,
monte.
il
L'infiltramento delle acque, in quel punto, avea for-
mato molti
stallattiti,
quali in alcune ore del giorno
i
apparivano risplendenti come gemme. Poi
allora
coperti
Anche
avanza
terriccio, e nulla più
il
Tegiano
in
ab antico fra
le
si
in
del terreno
,
di
un tesoro nascosto,
rocce del monticello Petrone
sua forma detto pure
vangando
buccina
« lu
cuppulinu
quelle prossimità,
arso per
la
si
mancanza
Un
».
fin
una
d'
gli
ti
tosta
,
lagni
chi
? »
'ne.
monacu miu,
« Zi'
mancu
(romperla), e a
spisiLV
—
li
sajetti
».
di
stilla
si
dalla prolissa barba
'sta
)
agghiancarla
\
essi'
l'uocchi pi'
monaco non risponde verbo.
un pugno di terra, e comincia ad
«
Questa
'
{
«
è ricchissima
!
Là
^
'^"
\
Per-
:
Il
esaminarla con curiosità.—
;
';
terra ia accuss'i
potini
mi poveromu m'hana
palata
S'abbassa, raccoglie
la.
ngi
la
occhi e
bianca, dalla fronte rugosa, dritto ed atticciato
che
per
,
contadino
dolea della durezza
acqua e della fame che lo rodeva. Alza
vede comparire innanzi un monaco
ha
li
incanto.
tale
di
'
''^**
^
**'
'*";
">
'j—
l
j
,n^
yA*
sotto {al Peiroiie) v' è un tesoro che
guardava
fouìi
mentre
impresa
sempre
e
,
.
!
uno ha almanaccato come impos-
questo tesoro
sessarsi di
dell'
ca-
E quando
parlare.
a
Lu
».
imbambolati
cordone era scompatso
il
più d'
secoli
donne
occhi
monaco continuava
il
volle baciargli
Da
con
trasecolato
;
lì
ma
scorato dalla difficoltà
,
Sapete
suo posto.
al
se-
il
monaco ? Recarsi processionalmente in quel_
che poi
luogo; far la com unione ad una ca^ra^jiera
greto del
,
bisogna sgozzare, per immolarla
rita, farà
dove
pochi passi ed andrà a cadere proprio
è sepolta
tanta ricchezza.
incorrerebbe
nella
preferiscono
la
mondo
scomunica
salute
dell'
;
punto
al
Ma, praticando
e
anima
come
sapete
a tutt'
ciò
i
,
tesori
i
s'
più
del
!
Ormai
è
noto
A
lu
A
lu
:
paravisu
Chi ngi
va',
E
li
belli
cosi,
ngi riposi.
'mbiernu tanta genti,
Chi ngi vai
si
ni penti.
nu' servi chiù pinti',
Q.uannu
Chiama
'inta
si
nu' po' assi'.
ajutu, ajutu, ajutu
Santu Antonia
Curiosa è
e Giasucristu jettani
piacevolezza
la
(Facezie, motti
di
genio custode. Fe-
al
et
quel romito,
il
riferita
burle ecc. Venezia,
fuocu
dal
!
Domenichi
1571,
p.
:
235-6);
quale voleva metter d'accordo Dio
col demonio. Già pareva che fosse per riuscire all'impresa, tanto più, che la cosa
quattro parole
:
si
poteva accomodar con
Peccavi, domine; miserere mei
174
!
E
il
dia-
volo
dirle
Bene
«
:
? »
—
»
E
altro
!
sta
Tu
«
—
!»
fatto
il
—
Dio !»
a
Tanta potenza doveva destar
Di qui una
lotta
male
santi
varne
ed
il
fra
;
i
continua
basta aprire
a bizzeffe,
Anche
Milton.
i
questa contesa, anzi di qui
sotto
piedi
i
invece
nominare
di
poeti, puta caso
s'inizia.
e
il
Tasso
il
demonio
il
Nella chiesa par-
)>.
suol dire
si
Pitrè
Il
che ha
noi
di
«
:
Chillo
(XVII, 97-8)
magno
ricorda una storia del Santo, con
,
Tra
debellata.
bestia
sotto a S. Michele!
che sta
bene
il
demonio. Per tro-
il
ha un San Michele
vi
,
brutta
la
gelosia di qualcuno.
tradizione popolare rappresenta
la
rocchiale di Carotto
la
incessante fra
angeli ed
gli
,
noi deve
di
clii
sdegno.
parti pieno di
si
Ma
«
Allora non se ne faccia
«
intervento
diavolesco, in trentasei ottave siciliane, tuttora inedita.
È
di
noto, che
la
Madonna
l'ha
schiacchiato in forma
serpe, rettile, che e servito più d'una volta a rap-
tempo
presentarlo. Anzi, un
ponevano
le serpi
recensione del
titolata
:
Tegiano
Grimm
si
dà grande
detto anche Pnmpnuaìu.
nella
notte di Natale
,
fin
ne' suggelli
come
si
Va gironzando
nella
la
il
^Cammoiiii
hanno da
il
a
es-
Pumpunalu
neonato ed occupare
Guai chi non crede
,
pel paese, specie,
in cui le incinte
sarebbe capace di rapire
culla.
fabb ri
dem Slangen. In
JVitege mit
importanza a
sere più sagaci del solito. Sgravandosi,
posto nella
i
può vedere
d'un libro di Moriz Haupt, in-
Kìeincre Schrìften,
,
,
incoronate,
tal
il
ratto
suo
!
In
punizione potrebbe nascere un Pumpunalu invece d'un
marmocchio! Di rado
in
questa
D
'75
notte
fatale,
i
gio-
vanotti
recano
si
tale essere
non
in chiesa per
Armato
terribile.
,^s'imbrodola nel brago della via
serqua
bastonate
di
i
son
primo
al
a
caldaja
acqua ac-
d'
Cosi saltando dentro
le finestre.
malgrado,
costretti, loro
Ma
Pumpunali rincasano impauriti.
Le madri provvide pongono una
canto all'uscio e sotto
bastone,
una mezza
e scarica
,
'passeggiero.
sul
tocco della campana,,
attaccar briga con
nocchieruto
di
prendere un bagno ed
a nettarsi della sozzura raccattata di fuori.
Pel fascino, volgarmente detto
ne hanno
scritto
il
Valletta,
il
dopo che
la jeltalnra,
Pitrè,
e
va-
tanti altri
lentuomini, mi restringo ad un cenno. Chi ha l'occhio
piccolo e porcigno, o gli sbatte, o parla e sputa è un
jettatore di sicuro, specie se porta
Statevi in guardia
!
anche
occhiali.
gli
mirare un lampadario ma-
Basta
gnifico appeso ad una galleria per farlo cadere in fran-
tumi; gittareunosguardo ad una gallina, che_fa l'uovo,
buon
per procurarle una cattiva morte; augurarvi
vertimento
,
mentre
vi apparecchiate
gnata, per farla andare a male.
svolto in
modo
L'
argomento
è
tamente, non mancano de' rimedi. Antonio
Schioppa
ha scritto V ^Ant idolo al Fascino (Napoli, 1830).
gli
altri
medium.
cioè
,
Il
marzialeggiando
carrettiere, ove^
il
il
:
stato
Ma, fortuna-
straziante dal Michelet.
antichi consigliavano protendere
di-
scampa-
ad una
Gli
dito medio, piegando
Et digitum
porrigito
cavallo s'impunta, sputa
tre_ volte al suolo, e sparge per aria uii^£ugno di terra.
Così rompe
il
malocchio.
I
testimoni
deporre falsamente, sputano prima a
f^^^MJ:^^
176
,
quando vónno
terra,
yU*«-^*
4^
come uno
*^
f
scongiuro de' possibili mali, che potrebbero venir dalla
Un
menzogna.
bue su
di
verde e
Perciò
di
contravveleno sono unj>aip di
un armadio o
rosso
il
si
ritengono colori avversi
bottegajo appende
il
un portone.
di
delle corna
cornai
giallo,
Il
il,
alla jettatura.
cosi
dipinte.
)
Abbiamo
cornetto
pende
mamma
già visto, che la
catena dell'orologio
Forse
cornette alla collana.
l'indicare
fida,
'no Beneviento
vicino
portone.
al
E
da cavallo accanto
I
I, p.
finestra.
che v'hanno ferito col malocchio;
non avete paura. E poi
due foglioline
Ma non
so
di ruta
finir
:
è
,
appendono un ferro
Le noci
le
anime
le
il
ma
a
tre
canti
fuoco, è segno,
sputatevi dentro,
un ottimo preservativo.
ci
stringe
i
il
cuore
:
le
i
anime
dei santi. (Cfr.
chant Lemural
cursive del Lalins,PATÌs,
morti loro apparissero,
quali, nella tradizione
vanno processionando^n
elude sur
costumano
70). Altri
portatevi sempre in tasca
Gli antichi ritenevano, che
che
senza
trapassati.
sotto forma di fantasmi,
vale,
(<
questo capitoletto senza dir qualche
parola d'un argomento che
de^poveri
godono
od inchiodar due barbagianni
servono, allo stesso scopo. Se crepita
e
dal^
quelli
per valermi d'una espres-
fabbri ferrai
alla
se l'ap-
fascio di
spesso anche
forniti, si
»,
sione del Basile {Pent. Voi.
piantare un sjm^revivo,
donna un
tutto questo deriva
che allegoricamente ne sono
pagare
la^
:
corno^ abbondanza.
il
bimbo un
al
o d'oro. L/uomo
corallo, d'avorio
di
alla
pone
011 les
1884;
D
>77
frotta.
medie-
Sovente sono an-
Georges Edon, Nouveìle\
Frères Arvales,
— Du
et
Vécriture
Mcril, 'Pocsiesla-^'
iines popnìaires
vi
—
;
ha malvagio,
un momento
la
resipiscenza
di
pitali, in
quando
istanti,
var l'anima, fino
grida di orrore
sia
tutto è finito,
la
E
;
condanne
nelle
mi
si
anche con un'elemosina minima. Le
poi
stiziati
Vicaria
,
si
ponevano
in
loro
si
loro
la
sua parte,
teste de' giu-
certe gabbie di ferro
Queste anime, salvandosi,
e trovandosi
non mancano
,
le
che eran
a perpetuo terrore dei malfattori
poter beneficare altrui
ca-
de' Bian-
,
dice
Ciascun contribuiva per
!
Dio.
andavan facendo
Si
e
falli,
di
cerca sal-
si
Congregazione
ben morire.
sante messe pei condannati
perdono
del
ali
giustiziabili.
ai
Napoli ed altrove,
chi confortava a
non possa avere
e pentito de' suoi
;
essere accolto sotto le grandi
Negli ultimi
Non
Leggenda aurea, eccetera).
quale in extremis
il
di
alla
,
!
in
grado di
esaudire chi
rivolge; di mostrarsi grate a quanti han reso
Raccomandandosi
benefici.
a'
buoni
più
spiriti,
d'uno ha sfuggito d'essere impiccato, strozzato, afforcato.
Formano da
rinfresca le
anime
volgersi loro.
in
Le
angeli custodi, specie
posta
a bella
ossa di morti
;
dagli avelli
si
fiducia.
Sovente
raccolgono delle
fragi;
;
si
insidie.
Son
sono armate
ri-
di
han percorso od ucciso V assassino, o
fatto qualcosa di simile.
molta
bimbi. Chi
spesso, han soccorso qualcuno
quali,
grave pericolo; lo han liberato dalle
sorte
ai
del purgatorio, ha più dritto a ri-
ed alleviare,
Anche
sulle
elemosine
sia
i
naviganti
barche e sui
vi
per procurar dei suf-
pure d'un solo istante,
pena.
è.
178
nutrono
bastimenti
la
loro
Le fiammelle o fuochi
ritengono anime del
fatui sì
purgatorio.
Oh
questa morte
!
quando meno ce
Ma
,
in
tempi
altri
che
cogUe
ci
dice che
si
,
all'
con
lo aspettiamo
il
la
improvviso,
e
sua h\ce fatale.
Signore mandasse
ad avvertire almeno una settimana prima. Cos'i ognuno
aveva l'agio d'accomodar
al
le
cose sue; di apparecchiarsi
viaggio; di farsi dire
fatai
messe per
delle
sal-
la
vezza dell'anima.... o sprecare in gozzoviglie fino
Mandava ad
ultimi spiccioli.
un angelo
non
quale dovette convincersi
il
,
avvertire, per
buon vento.
tirava troppo
gli
mezzo
di
che per
lui
Perciò, spiegate le
ali,
,
se ne tornò nella sede celeste.
In Tegiano
si
aggiunge
rimediare in parte
panìellu
Si
febbricitante.
(
«
]
ed avvicinatosi
)
(f
ì
'«
>
)
sta'
avea
campaniellu
'e
agli
occhi
,
San TascaìeH!
l
ricavare dal Vigo, dal Peignot, Rechcrches
ì
sur
)
J
Una
les
esclama
dauses des
inorts.
(Dijon,
dan:(a dei morti del sec.
V^rch. Trent."
an.
V
si
—
Ne
potrebbe
hist.
et
Ut.
1826); dal Largajolli,
XF! nell'Alto
Trentino (nel-
ecc.).
Dico solo che
-
—
179
:
truvà'
»
qualche notizia
e
;
—
di pianto,
indugio a parlare delle danze macabre.
han discorso parecchi
con
chiede:
Stanotte ne è venuto a
mia.
cam-
figliuola
la
buon mattino passare
di
grembiale
il
visibile,
(e forse a torto!) 'u
—
cummara
Non m'
buon Dio
il
angelo
Una comare la ferma, e le
figHata ? »
Dà in uno scoppio
passo frettoloso.
Come
vede
dell'
Una donna
San Pascale.
'e
)
!
che volendo
un rumore battezzato,
sostituì
Ah
,
mancanza
alla
vi
hanno
anime dannate, purganti, scordate, pezzentelle,
so io !"^Alcune stanno sopra, altre sotto terra
in alto, altre a mezz'aria.
Gesù
Cristo, sotto
non fermarsi mai
di
!
Quei
6
condannato a
preti che in vita
mancarono
reckar lemesse, devono restare sulla terra
non abbiano rimediato
chiese dirute di
al
che
e
alcune
L'Ebreo Errante, che respinse
peso della croce,
il
:
malfitto.
campagna
Escon
di
pallor della
col
finché
notte nelle
morte
sulle
guance allampanate. Celebrano messe silenziose senza
suoni
di
campanelli
,
od
al
Le ascoltano quanti
tabelle.
più con lieve strepito
in vita
di
neppure pensarono
ad udirle. Qualche nostro vecchio racconta, che uscito
per faccende ad ora insolita, ed entrato in una di queste
chiese per udir messa presto,
delle cose; e,
istante
s'
!
//'
è
accorto della verità
mentre fuggiva, tutto
7
-^m%^
i8o
è
sparito in un
innanzi ad un albero di lauro.
Che
è
Che non
?
La sprona per rimuoverla. Indarno. S'accresce
quando vede
aviglia,
statua della
la
Madonna con una
lioccia e dodici pulcini di oro. Figuratevi
•
La
quale ordina di trasportar
il
Ma
tedrale.
capi
si
zata sotto
il
nome
di
primitiva
la
il
tra-
!
che volea restare
,
pensò ad ampliare
rinviene
si
rinnova
dell'alloro. Si
pie'
sporto per ben tre volte, invano
Allora
tutto nella cat-
qualche giorno dopo, più non
suo posto, anzi a
si
!
notizia propagatasi e propalatasi, giunge fino al
vescovo
al
?
una gran fiamma.
a pie' dell'albero
S^approssima. Scorge
è
me-
la
quel punto
in
chiesetta
;
e
ribattez-
,
Santa-Maria-del-Lauro. (Cfr, Ca-
passo, Memorie storiche delle chiese sor renf ine, Napoli 1854,
E
137).
p.
stata
la
anche
Taborre
tradizione ripetè, che quella effigie era
ed onorata in oriente
vista
che per fuggir
e
la
miracolosamente aveva cercato
il
dubbie.
Il
dai
\
che
risulta
restaurata
fu
mario
de'
fatti
2 giugno
indicati
i
1748
del
della lite fra
poli e la famiglia
,
nel
1206
arcivescovo di Sorrento
un documento
in
<
Patriarca Antiocheno riferisce un'iscrizione,
vescovi di Stabia e di Jìqua.
zione
Meta.
ì
da Alfcrio
sacrata
cielo di
abbiamo prove non
Dell' antichità di questa cìiiesa
dalla quale
monte
sul
,
persecuzione dell'Isaurico,
e presso
il
Ma
(
men-
(
som-
)
seggio di Nido di Na-
?
,
allegato
Vulcano. L' incoronazione
vari miracoli.
)
assistito
Borrelli ne fa
Il
1218
il
,
con-
e
nel
si
capitolo Vaticano
lasciando
queste ed
fé'
il
sono
altre
notiziucce, voglio solo dire, che la festa se ne celebra
—
Ji^
182
pompa
con gran
l'argomento
pletamente
nel giorno otto settembre; e che del-
occupato pure
è
si
P. Francesco
il
il
Ganzano
Liguori
e più
com-
La Madonna
,
del
Lauro, Stor. documentata del santuario di Meta. (Avel-
Maggi, 1888).
lino,
Nel Rivolo
mezzo
impose
glietto
cui
una Madonna su tufo ben
vi
è
festa
si
celebra nel due luglio.
Trapani
alto,
Domenico Trapani.
tal
vi
al
avrebbe
mattino
A
Vergine apparve
cavare in quel punto
far
perchè
,
un
volte ad
tre
di
eseguendo ciò
in
la
del secolo decimosettimo, la
sogno
in
Meta
di
serbati, e di
sotto un
,
un
rinvenuto
Gli
cespu-
Ma
tesoro.
trovò quell'imagine. L'istesso
si
una
vi fé presto elevare
cappella
,
alquanto
perchè trovandosi in un rivolo, non fosse so-
verchiata dall'alluvione.
•
prima era nel casale
Santa-Maria-di-Galatea
nome,
in prossimità de'
questo
nome
Madonna. Vi
stile
di
da un tempietto
rina Galatea. Mutati
la
colli
si
,
nella quale
si
bambino
in
giata sur una sedia col
prima
Si pretende questa la
,
aumentata
la
parrocchiale, e
ed agli
I
altri
U\
su
;
si
sagramenti.
Mauri ed
fin
li
i
e
Ma
,
al
misero tutto sotto
183
-
ada-
grembo.
del Piano.
Ed
so ne edi-
,
continuò
ad esser
precetto
pasquale
facciamo un passo
Saraceni nelle loro
-
legno dorato,
di
rappresenta
chiesa
adempiva
dea ma-
alla
popolazione
ficarono altre nelle varie borgate
la
tal
culto vi fu sostituita
il
pose una statuetta
greco-bizantino
anche quando
dedicato
tempi ed
i
di
Fontanella. Assunse
piraterie
sopra
,
e
si
in dietro.
spinsero
distrussero
m
anche
Dopo
chiesa.
la
tornano
vari anni, vi
naturali,
i
senza darsi alcun pensiero del delubro e della statuetta,
che credevano
mattino
armento
voce,
spine
fatta
pezzi.
in
primavera
di
1580, un bel
suo
il
in
prossimità della quondam chiesetta,ode una
che
l'invita a rimuovere quelle erbe e quelle
che nascondevano
,
Pure, nel
donna pascolando
una
,
donna non
insistente.
se
l'
effigie
ne dà per intesa
Non
;
vede nessuno'; e
quei ruderi.
fra
ma
si
la
voce
pone ad
fa
si
La
più
origliare.
Alla terza chiamata conosce esser voce divina. Subito,
quanto
fa
le
vella
;
era detta, e scovre
si
Con grande
e tutti
affollano meravigliati.
si
una cappellina con
popolana
vi
lampada
e
fiori
Vi accomoda
accesa
ed
;
ogni
accorre a curiosare ed a recitar preci. Di
cominciano
qui
imagine.
l'
gioja comincia ad annunziar la lieta -no-
nella chiesa di
i
miracoli. L' imagine fu
Mortora
;
ma
trasportata
quei di Galatea
dolenti
andarono
a riprendersela; e la collocarono in altra cap-
pellina di
fiori....
fu ritrovata
nella
La dimane, con meraviglia
Mortora
chiesa di
adesso. Quegli ritennero, che
e perciò la riportarono a
si
,
dove
di
tutti,
e
anche
fosse involata di notte;
Galatea, custodendola gelo-
samente. Lidarno! Si rinvenne nella nuova chiesa, onde
la
lasciarono andare, ritenendo esser questa
lontà. Si conservò ivi; e nel
giore,
venne posta su questo
quadrangolare a
tuttavia
si
figura
di
in
nonché
il
-184
-
di
troncata
storici
Ganzano).
sua vo-
la
l'aitar
una nicchia
piramide
conserva. (Cfr. Cenni
ecc. già citati,
dt^-
1657, rifatto
di S.
mag-
marmo
,
M.
dove
di G.
•
,
p
Anche
Santa-Maria-dcl-Toro-in-Vico-Equense
di
sì
racconta una storia consimile.
Non
so che Caterina, storpia ed ammalata, in una
notte del 1530, vide insogno una maestosa Signora:
«
Va, Caterina,
e là, innanzi alla
—
—
disse
le
nella
grotta di Villauto,
mia immagine guarirai
svegliata, raccontò tutto ai genitori, e
durla
in
quel
sembrando
ciò
lonca serviva
luogo. Kssi
».
!
mostravan
si
Al mattino
con-
sollecitò a
li
repugnanti
inverosimile, tanto più che quella spe-
come
stalla di
animali vaccini. Finalmente
contentarla, che
vi s'indussero più per
devozione
molti per curiosità o per
per altro.
vollero
,
E
accom-
pagnarla.
Arrivati nella grotta
nudarla
sotto uscirono
l'effigie
fede
i
si
alcuni coloni
,
della
Madonna. La Caterina
trascinò a pie dell'immagine; e
In quel punto fu eretta
la
La
domenica
nella terza
Ma donde
!
un eccesso
in
Di
e finalmente
,
di
rialzò guarita.
si
chiesa, che pure oggi esiste;
forse la più bella del Vicano.
posamente
meraviglia
magnifiche pareti
delle
fecero a de-
si
Qual
delle erbe e dei dumi.
quest'origine? È
festa
celebra
si
pom-
di ottobre.
facile a
dirsi.
Nel
se-
colo decimoquinto vivea in Vico una brava e pia persona, Natale Villauto. Per sua devozione fò dipingere
nella grotta di
in braccio.
a
un suo oliveto
Lui morto,
segno da perdersi
luogo l'imagine che
il
gli
fin
fu
la
la
eredi
memoria;
rinvenuta
Cnnzano). La Madonna
-
Vergine col figliuolo
non
di
i8s
vi
come ho
Pozzano
-
badarono più
esistervi
si
in
quel
detto. (Vedi
trovò
in
un
pozzo
dove era occultata
,
qual proposito
al
;
Maria
riscontrare V Istoria deìf immac;ine di S.
può
si
di Polivano
(Castellammare, 1859) del P. Serafino de' Ruggieri.
Nel soccorpo
magine
appo
,
tAuxiliniìi
:
Antonino
vi
Ve
Nella stessa parrocchia
dal
altra
trovava
Turchi invasori
I
im-
confraternita
la
ne è un'
Si
racconta, che versasse lacrime e
si
e un'antica
raccoglieva
si
Cristianoruììì.
giugno 1558.
nel 13
e
quale
{Fustigantinm).
dei Battenti
tolo
di Sant'
la
ti-
Casarlano
in
pugnalarono;
la
di
stille
sangue.
un artVesco, rappresentante
v' è
Maria
Palumbo
pascolava jHia_giovencji in quelle_v|cinanze^
Da mezzo
Vergine
la
cespugli
a'
bambino
col
ode una voce
un secondo
tutto al padre,
poco
a
abitazione
di
solito
anche
Martire
chiesa, che
con relativa
ai
Padri Domenicani
;
e trascritta
pure nel libro dei
esistente nella parrocchia di Santa
Seano
il
vi
la
si
e
occupato
al
Canzano.
è
1'
imagine
Forse è detta cosi perchè
i
riferisce
l'immagine.
Casarlano. Dell' argomento
Maria
Ricorre
si
le
ritrova
e
1425 fu affidata
matrimoni del 1679
A
scena
quale
Così da una relazione serbata nell'Archivio
Pietro
S.
la
nel
,
sulla guancia. Allora
quale scava
poco sorse una
nel
di Napoli.
di
a
il
ma
;
giorno
un terzo
e
un colpettino
dette anche
Li,
Di' a tuo padre, che venga
Lei non se ne dà per intesa
»
!
ripete
(
:
punto; e troverà una mia imma-
a scavare in questo
gine
in braccio.
festa nel
due
la
di
5.
Maria La Vecchia.
più antica di quelle parti.
luglio.
Gran
fede vi
marinai; ed ultimamente ne celebrarono con
—
186
hanno
pompa
,
il
Presso
centenario.
delle fiammelle accese,
Pure Santa Maria
,
,
tempo
in
tempesta,
la
ajiint
///
Vico
in
Equensc
ritrovata in una
fu
di
veggono
si
!
Gra:{ie
delle
deciquarto
secolo
nel
chiesetta
questa
quando imperversa
guerra, o
chiesetta
mura
quasi colma di terreno^ in vicinanza delle
della
città.
Altra ve ne e in S. Agata
della chiesa è una .bellezza:
molto
pure
,
secondo giorno
festa ricorre nel
La
antica.
Pentecoste. L'altare
di
mirabilmente intarsiato di
madreperle, agate, lapislazzuli, corniole ed altre pietre
Verso
preziose.
Festinese di Massa. La
alla
Madonna
E
si
si
due
della strada,
promessa
la
in
si
!
i
lupi
fermò lasciando
(cfr.
(jnassae,
Op.
celebra nel quindici agosto.
cit.
p.
Capo Corbo
tanella,
fede, al
fu
di-i
preda.
A
^
San-J
4),
la
vi
è S.
salutano
tempio
di
aggregazione
delubniin di Minerva.
festa
di
la
Ganzano).
il
passo,
nuova
voto
fosse
che infestavano quelle contrade.
Massa Lubrense
villaggi, lubrense dal
si
il
la fanciulla
spaventata, fece
un tempio, se
vi
tal
Riviezzolo, con una semplice benedizione,
a
snidarono
Anche
d'un
figlioletta
La belva giunta vicino all'immagine
muro
mantenne
t'Angelo
e rapi la
mamma,
di edificarle
restata illesa.
pinta sul
decimoquinto,
lo scorcio del secolo
venne un lupo da Fagito,
Maria
della
I
—
di
Ca-
Lobra. La
marinai alla vista"
affettuosamente.
Con
la/
Minerva, nella collina Fon-
sostituito quello della Vergine, in parte coi
ruderi dell'altro
,
e si dipinse l'effigie
pareti. Distrutto dai
sopra una dello
Turchi nel 1564-70,
-
187
-
fu eretto
un
\
altro a Campitello,
muro con
dal
dove
recò V istessa immagine tolta
si
singolare
da
perizia
scaldolo (V. Sor. sac. ed
del P.
ili.
Costanzo
Para-
Bonaventura, San-
t'Agnello, 1877, P- 55-64)-
giacché siamo su l'argomento consentite che
h,
giunga
qualche
Galline in Pagani,
La
piove troppo
si
,
tima
domenica
Dura
tre giorni a
vi
quale
la
celebra
festa si
intorno
notizia
collega
al
nostro tema.
/;/
albis
se
)
)
di luglio
punto culminante,
non
e
,
§e
e
fa
in
tutto
il
si
(
accompagna-
]
o
tingere
amarante. Al passaggio
si
a
sul
due
lazzano intorno.
di
di
colombi
assicelle
vaccinai
o più
li
\^i
,
le
la
questua.
delle
migliori
che sogliono
piani,
Lo
mo'
a
vende
d'
E per
lanciano.
piedistallo della statua,
li
e
,
per
l'i,
una scansia
talvolta
e molti
li
lo
abbastanza
spazio sarebbe angusto.
quei volatili
festa toglie
coniglio, e
devozione.
congreghe, banda
delle tortorelle e dei colombi,
fermano
grande ed
con
precipuo è
già pronta una
galline,
più
,
o svo-
Il
mastro
anche qualche
acquistano per
è chi offre delle gabbiette (\) trionfo) piene
sollevate da quattro aste unitamente alle
adorne
di
carta dorata e colorata.
conducono innanzi
giovenche, montoni, e
fin
—
alla
I
processione
parecchi
vacche
,
qualciie maiale, tutti nastri
188
(
domenica. La statua della
paese
Scopo
popolo.
è
ì
;
preti, fratelli delle varie
di
conto.
tien
e nel lunedi
il
mento
concorso
,
La processione
pirotecnici.
percorre
Ogni popolana ha
ne
cominciare dal sabato,
Madonna
e
ma
rimanda. Ricorrerebbe pure neir ul-
sono molti giuochi
di
agdelle
domenica
si
nella
Madonna
alla
,
a
vari colori.
donna.
vendono,
Li
e
guadagno va
il
non mancano
questuanti
I
di
zelo
alla
Ma-
perche
,
raccolta riesca copiosa. Si recano fin nelle
la
botteghe
e ciascuno contribuisce per la sua parte.
Ma donde
(fra cui
il
il
Galline? Vi ò chi
delle
titolo
ritiene
quondam Monsignore Ammirante) derivare
dall'aver le galline, razzolando, scoverta l'imagine della
Madonna;
che
e così e scritto sotto alle figure
dispensare
gliono
occasione
in
della
festa.
so-
si
Altri dal
tributo di galline, che fin dalla edificazione del tempio
cominciarono ad
valse
pellativo
della Fia:iia
,
divote.
le
ofi^rir
distinguere
a
tale ap-
Maria
Cannine
Capua
specificazione è irriverente. In
vi
per divina
dormendo
in quel
intercessione dai sorci
t.
II,
n.
,
Commentari
V era
decimosettimo.
inedia,
i
al
Pel-
Madonna
col
principio
del
stata
bisognava andar con
e
una inondazione,
sequestrati in casa, morenti
rivò una moria di cinque o sei
un forestiero storpio
la
e fu rinvenuta nel
tanto che per soccorrere
di
la
sacello, e leccato
La nostra immagine rappresenta
secolo
Maria
S.
T>e Basii. Suricorum).
3,
figliuolo in braccio
Nò
ha
guarì da un' osti-
,
nata lebbra (cfr. Can. Pratillo nei
legrino,
Frati.
non so che Ar-
dei Sorci (Suricorinn), detta cosi, perchè
rigo Imperatore,
del
convento dei
nel
dall' altra
Comunque,
S.
barchette,
le
paralitico,
donde de-
persone. Capita
mila
che per carità viene
allogato vìqW Oralorio, contiguo alla parrocchia di San
Felice
/;/
venivano
Princis detto pure spoglialo/o, perche vi condei
confratelli
—
carnìelitani,
189
—
e
vi
serbavano
i
Uà
loro abiti
solendo seppellire
,
parete gli pende sul capo, e
La
defunti.
i
pone
si
mezzanotte è svegliato da una voce
ciano a squillare. Si destano
Verso
l
trova
\
comin-
^
,
che accorrono
cittadini
i
)
celeste, e si
Le campane scosse da mano ignota
guarito.
a sincerarsi coi propri occhi dell' accaduto.
Si
pone subito ad
un luogo
fu recata
non cadde
stilla
in cinque
— come
si
Castellammare
nel
convento
da
un quinquennio, orbo
di
con
al-
tempo
lavoro, venne
ebbe copiosa raccolta.
di
Stabia
si
ì
:'
)
^
'
[
Angelo d'Amato,
serie dei prodigi. Frate
la
—
dicono,
mesi. In questo
il
\
)
per avere
,
muratori
Ma, terminato
d'acqua.
giù pioggia a catinelle, e
Di qui
quale,
chiesa
compimento da cinque
a
manovali
trettanti
La
decente.
più
una
edificare
',
che dalla
russare.
a
quel
sera,
immagine
rivolge le sue preci a quell'
tale
)
trovava
^
piedi.
Nel calen
su d' un carro
mento,
moto
alla
di
alla
ed
attratto
maggio 1609
nuova
sola invocazione della
e la vista, e celebrò la
pensò
[ì]
chiesa.
messa
di
mani
farsi
Deposto
e di
recare
\
)
sul pavi-
Vergine, riebbe
il
ringraziamento
di
su quell'altare.
Antonio Di Simone
vaso
dal
del casal dei Pccorari
demonio. Invano
preci
era
esorcismi
ed
bastò
condurlo nel tempio per vederlo liberato.
stesso
accadde ad una
tale
Silvia
Pagano.
Basile di Sanseverino, viaggiando per
ficile,
precipitò col
salvo.
V era
,
si
in-
Ma
Lo
Antonio
un sentiero
mulo da spaventevole
cassandosi; ed alla sola invocazione
!
dif-
altezza, fra-
\
trovò sano e
^
un ribaldo paesano, Andrea Pepe
—
190
—
,
alias
\
Capitan Garzicchio, che capitanava un branco di banditi.
Nel 1660
alla
piazza di Pagani
menica
lugliatica.
scopo
Corte-in- Piano allo
convenivano
quanti
ligiare
nascosero nel vetusto castello accosto
si
Ma
si
festa
alla
una tempesta
suscitò
spaventò; ed appena dispersi tornò
che
,
sereno; e
il
sva-
di
ultima do-
dell'
li
ce-
si
lebrò una festa solenne con gran
concorso
Allora s^inanimirono a ritentar
prova; e discesi nel
piano
trovarono
si
,
mano
devano
d'
esser cinti da
anni dopo, un
sforzi, più
gli
s'
avve-
una catena adamantina. Due
Giuseppe Frabacile
tal
mortalmente
tempio
gente.
di
inchiodati da una
ed
arrestati
Raddoppiando
invisibile.
la
ferito
,
trasportato nel
ne usci sano e salvo.
Il
medico Francesco Tortora, mentre nel 1739 da Agerola (dove esercitava la professione)
guano
monaca
curare una
si
recava a Gra-
monastero
\
Ni-
)
colò di Mira, precipitò da un'altura insieme col suo ca-
}
a
Invocata
vallo.
la
Vergine,
gli
nel
di
S.
sembrò vederla per
l'aria
che lo staccasse dal destriero, che restò sfracellato, e
sviluppati
i
piedi dalle staffe, lo condusse
'^
^
felicemente
\
lontano dodici palmi. E quando
cattiva novella,
rire innanzi
Ne
Jine.
alla
minori
piangeva morto,
lo
marito
donna
sei
avuta
la
ì
vide ricompa-
l
,
sano e salvo.
sono
i
Nel 1660 una
cima de'
famiglia
la
perchè lo
l'
intervento delle gal-
donnacchera
capelli;
in gattabuja.
\
con
fatti
e gli
sgherri
era
indebitata fino
vanno per porre
Lei promette una gallina alla
liberi.
Birri e creditori
casa, e colpiti d'istantaneo
D
—
191
il
Ma-
entrano
in
accecamento, noi pònno
t
>
)
rinvenire,
l-,
una quissimile dei soldati
comandati
Siri
da Elino.
Nel 1697, Domenico
chiesa
si
,
donne
di
non
casa di
dare
colle
Un
li
della
mensa.
odore.
Si
si
iP
dare
non so dove,
famiglia di dar
alla
come
destinata
offerta;
fosse apparecchiata per
dovette gittare.
si
un'amica una gallina con
lasciò ad
?
Ma
i^^K
gallina
muore. Le don-
Nel 1696, una femminuccia paesana, dovendo an-
l'incarico di consegnarla a suo
\
la
alle
que-
apparve in tavola era tutta inver-
\
*^^
:
ai
pose a cuocere ed esalava un gratissimo
Ma quando
minita e schifosa, a segno che
mA
mani vuote
ordina
gallinella
invece, perchè ben grassa,
la
della
richiamano, e ne consegnano un'altra.
quidam, nel 1708
r equivalente
gallina
solita
la
precipita dalla terrazza nel cortile e
nette spaventate
-f^
cappellano
governatori ed ordina
i
partono
Questi
stuanti.
si
Amarante,
quistiona con
lei
tempo
ai
governatori.
vinta dall'avarizia, la sostituì con altra di
minor
pregio. Nella vigiUa della festa quella tale gallina allo
spuntar del sole, se ne vola
trovatala
chiusa
ferma
si
alla
sur
volta della chiesa;
un
vicino
e
pogginolo.
L
Indarno accorre
spalancata
dove
la
molta
porta
resta tutto
riormente, viene
il
,
se
gente per acciuffarla. Invece,
ne vola su
giorno senza
esposta
al
1'
aitar
toccar
maggiore
pubblico in un gabbione^
e le uova, dispensate, dettero salute a vari infermi.
penne
erano
di
color tanè
,
,
cibo. Poste-
abito della
Madonna
Le
del
Carmine.
Nel 1708, un sagrestano
-
192
ruba
ed
occulta
una
di
queste
galline
ma
;
gli
fugge sul piedistallo
dopo
l'anno
un volo
spicca
,
Lo
statua.
e
Ma
s'
ancora
sendovi
imbranca
fra
novenario per onorare la gran Signora
Carmine, volgarmente
del
di Nocera dei
ciità
e
questuanti
i
l'uno stampato
,
tìcc.
in
Napoli nel 1763. Qualche
si
potrebbe cavare
SS.
XXX
In Napoli
^
)
(
j
)
j
\ \
l
ì
;
stam-
nella
due
li-
Trani nel 1724; l'altro
in
altri
Targomento
altra notizia su
illustrata de' santuari
Storia
dalla
settembre
MT)CCLXXXFII,
peria Paciana). Precedentemente v' erano
bretti
,
Sagro
Madre Maria
Padani, coronata nel
Giuseppe Messina
di
la gal-
delle Galline, proteggilrice della
di questo corrente anno di nost. salate
ecc.
avvenne
altre (cfr.
le
e
folla
alla
stesso
Marzano. Un'avara nasconde
in S.
promessa.
lina già
scappa in mezzo
della
^
più celebri,
delle
festività
più solenni ecc. di
Gaspare de Luise, impressa pure
Parmi
inutile
in Napoli,
aggiungere, che
il
quadro
M.
nel
T.
di
Mater-
di
domjnij. in Nocera, fu rinvenuto sotto terra; un' altra
imagi nejii Avigliano, su
di
un sambuco;
di
Capitanata sopra una quercia, ecc.Ta
E
potrei
1'
(
1873.
Incoronata
)
(
?
lunga.
lista è
^
raggruzzolare
parecchi
esempli
,
se
non
vi
^
fosse rischio d'andar troppo lungi dal nostro
Pure,
—
cazioni
so
si
non m'inganno,
ponno
— queste
centro.
molteplici cspli-
\
?
raccogliere sotto un sol punto di vista.
^
È sempre
la tradizione,
gini un' origine
ai
che attribuisce
meravigliosa
,
alle varie
rimontando per
tempi degli Iconoclasti, quando furono
ad una
erano
fiera
rette
persecuzione ed anche
da governo greco.
'9J
Ma
al
le
fatte
imma-
]
lo più
}
segno
nostre contrade
cessare della pro-
l
}
scrizione
di
,
cominciarono
maggior
luce.
Pure
i
tano, e che porgerebbero
si
ripetono su
mi son
per giù
far
a
fatti
capolino
mirabili
campo
stessi
gli
ristretto a riferirne
^
—
risplendondo
si
non pochi
,
qua e
là
raccon-
raffronti,
,
per cui
una sol volta, come sem-
plice saggio,
j
a
,
che
194
—
<?
GAP. IX.
SALUTI ED AUGURII.
1^
^^
rendere
alla
pello; fare
Ed
persona.
Fra
primo
è
superiore.
il
gli
uomini
si
una scappellata. Se
baciano
Buon bespero
Santa notte
!
mani
le
:
ossignuri'
Buon
si
adattano
l'inferiore,
che deve
saluto dovere.
il
salutare
desta
Salutare e cortesia;
L saluto è degli angeli.
I saluti
Che diamine
di
il
cap-
condizione più
mo-
Saluto Vostra
«
Buona notte
!
giorno
!
»
!
costuma cavarsi
E
simili
!
Eccellenza
Buona
sera
sono forme
!
!
e
formole ordinarie.
Gli amici {hic
ci
hacc homo
!)
doppiamente quando vón rendere
L'ha detto
il
P armi in
v ersi
si
baciano
la
cosa più aftettuosa.
bellissimi;
in
viso, e
ed un bigotto
avvocato del nostro foro ha stampato una allegazione
sul bacio.
Gli
ecclesiastici
(
/
o
le
persone
'95
di
chiesa
sogliono
,
dialogizzare
Viva Gesù
«
:
seppe 'ncumpagnia
Di lontano
«
:
mano; o toccando con la punta
come in segno di baciamano.
Curiose son
da'
Cerimonie
«
le
Cavalieri napolitani
Son
E
Giu-
sempre
e
tutto vostro sfTè
la
,
del
il
si
Tufo
dice
ci
:
niÌA
cas.i
l,i
:
»
!
e creanze proprie usate
Vedendo un amico
ha serbato memoria.
E San
«
delle dita le labbra
delle quali
e
»
—
»
Ogge
facendo un segno con
suol salutare
si
Maria
e
Ovvero
».
!
Vossignoria;
di
Servasi pur di me, dove mi vede
Atto a servirla
Se
s'
imbatte
esclama
«
:
si
cava
Come
berretta e
la
le
all'uscio
,
la
sul cavai
si
siede.
vede.
scorge in terra,
si
fa
le
complimentano
Vada per
gran
reverenza.
:
cortesia
con leggiadria
Replica
al
primo
Se non va prima
«
Deh
!
Ma
il
qui starcni cento
mio signor Giovanni.
vada pur (risponde
Vada pur
volentiero.
l'altro alfin
Obedrò
Or
fi
:
al
:
"
il
ann
»
Cavaliero)
»
Come
mio signore
»
a
buon servitore
(Op.
cit.
p.
164-5).
Se
si
punto,
Di grazia padron mio, Vossignoria.
L'altro
alla
s'inchina.
trovano a passar due cavalieri per uno stesso
subito
Se
».
o
cosa divina,
Dal suo cavai, se
la
maggior momento
o avanti
in cocchio,
Subito che
Se
di
Vi son schiavo, vassallo e servidore
vede una donna
finestra,
cavallo od a piede.
a
una persona
in
i,
In Tegiano è proverbiale
:
Ti salutu bell'arcu, bellu pintu e beliti fattu,
A
chi
ti
veri e nu'
cita
saluta, lu culoru
ti
tramuta
questi versetti è preso dall'epilessia.
Ed ora passiamo
In ogni
musica
auguri.
agli
od
festa
intuonando
nuovo genere,
di
scambiare per affetto
;
contadini per ossequio
i
aggiungono
vi
olio, vino, eccetera,
con
le
espressioni del cuore, quantunque espresse
zamente nel loro linguaggio
de beve,
I
comme
Una
sono
Ciucceìdc (IX,
Gomme
Vola
!...
Mille
ed
!
!
Puazze aunnà'
»
mezzadro, mezza-
par:;jaìe,
non
'n
17)
vede'
a
Il
Lombardi
il
ri-
scrisse
cane, eh' abbajamio
li
uno dioto
a l'uorto
lo parzonaro, e ba sbuffanno.
al
e
più.
:
sera dell'ultimo dell'
bona sera
un po' roz-
volta, coltivando la terra, dividevano
Correno 'ncuollo
La
:
volgarmente parytinale
detti
o
colto con l'affittuario. Ora,
in casa;
mare
l'acqua de lu
nostri contadini
nella
loro
più tenere
cient'anne
« Pe'
Maluocchie nu' nce pozzano
!
par:(onare da par:^ionale
iuolo.
:
ai
dei regali
ghiurnate .'...Puzzate campa' quanto 'o pane
"e cheste
e 'o vino
una
prodigando auguri sempre
e
padroni o proprietari. Anzi
pollastri,
certi
con
orecchi
gli
mancia. Gli amici se ne sogliono
in vista di qualche
frutta,
non mancano
onomastico
strimpeliatori andar
o
!
vede l'arco baleno, e non re-
Si suol dire, che chi
suono
del
anno
si
suol girare di casa
lammnrro beneaugurare
buon pencipio
-
r'
197
anno
»
:
«
La
cantando alcune
\
d'una nota canzone, che io
parti
altrove
occupandomi
,
chivio per
si
tradi:^ioni popolari
le
cominciando dal padrefamiglia
E
voi.
,
specificano gli auguri a ciascuno
l'altro
risponde: Aiìimen
professione
sanare
nella
vincere
,
canzone ve ne
Né meno
359). Poi
p.
componenti
«o/4 chillo caro palre
:
A
!
II.
dei
,
».
!
che hanno una
quelli,
adattano delle parole, come, che possano
si
ammalati
gli
pure pubblicato
lio
proposito di tale uso (Ar-
di
E
cause e simili.
le
poi
è per tutti.
che
curioso è ciò
si
mezza
pratica dalla
notte in poi. Per lo più degli uomini van girando di
porta in porta, scagliando vicino a ciascuno una pietra
calcarea, e pronunziando ad alta
cramentali
quanto peso
si
presenta
Tanto
«
:
ottenere
per
janco e cuntento
« Siate
gnore v'aonne
cano capannelli
di lauro,
'e
bene
!
che girando
,
e
di
a vuje
,
:
man-
ramuscelli
augurano
di casa in casa,
'O lauro
ripete
'O Se-
Più tardi non
con manate
,
sono più
penuria, è
o meglio
lettale
(come
questi giorni
pezzenti
non mancheranno
di
«
:
penne». Al mattino
cu' tutt' 'a famiglia.
», e simile.
anno
chist'
rimunerazione
la
parole sa-
le
e 'a
a tutti
'nferta
a
».
In
i
tutt' 'e
ragazzi
di
buon capo d'anno
me
preta e
'a
i',
voce
guadagna'
puozze
il
di
Fate
loro
carità
la
colmarvi d'auguri. Specie
comunissimo
pc:(;^ire
generale in ogni festa)
in
insistenti.
fra di noi l'andar
in
,
e
tempi
pezzendo,
(adopero questo bel vocabolo
dia-
ingiustamente escluso dalla lingua, mentre pure
ha accolto
il
sostantivo, e
—
pe:i::;endo
1Q8
—
unito
al
verbo an-
-Jì5
hanno occasione
dare). Cosi spesso
di
<(
fare pasca »,
ammannire un buon pezzetto con ogni
cioè
Non
corrente.
mancar
voglio
raffronto fra la canzonetta
zese di Santa Siliviestro
con quanto narra
di
(Basile, an.
(Usi
I,
istituir
32, 80); e
p.
Costumi ^bru:^-
e
172-7). In occasione d'onomastico
:(esi,\l,
altro oc-
potersi
con quella abruz-
pianese
De Nino
il
dire
si
sogliono
perchè quando sono lunghe indicano
tirar le orecchie,
vita prospera e feconda.
Bevendosi qualche liquore, specie del vino, invece
de' desinari
brindisi
di
modestamente
A
«
:
dà' pe' cient'anne
'ncuorpo
!
»).
!
illustri
In alcune case
E
di risposta
si
ponevano
non
la
mano
costoro o dal più anziano
nuova per
la
ci
:
ripetere
Me
!
più
lo puzzate
Pozza scennere
«
a mangiare, senza
genitori ed ottenuto da
ai
Gustando una
benedicite.
il
prima volta (uva
duricine, albicocche tee.)
che
suol
si
».
aver prima baciata
frutta
,
vosta
salute
la
si
ha fatto campare un altro anno,
,
cosi
Tegiano sclamano
«
:
Gesus
!
(cfr.
,
Cinquanta
XXXIII). Oppure
guadagnano
si
pesche
ringrazia innanzi tutto Dio,
can:(oni popolari napoletane, n.
un gloriapatri
fichi,
,
e poi
»
si
dice
indulgenze. In
le
recitano un pa-
ternostro.
Anche
fra di
pare che
si
(come
noi
adesso, puta caso,
le
costumasse recider
che andavano a marito
era
lo
altrove, e da qualcuno pure
donne d'Introdacqua
stesso
che
;
le
chiome
onde augurar
affrettar le nozze.
199
—
in
alle
tale
Abruzzo)
fanciulle
recisione,
Ci autorizza a
mentre
ritener cosi la divulgata frase vergine in capillis,
leggi longobarde
nelle
è ripetuta
avevano
casa relidas. Se le innupte
Muratori^
il
capiUo in
in
filias
:
capelli
i
cosa di simile. Ciò e confermato dai versi
Ermengarda ricorda
zoni, in cui
mano
essa recise di sua
Ora,
renza è
«
Salute e
«
:
Puozze ave' bona
Ai bimbi suol
Tcgiano
In
chiome
le
Martinu
!
«
:
sciorta
dirsi
Alle
ragazze
»
!
in
:
segno
di salute.
«
nella
riferito
Dialetto napolitano, MaruUi-Livigni,
chiude
:
Benericu Santu
Guida
(p.
63)
Pratica
si
con-
:
A
la salute s(>je
— Salute,
Ca mo'
nenna
te
a la cantina
pe' te
bella,
vene tutta
Tiene fravecato
Ca
mo'
a bevere tutte
Janimo
int'
Va
bona,
canzona
;
li
confiette;
sposa co' Nicola
la
santa notte a
te,
d' 'e
figliuole.
faccia
de rosa,
cocca, va cojeta a riposare...
te
—E
statte
'sta
a lo pietto,
Bannera, arcebannera
—E
uommene compagne.
mena ognuno
Q.uanno farraje
santa notte,
Figliò, salute a
Quando uno
giorni
simile ricor-
in
»
».
In un canto a figliola
del
!
Oppure
».
!
averle
».
!
Crisci
(f
:
Benerica
Man-
d'
nel di dello sposalizio.
mascule
figli
del
madre
alla
formola più comune d'auguri
la
osserva
,
maritate dovevano essere senza o qual-
le
nostri
si
nenna bona
te;
starnuta
ripete
figliò
^
si
e sola
figliola...
suole augurar
macchinalmente
—
200
—
;
felicità.
ma
in
Ai
altri
Roma
tempi in
mortifera
(591
moriva starnutando,
scampi dalla
venne
rica
bacco
—
:
scoverta
T'ajuti Iddio, se
«
:
—
Iddio
«
dell'
Ame-
non
è ta-
In servizio vostro
«
qcc.
Noto
1882).
con un ringraziamento,
l'augurio, l'altro risponde
fra cui
volendo
»,
goder
dire, di
salute per adoperarla a prò di chi ha fatto voti
buona
per
la
!
M. Di Martino, Lo Slanmto,
tatorio (v.
.Dopo
di
Di qui pre-
cioè:
t'aiuti! »
«
:
ricordando esser questo un potente starnu-
»
!
un'epidemia
fu
vi
del popolino.
dir
al
— Dio
morte — Dopo
moda —
tendono l'augurio
ti
ed altrove,
?)
che avca per segno lo starnuto. La gente
,
Pure
lui.
oggi
vorrebbero fare
novatori
alcuni
smettere un tale uso, che è assai più antico della suc-
cennata epidemia. Otto Reinsberg Dùringsfeld, in uno
scrittarello
,
Felicità,
tunamente
,
che pure
simile riscontro
servi
!
»
— ed
:
1876), nota oppor-
:
—
ovvero:
»
!
Romani
i
che Edw. Tylor
,
Greci solevano esclamare
i
Vivi
«
Mar-
volgarizzato dal nostro Di
tino (Pavia, Successori Bizzoni
—
Salve
«
{'Die ^Anfange
!
«
ti
in
,
con-
Anzi, aggiunge
»
der
Iddio
osserva,
Ciiltiir)
Chi
vago
costumarsi anche presso
i
varie formole, riscontri
grazioso libricciuolo. Tra noi
la
formola più comune
E
l'altro
risponde
e viecchio
lattia
!
»
:
—
onde
è
«
:
—
non
si
è
si
Viva
«
Grazie
— Quando
starnutisce,
valescente. Talvolta,
tarro,
il
barbari.
uno
!
»
!
»
è
o— «
Oppure
:
Felicità
—
a principio di
buon segno
:
il
«
?
>j
«
una ma-
attribuisce air inizio d'
catarro
!
Santo
ottimo, se con-
suol chiedere a chi starnutisce
che? Hai preso
delle
— Le beghine
:
un ca-
—
(f
E
consigliano
crocesignarsi starnutando
perche un demonio profit-
,
tando della bocca aperta (e ciò anche
in
caso di sba-
diglio) potrebbe entrare nel corpo del malcapitato.
Tegiano due volendosi beneaugurare, costumano
In
ripetere questa filastrocca
—
—
—
—
—
—
Neh
«
:
cummà'
!
?
_
.>
«
He accunzatu
«
Acconza, accunzaria
«
Chi
«
Te manno
«
Vienetenne, Mariuccia,
Che
me manne ?
Qno
«
niulinu
lu
!
«
!
»
»
!
»
Mariuccia.
bella farina te voglio
»
fa',
Janca e munatella (fina, fina),
Corame
Auza
'na piccola fajelia.
'e
perù,
'stu
Carcame
mola,
'sta
Cu' 'nu bellu maritu,
Questo
caso che
nel
verso
difica cosi l'ultimo
zata
te
Ovvero
deva
!
»
muntagna
'a
quest'altro
cape
'e
—
«
Oh
!
:
—
mo-
La pozzo vede' scapezda scandalezzarsi. Ab-
come questo
:
Somma.
'e
Chella
«
{aW
spave
Non manca
—
«
in contrario,
scennesse aute e tonne,
Quanto
glieva 'o
—
auguri poco gentili,
gli
Che
:
»
!
vuol bene;
Non ce
Diu vole!»
si
,
bondano
Diu vole
si
le
qualche scherzo
bene mio.
e
che luna
È la Riana stella,
Quanno nu' tengo renare,
«
Vache facenne
mamma,
ombelico)
zella
!
»
?
:
che
nu
te sciu-
'nce
per-
Forma
chi
a^
quasi
1'
ironia,
vuol male,
si
marmocchi
La frevu
Ed
nevu
si
A
ripetere^ specie
rimoiiiii, li brutta spezia, 'nu
a trièminilu, la frevu malegiia.
nevu
la
suol
si
qualche altra occasione
in
:
—
a lu spitu (^schidione)
a lu solu
!
Arieggiano
»
sogliono scambiare
questo
caricatura degli auguri.
;
Lu putintissimu
comu
la
Tegiano,
in
fra di
certi
«
riscenzu
(convulsione)
Puozzi aumintà'
ovvero
«
comu
la
complimenti, che
loro paesi e paesi,
come
:
Maratea, senza sole,
Uommene
E, se
Maratea
Ovvero
st'
altro
,
:
—
che
«
si
senza parole;
corna avessero frasche,
le
saria 'nu bosco.
Pagani, magani o magari
dice di Scafati,
il
Sgruttendio, attribuito ad un tale che
le
ortiche
»
luogo
si
— O que-
natio dello
era punto con
:
Scafati,
schifati,
Malacqua, nialagente
E pure
Il
l'erua
che mi riduce
alla
malamente.
è
mente, che
in altri
tempi era
tenuto
come un peccato contro
mento,
l'aver chiamato Iddio parziale o spagnuolo,
si
dice
nello Specidum
il
secondo comanda-
Confessarionun (1525)
lentano Fra Matteo Corradono. Prova
come
del
ci-
non dubbia
dcl-
l'avvcrsione de' Napoletani verso gli Spagnuoli.
Dicendo
di
sperde fino
uno:
vada
significa che
il
«
Se ne pozza perde'
alla
malora
ricordo.
—
203
,
al
'a
semmenta
!
»
diavolo, se ne di-
-u^
notte a chi resta!
« Felice
non m'importa un
—
—
te.
male
«A
Chi ne ha avuto avuto:
«
Puoz/e essere salutato
si
possa sonare a morte
mala pasca che
vatta!», possa aver
te
!
Ma
lasciamo questo tema, e torniamo
Tegiano
In
guri.
suol dire
fiurisci
Pozza
il
comu
fiurisci
mazza
la
ri
la
messa
S.
Giuseppa
Natale verso un'ora di notte,
di
il
!
!
padrefamigUa
più anziano pone sul fuoco un ceppo (slreppone)
non senza
essersi
prima prostrati
tutti
A
e recitata un'avemaria.
coro
glia ripete in
t'anni
,
«
:
finché
,
compie
chi
Lu puozze
figUu miu...tata
fuoco
al
si
camina!
terra chi
la
Puozza aumimà' comu aumenta
o
sinceri au-
:
Pozza
Ivi,
a'
specie in occasione di partenza,
,
miu
perversa,
si
contro
pone
una
si
tempesta.
la
la
Il
ati
ceppo
cienlascia
si
dura due fino
serba
Ove
fami-
come un potempo im-
il
fuori alla finestra; e tutto finisce in
un attimo. Allo stesso scopo
testa,
rito,
mette' pe' 'n
ecc. ».
ad otto giorni. Ciò che supera,
tente rimedio
a faccia a terra,
il
consuma. Talvolta
si
od un
paletta
si
adopera una
Da
coltello.
noi
falce
si
in
ritiene
cattivo augurio spazzare di sera; lo stesso se
si
versa
rovescia
il
vino.
del
sale e dell' olio
Ove una
cucitrice
;
di
lieto
,
agucchiando
sangue, buon segno
:
se
si
si
punga
e
ne spicci
quella veste dovrà consumarsela
lei.
Trovarsi una formichina
è
204
;
^
da 'no campanaro! », cioè,
per
«
—
fico! »
addosso
è
lieto
augurio.
^
,;
P
l
Cosi una lucertola
due code. E
a
contadine riten-
le
gono, che chiudendone una nella cassa o cassone del
grano, quello che
Vedendo
chio.
vi
serba
si
aumenti
,
nuova, specie se una vaccarella
vede con
si
caso,
lest.i,
piircieddn ri Sanili
la stessa virtù
Come
,ylnlonitt.
specie da chi ha qualcuno fuori, puta
America! È sicuro
in
breve una
fra
///
oc-
d'
buona
San Bartolommeo,
di
che non deve mai uccidersi. In Tegiano
attribuiscono a
vista
a
venire in casa una fartalhi; reca
indizilo
dover ricevere
di
lettera.
In Ischia nelle ore pomeridiane della vigilia di San
Lorenzo
costuma
si
carboni del santo,
il
scavar
la
quale,
come
per
,
questa è senz'altro
rinvenire
benedetta.
Ma
portati
e,
più
i
trovano; e devono rassegnarsi nella speranza
Massa Lubrense
In
anno
un altro
più fortunati
si
piena di
si
cresca un
esso
,
buon
raggiunge
sale
;
cifetto.
l'
di
rondine
omino ammodo
ma
li
in
non ne
d' esser
stimola.
che facendo inghiottire
ritiene,
ad un bambino un cuore crudo
viva
vaghezza
se
,
i
sapete, fu arrostito
Questi carboni sono sacri
sulla graticola.
casa,
terra
con
squartata
la
zucca
quanto dicono, non sempre
a
Pure
si
con fervore
pratica
,
e
con parole d'augurio.
lì
rare
chi
le
non ricorda
donne
contenute
sonno per
p.
in
,
alcune
tarli
i
cose che sogliono augu-
bamboletti
ninne-nanne
riposare?
41-2) ha ricordato
canzonette
le belle
cullando
il
Anche
?
Le espressioni
Le invocazioni
del
Tufo
al
(0/).
<://.,
principio di parecchie di
tali
:
—
?
20S
—
il
O
Nunziata min,
falla
dormire
La Nunziata nu' volc canzone.
Ma
vele paternuostc e orazinnc.
Ed
alla
figlia
mia,
te
Mannaie
mamma.
'nu marito senza
Potrei ancora continuare,
che curioso lettore ha avuto
a
chiamma
Santa Maria, che ognuno
ma sono
la
stanco; e se qual-
pazienza di seguirmi fino
questo punto, dev'essersi annojato.
rimandar
venga
il
la
cosa ad un' altra volta
capriccio.
Pel
anche io l'occasione
di
mandargli un
—
206
quindi
supposto che ce
momento non
Fine.
N„.
LJla,.
_,
È meglio
voglio perdere
lieto
augurio
!
?
^^
—
a
^-^^-INDICE
Al Dott. Giuseppe Pitrè
ALCUNE TRADIZIONI ED
Pag.
USI
RENTINA
CAPO
I.
—
»
Bambinerie
.
Prime cure materne.
— Rimedio
—
il
campanello
non andare
per
viene
e// //il
lappa
juocu re
mondo.
al
li
!
di
A
nasconiie';
^4
infantili.
in
iscuola.
pingula!
A
Lu
spacca-
inamiiiera e nocella; Cniiniià' seta-selella;
e
piu\o.
—
j
— Come
— Presepe. —
— Giuochi;
'Irica e scainpag itola! Tiiigtcla,
«/rt^^u
i
Sant'Antuono.
brecce; Scole seni iste! Tuppè, tuppè!
stroiniiiola;
»
.
Cornovaglia.
in
— Trastulli
Scimiotteggiamenti. — Castighi
si
V
NELLA PENISOLA SOR-
Sticiiiie,
stieune,
A
mia cor-
tina! Ipotesi esplicativa.
C.\PO
II.
— Feste,
Carnevale ed
fiori e i-rutì
i
suoi giovedì.
w
—
Ln
rato tegiancse.
— Ca— Agnello
Minestra maritata, con ricetta del Tufo-Cortese.
satelli.
—
Uova pente
descritte
da Dei-Tufo.
Pasquale.— Offerta pasquale della vassalla sorrentina.
La mongana
di
Sorrento, lodata da Ortensio Landò.
—
207
—
—
28
w?
Burri piancsi.
— Giuncata. — Diverse specie
e
— Copeta San Martino. — Bucco— Anguille Sarno. — Vari
matdi
voci di venditori.
lica
natalizia.
di
carnevale.
—
domenica
delle
— La
Quaresima.
palme
majo sorrentino.— Regalo
Sorrento.
tagli agli
—
Re.
—
San Pietro.
— Statuto
CAPO
gigli di
—
III.
nella
—
La be-
—
dagli amanti.
recati
—
Nola.
Fiori, cristalli
— Offerta
Il
del
e
ven-
Municipio
al
dell'Assunta.— Prognostici
vigilia
vigilia
— La
sera di
Sorrento.— La
di
del Grillo ad un governatore
Napoli.
Focaraiii nella
delle maritabili
di
I
Eletti di
morte
e le frasche di Scano.
— Fiori
nedizione delle case.
di
trastulli
— L'ultima
forze d'Ercole, Lucia canazza.
tacini,
ficlii
di
— Festa
San Giovanni.
di
— La
caccia del bufalo.
cuccagna.
sorrentino sull'esequie e sul lutto.
DiVHRSI RIMEDI!
»
58
Segretisti.— Frottola per fare uscire sangue dal naso.
— Catarro. — .Mal orecchie e occhi. — Vermifugo.
— Rinforzar reni. — Acqua d'Alinuiri, e relativa
lastrocca. — Dolori
membra e
denti. — Malsot— Verme finocchio. — Funghi. — Come medicano
contusioni
testimonianza del Cortese. —
Virtù chirurgica de' Vulcani. — Come
verme
sana
d'
d"
le
fi-
di
tile.
di
di
si
le
e
,
si
—
del cavallo.
— Parafulmini
nuovi.
—
I
cerauli.
—
uccelli.
i
La
—
mistici.
il
— Denti
canna ed
Le formiche che mangiano
—
— Non
— Agricoltura
— Le
i
vecchi
e
serpe.
il
nidi
degli
è da intrecciare
Previdenza pria
trova una cosa smarrita.
C.-\PO IV.
— Li
gallina cantatrice.
di venerdì.
capelli
si
Destriero di Virgilio.
di
bere.
— Come
cent'uova ed
i
pazzi.
''77
e cacci.\
Feracità del suolo della penisola sorrentina celebrata
dal Pica.
togalle.
tini-a
gli
— Arance,
— Prima
il
smercio e perchè
si
chiamano por-
— Con— Sant'Antonino e
Grotta acquara. — Gesù
predica di S. Pietro in Sorrento.
viaggio e capita a Mojano.
.\rolesi.
— La
Madonna
e
la
uOS
208
——
—
, 1
e
— La pioggia. — Proverbi astronomici. — Colio d'ortiche. —
pane
famiglia. — Sgombro dei fondi e delle
— La luna e sue influenze.
Marcoffo nella luna. — La calamita nel poz?o. —
porco
cammarato e
gallina con
pepitela. —
fumo
delle legna verdi. — Le api che sciamano. —
sambu— Qualche proverbio
— Calbi. Nomi
vacche. — Caccia delle quaglie. — Caccia de'
de'
delle code bianche. — Proverbi cinegetici.
CAPO V. — Paremiologia
Pag.
Cristo ed
lupini.
i
in
Il
case.
Il
la
,
la
Il
I
chi.
sulla frutta.
Il
di
^
fringuelli,
passeri,
Proverbi.
— Apoftegmi;
Vassisa a le ccetrole.
frasi
— Ncalania
Tene doje facce come San Matteo.
— Pure
E
'e
piilece
ecc.,
hanno
la
1
vai, Kcatania
ueiigo.
—
— Dare sidece 'iitena.
— Tassa vacca. —
c'"o
'«
tosse.
— Chille
che so' fatto cane ?
1
spiegate: C\Celtere
so'
perucchie tante l'uno;
— Vasene de Gra;rnano sapevano
— Gallina vecchia
brodo buono. — 'Nliempo
necessità ogni pertuso
puorto. — Chi troppa
spe^a. — Passaro
chio nn trase 'ngajola, — Camme eccola canta. — Crearrevato a Chiiingo. — Scaccianopole da Surdere
lettere.
fa
'o
'e
è
'fl
tira, 'a
viec-
d'essere
riento ecc.
CAPO
VI.
— Usi
Varo
di
..131
m.-^rini
un bastimento.
Promozione del ragazzo
maglio.
poste
ai
battellieri
Giovanna
I.
e
— Festa
del
mari.
—
bastimento.
naviganti
alla
marina
di
'O rum-
— Gravezze
sorrentini
al
Cassano.
—
im-
tempo
— Voti
di
e
— Antonino. — L'intarsio ed
sorrentini. — Pesca; e special'tà
questi
devozioni del marinajo.
nastri di seta
doje ore d' '0 capitone.
giovanetto.— Il Beato.
a
— Benedizione
— 'E
S.
i
di
San Pietro Acrapolla
e processione annuale.
— Invasioni turchesche. — Bellezza
donne sorrentine. — Canto amoroso. — canto della
Proverbi pescatori.
delle
CAPO
Il
— Canzonetta
VII. — Gli Spiriti
partenza.
del riniiatrio.
—
»
209
—
1 5
14
'0 Miuijciello
il
—
segreto.
spiriti
della
trare
in
fitta
e sue gesta.
Rosa
— Le
casa.
—
Pollio.
villa
chi tradisce
di
— Mirichicchiu. —
Rimedio per non
—
fate.
casa Mastrogiudice.
di
— Punizioni
Capurisota.
La Bella
—
—
en-
—
'D\ibriana.
La Befana.
Gli
farli
La
La janara,
— Congresso stregonesco sotto Noce Benevento.
— Potenza delle streghe ed antidoti. — La vecchia cap— La
pella
San Galeone. — La vientu
confermata coi versi del Cortese. — Rimedi contro ma— Gobbo Peretola. — Demonio e malocchi,
male. —
umpunale. —
bene e
ghi. — Lotta
la
di
trista.
di
fattura,
i
(
(
ì
(
ecc.
fra
tattira e suoi
«^APO
Vili.
Madonna
\
pulcini d' oro.
\
latea
,
Le
y^/-
1
an'.ine dei trapassati.
mari.we
Lauro
di
Pag. i8i
Meta
con
la
del
—
La Madonna delle galline
di
Casarlano.
— Confraternita
—
di
Vico
in
Pagani
i
Ga-
;
de' battenti.
pro-
— La
— Immagine del Rivolo Meta.
Maria delle
Seano. —
di
Santa Maria della Vecchia
Grazie in Vico.
in
ed
chioccia
di
cessione e tradizione.
Vergine
—
— Ritrovamento Santa Maria
Toro
Mortora. — Santa Maria
da
Equense.
del
Il
il
il
antidoti.
— Leggende
s
)
di
II
in
S.
Santa Maria della Lobra e culto re-
Pozzano. — Osservazioni.
— Saluti ed Augurii
— Cerimonie de' cavalieri tempi
Saluti
— L'ultima sera dell'anno.
G. B. del Tufo. —
novella, —
ha una
Buoncapodanno. — Q.uando
— Auguri tegianesi. — Ironia. — Ceppo
Starnuto
ronSan Lorenzo
Cuore
Natale. — Carboni
dine. — Commiato.
lativo.
CAPO
— Madonna
di
IX.
»
di
ai
e baci.
.'\uguri.
s'
frutta
e felicità.
di
di
.o$a-^!e=^-
di
i9J
"
'irò
Principali pubblicazioni dello stesso autore.
V
Ciiiciuanta oanti po>). iiap.— Milano, Ambrosoli, 1881. In-IG" di p.
Cento Canti di Sei-rara d'Ischia —Milano, Brigola, 1882, id. p.
^CJanii del pop. di Piano di Sorrento — id. 188.'5 p. 128.
^
Uì\ povero diinenticato
—
id.
Pagnoni, 1882
p.
:5-J.
64.
iCamillo l'aturro, poeta dialettale inetese).
10.
Graleota in Parna.so, venticincine motti di F. GS-aliani,
ed una satira in terza rinaa. — Napoli, Pesole, 1885. In-S" p. 10.
Ijiriclie inedite di A.les.-^andro IPoerio— Piano di Sonento,1887.
In-4" gran formato, p. 16.
In IVIorte del Ho.i a— Campobasso, lamiceli, 1887. fn-i" piccolo di p. 20.
Alcuni brani degli awertiinenti inediti di Ciccio d'A.ndi'ea a' nipoti — Napoli, Pesole, 1885. In-4'' gr. di p. 10.
^1^
XJn paternoster, un'avcmai'ia ed una salveregina verversegtiiate dei tempi viceregi^ali— Napoli, Cosmi 1887 id.
XXIV Villanelle ed una tavola in vernac^olo jiagognanese con alcuni detti e pregiudizi pop. — Palermo, Pedone-Lauriel, 1886. Estratto
dall'.lrc/iit-. jier ìe tradiz.
pop. lu-S" di p.
K
Canti del poi>. di S. Valentino — id. p. 40.
Canti pop. tegianesi — id. p. 2i
I ohiocliiari nel mandamento di 'J'egiano. —
^
«^entocinriue villanelle raccolte in S. "Valentino —
X
id.
-2ò*
p. 8.
Napoli,
Priore, 1888. ln-4'' di p. 72.
^ Un
XV
altro vocabolario napolitano — id. di j). :58.
(Jttave raccolte in JDiano — id. In-ie^ di p. 24.
Come
si
sposano in Tegiano,
(«so pop.)
—
p. 40.
id.
I^a Carestia di Na^}. la Bocca della Vei-ità, racconto,
satira — id. In-4» gr. p. 10.
sul Galiani — Torini), Fratelli Bo.i;i. Iii-IO" gr. p. 120.
libro delUi Coiuiìo.sizione del mondo di ReHtoro d'A.rezzo dal Kiccai-diano 316 1— id. Im-4° p.XlV-ti4.
Frammenti del AVisiieare e dell'Imbi-iaui contro l'ietro Colletti - id. 1889. ln-4» gr. di p. 16.
Dubbi
II pi'iino
ICugac
l.ia
(versi)
—
id.
In-lO" bislungo di p. 54.
vita di G-ii-olamo 'l\^rlarotti
Vannetti —
id.
In-i» di p.
.36.
sci-it (a d.i
C
'Icnienlino