L`impronta ecologica del distretto ceramico di

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L`impronta ecologica del distretto ceramico di
Atti 25 - Congresso della Società Italiana di Ecologia, 11-14 Settembre 2001 - CD-ROM.
DE LEO GIULIO1,5, GOLFERINI MARCO2, BUSANI GRAZIANO3, CAPUANO FABRIZIA4
1
Dipartimento di Scienze Ambientali, Università degli Studi di Parma, Parma, Italia, e-mail: [email protected],
2
Dipartimento di Elettronica e Informazione, Politecnico di Milano, Milano, Italia, e-mail: [email protected]
3
ARPA – Emilia Romagna, Modena, Italia. e-mail [email protected]
4
ARPA – Emilia Romagna, Reggio Emilia, Italia. e-mail [email protected]
5
Settore Promozione e Sviluppo, ARPA Lombardia, Via Restelli 1, 20124 Milano.
L’IMPRONTA ECOLOGICA DEL DISTRETTO CERAMICO DI SASSUOLO (MODENA-REGGIO EMILIA)
ABSTRACT
L’Impronta Ecologica (IE) sta diventato un indicatore di sostenibilità molto popolare, ma le applicazioni a sistemi
produttivi industriali sono ancora poco diffuse e si limitano al settore agricolo e alla pesca commerciale. In questo
lavoro, nell’ambito delle attività svolte dall’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale dell’Emilia Romagna per
promuovere la sostenibilità dei processi industriali, abbiamo calcolato l’Impronta Ecologia del Distretto Ceramico di
Sassuolo, il più importante distretto industriale in Italia per fatturato. Il complesso industriale di Sassuolo è stato
analizzato sia a livello territoriale che a livello di filiera produttiva con un approccio tipo LCA, ovvero contabilizzando
tutti i consumi di risorse e di energia, la produzione di rifiuti e l’emissioni di sostanze inquinanti. Per il calcolo dell’IE
ci si è avvalsi della Banca Dati I-LCA dell'ANPA. Dall’analisi condotta in questo studio è emerso che : i) l'IE per la
produzione di piastrelle ceramiche ha un valore di circa 1400 m2/t piastrelle prodotte; ii) estendendo questo valore alla
produzione complessiva del distretto l'IE ammonta a quasi i 2/3 dell'Emilia Romagna; iii) quasi l'80% dell'IE è dovuta
ai consumi energetici (combustione di gas naturale e consumi di energia elettrica); iv) l'IE per unità di prodotto è
aumentata tra il 1971 ed il 1980, per poi subire, dagli inizi degli anni '80, un forte rallentamento, e mantenersi costante
dal 1990 in poi; v) l'aumento della produzione del distretto sta portando però ad un aumento dell'IE complessiva. Inoltre
la presente analisi mostra che il 30% dell’impronta ecologica è da attribuire alle attività di depurazione e abbattimento
delle emissioni, evidenziando così un classico tradeoff fra impatti locali e impatti globali. La necessaria ed efficace
attività di abbattimento polveri non soltanto ha un costo economico per l’azienda, ma comporta anche un costo dal
punto di vista strettamente ambientale generato dai consumi energetici assorbiti dai processi di depurazione: abbattere le
emissioni con tecnologie tipo end-of-pipe per ridurre gli impatti locali ad esse collegate viene pagato quindi in termini
di effetto serra, ovvero attraverso un trasferimento dei fattori di carico dal livello locale a quello globale. Alla luce di
questi risultati, vengono discussi i limiti e la significatività di questo strumento nell’ambito del dibattito sulla
Sostenibilità Ambientale e nel contesto delle politiche ambientali a livello di distretto.
INTRODUZIONE
Il dibattito sviluppatosi intorno al problema della sostenibilità, iniziato nel lontano 1971 con la pubblicazione de “I
Limiti dello Sviluppo” del Club di Roma e consacrato definitivamente dal rapporto Bruntland nel 1987 (WCED 1987),
ha raggiunto una certa maturità e tocca praticamente ogni aspetto della sfera politico-economico-sociale. Sostenibilità e
sviluppo sostenibile sono diventate parole di gran moda e ormai anche i non addetti ai lavori cominciano a
comprenderne il significato.
Uno dei nodi centrali ancora da sciogliere in questo ambito rimane tuttavia il problema di determinare
quantitativamente e in modo rigoroso in che misura un determinato sistema produttivo possa essere considerato davvero
sostenibile, qual è l’efficacia delle varie politiche di sostenibilità ambientale, e quali sono i progressi verso la
definizione, lo sviluppo e l'implementazione di sistemi di produzione più compatibili con l’ambiente. A questo fine
sono stati proposti diversi strumenti di valutazione, ciascuno dei quali è generalmente in grado di mettere in luce un
particolare aspetto del complesso problema della sostenibilità, sviluppando l’analisi su una specifica scala spaziale (ad
es. locale, regionale o globale), temporale (di breve periodo o di lungo periodo) e funzionale (per processi produttivi,
per ambiti territoriali, per comparti ambientali).
A fianco dei sistemi di valutazione della qualità ambientale basati su molteplici indicatori cosiddetti “di comparto”
(ovvero specifici per aria, acqua suolo), negli ultimi anni è emersa la necessità di individuare pochi indicatori sintetici e
fortemente aggregati in grado di informare rapidamente i vari portatori di interesse sulla sostenibilità o meno di un certo
sistema produttivo, allo stesso modo in cui il Prodotto Interno Lordo è capace di informare sullo stato di salute
economica di una nazione. La finalità in ambito ecologico è quella di proiettare i molteplici aspetti che caratterizzano
tipicamente i problemi di sostenibilità ambientale su un’unica scala o unità di misura. Fra i metodi che sono andati
affermandosi verso la fine degli anni ’90 si cita la valutazione monetaria delle esternalità ambientali, l’eMergia di
Odum (1983, 1998) e l’Impronta Ecologia di Wackernagel e Rees (1996). Con l’approccio economico alle esternalità
ambientali gli impatti vengono misurati in unità monetarie (tipicamente Dollari, Lire o Euro); l’eMergia rappresenta il
fabbisogno di energia solare (espresso in Solar Energy Joule, SEJ) per mantenere un certo sistema produttivo tenendo
conto delle ben note leggi della termodinamica; l'Impronta Ecologica (IE) calcola la superficie di ecosistemi acquatici e
terrestri necessari per sostenere in modo duraturo la popolazione di una certa nazione o di una città. Senza addentrarci
nei pregi e nei difetti dei vari approcci (si veda ad esempio Gatto e De Leo, 2000, e De Leo e Gatto, 2001, per una
1
critica ai metodi monetari), si può affermare che l'IE, se pur non esente da limiti, si sta affermando come lo strumento
più popolare ed efficace - in termini di rigore scientifico, di significatività e di comunicazione - per misurare la
sostenibilità di sistemi produttivi complessi. Essa infatti si esprime in termini di superficie (ettari, km2, m2), ovvero in
unità di misura molto intuitive e immediatamente comprensibili anche al grande pubblico, e utilizza per il calcolo un
approccio metodologico piuttosto diretto, logico e sufficientemente semplice. L'idea alla base dell'IE è infatti che, per
sostenere nel lungo periodo la popolazione di una città, è necessario che ci sia un’adeguata superficie di ecosistemi in
grado di produrre le materie prime consumate dalla popolazione stessa, nonché smaltire i rifiuti e assorbire le emissioni
da essa generate. Se questa superficie è effettivamente disponibile, allora il sistema urbano può considerarsi davvero
sostenibile. In caso contrario significa che la nostra città non riesce a vivere in modo sostenibile sugli "interessi" del
capitale naturale, ma sta erodendo la sua impronta ecologica e consuma quindi capitale naturale che sarà così destinato
ad esaurirsi in tempi più o meno brevi.
Come già accennato, il concetto di IE ha trovato moltissime applicazioni a livello nazionale, regionale e urbano. Questo
strumento si è tuttavia dimostrato molto potente anche in applicazioni che, invece che ambiti territoriali, riguardano
processi produttivi, anche se le applicazioni rimangono per il momento limitate all'analisi di tecnologie di produzione
agricola (Wada, 1993) e al confronto fra pesca intensiva e tradizionale (Tyedmers, 2000).
Nel presente lavoro abbiamo applicato il metodo dell'IE per la valutazione della sostenibilità del distretto ceramico di
Sassuolo in Emilia Romagna. L'interesse per quest'area è dovuto a diversi motivi. In primo luogo, il distretto ceramico
di Sassuolo è il più importante distretto industriale italiano per fatturato e, in epoca di emergenze ambientali, un sistema
produttivo di queste dimensioni deve essere sottoposto a continui controlli e analisi dei potenziali impatti ambientali. In
secondo luogo, il distretto ha subito in trent’anni una crescita impressionante e una forte evoluzione tecnologica, e
risulta quindi prioritario comprendere il significato di queste trasformazioni del territorio e del ciclo produttivo,
individuare il trend storico di sostenibilità del sistema produttivo, valutare quali sono i processi o le attività più
impattanti, identificare gli aspetti critici e le aree prioritarie di intervento. In terzo luogo, l’area oggetto di studio è
caratterizzata da una normativa ambientale e da un sistema di controlli più stringenti rispetto a quelli di altri distretti
ceramici concorrenti a livello europeo, come quello spagnolo di Castellon: questo regime normativo ha finito per
influenzare pesantemente le scelte tecniche e impiantistiche di gestione della produzione, con importanti conseguenze
dal punto di vista ambientale, nonché dei costi di produzione. Quindi risulta interessante valutare in termini comparativi
le performance ambientali dei vari sistemi produttivi, mettendone in luce gli eventuali aspetti positivi e negativi e le
ricadute sulla qualità dell'ambiente in termini di IE. Infine, l'area è oggetto di studio e di periodici controlli fin dagli
anni '70 prima da parte dei tecnici dei PMP e delle ASL di Modena e Reggio-Emilia, poi passati nel 1995 sotto
l'amministrazione dell'Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente (ARPA) dell'Emilia Romagna.
Recentemente, in uno spirito di collaborazione dialettico fra imprese e pubbliche amministrazioni, è stato lanciato un
progetto per portare l’intero distretto ceramico alla certificazione EMAS II. L'impegno costante dell’ARPA nel
monitorare l’area e nel raccogliere una gran mole di informazioni, la particolare uniformità dei processi produttivi del
distretto, nonché la sensibilità ambientale delle imprese che operano in quest’area fanno sì che il distretto ceramico di
Sassuolo rappresenti un'area di studio ideale per valutare le potenzialità applicative, la significatività e l'efficacia dell'IE
come strumento di calcolo della sostenibilità dei distretti industriali.
L'obiettivo del presente lavoro è quindi quello di calcolare l'IE del distretto ceramico di Sassuolo, individuare il peso
relativo dei vari elementi della filiera produttiva, determinare i trend storici a livello di distretto e per unità di prodotto,
valutare in termini di IE l'importanza e l'impatto di diverse tecnologie di produzione e controllo delle emissioni
inquinanti.
Il lavoro è strutturato nel modo seguente. Nella prima parte, dopo una breve caratterizzazione dell'area di studio, si
passa alla descrizione del ciclo produttivo del grès porcellanato. In seguito, viene descritta la metodologia utilizzata per
la determinazione dell'IE per i vari comparti della filiera produttiva, vengono brevemente illustrati gli strumenti e le
procedure di calcolo per ciascun comparto e vengono quindi presentati i risultati. Infine, vengono discussi i risultati e i
limiti e la significatività dell'IE e vengono individuati i possibili sviluppi futuri.
L'AREA DI STUDIO
L’industria italiana delle piastrelle ceramiche costituisce un settore di particolare interesse per il nostro paese. Il settore
conta circa 300 aziende con altre 30.000 addetti ed ha sempre avuto un ruolo di dominio a livello mondiale per volumi,
qualità di prodotto e livello tecnologico.
All'interno delle province di Modena e Reggio Emilia è individuabile un'area detta "comprensorio della ceramica"
formata da dieci comuni, collocata geograficamente a valle delle colline appenniniche in un territorio attraversato dal
fiume Secchia: si estende per 34 chilometri in senso Est-Ovest e per circa 12 chilometri in senso Nord-Sud per una
superficie complessiva di 410,7 chilometri quadrati.
Nel distretto sono presenti circa 200 aziende che forniscono l’80% della produzione italiana di piastrelle, il 50% di
quella europea ed il 20% della produzione mondiale. Nel solo 1999 in Italia sono stati prodotti 606 milioni di metri
quadrati di piastrelle di cui 485 milioni di m2 circa nell’area oggetto di studio (pari a 9.700.000 tonnellate). Nel 1997
(ultimo dato disponibile), il 57% della produzione era costituita da piastrelle smaltate in monocottura (grès porcellanato
2
escluso), il 28% da grès porcellanato e 15% da altre produzioni minori (piastrelle non smaltate, piastrelle smaltate in
bicottura).
IL CICLO PRODUTTIVO DELLE PIASTRELLE CERAMICHE
Le piastrelle ceramiche sono il risultato di un processo produttivo che, nelle sue linee generali, ricalca fedelmente quello
tipico della maggior parte dei manufatti ceramici. Le materie prima sono costituite essenzialmente da argilla, sabbia ed
acqua che vengono opportunamente miscelati in un impasto omogeneo attraverso il passaggio in mulini; il prodotto così
ottenuto, chiamato barbottina (una sorta di cioccolata densa), viene essiccato in atomizzatori a formare un composto
impalpabile con un basso contenuto di umidità (15%); tale composto è così pronto per la successiva pressatura,
l’eventuale smaltatura, la cottura in forni a rulli ed infine per il confezionamento.
La composizione del ciclo tecnologico e delle corrispondenti fasi produttive variano in funzione del tipo di prodotto che
si vuole ottenere. In prima approssimazione possiamo individuare tre cicli fondamentali (fig.1), cui è sostanzialmente
riconducibile tutta la gamma di tipologie produttive di piastrelle ceramiche:
•
il primo ciclo si riferisce alle piastrelle non smaltate (cotto, grès rosso, grès porcellanato, clinker);
•
il secondo ciclo è quello delle piastrelle smaltate in bicottura, così denominato in quanto prevede due distinti
trattamenti termici, rispettivamente per consolidare il supporto e per stabilizzare gli smalti ed i decori, i quali,
come emerge dallo schema, vengono applicati sul supporto cotto. Con questo ciclo tecnologico si producono la
maiolica ed il cottoforte;
•
al terzo ciclo sono riconducibili le piastrelle ceramiche smaltate in monocottura. In tale tecnologia gli smalti ed i
decori vengono applicati sul supporto solo essiccato: le piastrelle dunque, vengono sottoposte ad un solo
trattamento termico, una monocottura, nel corso del quale il consolidamento del supporto e la stabilizzazione degli
smalti si verificano contemporaneamente. Al ciclo di monocottura fanno riferimento il grès porcellanato smaltato,
il clinker smaltato ed il cotto smaltato.
Piastrelle non
smaltate
Piastrelle smaltate
in bicottura
Piastrelle smaltate
in monocottura
Preparazione impasto
Preparazione impasto
Preparazione impasto
Formatura
Formatura
Formatura
Essiccamento
Essiccamento
Essiccamento
Cottura biscotto
Preparazione smalti
Smaltatura
Preparazione smalti
Smaltatura
Cottura
Cottura vetrato
Cottura
Scelta
confezionamento
Scelta
confezionamento
Scelta
confezionamento
Fig. 1
Cicli tecnologici fondamentali per la fabbricazione delle piastrelle ceramiche
La Fig. 1 riporta le fasi produttive principali corrispondenti ai diversi reparti in cui è suddiviso ed organizzato lo
stabilimento ceramico. Gli archi orientati indicano non solo collegamenti logici e funzionali, ma anche il trasporto fisico
di materiali e semilavorati fra reparti o siti di produzione. Nel nostro studio è stato analizzato il primo tipo di ciclo
tecnologico considerando la produzione di grès porcellanato.
3
L’APPROCCIO METODOLOGICO
Approccio utilizzato: Life Cycle Thinking
Il calcolo dell’IE della produzione della piastrella ceramica richiede di effettuare in primo luogo un’analisi del ciclo di
vita della filiera produttiva secondo l’approccio tipico della LCA (indicato anche come Life Cycle Thinking). Come
rappresentato in Fig. 2, l’azienda può essere infatti rappresentata come un sistema aperto agli scambi di materia e di
energia con l’ambiente, in quanto utilizza materie prime (argilla e sabbia), acqua ed energia (combustibili ed elettricità),
per fabbricare un prodotto utile (piastrelle ceramiche). Oltre ai flussi di materia ed energia in ingresso, il processo
produttivo è caratterizzato anche da flussi in uscita, tipicamente emissioni gassose (poveri, fluoro e piombo), scarichi
idrici, rifiuti o residui originati dal processo produttivo e da operazioni di depurazione. I grandi sforzi compiuti dalle
aziende del distretto fin dall’inizio degli anni ‘80 hanno permesso di chiudere parte di questo ciclo: oggi in molte
aziende del distretto si riutilizzano tutti gli scarti di fabbricazione (macinandoli e riutilizzandoli come materia prima o
vendendoli ad altre aziende), i fanghi derivanti dal processo di depurazione delle acque (anch’essi utilizzati in piccole
percentuali come materia prima) e le acque reflue (utilizzandole per la pulizia dei macchinari). Di fatto gli unici flussi in
uscita verso l’ambiente sono i fumi costituiti da vapore acqueo e, una volta sottoposti al processo di depurazione ad
opera dei filtri, quantità trascurabili di fluoro e piombo.
Emissioni Pv,
F2, Pb
Depurazione
Materie prime e
reagenti
Acqua
Energia
Termica
Processo
produttivo delle
piastrelle
ceramiche
Prodotto
finito
Elettrica
Depurazione
Rifiuti/residui di
fabbricazione
Fig. 2
Acque di
scarico
Rifiuti/residui
di depurazioni
Schema di bilancio di materia e di energia del processo di produzione di piastrelle
ceramiche.
Al fine del calcolo dell’IE sono state considerate, in riferimento al ciclo produttivo descritto in Fig. 2, le seguenti
attività o comparti funzionali:
- estrazione materie prime;
- trasporto materie prime e prodotto finito;
- area occupata e materiali di costruzione;
- macchinari impiegati nelle fasi di produzione;
- addetti;
- consumi energetici (energia elettrica e gas naturale);
- impianti di trattamento acque ed aria;
- output rientranti nel ciclo di produzione;
- output in atmosfera o verso altri recettori.
Per ciascuno dei comparti sopra elencati vengono determinati i consumi di risorse e di energia, nonché le eventuali
emissioni prodotte.
4
Strumento di supporto all’analisi: la banca dati I-LCA
Al fine di procedere ad un’analisi di inventario dei principali input del sistema, ci si è avvalsi della Banca Dati I-LCA
recentemente pubblicata dall'Agenzia Nazionale per la Protezione dell'Ambiente a supporto degli studi di Life Cycle
Assessment. Questa banca dati contiene dati di inventario di oltre quattrocento processi produttivi e di servizio di
interesse per il sistema italiano, provenienti dalle principali fonti bibliografiche internazionali fra cui ETH
(Okkoinventare von Energie systemen, 1996), BUWAL (BUWAL 250 Ecoinventory of Packaging, 1998), Corinair
(Agenzia Europea per l’Ambiente, 1996), TEMIS (Okoinstitut Darmstadt Universitat Kassel, 1997), e da alcuni
operatori nazionali quali ENEL (Dati statistici sulla produzione di energia elettrica in Italia, 1999) e SNAM (Rapporto
Ambientale, 1998). Il software di gestione della banca dati è organizzato in moduli riguardanti unità di processo o
sistemi, con possibilità per l'utente di combinare fra loro i moduli e quindi costruire secondo le proprie esigenze il
percorso produttivo desiderato. La banca dati I-LCA è strutturata in quattro settori principali:
- Materiali e processi, in cui sono presenti i dati sui principali materiali di base impiegati nell'industria.
- Energia, in cui sono caratterizzati i processi di produzione dell'energia elettrica e termica, secondo la
tipologia e la provenienza delle fonti energetiche utilizzate in Italia.
- Trasporti, con i modelli dei vari mezzi adoperati per il trasporto di merci e persone.
- Fine vita, contenente i principali processi di trattamento dei rifiuti attualmente impiegati in Italia, quali
operazioni di raccolta, selezione, riciclaggio, messa in discarica e tecnologie di incenerimento.
Tali moduli appartengono ai settori "Materiali e processi", "Energia" e "Trasporti". Ogni modulo è caratterizzato da
delle informazioni qualitative e quantitative relative all'unità funzionale adottata: i dati di un modulo richiamano spesso
altri moduli che pertanto devono essere a loro volta considerati.
I moduli della banca dati dell'ANPA utilizzati per rappresentare i comparti in cui è stato schematizzato il sistema di
produzione di piastrelle ceramiche sono:
- argilla, calcare, sabbia per le materie prime di supporto;
- benzine per il trasporto;
- calcestruzzo, ferro, vetro per le strutture;
- ghisa, ferro, acciaio, alluminio per i macchinari;
- tavole di abete, cartone, pvc per l’imballaggio del prodotto finito;
- energia elettrica, gas naturale per il funzionamento dei macchinari.
La descrizione dettagliata della procedura di calcolo viene spiegata nella sezione successiva.
Fig. 3
Rielaborazione dei moduli I-LCA con l'ausilio di Excel per il calcolo dell'Impronta Ecologica
5
LA PROCEDURA DI CALCOLO
Utilizzando l’approccio LCA e le informazioni contenute nella banca dati I-LCA abbiamo costruito un inventario
semplificato della filiera produttiva, organizzato in un foglio excel come illustrato in Fig. 3. In tabella 1 si riporta
invece, a titolo di esempio, la procedura di calcolo dell’IE per l’argilla.
Tab. 1
Procedura di calcolo dell'impronta Ecologica nel caso dell'argilla.
1 Per produrre 1Kg di argilla servono:
1,88*10-4 m2a di terreno
3,6*10-3 MJ di En. El. (UCPTE)
7,57*10-3 MJ di Gasolio
2
Il consumo di 1 MJ di En. El. (UCPTE) implica la
produzione di:
139,5 g di biossido di carbonio
3
La combustione di 1 MJ di gasolio in motore da
cantiere implica la produzione di:
73 g di biossido di carbonio
3,6*10-3 (MJ/Kg)×139,5(g/MJ)= 502,1
Moltiplicando l'En. El. necessaria per produrre 1 Kg
mgCO2/Kg argilla, ossia quanta CO2 si
4 di argilla per la quantità di CO2 che scaturisce dalla
genera per produrre 1Kg di argilla
produzione di 1 MJ di En. El. otteniamo:
utilizzando energia elettrica.
Moltiplicando il gasolio necessario per produrre 1
Kg di argilla per la quantità di CO2 che scaturisce
5
dalla combustione di 1 MJ di gasolio combusto in
motore da cantiere otteniamo:
7,6*10-3(MJ/Kg)×73(g/MJ)= 552,6
mgCO2/Kg argilla, ossia quanta CO2 si
genera dalla combustione di gasolio per
produrre 1Kg di argilla.
Sommando la CO2 che scaturisce dal consumo di
6 energia elettrica e quella che si genera dalla
combustione del gasolio si ottiene:
(502,1+552,6)(mgCO2/Kg arg.)= 1054,8
mgCO2/Kg arg ossia la quantità totale di
CO2 che si genera nel processo di
produzione dell'argilla
1,05(gCO2/Kg)/366(gCO2/m2a)= 2,9*10-3
La capacità di assorbimento di CO2 da parte delle
m2a/Kg argilla. Si ottengono cioè i m2 di
7 piante è di 366g/M2anno. Perciò dividendo la
terreno necessari per assorbire la CO2
produzione tot. di CO2 per questa capacità si ottiene:
prodotta.
2
(2,9*10-3 + 1,9*10-4) m2a/Kg =
Sommando i m di terreno, necessari per assorbire la
8 CO2 prodotta, al suolo necessario per l'estrazione
3,07*10-3 m2a/Kg che corrisponde
dell'argilla otteniamo:
all'impronta ecologica per produrre 1KG
di argilla.
Gli elementi essenziali per il calcolo dell’IE, come si vede in tabella 1, sono legati alla superficie effettivamente
occupata per la produzione (immediatamente calcolabile a partire dalle planimetrie dell’azienda), ai consumi energetici,
alle infrastrutture (edifici e impianti), ai trasporti e agli addetti .
Per effettuare i conti relativi all’IE dei trasporti e addetti ci si è basati su dati aggregati a livello di distretto e si è
ricavato così l’IE per unità di prodotto relativa a queste categorie. Per il calcolo dell’IE delle infrastrutture (edifici e
impianti) e dei consumi energetici per le varie linee produttive, invece, è stata sviluppata un’accurata analisi sitospecifica su un’azienda ben rappresentativa del distretto (il cui nome non viene riportato per motivi di privacy). Le
informazioni relative all’azienda sono state utilizzate per calcolare l’IE per unità di prodotto relativa alle infrastrutture e
ai consumi energetici e i risultati sono poi stati estrapolati a livello di distretto sulla base delle produzioni complessive.
L’analisi è stata sviluppata con specifico riferimento al grès porcellanato per due motivi: per questa produzione erano
disponibile le informazioni più affidabili e dettagliate su tutto il ciclo produttivo; inoltre il grès è un prodotto in forte
crescita destinato ad occupare una posizione di mercato sempre più rilevante nei prossimi anni. L’IE delle piastrelle
smaltate in monocottura (escluso grès) è stata calcolata a partire da quella del grès porcellanato, tenendo conto che i
consumi energetici di metano delle prime sono di circa il 12% più bassi del secondo (Nassetti e Ferrari 1998). L’IE
totale a livello di distretto è stata poi calcolata a partire da quella per unità di prodotto una volta noto che il 57% dei
9.700.000 tonnellate di piastrelle prodotte nel 1999 sono state del tipo monocottura e il resto (43%) da grès porcellanato
6
e da prodotti minori (quest’ultimi assimilabili a grès perché la loro produzione comporta un consumo energetico
superiore).
Qui di seguito viene descritto come si procede al calcolo dell’impronta ecologica per ciascuno dei comporti sopra
elencati.
Consumi energetici ed effetto serra
Nel calcolo dell’IE relativi ai consumi energetici, i due elementi più rilevanti sono l’emissione di gas serra generata nei
processi di combustione o per la produzione di energia elettrica durante il ciclo di lavorazione della piastrella e la
superficie boschiva capace di sequestrare i suddetti gas climalteranti (i cosiddetti carbon sink). Per la valutazione della
CO2 generata nei processi di produzione si è proceduto nel seguente modo:
• per quanto riguarda l’energia termica per la cottura del grès, dal momento che si conosce direttamente il
consumo annuale di metano e la corrispondente produzione di ceramica, si procede al calcolo della CO2
emessa per unità di prodotto a partire dalla formula stechiometrica che descrive il processo di combustione del
metano.
• nel caso dell’energia elettrica, le emissioni per unità di kWh prodotte sono state calcolate in funzione del mix
energetico italiano indicato nella Banca Dati I-LCA. Tale mix è caratterizzato dall’80% di produzione di
energia con combustibili fossili, a cui corrisponde una emissione media di 188,8 g CO2 per ogni kWh prodotto.
La CO2 prodotta per combustione di metano e uso di energia elettrica viene quindi divisa per la capacità media di
assorbimento di un’area boschiva alle nostre latitudini, ovvero 366 g CO2/m2 (Nature, 2001), ottenendo così la
superficie complessiva necessaria ad assorbire tutta l’anidride carbonica generata durante il processo di produzione.
Impronta Ecologica degli edifici
Per calcolare l'IE dovuta alla volumetria dei fabbricati (a partire dalla cosiddetta “embody energy”, Wackernagel e
Rees, 1996) si è fatta una stima, oltre che dell’occupazione di suolo, del calcestruzzo, ferro e altri materiali che li
costituiscono. Con il medesimo approccio illustrato in tabella 1, si è stimata l'IE per unità di prodotto del calcestruzzo e
degli altri materiali per poi valutarne il valore complessivo.
Impronta Ecologica degli impianti
L'ACIMAC (Associazione Costruttori Italiani Macchine Attrezzature per Ceramica) ha fornito una serie di dati sui
materiali necessari (Kg di materiali ferrosi, ceramici e altri metalli) per una linea di produzione completa. A partire da
queste informazioni, attraverso l’uso della Banca dati I-LCA abbiamo calcolato prima l'IE per unità di materiale (ferro,
materiali plastici) e quindi l’IE complessiva.
Impronta Ecologica dei trasporti
Per completare il calcolo dell’IE sono inoltre stati valutati anche i trasporti (per l’approvvigionamento delle materie
prime e la distribuzione del prodotto finito).
Per calcolare l'IE dei trasporti ci si è basati sui dati ricavati da uno studio realizzato da Assopiastrelle (Canalini e
Carnevali, 1995). A partire dai consumi energetici del trasporto ceramico (8 MJ/m2 piastrelle prodotte) è stato possibile
ricavare l'IE dovuta all'approvvigionamento di materie prime e alla distribuzione del prodotto finito.
Impronta Ecologica degli addetti
Nella letteratura esistente non vi è un metodo standardizzato per calcolare l'IE degli addetti. In questo lavoro abbiamo
seguito l’approccio utilizzato da Tyedmers (2000). In primo luogo, sulla base dei dati del WWF (1999), abbiamo
calcolato l’IE pro-capite dell’Emilia Romagna, pari a di 3,4 ha/anno/abitante. Estrapolando da questo valore la quota
relativa ai soli consumi alimentari, ricaviamo un valore di IE pari a 1,1 m2/ab./anno. Il calcolo dell’IE degli addetti
viene quindi calcolato moltiplicando questo valore per la frazione di giorni lavorativi in un anno e per il numero
complessivo di addetti nel distretto.
Ulteriori assunzioni semplificative
Il calcolo dell’IE del distretto ceramico è caratterizzato da una serie di ipotesi semplificative per delimitare
correttamente il confine di indagine in base alle informazioni e ai dati effettivamente a disposizione. Nello specifico:
•
per quanto riguarda gli aspetti impiantistici, non è stato possibile calcolare l’IE di tutti i macchinari presenti nel
ciclo produttivo, ma solo di quelli per i quali l'ACIMAC è stata in grado di fornire dei valori sufficientemente
precisi sulla tipologia e massa [in tonnellate] di materiali utilizzati, al fine del calcolo dell’energia necessaria per
la loro produzione e quindi della corrispondente impronta ecologica. Per mancanza di informazioni dettagliate sui
materiali e la vita operative di alcuni macchinari, non abbiamo potuto calcolare l’IE dei caterpillar per la
movimentazione delle materie prime, quella delle pompe e delle tubature per la distribuzione ed il trasporto
dell'acqua;
•
per quanto riguarda le emissioni di polveri, fluoro e piombo, sono state ricavate le stime quantitative sulla
produzione annua, ma non sono state tradotte in IE, dal momento che l’IE non si adatta bene al calcolo degli
effetti di sostanze tossiche immesse nell’ambiente;
7
•
•
•
le stesse considerazioni sono valide anche per la calce esausta proveniente dai filtri per l'abbattimento del fluoro,
l’unico scarto solido che non viene riciclato (carta, plastica e pallets vengono riciclati da aziende esterne): anche
in questo caso, abbiamo stimato la produzione di calce esausta ma questo valore non è stato tradotto in termini di
IE;
un’ulteriore assunzione semplificativa è stata operata sui trasporti: la mancanza di dati aggiornati ha imposto di
dover usare uno studio del 1992 e perciò di supporre una modalità di trasporto nel 1999 analoga a quella dello
studio utilizzato. Ci si aspetta che il flusso di traffico sia aumentato durante gli anni 90 proporzionalmente alla
crescita della produzione (quella del ‘92 rappresenta perciò una sottostima della reale IE dei trasporti nel ‘99),
tuttavia lo svecchiamento del parco macchine e l’applicazione di normative europee sempre più stringenti sui
limiti di emissioni dei mezzi circolanti può aver giocato a compensare almeno in parte la crescita delle emissioni
dovute ai trasporti.
l'unica analisi storica che è stata possibile effettuare è quella sui consumi energetici. Sarebbe stato interessante
fare un'analisi anche sull'andamento dei consumi di materie prime e di materiali per il confezionamento
(packaging) oltre che sui trasporti, ma non erano a disposizione informazioni affidabili a questo riguardo.
RISULTATI
Seguendo i passaggi descritti nella sezione precedente, abbiamo calcolato l’IE per le diverse fasi che caratterizzano la
filiera produttiva del grès porcellanato. I risultati disaggregati per comparto sono riportati in Tabella 2. Si evince che per
produrre una tonnellata di grès porcellanato - equivalenti a 50 m2 - sono necessari circa 1404 m2 di terreno. In Fig. 4
viene riportata invece l’IE dell'intero distretto: data una produzione di 9.700.000 tonnellate l'anno, l'IE complessiva
risulta pari a 12.684 Km2, ovvero il 55% dei 22.123 Km2 di superficie dell'Emilia Romagna.
In Tabella 3 vengono elencati i primi dieci contributi all’IE complessiva in ordine di importanza. Appare evidente che il
consumo di gas naturale e di energia elettrica sono di gran lunga preponderanti in quasi tutte le fasi del processo
produttivo della piastrella.
Per quanto riguarda i fattori di impatto, l’IE è stata poi suddivisa in 7 categorie corrispondenti rispettivamente a
consumi elettrici, consumi di gas naturale, trasporti, materiali per confezionamento, materie prime, materiali per
macchinari e impianti, ed infine opere edili (area occupata e cemento utilizzato). I risultati sono riportati in Fig. 5. Il
consumo di gas naturale incide sull'IE per il 50% circa mentre il consumo di energia elettrica per il 28%.
Il trend storico dei soli consumi energetici (elettrici e di gas naturale) per unità di prodotto è riportato in Fig. 6, mentre
in Fig. 7 viene riportato l’andamento temporale dell’IE per consumi energetici a livello di distretto.
Infine, normalizzando i dati di Fig. 6 per la produzione nei corrispondenti anni, si ricava che l’IE per superficie di
piastrelle prodotte mostra un livello pressoché costante dal 1990 in poi, come illustrato in Fig. 8.
DISCUSSIONE E CONCLUSIONI
Dall’analisi condotta in questo lavoro risulta che il valore complessivo dell'IE del solo distretto ceramico di Sassuolo è
pari a oltre la metà della superficie dell'intera regione Emilia Romagna. Il fatto che quasi l’80% dell’IE sia attribuibile
ai consumi energetici elettrici e termici mette in risalto la necessità di concentrare gli sforzi sulla ricerca di processi di
produzione sempre più efficienti da un punto di vista energetico. L'impegno del comparto ceramico per un uso più
efficiente dell'energia è stato effettivamente l'obbiettivo principale delle aziende del distretto negli ultimi vent’anni. Per
la cottura delle piastrelle sono stati ad esempio sviluppate due tecnologie alternative di forni per la cottura: i) la
bicottura che comporta due diversi trattamenti termici in due forni distinti; ii) la monocottura che prevede un unico
trattamento termico e di conseguenza un unico forno. Quest’ultimo riduce i tempi di lavorazione e risulta più efficiente
da un punto di vista energetico. Di conseguenza, a partire dagli anni ’80 la monocottura ha sostituito progressivamente
buona parte della vecchia tecnologia a bicottura, perché il minor consumo di metano per unità di prodotto permette una
sensibile riduzione dei costi di produzione. Lo shift tecnologico risulta ben evidenziato dal calo dei consumi energetici
per unità di prodotto negli anni ’80 rappresentato in Fig. 6. Se i consumi di metano per la cottura sono diminuiti, quelli
di energia elettrica invece (pari a circa la metà in termini di IE rispetto al metano) sono rimasti pressoché costanti nel
corso degli anni. L’aumento dell’efficienza di produzione e la corrispondente riduzione dell’IE per unità di prodotto
hanno permesso all’inizio degli anni ’80 una drastica riduzione dell’IE a livello di distretto (Fig. 7), accentuata per altro
dalla profonda crisi del mercato ceramico dopo il lungo periodo di crescita negli anni 70. Tuttavia, a partire dal 1985, il
mercato della piastrella riprende una fase di crescita che non si è ancora esaurita e che ha più che compensato la
diminuzione dell’IE per unità di prodotto: la conseguenza è che l’IE a livello di distretto è di nuovo in forte crescita e si
accinge a raggiungere il picco già toccato all’inizio degli anni ’80 (Fig. 7). Il fatto che la tendenza attuale del mercato
favorisca una produzione, sempre più massiccia, di grès porcellanato, non è da un punto di vista strettamente ambientale
un dato incoraggiante, poiché tale produzione è energeticamente più dispendiosa rispetto al semplice prodotto di
monocottura.
E’ interessante osservare, infine, come quasi il 30% dei 1404 m2 di IE per tonnellata di piastrelle prodotte è dovuto ai
consumi elettrici per il funzionamento dei filtri per l'abbattimento delle polveri e dell'impianto di depurazione delle
8
acque reflue, fatto che evidenzia un chiaro problema di conflitto fra impatti locali e impatti globali. Infatti i processi di
depurazione e abbattimento delle polveri non comportano solo un costo economico per l’azienda, ma hanno un costo
anche da un punto di vista strettamente ambientale: l’abbattimento delle emissioni con tecnologie end-of-pipe (e quindi
degli impatti locali da esse generati) è infatti un processo energeticamente dispendioso che viene pagato in termini di
effetto serra, ovvero attraverso un trasferimento dei fattori di carico dal livello locale a quello globale. Questo non
significa che per ridurre l’IE bisogna rinunciare ad abbattere i carichi inquinanti di polveri e sostanze tossiche, dal
momento che questa non è ovviamente un’alternativa percorribile, ma suggerisce che, come tutti gli indicatori di
sostenibilità, anche l’IE è uno strumento da usare con attenzione. Infatti nel distretto ceramico spagnolo di Castellon il
controllo delle emissioni di polveri ed acque reflue è ad uno stadio molto più primitivo (quando non assente) rispetto a
Sassuolo. L’uso molto limitato di tecnologie di depurazione comporta ovviamente un minor consumo energetico, e una
conseguente riduzione dell’IE. Ma questa riduzione viene pagata in termini di impatti locali, ovvero di salute pubblica,
elemento non considerato esplicitamente dall’IE. Appare quindi chiaro che l’IE, pur essendo uno dei più efficaci
strumenti di analisi di sostenibilità, rappresenta pur sempre una sottostima di tutti i potenziali impatti, in particolare
quelli sulla salute pubblica, che possono essere valutati rigorosamente solo affiancando all’IE altri indicatori, come
quelli di tossicità, mortalità, analisi del rischio, ecc.
Tab. 2
Impronta ecologica per le varie fasi della produzione
Impronta Ecologica
Fase processo
Categoria
m2/t piastrelle prodotte
Materie Prime
Argilla
1,9
Silicato
1,6
Sabbia
8,5
Magazzino
7,2*10-2
Trasporto
50
Impasto
Consumi En. Elettrica
175,5
Consumi gas naturale
212,5
Edificio
2,6*10-2
Formatura
Consumi En. Elettrica
36,2
Edificio
9,3*10-2
Essiccamento
Consumi En. Elettrica
23,2
Consumi gas naturale
63,5
Cottura
Consumi En. Elettrica
39,0
Consumi gas naturale
433,6
Edificio
5,5*10-2
Confezionamento
Consumo cartone
58,4
Consumo pallets
31,1
Consumo plastica
43,7
Edificio
6,7*10-2
Magazzino prodotto
Piazzale
0,8
finito e distribuzione
Distribuzione
101,1
Macchinari
Dimensioni
9,2
Addetti
Addetti
9,9*10-5
Filtri
Consumi En. Elettrica
110,3
Dimensioni impianti
0,8
Depuratore acque
Consumi En. Elettrica
3,5
Dimensioni impianto
1*10-5
TOTALE
1403,8
9
Fig. 4 Impronta Ecologica del distretto rispetto alla superficie della regione Emilia Romagna.
Tab. 3
Principali fasi del processo di produzione con maggiore impatto.
Fase processo
Categoria
Cottura
Impasto
Impasto
Filtri
Prodotto finito
Essiccamento
Confezionamento
Materie prime
Confezionamento
Cottura
Consumi gas naturale
Consumi gas naturale
Consumi En. Elettrica
Consumi En. Elettrica
Distribuzione
Consumi gas naturale
Consumo cartone
Trasporto
Consumo plastica
Consumi En. Elettrica
Trasporto
10,768%
Impronta
Ecologica
m2/t piastrelle prodotte
433,6
212,5
175,5
110,3
101,1
63,5
58,4
50
43,3
39
Edificio
0,055%
Gas naturale
50,576%
Energia Elettrica
27,638%
M aterie prime
0,852%
M ateriale per
confezionamento
9,460%
Impianti
0,652%
Fig. 5 I contributi dei vari comparti all’IE del grès porcellanato
(1404 m2/tonnellata di piastrelle prodotte).
10
4,5
7
4
6
3,5
KWh/m2
2,5
4
2
3
1,5
Nm3/m2
5
3
Cons. En.El. KWh/m2
Cons. Gas Nat. Nm3/m2
2
1
1
0,5
0
0
1971 1975 1980 1985 1990 1995 1999
Anni
Fig. 6
Andamento consumi energetici per m2 di piastrelle prodotte
1,2E+06
1,0E+06
8,0E+05
Ett
ari 6,0E+05
Imp.Ec.TOT
Imp.Ecol.En.Ter.
4,0E+05
Imp.Ecol.En.El..
2,0E+05
0
1971
1975
1980
1985
1990
1995
1999
Anni
40
30
20
2
2
m terreno / m piastrelle prodotte
Fig. 7 Andamento dell'Impronta Ecologica per consumi energetici nel distretto ceramico.
10
0
1971
1975
1980
1985
1990
1995
1999
Anni
Fig. 8 Andamento dell'Impronta Ecologica dei soli consumi energetici dal 1971 al 1999.
11
Il punto di forza dell’IE rimane comunque la facilità nella comunicazione dei risultati sia ai decisori pubblici che ai
portatori di interesse diffusi. Infatti, a differenza di altri indicatori sostanzialmente simili (quale l'eMergia) ma che
usano unità di misura esoteriche per i non addetti ai lavori (come è ad esempio la Solar eMergy Joule), l'IE è espressa
in un'unità di misura comprensibile fondamentalmente da tutti. Il nostro lavoro suggerisce quindi l’opportunità di
affiancare l’IE ad altri sistemi di indicatori e agli studi di LCA, per rielaborare e presentare, in maniera sintetica ed
efficace, i risultati di analisi certamente più articolate e dettagliate ma anche più difficilmente apprezzabili dai numerosi
portatori di interesse privi di un robusto background tecnico. In molti casi, infatti, il calcolo dell'IE non richiede
indagini suppletive particolarmente onerose, in quanto utilizza la stessa base informativa della fase di analisi di
inventario (Life Cycle Inventory Analysis) di una LCA. La differenza sta sostanzialmente in una rielaborazione ed
aggregazione delle informazioni ottenute con una LCA.
Lo studio effettuato è attualmente oggetto di ulteriori approfondimenti aventi come obiettivo il confronto fra più linee
produttive di rivestimenti ceramici e il confronto fra tecnologie alternative di rivestimenti per pavimenti, come quelle
basate su pietre naturali (marmo, cotto, ecc.) e sul parquet.
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