Le distanze tra costruzioni: tra i limiti e le deroghe

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Le distanze tra costruzioni: tra i limiti e le deroghe
Le distanze tra costruzioni:
tra i limiti e le deroghe
Le norme sulle distanze tra le costruzioni contenute nei piani
regolatori e nei regolamenti edilizi non sono derogabili dai
privati
Le norme sulle distanze tra edifici o più in generale le
distanze tra costruzioni o tra costruzioni e confini della
proprietà hanno il molteplice scopo di:
• tutelare l’igiene edilizia, determinando le condizioni per
assicurare la giusta quantità di illuminazione e ventilazione;
• garantire la sicurezza antincendio;
• tutelare la privacy;
• regolamentare i diritti/limiti della
equilibrati rapporti di buon vicinato.
proprietà
per
Esse sono disciplinate da provvedimenti legislativi nazionali
– quali il D.M. n. 1444/1968 o il D.M. 14 gennaio 2008 -,
dalle norme tecniche di attuazione dei piani urbanistici
comunali, dai Regolamenti Edilizi locali e dagli artt. 873-907
del Codice Civile.
Le norme urbanistiche ed edilizie devono essere considerate
integrative delle norme del Codice Civile.
Le distanze tra edifici sono inderogabili e sono fissate dallo
Stato, che ne ha la competenza esclusiva, con provvedimenti a
carattere nazionale, fanno eccezione le Regioni e le Province
autonome di Trento e Bolzano, per le quali sono ammesse delle
deroghe nell’ambito della definizione o revisione di strumenti
urbanistici ma solo se funzionali a un assetto complessivo e
unitario o di specifiche aree territoriali, oppure solo se
legate ad esigenze di governo del territorio finalizzato
all’interesse pubblico (art. 2-bis, D.P.R. n. 380/2001,
introdotto da L. 21 giugno 2013, n. 69).
Oltre questo limite, le norme regionali che incidono sulle
distanza tra gli edifici possono essere considerate
illegittime, come evidenziato dalla Corte Costituzionale nella
Sentenza del 23 gennaio 2013, n. 6 contro l’art. 1, c. 2°,
della L.R. Marche del 4 settembre 1979, n. 31.
Analogamente non sono derogabili le norme sulle distanze tra
edifici contenute nei regolamenti locali, in quanto “volte a
salvaguardare sia l’interesse della collettività locale ad un
migliore assetto dell’agglomerato urbano, sia l’aspirazione
dei singoli a fruire di un distacco congruo dalle proprietà
limitrofe” (Corte di Cassazione, Sez. II civile – 10 aprile
2001, n. 10471).
Le norme del Codice Civile, al contrario, avendo natura
strettamente privatistica, sono derogabili per volontà
convenzionale delle parti o per destinazione del padre di
famiglia (art. 1062 C.C.), oppure per usucapione ventennale
(Sentenza Corte di Cassazione 16 luglio 2015, n. 14916).
Le distanze tra edifici previste dalle norme del codice civile
Edifici, costruzioni che non siano
costruiti in aderenza o appoggio
Muro di cinta la cui altezza misura
meno di 3,0 m di altezza
3,0 m
non è considerato per
il computo della
distanza
Muro di cinta la cui altezza misura
più di 3,0 m di altezza
3,0 m
Travi, tasselli, tubi interni in muro
divisorio comune a due proprietari
5 cm dalla superficie
della parete del
vicino
Pozzi, cisterne, fosse latrine
2,0 m
Tubi esterni, condutture
1,0 m
Forni, camini, stalle, casotti
caldaia
Stabiliti dai
regolamenti o in loro
mancanza in base alla
distanza di sicurezza
Canale o fosso
distanza uguale alla
profondità del fosso
Alberi di alto fusto
3,0 m
Alberi a basso fusto, inferiore a 3,0
m di altezza
1,5 m
Viti, arbusti, siepi vive, piante da
frutto, con una altezza inferiore a
2,5 m
1,0 m
condizionatori sulle pareti esterne
su vedute dirette od oblique
almeno a 3 m sotto la
loro soglia
Le distanze tra edifici previste dal D.M. n. 1444/1968
per le diverse zone territoriali omogenee
Nuovi edifici
10,0 m tra pareti finestrate e pareti di
edifici antistanti, anche non finestrate
non possono essere inferiori a quelle
intercorrenti tra i volumi edificati
Zona A
preesistenti, computati senza tener conto
di costruzioni aggiuntive di epoca recente
e prive di valore storico, artistico o
ambientale
Zona C
distanza minima pari all’altezza del
fabbricato più alto tra pareti con
finestre o tra un’unica parete con
finestre e un’altra senza che si
fronteggino per più di 12,0 m
In presenza di strade destinate al traffico dei veicoli
per strade di
larghezza
inferiore a ml. 7
È prevista una maggiorazione di m. 5 per
lato
per strade di
larghezza compresa
tra ml. 7 e ml. 15
per strade di
larghezza
superiore a ml. 15
È prevista una maggiorazione di m. 7,50
per lato
È prevista una maggiorazione di m. 10 per
lato
In realtà, varie sentenze nel corso del tempo hanno ribadito
che la distanza di dieci metri tra edifici antistanti va
calcolata con riferimento ad ogni punto dei fabbricati e non
alle sole parti frontistanti (Consiglio di Stato, Sez. IV,
Sentenza 5 dicembre 2005, n. 6909) ed a tutte le pareti
finestrate e non solo a quella principale.
Una sentenza del Consiglio di Stato (Sentenza 22 novembre
2013, n. 5557) ha chiarito che per pareti finestrate devono
intendersi “pareti munite di veduta ed in generale di aperture
di qualsiasi genere verso l’esterno”. Le distanze minime tra
pareti finestrate non valgono per i lucernari – ovvero
finestre tipo “VELUX” aperte sulla copertura degli edifici -,
in quanto non consentono di affacciarsi sul fondo del vicino
(prospectio), né di guardare di fronte, obliquamente o
lateralmente (inspectio) e come tali considerabili come
semplici luci per il solo passaggio dell’aria e della luce
(Sentenza Consiglio di Stato 5 ottobre 2015, n. 4628)
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