(pre)occupiamoci – documento di lavoro

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(pre)occupiamoci – documento di lavoro
Documento di lavoro RENA
www.progetto-rena.it
Vogliamo
occuparci di
lavoro.
Perche è il lavoro
la vera emergenza nazionale. Perché
solo il lavoro
può rimettere in moto l’Italia, rifondare la Repubblica.
Perché, nonostante il tema sia complesso, il dibattito resta ancora troppo
ideologico e rivolto al passato.
Perché pos siamo tornare a crescere.
Perché il lavoro può diventare la prossima frontiera dell’innovazione.
Perché saranno gli investimenti nel capitale umano a permetterci di cambiare passo nei prossimi dieci o vent’anni.
Per dare speranza a tutti coloro che pensano che sia ancora possibile inseguire i sogni, alzarsi la mattina col sorriso sulla bocca, uscire di casa, e con
la propria energia accendere il Paese.
Vogliamo occuparci di lavoro, e abbiamo deciso di cominciare a farlo a
partire da Milano, il 24 giugno 2011, con un dibattito pubblico intitolato
(pre)occupiamoci, in occasione del quale mettere sul tavolo idee, riflessioni, provocazioni, e cominciare ad aggregare arenauti, esperti esterni
a RENA, attori rilevanti del tessuto politico, economico e sociale, altre associazioni, cittadini - con l’obiettivo di arrivare a formulare proposte concrete
per favorire l’occupazione, in particolare quella giovanile.
Queste proposte saranno rivolte a tutti gli attori coinvolti - il legislatore, il
governo, le imprese, i sindacati, le associazioni di categoria, i lavoratori, i
disoccupati – perché crediamo che tutti possano fare qualcosa. E serviranno
per rendere concreta una nuova visione del lavoro in Italia, basata sui valori
di apertura, responsabilità, trasparenza, equilibrio.
Per ora, le pagine che seguono presentano la situazione da cui partiamo
e riflettono questa visione. Dicono dove siamo e dove vogliamo andare. A
partire da Milano servirà ancor più intelligenza collettiva per capire come
arrivarci.
2.
.3
DOVE
SIAMO
OGGI .
1
La disoccupazione, in particolare
quella giovanile, e la precarietà
dei rapporti di lavoro sono
un problema europeo,
non solo
italiano. In tutta Europa, infatti, le nuove generazioni accedono al mercato del lavoro in primo luogo attraverso “forme di occupazione atipiche, altamente flessibili, non stabili e precarie” e tali forme
contrattuali sono sempre meno frequentemente “un trampolino per l’accesso
2
ad un lavoro stabile”.
Il caso italiano presenta, tuttavia, alcune peculiarità e problematiche specifiche che acuiscono il problema. I giovani italiani, infatti, come lo stesso
Governo riconosce, “entrano tardi e male - e cioè in età avanzata rispetto ai
coetanei europei e con conoscenze poco spendibili - nel mercato del lavoro
con la conseguenza di un frequente intrappolamento ai margini di esso e
con lavori di bassa qualità.”.3
Il ritardo del nostro paese ha diverse cause: vi sono carenze normative,
squilibri economici, motivazioni culturali. Tutti questi fattori, messi insieme,
rendono il lavoro e la disoccupazione giovanile un problema urgente che
deve essere posto all’attenzione delle istituzioni e dei policy maker. Le sezioni a seguire offrono una panoramica della situazione italiana e si pongono
l’obiettivo di inquadrare il tema.
1. Il documento è stato preparato per RENA da Elena Fenili,
Giuseppe Romanato, Valeria Vacchiano, con il contributo di Andrea
Beltramello, Daniele Mocchi, Eva Giovannini, Sara Callegari,
Serenella Mattera.
Si ringraziano per i loro commenti su una prima bozza Filippo
Taddei,Giuseppe Ragusa, Michel Martone, Francesco D’Amuri.
Per informazioni: [email protected]
2. Risoluzione del Parlamento europeo 2009/2221(INI), B
3. “La vita buona nella società attiva” Libro bianco sul futuro
del modello sociale, Ministero del Lavoro della Salute e
delle Politiche Sociali, 2009, p. 19.
4.
La dualita
del mercato
del lavoro:
il contesto
legislativo
Secondo la legge italiana
il contratto di lavoro è
stipulato di regola a tempo
indeterminato,
salvo in casi particolari in cui è possibile
apporvi un termine, cioè una scadenza.
Negli ultimi anni, tuttavia, si è fatto largamente uso dei cosiddetti contratti
atipici. Tali contratti, diversamente dai contratti di lavoro “tipizzati” (lavoro
autonomo e lavoro subordinato a tempo indeterminato), tanto nella
forma della para subordinazione, quanto in quella del
contratto di lavoro dipendente a tempo determinato,
nascono in Italia per rispondere all'esigenza di
assicurare una parziale flessibilità del fattore
lavoro.
Il mercato del lavoro italiano è sostanzialmente divenuto un mercato duale:
esiste una netta linea di demarcazione tra i
contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato e la complessa articolazione
dei contratti a termine “atipici”.
Infatti, mentre il rapporto di lavoro
subordinato a tempo indeterminato, disciplinato dalla Contrattazione
collettiva nazionale (Ccnl)4, gode di un
ampio sistema di welfare, la disciplina del rapporto di lavoro a tempo
determinato è stata più volte rivista nel
4. Stipulati a livello nazionale tra le parti sociali che si accordano tra loro.
.5
corso del tempo, senza però riuscire a colmare il gap che si è venuto a
creare (in termini di diritti e garanzie) con i lavoratori a tempo indeterminato. E questo avviene nonostante l’Unione Europea, con la Direttiva 70 del
1999, abbia sancito il divieto di attuare una disparità di trattamento fra
lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato.
La disciplina che regola i contratti di lavoro a termine è complessa. Fino al
2001, la disciplina era regolata da una legge risalente al 1962,5 che è
stata poi integrata nel 19876 e nel 19977. Successivamente, con l’entrata
in vigore del Decreto Legislativo 6 settembre 2001 n. 368, di attuazione
della citata Direttiva n. 70/1999, tale normativa è stata ampiamente
modificata, con l’obiettivo di rendere maggiormente dinamici l’ingresso e
l’uscita dei lavoratori dal mercato del lavoro, garantendo allo stesso tempo
la tutela delle medesime condizioni di impiego tra lavoratori a termine e non.
Le modifiche più rilevanti risalgono, tuttavia, alla Legge 14 febbraio 2003
n.30 che introduce in Italia radicali cambiamenti nel modello giuridico di
contratto di lavoro privato subordinato. La portata innovativa di questa legge sta nell’opporre alla rigidità di un sistema ritenuto generatore di alti tassi
di disoccupazione, il principio secondo cui la flessibilità rappresenta
il mezzo migliore per agevolare la creazione di nuovi posti di lavoro.
La riforma modifica e/o prevede per la prima volta istituti come la somministrazione del lavoro, il contratto di apprendistato, il contratto di lavoro
ripartito, il contratto di lavoro intermittente, il lavoro accessorio e il lavoro
occasionale, nonché il contratto a progetto, e introduce procedure di cd.
certificazione dei contratti di lavoro atipici (al fine di ridurre il contenzioso
sul lavoro e prevenire l’insorgere del lavoro irregolare) nonché la cd.
“Borsa continua nazionale del lavoro”, ossia un luogo di incontro fra domanda e offerta di impiego.
La Legge n.30 pone inoltre tra i suoi obiettivi l’innalzamento del tasso di
occupazione dei soggetti cosiddetti svantaggiati, tra cui le donne,
in particolare prevedendo che: “Tutte le donne assunte con contratto di
inserimento, a prescindere dalla zona geografica di appartenenza, hanno
la possibilità di fruire dell'agevolazione contributiva del 25%. [...]. Gli incentivi consistono in una riduzione, pari o superiore al 25%, dei contributi
previdenziali ed assistenziali a carico del datore di lavoro”.
La Legge n.30 esclude, infine, dal suo campo di applicazione il
pubblico impiego, precedentemente disciplinato dal Decreto Legislativo 165/2001 (cd. “Testo Unico sul Pubblico Impiego”), per il quale è
comunque riconosciuta la possibilità di prevedere forme contrattuali flessibili di assunzione e impiego del personale, demandando però alla contrat5. Legge 230/1962.
6. Legge 56/1987.
7. Legge 24 giugno 1997, n. 196 ha introdotto nell’ordinamento italiano il lavoro interinale (= temporaneo), precedentemente vietato dalla Legge n. 1369 del 1960 (Divieto di intermediazione e interposizione nelle
prestazioni di lavoro). L’istituto del lavoro interinale è stato poi abrogato dalla Legge n.30 in favore della figura
della cd. somministrazione del lavoro, al fine di favorire - tramite la compresenza dell’ “impresa somministratrice”, ovvero l’agenzia per il lavoro - un più agevole ricorso a tale istituto.
6.
tazione collettiva il dettaglio della disciplina con le specificità del settore
di riferimento. Non viene quindi previsto, in tale campo, un automatismo
nella conversione, dopo un certo tempo, del rapporto di lavoro flessibile in
contratto a tempo indeterminato.
In sintesi,
oggi per ricorrere
a un contratto
di lavoro a termine
è necessario che:
L’azienda dettagli nel contratto la motivazione (o causale),
pena l’inefficacia del termine apposto;
Sia concretamente verificabile un’esigenza oggettiva che legittimi il
ricorso a un contratto a termine anziché a tempo indeterminato. In particolare, la legge 6 agosto 2008 n. 133 ha previsto l’apposizione di un
termine al contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere
tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo “anche se riferibili alla ordinaria attività del datore di lavoro”;
La durata massima del contratto a termine non superi i 36 mesi, sia
per quanto attiene la durata di un singolo contratto, che in caso di successione di più contratti. Tale norma è tuttavia derogabile da diverse disposizioni di contratti collettivi di categoria (nazionali, provinciali e territoriali).
Come si può evincere dalla breve descrizione fatta, la legislazione è pertanto estremamente frammentata. Questo aspetto,
accanto all’elevato numero di contratti e di livelli di
inquadramento, disorienta le imprese (soprattutto quelle mediopiccole) ed è una della cause del cattivo funzionamento del
mercato del lavoro.
.7
Il lavoro e
i giovani: il
contesto
economico
OGGI .
1
Negli ultimi anni, in particolare a
seguito della crisi economica, la
condizione lavorativa delle giovani
generazioni è significativamente
peggiorata.
Lo si può evincere da diversi fattori: il livello salariale,
la precarizzazione dei rapporti di lavoro e, non da ultimo, un elevato tasso
di disoccupazione. Per quanto riguarda il livello salariale, negli ultimi due
decenni si è assistito in Italia ad un peggioramento della posizione salariale
relativa dei lavoratori più giovani rispetto a quelli più anziani. Il differenziale salariale tra giovani e vecchi è passato dal 20% della fine degli anni
80 al 35% nei primi anni 2000.8 Inoltre, l’analisi economica9 evidenzia
che non ci sono segnali di recupero nel tempo: i giovani di età compresa
tra i 19 e i 30 anni guadagnano meno all’inizio della carriera lavorativa,
per poi mostrare una crescita salariale analoga a quella delle precedenti
coorti. Di conseguenza il livello salariale dei lavoratori entrati nel mercato del lavoro più recentemente rimane più basso durante tutta la
carriera lavorativa.
€
Come accennato, questo elemento si accompagna a una progressiva flessibilizzazione dei rapporti di lavoro che
ha interessato in maniera preponderante gli individui alle prime
esperienze lavorative. I contratti di lavoro temporaneo non solo
sono normalmente utilizzati dalle imprese per far fronte a picchi
produttivi e come strumento di prova, ma sono usati anche per
coprire posizioni di natura non temporanea, con l’obiettivo di ridurre i costi elevati e la ridotta flessibilità associabile a contratti
8. Rosolia e Torrini, 2007
9. Fonte: Banca d’Italia, testo di discussione n. 639, settembre 2007.
8.
a tempo indeterminato. Secondo l’ultimo rapporto Istat (2011), i lavoratori
con contratto a termine percepiscono, infatti, una retribuzione mensile netta
che è in media inferiore del 24% rispetto a quella di un lavoratore a tempo
indeterminato (a parità di settore, età, istruzione, genere e area geografica
la differenza rimane pari al 20%10). Infine, i lavoratori “parasubordinati”,
ossia formalmente autonomi ma di fatto dipendenti, sono soggetti a un prelievo contributivo ridotto (anche se dal 2010 ci sono stati miglioramenti con
l’aumento della contribuzione INPS 26,7, di cui due terzi a carico dell’impresa, per ridurre la disparità di contribuzione). Maggiore flessibilità, minori
retribuzioni e, in alcuni casi, un ridotto cuneo fiscale hanno reso conveniente
per le imprese offrire una successione di contratti temporanei anche per
coprire posizioni permanenti, in particolare quando queste non richiedono
un investimento in formazione specifica o sono occupate da lavoratori facilmente sostituibili.
Per quanto riguarda il tasso di disoccupazione è utile evidenziare
che, durante la crisi, i lavoratori impiegati con contratti atipici (prevalentemente giovani) sono stati quelli maggiormente interessati dalla contrazio11
ne dell’occupazione (-7,3% solo nel 2009 ). Secondo le elaborazioni
dell’Istat, tra il 2007 e il 2010, circa la metà del calo dell’occupazione ha
riguardato i lavoratori impiegati con contratti temporanei. Inoltre, la quota di
lavoratori atipici che ha ottenuto a distanza di un anno un lavoro a tempo
indeterminato si è quasi dimezzata tra il 2008 e il 2010, passando dal
21,2% al 13,9% (si veda Fig. 1).
27,1
5,5
54,2
13,2
25,7
1,6
62,7
10,0
20072008
23,4
2,4
57,3
16,9
20,6
18,1
13,9 1,6
4,9
47,0
27,5
20082009
18,0 2,3
61,6
61,9
22,6
20092010
23,9
6,6
44,5
25,0
25,9
4,9
53,3
15,9
20072008
17,4
4,8
43,0
34,8
21,1
3,7
50,9
24,3
20082009
13,3 7,0
55,9
23,8
15,7 3,5
60,1
20,7
20092010
Standard
Parzialmente standard
Atipici
Non occupazione
Figura 1 - Istat, Rapporto annuale sul 2010. Permanenze e flussi in uscita dall’occupazione
atipica 18-29 anni. I trimestre 2007 - I trimestre2010 (composizioni percentuali)
10. Fonte: Banca d’Italia
11. Rapporto ISTAT, 2011
.9
E’ utile aggiungere che pur essendo maggiormente esposti al rischio di
perdita dell’impiego, i lavoratori a termine sono anche meno coperti da ammortizzatori sociali. Infatti, secondo le elaborazioni della Banca d’Italia12, la
percentuale dei lavoratori a tempo indeterminato sprovvisti di ammortizzatori
sociali sarebbe pari al 4,3%, al 31,8% per i lavoratori dipendenti a tempo
determinato e al 39,9% per gli interinali, per superare l’80% nel caso dei
parasubordinati13 (si veda Fig. 2).
Contratto
A tempo Indeterminato
Trattamento
N° di lavoratori
% sul totale
N° medio di mesi
Mobilità
2.864
25,3
22
Disoccupazione a requisiti pieni
7.412
65,6
9
Disoccupazione a requisiti ridotti
534
4,7
6
Nessuno
492
4,3
-
Totale
11.302
100,0
Disoccupazione a requisiti pieni
940
47,8
9
Disoccupazione a requisiti ridotti
402
20,4
6
Nessuno
626
31,8
-
Totale
1.968
100,0
Disoccupazione a requisiti pieni
40
34,9
8
Disoccupazione a requisiti ridotti
29
25,2
6
Nessuno
46
39,9
-
Totale
116
100,0
Disoccupazione a requisiti pieni
225
86,4
3
Nessuno
35
13,6
-
Totale
260
100,0
Collaboratori a progetto
Una tantum
93
17,2
1
e altri autonomi
Nessuno
449
82,8
-
Totale
542
100,0
A tempo determinato
Interinali
(contratto di somministrazione)
Apprendisti
parasubordinati
Totale
14.188
di cui: senza alcun trattamento
1.648
11,6
Figura 2 - Fonte: elaborazioni su dati Istat. Rilevazione sulle forze di lavoro EU-SILC; cfr. nell’
Appendice la Sezione: Note metodologiche
A ciò si è aggiunto che, durante la crisi, la probabilità di trovare un primo
impiego è drasticamente diminuita. Ne è risultato un robusto aumento del
tasso di disoccupazione tra gli individui di età compresa tra i 16 e i 24
anni, che sfiorava il 30% alla fine del 2010, un valore vicino ai massimi toccati negli anni 1993-1998; nel periodo compreso tra il 2007 e il 2010, il
tasso di disoccupazione giovanile era circa tre volte e mezzo quello medio,
un valore mai toccato prima (si veda Fig. 3 e 4).
12. Relazione annuale sul 2008
13. Dati al 2008
10 .
Anno
Giovanile (16-24)
Totale
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
25.4
29.9
30.4
30.4
30.9
30.3
30.9
28.8
26.1
23.9
23.1
22.6
24.7
24.3
22.6
23.2
23.9
27.9
29.8
9
10.5
11.1
11.1
11.2
11.3
11 .4
10.6
9.6
8.9
8.5
8.3
8.2
8
6.9
6.6
7.1
8.6
8.7
Figura 3 - Fonte: Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro. La dinamica del tasso di
disoccupazione, 1992-2010. Quarto trimestre di ciascun anno.
Rapporto tra tasso di
disoccupazione giovanile
e tasso di disoccupazione totale.
3,9
3,9
3,9
3,9
3,9
3,9
3,9
3,9
1990
1992
1994
1996
1998
2000
2002
2004
2006
2008
2010
2012
Figura 4 - Elaborazioni Banca d’Italia su dati ISTAT, Rilevazione sulle Forze di lavoro, vari anni.
. 11
DOVE
VOGLIAMO
ANDARE?
“L’Italia è una Repubblica
democratica, fondata
sul lavoro”.
Così recita il primo articolo della nostra Costituzione.
Tuttavia i dati illustrati nella sezione precedente sono impietosi: evidenziano
una situazione occupazionale di persistente difficoltà. Ed evidenziano soprattutto, che le difficoltà occupazionali, che si evincono dai dati sul tasso
di disoccupazione, sulla media delle retribuzioni salariali, sull’asimmetria
degli ammortizzatori sociali colpiscono soprattutto una fascia della popolazione: la generazione nata dopo il 1970. Volendo trovare un titolo a
effetto potremmo dire che il nostro primo articolo della costituzione, oggi,
nel giugno 2011, potrebbe essere modificato nel modo seguente: “L’Italia
è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro, se hai più di 40 anni.”.
Tutto questo non avviene casualmente, ma accade per precise scelte di politica economica e sociale. Il mercato del lavoro duale, un sistema di welfare
ancora in gran parte tarato su categorie novecentesche, un sistema di rappresentanza sindacale obsoleto, che tutela maggiormente gli “insider” degli
“outsider”, gli investimenti limitati nel nostro Paese da parte di molte imprese,
sono tutti aspetti che hanno un denominatore comune: la scelta consapevole
di crescere, o più spesso di non crescere, a discapito di una generazione.
Questo dato riflette la scelta consapevole di privilegiare i diritti acquisiti e
di delegare alla famiglia, divenuta sempre di più in questi anni una sorta di
sistema di welfare “atipico”, la tutela e la protezione di quelle categorie, in
particolare i giovani, che sono emarginate dal sistema tradizionale.
Senza dubbio questo scarso coraggio è acuito o favorito anche dall’incapacità delle giovani generazioni di fare sentire in modo organico la propria
voce o, utilizzando un termine desueto, di difendere i propri interessi. Ma
la verità, è che quando leggiamo cifre come quelle riportate nella sezione
precedente non possiamo non vedere il rischio concreto di perdere
un’intera generazione. Il rischio è ancora più grande se i dati da
12 .
noi elaborati vengono letti e inquadrati in una prospettiva di
lungo periodo, per cui il vero rischio è di perdere
tutte le nuove generazioni a venire e non solo
quella attuale.
RENA (Rete per l’Eccellenza Nazionale) ritiene
che i problemi che affliggono la società italiana possano essere
affrontati solo partendo dalla diffusione di alcuni valori chiave,
da cui far discendere poi politiche specifiche.
Prima di discutere e provare a capire quali potrebbero essere queste soluzioni concrete, bisogna quindi riscoprire il “minimo comune denominatore” su cui fondare il consenso e riflettere come comunità. RENA ritiene che questi valori siano: l’Apertura, la
Responsabilità, la Trasparenza e l’Equilibrio.
Da questi valori dovremmo ripartire per creare un mercato del lavoro
a regola d’ARTE.
Nello specifico, riteniamo che tali valori debbano essere declinati
nel mercato del lavoro
nel seguente modo:
. 13
APERTURA.
I dati ci dicono che la
disoccupazione giovanile
in Italia ha raggiunto una
soglia
preoccupante, notevolmente superiore alla media
europea, e che la percentuale dei giovani che vive nel limbo (in quanto
sono disoccupati, non sono alla ricerca di un lavoro e non sono inseriti in un
percorso di formazione14) ha superato il livello di guardia. Le cause strutturali
che hanno portato a questa situazione sono molteplici. Tra le più importanti
vi è sicuramente la bassa mobilità sociale, che affligge il nostro Paese.
Pertanto “aprire” il mercato del lavoro significa, in primo luogo, stimolare la mobilità, sia nella fase d’ingresso che durante tutto il percorso professionale. Riteniamo che il mercato del lavoro sia ingessato: non solo
è molto difficile avere un’occupazione stabile ma ancora più complicato è
migliorare la propria condizione di partenza, riuscire cioè a superare quelle
barriere che inibiscono la realizzazione delle ambizioni professionali di chi
è meritevole. E’ quindi importante che la mobilità sia percepita come un
valore aggiunto nel percorso di crescita individuale e professionale.
Apertura del mercato del lavoro significa rimuovere le barriere
all’ingresso. Attualmente la situazione appare distorta. La flessibilità
è a carico quasi esclusivo delle generazioni più giovani: solo un terzo dei
lavoratori sotto i 24 anni ha un contratto a tempo indeterminato. Lunghe
sequenze di contratti temporanei (bisogna attendere la soglia di 35 anni
perché la maggioranza degli occupati possieda un contratto a tempo indeterminato) possono generare effetti negativi sulla formazione e professionalizzazione dei giovani, nonché sul loro inserimento nella società. E’
necessario quindi riequilibrare maggiormente il carico della flessibilità tra
generazioni. Sempre in quest’ottica sarebbe inoltre necessario costruire un
sistema di orientamento che aiuti i giovani (e le relative famiglie) a indirizzarsi verso percorsi di formazione più prossimi alle esigenze di mercato.
Allo stesso tempo, è necessario creare un sistema virtuoso che generi, per
chi è meritevole, maggiori e migliori opportunità in modo che la mobilità
sia percepita come un valore aggiunto nel percorso di crescita individuale
e professionale.
Quali sono le proposte concrete capaci di
rendere il mercato del lavoro più aperto, in
una direzione che favorisca l'occupazione, in
particolare quella giovanile?
14. I cosiddetti “NEET” (“Not in Education, Employment, or Training”)
14 .
RESPONSABILItA.
Maggiore responsabilità
dei singoli lavoratori,
dei datori di lavoro,
dello Stato
e della
classe dirigente nel suo complesso significa in
primo luogo essere consapevoli che la tutela del benessere collettivo, prima di quello individuale, è l’unica soluzione in grado di garantire un sistema sostenibile anche per le generazioni successive e attutire così gli effetti
derivanti da congiunture economiche negative. Il mondo in cui dobbiamo
confrontarci cambia velocemente e necessita quindi di un forte spirito di
adattamento da parte dei lavoratori e delle imprese. Se è vero, che per
le giovani generazioni il posto che si mantiene per tutta la vita non esiste
più, allora la prima priorità diventa quella di permettere, in modo efficace,
l’adattamento del lavoratore a un mondo in continua
evoluzione. Responsabilità significa, quindi, promuovere in primo luogo la riqualificazione del lavoratore e la sua capacità di trovare
e modificare il proprio percorso professionale e di vita durante il progredire della sua carriera. Al centro di questo processo vi è indubbiamente
la formazione: solo attraverso un sistema formativo efficace è, infatti,
possibile affrontare il cambiamento..
Responsabilità quindi da parte del legislatore, affinché si adoperi a mettere in piedi un sistema di incentivi (volontari e non) a favore della
riqualificazione e della formazione dei lavoratori, favorendone la crescita
culturale e professionale. Responsabilità delle imprese affinché favoriscano e non ostacolino la riqualificazione dei lavoratori. Responsabilità di tutti
gli individui affinché maturino la convinzione che le sfide del mondo
globale impongono di migliorare in continuazione le proprie conoscenze e
competenze.
Quali sono le proposte concrete per
responsabilizzare maggiormente
lavoratori, imprese e istituzioni al
fine di favorire l’occupazione, in
particolare quella giovanile?
. 15
TRASPARENZA.
Riteniamo che una maggiore
trasparenza debba
accompagnare l’analisi
della situazione attuale
e la valutazione delle proposte
di riforma anche rispetto
ai loro effetti di medio
e lungo
periodo. Le nuove tecnologie consentono spesso in modo
facile ed economico di pubblicare i dati e di renderli visibili
a tutti. Ad esempio una maggiore trasparenza, da parte delle imprese,
nella pubblicazione dei criteri di selezione dei propri dipendenti, dei curricula dei propri dirigenti, del numero dei dipendenti a tempo indeterminato,
determinato o atipico, agevolerebbe senz’altro la circolazione delle informazioni e quindi la competitività del sistema senza rilevanti costi aggiuntivi.
La circolazione di informazioni in generale permetterebbe di ottimizzare la
regolamentazione e il monitoraggio del mercato del lavoro andando a rafforzarne la capacità di resistere alle periodiche crisi sistemiche e rispondere
in maniera efficace a sfide e opportunità esterne. Il libero accesso alle informazioni riduce le asimmetrie, favorisce una sana competizione e rimuove
quelle sacche di privilegi costruite su circuiti di informazioni personali. La
trasparenza è anche la condizione che favorisce una migliore allocazione
delle risorse e lo strumento con cui combattere gli abusi e rafforzare il senso
di legalità.
Quali sono le misure che le aziende
e i policy-maker dovrebbero
adottare affinché si raggiunga
una migliore trasparenza
del sistema e si favorisca
l’occupazione, in particolare
quella giovanile?
16 .
EQUILIBRIO.
A fronte di un’evidente
discriminazione di
trattamento tra ”lavoratori di
serie A e lavoratori di serie B”,
è necessario intervenire
al più presto per ridurre
questo
divario. Occorre costruire un nuovo sistema di welfare che
rimuova la dualità che esiste fra “garantiti” e “non garantiti”. Ogni
progetto di riforma deve partire dalla consapevolezza che nel Paese la precarietà e la disoccupazione, in particolare quella giovanile, costituiscono un
problema sociale che impedisce a una parte della popolazione di vivere in
modo dignitoso e di programmare il proprio percorso di vita.
E’ innanzitutto fondamentale rendere più equilibrato il sistema di welfare: a
prescindere dal contratto, il lavoratore dovrebbe potere accedere a quelle garanzie (la malattia, la maternità, le ferie, gli ammortizzatori sociali) che sono patrimonio di tutta la collettività.
Inoltre, i dati dimostrano che il gap esistente tra i redditi dei lavoratori giovani e i redditi dei più anziani sta progressivamente aumentando. Questo
divario non sembra essere colmabile durante l’avanzamento di carriera. Ciò
indica che anche a livello di reddito si sta creando un disequilibrio strutturale
e permanente fra le generazioni.
Quali sono le proposte concrete
per rendere il mercato del lavoro
più equilibrato in una direzione
che favorisca l’occupazione,
in particolare
quella giovanile?
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