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C ONSORZIO INTERUNIVERSITARIO DI RICERCA IN CHIMICA DEI METALLI NEI SISTEMI BIOLOGICI Attività scientifica svolta dalle Unità Locali nel corso dell’anno 2007 PRESENTAZIONE 3 PRESENTAZIONE Le conoscenze scientifiche e tecnologiche e la disponibilità di risorse umane qualificate costituiscono il differenziale che distingue il grado di sviluppo dei diversi sistemi paese. Essere in posizione avanzata su questi temi, poter partecipare alla cooperazione internazionale in forma non subalterna, accrescere ed innovare la propria capacità produttiva e la disponibilità e diffusività di servizi determinano la possibilità dei sistemi nazionali di essere protagonisti e competitivi nei processi di crescita economica, culturale e sociale. Si parla comunemente di “economia della conoscenza e dell'apprendimento” e di “sistemi nazionali di innovazione” per indicare una nuova fase di sviluppo in cui non è più possibile tenere separata la funzione di produzione di idee, progetti e prodotti scientifici e tecnologici da quella di un loro impiego per il soddisfacimento di una domanda diffusa generata dalle complesse esigenze della società moderna. In questo contesto il Consorzio Interuniversitario di Ricerca in Chimica dei Metalli nei Sistemi Biologici (C.I.R.C.M.S.B.), con sede legale a Bari e 21 Università consorziate, promuove e coordina le proprie ricerche con l‟obiettivo di formare e valorizzare i ricercatori ed i risultati da essi ottenuti con la consapevolezza del valore strategico della ricerca come vantaggio competitivo nella Società della Conoscenza e nella convinzione che le infrastrutture di ricerca e alta formazione siano leve strategiche per il rilancio dell‟economia nazionale. A tale scopo le attività del C.I.R.C.M.S.B. si articolano in macro aree di ricerca scientifica e tecnologica a carattere interdisciplinare, che riguardano i settori delle biotecnologie, dei farmaci, dei materiali e dell’ambiente. Tali aree di intervento attualmente oggetto di ricerca del Consorzio si articolano nelle seguenti tematiche: a) Diagnostici innovativi in oncologia e malattie cardiovascolari: la Risonanza Magnetica per Imaging; b) Metallo-proteine come catalizzatori biologici; c) Biomineralizzazione e biocristallografia; d) Biosensori e biostrumentazione; e) Nuovi farmaci inorganici in oncologia; f) Radiofarmaci nella diagnostica e radioterapia tumorale; g) Ioni metallici nelle patologie degenerative croniche. Il C.I.R.C.M.S.B. è presente in tutta Italia attraverso una rete di Unità Locali di Ricerca, al fine di favorire una diffusione capillare delle proprie competenze su tutto il territorio nazionale ed agevolare i contatti e le collaborazioni con enti ed industrie locali. Quello di seguito riportato è un riassunto dei risultati acquisiti nell‟anno 2007 da ciascuna delle Unità di Ricerca del C.I.R.C.M.S.B. A tutti coloro che vi hanno partecipato va rivolto il mio più profondo e sentito ringraziamento. Prof. Giovanni Natile 5 INDICE 7 INDICE BARI Pag. 13 BOLOGNA Pag. 19 CAMERINO Pag. 35 CATANIA Pag. 37 FERRARA Pag. 43 FIRENZE Pag. 51 INSUBRIA Pag. 57 MESSINA Pag. 59 NAPOLI Pag. 61 PADOVA Pag. 65 PALERMO Pag. 81 PARMA Pag. 87 PAVIA Pag. 97 PIEMONTE ORIENTALE Pag. 101 POLITECNICA DELLE MARCHE Pag. 109 ROMA “La Sapienza” Pag. 111 ROMA “Tor Vergata” Pag. 117 SALENTO Pag. 119 SIENA Pag. 127 TORINO Pag. 129 TRIESTE Pag. 131 PUBBLICAZIONI E BREVETTI Pag. 137 STRUMENTAZIONE DISPONIBILE Pag. 165 PERSONALE AFFERENTE Pag. 177 9 ATTIVITA’ DI RICERCA SVOLTE DALLE UNITA’ LOCALI DEL C.I.R.C.M.S.B. 11 UNITA’ DI RICERCA DI BARI Direttore Scientifico: Prof. Giovanni Natile L'attività scientifica dell‟unità di ricerca di Bari ha riguardato le seguenti tematiche: 1) Sintesi e caratterizzazione di complessi di platino quali potenziali farmaci antitumorali; 2) Aspetti molecolari dell‟attività antitumorale di farmaci a base di platino. 1) Sintesi e caratterizzazione di complessi di platino quali potenziali farmaci antitumorali La progettazione di nuovi farmaci a base platino ha negli ultimi tempi coinvolto l‟utilizzo di leganti carrier biologicamente attivi come intercalanti del DNA, doxorubucina, analoghi estrogenici, amminoacidi, ferrocene, fosfonati e zuccheri. Questi leganti sono stati selezionati quali carrier molecolari in grado di ottenere un trasporto specifico ed un accumulo di farmaco antitumorale in cellule e organi bersaglio oppure attività farmacologiche sinergiche. In questo contesto l‟U.R. di Bari ha portato avanti la sintesi di un composto di platino con legante specifico per il recettore periferico delle benzodiazepine (PBR) quali 2-[6,8-dicloro-2-(1,3-tiazol-2il)H-imidazo-[1,2-a]piridin-3-il]-N,N-dipropilacetammide (TZ6, Figura 1), con il proposito di combinare le proprietà alchilanti del centro metallico con la grande affinità del TZ6 per i tessuti nei quali PBR è sovrespresso (soprattutto tessuti periferici e cellule gliali del sistema nervoso centrale). Il complesso risultante, cis-[PtCl2(TZ6)], è stato completamente caratterizzato via NMR e si è dimostrato possedere affinità e selettività per il PBR paragonabili a quelle del TZ6. Figura 1 Modificazioni dei leganti carrier del cisplatino sono state progettate per aumentare la specificità verso tumori ossei. In particolare sono stati studiati complessi di platino contenenti leganti amminobisfosfonici e dietil[(metilsulfinil)metil]fosfonati (SMPa). Il legante SMP risulta strutturalmente analogo ai bisfosfonati, una classe di farmaci originariamente sviluppata per i disturbi dell‟omeostasi del calcio e, più recentemente, per la prevenzione delle metastasi ossee. Vista l‟abilità dei bisfosfonati di inibire le metalloproteinasi di matrice (MMP) l‟U.R. di Bari ha valutato se i complessi [PtCl2(SMP)] e [Pt(dimethylmalonato)(SMP)] fossero dotati di attività antiMMP, esplorando così la possibilità di utilizzare come bersaglio enzimi criticamente legati a fenotipi invasivi e metastatizzanti. In particolare le MMP mediano il rimodellamento della matrice extracellulare, sono sovrespresse in quasi tutti i tipi di cancro umano e la loro presenza è spesso associata a prognosi infauste. 13 Il [PtCl2(SMP)] e il [Pt(dimethylmalonato)(SMP)] sono risultati deboli inibitori delle MMP-2 (IC50 = 258 ± 38 e 123 ± 14 μM, rispettivamente) ma forti inibitori delle MMP-9 (IC50 = 35.5 ± 6 e 17 ± 4 μM), MMP-3 (IC50 = 5.3 ± 2.9 e 4.4 ± 2.2 μM), e MMP-12 (IC50 = 10.8 ± 3 e 6.2 ± 1.8 μM). Al contrario il cisplatino, il carboplatino ed il legante SMP risultano inattivi, mentre il bisfosfonato clodronato mostra un largo spettro di attività inibitoria in un alto range micromolare (IC 50 > 200 μM). Questi risultati dimostrano come le variazioni del legante dei complessi di platino possono essere esplorate con il fine di perseguire un bersaglio farmacologico diverso dal DNA. Figura 2 L‟U.R. di Bari ha inoltre valutato la possibilità di sviluppare nuovi nanocristalli biomimetici di apatite con il potenziale utilizzo negli impianti di osso e con la proprietà ulteriore di poter veicolare localmente farmaci antitumorali e antimetastatici e quindi rilasciarli in maniera controllata. In questo contesto sono stati studiati l‟assorbimento ed il rilascio di cisplatino (Fig. 3a), alendronato (Fig. 3b) e di(etilenediamminoplatino)medronato (DPM) (Fig. 3c) usando due matrici di nanocristalli biomimetici di apatite con morfologia planare (plate-shaped, HAps) e lineare (needleshaped, HAns) e con differenti proprietà chimico-fisiche di superficie. Queste molecole bioattive sono state scelte con lo scopo di confrontare il comportamento dei farmaci a base di metallo (cisplatino e DMP) con quello di un classico farmaco organico (alendronato) e valutare così l‟effetto della carica totale delle molecole di farmaco sull‟affinità verso i nanocristalli di apatite con struttura e proprietà chimiche diverse. I risultati ottenuti hanno dimostrato che le cinetiche di adsorbimento e desorbimento sono dipendenti dalle specifiche proprietà dei farmaci e dalla morfologia delle nanoparticelle di HA. I dati suggeriscono che l‟adsorbimento dei due complessi di platino sia dovuto ad attrazione elettrostatiche, mentre l‟interazione tra l‟alendronato e le superfici di HA abbia luogo per scambio di legante nel quale i due gruppi fosfonati della molecola di farmaco sostituiscono due gruppi fosfato di superficie. L‟adsorbimento delle specie idrolizzate del cisplatino, caricate positivamente, è favorito sulle superfici di HAns ricche di gruppi fosfato, mentre l‟adsorbimento dell‟alendronato, caricato negativamente, è favorito sulle superfici di HAps ricche di calcio. Quest‟ultimo tipo di interazioni elettrostatiche a corto raggio sembra dominare le cinetiche di desorbimento; di conseguenza il rilascio del farmaco è più grande per il DMP neutro che per l‟alendronato carico e l‟aquospecie del cisplatino. Inoltre, mentre il rilascio, per unità di area, delle specie cariche è lo stesso per i due tipi di Has, il rilascio di DMP è più veloce nel caso di HAns che nel caso di HAps. Questi studi dimostrano come le proprietà dei nanocristalli HA possano essere modulate in modo tale da produrre coniugati HA/biomolecole specifici per determinate applicazioni terapeutiche. 14 Figura 3 Oltre all‟idrossiapatite, anche gli xerogel nanoporosi possono essere usati come sistemi di rilascio biodegradabili. In particolare, gli xerogel bioattivi a base di silice sono biocompatibili e lentamente bioerodibili dopo l‟impianto e sono sempre stati utilizzati per intrappolare e lentamente rilasciare cisplatino. L‟U.R. di Bari ha portato avanti la sintesi di un nuovo complesso di platino, specificatamente disegnato per contenere un bisfosfonato geminale (Figura 4), e la sua introduzione in xerogel di silice, con lo scopo di ottenere una matrice inorganica ibrida che potrebbe essere usata per il trattamento dei tumori ossei con impianto locale. Sono stati considerati due xerogel di silice: uno di silice pura e l‟altro contenente anche calcio quale potenziale agente modulatore di rilascio grazie alla sua alta affinità per i bisfosfonati. Sono stati inoltre studiati, in funzione della concentrazione del complesso di platino e dell‟addizione di calcio, la capacità della matrice inorganica di caricare il complesso di platino, le cinetiche di rilascio in condizioni fisiologiche e la stabilità dopo immagazzinamento. Si è trovato che la presenza di calcio nel composito influenza profondamente non solo la stabilità delle formulazioni ma anche la natura del complesso di platino liberato in soluzione. Figura 4 2) Aspetti molecolari dell’attività antitumorale di farmaci a base di platino. Durante gli ultimi 20 anni l‟interesse della comunità scientifica che lavora sui composti antitumorali a base platino si è soffermato sull‟interazione del platino con il DNA, il suo target primario. Al contrario, abbastanza sorprendentemente, le reazioni del farmaci di platino con le proteine hanno ricevuto una scarsa attenzione. 15 Tali interazioni però potrebbero giocare un ruolo cruciale nei processi di assorbimento e biodistribuzione dei farmaci di platino così come nella determinazione del loro profilo di tossicità. Le reazioni dei farmaci di platino con le proteine potrebbero inoltre essere coinvolte in molti aspetti del loro generale meccanismo d‟azione attraverso interazioni dirette con altri bersagli proteici. In particolare l‟U.R. di Bari si è occupata dello studio dei meccanismi di trasporto dei farmaci a base di platino: è stato dimostrato che, mentre inizialmente la diffusione passiva fosse ritenuta l'unico meccanismo di trasporto, al contrario l'ingresso del cisplatino, del carboplatino e dell'ossaliplatino, sia in cellule di lievito che di mammifero, può essere mediato dal trasportatore ad alta affinità per il rame, chiamato Ctr1. Analogamente, l'accumulo e l'esporto di questi farmaci antitumorali appaiono regolati anch‟essi da due ATPasi che trasportano ioni rame, le proteine di Menkes (ATP7A) e Wilson (ATP7B). Questo indica che i farmaci antitumorali a base di platino possono essere introdotti, distribuiti a vari comparti cellulari ed espulsi dalle cellule tumorali anche attraverso il sistema di trasportatori di membrana e di trasportatori solubili ("chaperone") che sovrintendono al mantenimento dei livelli omeostatici degli ioni rame. Figura 5 L‟U.R. di Bari ha inoltre studiato in collaborazione con l‟U.R. di Firenze le reazioni che avvengono fra alcuni composti di platino con legante imminoetere e il cyt c, chiarendo la natura degli addotti formati. In particolare sono stati studiate le reazioni di quattro complessi antitumorali di platino(II)imminoetere, il trans- e cis-EE (trans- e cis-[PtCl2 (E)-HN=C(OCH3)CH3 2], rispettivamente) ed il trans- e cis-Z (trans- e cis-[PtCl2(NH3) (Z)-HN=C(OCH3)CH3 ], rispettivamente), con il citocromo c (cyt c) di cuore equino (Figura 6). È stato trovato che il trans-EE produce un addotto di massa maggiore (12 667 Da) rispetto a quello prodotto dagli altri composti (12 626 Da). Inoltre è stata chiaramente documentata la presenza di reazioni di idrolisi/amminolisi (quest‟ultima favorita dal buffer ammonio carbonato) del legante imminoetere, con formazione delle corrispondenti ammidi/ammidine promosse dalla proteina. 16 Figura 6 Conoscere il meccanismo d‟azione del cisplatino e come i tumori sono o diventano resistenti ad esso è il presupposto per un ulteriore progresso nella terapia antitumorale a base di platino. A causa della forte reattività dei composti di platino verso molecole S-donatrici i tioli intracellulari conferiscono resistenza ai farmaci antitumorali di platino. I maggiori tioli intracellulari coinvolti nella farmacoresistenza sono il glutatione (GSH) e le metallotioneine (MT). Queste ultime sono degli ottimi chelanti e normalmente sono ricche di Zn(II). In questo contesto l‟U.R. di Bari ha studiato la reazione di dodici composti cis/trans-[Pt(Ndonatore)2Cl2] e [Pt(dien)Cl]Cl con Zn7MT-2 umana e quindi caratterizzato i relativi prodotti (Figura 7). Il confronto fra le cinetiche di reazione ha rivelato che i composti trans-Pt(II) reagiscono più velocemente di quelli cis-Pt(II). La caratterizzazione dei prodotti di reazione ha mostrato che, mentre nei composti cis-Pt(II) tutti i leganti sono sostituiti da tiolati cisteinici, i composti transPt(II) mantengono i loro leganti N-donatori rimanendo così in una forma potenzialmente attiva. Questo risultato contribuisce a comprendere il ruolo delle MT nella resistenza acquisita ai farmaci antitumorali a base platino. Figura 7 17 18 UNITA’ DI RICERCA DI BOLOGNA Direttore Scientifico: Prof. Norberto Roveri L‟ attività dell‟ Unità di Ricerca di Bologna si è sviluppata principalmente su cinque linee di ricerca nell‟ ambito della tematica “ biomineralizzazione e biocristallografia” oltre ad una attività di divulgazione scientifica : 1) Biomateriali inorganici biomimetici nanostrutturati 2) Biomateriali proteici biomimetici nanostrutturati 3) Interazione superficiale di materiali inorganici con proteine modello 4) Ruolo dei metalli nella citotossicità di nanocristalli d‟ interesse ambientale 5) Cristallizzazione e struttura di proteine. 6) Contratti e convenzioni con l‟ Industria 1) Biomateriali inorganici biomimetici nanostrutturati I tessuti biologici sono i soli sistemi in grado di agire come veri “materiali funzionali”. Solo recentemente si è cominciato a mettere a punto “bio-inspired materials” in grado di riprodurre seppure in parte, delle specifiche funzionalità dei tessuti biologici. Le funzioni dei tessuti biologici, che sono caratterizzati da una forte gerarchia strutturale, non possono essere riprodotte senza potere caratterizzare la loro struttura dalle dimensioni macroscopiche fino a quelle nanometriche. La nanodimensione dei componenti strutturali dei tessuti biologici è una caratteristica fondamentale per loro notoria capacità di auto-organizzarsi e auto-assemblarsi. Questa è l‟importante motivazione per cui la sintesi di materiali bioattivi deve essere finalizzata a controllarne la struttura e la morfologia a livello nanometrico. Questo è il concetto guida per la preparazione di biomateriali biomimetici. Uno dei risultati raggiunti durante il 2007 è stata la sintesi di nuove apatiti nano-dimensionate e geli di silice nanostrutturati che rappresentano due importanti classi di materiali biogenici. Le apatiti sono i costituenti fisiologici delle ossa e dei denti, mentre la silice nanoporosa è prodotta da organismi unicellulari che rappresentano una delle classi più importanti di materiali biogenici. E‟ stata usata oltre alla classica sintesi in “batch” già ampiamente studiata durante gli anni precedenti anche un‟altra tecnica di cristallizzazione sviluppate in collaborazione con il gruppo di ricerca dell‟università di Granada (Spagna) del Prof. Juan Manuel Garcia Ruiz . La sintesi dei nanocristalli è avvenuta mediante cristallizzazione in fase gel (gel di metasilicato). Questa tecnica permette di ottenere cristalli molto piccoli di dimensioni nanometriche quindi con alta reattività nei confronti dell‟ambiente biologico e ideali per essere usati come sostitutivi ossei. Si sono ottenuti cristalli di idrossiapatite usando un sistema di diffusione di una soluzione di cloruro di calcio attraverso un gel di metasilicato attivato con acido fosforico a pH basico. A pH inferiori a 8 si sono ottenuti cristalli di brushite. Durante la diffusione del cloruro di calcio si sono ottenuti i classici anelli di Liesegang differentemente spaziati a differente concentrazione di acido fosforico e quindi a diverso pH (Fig. 1). Fig. 1. Anelli di Liesegang 19 Accanto alle apatiti nanocristalline, un materiale interessante ai fini della realizzazione di device per il rilascio programmato di molecole bioattive è rappresentato dai geli di silice nanoporosi. I geli di silice possono essere ottenuti da tetraalcossisilani mediante un processo sol-gel che, avvenendo a temperatura ambiente ed in condizioni non lontane dalla neutralità, ha il vantaggio di consentire di incapsulare nella matrice silicea molecole bioattive senza alterarne la stabilità. La modulazione di alcuni parametri di sintesi consente di controllare la nanoporosità dei materiali ottenuti e di conseguenza la cinetica con cui essi rilasciano le molecole bioattive incapsulate. Il passo successivo alla messa a punto in laboratorio di biomateriali è il conferimento ad essi di bioattivà specifiche. Questo scopo può essere ottenuto con la sintesi di strutture composite materiale-molecola funzionale, dove la molecola funzionale sia in grado di veicolare le informazioni che stimolino specifiche risposte cellulari. In parecchi casi le suddette informazioni vengono veicolate mediante il rilascio controllato di farmaci. Convenzionalmente la somministrazione di principi attivi nell‟organismo avviene ad intervalli regolari per via orale o endovenosa. Gli svantaggi che ne derivano sono che l‟agente terapeutico circoli in tutto l‟organismo e venga spesso degradato prima di raggiungere il sito di azione e che la sua concentrazione raggiunga livelli superiori alla quantità terapeutica e vicini a quella tossica. Al contrario, i sistemi per il rilascio controllato realizzano l‟obiettivo di rilasciare la molecola bioattiva vicino al sito di azione al momento giusto e in quantità terapeutica corretta. Il lavoro di ricerca si è indirizzato verso la sintesi di apatiti nanocristalline funzionalizzate con molecole di antitumorale che possano esser rilasciate con cinetica controllata nel sito dell‟impianto. In particolare sono stati realizzati compositi d‟apatite e complessi di platino con leganti bisfosfonici (Fig.2) (sintetizzati dall‟unità di Bari) e complessi di oro (Fig.3) (sintetizzati dall‟unità di Padova) ad attività citotossica. O H2 N O Pt N H2 H2 N O P Pt O P O N H2 O Fig.2 Di(ethylendiaminoplatino)medronate (DPM) Fig. 3 Complessi di Oro ad attività citotossica La reattività tra i nanocristalli di idrossiapatite e le molecole di farmaco esaminate è stata modulata variando le dimensioni e la composizione superficiale dei cristalli in modo tale da realizzare coniugati di apatite-complesso metallico finalizzati alle specifiche applicazioni terapeutiche. Oltre all‟HA, anche xerogeli di silice nanoporosa possono essere usati come sistemi di device bioerodibili e bioriassorbilibili. In tal senso un nuovo complesso di platino è stato sintetizzato dall‟unità di Bari ed incapsulato in polimeri a base di silice con lo scopo di ottenere materiali ibridi aventi potenzialità nel trattamento dell‟osteosarcoma (Fig. 4) Fig. 4 Pt2(en)2(AHBP-H)](HSO4) 20 Le proprietà di rilascio del materiale sono state variate mediante tayloring del network inorganico di supporto e mediante sua funzionalizzazione con ioni calcio affini alla funzionalità bisfosfonica del complesso. Sono state inoltre studiate alcune modificazioni strutturali e morfologiche del carbonato di calcio indotte dalla presenza di additivi polimerici. Lo scopo di questo lavoro è stato di stabilire le relazioni possibili relazioni strutturali tra le macromolecole acide presenti nei tessuti mineralizzati dei molluschi e gli additivi superfluidificanti utilizzati nell‟industria dei cementi. Questi ultimi hanno il ruolo di aumentare la lavorabilità dei cementi. Le macromolecole acide presenti nei molluschi sono delle glicoproteine aventi una catena proteica ricca di amminoacidi acidi, quali aspartico e glutammico, e da questa catena si ramificano regioni polisaccaridiche. I Le glicoproteine presenti nei tessuti mineralizzati delle conchiglie superfluidicanti hanno una struttura mostrano una struttura simile ai comb-polymers utilizzati analoga, in essi è presente una catena di nell‟industria dei cementi. poli-metacrilato da cui si ramificano delle catene the poli-etilenglicole. Si è visto come questa analogia strutturale si rifletta anche nella capacità di modificare la morfologia del carbonato di calcio. Questo interessante risultato è stato utilizzato per la progettazione di superfluidificanti con una struttura di ispirazione biologica. La ricerca è stata anche indirizzata verso la caratterizzazione dell‟interazione delle macromolecole acide dai molluschi con le fasi cementizie. Questo aspetto è tuttora in fase di studio. Si è inoltre portato a termine la progettazione, sintesi e caratterizzazione di microparticelle inorganiche in grado di rendere le superfici idrofiliche, quindi facilmente risciacquabili. E‟ stato depositato un brevetto riguardante la messa a punto di una formulazione di sospensione acquosa di particelle inorganiche poco abrasive adatte a detergere superfici dure. La caratteristica di tali microparticelle di idrossiapatite consiste nel rendere la superficie trattata idrofila, cioè in pratica rendendola più facilmente risciacquabile. Le microparticelle di idrossiapatite aventi formula Ca10(PO4)6-y(CO3)y+z(OH)2-z , grazie alla presenza dello ione carbonato e dello ione fosfato mostrano una spiccata attitudine ad interagire facilmente con le molecole di acqua rendendo idrofila la superficie trattata.. Infine sono state applicate le nanotecnologie a problematiche odontoiatriche. Infatti i denti, come il tessuto osseo dei vertebrati, sono un materiale composito naturale in cui il componente principale è una fase inorganica “carbonato-idrossiapatite”che rappresenta il 65-70% in peso della dentina ed oltre il 90% in peso dello smalto. Lo smalto dentale costituisce la sottile ricopertura superficiale esterna dei denti ed è considerato il più resistente e duro tra i materiali biogenici (figura 1). 21 Lo smalto dei denti è costituito prevalentemente da grossi cristalli prismatici di Idrossiapatite ad altogrado di cristallinità e da una percentuale bassissima di componente proteica. (fig. 2a e 2b) Lo smalto nell‟individuo adulto non contiene cellule e quindi non è in grado di rigenerarsi. Ogni eventuale deterioramento è irreversibile non esistendo, infatti, alcun processo biologico in grado di riparare lo smalto danneggiato. Anche per quanto riguarda la dentina (figura 3) esposta all‟ambiente orale, non è possibile ottenere una rigenerazione poiché il fronte di deposizione di nuova dentina avviene sulle superfici interne della corona, cioè in prossimità della polpa dentaria e non sull‟esterno. Ne consegue che qualsiasi intervento riparativo è affidato all‟utilizzo di materiali o sostanze estranee al metabolismo del tessuto dentale. Sostanze che possono essere o precipitati dalla saliva o materiali di sintesi. E‟ stato pubblicato il brevetto relativo alla sintesi ed utilizzo dei MICROREPAIR® I microcristalli di idrossiapatite (Microrepair®) sono del tutto simili alla sostanza minerale che costituisce la dentina e lo smalto. E‟ proprio questa somiglianza a conferire ai microcristalli sintetici le proprietà ricostruttive dello smalto e della dentina. Il materiale utilizzato in BlanX ha caratteristiche tecnologiche innovative in quanto essendo sotto forma di microcristalli ha un‟elevata reattività chimica. I microcristalli manifestano la propria azione remineralizzante nei confronti della dentina cedendo localmente i costituenti minerali calcio e fosforo. L‟azione dei microcristalli nei confronti dello smalto si esplica attraverso la loro capacità di aderire ai tessuti naturali colmando i microgaps dello smalto. Le figure 5 e 6 mostrano i microcristalli di Microrepair®esaminati con il TEM. 22 L‟elevata reattività dei cristalli di Microrepair® è sostanzialmente dovuta all‟azione “bio-mimetica” di queste micro-particelle che hanno come caratteristica peculiare quella di avere una composizione chimica molto simile a quella dello smalto e della dentina.Lo spettro a diffrazione Raggi X dei nanocristalli di Microrepair® (figura 9) mostra come i microcristalli abbiano un grado di cristallinità che si trova a metà fra quello dello smalto e quello della dentina. La possibilità di ottenere una remineralizzazione dei tessuti duri ha effetto su numerose patologiedei tessuti duri del dente:1. effetto preventivo sulla carie dentaria attraverso la remineralizzazione delle lesioni iniziali 2. effetto desensibilizzante della dentina in quanto promuove la obliterazione dei tubuli dentinali 3. effetti antitartaro e antiplacca grazie all‟azione antibatterica esplicata dalla presenza di Zn2+ che ha riconosciuti effetti antisettici.Le figg.10 (a ,b, c, d) mostrano l‟azione graduale dei cristalli Microrepair® che progressivamente si legano saldamente alla superficie dentinale occludendo i canalicoli ed esplicando in tal senso una efficacee duratura azione desensibilizzante sulla dentina. 23 In Fig 10 le immagini SEM mostrano la superficie della dentina prima del trattamento (a) e dopo trattamenti con Microrepair® di 1 minuto (b), 10 minuti (c) e un‟ora (d). E‟ chiaramente visibile la graduale crescita dei nanocristalli apatitici fino a nascondere completamente i canalicoli della dentina. 2) Biomateriali proteici biomimetici nanostrutturati Sono stati preparati coating proteici (collageno), apatitici e compositi mediante tecniche di deposizione elettrochimica e nebulizzazione ultrasonica. Quest‟ultima tecnica è stata sviluppata in collaborazione con la School of Chemistry dell‟Università di Bristol. Nel primo caso i parametri del processo di deposizione e gli elettrodi possono essere opportunamente scelti in modo da sincronizzare il processo di autoassemblaggio delle fibre di collageno durante la formazione dei cristalli di idrossiapatite. I risultati inoltre stabiliscono nuove metodiche di sperimentazione per studiare i meccanismi di biomineralizzazione del collageno nei tessuti biologici (Fig. 5). Fig. 5 Coating proteico ottenuto mediante deposizione elettrochimica su lamina di titanio 24 Nel secondo caso film ceramici ad alta area superficiale e film polimerici possono esser ottenuti mediante precipitazione di un reagente aerosol in una soluzione reattiva. Per entrambe le tecniche, i dati ottenuti consentono di creare nuovi film o coating bioattivi che potranno anche essere utilizzati come substrati biomimetici per il rilascio di farmaci con cinetica controllata. Nel caso dei film nanopatitici ottenuti via nebulizzazione ultrasonica tale possibilità è stata già testata utilizzando ad esempio un bisfosfonato. Fig. 6 Schematizzazione dell‟apparato per nebulizzazione ultrasonica La deposizione elettrochimica ha invece permesso di ottenere layers nanostrutturati di carbonato idrossiapatite attivati superficialmente con eparina. E‟ stato dimostrato come la coagulazione del sangue risulti esser significativamente ritardata sul coating di nanopatite funzionalizzato con eparina rispetto a quanto avviene sul coating non funzionalizzato. Ciò apre nuove prospettive nella realizzazione di device con potenzialità antitrombogeniche. Coating proteici sono stati preparati mediante elettrofilatura che può essere considerata una variazione dell‟“electrospray”, applicato alle sostanze a più basso peso molecolare che permette di ottenere fibre micro-nano dimensionate sfruttando la differenza di potenziale applicata tra una soluzione di polimero (contenuta in una siringa) ed una piastra di raccolta (collettore). Fino ad ora tale tecnica è stata utilizzata per ottenere “mats” di collagene in presenza di solventi organici in modo particolare il solvente maggiormente impiegato è esafluoroisopropanolo (HFIP)1. Con il presente lavoro si è utilizzato una sospensione molecolare di collagene di tipo I estratto da tendine di Achille equino per solubilizzazione in acido acetico e sottoposto alla eliminazione della frazione telopeptidica e della componente glicosaminoglicanica. Le molecole della proteina presentano proprietà autoassemblanti formando fibre di collageno per opportune variazioni di pH2. Con il processo di elettrofilatura siamo stati in grado di ottenere fibre di collagene di dimensioni superiori 200nm senza ricorrere all‟uso di solventi organici e variazioni di pH. Le fibre sono state caratterizzate morfologicamente tramite microscopia elettronica SEM e TEM e spettroscopiche (FTIR) ed inoltre sono state indagate le proprietà termiche tramite TGA e DSC. Questa caratterizzazione ha permesso di correlare le proprietà chimico-fisiche delle fibre con la loro gerarchia strutturale inoltre questa indagine ha messo in evidenza le caratteristiche biomimetiche delle fibre di collagene ricostituite che risultano particolarmente importanti qualora si vogliano utilizzare in ambito biomedico. La curva calorimetrica (DSC) della sospensione molecolare di collagene tipo I 1% w/w è riportata in Figura 2a, ed è possibile osservare una transizione endotermica a TD = (76 ± 1)°C imputabile alla denaturazione a cui è associato un valore di ΔHD pari a (35 ± 1) J/g. Tali valori risultano essere più bassi rispetto ai quelli ottenuti per il tendine equino che corrispondono a TD = (112 ± 1)°C and ΔHD = (41 ± 1) J/g anche se i valori di entalpia e di temperatura di denaturazione del collagene nativo determinati tramite DSC risultano sensibilmente dipendenti dal grado di idratazione 25 a b Figura 1: Analisi SDS-PAGE (a) HMW kit di calibrazione, (b) di collagene tipo I. 2.2 a Figura 2: Curve calorimetriche ottenute per: (a) fibre di collagene tipo I, (b) fibre di collagene elettrofilate, (c) fibre di collagene auto-assemblato con NaOH e (d) fibre di collagene elettrofilate in presenza di vapori di NaOH. Heat Flow (W/g) 1.0 b c -0.2 -1.4 d -2.6 -3.8 0 40 80 Temperature (°C) Exo Up 120 160 Universal V4.1D TA Instruments Come detto in precedenza le molecole di collagene si auto-assemblano quando il pH della sospensione molecolare è aumentato fino ad un valore di 5.5. La morfologia di tali fibre è stata investigata tramite Sem (vedi Figura 3). Le fibre sono risultate essere lunghe più di 100 μm e con spessore di pochi micron e dall‟analisi calorimetrica risultano avere TD = (85 ± 1)°C e ΔHD = (39 ± 1) J/g (Figura 2c): tali valori sono sensibilmente più elevati rispetto a quelli ottenuti per il collagene molecolare tipo I ma inferiore a TD e ΔHD ottenuti per tendine equino. Le analisi spettroscopiche FTIR effettuate sul collagene di tipo I (Figura 4a) e sulle fibre di collagene auto-assemblato tramite aumento del pH (Figura 4b) rivelano alcuni apprezzabili differenze riguardanti le caratteristiche bande di assorbimento a 1650 , 1560, 1240 cm -1, corrispondente rispettivamente alla regione delle ammidi I, II e III. Le differenze osservate tramite DSC riguardanti i valori di TD e di ΔHD possono essere attribuite alla diversa organizzazione gerarchica strutturale del collagene molecolare. Le nanofibre ottenute tramite elettrofilatura presentano stabilità termica superiore in quanto hanno una organizzazione gerarchica interna parzialmente simile a quella dei tendini. Il lavoro di caratterizzazione ha permesso di correlare le proprietà chimico-fisiche delle fibre con la loro gerarchia strutturale ed inoltre questa indagine ha messo in evidenza le caratteristiche biomimetiche delle fibre di collagene ricostituite che risultano particolarmente importanti qualora si vogliano utilizzare in ambito biomedico. Pertanto in questo lavoro sono state preparate nanofibre di collagene utilizzando la tecnica dell‟elettrofilatura a partire da una sospensione di collagene molecolare, evitando l‟utilizzo di solventi organici e di eventuali sistemi binari polimero/collagene. I parametri fondamentali nel processo di elettrofilatura che influenzano la dimensione delle fibre sono la concentrazione della soluzione, il voltaggio applicato, la distanza tra collettore e ago della siringa. 26 Figura 3: Micrografia SEM di fibre di collagene auto-assemblato ottenute con aumento del pH. 100 98 d 96 94 c 92 %T %T 90 a 88 86 b 84 82 80 78 1900 1800 1700 1600 1500 1400 1300 1200 1100 Wavenumbers (cm-1) Wavenumber cm-1 Figura 4: spettri FTIR ottenuti per: (a) fibre di collagene tipo I, (b) fibre di collagene autoassemblate con NaOH, (c) fibre di collagene elettrofilate e (d) fibre di collagene elettrofilate in presenza di vapori di NaOH. In Figura 5 sono riportate le micrografie delle fibre ottenute applicando una differenza di potenziale di 10-20kV, una velocità di flusso pari a 0.005-0.02 ml/min e con una distanza ago-collettore di 1020cm: le fibre sono risultate prive di difetti morfologici con diametri di un centinaio di nanometri. Dalla analisi spettroscopica (Figura 4c) si può osservare che non ci sono evidenti differenze rispetto agli assorbimenti tipici del collagene molecolare. Lo stesso si può osservare dall‟analisi calorimetrica (Figura 2b). Si può concludere affermando che utilizzando il processo di elettrofilatura si ottengono nanofibre di collagene che hanno dimensione e morfologia biomimetica. Figura 5: micrografia SEM di collagene elettrofilata 27 E‟ stata inoltre valutata la possibilità di utilizzare gelatine crosslinkate per il rilascio controllato e prolungato (80 gg) di un antibiotico modello, ovvero la vancomicina. La tecnica di elettroforesi capillare ha permesso di quantificare contemporaneamente il rilascio di vancomicina e gelatina. La cinetica di degradazione della proteina può essere descritta dal modello semplificato di Higuchi, mentre il rilascio dell‟antibiotico è governato contemporaneamente dal processo di diffusione Fickiana attraverso il network della matrice di gelatina e dal processo di dissoluzione della stessa gelatina. Dal confronto fra la cinetica di eluizione dalle gelatine a diverso grado di reticolazione abbiamo osservato che la degradazione della matrice proteica ha influenza minore nel controllo del rilascio. Un‟altra importante osservazione è che la vancomicina rilasciata da tutte le gelatine parzialmente crosslinkate risulta ancora attiva nei confronti dei batteri più comunemente osservati nelle infezioni ortopediche ovvero Staphylococcus aureus r Streptococcus faecalis. Questo sistema appare promettente come possibile device biodegradabile per il rilascio di antibiotici nella trattamento di infezioni in artoplastica. E‟ stata inoltre studiata la cristallizzazione di fosfati di calcio su substrati di “pure helical collagen” in “simulated body fluid” In questa ricerca è stato utilizzato del collagene di origine bovina privi delle regioni terminali disordinate, i telopeptidi, e delle regioni polisaccaridiche. Questo collageno, in cui sono presenti solo le regioni elicoidali, mostra delle proprietà diverse rispetto al collageno nativo e soprattutto ha una migliore biocompatibilità verso i tessuti biologici. Nella ricerca questo collageno è stato utilizzato a diversi stadi di aggregazione, gel, film e film deformati uniassialmente, e sono state investigate le sue capacità mineralizzanti di fosfati di calcio in “simulated body fluid”. La ricerca ha mostrato come questo collagene sia in grado di favorire la mineralizzazione dei fosfati di calcio, principalmente idrossiapatite, solo quando presente in uno stato di gel, ossia prima del processo di fibrillazione che porta alla formazione di films. Sui films la deposizione della fase minerale sembra essere controllata da processi diffusivi, senza che vi sia una induzione della mineralizzazione da parte del substrato. Si è inoltre condotto uno studio Immagine SEM di una sezione di un film di sull‟utilizzazione di amminoidrocarburi in grado di “pure helical collagen” parzialmente rendere le superfici idrofobiche (EFFETTO mineralizzato in “simulated body fluid”. Scala LOTUS). Si è brevettato la formulazione di una 10 m. soluzione acquosa di amminoidrocarburi in grado di formare sulla superficie trattata un film polimerico idrofobico. Si è infatti verificato come alcuni amminoidrocarburi aventi azione antisettica abbiano anche la capacità di formare un film idrofobico sulla superficie trattata rendendola in pratica autopulente, non consentendo quindi all‟acqua e alle particelle da lei trasportate di depositarsi. Infine si è messo a punto un metodo per la produzione di sali dell‟ acido L piroglutammico con una sintesi catalogabile come “green chemistry” senza l‟impiego di solventi organici. La ricerca è stata svolta al fine di trovare una via sintetica per la produzione di sali di Mg, Cu,Ca, K, Mn, e Zn dell‟ acido. Sintesi che potesse essere applicabile industrialmente e che consentisse l‟uso di questi sali all‟interno di innovative formulazioni di prodotti per l‟integrazione alimentare. I sali L piroglutamici di sodio, potassio, calcio, magnesio, rame, manganese e zinco sono poi stati tutti caratterizzati mediante spettroscopia infrarossa FT-IR e analisi di spettrometria di emissione al plasma per determinare le effettive quantità dei diversi metalli all‟interno dei sali. 3) Interazione superficiale di materiali inorganici con proteine modello La realizzazione di biomateriali e di device biomedici non può essere effettuata senza una ottima conoscenza di come queste strutture interagiscano con l‟organismo e i suoi componenti. Diventa perciò fondamentale lo studio dell‟interazione di questi materiali con le proteine del plasma. In particolare l‟attenzione si è concentrata verso la mioglobina (Fig. 8). 28 Fig. 8 Rappresentazione GRASP della distribuzione del potenziale elettrostatico della mioglobina Si è messo in evidenza come la superficie dei nanocompositi sia di fondamentale importanza poiché è direttamente correlata alla risposta biologica. Uno degli aspetti più interessanti è quello di conferire selettività all‟adsorbimento di proteine. Si sono messe in atto sintesi di coniugati idrossiapatite-bisfosfonati e si è andato a verificare la cinetica di adsorbimento delle proteine in modo da valutare sia come viene influenzato il substrato in termini morfologici sia la risposta della molecola biologica come cambio di conformazione (Fig. 9). Fig. 9 Schema dell‟interazione della mioglobina con l‟idrossiapatite e con il coniugato idrossiapatite/bisfosfonato L‟adsorbimento di proteine all‟interfaccia del materiale è l‟evento che si verifica prima che le cellule possono interagire con esso La superficie con cui le cellule interagiscono è quindi in realtà una superficie ricoperta da proteine e l‟interazione cellula/superficie è effettivamente un‟interazione cellula/proteine legate alla superficie. Lo studio accurato delle proprietà e dei processi che avvengono all‟interfaccia tra materiali sintetici nanostrutturati sia biomimetici sia di interesse ambientale da una parte e l‟ambiente biologico dall‟altra consente di avere un approccio di controllo della risposta biologica all‟interfaccia In questo ambito è stata studiato l‟adsorbimento di albumina bovina e umana su nanocristalli sintetici stechiometrici di crisotilo simulando le condizioni biologiche “in vitro” , sfruttando la possibilità di avere a disposizione come substrato uno standard di riferimento che mima le caratteristiche delle fibre di asbesto. Le modificazioni strutturali della proteina a seguito dell‟adsorbimento sul crisotilo sono state quantificate utilizzando la spettroscopia FTIR, in funzione del grado di copertura superficiale. I dati ottenuti indicano un adsorbimento di tipo bimodale, evidenziato da due diverse costanti di legame, guidato dalle interazioni superficiali proteinasubstrato. L‟equilibrio di adsorbimento/desorbimento della proteina è stato studiato mediante spettroscopia di dicroismo circolare analizzando le variazioni strutturali dopo il desorbimento della proteina dalla superficie. In mancanza del substrato, la proteina in soluzione si riorganizza, mantenendo però perturbazioni rispetto alla specie nativa. Risultati preliminari sono stati ottenuti utilizzando come substrato nanocristalli sintetici biomimetici di idrossiapatite caratterizzati da proprietà superficiali diverse e che mostrano interazioni differenti con il materiale biologico. Inoltre, uno studio teorico di dinamica molecolare affiancato da uno studio sperimentale FTIR sull‟adsorbimento di albumina umana su nanocristalli di crisotilo ha confermato i risultati 29 sperimentali e cioè che l‟ adsorbimento della proteina sulla superficie avviene in due stadi successivi. Infatti, in un primo stadio le modificazioni strutturali risultano di entità più limitata, mentre nello stadio successivo si hanno variazioni conformazionali significative che portano a modifiche nella struttura secondaria della proteina. 4) Ruolo dei metalli nella citotossicità di nanocristalli d’ interesse ambientale Tra i metalli presenti nelle fibre minerali di crisotilo, il Fe sembra assumere un ruolo fondamentale per la sua notoria citotossicità. E‟ stato quindi portato a termine uno studio sia sulla caratterizzazione chimico-fisica e strutturale di fibre di crisotilo drogato con ferro, sia sulla sua interazione con i sistemi biologici. Nell‟ambito della caratterizzazione chimico-strutturale e morfologica è stato condotto uno studio dinamico meccanico mediante un microscopio a forza atomica (AFM), e un microscopio elettronico a trasmissione ad alta risoluzione (HRTEM). In accordo con i precedenti studi condotti sul crisotilo stechiometrico, il crisotilo drogato col Fe sembra contenere maggiori difetti strutturali. La figura seguente mostra come l‟aggiunta di Fe non modifichi la morfologia tubolare caratteristica del crisotilo. (a ) (b ) Immagine TEM del crisotilo drogato col Fe (a) e profilo di diffrazione del nanotubo (b). E‟ stato inoltre condotto uno studio di “bending tests” sui nanotubi sia stechiometrici che drogati col ferro sottoponendoli a stress meccanico mediante una forza laterale utilizzando un microscopio a forza atomica dopo averli prima sospesi, come mostrato in figura SEM. Immagine SEM di nanotubo di crisotilo sospeso. I nanotubi mostrano una deformazione elastica lineare per piccole deformazioni. Il modulo di Young dei nanotubi è stato determinato dalle curve di stress-strain applicando l‟equazione di bending δ = FL3/192EI dove δ è il piegamento del nanotubo, F è la forza applicata, L è la lunghezza del nanotubo, E è il modulo di Young e I è il momento di inerzia del cilindro. Lo stress indotto in un esperimento di bending comprende tensione, compressione e sforzo di taglio. Per i nanotubi di crisotilo stechiometrico è stato trovato un valore medio del modulo di Young di 159±125 GPa mentre per il crisotilo drogato col Fe un valore di 279±260 GPa Le modificazioni strutturali indotti dal ferro alterano le proprietà meccaniche con un‟apparente dipendenza dal numero di pareti che costituiscono le pareti. Al fine di individuare il ruolo degli ioni sostitutivi, in particolare del Fe, presenti nel crisotilo naturale sulla sua tossicità, sono stati studiati campioni di crisotilo naturale e di crisotilo sintetico, il quale è costituito solamente da Si, Mg, O e H. L' aver sintetizzato crisotilo sintetico drogato con concentrazioni di crescenti di Fe, introdotto come 30 vicariante del silicio o/e del magnesio ha permesso di provare una diretta evidenza sperimentale del ruolo del Fe nella reattività chimica e nel danno cellulare legato all' amianto. La presenza di Fe, anche in concentrazioni molto basse (0,2% wt) trasforma le fibre di crisotilo da inerti a biologicamente dannose. In questo studio per la prima volta si è confrontato in modo specifico le fibre di crisotilo drogate con diverso tenore di ferro, senza che le interferenze dovute ad altre variabili (tali come differenza in struttura, dimensioni o modificazioni chimico fisiche).questi risultati mostrano che il ruolo del ferro nella tossicità dell‟amianto è molto più complesso rispetto agli studi presenti in letteratura. In altre parole la presenza di ferro non è un semplice sito catalitico dove si formano i ROS, ma la superficie delle fibre potrebbe influenzare in diversi modi le interazioni tra crisotilo e cellule. Infatti induce l‟inibizione del G6PD (glucosio 6 fosfato deidrogenasi) diminuendo così le difese antiossidanti delle cellule e quindi soggette ad un maggiore danneggiamento cellulare, in oltre provoca danneggiamento al DNA, lipoperossidazione, inibizione delle redox del metabolismo e l‟alterazione dell‟integrità delle celule. L‟immagine seguente mostra l‟ effetto delle fibre di crisotilo nella produzione intracellulare di ROS sulle cellule bersaglio: 31 Le cellule sono state incubate per 24 ore in assenza (ctrl) o presenza di crisotilo naturale standard UICC A, crisotilo sintetico stechiometrico (syn), o sintetico drogato con 0.9 % di Fe (syn 0.9% Fe). Un‟aliquota delle cellule di controllo sono state trattate per 15 min con 500 µM di perossido di idrogeno (H2O2). Le cellule sono state poi incubate con 10 µM di diclorodiidrofluorescina di acetato (DCF) e 0.2 µM “Mito Tracker” rosso (MC) per 15 minuti prima dell‟osservazione col microscopio confocale a scansione laser. 5) Cristallizzazione e struttura di proteine. Le gliceraldeidi-3-fosfato deidrogenasi (GAPDH) sono enzimi implicati nella glicolisi, nella glucosogenesi e nel ciclo della riduzione del carbonio di organismi fotosintetici. Il gruppo di ricerca ha recentemente pubblicato, per la prima volta, la struttura cristallografica di una GAPDH fotosintetica (la forma non regolatrice A4 estratta dalle foglie degli spinaci) complessata con il NADP. Le caratteristiche basilari di questa struttura sono molto simili alla GAPDH glicolitica, già conosciuta. Tuttavia delle differenze sostanziali sono state osservate nel dominio di legame col cofattore. Anche la struttura cristallina della forma ricombinante A4-GAPDH da Spinacia oleracea, espressa in E.coli, complessata con NAD è stata risolta dal gruppo di ricerca. Dal confronto tra le strutture dei due complessi si osservano, nell‟organizzazione tridimensionale, delle differenze minime quando la GAPDH ospita nel dominio di legame il NAD o il NADP.La struttura cristallina dell‟isoforma A2B2 complessata con il NADP è stata risolta mediante un approccio multidisciplinare di cristallografia, modeling e mutagenesi. La struttura ha mostrato che la regione C-terminale della catena B cambi la sua struttura in funzione del suo stato di ossidazione e che questa, quando ossidata viene ospitata in una sacca Struttura dell'isoforma A2B2 della gliceraldeide-3-fosfato 4 posra that la catena A e la Catena B. fotosintetica. Potenziale elettrostatico superficiale delle RIPs studiate a diversi pH.4 Sono state studiate anche alcune RIP: Proteine Inattivanti il Ribosoma. Infatti numerose proteine isolate da una varietà di tessuti vegetali sono simili alla catena A della ricina e, in modo analogo a queste, inattivano il ribosoma eucariotico mediante un meccanismo enzimatico. Il loro meccanismo di azione è stato identificato come un‟attività N-glicosidica che rompe in modo idrolitico il legame N-glicosidico del A4324 del 28 S rRNA. La denominazione proteine inattivanti il ribosoma (RIP) tipo 1 (a differenza del tipo 2, tra le quali la ricina e tossine simili a doppia catena) è utilizzata per indicare le proteine a catena singola con le proprietà descritte sopra. Le RIP mostrano un‟alta omologia di sequenza amminoacidica e sembrano avere una simile attività enzimatica. Tuttavia, esse agiscono in modo diverso su ribosoma di piante, protozoa e animali. L‟attività di ricerca del gruppo è ricolta allo studio di RIP tipo I. Queste sono: la lichnina, la diantina 30, la buganina e la momorchina S. La diantina 30, la buganina e la lychnina sono state cristallizzate e la loro struttura è stata risolta tramite “molecular replacement”. Sono ancora in corso esperimenti di cristallizzazione della momorcochina-S per ottenere dei cristalli adatti ad uno studio strutturale a raggi 32 X. Le strutture della buganina e della lichinina sono state risolte e vanno ad aggiungersi a quella della dianthina 30 già determinata dal gruppo di ricerca. Lo Studio ha evidenziato ancora con maggior impeto il ruolo del potenziale di superficie nel determinare l‟attività catalitica e la selettività verso diversi substrati.4 6) Contratti e convenzioni con l’ Industria Presso il Laboratorio di Strutturistica Chimica Ambientale e Biologica (LEBSC) localizzato nel Dipartimento di Chimica “G. Ciamician”dell’Università degli Studi di Bologna e costituente la Unità di Ricerca del C.I.R.C.M.S.B. dell’ Ateneo Bolognese, si è svolta nel 2007 l’ attività di ricerca prevista da alcuni contratti tra C.I.R.C.M.S.B e Industria. Per quanto riguarda il contratto C.I.R.C.M.S.B – GHIMAS S.p.A. Attività coerente con le ricerche riportate al punto 1).In questo anno di attività è stata progettata la sintesi di Idrossiapatiti biomimetiche nanocristalline con proprietà chimico-fisiche superficiali tali da rendere i cristalli altamente bioreattivi, rendendoli particolarmente idonei alla formazione di scaffolds per l’ ingegneria tissutale. Sono state realizzate sintesi di tipo sol-gel, utilizzando soluzioni acquose fortemente diluite ed operando in condizioni costanti di temperatura e pressione nell’intervallo fisiologico per tempi di reazione variabili da alcune ore ad una settimana. Sono state variate le condizioni di reazione quali concentrazione dei reagenti, velocità di neutralizzazione acido-base, velocità di miscelazione dei reagenti, temperatura ed atmosfera di reazione, tempo di maturazione e crescita cristallina nelle acque madri di reazione, per determinare l’ effetto di questi parametri di sintesi sulle caratteristiche strustrutturali, morfologiche, dimensionali e sulle proprietà superficiali dei nanocristalli sintetizzati. I risultati ottenuti hanno permesso di definire i parametri di sintesi per la produzione di nanocristalli di idrossiapatite biomimetica con proprietà morfologiche e strutturali tali da renderla particolarmente idonea alla preparazione di scaffolds inorganici biomimetici per la crescita di cellule staminali. Per quanto riguarda il contratto C.I.R.C.M.S.B – COSWELL S.p.A. si è condotta una attività di ricerca coerente con parte delle ricerche riportate al punto 1) e riguardanti la sintesi e caratterizzazione di Idrossiapatiti attive nei processi riparativi delle superfici dentali smalto e dentina.I risultati hanno portato alla pubblicazione di un brevetto internazionale. Sono state inoltre messe a punto sintesi di sospensioni di particelle apartitiche nanometriche in grado di modificare l’ idrofilicità superficiale. I risultati hanno permesso il deposito di due brevetti internazionali. Per quanto riguarda il contratto C.I.R.C.M.S.B-ARPA di Reggio Emilia, di durata biennale, nel 2007 si sono condotte analisi coerenti con le ricerche riportate al punto 4) per l’identificazione di fibre di amianto in pietre ofiolitiche presenti nelle massicciate ferroviarie delle stazioni dell’EmiliaRomagna. Scopo dell’attività è quello di rilevare in campioni opportunamente selezionati di pietre di massicciata ferroviaria, attraverso analisi al microscopio ottico ed elettronico a scansione, l’indice di rilascio di eventuali fibre di amianto e mettere i risultati in relazione con i valori specificati dai termini di legge. Nel corso del 2007 sono stati analizzati presso il LEBSC oltre 500 campioni di pietre, provenienti da varie stazioni ferroviarie, tra cui Parma, Piacenza, Castel Maggiore e San Benedetto Val di Sembro. 33 UNITA’ DI RICERCA DI CAMERINO Direttore Scientifico: Prof. Alfredo Burini L‟unità operativa di Camerino si è occupata principalmente delle seguenti tematiche: 1) Sintesi, caratterizzazione e studio delle proprietà antitumorali in vitro di complessi di Cu(I). 2) Applicazioni radiofarmaceutiche (PET e microPET) di nuovi complessi di 64Cu con leganti biologicamente attivi. 3) Sintesi di derivati metallici di Mn(II), Fe(II), Co(II), Ni(II), Cu(II), Zn(II), Pb(II), Cd(II), Hg(II) Sn(IV) e Re(V) con leganti scorpionato o fosfinici. 4) Sintesi di derivati eteronucleari ciclici di Au(I) e Ag(I). Sintesi di complessi di Cu(I) con proprietà antitumorali e per applicazioni radiofarmaceutiche (punti 1 e 2) I complessi di rame(I) con il legante tris(idrossimetil)fosfina posseggono le caratteristiche necessarie per soddisfare i seguenti scopi: a) ottenere complessi di rame che presentino una attività antitumorale paragonabile o superiore a quella del cis-platino; b) una selettività verso i tumori resistenti ai principali chemioterapici antineoplastici tale da essere vantaggiosamente impiegati come agenti antitumorali nel trattamento di malattie tumorali di per sé ed anche in associazione con farmaci antitumorali già impiegati in terapia; c) la presenza del gruppo idrossimetilico conferisce inoltre idrofilicità ai leganti fosfinici e ai relativi complessi di Cu(I) con elevata stabilità redox in soluzione acquosa. A tale scopo, complessi idrosolubili e mononucleari di Cu(I) del tipo LCu(thp)2 e [Cu(thp)2(CH3CN)2](PF6) con leganti appartenenti alla classe del bis(1,2,4-triazolil)acetato e bis(3,5-dimetilpirazolil)acetato (L = [HC(CO2)(tz)2]- o [HC(CO2)[(pzMe2)2]) sono stati ottenuti in soluzione alcolica in presenza dell‟accettore metallico [Cu(CH3CN)4](PF6), del colegante thp (thp = tris(idrossimetil)fosfina)) e del corrispondente legante scorpionato. Tali complessi sono stati caratterizzati sia in soluzione che allo stato solido e testati per le loro proprietà citotossiche nei confronti di un‟ ampia serie di linee cellulari tumorali umane. Tutti i complessi hanno mostrato una attività antitumorale in vitro confrontabile o migliore di quella mostrata dal cisplatino. In particolare il derivato 3 presenta un valore di IC50 notevolmente inferiore a quello del composto di riferimento nei confronti di tutte le linee cellulari investigate. 35 Analogamente sono stati ottenuti nuovi complessi di Cu(I) del tipo [H2B(tzNO2)2]Cu[PR3]2 [H2B (tzNO2)2]Cu[dppe] e [H2B(tzNO2)2]Cu[PR3] per reazione dell‟accettore CuCl con il legante diidrobis(3-nitro-1,2,4-triazolil)borato di potassio, K[H2B(tzNO2)2] in presenza di fosfine terziarie mono o bi-dentate. Alcuni di tali derivati sono stati testati per le loro proprietà citotossiche e hanno mostrato valori di IC50 apprezzabilmente inferiori a quella del cis-platino. E‟ comunque interessante notare che tutti i derivati testati sono particolarmente efficaci nei confronti del carcinoma A549, che risulta resistente al cis-platino. Infine gli studi condotti su una ampia varietà di complessi fosfinici di Cu(I) ha portato allo sviluppo di un brevetto industriale relativamente al derivato tetrakis(idrossimetil)fosfinina di rame(I) che ha mostrato i migliori risultati quale agente antitumorale: HO OH OH HO P HO P OH Cu PF6 P HO OH P OH HO HO OH Dello stesso derivato è stato sintetizzato il complesso marcato con rame-64 per le applicazioni in microPET. Sintesi e caratterizzazione spettroscopica di derivati metallici (punti 3 e 4) Con lo scopo di correlare la struttura, allo stato solido ed in soluzione, alle proprietà chimico fisico e farmacologiche, sono stati sintetizzati e caratterizzati numerosi derivati metallici utilizzando principalmente leganti scorpionato, fosfinici o eterocicli azotati. 36 UNITA’ DI RICERCA DI CATANIA Direttore Scientifico: Prof. Raffaele Pietro Bonomo Complessi di rame(II) e ciclodestrine funzionalizzate Le capacità antiossidanti dei complessi di rame(II) (come è noto, molti metallo-enzimi naturali contengono rame nei loro siti catalitici) possono essere sfruttate per progettare farmaci con proprietà antinfiammatorie di nuova generazione. Tuttavia, essi pongono il problema di come effettuare una terapia adeguata, infatti occorre superare i problemi che si pongono in una somministrazione orale. I complessi di rame(II) sono labili e potrebbero subire alterazioni in conseguenza dell'acidità nella quale si troverebbero in ambiente gastrico. Se da un lato, si è alla ricerca di opportuni mezzi di trasporto dentro l'organismo (ultimamente abbiamo anche esplorato la possibilità d'uso di eritrociti umani), dall'altro occorre esplorare le capacità donanti di leganti che siano meno suscettibili alla protonazione. Inoltre, poiché le differenti attività catalitiche dei complessi del rame(II) sono legate alle diverse geometrie che questi possono assumere all'interno di bio-leganti, occorre scegliere in modo opportuno tali leganti. Infatti è' noto che il rame(II) possiede una notevole "plasticità" nella sua capacità di coordinazione, ha cioè la possibilità di formare complessi in svariate stereochimiche, come conseguenza sia delle richieste steriche che delle capacità donanti degli stessi leganti. In questa prospettiva verranno indagate le ciclodestrine funzionalizzate con opportuni leganti (in particolare con carnosina e carcinina). Questi leganti (cioè l'insieme della cavità ciclodestrinica con l'opportuno legnate prescelto) hanno il vantaggio di presentare sia il sito metallico capace di essere coinvolto in un processo redox, ma anche una cavità idrofobica capace di interagire con i vari substrati. Inoltre, si vuole pensare ad uno stesso complesso capace di "neutralizzare" tutte le specie radicaliche (per esempio il radicale ossidrile ed il superossido) derivate dall'ossigeno negli organismi umani. Svilupperemo lo studio di molecole con attività antiossidante capaci di svolgere un‟azione terapeutica nelle malattie neurodegenerative quali la malattia di Alzheimer e le patologie prioniche. Diversi autori descrivono la carnosina come un farmaco protettivo nei confronti degli stress ossidativi e di malattie affini, incluse le alterazioni oculari. La carnosina esogena non si accumula nei tessuti e la sua distruzione, attraverso l‟enzima carnosinasi, una dipeptidasi altamente specifica, presente nel plasma, avviene nel cervello, nel fegato e nei reni. La carnosina resa stabile con la ciclodestrina (CDs) mantiene le sue proprietà biologiche e farmacologiche. Inoltre, abbiamo recentemente dimostrato che la -ciclodestrina ( -CD) è un efficiente “scavenger” dei radicali OH. Un obiettivo di questo progetto riguarda la sintesi di mono- e bi- funzionalizzate -CD con la carnosina. Poiché studi recenti hanno dimostrato che le -CD svolgono attività antiaggregante nei confronti dei peptidi A si potrebbero ipotizzare per questi bioconiugati attività combinate metallo chelante, antiossidante ed antiaggregante. Nell‟ambito di questo progetto l‟attenzione sarà rivolta anche ad un altro composto con proprietà antiaggreganti, uno zucchero a basso peso molecolare, il trealosio vista la capacità di stabilizzare la conformazione strutturale delle proteine in piante soggette a stress ossidativo. Nuovi composti saranno sintetizzati con questo zucchero e la carnosina o la carcinina. Inoltre, saranno sintetizzati bio-coniugati contenenti farmaci antinfiammatori non steroidei e porfirine. L‟attività antiaggregante ed antiossidante sarà provata nei riguardi dell‟amilina e dell‟A . Prodotti di sintesi con capacità antiossidante. L‟attività di ricerca svolta ha riguardato la sintesi e la caratterizzazione di glicoconiugati di molecole ad attività antiossidante, descritte in letteratura come sistemi mimetici delle superossido dismutasi (SOD). La capacità delle SOD di proteggere le cellule dai danni che si generano da patologie quali malattie cardiovascolari, artrite, diabete mellito e patologie neurodegenerative, alle quali è stato associato l‟aumento di radicali superossido, ha suggerito la possibilità di utilizzare questi sistemi mimetici a scopo terapeutico. 37 La presenza dello zucchero conferisce nuove caratteristiche a questi sistemi quali: i) la solubilità in acqua, decisamente bassa per i Mn-salen che è decisamente aumentata; ii) la capacità di veicolare più efficacemente la molecola ad attività biologica per la presenza dello zucchero che può fungere da elemento si riconoscimento per particolari tessuti. In particolare sono stati sintetizzati e caratterizzati i glicoconiugati con la β-ciclodestrina, il galattosio e il glucosio del salen e sono successivamente stati sintetizzati i complessi del MnIII. Di questi complessi è stata valutata l‟attività antiossidante ed in particolare, l‟attività SOD è stata misurata con il metodo di Fridovich mentre l‟attività catalasica, è stata misurata mediante tecniche elettrochimiche (elettrodo ad ossigeno). La funzionalizzazione dell‟unità salen con lo zucchero non modifica significativamente l‟attività del complesso metallico e, alla luce di questi dati, sono state progettate delle misure su sistemi cellulari per verificare l‟efficacia di questi sistemi e per valutare il ruolo dello zucchero nell‟esplicarsi dell‟attività antiossidante in sistemi cellulari in grado di dimostrare il riconoscimento del sistema SOD mimetico in relazione alla natura dello zucchero. E‟ stata anche studiata la sintesi e l‟attività antiossidante di complessi di rame con bio-leganti di coniugati ciclodestrine-peptidi. Quest‟attività ha avuto come oggetto complessi di rame con leganti di coniugati ciclodestrina omocarnosina. Indagini di tipo spettroscopico combinate con esperimenti di radiolisi pulsata e test biologici effettuati su diversi sistemi modello hanno permesso di caratterizzare pienamente struttura e proprietà antiossidanti di questi sistemi biocompatibili, di correlarli all‟attività mostrata dai singoli leganti in assenza di metallo e di chiarire il ruolo chiave giocato dalla cavità ciclodestrinica nell‟intero contesto . Processi di riconoscimento molecolare. a) Il design di nuovi sistemi peptidici contenenti siti specifici per la complessazione di ioni metallici fornisce una nuova via per la produzione di piccole “proteine artificiali” in grado di esplicare una varietà di interessanti funzioni. Si avvierà uno studio mirato all‟ottenimento di sistemi polipeptidici che siano capaci di adottare conformazioni stabili e ben definite in presenza di ioni metallici. I risultati ottenuti dall‟analisi di questi sistemi possono contribuire ad aumentare le conoscenze sui processi coinvolti nei primissimi eventi del “folding” delle proteine oppure costituire il primo passo verso la produzione di molecole con spiccata attività biologica. Il design di nuovi polipeptidi può essere realizzato mediante l‟utilizzo di diversi approcci sperimentali quali ad esempio il de novo design, la modificazione di sequenze naturali oppure la costruzione di peptidi ibridi costituiti dalla combinazione di elementi strutturali artificiali e naturali. E‟ stato da noi dimostrato che la presenza dei gruppi imidazolici dell‟istidina sono essenziali nella stabilizzazione di questa conformazione. Ci dedicheremo allo sviluppo di molecole utili per il trattamento di malattie neurodegenerative e del diabete di tipo II e, perciò, alla sintesi e caratterizzazione strutturale di peptidi fibrillogenici e delle loro interazioni con i metalli, quindi alla progettazione e sintesi di nuove molecole capaci di antagonizzare gli effetti di proteine strutturalmente alterate o di ridurre i processi di fibrillogenesi. In particolare, i peptidi selezionati che si intendono caratterizzare sono: -PrP60-91. Questo peptide è rappresentativo di una regione con un contenuto inusualmente elevato di glicine. Esso contiene dei motivi ripetuti PHGGGWGQ, che sono deputati a legare gli ioni Cu(II); -PrP106-126. Si tratta di un peptide the rappresenta la sequenza piu conservata fra le differenti specie e che si trova fra la parte strutturata a quella non strutturata della proteina PrP. E‟ un peptide con attivita neurotossica e gliotrofica in modelli in vitro. -PrP178-193 e 180-193. Si tratta delle sequenze corrispondenti al dominio dell‟elica 2. E‟ stato dimostrato, recentemente, che tali frammenti peptidici esaltano l‟attività citotossica del Cu(II). -Il peptide -amilode (1-42). Il principale componente peptidico dei depositi delle placche amiloidi nell'Alzheimer. -Il frammento del peptide -amiloide 25-35. Un derivato sintetico dell'-amiloide, altamente tossico e fibrillogenico, che è considerato un sistema modello utile, unitamente ad alcuni suoi derivati (Gly 33 N-rnetilato e Leu 34 N-metilato), per testare inibitori dell'aggregazione e tossicità. 38 -Il peptide amilina 1-37. Il polipeptide coinvolto nei processi citotossici per le cellule pancreatiche. -Amu17-29 e Amu20-29. Frammenti tossici responsabili dell‟aggregazione dell‟amilina nell‟uomo. -Amt17-29 e Amt20.29. Sequenze analoghe alle precedenti ma con le varianti esistenti nell‟amilina del topo, dove la proteina non dà luogo ad aggregazione. Alcuni dei complessi di rame(II) formati con questi peptici in ambiente attorno alla neutralità verranno anche studiati nella loro interazione con piccole molecole radicali come NO od O2-, questi ultimi ottenuti da NO-donors o da sistemi enzimatici rispettivamente. b) Le porfirine sono tra le molecole più studiate dai chimici. Le ragioni di tale interesse dipendono non solo dal fatto che esse svolgono un ruolo fondamentale in diversi sistemi biologici, ma anche dalla facilità con cui esse possono essere studiate grazie alle peculiari proprietà spettroscopiche. Esse presentano, infatti, proprietà spettroscopiche notevoli (quali l‟elevato coefficiente di estinzione molare e l‟alta resa di emissione di fluorescenza) che possono essere facilmente modulate inserendo sia diversi ioni metallici (al centro dell‟anello), sia diversi sostituenti (alla periferia, per esempio in posizione meso-). In particolare, l‟introduzione di gruppi carichi in posizione meso- ha reso possibile l‟ottenimento di porfirine solubili in acqua. E‟ importante sottolineare a questo punto che, in funzione del numero e/o della disposizione dei vari gruppi carichi, le porfirine presentano in acqua una naturale tendenza verso la auto-aggregazione. I gruppi carichi rendono, infatti, tali molecole solubili in acqua, ma non idrofiliche. Del resto, la stessa struttura di queste molecole (un ampia superficie piana, elettron-ricca) favorisce interazioni tipo van der Waals anche in solventi meno polari dell‟acqua. Chiaramente le porfirine con un alto numero di cariche sono quelle che restano monomeriche per un più ampio intervallo di concentrazione e forza ionica. In relazione a ciò, vi era in letteratura la diffusa convinzione che l‟aggregazione su matrici di carica opposta a quella delle porfirine fosse una prerogativa specifica di porfirine con una forte tendenza verso l‟auto-aggregazione. poiché in acqua, in presenza di una matrice, sono guidate da specifici processi di riconoscimento molecolare. Ciò è vero anche per porfirine tetra-cariche che non mostrano alcuna tendenza ad auto-aggregare (in assenza di una specifica matrice) anche ad „alte‟ concentrazioni (10-4 M) e forze ioniche. La specificità di queste interazioni insieme alla inerente presenza di cooperatività dei processi di aggregazione, indirizzerà la nostra ricerca verso settori applicativi come quello dei sensori. Infatti, sia la specificità che la cooperatività sono dei requisiti essenziali per ottenere , rispettivamente, una buona selettività ed una elevata sensibilità. i) interazioni in soluzione acquosa tra porfirine cationiche e porfirine anioniche, e ii) interazioni tra le porfirine e templati di carica opposta la cui funzione è quella di organizzare e modulare il numero di porfirine aggregate. I templati investigati sono stati sinora biopolimeri chirali quali polipeptidi recanti in catena laterale gruppi ionizzabili al variare del pH. La variazione della densità di carica sul polipeptide è stata sfruttata per modulare con il pH il numero di porfirine aggregate. Questo ha consentito di ottenere tutta una serie di sensori per pH, ioni metallici, DNA o RNA. Grazie alle peculiarità elettroniche e coordinative dei metalli coordinati nel core della porfirina è stato inoltre dimostrato che è possibile controllare la geometria di aggregazione. Comunque, sia in presenza che in assenza di templati non è stato ancora acquisito il controllo sulle dimensioni degli aggregati. Infatti, l‟auto-aggregazione delle porfirine porta alla formazione di specie in cui il rapporto stechiometrico non coincide con la reale stechiometria delle specie che sono di dimensioni notevoli e variabili In questo progetto si propone il disegno, la formazione e la caratterizzazione in soluzione acquosa di aggregati di porfirine aventi stechiometria determinata e modulabile utilizzando le interazioni elettrostatiche tra cariche nette di segno opposto quale forze guida dei processi di selfassembly. Questi complessi saranno progettati in maniera tale da renderli attivi verso processi di trasferimento elettronico fotoattivati o per essere utilizzati come sensori. Il progetto prevede due approcci diversi, uno in presenza e l‟altro in assenza di templati. Nel primo caso si propone l‟ottenimento di aggregati di porfirine di carica opposta utilizzando metallo-porfirine pentacoordinate per limitare la crescita dei complessi supramolecolari alle dimensioni desiderate. Infatti, a differenza delle porfirine planari, i derivati pentacoordinati hanno una sola faccia disponibile all‟aggregazione e quindi fungono da “stopper”. 39 Nel secondo caso verranno studiati complessi calixarene-porfirina in cui i calixareni esplichino una funzione di templato organizzatore per l‟ottenimento di aggregati a stechiometria nota e modulabile. Infatti, dati preliminari indicano che i calixareni carbossilati inducono l‟aggregazione di un numero discreto e modulabile di porfirine poiché il numero di siti disponibili per la complessazione varia con il pH. L‟uso di queste molecole come templati presenta anche altri vantaggi. Infatti: i) possono essere variamente funzionalizzate variando sia il numero che la natura (cationica, anionica, chirale etc.) dei siti complessanti, consentendo il disegno di specifiche specie supramolecolari, e ii) sono particolarmente adatti ad essere utilizzati quali sensori. Caratterizzazione chimico-fisica di complessi di rame(II) con leganti correlati alle proteine prione da mammiferi o uccelli e loro interazione con monossido di azoto Lo studio della proteina prione (PrP) si inserisce nel contesto delle malattie provocate da modifiche conformazionali delle proteine, e dei fattori ambientali che ne determinano l‟eziopatologia. Come glicoproteina si trova principalmente sulla membrana plasmatica dei neuroni e delle cellule gliali dei mammiferi. L‟isoforma conformazionale della PrPC, la proteina PrP(scrapie), è il fattore responsabile delle encefalopatie spongiformi finora identificato. Il protein misfolding può essere indotto da cambiamenti dell'omeostasi degli ioni metallici, dalla presenza di proteine chaperon patologiche, da modifiche di pH e da stress ossidativi. E‟ stato dimostrato che la proteina prione ha un ruolo come trasportatore del rame all‟interno della cellula (per endocitosi), e potrebbe avere attività SOD-like, anche se questa evidenza è oggetto di grandi controversie in letteratura. La regione N-terminale del prione umano, costituita dai residui 60-91, possiede quattro sequenze octapeptidiche, altamente ripetitive, PHGGGWGQ. Studi spettroscopici hanno dimostrato che il Cu(II) induce la formazione di strutture ordinate in questa regione; infatti, utilizzando peptidi sintetici corrispondenti a tali sequenze, alcuni autori hanno dimostrato che il legarsi del Cu(II) a PrP sia necessario a fare assumere la corretta conformazione che consente alla proteina di espletare la sua funzione antiossidante. Allo scopo di comprendere il tipo di interazione tra metalli e le specifiche sequenze della PrP, sono stati effettuati numerosi studi utilizzando frammenti peptidici della proteina PrP, che possono essere considerati un modello semplificato, ma rappresentativo. Determinare, quindi, la precisa coordinazione del rame(II) all'interno del dominio octarepeat è stato un obiettivo primario per comprendere il ruolo della PrP come "copper protein". A tale scopo, sono stati effettuati studi spettroscopici e spettrofotometrici dei complessi di Cu(II) con i peptidi AcHGGG-NH2 e Ac-PHGGGWGQ-NH2 , in soluzione acquosa, variando il pH da 4 a 11 per avere una chiara conoscenza di tutte le specie che si formano in questo intervallo di pH, delle loro relative percentuali, della loro stechiometria e delle loro caratterstiche geometriche. Successivamente, per verificare la presenza di molecole d'acqua nella sfera di coordinazione, come riportato nella struttura cristallografica del Cu-Ac-HGGGW-NH2 , sono stati effettuati studi di ESI-MS nei complessi di rame a pH neutro e basico. Spettri EPR in banda X a temperatura ambiente e a bassa temperatura hanno consentito di determinare il numero di atomi di azoto direttamente legati al rame nel piano equatoriale. In particolare, a pH fisiologico, i complessi di rame(II) con i peptidi Ac-HGGG-NH2 ed Ac-PHGGGWGQ-NH2 danno luogo alla specie [Cu(L)H-2] (dove con L si indica uno dei generici peptidi ed H-2 indica la deprotonazione di due atomi di azoto ammidici, in conseguenza della complessazione), che presenta una geometria piramidale a base quadrata, con tre atomi di azoto donatori nel piano equatoriale, provenienti dall‟imidazolo e dai gruppi ammidici, ed un atomo di ossigeno carbonilico. Negli spettri EPR a bassa temperatura si è ottenuto sia un basso valore di g|| che della costante di accoppiamento iperfine. Il basso valore della costante di accoppiamento parallela implica una forte interazione apicale e, quindi, la presenza di un forte legame con il rame lungo la direzione perpendicolare al piano equatoriale, mentre, la struttura superiperfine a 7 righe, dovuta all'interazione dell'elettrone spaiato nell'orbitale dx2-y2, o dxy, centrato sul rame, indica la presenza di tre atomi di azoto nel piano equatoriale. Questi fatti indicano che la stereochimica del complesso si avvicina di più ad una piramide a base quadrata. In una seconda fase, viste le elevate potenzialità dell‟ossido di azoto come probe per lo studio strutturale e redox dei centri metallici, è stata valutata il tipo di interazione con NO da parte dei 40 complessi Cu- Ac-HGGG-NH2, Cu- Ac-PHGGGWGQ-NH2, come precedentemente fatto con metalloproteine. In particolare, in questo studio sono state impiegate molecole di NO-donors che rilasciano ossido di azoto in maniera controllata. Recenti evidenze, inoltre, hanno mostrato che la PrP influenza l‟attività enzimatica della nNOS (neuronal nitric oxide synthase), l‟enzima deputato alla sintesi dell‟ossido di azoto nei neuroni. E‟ stato dimostrato che la PrP e la nNOS sono colocalizzate ed entrambe sono associate a microdomini membranosi ricchi in colesterolo, insolubili nei detergenti, detti rafts. La nNOS è alterata negli encefali di topi infettati con la proteina scrapie, e la riduzione della sua attività è dovuta all‟assenza della nNOS dalla sua consueta localizzazione di membrana, a causa della sua dissociazione dai rafts. La nNOS solubile, infatti, è parzialmente attiva; sembra, inoltre, che la PrP possa determinare la corretta localizzazione della nNOS o comunque, che entrambe facciano parte dello stesso sistema funzionale, che può in qualche modo essere responsabile dell‟attivazione di altre proteine, alcune delle quali capaci di indurre i sintomi della scrapie. Questi risultati suggeriscono quindi un ruolo della PrP nella regolazione dell‟efficienza catalitica della nNOS, mentre non è noto come l‟attività dell‟enzima neuronale, o del suo prodotto NO, possa influenzare la stabilità delle diverse isoforme della PrP. In questo tipo di misure, si realizzerebbe un modello mimetico della condizione in vivo in cui la presenza dei due sistemi proteici, il prione e la nNOS, sono colocalizzati. Sperimentalmente, in seguito all‟interazione del monossido di azoto con questi complessi si osserva una notevole riduzione del Cu(II), che lascerebbe pensare ad un processo di electron transfer mediato dalla formazione di un legame debole tra il rame e l‟NO (probabilmente nitrito, cioè la forma ossidata), con successivo trasferimento dell‟elettrone al centro metallico. Gli shifts spettroscopici osservati sia negli spettri visibili che nei parametri magnetici, suggeriscono un‟espansione della sfera di coordinazione del rame(II) che cambia da una piramide a base quadrata ad una geometria pseudo-ottaedrica. La formazione dell'addotto potrebbe coinvolgere la posizione apicale libera. In presenza di ossigeno, gli spettri UV-Vis ed EPR (RT) dei due sistemi mostrano le stesse caratteristiche del complesso originario. Comunque, non si può escludere la possibilità che lo scambio elettronico avvenga anche a sfera esterna supponendo che la reazione non sia sotto un controllo termodinamico, ma cinetico. Molti sono gli studi effettuati sulle interazioni del rame con la proteina prione PrPC espressa nei mammiferi, (topo, criceto e uomo), mentre sono pochi gli studi (e contrastanti fra di loro) riguardanti la proteina prione delle specie volatili e la sua interazioni con lo ione rameico. L‟omologia della sequenza con la proteina espressa nei mammiferi è solamente del 30 %, (44% nel caso del pollo), ma comunque vi sono delle forti e significative analogie. Sono ambedue proteine Nglicosilate e possiedono, nella regione N-terminale, dei “repeats” [(PHGGGWGQ)6 per i mammiferi e (PHNPGY)8 per i volatili]. La presenza del prione, ma la mancanza di malattie neurodegenerative nei volatili ha indotto a studiare gli esarepeats della parte N-terminale, in modo da verificare se essi siano in grado di complessare il rame e di paragonare i dati ottenuti con quelli dell‟octarepeat dei mammiferi per avere informazioni sul ruolo fisiologico della proteina prione. Sono stati sintetizzati gli esapeptidi Ac-NPGYPH-NH2 (ESA), Ac-PHNPGY-NH2 (ESAPY), AcHNPGYP-NH2 (ESAHP), ed il dodecapeptide Ac-(PHNPGY)2-NH2 (DodecaPY)per studiare in maggiore dettaglio come le differenti posizioni delle due unità di prolina possano influire sulla conformazione dei peptidi stessi e sull‟intorno di coordinazione dello ione rameico. I rispettivi complessi rameici sono stati caratterizzati mediante misure di potenziometria, spettroscopia elettronica UV-Vis, dicroismo circolare ed EPR. Poiché i primi dati spettroscopici hanno evidenziato che la tirosina nel caso del dodecapeptide possa essere direttamente coinvolta nella coordinazione dello ione rameico sono stati sintetizzati i corrispondenti frammenti sostituendo il residuo tirosinico con la fenilalanina, Ac-NPGFPH-NH2 (ESAF), Ac-PHNPGF-NH2 (ESAPF), AcHNPGFP-NH2 (ESAHF) ed i dodecapeptidi Ac-(PHNPGF)2-NH2 (DodecaF), AcPHNPGFPHNPGY-NH2 (DodecaF1) e Ac-PHNPGYPHNPGF-NH2 (DodecaF2). La speciazione è analoga da un punto di vista qualitativo, con piccole differenze nelle costanti di stabilità delle specie 11-1 e 11-2, e non si hanno evidenze spettroscopiche di un diretto coinvolgimento della tirosina nella di coordinazione al rame(II). Esiste una specie [CuL2] non riscontrata per l‟octarepeat, che possiede una costante di formazione pari al doppio della specie [CuL] dell‟octarepeat, segno che in questa specie il rame è coordinato da due anelli imidazoloici. 41 La speciazione dei complessi rameici coi dodecapeptidi indica notevoli differenze . Fino a pH 6 la specie principale è quella in cui lo ione rameico è coordinato da due azoti imidazolici. All‟aumentare del pH, nel dodecaPY si hanno le specie complesse Cu2LH-1 e Cu2LH-2. Gli spettri elettronici e CD indicano la presenza di una banda a trasferimento di carica a circa 380 nm indice della coordinazione diretta del tirosinato con lo ione rameico. Il dodecaF forma invece solo la specie 11-1 in cui si ha la deprotonazione di un solo azoto ammidico. Sostituendo una sola tirosina non si osservano specie complesse binucleari. Realizzazione di sistemi in grado di generare ossido di azoto (NO) sotto l’esclusivo controllo di stimoli luminosi Per quanto riguarda questa tematica, è stato realizzato un sistema “ibrido” costituito da nanoparticelle di platino opportunamente decorate con cromofori fotottivabili che costituisce il “primo esempio” di nanoparticelle metalliche in grado di rilasciare ossido di azoto in seguito a stimoli di luce visibile. Oltre alla bassa energia di eccitazione richiesta addizionali vantaggi offerti dal presente sistema sono: l‟ottima solubilità e l‟elevata stabilità termica in condizioni fisiologiche, l‟elevata biocompatibilità nei confronti di sistemi cellulari anche ad elevate concentrazioni , la potenziale capacità veicolante grazie alle ridotte dimensioni (circa 1 nm) e non ultimo la facilità e basso costo di preparazione. Mediante l‟opportuna introduzione di unità porfiriniche, tali nanoparticelle sono state rese fluorescenti in modo da poterle localizzare efficacemente in compartimenti cellulari (vedi relazione Borsa). Al fine di poter aumentare gli effetti anticancerogeni dell‟NO sono state altresì progettate e preparate nanoparticelle bicromoforiche in grado di generare simultaneamente e nella stessa regione dello spazio NO ed ossigeno di singoletto, un‟altra specie dalla note proprietà anticancro, in seguito all‟assorbimento di un singolo fotone di luce visibile. Tenendo infine conto che il principale target dell‟ossido di azoto è il DNA, è stato progettato e sintetizzato un NO fotofonatore in grado di legarsi specificatamente al DNA a doppia elica e di generare pertanto NO nelle immediate vicinanze sempre in seguito ad irradiamento luminoso. 42 UNITA’ DI RICERCA DI FERRARA Direttore Scientifico: Prof.ssa Paola Bergamini L’attività 2007 dell’Unità di Ferrara ha riguardato tre tematiche: 1. Studio di composti di coordinazione del platino con acido ascorbico o suoi derivati finalizzato alla messa a punto di farmaci innovativi - Rresponsabile: P. Bergamini 2. I metalli in matrici complesse: studio di equilibri di complesso-formazione in soluzione – Responsabile: M. Remelli 3. Complessi metallo porfirinici come modello di ossigenasi in sistemi compositi Responsabile: A. Maldotti 1) Studio di composti di coordinazione del platino con acido ascorbico o suoi derivati finalizzato alla messa a punto di farmaci innovativi. HO5 O 5 HO 6 1 O 4 6 3 HO3 2 2OH Acido ascorbico Ascorbati come leganti anionici In questo anno di attività, nell‟unità di Ferrara è proseguito il lavoro di progettazione, sintesi e caratterizzazione di complessi di Platino(II) contenenti come leganti l‟acido L-ascorbico, o la sua forma ossidata deidroascorbico o alcuni derivati di queste due molecole naturali. Lo scopo di questo lavoro è l‟ottenimento di complessi che associno le note proprietà antitumorali dei componenti (platino e acido ascorbico) con la capacità dell‟acido ascorbico di superare la barriera ematoencefalica attraverso trasportatori specifici. E‟ noto infatti che il cisplatino e congeneri non sono attivi contro i tumori del sistema nervoso centrale in quanto non superano la barriera emato-encefalica. Un gruppo di chimici farmaceutici della nostra Università alcuni anni fa ha dimostrato che alcuni farmaci, somministrati in forma coniugata con l‟acido ascorbico, acquisiscono la capacità di superare la barriera emato-encefalica, sfruttando la strategia denominata del “cavallo di Troia” [S. Manfredini, B. Pavan, S. Vertuani, M. Scaglianti, D. Compagnone, C. Biondi, A. Scatturin, S. Manganelli, L. Ferraro, P. Prasad, A. Dalpiaz, J. Med. Chem. 2002, 45, 559-562]. Questo ci ha portato a riconsiderare la chimica di coordinazione dell‟acido ascorbico al platino, in parte già nota, nella prospettiva di impiegare i prodotti come farmaci capaci di raggiungere il SNC. Lo scorso anno erano stati da noi sintetizzati diversi complessi fosfinici e amminici, sia della forma ridotta (varie modalità di coordinazione O2-O3, C2-O5, O5-O6) che ossidata dell‟acido ascorbico e la loro attività antiproliferativa in vitro era stata testata sia in culture cisplatino sensibili che cisplatino resistenti, con risultati promettenti per alcune molecole. Tuttavia, nonostante numerosissimi tentativi, non eravamo riusciti a preparare un composto di coordinazione che mantenesse liberi dalla coordinazione e da protezioni gli OH in 2 e 3, responsabili delle proprietà redox dell‟acido ascorbico e probabilmente indispensabili per la interazione col trasportatore specifico presente nella barriera. La strategia alternativa che abbiamo quindi tentato di attivare prevede, invece di coordinare direttamente l‟acido ascorbico al platino, l‟introduzione di connettori chelanti tra l‟acido ascorbico e il platino, tali da rendere la coordinazione del metallo estremamente robusta e adatta all‟attività 43 antitumorale, nonché lontana dalle funzionalità che l‟acido ascorbico utilizza per il legame col trasportatore. Acido ascorbico come componente di un legante neutro Per soddisfare tutti questi requisiti è necessario che l‟acido ascorbico sia introdotto come un componente del legante neutro destinato a legare il Platino. Abbiamo quindi progettato la preparazione del legante protetto 1Bz, la sua coordinazione e deprotezione, attraverso gli step descritti nello Schema 1. OH O O O O OH O O HO OH O O acetone, CH3COCl O O BzCl HO BzO OH OBz HCl OH O O O OH HO NHBo c + BzO NHBo c OBz DCC/DMPA OH O O OH O O O O NHBo c O O NH 2 TFA NHBo c BzO BzO OBz 1Bz OBz NH 2 K2PtCl4 OH O O O H2 N O Cl Pt BzO 1BzPt OBz NH 2 Cl H2/C/Pd OH O O O O H2 N Cl Pt 1Pt HO NH 2 Cl OH Schema 1 Siamo riusciti a isolare e caratterizzare il legante protetto nelle posizioni 2 e 3 (1Bz). A questo punto abbiamo introdotto il Platino ottenendo il complesso 1BzPt, ma purtroppo l‟ultimo step di deprotezione dei due OH in 2 e 3 (debenzilazione) non è realizzabile senza decomporre il complesso. 44 Stiamo considerando la possibilità di introdurre protezioni diverse per gli OH 2 e 3, rimovibili con metodi non riducenti. Nuova reattività Acido ascorbico con agenti metilanti. Rottura dell‟anello dell‟acido ascorbico in mild conditions e coordinazione dei frammenti al Pt Sono stati fatti numerosi tentativi per ottenere altre forme O2-O3 protette dell‟acido ascorbico con sistemi la cui rimozione risultasse più agevole rispetto ai benzili. Un risultato interessante, anche se inaspettato, è stato ottenuto nel tentativo di isolare la forma O3 metilata dell‟acido 5,6-O-isopropiliden L-ascorbico attraverso una versione modificata della strategia riportata in letteratura che prevede l‟impiego di MeI in DMSO basico [A. O. Olabisi, K. Wimalasena, J. Org. Chem. 2004, 69, 7026-7032]. Al fine di evitare l‟impiego del DMSO, tossico e altobollente, è stato quindi utilizzato il metanolo come solvente della reazione. Tale cambiamento di solvente ha provocato la rottura dell‟anello e il successivo trattamento acido, necessario per rimuovere le protezioni, ha portato ad isolare l‟acido L-treonico. A tale punto, l‟addizione del precursore di platino [Pt(CO3)(Ph3P)2], ha dato il complesso 1 [Pt(L-threonate-O,O')(PPh3)2], completamente caratterizzato via NMR e struttura ai raggi-X. I passaggi descritti, sono riassunti dallo schema 2. HO O H O O H OH 5 6 1 4 i HO O 5 6 H 1 3 2 O O 4 OH H 3 2 OH HO ii O KO O OK O HO H HO H O 3 iii 4 2 O HO 4 2 H O 1 OMe OH 3 H 1 OH CH 3COCH 3 + MeOH iv i ii iii iv dry acetone K2CO3, MeI, MeOH HCl [PtCO3(PPh3)2] HO H Ph 3P O OH 3 4 Pt Ph 3P 2 O H 1 O 1 Schema 2 È noto che l‟acido L-ascorbico può essere attaccato facilmente dall‟ossigeno gassoso in soluzione acquosa alcalina, ma la successiva degradazione ossidativa ad acido ossalico e treonico è sempre stata imputata alla presenza di ossidanti più forti dell‟ossigeno molecolare come H2O2, NaIO o KMnO4 . [R. W. Herbert, E. L. Hirst, E. G. V. Percival, R. J. W. Reynolds, F. Smith, J. Chem. Soc. 1933, 1270-1290; K. Schöning, X. Wu, S. Guntha, G. Delgado, R. Krishnamurthy, A. Eschenmoser, Helv. Chim. Acta, 2002, 85, 4111; C. C. Wei, S. D. Bernardo, J.P. Tengi, J. Borgese, M. Weigele, J. Org. Chem. 1985, 50, 3462-3467; J. M. Perel and P. G. Dayton, J. Org. Chem. 1960, 25, 2044-5]. 45 Altri autori attribuiscono tale fenomeno ad un effetto catalitico del metallo [M. J. Arendse, G. K. Anderson, N. P. Rath, Polyhedron, 2001, 20, 2495-2503; M. Davies, J. Austin, D. A. Partridge in “Vitamin C - its chemistry and biochemistry” RSC ed, 1991; A. E. Martell, M.M.T. Khan, J. Am. Chem. Soc. 1967, 89, 4167; A. E. Martell, M.M.T. Khan, J. Am. Chem. Soc. 1967, 89, 7104]. Nel nostro caso, invece, la rottura dell‟anello avviene senza l‟impiego di ossidanti forti e precedentemente alla reazione con il metallo. A nostra conoscenza, il complesso 1 è il primo complesso di platino con l‟acido L-treonico isolato e completamente caratterizzato. Esso presenta un anello a cinque membri PtOCCOO analogo a quello presente nel nedaplatin (noto farmaco antitumorale) e alcune analogie formali con l‟acido Lascorbico che potrebbero consentirne il legame con il trasportatore specifico dell‟ascorbato OH H H3N Ph3P O Pt O 4 O H OH 5 6 1 3 O 4 2 H 3 HO O nedaplatin O O 6 Ph3P O OH 5 Pt H3N OH H OH L-ascorbic acid 8 Infine, per il complesso 1 è stata testata l‟attività antiproliferativa in vitro su due linee cellulari tumorali umane: le T2, cisplatino-sensibili e le SKOW3, cisplatino-resistenti. La tabella 1 riporta i risultati preliminari di tale indagine impiegando il cisplatino come riferimento. Table 1. Attività antiproliferativa di 1 rispetto al cisplatino T2 SKOV3 50μM 10μM 2μM 50μM 10μM 2μM 1 86.7 84.5 17.6 85.9 10.7 3.1 cisplatin 81.2 70.8 13.1 20.9 13.7 8.1 Per confermare il meccanismo proposto nello schema 2 è stata ricercata una evidenza sperimentale relativa alla perdita di acido ossalico nello step ii. A tale scopo, l‟intero processo è stato ripetuto evitando di purificare l‟intermedio della reazione estraendo con acqua. In tal caso, l‟addizione finale del precursore [Pt(CO3)(PPh3)2], ha portato ad ottenere una miscela di 1 e del noto prodotto [Pt(oxalate)(PPh3)2] di cui è stata ottenuta la struttura ai raggi-X. 2) I metalli in matrici complesse: studio di equilibri di complesso-formazione in soluzione Interazione tra ioni metallici e proteina prionica Una delle emergenze sanitarie di maggior attualità è quella che riguarda le malattie neurodegenerative. Tra queste il morbo di Alzheimer, di Parkinson e di Creutzfeldt-Jakob (CJD) nell‟uomo, ma anche la BSE (encefalopatia spongiforme dei bovini, più nota come “morbo della mucca pazza”) e la “scrapie” negli ovini. L‟agente infettivo che è stato riconosciuto alla base della BSE e della corrispondente variante del morbo di CJD nell‟uomo, è il “prione” [S. B. Prusiner, Proc. Natl. Acad. Sci. USA, 95 (1998) 13363], costituito da una modificazione strutturale di una proteina, normale costituente delle cellule viventi, detta appunto proteina prionica (PrP). All‟insorgere della malattia la proteina normale, chiamata PrPC, viene convertita in una forma tossica, denominata PrPSc, tramite un processo post-traslazionale in cui si ha una variazione della sua struttura secondaria e terziaria. Questa transizione strutturale rende la proteina praticamente insolubile e resistente alla proteolisi. PrPC è una glicoproteina costituita da 253 residui amminoacidici. È stato dimostrato che nel passaggio da PrPC a PrPSc una porzione di -elica viene convertita in -foglietto. 46 Vi sono evidenze sperimentali che ioni metallici, tra cui il rame(II), siano coinvolti in tale trasformazione. PrP è infatti in grado di legare, a pH fisiologico, almeno 5 ioni rame [S. Lehmann, Curr. Opin. Chem. Biol., 6 (2002) 187]. Il nostro gruppo di ricerca ha recentemente studiato gli equilibri di complesso-formazione in soluzione di alcuni frammenti della proteina prionica (PrP106-113, PrP106-126, PrP92-100, PrP91-120 e PrP91-114) con gli ioni Cu2+, Mn2+ e Zn2+: tali frammenti contengono infatti potenziali siti di coordinazione della proteina stessa (Gaggelli et al., JACS, 2005; Berti et al., Chem. Eur. J., 2007). Lo studio ha comportato la sintesi dei peptidi (eseguita presso il Dipartimento di Scienze Farmaceutiche dell‟Università di Ferrara), studi potenziometrici, calorimetrici e spettrofotometrica (eseguiti presso i nostri laboratori), analisi spettroscopiche mediante tecniche EPR e CD (eseguite presso il laboratorio di Chimica Bioinorganica e Biomedica della Facoltà di Chimica dell‟Università Wroclaw (Polonia)) e misure NMR ed ESI (eseguite presso il Dipartimento di Chimica dell‟Università di Siena). Lo studio ha confermato l‟esistenza di due siti di coordinazione per il rame, centrati sui residui His-96 e His-111, di cui il secondo risulta quello più forte a temperatura ambiente, mentre si verifica il contrario a bassa temperatura. Studi di dinamica molecolare hanno fornito la spiegazione di tali osservazioni: a temperatura ambiente il residuo Met-112 è in grado di interagire a lungo raggio con il rame, schermando in tal modo il centro metallico e stabilizzando il complesso. Ciò favorisce ovviamente la coordinazione del rame a His-111. Metallacrown I metallacrown sono dei metallomacrocicli. La loro architettura molecolare ricalca quella dei corrispondenti composti organici, e si ottiene, concettualmente, sostituendo gli atomi di carbonio dello scheletro dei macrocicli organici con unità di coordinazione metallo-eteroatomo. Così, ad esempio, l‟analogo del 12-crown-4 (12-C-4) può essere ottenuto sostituendo le coppie di gruppi metilenici presenti nella struttura con unità -M-N-: la struttura che ne deriva è chiamata 12metallacrown-4 (12-MC-4) (v. Fig. 1). L‟analogia tra metallacrown ed analoghi organici è solo strutturale e non funzionale: infatti, non sono stati mai isolati metallacrown con la cavità centrale vuota. Come M N nel caso dell‟etere corona, il 12-MC-4 è un macrociclo a O O O O 12 membri; nella sua cavità sono presenti 4 atomi di M N ossigeno ed è in grado di incapsulare uno ione metallico N O O M O O di dimensioni opportune. Quindi, mentre un 12-MC-4, contiene solitamente nella cavità centrale ioni CuII, N M metallacrown più grandi, come i 15-MC-5, possiedono Fig. 1 - Etere corona 12-C-4 e analogo una cavità di dimensioni adatte ad incapsulare uno ione metallacrown 12-MC-4. calcio, uranile o lantanidico. Complessi 15-MC-5 contenenti Gd3+ sono attualmente in fase di studio come possibili nuovi agenti di contrasto in Risonanza Magnetica a uso diagnostico (MRI). I metallacrown si formano, nelle adatte R O condizioni sperimentali, in seguito ad un O processo di “self-assembling” di ioni metallici e M M leganti. Nell‟ultimo decennio, sono stati N H2N O H2N sintetizzati numerosi metallacrown di CuII [J.J. N O M M - - Fig. 2 - Chelazione di tipo (O,O )-(NH2,N ) di un - e di un β-ammino-idrossammato. Bodwin, V.L. Pecoraro, Coord. Chem. Rev., 216-217 (2001) 489-512; G. Mezei, C.M. Zaleski, V.L. Pecoraro, Chem. Rev. 107 , (2007) 4933-5003], utilizzando come leganti gli acidi ammino-idrossammici (ammino-ha), che possono agire da bis-chelanti a ponte (O,O-)-(NH2,N-) (Fig. 2). Per quanto riguarda in particolare i 12-MC-4, essi sono stati preferenzialmente ottenuti con -ammino-ha, che, per la loro geometria, formano i complessi più stabili. Tuttavia, è stato recentemente dimostrato che anche gli - e i -ammino-ha sono in grado di dare questo tipo di complessi metallomacrociclici con lo ione CuII [F. Dallavalle, M. Tegoni, Polyhedron, 20 (2001) 2697-2704; M. Careri, F. Dallavalle, M. Tegoni, I. Zagnoni, J. Inorg. Biochem., 93 (2003) 174-180; M. Tegoni, F. Dallavalle, B. Belosi, M. Remelli, Dalton Trans., (2004) 1329-1333]. 47 A partire dal 1989 V.L. Pecoraro ha preparato un numero notevolissimo di questi complessi con diversi tipi di leganti e di metalli e ne ha definito in modo approfondito le proprietà strutturali, magnetiche e spettroscopiche. Tuttavia, mancano quasi del tutto dati termodinamici relativi agli equilibri di formazione dei complessi in soluzione. O Il nostro gruppo di ricerca si occupa da qualche anno di questa problematica, in collaborazione con l‟Università di Parma. Gli H2N studi più recenti [M. Tegoni, L. Ferretti, F. Sansone, M. Remelli, NH V. Bertolasi, F. Dallavalle, Chem. Eur. J., 13 (2007) 1300-1308] riguardano gli equilibri di compesso-formazione in soluzione OH dell‟acido -ammino-butirridrossammico (GABAha) (Fig. 3) con Fig. 3 - Acido -amminoil rame. GABAha forma diversi complessi con lo ione Cu2+ e, tra butirridrossammico (GABAha). questi, il metallacrown di tipo 12-MC-4, come confermato dalle misure ESI in soluzione e dalla struttura ottenuta per via cristallografica. I dati termodinamici sono stati confrontati con quelli disponibili di altri metallacrown precedentemente studiati ed interpretati sulla base della dimensione degli anelli di chelazione e della planarità dei macrocicli. Potenziali farmaci chelanti del ferro da impiegare per una terapia orale La β-talassemia major, nota anche come morbo di Cooley, è una grave forma di anemia, caratterizzata da un‟insufficiente produzione di emoglobina, causata da mutazioni genetiche che impediscono in modo parziale o totale la sintesi della catena della β-globina. La terapia principale della talassemia consiste in regolari trasfusioni di sangue che hanno come scopo quello di mantenere il corretto tasso di emoglobina, di correggere l‟anemia, di sopprimere l‟inefficiente eritropoiesi e di far diminuire l‟assorbimento di ferro da parte della mucosa gastrointestinale. Purtroppo però le continue trasfusioni provocano un dannoso accumulo di ferro nell‟organismo, che, se non viene trattato, può portare a gravi e progressive disfunzioni di cuore, fegato e ghiandole endocrine entro pochi anni. Dall‟inizio degli anni ‟80, la storia clinica della talassemia è cambiata radicalmente, grazie all‟introduzione della terapia chelante combinata con le trasfusioni regolari [G. Faa, G. Crisponi, Coord. Chem. Rev., 184 (1999) 291-310]. Come conseguenza di ciò, l‟età media dei pazienti affetti da βtalassemia major è aumentata da 5 anni nel 1965 a circa 27 anni nel 1995. La mortalità è diminuita progressivamente per il drastico calo del numero di decessi dovuti a disturbi cardiaci, sebbene questa rimanga tuttora la principale causa di morte (71%). Il primo agente chelante approvato per l‟uso clinico fu la desferossiammina [ D. S. Kalinowski, D.R. Richardson, Pharmacol. Rev., 57 (4) (2005) 547-583]. Questo farmaco fu introdotto nel 1962 per mezzo di iniezioni intramuscolari, ma fu solo verso la fine degli anni ‟70, con l‟introduzione di infusioni sottocutanee per mezzo di pompe portatili, che la terapia chelante del ferro con desferossiammina divenne efficace. Tuttavia, nonostante che gli effetti terapeutici siano potenzialmente soddisfacenti, molti pazienti non sono in grado di usare questo farmaco, a causa di ipersensibilità o di effetti collaterali tossici. Inoltre, l‟alto costo della desferossiammina ne impedisce l‟uso in paesi sottosviluppati o in via di sviluppo. Infine, la necessità di infusioni sottocutanee prolungate fa sì che la terapia sia spesso poco tollerata. In tempi recenti, sono stati studiati molti composti come potenziali farmaci chelanti del ferro da usare per via orale. O La ricerca ha portato all‟identificazione di diverse molecole OH interessanti, tra le quali però solo il deferiprone (1,2-dimetil3-idrossipiridin-4-one) e l‟ICL670A (acido 4-[3,5-bisN CH3 (idrossifenil)-1,2,4-triazol-1-lil]-benzoico) sono entrati CH3 nell‟uso clinico. Il nostro gruppo di ricerca si è recentemente occupato dello studi termodinamico completo degli equilibri Deferiprone di complesso-formazione del deferiprone con gli ione Fe3+ e (1,2-dimetil-3-idrossipiridin-4-one) Cu2+, in collaborazione con l‟Università di Cagliari [G. Crisponi, M. Remelli, Coord. Chem. Rev., in stampa; G. Crisponi, V.M. Nurchi, T. Pivetta, M.M. Leone, M. Donatoni, M. Remelli, J. Inorg. Biochem., in stampa]. 48 Le misure (potenziometriche, calorimetriche e spettrofotometriche) sono state eseguite alle temperature di 25 e 37 °C e a diverse forze ioniche, in modo da poter sia confrontare i risultati coi dati di letteratura sia verificare il comportamento di questi leganti in condizioni fisiologiche. Le variazioni di temperatura e forza ionica, negli intervalli studiati, non sembrano avere grande influenza sul modello di speciazione. In presenza di entrambi i metalli, il deferiprone si lega preferenzialmente a Fe3+; tuttavia, in condizioni di eccesso di legante (come avviene durante la terapia chelante) si possono formare quantità non trascurabili di complessi di Cu2+, con possibili conseguenze negative sull‟omeostasi di questo metallo. 3) Complessi metallo porfirinici come modello di ossigenasi in sistemi compositi Le monoossigenasi citocromo P-450 nel loro ciclo catalitico attivano riduttivamente l‟O2 attraverso la formazione della specie Fe(II)(O2) = Fe(III)O2-; questa specie per successiva riduzione e rottura eterolitica del legame perossidico porta alla formazione della specie ferrile ipervalente in grado di inserire un atomo di ossigeno in un legame C-H non attivato. L‟importanza di questa reazione e la necessità di comprendere a fondo il meccanismo di azione di questi enzimi hanno aperto la strada alla sintesi e allo studio delle proprietà redox di ferro porfirine capaci di mimare l‟attività catalitica del citocromo P450 [B. Meunier, Chem. Rev. 1992, 92, 1411]. Il nostro gruppo di ricerca ha dimostrato che la luce del vicino ultravioletto (300-400 nm) può indurre la riduzione del Fe(III) a Fe(II), che coordina l‟O2 attivandolo e, riproducendo passaggi significativi del ciclo catalitico del citocromo P450, evita tutti gli inconvenienti derivanti dall‟uso di reagenti chimici riducenti, che tendono a ridurre anche la specie monossigenante ipervalente. [A. Maldotti, C. Bartocci, G. Varani, A. Molinari, P. Battioni, D. Mansuy, Inorganic Chemistry, 1996, 35, 1126]. Pertanto, l‟utilizzo di complessi ferro porfirinici fotoeccitati, come modelli di monoossigenasi naturali, ci ha consentito di realizzare sistemi catalitici in grado di ossidare selettivamente idrocarburi scarsamente reattivi in condizioni blande di temperatura e pressione e di mimare l‟azione della NO sintasi [A. Maldotti, L. Andreotti, A. Molinari, V. Carassiti, Journal of Biological Inorganic Chemistry,- 1999, 4, 154; G. Varani, A. Molinari, C. Bartocci, A. Maldotti, Inorg. Chim. Acta, 2000, 306, 122; A. Maldotti, A. Molinari, I. Vitali, E. Ganzaroli, P. Battioni, D. Mathieu, D. Mansuy, Eur. J. Inorg. Chem., 2004, 3127]. Tuttavia, la ridotta stabilità fotochimica del complesso ferro porfirinico resta un problema, data la fragilità a livello dei ponti metinici, nonostante nei complessi di sintesi vi sia stata l‟introduzione di gruppi fenili orto e para sostituiti. Negli scorsi anni, diverse strategie sono state individuate per migliorare questo aspetto, tra cui l‟utilizzo di un supporto su cui eterogeneizzare il complesso o l‟impiego di un sistema composito. Nel corso di questo ultimo anno si è deciso di individuare e sintetizzare nuovi sistemi che fossero allo stesso tempo compositi ed eterogenei. Lo scopo è quello di unire in modo sinergico i vantaggi ottenuti in precedenza sia dalla eterogeneizzazione che dal sistema composito: infatti, l‟eterogeneizzazione si è dimostrata utile non solo per migliorare la stabilità del complesso ma anche per indirizzare la chemoselettività del processo ossidativo; come l‟anello ferro porfirinico mima il sito catalitico delle monoossigenasi, così il supporto eterogeneo può mimare la struttura proteica che circonda il sito attivo della metallo proteina. Parallelamente, sistemi compositi in fase omogenea costituiti da un componente fotosensibile (ad esempio l‟anione decatungstato) e da una ferro porfirina hanno dato notevoli miglioramenti per quanto riguarda la stabilità del complesso, dato che il decatungstato, dotato di elevata stabilità fotochimica, veniva irradiato dando luogo alla sua forma ridotta, che era capace di fornire elettroni alla ferro porfirina, funzionando così in modo simile al NADH in vivo. I sistemi compositi eterogenei che sono stati individuati sono i seguenti: - Pd-porfirina e Fe-porfirina ancorate su amberlite, resina a scambio cationico: questo sistema composito è stato già studiato su membrane di Nafion, un polimero con scheletro fluorocarburico e gruppi solfonici che funzionavano da scambiatori di cationi [A. Maldotti, A. Molinari, L. Andreotti, M. Fogagnolo, R. Amadelli, Chemical Communication - 1998, 507; V. Vasil‟ev, S. M. Borisov, A. Maldotti, A. Molinari, J. Porphyr. Phthalocyan., 2004 , 7, 780; A. Maldotti, L. Andreotti, A. Molinari, S. Borisov, V. Vasil‟ev, Chemistry: A European Journal, 2001, 7, 3564]. 49 La scelta della resina è dovuta principalmente al fatto che è possibile scegliere un catione scambiatore diverso da H+, eliminando i problemi dovuti all‟eccessiva acidità dell‟ambiente di reazione, nonché ridurre la formazione di aggregati da parte della palladio porfirina, che essendo tetracationica rimaneva sulla superficie del polimero senza penetrare nelle sue cavità. L‟ancoraggio dei complessi porfirinici è semplice e si effettua disperdendo in agitazione la quantità desiderata di resina in una soluzione in cui è stato sciolto il complesso. L‟avvenuto ancoraggio si osserva dalla variazione del colore della resina e dallo sbiancamento dello spettro di assorbimento uv-visibile della soluzione. La palladio porfirina risulta ancorata stabilmente, dato che non si osserva rilascio del complesso quando la resina supportata viene dispersa in un mezzo acquoso o organico. La stessa cosa purtroppo non si verifica per la FeTDCPP (tetra diclorofenil porfirina) che essendo monocationica, non è evidentemente trattenuta con sufficiente forza dalla resina. Attualmente si stanno facendo tentativi utilizzando ferro porfirine cationiche diverse (ottenute partendo dall‟anello libero tetra(N-metil, 4 piridil)porfirina che è reperibile in commercio che viene poi metallato per introdurre il Fe(III)), mentre sono in corso gli studi che riguardano il processo fotochimico primario relativo all‟uso della palladio porfirina\Amberlite come fotosensibilizzatore per la formazione di 1 O2. - anione decatungstato e Fe-porfirina su resina a scambio anionico: amberlite in forma cloruro si è già dimostrata un utile supporto per l‟anione decatungstato [ A. Molinari, G. Varani, E. Polo, S. Vaccai, A. Maldotti, J. Mol. Catal. A: Chem, 2007, 262, 156 ]; in questo caso si utilizza una ferro porfirina tetrasolfonata, che può essere ancorata facilmente e stabilmente sulla resina. Come già studiato in passato in soluzione omogenea [A. Maldotti, A. Molinari, R. Amadelli, Chem. Rev., 2002, 102, 3811 ], l‟irradiazione di questo sistema composito nella regione compresa tra 300-370 nm, porta alla eccitazione fotochimica del solo poliossoanione, che in presenza di un substrato organico di riduce. La vicinanza tra i due componenti determina la possibilità di un trasferimento elettronico tra l‟anione fotoridotto e la ferro porfirina, che può iniziare l‟attivazione biomimetica dell‟ossigeno molecolare. Inoltre, il gruppo di Tanielian ha riportato che irradiando in fase omogenea l‟anione decatungstato in presenza di 2-propanolo in miscela con acetonitrile o acetone o acqua, si ottengono in situ quantità millimolari di acqua ossigenata [C. Tanielian, F. Cougnon, R. Seghrouchni, J. Mol. Catal. A: Chem, 2007, 262, 164]. L‟idea è che la specie ossidante generata in situ venga utilizzata dal complesso ferro porfirinico per mimare il cosiddetto ciclo abbreviato del citocromo P450, cioè quello che porta direttamente alla formazione del ferrile ipervalente. - decatungstato e ferro porfirina inclusi in matrice silicica: diversi studi hanno messo in evidenza che le proprietà fotochimiche del decatungstato non vengono alterate a seguito della sua eterogeneizzazione su matrici siliciche. In anni recenti vari tipi di supporti sono stati utilizzati: silice amorfa, silice mesoporosa MCM-41, silice amorfa funzionalizzata con cationi ammonio [A. Maldotti, A. Molinari, G. Varani, M. Lenarda, L. Storaro, F. Bigi, R. Maggi, A. Mazzacani, G. Sartori, J. Catal., 2002, 209, 210; A. Maldotti, A. Molinari F. Bigi, J. Catal., 2008, 253, 312 ]. Ora seguendo anche lavori comparsi di recente in letteratura [Y. Guo, C. Hu, X. Wang, Y. Wang, E. Wang, Chem. Mater., 2001, 13, 4058], stiamo tentando di includere il decatungstato e la ferro porfirina dentro la matrice; ciò è possibile se si pongono i due componenti nella soluzione acquosa di 1-butanolo in cui si fa l‟idrolisi del TEOS. La procedura solgel garantisce materiali con elevata area superficiale e possibilità di rendere definitivamente insolubili entrambi i componenti in qualsiasi mezzo disperdente sia più opportuno usare. - TiO2 nanocristallino e ferro porfirina inclusi in matrice silicica: seguendo la strategia descritta al punto precedente ma utilizzando opportune miscele di TEOS e di Ti-tetraisopropossido è possibile inglobare il complesso e il biossido di titanio in forma nanocristallina dentro la matrice. Anche per questo sistema composito lo scopo è utilizzare il semiconduttore come componente fotoattiva, data la sua maggiore stabilità alla degradazione. L‟inclusione della ferro porfirina e la sua vicinanza alla specie fotoeccitabile dovrebbe garantire un aumento di stabilità del complesso ed una migliore interazione tra i due componenti. 50 UNITA’ DI RICERCA DI FIRENZE Direttore Scientifico: Prof. Luigi Messori L‟attività di dell‟Unità di Ricerca di Firenze del CIRCMSB, nel corso del 2007, condotta principalmente presso il Laboratorio sui Metalli in Medicina (Dip. Chimica, Università di Firenze), si è focalizzata sui seguenti temi:. Metallofarmaci antitumorali Metalli e Neurodegenerazione Composti Metallici per il trattamento della Malaria. Altri studi I maggiori risultati conseguiti nei vari ambiti di ricerca nel corso del 2007 e le relative pubblicazioni scientifiche sono, di seguito, analiticamente descritti. Metallofarmaci antitumorali E‟ questo il tema su cui si sono maggiormente concentrate le attività di ricerca dell‟UR di Firenze. Le attività svolte all‟interno della tematica, a loro volta, possono essere così suddivise: 1. Sviluppo di Composti di Oro(III) come Agenti Citotossici ed Antitumorali. 2. Studio di Composti Antitumorali a base di Rutenio. 3. Interazioni di Antitumorali Metallici con Proteine. 1. Sviluppo di complessi di oro(III) come agenti citotossici ed antitumorali Presso il Dipartimento di Chimica dell‟Università di Firenze è attiva, da oltre 10 anni, una linea di ricerca diretta a valutare le proprietà chimiche e biologiche di composti dell‟oro come possibili agenti antitumorali. I complessi di oro(III), isolettronici ed isostrutturali con i complessi di platino(II), sono infatti interessanti candidati come possibili agenti antitumorali. Parimenti, anche alcuni composti di oro (I) mostrano significative proprietà citotossiche, come già ampiamente documentato, e meritano particolare attenzione. In anni recenti, abbiamo dimostrato che certi complessi di oro(III), opportunamente sostituiti, mostrano una accettabile stabilità in ambiente fisiologico e sono, al contempo, dotati di significative proprietà antitumorali in vitro. I risultati più significativi di questa linea di ricerca, da noi ottenuti nel corso dell‟anno 2007, sono riportati di seguito. a) Estesa caratterizzazione chimica di complessi dinucleari di oro(III). In collaborazione con un gruppo di chimici inorganici dell‟Università di Sassari (Prof. Cinellu e Minghetti) abbiamo completato gli studi riguardanti una serie di complessi dinucleari di oro(III) con leganti bipiridilici (AuOXO-1,6). I composti di interesse sono mostrati in figura 1. 51 But N N O Au N N [PF6]2 Au N [PF6]2 Au O Auoxo2 [{4,4'-But2(bipy)Au}2(m-O)2](PF6)2 N N N N O [PF6]2 Au Au Me O N Me3CH2C Auoxo4 [{(6-CH2CMe3bipy)Au}2(m-O)2](PF6)2 Me N N O N [PF6]2 Au Au N O N O Auoxo3 [{(6-Mebipy)Au}2(m-O)2](PF6)2 R CH2CMe3 [PF6]2 Au But Bu N O Au N N t Auoxo1 [{(bipy)Au}2(m-O)2](PF6)2 N N O Au N O Me But R R=2,6-Me2C6H3 Auoxo5 [{(6-Rbipy)Au}2(m-O)2](PF6)2 Me N O N N O Me [PF6]2 Au Au Me Auoxo6 [{(6,6'Me2bipy)Au}2(m-O)2](PF6)2 Figura 1. Rappresentazione schematica dei complessi dinucleari di Au(III). In collaborazione con il gruppo del Prof. Mini, farmacologo presso l‟Università di Firenze, abbiamo studiato gli effetti cellulari di questi composti su selezionate linee cellulari tumorali umane sensibili e resistenti al cisplatino (A2780); i risultati di questo screening hanno evidenziato che il composto denominato AuOXO6, mostra le proprietà citotossiche più ragguardevoli, comparabili con il cisplatino ed addirittura migliori nel caso della linea cellulare resistente al cisplatino. Successivamente, abbiamo condotto una estesa caratterizzazione delle proprietà strutturali e della reattività chimica di questa famiglia di composti, al fine di stabilire alcune iniziali relazioni struttura/attività in grado di spiegare le diverse proprietà biologiche osservate. Gli studi elettrochimici sono stati condotti in collaborazione con il gruppo del Prof. Zanello dell‟Università di Siena. Parimenti sono stati effettuati degli studi teorici in collaborazione con il Dr. Massimiliano Arca dell‟Università di Cagliari. Il lavoro è stato adesso accettato per la pubblicazione su Inorganic Chemistry. b) Studi di carattere generale sui complessi di oro. Nel corso del 2007 sono state approntate dal nostro gruppo di ricerca due rassegne di letteratura riguardo al ruolo dei composti dell‟ oro come possibili agenti antitumorali. La pubblicazione di questi articoli su invito su prestigiose riviste scientifiche testimonia il grado di riconoscimento internazionale raggiunto dal nostro gruppo di ricerca in questo specifico settore di attività. c) Altri studi sui composti dell’oro. Nel 2007 sono stati effettuati estesi studi di citotossicità su vari composti dell‟oro in collaborazione con la ditta Oncotest (Freiburg, Germania). L‟analisi degli importanti risultati ottenuti è tuttora in corso e costituirà la base per future pubblicazioni scientifiche. In collaborazione con il gruppo del Prof. Bindoli (CNR, Padova) sono stati effettuati nuovi studi relativi agli effetti di vari composti di oro(III) sulla tioredossina reduttasi. Tali studi mostrano che tali composti si comportano effettivamente come potenti inibitori di questo enzima. Il lavoro è in avanzata fase di preparazione. Stiamo anche effettuando studi di interazione di composti oro ditiocarbammato con proteine in collaborazione con il gruppo della prof. Dolores Fregona, dell‟università d Padova. 2. Studio su nuovi composti antitumorali a base di rutenio. È noto che alcuni complessi di rutenio, in particolar modo certi complessi di rutenio(III), mostrano promettenti attività antitumorali. Ad oggi, dopo i complessi di platino(II), i complessi di rutenio sono i composti metallici più intensamente studiati come possibili agenti antitumorali e forse anche i più promettenti. Da alcuni anni, l‟UR di Firenze sta valutando alcuni aspetti chimico52 bioinorganici di rappresentativi composti di rutenio, quali ad esempio NAMI-A e KP1019 (Figura 2). - H - N H N N Cl Ru Cl Cl Cl HN Cl H N + Cl Ru N S NH N Cl O H+ N Cl NH KP1019 NAMI A Figura 2 Rappresentazione schematica di [ImH] [trans-RuCl4(Im)(DMSO)] (NAMI-A) e [INdH][trans-RuCl4(Ind)2] (KP1019). Nel corso del 2007 abbiamo proseguito queste attività con un certo successo ponendo particolare attenzione a due nuovi tipi di composti di rutenio. Un nuovo composto di rutenio(III), tipo “Keppler” , è stato preparato e caratterizzato in collaborazione con il Dr.Pasquale Mura (Istituto di Cristallografia, CNR, Montelibretti, Roma). Abbiamo potuto descrivere il comportamento in soluzione di questo composto, le sue interazioni con alcune biomolecole (proteine modello e DNA) e le proprietà di inibizione dell‟enzima Tioredossina Reduttasi (in collaborazione con il Dr. Bindoli del CNR di Padova). Il lavoro è stato adesso pubblicato su J. Med. Chem. Il prof. Renzo Cini (UR Siena) ci ha invece fornito un interessante composto di rutenio(II) con alcuni ligandi carbonilici di cui abbiamo analizzato le interazioni con calf thymus DNA e con le proteine albumina e transferrina. Ne sono state anche analizzate le proprietà antiproliferative in vitro. I risultati ottenuti sono stati pubblicati su Inorganic Chemistry in un lavoro di collaborazione. 3. Interazioni di antitumorali metallici con proteine. Abbiamo messo a punto delle specifiche metodologie di indagine per valutare le interazioni di complessi di platino(II), oro(III) e rutenio(III) con alcune proteine modello. La procedura sperimentale si basa inizialmente su prove di ultracentrifugazione abbinate a determinazioni spettrofotometriche oppure ICP-OES. Successivamente gli addotti formati possono essere caratterizzati mediante tecniche di spettrometria di massa e di cristallografia. Una descrizione generale della problematica in questione, delle metodologie associate e dei risultati più significativi da noi ottenuti è fornita dal riferimento. i) Spettrometria di massa. È stata perfezionata la metodologia per lo studio degli addotti metallofarmaco/proteina, utilizzando la spettrometria di massa di tipo ESI (ESI-MS). Con questa tecnica, infatti, grazie all‟introduzione di un metodo di ionizzazione “soft”, è possibile trasferire l‟addotto complesso metallico/proteina, intatto, nella fase di gas, e determinarne, in modo accurato, la massa molecolare. È stata effettuata una attenta selezione delle condizioni sperimentali, in modo da ottenere spettri ESI-MS di alta qualità di addotti metallofarmaco/proteina. Abbiamo scelto per questi studi alcuni farmaci noti a base di Pt (cisplatino, transplatino, oxaliplatino e carboplatino) oppure alcuni complessi di platino più nuovi, sintetizzati nel gruppo di ricerca del Prof. Natile, dell‟Università degli Studi di Bari. Abbiamo poi individuato per questi studi alcune piccole proteine modello quali lisozima, ubiquitina e citocromo c. Per quanto riguarda i composti del platino i risultati più rappresentativi ottenuti mediante questo approccio sperimentale riguardano la descrizione delle reazioni fra i composti di platino classici ed il lisozima come pure le reazioni fra i composti di platino tipo trans ed il ctocoromo c. 53 Oltre agli studi sui composti di platino abbiamo anche condotto studi di interazione con proteine utilizzando sia composti di rutenio che composti dell’oro. In particolare, la spettrometria di massa è stata utile per caratterizzare le interazioni del NAMI A con il citocromo c e le interazioni di alcuni composti tipo RAPTA con cyt c e lisozima. La reattività di alcuni rappresentativi composti di oro con le proteine modello è stata descritta in un lavoro adesso pubblicato su JIB. ii) Studi cristallografici Anche in questo ambito, è stato selezionato il lisozima come proteina modello, di cui è ben nota la struttura a raggi-X. E‟ stata poi messa a punto la tecnica di soaking della proteina con diversi complessi metallici di platino e rutenio. I cristalli dei vari addotti sono stati quindi analizzati tramite tecniche di diffrazione a raggi-X. Il primo risultato ottenuto è stata la risoluzione della struttura dell‟addotto del noto farmaco antitumorale cisplatino con il lisozima. La struttura dell‟addotto cisplatino-lisozima, risolta a 1.9 Å, è molto simile a quella della proteina nativa (Figura 3). Il lavoro è stato pubblicato su ChemComm. Figura 3 Struttura cristallografica dell‟addotto cisplatino-lisozima. Metalli e Neurodegenerazione Nel corso del 2007, grazie alle risorse fornite dal progetto nazionale FIRB sulle malattie neurodegenerative coordinato dal prof. Enrico Rizzarelli, sono stati incrementati gli sforzi della nostra ricerca in questo settore. In particolare abbiamo cercato di sviluppare alcune nuove metodologie di indagine. In breve, le metodologie che stiamo adesso ottimizzando ed utilizzando sono le seguenti: -ESI MS per studiare le interazioni di metalli con beta amiloide (in collaborazione con Prof. Paolo Zatta e con CISM). -Metodi ICP OES per mappare la distribuzione dei metalli nel cervello in appropriati modelli murini (in collaborazione con Prof. Casamenti e Prof. Udisti dell‟Università di Firenze). -Metodi AFM per visualizzare la crescita di fibrille amilofdi e gli effetti di ioni metallici su detta crescita (in collaborazione con Prof. Foresti e Dr. Innocenti, Dip Chimic, Università di Firenze). Alcuni risultati ottenuti con il metodo ESI MS sono stati già pubblicati. In particolare, la spettrometria ESI MS si è rivelata assai preziosa per la caratterizzazione dell‟addotto che si forma fra lo ione alluminio ed il peptide Aβ (1-42). Metalli e malaria Nel corso del 2007 abbiamo esteso gli studi sul meccanismo di azione dell‟agente antimalarico artemisinina, focalizzando la nostra attenzione sulle interferenze con i processi del metabolismo del ferro. È stata analizzata in dettaglio la reazione dell‟artemisinina con emina (Figura 4) e microperossidasi 11 (MP11) tramite spettrofotometria UV-visibile, ESI MS e più recentemente tramite NMR. I dati ottenuti sono in fase di elaborazione ed analisi. Gli studi sono condotti in stretta 54 collaborazione con il Dipartimento di Scienze Farmaceutiche dell‟Università di Firenze (gruppo del Prof. Vincieri). 2,4 (a) 1,8 (b) (c) 1,2 A (d) 0,6 (e) (f) (g) 0,0 330 400 nm 460 520 580 650 Figura 4 Spettri elettronici derivanti dalla reazione emina ridotta-artemisinina (1:2) in tampone fosfato/DMSO. Emina rid (a), emina rid-artemisinina a t:0 (b), t:2h (c), t:4h (d), t:6h (e), t:15h (f), t:24h (g). Inoltre, in collaborazione con il Dr. Severini dell‟Istituto Superiore di Sanità di Roma, abbiamo condotto studi di inibizione della crescita in vitro di Plasmodium Falciparum, da parte di complessi metallici e di epicatechine, uno dei principali componenti del tè verde. Questi ultimi studi sono stati oggetto di una pubblicazione scientifica. Altre attività Abbiamo proseguito studi precedentemente avviati sulle interazioni di peptidi sintetici, lineari e ciclici, con lo ione rame. I complessi risultanti vengono caratterizzati mediante varie tecniche spettroscopiche e mediante potenziometria. Gli studi vengono condotti in collaborazione con il gruppo del Prof. Ginanneschi, (Laboratory of Peptide & Protein Chemistry & Biology) dell‟Università di Firenze, e con il gruppo del Prof. Kozlowski, dell‟Università di Wroclaw, Polonia. Stiamo elaborando alcuni risultati relativi alla caratterizzazione del complesso di rame con un tetrapeptide ciclico variamente sostituito (Figura 5). I riferimenti i e ii testimoniano queste attività. Altre attività di ricerca sono state indirizzate alla caratterizzazione dell‟interessante complesso del rame con il cuprizone ed alla caratterizzazione delle interazioni fra piccole molecole di DNA e liposomi. H2N O O NH HN NH HN N N HN NH O O Figura 5 c(His-β-Ala-D-His-Lys) 55 56 UNITA’ DI RICERCA DELL’INSUBRIA Direttore Scientifico: Prof. Giovanni Palmisano Il lavoro di ricerca dell‟UO dell‟Insubria-Como nel 2007 ha riguardato la sintesi di leganti polidentati di ioni metallici paramagnetici allo scopo di individuare nuovi mezzi di contrasto per MRI. Il crescente interesse per complessi di ioni lantanoidei, ed in particolare di Gd(III), deriva dal fatto che l‟MRI ha assunto negli ultimi decenni un ruolo preminente nella pratica clinica quale tecnica diagnostica non invasiva. I complessi di Gd(III) sono in grado di aumentare il contrasto dell‟immagine e di fornire quindi utili informazioni diagnostiche. I leganti poliamminopolicarbossilici rappresentano la classe piu studiata di chelanti per applicazioni biomediche; il complesso Gd(DTPA)(H2O)-2 (DTPA, acido dietilentriammino-N,N,N’,N’,N”,N”pentaacetico) è stato il primo l‟agente di contrasto approvato per l‟uso in vivo in MRI. Il suo derivato bis-metilammidico (GdDTPA-BMA) è pure utilizzato nella pratica clinica allo scopo di ridurre il potenziale osmotico (complesso neutro) nel caso di analisi che richiedano alte dosi di mezzo di contrasto. Una razionale modifica della struttura del legante può indurre variazioni non solo nelle capacità coordinanti ma pure nella dimensione , nella carica e nella lipofilia del corrispondente complesso influenzando così la relativa affinità nei confronti di diversi target biologici. A questo scopo abbiamo pensato di sostituire le due unità CH2COOH su N-1 ed N-7 (numerazione del 1,4,7-triazaeptano) con gruppi 6-idrossimetil-2-piridilmetilici allo scopo di ottenere nuovi leganti neutri ottadentati e capaci di legare in modo efficiente ioni lantanoidei. Le unità idrossimetiliche possono essere ulteriormente funzionalizzate facilitando il processo di riconoscimento molecolare da parte di specifici targets. In effetti, le funzionalizzazioni potrebbero permettere di modulare le proprietà del complesso (lipofilia, dimensione,carica) mediante una scelta opportuna dei sostituente all‟atomo di ossigeno. A partire dalla 2,6-di(idrossimetil)piridina, prodotto disponibile in commercio, è stato sintetizzato il legante 1 in buone rese complessive. Il corrispondente complesso neutro di Gd(III) mostra un valore di relassività a 20MHz e 25 °C di 4.03 mM-1s-1 leggermente superiore a quello esibito dal complesso GdDTPA-BMA (3.53 mM-1s-1). E‟ attualmente n corso di studio l‟opportuna funzionalizzazione dei due gruppi idrossimetilici. HO N COOH N N N COOH COOH N HO 1 57 UNITA’ DI RICERCA DI MESSINA Direttore Scientifico: Prof. luigi Monsù Scolaro Composizione e settore di indagine L‟unità di ricerca di Messina è composta da sei distinti gruppi di ricerca, ciascuno dei quali possiede delle competenze specifiche in settori di interesse del Consorzio. Obiettivi e Metodi Gruppo di Ricerca dei Proff. Luigi Monsù Scolaro e Raffaello Romeo. Questo gruppo di ricerca si interessa allo studio di processi di auto-aggregazione e di organizzazione supramolecolare a carico di specie planari (porfirine e relativi metallo-derivati, e complessi planari di platino(II)) su biomolecole o su sistemi polimerici di rilevanza biologica. Studi meccanicistici, inoltre, vengono condotti su complessi di platino(II), inerentemente a processi fondamentali. Sulla linea di ricerche precedenti, sono stati intrapresi nuovi studi sulla formazione in soluzioni acquose di sistemi aggregati di porfirine aventi delle interessanti proprietà ottiche. In particolare, la formazione di aggregati di tipo J di una particolare porfirina tetra-anionica possono essere mediati dall‟aggiunta di semplici poliammine, quali la spermina. I cluster ottenuti, insieme ad un innalzamento dei segnali di scattering risonante di luce, mostrano un notevole incremento dell‟intensità dello scattering RAMAN. Questi effetti sono stati correlati alla struttura frattalica dei cluster.1 In solvente organico, impiegando degli acidi con anioni molto ingombranti e scarsamente coordinanti, è stato possibile caratterizzare spettroscopicamente la specie monoprotonata della tetrafenilporfirina. Queste specie sono state sempre considerate elusive ed instabili rispetto alle corrispondenti forme diacide. Studi teorici condotti mediante calcoli DFT e TDDFT hanno consentito di chiarire le proprietà strutturali ed elettroniche e di interpretare gli spettri elettronici.2 La tecnica Langmuir-Schaefer è stata impiegata con successo per la preparazione di film sottili di porfirine anioniche e ciclodestrine anfifiliche, che sono efficientemente in grado di generare ossigeno in stato di singoletto per irradiazione con luce visibile.3 Un‟indagine combinata attraverso spettroscopia UV/Vis, dicroismo circolare, emissione di fluorescenza e varie tecniche di light scattering hanno permesso di chiarire l‟effetto di specie anfifiliche naturali (n-dodecil-beta-D-maltoside) sull‟aggregazione del sistema fotosintetico II (PSII).4 La reattività di vari complessi organometallici di platino(II) è stata indagata quale ausilio per la sintesi mirata di specifici composti di questo ione metallico. In particolare, un‟indagine cinetica e teorica è stata condotta per ottenere ulteriori informazioni sul ruolo degli idrogeni in posizione beta su carboni di gruppi alchilici sostituenti i complessi di tipo cis-[Pt(PR3)2(R)(S)]+ (R = alchile, S = solvente) in reazioni di isomerizzazione geometrica.5 Un altro studio è stato indirizzato ad approfondire il meccanismo del moto sincronizzato di flipping di leganti fenantrolinici e di rotazione di un legante fosfinico in complessi cationici planari quadrati di tipo [Pt(Me2phen)Me(PR3)]+.6 Gruppo di Ricerca del Prof. Matteo Cusumano. Questo gruppo si dedica allo studio delle proprietà di intercalazione di una serie di complessi planari quadrati di platino(II) e palladio(II) contenenti leganti aromatici nei confronti di acidi nucleici ed alle variazioni di reattività indotte dal microambiente specifico.7 Uno studio combinato basato su tecniche di scattering di luce (elastico e dinamico) unitamente a misure di scattering elettroforetico ha consentito di verificare il ruolo di vari complessi cationici di palladio sull‟abbassamento della barriera repulsiva elettrostatica e sull‟induzione di aggregazione tra catene di biopolimero.8 59 Gruppo di ricerca dei Proff. Giuseppe Bruno ed Enrico Rotondo. Questi ricercatori si occupano essenzialmente della determinazione di strutture di composti inorganici ed organici di potenziale interesse farmacologico tramite l‟impiego di tecniche di diffrazione di raggi-X9-13 e di risonanza magnetica nucleare.14 Gruppo di Ricerca del Prof. Giuseppe Teti. Questo gruppo di ricerca opera nel settore della microbiologia, sviluppando sia attività di ricerca indipendente che di supporto ai vari gruppi dell‟Unità di ricerca.15,16 Gruppo di Ricerca del Prof. Franco Felice. Questi ricercatori svolgono della ricerca indipendente nei settori della biologia molecolare e genetica,17-19 e forniscono attività di supporto al gruppo del Prof. Monsù nello sviluppo di sistemi antenna basati su virus filamentosi e porfirine e di biosensori specifici per batteri patogeni. 60 UNITA’ DI RICERCA DI NAPOLI Direttore Scientifico: Prof. Carlo Pedone L‟attività scientifica dell‟Unità operativa di Ricerca di Napoli è stata svolta, per l'anno 2007, principalmente nell‟ambito delle seguenti tematiche: 1) Sonde per la diagnosi in medicina nucleare basate su peptidi Una delle strategie per diagnosticare con precisione la presenza di cellule tumorali e veicolare farmaci specificamente è quella basata sull'impiego di marcatori molecolari che risultano sovraespressi nei tumori solidi. Tali ligandi possono essere utilizzati come vettori per migliorare l‟accumulo di mezzi di contrasto in cellule patogene e migliorarne l‟immagine. Da diversi anni l‟unità di Napoli è impegnata nella progettazione, sintesi e caratterizzazione di sistemi basati su molecole bioattive (peptidi) in grado di riconoscere recettori sovraespressi da cellule tumorali. In particolare i sistemi studiati intendono riconoscere i recettori della colecistochinina e i recettori delle integrine per ottenere nuove sonde che migliorassero in particolare la biodistribuzione di quelle precedentemente preparate e caratterizzate nell‟ambito delle attività svolte dall‟unità di Napoli del consorzio. a) Sonde per la SPECT e la PET per evidenziare tessuti tumorali sovraesprimenti i recettori della colecistochinina Negli ultimi anni sono state preparate sonde basate sul peptide CCK8 in grado di riconoscere i recettori della colecistochinina sovraespressi in diverse patologie tumorali. Studi di rational design, basati su strutture determinate mediante la tecniche NMR, hanno permesso di determinare che l‟unità N-terminale della sequenza amminoacidica del peptide endogeno CCK8, può essere opportunamente modificata con agenti chelanti senza perdere la funzione bioattiva del peptide. Pertanto negli ultimi anni sono state messe a punto sonde per la medicina nucleare in grado di veicolare l‟isotopo dell‟Indio 111In e del tecnezio 99mTc per applicazioni SPECT. Soprattutto però per le sonde marcate con il tecnezio, pur risultando specifiche per individuare cellule tumorali, non si sono ottenuti risultati eccellenti a livello di biodistribuzione. Pertanto sia per ampliare la gamma delle tecniche da applicare estendendo anche alla PET il targeting specifico che migliorare la biodistribuzioni, sono state progettate nuove sonde. In questi coniugati l‟agente chelante è il DOTA che è in grado di coordinare gli isotopi 67Ga e 68Ga (per applicazioni SPECT e PET rispettivamente). [67/68Ga]DOTA-G-CCK8 mostrano un binding rapido e specifico alle cellule A431. In esperimenti di biodistribuzione, il coniugato dà un alto livello targeting per il recettore CCK2 sovraespresso in cavie 1h dopo l‟iniezione e mostra bassa ritenzione nei reni. L‟accumulo di [67/68Ga]DOTA-G-CCK8 nei rimanenti organi, incluso il fegato, è trascurabile e appare decrescere in parallelo alla eliminazione del composto dal circolo sanguigno. Inoltre sono stati preparati due derivati peptidici, analoghi della minigastrina (DTPAGlu-SMG, e DTPAGlu-LMG)che si differenziano per la presenza di un linker capace di conferire proprietà idrofiliche al coniugato, conferendo quindi diverse proprietà di biodistribuzione. Il chelante prescelto DTPAGlu coordina stabilmente l‟isotopo dell‟Indio 111In. . Esperimenti in vitro mostrano un‟affinità di binding per 111In-DTPAGlu-DGlu(1)-minigastrina (SMG), 111In-DTPAGlu-DGlu-Glu(5)-minigastrina (LMG) simili a quelli ottenuti in precedenza per 111 In-DTPAGlu-CCK8 sui recettori sovraespressi da cellule A431 (Kd> 10-8M). Esperimenti di Biodistribuzione mostrano che il livello di targeting di 111In-DTPAGlu-LMG sui recettori CCK2-R sono più alti sia di quelli ottenuti con 111In-DTPAGlu-SMG o con 111In-DTPAGlu-CCK8. La 61 maggiore idrofilicità è anche responsabile di una maggiore ritensione (10-20 volte), nei reni di 111InGluDTPA-LMG paragonato agli altri due composti. b) Nuovi tools da molecole, antagonisti dell’integrina v L'integrina v 3 è considerata un interessante marcatore molecolare sovraespresso in diverse forme tumorali. In tale ambito sono stati progettati nuovi ligandi per l'integrina v 3 a partire dall' antagonista selettivo RGDechi sviluppato dall‟unità di Napoli lo scorso anno e descritto nella relazione 2006, opportunamente modificato per l'utilizzo come sonda in tecniche di imaging molecolare PET e SPECT. Dal punto di vista sintetico si è reso necessario ottimizzare la strategia sintetica per consentire la funzionalizzazione solo della lisina della porzione ciclica del peptide. I nuovi ligandi per l'integrina avb3 sono stati sintetizzati in fase solida, purificati mediante RP-HPLC e caratterizzati mediante LC/MS. Il ligando da utilizzare per la SPECT è stato funzionalizzato con il chelante DTPA per consentire la marcatura con in111In. Il ligando per la PET è stato ottenuto sostituendo uno dei due residui di lisina e marcando l'altro con 18F. Per l‟imaging in vivo è stato allestito un modello animale di topi nei quali sono state inoculate con delle iniezioni sottocutanee nel fianco destro cellule sovraesperimenti il recettore avb3 K562avb3 o cellule K56 v 5 che sovraesperimono v 5 e nel fianco sinistro le cellule di controllo. A seguito dell‟inoculamento del peptide marcato con 111In, trascorse due ore per permettere la biodistrobuzione del tracciante, le immagini SPECT ottenute hanno evidenziato un accumulo di tracciante nel tumore v 3 dimostrando che RGDechi è capace di legare tale integrina in vivo. Un altro modello animale è stato allestito inoculando sottocute cellule di glioblastoma umano U87MG ipersperimenti v 3 e dall‟altra parte cellule di carcinoma epidermoide A341 sovraesperimenti v 5. Il modello animale così ottenuto permette di visualizzare non solo il legame del peptide RGDechi con l‟integrina v 3 ma anche la sua selettività. In questo modello animale l‟imaging in vivo è stato eseguito mediante PET utilizzando il peptide marcato con 18F. Questo radiotracciante permette la visualizzazione del tumore di glioblastoma e non del tumore epidermoide. Questi risultati sono molto incoraggianti perché evidenziano la possibilità di utilizzare il peptide RGDechi per l‟imaging selettivo dell‟integrina v 3 in vivo. 2) Aggregati supramolecolari peptidi-chelanti come tools per la diagnosi oncologica mediante la tecnica della risonanza magnetica imaging (MRI). Questa attività in collaborazione con l‟UO di Torino si articola nella progettazione, sintesi e caratterizzazione di nuovi mezzi di contrasto selettivi per la visualizzazione di patologie oncologiche mediante la tecnica della Risonanza Magnetica Imaging (RMI). Questa tecnica fornisce immagini ad altissima risoluzione, ma a causa della bassa sensibilità della tecnica, è necessario mettere a punto opportuni agenti di contrasto (ACs) selettivi capaci di accumularsi sull‟organo bersaglio che si intende visualizzare, ad una concentrazione almeno dell‟ordine di 10 -4M. A tal fine negli ultimi anni sono stati preparati sistemi supramolecolari, come micelle miste, che espongono sulla loro superficie un vettore peptidico in grado di riconoscere un recettore sovraespresso dalle cellule tumorali. I recettori target prescelti per verificare il modello sono quelli della colecistochinina. Inizialmente è stata sintetizzata una molecola anfifilica indicata schematicamente come MonY (vedi figura 1.a) in cui la testa idrofilica è costituita dal peptide CCK8, in grado di riconoscere il recettore, e dal chelante DTPAGlu 62 (a) MonY O N O N H O H N O O O O N H (CH2)4 O N COO - N O Gly CCK8 O2 COO - N COO- N -OOC H N -OOC (b) MonX O O H N N O O N H H N O O (CH2)4 D-Y-M-G-W-M-D-F-Amide G 5 NH O O N N H O O H N - O O N - OOC - OOC N N - COO - COO Figura 1: Rappresentazione schematica dei monomeri anfifilici: (a) contenente il peptide CCK8 e agenet chelante DTPAGlu e due code idrofobiche, indicato come MonY; (b) contenente il peptide CCK8 e agenet chelante DTPAGlu e quattro code idrofobiche, indicato come MonX. Questa molecola autoaggrega sottoforma di micelle ellissoidali. Il valore della concentrazione micellare critica (cmc 10-6 mol kg-1) è stato determinato mediante misure di fluorescenza usando l‟8-anilinonaftalene-1-sulfonato (ANS) come probe di fluorescenza. I dati strutturali ottenuti mediante Scattering di neutroni (SANS) sono brevemente riportati in figura 2.a. Il numero di aggregazione (Nagg), dell‟aggregato supramolecolare è di ~ 35. Il valore molto basso del numero di aggregazione, rispetto a quanto evidenziato per aggregati formulati precedentemente con una coda idrofobica per monomero, può essere spiegato in base a due effetti: uno derivante dall‟elevato ingombro sterico della parte polare, dovuta alla contemporanea presenza del chelante e del peptide sul singolo monomero; l‟altro derivante dalla repulsione elettrostatica dovuta alla presenza delle cariche negative sul chelante DTPAGlu. La caratterizzazione rilassometrica di MonY ha evidenziato che il tempo di reorientazione molecolare (ηr) ha un valore di 4.6 ns e il tempo medio di residenza, nel centro paramagnetico, della molecola d‟acqua in rapido scambio con l‟acqua di “bulk” della soluzione (ηM) un valore di 1.1 μs e quindi la relassività molare dell‟aggregato per atomo di Gd(III) è 15 mM-1s-1 a 25°C e 20 MHz. Il ηr, in accordo con le premesse fatte in fase di progettazione, ha un valore molto elevato, indice di un‟alta rigidità strutturale del sistema. Allo scopo di ottenere anche aggregati liposomiali sono stati formulati aggregati misti (MonY/DOPC) con una molecola anfifilica quale la diasteroil fosfatidil colina (DOPC), che come è noto, induce la formazione di liposomi. Aggregati misti DOPC/MonY a diversi rapporti molari (70/30, 80/20, 90/10) sono stati preparati mediante sonicazione ed estrusione. Le soluzione liposomiali ottenute sono state caratterizzate strutturalmente mediante tecniche di scattering di neutroni (DLS e SANS). 63 (a) (b) (c) Lys Lys O =MonY P O =MonY + N Lys =MonX Asp =DOPC O- a b=c a d b=c a=9Å b = c = 27Å = 15 Å a = 12 Å d = 100 nm = 40 Å P = 0.06 b = c = 38 Å = 15 Å P = 0.13 Figura 2: Rappresentazione schematica degli aggregati ottenuti, della loro forma e dei loro parametri strutturali. I risultati di caratterizzazone chimico fisica permettono di concludere che solo quando il monomero MonY è presente in quantità inferiore al 20% gli aggregati sono dei liposomi, altrimenti si verifica una coesistenza di micelle e liposomi. Immagini di microscopia a trasmissione elettronica (cryoTEM) hanno confermato questi dati e permesso di valutare che le dimensioni del diametro degli aggregati liposomiali è di ~ 100 nm (figura 2.b). La caratterizzazione è stata ripetuta anche per le soluzioni in cui il MonY complessa lo ione Gd(III). Il valore di relassività molare dell‟aggregato misto DOPC/MonY(Gd) (80/20) per atomo di Gd(III) è 12 mM-1s-1 a 25°C e 20 MHz. A questo valore di relassività contribuiscono sia i complessi di Gd(III) esterno che quelli interni al liposoma. Questo risultato è stato evidenziato mediante un esperimento aggiuntivo nel quale è stato preparato un aggregato in cui gli ioni Gd(III) sono stati sostituiti da quelli di La(III), e in cui è stato incapsulato il complesso HPO3A(Gd). Allo scopo di ottenere liposomi anziché micelle per auto-aggregazione del MonY, sono state apportate delle modifiche sintetiche sulla sua porzione idrofobica del monomero. E‟ stato pertanto sintezzato un altro sistema in cui la parte idrofobica è costituita da quattro catene alchiliche a 18 atomi di carbonio anziché due (figura 1.b). Introducendo una parte idrofobica più sostanziale dovrebbe infatti abbassare il fattore di impacchettamento del monomero nell‟aggregato e di conseguenza favorire la formazione di liposomi. Questo monomero indicato schematicamente come MonX è stato sintetizzato mediante tecniche di sintesi in fase solida con chimica Fmoc e caratterizzato mediante cromatografia RP-HPLC e spettrometria di massa LC-MS. Gli aggregati ottenuti per auto-aggregazione e caratterizzati come descritto precedentemente, formano ancora micelle ellissoidali con gli assi be c più lunghi rispetto a quelli dell‟aggregato di MonY (vedi figura 2.c) e con un valore di cmc inferiore (cmc ~ 5∙10 -7 mol∙kg-1). Attualmente sono in corso presso l‟unità di Torino prove di complessazione e studi relassometrici sull‟aggregato. 64 UNITA’ DI RICERCA DI PADOVA Direttore Scientifico: Prof. Ulderico Mazzi Radiofarmaci nella diagnostica e terapia tumorale Parte 1. Sviluppo di radiofarmaci target-specifici marcati con 99mtecnezio e 186/188renio. - Elena Zangoni, Laura Melendez Alafort, Ulderico Mazzi Gli isotopi radioattivi di metalli di transizione offrono molte opportunità nello sviluppo di radiofarmaci, e tra di essi il tecnezio-99m ed il renio-186/188 giocano un ruolo importante in ambito, rispettivamente, diagnostico e terapeutico. A differenza di isotopi di atomi naturalmente presenti nelle molecole biologiche (O, C, N), che possono essere incorporati nelle molecole direzionatrici attraverso la formazione di un legame covalente, gli isotopi di natura metallica per essere incorporati nelle biomolecole devono essere stabilizzati da un sistema chelante in un complesso di coordinazione. Nell‟ultimo decennio è stata sviluppata un‟ampia gamma di tecniche per la marcatura di biomolecole con radiometalli, ma la metodica più ampiamente studiata e impiegata consiste nell‟approccio del chelante bifunzionale (Bifunctional Chelating Agent, BFCA). Il chelante bifunzionale presenta da un lato un set coordinativo in grado di stabilizzare il metallo, dall‟altro un gruppo funzionale per l‟ancoraggio covalente della biomolecola, che può essere diretto oppure mediato da uno spaziatore (linker), a dare il derivato BFCA(-linker)-BM. La scelta accurata del BFCA è uno degli aspetti fondamentali nella progettazione di radiofarmaci target-specifici. BM Un BFCA ideale dovrebbe garantire la formazione di un complesso con alta resa e a concentrazioni molto basse del coniugato BFCA-BM. Tale complesso non dovrebbe sottostare a reazioni di ossidoriduzione, dovrebbe essere termodinamicamente stabile e cineticamente inerte e presentare un basso numero di isomeri, in quanto tutte questi parametri possono influenzare notevolmente le caratteristiche biologiche e farmacocinetiche del coniugato BFCA-BM. Infine, l‟attacco del BFCA alla biomolecola dovrebbe essere facilmente realizzabile. La selezione del BFCA dipende dal tipo di radiometallo e dal suo stato di ossidazione. Il core [M=O]3+ viene largamente impiegato per la marcatura di biomolecole con 99mTc- e 186/188Re e negli ultimi 15 anni sono stati sintetizzati e valutati molti chelanti bifunzionali, la maggior parte dei quali possiede un set coordinativo di tipo NxS(4-x). Questi chelanti, sebbene abbiano trovato applicazione, soffrono di alcune limitazioni quali l‟elevata lipofilia, una scarsa flessibilità strutturale, più forme isomeriche spesso difficili da separare e limitata stabilità in vivo. Inoltre la loro marcatura richiede spesso condizioni drastiche. Lo sviluppo di BFCA più efficienti resta quindi uno degli interessi principali nell‟ambito della medicina nucleare. Nel 2007 l‟Unità del CIRCMSB di Padova non ha sviluppato chelanti bifunzionali nuovi ma ha utilizzato il miglior chelante testato per il tecnezio ed il renio negli anni precedenti ovvero il chelante di natura peptidica N-[N-(3-difenilfosfinopropionil)glicil]-S-benzil-L-cisteina, contenente il set coordinativo PN2S per consentire la marcatura di biomolecole, in particolare peptidi quali l‟UBI39-41 o derivati dell‟octreotide. 65 L‟Ubiquicidina (UBI) 29-41 è un frammento peptidico antimicrobico cationico umano ed è stato ampiamente dimostrato legarsi preferibilmente con le membrane anioniche cellulari microbiche in corrispondenza dei siti d‟infezione. Questo frammento peptidico è stato marcato direttamente con 99m Tc ed ha dimostrato selettività per i batteri, ma non nel caso di processi infiammatori sterili, in esperimenti con animali ed ha dimostrato di essere utile nella pratica clinica per la valutazione dell‟efficacia di una terapia antibiotica. Studi preclinici di 99mTc-UBI29–41 in modelli animali con infiammazione ed infiammazione in corso hanno dimostrato l‟assenza di effetti collaterali. Studi di biodistribuzione nell‟uomo hanno evidenziato che il composto 99mTc-UBI29–41 presenta una rapida e prevalente escrezione renale e la mancanza di effetti collaterali. Tuttavia la struttura chimica del radiofarmaco marcato direttamente non è attualmente definita. L‟obiettivo del progetto sviluppato nell‟Unità di Padova è stato quello di marcare in maniera indiretta l‟UBI29-41 coniugando al peptide il chelante bifunzionale (PN2S) da solo o attraverso il polietilenglicole (PEG5000). Il complesso è stato quindi marcato con 99mTc ed è stata valutata l‟influenza del sistema chelante PN2S o PN2SPEG5000 sulla biodistribuzione dell‟UBI29-41 in modelli animali sani come tracciante per immagini d‟infezioni indotte da Staphlococcus aureus, anche rispetto al 99mTc- UBI29-41 ottenuto attraverso marcatura diretta. La purezza radiochimica sia del prodotto 99mTc-PN2S-UBI29-41 che 99mTc-PN2S-PEG5000-UBI29-41, determinata via RP-HPLC, è risultata pari a 95-98 % ed è anche stata confermata la presenza di un singolo prodotto. I prodotti hanno dimostrato, dopo incubazione in soluzione salina e in soluzione di buffer fosfato, di essere stabile fino a 6 h e di avere purezza radiochimica maggiore del 90-95 %. Studi di biodistribuzione di 99mTc-PN2S- UBI29-41 come di 99mTc-PN2S-PEG5000-UBI29-41 in animali con infezione hanno dimostrato che l‟attività nel sito d‟infezione è paragonabile agli studi effettuati con il 99mTc-UBI29-41. Studi effettuati in topi con infezione hanno dimostrato una buona clearance epatobiliare e renale ed anche un accumulo nel sito d‟infezione analogo a quello riscontrato con il 99mTc-UBI29-41. La marcatura indiretta quindi, così come l‟introduzione dello spaziatore PEG5000 non ha portato miglioramenti nel rilevamento di siti d‟infezioni, ma non ha neppure influenzato la biospecificità dell‟ UBI. L‟inconveniente maggiore, che ha prodotto la riduzione dell‟effetto dell‟introduzione del PEG, è stato dovuto all‟accumulo del 99mTc-PN2S-PEG5000-UBI29-41 nel fegato. Parte2. Studi di marcatura, biodistribuzione ed efficacia radioterapeutica di Ialuronico) - Laura Melendez Alafort, Elena Zangoni, Ulderico Mazzi 188 Re-HA (Acido L'acido ialuronico (HA) è uno dei componenti fondamentali dei tessuti connetivi dell'uomo e degli altri mammiferi. Chimicamente è definibile come un glicosaminoglicano dalla catena polisaccaridica non ramificata prodotta dall'aggregazione di migliaia di unità disaccaridiche formate a loro volta da residui di acido glucuronico (un derivato del glucosio) e Nacetiglucosamina. Entra nella costituzione della sostanza fondamentale del tessuto connettivo della pelle, il quale contiene il 63% di acqua, il 32% di collagene e l'1% di acido ialuronico. E' contenuto in concentrazioni elevate nell' umor vitreo, nel cordone ombelicale, nei liquidi delle articolazioni. Si presenta come una sostanza amorfa, solubile in acqua. Regola il contenuto idrico della sostanza intracellulare e la permeabilità del tessuto connettivo. Funge da sostanza cementante dei tessuti ai quali conferisce la tipica plasticità. E' contenuto nel collagene, nel quale ha la funzione di catturare e trattenere l' acqua. Per costruire il collagene le cellule impiegano molta vitamina C. Ha proprietà antinfiammatorie. Oltre che idratare la pelle possiede anche la proprietà di cicatrizzare le ferite. Nel derma ha un' azione plastica e permette una migliore diffusione delle sostanze. Inoltre l'acido ialuronico lega con dei recettori cellulari denominati CD44, ben conosciuti dagli studiosi del sistema immunitario per la loro presenza nella pelle, tra l'altro sulla superficie delle cellule cheratiniche, inclusi i follicoli piliferi. I CD44 sono anche sovraespressi in diversi tipi di tumore e ciò ha sviluppato l‟impiego dell‟HA quale veicolante chemioterapici per tali tipi di tumore. Sulla base delle proprietà dell‟HA sopra descritte sono stati eseguiti nell‟Unità di Ricerca di Padova del CIRCMSB diversi studi di marcatura con Tc-99m su acido ialuronico sostituito con acido 66 Weight (g) butirrico, o con tassolo per determinare la loro distribuzione in vivo, e definire le capacità dell‟HA di veicolare questi chemioterapici sul tumore. E‟ stato inoltre definito un metodo di marcatura con Tc-99m dell‟acido ialuronico (HA) semplice e con alta resa che è risultato adatto per studi radioterapeutici nei topi. Nel 2007 il metodo di marcatura con Tc-99m dell‟HA è stato trasferito al Re-188, con lo scopo di utilizzare le proprietà veicolanti dell‟HA per trasportare il radionuclide Re-188 sul tumore affinché esplichi la sua azione radioterapica. Riportiamo qui i dati preliminari sull‟efficacia delle radiazioni del Renio-188 sulle cellule del carcinoma epatocellulare (HCC) nel topo. Trattamenti di tale tipo di tumore sono stati già riportati in letteratura utilizzando il 131I-lipiodol con prolungati aumenti di sopravvivenza. Si può pensare che il 188Re, per le sue migliori proprietà fisiche e chimiche quali la più alta energia delle emissioni beta, la più breve emivita e la concomitante emissione di una componente gamma di energia paragonabile a quella del Tc-99m, che consente di eseguire l‟imaging durante il trattamento terapeutico, sia più promettente per il trattamento di questo tipo di tumore. D‟altra parte, studi di biodistribuzione in topi sani dell‟analogo 99mTc-HA hanno mostrato che 25 minuti dopo la somministrazione intravenosa, più dell‟80% del radiofarmaco si trova nel fegato e nella milza in seguito al binding selettivo dell‟HA su recettori specifici. Basandoci su tali indicazioni, cellule di carcinoma epatocellulare sono statte indotte nel fegato del topo e trattati con HA marcato direttamente con 188Re. L‟acido ialuronico ( 70 kDalton) è stato marcato semplicemente aggiungendo 100 l of 188Reperrenato con attività pari a 20 Mbq ad una fiala contenente HA ed una soluzione di SnCl2 aggiustando il pH al valore di 4. La biodistribuzione di 188Re-HA è stata studiata in femmine sane di topi neri C57BL/6 trattati con 50 L (3 MBq) di marcato purificato con iniezione nella vena caudale. Trenta minuti dopo l‟iniezione le dosi accumulate nel fegato e nella milza hanno raggiunto il valore massimo e rimangono poi costanti per più di 72 h senza clearance renale. Per verificare l‟efficacia terapeutica del 188Re-HA sulle metastasi de fegato, i topi C57BL/6 sono stati iniettati i.v. con cellule tumorali M5076, un fibrosarcoma che metastatizza specificatamente nel fegato, e trattati 7 giorni più tardi con 9.2, 7.4, 4.5, e 2.2 MBq di 188Re-HA. Due settimane più tardi i topi sono stati sacrificati per valutare 5 l‟impatto terapeutico. Mentre I fegati dei topi spleen weight non trattati mostravano un grande aumento di liver weight 4 peso (Fig. 1) ed esibivano una massiva infiltrazione neoplastica (Fig. 2) gli organi degli animali trattati erano macroscopicamente 3 normali. Pochi foci metastatici erano visibili * solo nei topi che avevano ricevuto minor 2 * attività.Risultati simili sono stati anche ottenuti in un modello di topo xenogenico con metastasi 1 a livello del fegato di coloncarcinoma umano impiegando cellule tumorali HT-29impiantate * 0 in topi SCID. Degno di nota è anche che il Positive Control 60 µCi 120 µCi trattamento con 188Re-HA ha portato ad un aumento della sopravvivenza di questo modello Fig. 1. La figura mostra il peso (medio ± SD) della milza e del di topi. Inoltre l‟approccio radioteraputico con fegato di topi con metastasi di tumore M5076 e trattate con 120 188 Ci o 60 Ci di 188Re-HA. Re-HA è stato ben tollerato ed associato con una leggera tossicità nel fegato e a livello di midollo osseo. Ora si stanno verificando le potenzialità terapeutiche usando somministrazioni multiple di basse dosi di attività di radiofarmaco per determinare l‟effetto curativo a tempi lunghi, per poi definire tutte le condizioni sperimentali per il potenziale a livello clinico. Si può concludere dicendo che questi studi di biodistribuzione hanno dimostrato che il complesso188Re-HA è più stabile rispetto al Re-188-HDD/lipiodol che è tuttora sotto sperimentazione clinica. 67 Inoltre, al contrario del Re-188-HDD/lipiodol, che deve essere somministrato via intra-arteria, il 188 Re-Ha può essere somministrato per semplice iniezione intravenosa ed è rapidamente concentrato nel fegato e nella milza, senza eliminazione, riducendo così il rischio di danno agli atri organi. Il trattamento delle metastasi al fegato nei topi ha rivelato che il coniugato mostra un forte effetto terapeutico anche in presenza di bassa attività. E‟ inoltre importante notare che le attività qui usate sono simili a quelle già in uso nei trial clinici. Infine l‟efficacia terapeutica del trattamento è anche confermata in un modello di topo xenogenico con metastasi al fegato di coloncarcinoma umano usando cellule tumorali HT-29 impiantate in topi SCID, e non associate con rilevante tossicità al fegato ed al midollo spinale. A B C Fig. 2. La figura mostra le foto della milza e del fegato espiantate da topi iniettati con cellule tumorali M5076 al giorno 0 e trattate al giorno +7 con soluzione fisiologica (A), 60 Ci (B) o 120 Ci (C) di 188Re-HA. Gli animali furono sacrificati al 21° giorno dall‟iniezione del tumore. Pertanto l‟188Re-HA sembra essere un promettente agente terapeutico per curare tumori al fegato primari o metastatici. Nuovi Farmaci inorganici in oncologia Parte 1. Design, sintesi e caratterizzazione chimica e biologica in vitro ed in vivo di complessi di metalli di transizione come innovativi agenti antitumorali. - Dolores Fregona, Lorena Giovagnini L‟attività svolta in questo anno dal nostro gruppo si inserisce nell‟ambito del progetto “Design, sintesi e caratterizzazione chimica e biologica in vitro ed in vivo di complessi di metalli di transizione come innovativi agenti antitumorali”. Da diversi anni il nostro gruppo sintetizza e studia dal punto di vista chimico e biologico nuovi complessi metallici con leganti ditiocarbammici al fine di ottenere dei composti che abbiano un migliore indice chemioterapico in termini di elevata 68 capacità antineoplastica e ridotta tossicità rispetto ai farmaci attualmente in uso clinico. Oltre alla continuazione degli studi sui composti di Au(I,III) e Ru(II,III), sono stati sintetizzati nuovi complessi di Cu(II) e Zn(II) che sono stati caratterizzati e sottoposti a test in vitro. Complessi ditiocarbammici di Au(III) I farmaci a base di platino ampiamente impiegati nella terapia di vari tipi di tumori, presentano numerosi inconvenienti che ne precludono l'utilizzo per lunghi periodi di tempo: sono infatti altamente neuro- e nefrotossici e inducono pesanti effetti collaterali ed in molti casi, dopo un iniziale successo terapeutico, causano l'insorgenza di resistenza crociata da parte delle cellule cancerose. Per ridurre la tossicità di tali farmaci, vengono somministrate sostanze contenenti zolfo o vengono usate terapie combinate con farmaci a base di platino e glutatione o in generale composti tiolici. Nella pratica clinica, per inibire la nefrotossicità, vengono usate delle terapie combinate con farmaci a base di platino e chemioprotettori contenenti gruppi sulfidrilici come i ditiocarbammati; essi infatti sono in grado di rimuovere selettivamente il platino dai complessi con gli enzimi attraverso un attacco nucleofilico degli atomi di zolfo chelanti, ristabilendo la struttura di partenza dell‟enzima stesso e proteggendo così i tessuti sani senza inibire l‟effetto antitumorale del farmaco. I leganti zolfo donatori sono stati selezionati con l‟obiettivo di ottenere dei composti attivi sulle linee cellulari tumorali sensibili e resistenti al cis-platino e che presentassero al tempo stesso una bassa tossicità renale. La grande affinità del platino per i siti solforati di molecole biologicamente attive, oltre ad indurre nefrotossicità, è anche una delle cause dell‟insorgere della resistenza. In generale infatti i composti di platino sono in grado di reagire con piccole molecole solforate che sequestrano il metallo impedendone la reazione con le basi azotate e riducendo il danno indotto nel DNA. Partendo da tali considerazioni abbiamo sintetizzato in passato complessi di Pt(II) e Pd(II) con leganti ditiocarbammici e varie ammine con l‟obiettivo di ottenere composti con un aumentato indice chemioterapico rispetto al cisplatino, in termini di alta citotossicità e bassi effetti collaterali. Tali complessi misti hanno presentato una significativa citotossicità sia in vitro su numerose linee cellulari anche cisplatino-resistenti, sia in vivo su diversi tipi di tumori sperimentali del topo. Sono stati inoltre eseguiti numerosi test biologici per testare la nefrotossicità di tali composti. Il complesso di tali verifiche sperimentali ci ha permesso di identificare alcuni complessi di Pt(II) e Pd(II) caratterizzati da una ottima attività antitumorale, talvolta anche molto superiore al chemioterapico di riferimento, ed una minima se non addirittura inesistente nefrotossicità. Negli ultimi anni, nel nostro gruppo di ricerca sono stati sintetizzati alcuni nuovi complessi ditiocarbammici di Au(III), aventi una formula generale del tipo [AuX2(dtc)] (X = Cl, Br; dtc = legante ditiocarbammico), ideati in modo da riprodurre il più fedelmente possibile le caratteristiche strutturali principali del cisplatino. Tali composti hanno mostrato una attività in vitro, da una a quattro volte maggiore del cisplatino, nei confronti di cellule tumorali umane sia sensibili che resistenti al cisplatino, escludendo l‟insorgenza di resistenza crociata con il chemioterapico di riferimento. Inoltre, i risultati riguardanti il loro comportamento in condizioni fisiologiche, la capacità di binding al DNA e le proprietà emolitiche supportano senza dubbio l‟ipotesi di un diverso meccanismo d‟azione rispetto al cisplatino. Gli studi biologici intesi al chiarimento dei processi biochimici che stanno alla base dell'elevata attività dei nostri composti di oro, sono stati estesi alla valutazione del danno mitocondriale e all'inibizione dell'enzima tioredossina redattasi. Tenuto conto delle ultime scoperte riguardanti le funzioni mitocondriali, i mitocondri costituiscono un campo di ricerca di sicuro interesse; infatti essi, non solo rappresentano la principale fonte di energia per le cellule, ma recentemente, è anche stato ipotizzato che ricoprano un ruolo di primaria importanza nel meccanismo apoptotico. Date le loro proprietà di elevata stabilità in soluzione, riproducibilità di sintesi e di promettente attività antineoplastica, tali composti sono stati sottoposti anche a studi di attività antitumorale, tossicità sistemica e nefrotossicità in vivo, portando a dei risultati estremamente positivi (dati non ancora pubblicati). Durante quest‟anno la ricerca ha seguito tre vie: 1) sintesi di nuovi complessi ditocarbammici di Au(III) con la pirrolidinaditiocarbammato; 2) valutazione su cellule HeLa (provenienti da un carcinoma uterino umano) e 293T (cellule renali embrionali intrinsecamente resistenti al cisplatino) dell‟attività apoptotica di complessi ditiocarbammici di Au(III) già sintetizzati ([Au(ESDT)Br2] ed [Au(DMDT)Br2]), che, in studi precedenti, avevano evidenziato risultati estremamente incoraggianti dal punto di vista dell‟attività antitumorale; 69 3) studio del meccanismo di induzione di morte cellulare dei due complessi sopra citati attraverso la loro influenza sul funzionamento della caspasi-3 e sulla formazione di ROS (specie radicaliche attive), coinvolti in diverse fasi del meccanismo di morte cellulare e nelle alterazioni di alcune proteine mitocondriali. Valutazione dell‟inibizione del Proteasoma correlata con l‟attività antineoplastica in vivo. Risultati: 1) I nuovi complessi sintetizzati con il legante pirrolidinaditiocarbammato sono stati caratterizzati mediante spettroscopia NMR mono- e bidimensionale, FT-IR, analisi termogravimetrica ed elementare. La scelta di tale legante si è basata su dati di letteratura che ne riportano le proprietà antiossidanti, antivirali ed antinfiammatorie, e, in aggiunta, la capacità di indurre o inibire il processo apoptotico in diverse linee cellulari tumorali. La valutazione delle proprietà citotossiche in vitro e gli studi riguardanti l‟inibizione del proteasoma, sono tuttora in corso presso il Dipartimento di Patologia del Barbara Ann Karmanos Cancer Institute, Wayne State University di Detroit con il quale è attiva da anni una collaborazione scientifica. Il proteasoma è un grosso complesso macromolecolare adibito alla degradazione di molte proteine mal costruite o non più utili al metabolismo cellulare, la cui azione è strettamente legata ai meccanismi di apoptosi della cellula. In particolare la sua inibizione porta alla morte delle cellule tumorali, risparmiando quelle sane, in molti tipi di colture cellulari, ed ha anche un effetto sulle cellule tumorali umane resistenti a diversi farmaci. 2)-3) L‟attività apoptotica relativa ai complessi [Au(ESDT)Br2] ed [Au(DMDT)Br2] è stata testata in base all‟attivazione delle caspasi-3, una classe di cistein-proteasi che, con meccanismo a cascata, vengono attivate in numerosi modelli di apoptosi. Tale misura è stata rilevata attraverso la percentuale di clivaggio del PARP (poli-ADP-ribosio-polimerasi) che viene operato dalle caspasi-3 attivate. I risultati valutati sulle linee cellulari tumorali umane HeLa e 293T, testando il cisplatino in parallelo come riferimento, hanno evidenziato come i due complessi di oro inducano la morte cellulare in entrambe le linee testate mentre il farmaco di riferimento risulta essere attivo solo sulle cellule HeLa. Sulla base della valutazione della percentuale di clivaggio del PARP si è visto come per i complessi di oro non si è registrata una corrispondenza diretta tra la morte cellulare e la percentuale di clivaggio, su entrambe le linee cellulari. L‟attivazione della caspasi-3 pertanto, non sembra essere l‟unico meccanismo che porta alla morte cellulare, ma tali composti di oro devono esercitare la loro capacità citotossica attraverso un qualche meccanismo alternativo. Tale via di morte cellulare è stata valutata attraverso la formazione di ROS utilizzando un test che prevede l‟utilizzo della diidrorodamina (HDR), fluorocromo potenziale dipendente, che penetra nel mitocondrio ed in presenza di radicali si ossida a rodamina divenendo così fluorescente e rilevabile attraverso l‟uso del citofluorimetro. Nel caso del cisplatino, misure citofluorimetriche non hanno evidenziato la formazione di ROS, mentre per quanto riguarda i due complessi di oro testati la formazione di specie radicaliche è stata evidenziata dalla fluorescenza verde a livello mitocondriale (collaborazione con l‟Istituto Oncologico Veneto). Si è svolto inoltre, uno studio sull‟interazione con proteine mitocondriali e citosoliche e sul loro effetto sul potenziale di membrana, mettendo in evidenza una notevole inibizione della tioredoxina reduttasi accompagnata da uno swelling della membrana mitocondriale (Chemistry & Biology ) Tali studi sono stati eseguiti in collaborazione con il Dipartimento di Chimica Biologica dell‟Università di Padova e con l‟Istituto di Neuroscienze, Sezione di Biomembrane del CNR di Padova. Per quanto riguarda lo studio dell‟inibizione del proteasoma esercitata dai complessi [Au(ESDT)Br2], [Au(DMDT)Br2], [Au(ESDT)Cl2] ed [Au(DMDT)Cl2], eseguita su estratti cellulari di tumore mammario, è stato evidenziato come tali derivati di oro siano in grado di inibirne l‟attività già a concentrazioni nell‟ordine di 10 M.. Inoltre per il complesso [Au(DMDT)Br2] è stato identificato il proteasoma come target primario sia in vitro che in vivo ed è stata riscontrata una capacità di inibizione della crescita tumorale di circa il 50%., su tumori xerografici, (tumori umani trapiantati su topi immunodepressi) dopo trattamento per 29 giorni con il composto in esame 70 Inoltre, gli studi condotti su leucemie mieloidi acute, in collaborazione con il Centro di Riferimento Oncologico di Aviano, hanno messo in evidenza come i nostri composti inducano solo modeste perturbazioni del ciclo cellulare a sostegno dell‟ipotesi che il meccanismo d‟azione sia diverso da quello presentato dai classici complessi di Pt(II). Complessi ditiocarbammici di Cu(II) e Zn(II) La sintesi dei nuovi complessi di rame è stata eseguita seguendo recenti studi che hanno dimostrato che, tra i metalli di transizione, soltanto il rame è concausa nel processo di angiogenesi durante la crescita tumorale. L‟angiogenesi è un fenomeno da cui dipende l‟accrescimento e la metastatizzazione dei tumori. È noto infatti che i tumori sviluppandosi consumano molto ossigeno e producono nuovi vasi sanguigni (neovascolarizzazioni) che tuttavia non sono in grado di soddisfare la continua richiesta di ossigeno da parte delle cellule tumorali in crescita portando ad un‟ipossia cellulare. Alti livelli di rame sono stati trovati in molti tipi di tumore umano come quello alla prostata e al colon; inoltre sembra sia richiesta una quantità specifica e localizzata di rame affinché l‟angiogenesi possa avvenire. È stato anche dimostrato che profarmaci a base organica, utilizzati nel trattamento della malattia di Wilson (malattia ereditaria caratterizzata da un eccessivo accumulo di rame in diversi organi) hanno un effetto anti-angiogenico su modelli di tumore murino. È stato poi scoperto che l‟efficacia di questi farmaci non è dovuta solo al loro potere di rimuovere il rame, ma anche alle proprietà citotossiche dei complessi di coordinazione che si formano tra essi e il rame stesso. Alcuni di questi complessi infatti hanno una notevole capacità di inibire l‟azione del proteasoma. Sulla base di queste considerazioni sono stati sintetizzati e caratterizzati nuovi complessi ditiocarbammici di Cu(II) e di Zn(II) (per comparazione) scegliendo come donatori allo zolfo gli stessi leganti precedentemente utilizzati per i complessi di oro . Oltre alla caratterizzazione tramite spettroscopia NMR mono e bidimensionale, FT-IR, analisi elementare e termogravimetria, sono stati eseguiti i seguenti studi: 1) valutazione delle proprietà elettrochimiche dei complessi in CH2Cl2; 2) studi preliminari di citotossicità in vitro su linee cellulari tumorali umane; 3) valutazione dei loro effetti sul ciclo cellulare.(dati non ancora pubblicati); 4)studio della loro stabilità in ambiente fisiologico con spettroscopia UV-Vis e delle loro interazioni con biomolecole con NMR e CD. Risultati: 1) Le indagini elettrochimiche eseguite sui complessi di Cu(II) hanno evidenziato sia l’ossidazione a Cu(III) che la riduzione a Cu(I) del centro metallico originario; tali processi decorrono in un range di potenziale probabilmente accessibile da parte di componenti cellulari. 2) Gli studi di citotossicità in vitro (MTT test) eseguiti preliminarmente sulle due linee cellulari tumorali umane sensibili al cisplatino 2008 (carcinoma ovarico) e A431 (carcinoma della cervice uterina), e sulle corrispondenti linee cellulari rese resistenti, hanno evidenziato valori di IC50 (concentrazione di sostanza necessaria ad indurre il 50% di inibizione della crescita cellulare) comparabili se non nettamente superiori a quelli del cisplatino. 3) Il ciclo cellulare è costituito da una serie di eventi successivi che coinvolgono diverse molecole e che comprendono diversi meccanismi rigorosamente regolati a livello cellulare. Difetti nella regolazione delle varie fasi del ciclo inducono la formazione di cellule tumorali; pertanto riuscire a determinare con esattezza i meccanismi e le molecole coinvolte è di vitale importanza nell‟ambito dell‟oncologia. La valutazione dell‟effetto dei complessi di Cu(II) sul ciclo cellulare, è stata effettuata attraverso l‟uso del citofluorimetro. I risultati ottenuti hanno dimostrato che i complessi ditiocarbammici di Cu(II) sono in grado di alterare il ciclo cellulare, manifestando effetti diversi nelle varie fasi del ciclo, con evidente induzione di apoptosi su tutte le linee cellulari tumorali testate. 4) Gli studi di stabilità in soluzione hanno portato a concludere che i composti considerati reagiscono lentamente in soluzione di DMSO/PBS mostrando delle deboli interazioni con il solvente che, nel tempo, portano a piccole variazioni nella sfera di coordinazione del complesso stesso. 71 Parte 2. Sintesi e caratterizzazione chimica e biologica di complessi di metalli di transizione agenti antitumorali - Cristina Marzano, Valentina Gandin, Frazia Bettio I derivati di oro sono attualmente impiegati nel trattamento di alcune forme di artrite reumatoide e di asma bronchiale, ma da tempo notevole interesse è rivolto allo studio delle proprietà antitumorali, in particolar modo dei complessi di oro(I). Studi condotti in precedenza dimostrano, infatti, che tra questi i più promettenti, in termini di potenziale attività antiproliferativa, risultano i fosfinotiolati di oro(I), aventi struttura generale [Au(SR‟)(PR3)], ed in particolare interessanti sono i risultati ottenuti con Auranofin (S-trietilfosfina oro(I)-2,3,4,6-tetracetil-1-tio-β-D-glucopiranoside), dimostratosi efficace nell‟inibire sia in vitro che in vivo la proliferazione cellulare neoplastica. Nel corso delgli ultimi anni, in collaborazione con il gruppo di ricerca del Dr. A. Bindoli del Dipartimento di Chimica Biologica dell‟Università di Padova, abbiamo indagato il meccanismo dell‟azione antiproliferativa promossa da Auranofin nei confronti di una coppia di linee cellulari di adenocarcinoma ovarico umano sensibile (cellule 2008) e resistente al cis-platino (cellule C13*). Auranofin, già a concentrazioni nanomolari, si è dimostrato, in entrambe le linee testate, particolarmente efficace nel ridurre la proliferazione cellulare e, quindi, in grado di superare la resistenza mediata dal cis-platino. Studi di determinazione del rilascio dal compartimento mitocondriale al citosol del citocromo c, noto fattore proapoptotico cellulare, e di valutazione del grado di frammentazione del DNA nucleare suggeriscono, inoltre, che esso sia in grado di indurre morte cellulare per apoptosi. L‟attivazione della via apoptotica di morte cellulare è stata valutata anche mediante analisi di citofluorimetria a flusso. I risultati evidenziano come il trattamento con Auranofin induca un netto incremento della fase sub-G1 del ciclo cellulare in maniera tempo e dose dipendente e come tale caratteristico picco ipodiploide, indice della presenza di cellule apoptotiche nella popolazione in analisi, risulti maggiormente consistente nella linea cellulare resistente. Mediante l‟impiego della sonda fluorescente CM-H2DCFDA abbiamo inoltre evidenziato che il trattamento con Auranofin induce un netto incremento nella produzione basale di H2O2, sottolineando, in tal modo, come la sua attività citotossica sia da correlarsi ad una alterazione dell‟omeostasi ossidoreduttiva cellulare. La massiccia induzione di apoptosi e l‟enorme incremento dello stress ossidativo cellulare riscontrati nei nostri studi sono da considerarsi, però, come il risultato ultimo dell‟inibizione da parte di Auranofin di uno tra i più importanti sistemi tiolici enzimatici responsabili dell‟equilibrio ossidoreduttivo cellulare, la Tioredossina Reduttasi (TrxR). Come recentemente è stato osservato, infatti, a differenza dei composti di platino che, come risaputo, agiscono principalmente a livello del DNA, Auranofin agisce a concentrazioni nanomolari come inibitore specifico ed irreversibile della tioredossina reduttasi. La TrxR è un enzima flavoproteico contenente selenio che appartiene alla famiglia delle piridin nucleotide disolfuro ossidoreduttasi. A livello del carbossile terminale della proteina, infatti, è presente un‟estensione il cui penultimo aminoacido è una selenocisteina. Proprio tale residuo sembra essere il sito di reazione preferenziale dell‟Au(I,III). Questo enzima esistente in diverse isoforme, tra cui quella mitocondriale e quella citosolica, attraverso il sistema tioredossina reduttasi/tioredossina/tioredossina perossidasi svolge un ruolo di fondamentale importanza in eventi come il cell-signaling, l‟apoptosi e la proliferazione cellulare, nella regolazione redox cellulare mediata dai tioli e partecipa tramite la tioredossina perossidasi alla detossificazione cellulare dagli idroperossidi, proteggendo la cellula dallo stress ossidativo. Tale sistema enzimatico è stato dimostrato essere sovraespresso in numerosi tipi di cellule tumorali, anche se la relazione esistente tra espressione di tioredossina reduttasi e sviluppo di cancro non è ancora ben compreso. Abbiamo, perciò, verificato se il sistema tioredossinico e quello della glutatione reduttasi, altro sistema fondamentale per il mantenimento dell‟equilibrio redox cellulare, fossero sovraespressi nella coppia di linee cellulari considerate. I nostri risultati dimostrano chiaramente che l‟attività della tioredossina reduttasi, risulta marcatamente aumentata in entrambe le linee cellulari ed in particolar modo nel fenotipo resistente e 72 come Auranofin si dimostri estremamente selettivo nell‟inibire solamente la TrxR. Inoltre, seppur in modo meno marcato, anche la glutatione reduttasi (GR) risulta sensibilmente incrementata nella variante resistente al cis-platino, al contrario della glutatione perossidasi (Gpx) rivelatasi pressoché eguale in entrambe le linee cellulari. Ambedue questi enzimi fondamentali per l‟equilibrio ossidoreduttivo cellulare, però, non vengono inibiti da Auranofin. Allo stesso modo, risultati preliminari riguardanti l‟espressione proteica cellulare, ottenuti mediante analisi proteomica bidimensionale in fase fluida e successiva analisi ESI-MS/MS e bioinformatica condotti in collaborazione con la Dott.ssa A. Roveri del Dipartimento di Chimica Biologica dell‟Università di Padova e la M.P. Dott.ssa Vitale del Centro regionale indicatori biochimici di tumore di Venezia, confermano che numerose proteine facenti capo al sistema enzimatico della TrxR risultano marcatamente sovraespresse nelle cellule resistenti al cis-platino. Poichè è risaputo che in elevate concentrazioni il selenio promuove la frammentazione del DNA e l‟attivazione della via apoptotica di morte cellulare, mentre a basse dosi è un elemento essenziale capace di indurre l‟espressione delle selenoproteine, recentemente abbiamo valutato l‟attività citotossica indotta da Auranofin in seguito ad un pretrattamento delle cellule con dosi sub-letali di sodio selenito. I risultati ottenuti evidenziano come la riduzione della vitalità cellulare promossa nel fenotipo sensibile al cis-platino risulti pressoché eguale sia per il solo trattamento con Auranofin che per la combinazione tra sodio selenito ed Auranofin. Al contrario, nella variante resistente al cis-platino il suo potere citotossico è notevolmente aumentato dal co-trattamento con sodio selenito. Inoltre, studi biochimici per la valutazione dell‟attività tioredossinica nelle due linee cellulari evidenziano come il trattamento con sodio selenito induca un notevole e selettivo incremento dell‟attività TrxrR (sia citosolica che mitocondriale) e come tale attività venga drasticamente ridotta in seguito a co-trattamento con Auranofin. Poiché alle stesse concentrazioni di utilizzo il selenito non incrementa nelle linee cellulari testate un altro importante selenoenzima coinvolto nel mantenimento dell‟equilibrio ossidoreduttivo cellulare come la GPX (Glutatione Perossidasi), o altri enzimi indispensabili per mantenimento del bilancio redox cellulare come la GR (Glutatione Reduttasi), il sistema della TrxR è da ritenersi fondamentale nella protezione cellulare dallo stress ossidativo, soprattutto nella linea cellulare resistente al cis-platino. Poichè questi risultati supportano l‟ipotesi che la sovraespressione di tale sistema enzimatico sia implicata nel meccanismo di sviluppo di resistenza al cis-platino stesso e poichè tale sovrespressione sembra comune a molti altri tipi di cellule resistenti, la TrxR costituisce un promettente target per lo sviluppo di nuovi ed alternativi farmaci antitumorali. Sempre nell‟ambito della ricerca di nuovi complessi contenenti metalli diversi dal platino, che possiedano un‟attività antitumorale paragonabile al cis-platino accompagnata però da una minore tendenza allo sviluppo di farmacoresistenza e di effetti indesiderati, il nostro gruppo di ricerca, in collaborazione con il gruppo di ricerca del Prof. Carlo Santini dell‟Università di Camerino, si è indirizzato verso lo sviluppo e l‟analisi delle proprietà biologiche di nuovi complessi fosfinici idrosolubili di Cu(I). Il crescente interesse per tali tipi di complessi scaturisce dal fatto che il rame è, a differenza di altri metalli impiegati nella progettazione di agenti antiproliferativi metal-based, un elemento essenziale per gli esseri viventi in quanto fa parte di numerose attività enzimatiche che catalizzano reazioni ossidoriduttive. E‟ stato anche notato come vari complessi di rame presentino attività biologiche interessanti poiché, a seconda dei leganti utilizzati, possono essere in grado di catalizzare la formazione di radicali oppure, viceversa, avere attività antiossidante. Precedenti studi in vitro hanno dimostrato come complessi difosfinici di Cu(I) contenenti leganti fenil-sostituiti (dppe, dppp e dppey) posseggano un ampio spettro di attività antitumorale e presentino un meccanismo d‟azione diverso da quello tipico del cis-platino, agendo principalmente come disaccoppianti della fosforilazione ossidativa nei mitocondri. A fronte di questa elevata attività antiproliferativa però, i complessi con i leganti dppe e dppp, a causa della presenza di diversi gruppi fenilici legati all‟atomo di P donatore, dimostrano possedere una pesante nefrotossicità e tossicità cardiovascolare in modelli animali, così da precludere i test clinici in pazienti umani. 73 Nel tentativo di superare questo svantaggio, pur mantenendo la stabilità del complesso attraverso i legami Cu-P, sono stati sintetizzati complessi CuP4 parzialmente sostituiti nella sfera di coordinazione con leganti più idrofilici quali il legante diidrobis(3-nitro-1,2,4-triazolil)borato [H2B(tzNO2)2] e fosfine terziarie mono- e bidentate. Questi complessi di Cu(I) hanno dimostrato possedere una buona attività citotossica nei confronti di un vasto pannello di linee cellulari tumorali umane. La successiva sostituzione di questi leganti con tris(idrossimetil)fosfine idrofiliche ha poi consentito l‟ottenimento di specie solubili in acqua con migliori proprietà citotossiche. Le indagini preliminari, condotte in vitro, hanno infatti consentito di individuare alcuni derivati dotati di considerevole attività antiproliferativa. In particolare, il complesso [HC(CO2)(pzMe2)2]Cu[P(CH2OH)3]2, oltre a mostrare una buona attività citotossica nei confronti di un vasto pannello di linee cellulari tumorali umane, si è dimostrato in grado di superare il fenomeno della resistenza al cis-platino poiché presenta un‟attività antitumorale in vitro significativamente più elevata rispetto al chemioterapico di riferimento anche su linee cellulari opportunamente selezionate per la loro resistenza Successivamente, tenendo conto dell‟ideale solubilità in acqua e della stabilità verso la disproporzione mostrata dai complessi misti di Cu(I) contenenti leganti tris(idrossimetil)fosfinici, sono stati sintetizzati e studiati due nuovi complessi di Cu(I) interamente idrossimetilfosfinici del tipo CuP4: {Cu[P(CH2OH)3]4}PF6 e {Cu[(HOCH2)2PCH2CH2P(CH2OH)2]2}PF6. HO HO OH P P OH OH HO Cu HO OH OH OH HO HO P P HO OH P HO OH (1) P P Cu OH HO HO P OH (2) Fig. 1 Complessi di Cu(I): 1 {Cu[P(CH2OH)3]4}PF6 , 2 {Cu[(HOCH2)2PCH2CH2P(CH2OH)2]2}PF6. Nell‟ambito degli studi condotti, l‟attenzione è stata rivolta in particolare al complesso di rame(I) contenente quattro leganti tris(idrossimetil)fosfinici. Studi preliminari di attività biologica condotti su un vasto pannello di linee cellulari tumorali mediante MTT test hanno evidenziato, infatti, come esso sia significativamente più attivo rispetto al farmaco di riferimento nell‟inibire la proliferazione cellulare anche nei confronti di particolari coppie di linee cellulari tumorali selezionate per la loro resistenza sia al cis-platino che di tipo MDR. L‟apparente inattività, al contrario, del complesso 2 può essere imputata alla presenza dei due leganti bis-idrossimetilfosfinici uniti da un ponte etilenico, che, come confermato mediante studi NMR, conferiscono eccessiva stabilità alla molecola precludendo, quindi, qualunque interazione con i vari target cellulari. Al fine di ottenere informazioni circa una eventuale specificità d‟azione del complesso di rame(I), si è andati a valutare la vitalità cellulare con altri test colorimetrici che permettono di rilevare l‟integrità o la funzionalità di diversi organelli subcellulari. Sono stati condotti i test della Solforodamina B, che valuta il contenuto proteico totale, e del Neutral Red, che valuta la funzionalità degli organelli cellulari ad ambiente interno acido, quali i lisosomi e l‟apparato del Golgi e del Trypan blue che valuta l‟integrità di memebrana e i relativi valori di IC50 sono stati confrontati con quelli ottenuti mediante il test dell‟MTT, che, come è noto, valuta la funzione mitocondriale. Il confronto tra i differenti test colorimetrici evidenzia come la citotossicità sia dovuta ad un danno precoce al lisosoma, il quale porta poi all‟interno dell‟ambiente cellulare una serie di perturbazioni cui consegue la morte cellulare. Data l‟importanza biologica del rame come cofattore in molti enzimi e le sue caratteristiche di metallo coinvolto nei cicli redox, i processi chimici che conducono alla sua attività/tossicità sono 74 stati solitamente associati alla generazione di specie reattive dell‟ossigeno (ROS) o alla alterazione dello stato ossidativo cellulare. Alla luce di queste considerazioni, il test dell‟MTT è stato ripetuto in presenza di scavenger dei ROS e di modulatori di attività enzimatiche coinvolte nell‟inattivazione delle specie reattive dell‟ossigeno quali il sodio selenito (Na2SeO3), il mannitolo, il 1,4diazobiciclo[2.2.2]ottano (DABCO), il tocoferolo e l‟acido ascorbico. I risultati ottenuti dimostrano come l‟aggiunta al terreno di agenti in grado di neutralizzare gli effetti indotti da specie radicaliche o di modulatori di enzimi responsabili dell‟inattivazione dei ROS porti ad una riduzione delle proprietà citotossiche del complesso {Cu[P(CH2OH)3]4}PF6, lasciando presagire che alla base del suo meccanismo d‟azione vi sia proprio un‟induzione della produzione di ROS all‟interno della cellula. Si è voluto quindi valutare il coinvolgimento di fenomeni di tipo ossidativo nel meccanismo d‟azione ed in particolare la produzione di ROS attraverso l‟impiego delle sonde fluorescenti H2DCFDA (2',7'-dichlorodihydrofluorescein diacetate) e DHR (dihydrorhodamine 123).E‟ apparso evidente, però, che non vi sono significative modificazioni nella produzione basale di ROS nelle cellule trattate con il complesso 1. Probabilmente questo risultato andrà riconfermato attraverso l‟impiego di altre metodiche per la valutazione della produzione di ROS, poiché la presenza di fosfine libere che possono essere parzialmente rilasciate dal complesso, potrebbero interferire con la determinazione da noi operata mediante sonde fluorimetriche. Studi di citometria a flusso svolti al fine di valutare un eventuale effetto promosso dal complesso in esame sulla distribuzione della popolazione cellulare nelle varie fasi del ciclo indicano che esso è in grado di indurre un elevato decremento tempo-dipendente della popolazione cellulare in fase G1 concomitante ad un incremento della fase G2/M, provocando, in tal modo, un arresto del ciclo cellulare in fase G2/M. Non vi sono, invece, sostanziali modificazioni della fase sub-G1, il cui incremento risulta caratteristico nelle cellule in apoptosi. Poiché i dati di citometria a flusso non permettono di discriminare tra la popolazione cellulare in fase G2 e quella in mitosi (fase M) per l‟eguale contenuto in DNA che le cellule posseggono in entrambe, abbiamo calcolato l‟indice mitotico delle cellule trattate con il complesso di Cu(I). I valori ottenuti attestano che il trattamento con il complesso 1 riduce notevolmente ed in maniera tempo dipendente il numero di cellule capaci di completare la mitosi, confermando, quindi, l‟ipostesi di un blocco del ciclo cellulare in fase G2. Inoltre è possibile osservare come {Cu[P(CH2OH)3]4}PF6 promuova nella popolazione cellulare un notevole aumento della complessità intracellulare (granulometria) come anche delle dimensioni. Studi di colorazione ematossilina-eosina confermano quanto verificato dagli studi di citometria, ovvero come cellule trattate con il complesso 1 presentino una forma nettamente rotondeggiante e dimensioni decisamente maggiori rispetto alle cellule di controllo, con presenza di una intensa vacuolizzazione citoplasmatica. Infine, poiché i mitocondri sono organelli coinvolti in vari pathways molecolari responsabili della regolazione della risposta cellulare, per meglio caratterizzare la sequenza di eventi coinvolti nel signaling della morte cellulare innescata col complesso 1, abbiamo verificato se vi fosse altrazione della funzionalità mitocondriale dopo trattamento con il complesso in esame. Al tal fine attraverso l‟utilizzo della sonda fluorescente TMRM (tetrametilrodamina metil-estere) mediante studi di citometria a flusso siamo andati a misurare eventuali variazioni del potenziale mitocondriale di membrana. Al contrario di quanto avviene in cellule in apoptosi, in cui si assiste ad una caduta del potenziale mitocondriale, il trattamento con il complesso di Cu(I) in esame induce una consistente iperpolarizzazione del potenziale mitocondriale. Tale iperpolarizzazione, inoltre, appare stabile fino alla fase finale del processo di morte cellulare impedendo, in tal modo, il rilascio di cictocromo c, come dimostrato da studi preliminari, e la conseguente attivazione della cascata apoptotica. Simili risultati sono stati ottenuti da altri autori impiegando diversi agenti citotossici in grado di bloccare il ciclo cellulare in fase G2/M. I parametri biochimici considerati e le caratteristiche morfologiche delle cellule trattate con il complesso {Cu[P(CH2OH)3]4}PF6 ci rimandano ad un caratteristico meccanismo di morte cellulare programmata (PCD) non apoptotico. 75 Un meccanismo di morte cellulare con progressione di eventi analoga a quella riscontrata con il complessi di rame(I) in esame è stato osservata da Clarke nel 1990 ed è stato definito dallo stesso autore come para-apoptotico del tipo 3B. Poiché uno dei principali problemi nella terapia chemioterapia è rappresentato dalla chemoresistenza, spesso associata ad un incremento di resistenza delle cellule neoplastiche all‟apoptosi, appare evidente come possa essere estremamente utile approfondire il meccanismo d‟azione di tali complessi di rame in grado di eludere i meccanismi di difesa delle cellule neoplastiche e di indurre una forma di morte cellulare programmata alternativa. Parte 3. Ruolo dei leganti ancillari nella interazione di complessi analoghi al cisplatino con nucleobasi modello - Bruno Longato Diego Montagner Negli ultimi 40 anni le interazioni di nucleobasi modello con ioni metallici sono state studiate in grande dettaglio, in particolare verso centri di platino(II) aventi ammine o diammine quali leganti ancillari.1 Recenti risultati relativi all‟interazione di nucleobasi (Schema 1) con complessi analoghi al Cisplatino stabilizzati da fosfine terziarie hanno dimostrato l‟importanza dei leganti ancillari nel determinare la nuclearità degli addotti metallo-biomolecola e/o il modo di coordinazione della nucleobase. NH 2 N(6)H2 (7) N (1)N N (3) N(9) Me 9-MeAd (3)N O O (7) N H(1)N N(1) H2N N (3) Me Me 1-MeCy N(9) 9-MeGua Schema 1 Per esempio, i complessi dinucleari cis-[L2Pt( -OH)]2X2 (X- = NO3; L= PMe3, PMe2Ph, PMePh2 e PPh3) deprotonano la 1-metilcitosina (1-MeCy) formando i complessi trinucleari cis[L2Pt{1-MeCy(-H)N3,N4}]33+, in cui la nucleobase si coordina a ponte tra i centri metallici attraverso gli atomi N(3) e N(4), quando L = PMe3 e PMe2Ph ma forma esclusivamente una specie mononucleare quando la fosfina è PPh3 (Figura 1). In questo caso, infatti, la citosina deprotonata agisce da legante monodentato e il metallo completa la sfera di coordinazione legando una seconda molecola di nucleobase attraverso N(3).2,3 Figura 1. Struttura del catione cis-[(PMe2Ph)2Pt{1-MeCy(-H)N3,N4}]33+ (sinistra) e del cis[(PPh3)2Pt{1-MeCy (-H)}(1-MeCy)]+ (destra) 76 + L H N Pt 9-MeAd DMSO; CH2Cl2 N N L Analogamente, la deprotonazione della 9-metiladenina forma le specie polinucleari cis-[L2Pt{9-MeAd(-H)N1,N6}]nn+ (n = 2, L = PMe3 e n = 3 con L = PMe2Ph e PMePh2)4-6 mentre la fosfina PPh3 stabilizza esclusivamente la specie mononucleare in cui l‟anione adeninato agisce da chelante attraverso gli atomi N(6) e N(7), come appare nello Schema 2.6 La fosfina PPh3 gioca un ruolo essenziale anche nella stabilizzazione di monoaddotti di 1-MeCy e 9-metilguanina (9-MeGu) in cui le nucleobasi agiscono da leganti neutri monodentati. Risultati Me precedentemente acquisiti avevano indicato che il nitrato complesso cisSchema 2 L2Pt(ONO2)2 (L = PMe3) nelle reazioni con un equivalente di queste nucleobasi formavano miscele di mono- e bis-addotti, cis2+ [L2Pt(nucleobase)] e cis-[L2Pt(nucleobase)2]2+, rispettivamente, in equilibrio con il dinitrato. Abbiamo ora dimostrato che la presenza dei leganti PPh3 stabilizza sufficientemente i monoaddotti cis-[L2Pt(nucleobase)]2+ da permettere la loro caratterizzazione come composti puri.7 Il complesso cis-(PPh3)2Pt(ONO2)2, (1a), la cui struttura ai raggi X è riportata in figura 4, per reazione con 1-MeCy e 9-MeGu, in rapporto molare 1:1, forma gli addotti cis-[(PPh3)2Pt(1MeCy)(ONO2)]NO3 (2a) e cis-[(PPh3)2Pt(9-MeGu)(ONO2)]NO3 (3a), rispettivamente. N N Figura 2. Struttura di cis-(PPh3)2Pt(ONO2)2 (1a) Le strutture di 2a e 3a, riportate nella figura 3, mostrano la coordinazione della nucleobase citosina attraverso l‟atomo N3 e della guanina all‟atomo N7. Figura 3 . Struttura di cis-[(PPh3)2Pt(1-MeCy)(ONO2)]+ (2a) MeGu)(ONO2)]+ (destra) (3a) 77 (sinistra) e di cis-[(PPh3)2Pt(9- La lunghezza del legame Pt-N3 (2.101(2) Å) in 2a è leggermente superiore a quella del legame Pt-N7 in 3a (2.075(5) Å) indicando che l‟azoto dell‟anello a 5 atomi può avvicinarsi maggiormente al centro metallico di quanto possa fare lo stesso atomo in un anello a 6. In entrambi i casi, le nucleobasi sono quasi ortogonali (ca 76°) al piano di coordinazione del metallo. Inoltre, uno dei gruppi fenilici della fosfina è orientato in modo da favorire interazioni intramolecolari di tipo (distanza fra i centroidi di ca 3.5 Å). Per reazione del complesso 1a con due equivalenti di nucleobase sono stati isolati i bisaddotti cis-[(PPh3)2Pt(1-MeCy)2](NO3)2 (4a) e cis-[(PPh3)2Pt(9-MeGu)2](NO3)2 (5a), dei quali non è stato possibile ottenere la caratterizzazione mediante raggi X. Tuttavia i corrispondenti derivati stabilizzati dalla fosfina PMePh2 (4b e 5b) possono essere facilmente preparati dal dinitrato cis(PMePh2)2Pt(ONO2)2, (1b) e le loro strutture sono riportate nella figura 4. Figura 4 . Struttura dei cationi cis-[(PMePh2)2Pt(1-MeCy)2]2+ (4b) (sinistra) e cis-[(PMePh2)2Pt(9MeGu)2]2+ (5b) (destra) Le basi, legate attraverso N3 e N7 in 4b e 5b, rispettivamente, sono disposte in una conformazione testa-coda. In 4b questa stereochimica permette la formazione di legami a idrogeno intermolecolari tra il gruppo esociclico NH2 e il carbonile della base adiacente. In entrambi i complessi sono presenti interazioni tipo - intramolecolari tra l‟anello di ogni base e un gruppo fenile della fosfina. In soluzione i bis-addotti isolati cis-[L2Pt(nucleobase)2]2+, mostrano equivalenza chimica delle due nucleobasi e la loro coordinazione al centro metallico determina uno spostamento a campi alti delle risonanze 31P NMR (rispetto al dinitrato) e una diminuzione dei valori di 1JPPt. Come esempio, in Figura 5 è riportato lo spettro 31P di una soluzione in DMSO-d6 ottenuta per dissoluzione di quantità equimolari di cis-(PMePh2)2Pt(NO3)2 e di 1-MeCy (oppure di una miscela di cis-(PMePh2)2Pt(NO3)2 e cis-[(PMePh2)2Pt(1-MeCy)2](NO3)2, in rapporto molare 1:1). Figura 5. Parte centrale dello spettro 31P 1H NMR di una miscela di 1b e 4b (rapporto molare 1:1) in DMSO-d6 78 Dei due doppietti AX (2JPP = 24.3 Hz) a –12.36 (1JPPt = 3934 Hz) e –3.54 (1JPPt = 3453 Hz) tipici del monoaddotto cis-[(PMePh2)2Pt(1-MeCy)]2+, il primo è attribuibile alla fosfina in trans al legante nitrato o, più probabilmente, a una molecola di solvente, il secondo alla fosfina trans alla nucleobase. I singoletti a –6.90 e – 11.13 (1JPPt = 3322 Hz) sono dovuti al dinitrato 1b e al bisaddotto 4b, rispettivamente. Per entrambe le nucleobasi studiate, i monoaddotti cis-[L2Pt(nucleobase)]2+ con L= PMePh2 sono in equilibrio con concentrazioni relativamente elevate dei bisaddotti cis-[L2Pt(nucleobase)2]2+ (e dinitrati) mentre con PPh3 la stabilità relativa dei monoaddotti è largamente aumentata. Per esempio nella soluzione di 2a (ca 0.1 M) in DMSO, la concentrazione del bis-addotto 4a in equilibrio è solo del 4%. E‟ da osservare infine che gli spettri NMR dei monoaddotti 2a e 2b appaiono dipendere dalla natura del solvente. 79 UNITA’ DI RICERCA DI PALERMO Direttore Scientifico: Prof. Lorenzo Pellerito Consuntivo della Unità locale di Palermo per l’anno 2007 L'attività scientifica dell‟unità locale di Palermo, come conseguenza della sua composizione, si è svolta nell‟ambito di quattro differenti tematiche di ricerca: 1. Sintesi, struttura allo stato solido ed in soluzione di complessi di ioni metallici ed organometallici con molecole presenti nei sistemi biologici, e loro attività citotossica in vitro ed in vivo. 2. Proprietà termodinamiche standard per la formazione di complessi. 3.Termodinamica di sistemi acquosi copolimero/tensioattivo convenzionale. 4. Indagini Archeometriche. 1. Sintesi, struttura allo stato solido ed in soluzione di complessi di ioni metallici ed organometallici con molecole presenti nei sistemi biologici, e loro attività citotossica in vitro ed in vivo Nell'ambito del progetto di ricerca proposto dall'unità di Palermo dal titolo "Nuovi complessi metallici ed organometallici con potenziale attività antiproliferativa: metodologie integrate di valutazione", l'attività di ricerca si è sviluppata lungo due diverse linee. La prima, preliminare al progetto, ha riguardato la sintesi, le indagini configurazionali allo stato solido ed in soluzione, mentre la seconda linea di ricerca ha riguardato l'attività citotossica di nuovi complessi metallici ed organometallici nei confronti di organismi modello. Sono stati sintetizzati e caratterizzati mediante spettroscopia FT-IR e Mössbauer complessi di diorganostagno(IV) con N-nitroso-N-fenilidrossoamminati (cupf), con formula Et2Sn(cupf)2 , Bu2Sn(cupf)2 , {[Bu2Sn(cupf)]2O}2 , t-Bu2Sn(cupf)2 e Oc2Sn(cupf)2. Le indagini FT-IR hanno permesso di avanzare ipotesi sulla coordinazione del legante che agisce nei confronti delle metà organostagno da legante chelante o a ponte. Le indagini strutturale condotte con spettroscopia 119Sn Mössbauer hanno permesso di avanzare l‟ipotesi di strutture ottaedriche trans-O, mentre l‟analisi ai raggi X del complesso t-Bu2Sn(cupf)2 ha evidenziato una struttura trapezoidale sghemba attorno all‟atomo di stagno definita dai 4 atomi donatori del legante cupferronato e due atomi di carbonio dei sostituente t-butilici legati all‟atomo di stagno(IV). Le indagini 119Sn NMR indicano infine che in soluzione I complessi mantengono la loro natura di complessi esacoordinati. Sono stati sintetizzati e caratterizzati sia allo stato solido che in soluzione nuovi complessi di organostagno(IV) con il sale disodico dell‟antibiotico fosfomicina. In particolare complessi di diorganostagno(IV) e triorganostagno(IV) sono stati sintetizzati e la loro configurazione allo stato solido indagata mediante cristallografia con raggi X, spettroscopia FT-IR e 119Sn Mössbauer . Le indagini condotte con diffrattometria e con dinamica reticolare di spettroscopia 119Sn Mössbauer a temperatura variabile, concernenti la struttura del bis[trimetilstagno(IV)]fosfomicina, hanno mostrato che il gruppo PO32- della fosfomicina coordina l‟atomo di stagno(IV) in una geometria trigonale bipiramidale in un insolito reticolo polimerico planare a zig-zag. Analoghi risultati sono stati ottenuti utilizzando indagini con FT-IR e con 119Sn Mössbauer per la formazione di strutture molecolari trigonali bipiramidali (Tbp), sia per i derivati diorganostagno(IV) che triorganostagno(IV), anche se nel caso dei diorganostagno(IV) derivati la struttura tetraedrica non può essere esclusa a priori. Sono stati inoltre indagati gli equilibri coinvolti nella coordinazione delle metà dimetilstagno(IV) e trimetilstagno(IV) da parte dello stesso antibiotico, in soluzione acquosa, utilizzando metodi potenziometrici ed UV-visibile, a forza ioni 0,1 M per NaClO4 ed alla temperatura di 25° C. E‟ stata evidenziata la presenza delle specie Me2SnLH+, Me2SnL, Me2SnL22−, Me2SnLOH− and Me2SnL(OH)22− (L = fosfomicinato2−) nel sistema dimetilstagno(IV)− fosfomicinato e delle specie Me3SnL e Me3SnLOH2− nel caso del sistem trimetilstagno(IV)fosfomicinato. Sono state inoltre valutati i diagrammi di speciazione dei vari complessi in funzione 81 del pH determinate le costanti di protonazione del fosfomicinato e le costanti di formazione dei complessi formatisi utilizzando diversi metodi computazionali. Indagini 119Sn Mössbauer in soluzione congelata hanno inoltre permesso di avanzare ipotesi strutturali per i diversi complessi in soluzione acquosa. Due nuovi complessi di diorganostagno(IV) con l'acido N-acetil-neuraminico, con formula R2Sn(IV)NANA (R = Me, Bu) sono stati sintetizzati e caratterizzati con spettroscopia 1H, 13C e 119 Sn NMR, sia in soluzione di D2O che DMSO-d6. I dati sperimentali in DMSO suggeriscono che il monosaccaride si comporti da chelante bidentate via gli atomi O1 del carbossilato e O2 dell'alcossido vicinale, che, in D2O,può essere esteso in modo dinamico ad un terzo sito di legame (l'atomo O8) della catena pendente. La coordinazione sull'atomo di stagno è stata inoltre discussa non solo sulle basi dei dati NMR sperimentali ma anche sulle basi di calcoli DFT. Nell‟ambito delle indagini concernenti l‟attività citotossica di derivati metallici ed organometallici su modelli biologici, particolare attenzione è stata rivolta all‟interferenza di derivati organostagno su cellule di piante vascolari, in particolare su Allium cepa, Solanun tuberosum and Solanum melongena, che sono piante vascolari coinvolti in maniera diretta nell‟alimetazione degli essere umani. Sono stati investigati gli effetti del TBTCl su metafasi mitotiche, polline, microtubi e cellule parenchimatiche di tuberi. In particolare è stata determinata la concentrazione del TBTCl all‟interno delle cellule parenchimatiche trattate con soluzioni di TBTCl, mediante ICP-m. Sono stati inoltre determinati i contenuti di ossigeno e clorofilla cellulari consequenziali all‟esposizione delle cellule all‟azione dell‟organostagno. I risultati ottenuti mostrano che TBTCl influenza non solo la morfologia ma anche la fisiologia delle cellule vegetali poiché, malgrado la bassa concentrazione di TBTCl utilizzata, le cellule sono state sottoposte a notevole stress. Inoltre l‟aumento della concentrazione di TBTCl nelle cellule con l‟aumentare del tempo di incubazione, mostra che TBTCl possiede una elevata capacità di essere bioaccumulato e pertanto di costituire un serio rischio per la sua capacità di entrare nella catena alimentare. 2. Proprietà termodinamiche standard per la formazione di complessi L‟attività scientifica svolta nell‟anno 2007 è stata indirizzata allo studio degli equilibri chimici che si istaurano in sistemi complessi metallici e organometallici di interesse ambientale e biologico. In particolare: a) è stato studiato il comportamento acido base della s-carbossimetil-L-cisteina (carbocisteina) noto farmaco utilizzato nelle affezioni dell‟apparato respiratorio, al fine di valutare la capacità di scambio protonico e il tipo di siti leganti coinvolti nella coordinazione. Sono stati determinati i parametri di interazione specifica e i coefficienti di attività della carbocisteina in mezzo acquoso NaCl. Un successivo lavoro sulla complessazione di questo legante con diorgano e triorgano derivati dello stagno in differenti mezzi ionici e a diverse forze ioniche è stato inviato per la pubblicazione sulla rivista ISI Chemical Speciation and Bioavailability. b) E‟ stata definita quantitativamente la capacità sequestrante di leganti policarbossilici ad alto peso molecolare di sintesi (poliacrilati) e di origine naturale (acido alginico) nei confronti del monometilmercurio, al fine di valutare il ruolo di molecole policarbossilate sui processi di detossificazione negli ecosistemi acquatici naturali. c) E‟ stato completato lo studio termodinamico sulla interazione di composti di mono-, di- e triorgano stagno(IV) con leganti policarbossilati a basso peso molecolare contenenti da 1 a 6 gruppi carbossilici per molecola. Il completamento dello studio ha consentito di trarre indicazioni sui parametri termodinamici di interazione e di formulare relazioni predittive sul comportamento della classe di leganti carbossilici. d) Sulla base dell‟esperienza acquisita sullo studio dei complessi deboli è stata pubblicata una review nella quale sono stati raccolti i risultati sulla stabilità di complessi di metalli alcalini e alcalino-terrosi con leganti organici e inorganici in soluzione acquosa. e) Nell‟ambito della collaborazione con il gruppo del Prof. Orecchio sono stati effettuati studi di biomonitoraggio ambientale sul contenuto di IPA nei fanghi dell‟isola di Vulcano. 82 3. Termodinamica di sistemi acquosi copolimero/tensioattivo convenzionale L‟attività scientifica svolta si è basata per la maggior parte su studi termodinamici e strutturali di sistemi acquosi di tensioattivi e macromolecole. La tecnica termodinamica è particolarmente appropriata per detti sistemi poiché fornisce informazioni univoche a livello molecolare essendo molto sensibile alle interazioni idrofobe e idrofile. Quali macromolecole sono stati studiati alcuni copolimeri tri-blocchi e ciclodestrine. I primi sono polimeri non ionici che presentano due blocchi idrofili e uno idrofobo e, grazie alla loro struttura, danno luogo alla formazione di aggregati micellari. Le ciclodestrine sono oligosaccaridi ciclici costituiti da un numero variabile di unità -Dglucopiranosidiche le quali possono includere nella cavità idrofoba molecole di natura diversa mediante interazioni non covalenti. Lo studio di detti sistemi ha avuto l‟obiettivo di progettare nuove miscele solventi efficaci nei processi di estrazione e solubilizzazione sia in fase bulk che all'interfaccia solido/liquido, liquido/aria, ecc. E‟ noto che la classe di sostanze più idonee nei processi di solubilizzazione è costituita dai tensioattivi i quali sono capaci di auto-organizzarsi in micelle oppure di adsorbirsi su vari tipi di interfaccia (liquido/liquido, solido/liquido e liquido/aria). Un mezzo solvente diverso dagli aggregati micellari può essere rappresentato dalle ciclodestrine. I tensioattivi e le ciclodestrine, pertanto, possono essere efficaci in problematiche attuali come quella del recupero di bacini acquiferi contaminati da fasi liquide non acquose (NAPLs). Una delle tecniche adoperate è la surfactant-enhanced aquifer remediation la quale impiega soluzioni di tensioattivo per la rimozione di NAPLs. Infatti, il ruolo giocato dalle molecole anfifile è duplice in quanto si adsorbono all‟interfaccia solido/liquido competendo con il contaminante nel processo di adsorbimento e formano aggregati micellari con elevate affinità per soluti idrofobi. Sebbene il potere solubilizzante delle soluzioni micellari sia maggiore di quello delle ciclodestrine, è stato recentemente mostrato che queste ultime sono ottimi mezzi chimici per il recupero del sottosuolo. L‟impossibilità di scegliere a priori il mezzo solvente più adatto a ottimizzare il processo di solubilizzazione rende necessario effettuare studi sistematici mirati a progettare sistemi e verificarne le potenzialità nelle specifiche applicazioni. Pertanto, la ricerca effettuata è stata indirizzata a una nuova classe di tensioattivi polimerici, i.e. i copolimeri a blocchi caratterizzati da segmenti di idrofobia differente, e loro miscele con tensioattivi convenzionali. Il duplice carattere polimerico e tensioattivo suggerisce che gli aggregati molecolari possano manifestare effetti sinergici nel processo di solubilizzazione o stabilizzazione i quali possono essere amplificati in presenza di un tensioattivo convenzionale. Il potere solubilizzante di detti sistemi è stato analizzato mediante diverse tecniche complementari. E‟ stato, infine, studiato il ruolo di anfifili (copolimero e tensioattivo) sulla stabilità di sospensioni acquose e nella progettazione di nanocompositi. Altri studi hanno interessato sistemi acquosi formati da ciclodestrine e molecole di interesse biologico e tensioattivi macromolecolari e si sono focalizzati sulle ciclodestrine modificate le quali sono più solubili delle corrispondenti naturali. E‟ stata dimostrata la potenzialità delle soluzioni acquose di ciclodestrine nella rimozione di un contaminante adsorbito su un substrato solido. 4. Indagini Archeometriche Nel campo delle indagini archeometriche è di primaria importanza l‟uso di tecniche non invasive. I neutroni, da questo punto di vista sono una sonda ideale, data la loro notevole penetrabilità e l‟esistenza di una serie di infrastrutture di ricerca di grande prestigio in Europa. Quanto qui presentato è da considerarsi in stretto collegamento con quanto presentato nello scorso rapporto informativo. In particolare, nel 2007, ci siamo interessati all‟applicazione della Tomografia Neutronica (NT) a legni degradati e a marmi, oltre a continuare le indagini su reperti recuperati da navi affondate e gentilmente forniti dalla Soprintendenza del Mare della Regione Sicilia. Le indagini sui legni avevano lo scopo primario di mettere a punto una base sistematica di indagine che confermasse la possibilità di usare la tecnica NT sia per seguire la dinamica di migrazione delle soluzioni impregnanti che per ottimizzare le tecniche già note. Le indagini sui marmi avevano lo scopo di creare un database di dati strutturali mesoscopici su materiali lapidei di interesse archeologico, in particolare marmi. 83 In figura 1 viene mostrata la ricostruzione tomografica di un campione di legno sottoposto ad un trattamento di conservazione. I coefficienti di attenuazione della soluzione impregnante (rosso) e del legno sono mostrati nelle due immagini di sinistra, mentre l‟immagine di destra mostra la stima del volume occupato dalla soluzione impregnante. Figura 1 La figura 2 a lato mostra una ricostruzione tomografica di un campione trattato in maniera simile. L‟estrazione dei vari componenti è chiaramente indicata. Per quel che riguarda l‟applicazione di NT a materiali lapidei, la figura 3 mostra i risultati ottenuti nel caso di un marmo policromatico proveniente da Villa Adriana (Tivoli, Roma). La figura mostra la ricostruzione 3D della distribuzione dei 3 componenti che costituisco il reperto la cui composizione è riportata nella tabella 1. Figura 3 : L‟immagine a destra è una foto del campione esaminato. 84 Tabella 1 Fase, No. 1 2 3 Coeff. di Attenuazione 0.50-0.80 0.80-1.10 1.10-1.50 (cm-1) Frazione di Volume % 40 58 2 Infine, per quel che riguarda i reperti forniti dalla Soprintendenza del Mare, la figura 4 mostra la ricostruzione di un oggetto (chiodo) fortemente concrezionato. Le immagini mostrano l‟importanza della tecnica tomografica. Figura 4 Oltre alla linea esposta nella parte precedente, ci siamo anche interessati di applicazioni di tecniche neutroniche per indagini di struttura della materia e di tecniche computazionali a supporto dello studio sperimentale. 85 UNITA’ DI RICERCA DI PARMA Direttore Scientifico: Prof.ssa Marisa Ferrari Belicchi Sono di seguito descritti i risultati ottenuti nell‟anno 2007 relativamente alle varie tematiche di ricerca. Complessi di Cu(II) a potenziale attività antitumorale. Al fine di ottenere complessi di rame analoghi al composto citotossico A0 (2), e potenzialmente utili per comprenderne la relazione tra attività e struttura, tre nuovi leganti sono stati sintetizzati (3,5,7), schema 1. I relativi complessi di rame(II) (4,6,8) sono stati strutturalmente caratterizzati e per ognuno di essi sono state ottenute le costanti di stabilità. In ambiente acquoso il complesso (4) si è dimostrato meno stabile del complesso (6) a sua volta meno stabile di A0. Per il complesso (8) non è stato possibile determinare la costante di stabilità a causa della sua insolubilità in mezzo acquoso. Schema 1 L‟attività citotossica dei complessi (4) e (6) è stata testata sulla linea cellulare HT1080, derivata da un fibrosarcoma umano. Le concentrazioni in grado di inibire il 50% della crescita cellulare (IC50) risultavano essere 100 e 68 µM per (4) e (6) rispettivamente, valori nettamente superiori a quelli già ottenuti per A0 nello stesso modello (12 µM). Questi risultati indicano che il gruppo tioamidico, in A0 coordinante il centro metallico, è almeno in parte responsabile dell‟attività del complesso. Nonostante i complessi analoghi di A0 neosintetizzati, si siano dimostrati meno potenti di quest‟ultimo nell‟indurre morte cellulare è da notare il fatto che anch‟essi, seppur a concentrazioni più elevate, inducono lo stesso tipo di morte cellulare. E‟ possibile osservare nella morfologia delle cellule trattate la presenza della vacuolizzazione citoplasmatica caratteristica della paraptosi. Al fine di approfondire il meccanismo di azione di questa tipologia di complessi è stato analizzato il contenuto di rame accumulato dalle cellule in seguito a trattamento con A0 (25 µM) mediante ICPAES (spettroscopia ad emissione atomica). Un primo esperimento volto a valutare la cinetica di accumulo in cellule HT1080 ha dimostrato come A0 induca un progressivo aumento del pool intracellulare di rame che raggiunge dopo 12 ore di incubazione livelli circa mille volte superiori a quelli di controllo misurati in cellule non trattate, Figura 1. 87 tempo d’incubazione (ore) Figura 1. Partendo da tale risultato ci si è interrogati sulla relazione tra la quantità di rame accumulato e la sensibilità ad A0. Tra i diversi modelli cellulari umani su cui era stata precedentemente valutata l‟attività di A0, sono state scelte oltre alle HT1080, due linee tumorali, una derivante da un carcinoma della cervice (HeLa) la cui sensibilità ad A0 era comparabile a quella delle HT1080 (IC50=16µM), l‟altra derivante da un liposarcoma (SW872) risultata insensibile (IC50>50 µM). Al gruppo sono stati inoltre aggiunti fibroblasti ottenuti da derma (HF), un modello cellulare “normale” insensibile agli effetti di A0. I risultati ottenuti (Figura 2) mostrano grandi differenze nella “capacità” di accumulo di rame da parte dei diversi tipi cellulari, sia in seguito a trattamento con A0 (barre nere) che con rame inorganico (CuCl2) alla stessa concentrazione (barre bianche). I livelli di rame relativi alle cellule di controllo, alle SW872 e HF trattate con CuCl2, sono risultati essere inferiori al limite di rilevabilità della metodica (nd). Figura 2 Una chiara relazione lega dunque la sensibilità ad A0 alla quantità di rame accumulato dentro alle cellule; ciò suggerisce che alterazioni nei meccanismi di influsso/efflusso del metallo possano modulare la risposta ad A0. L‟elevata concentrazione di rame raggiunta nelle cellule sensibili ad A0 (circa 5mM per le HT1080 dopo 9 ore di trattamento) ci ha indotto a valutare se A0 inducesse stress ossidativo. Il principale antiossidante non enzimatico presente nei vari compartimenti cellulari è il glutatione. La determinazione del contenuto cellulare di glutatione nella forma ridotta GSH e nella forma ossidata GSSG è stata effettuata mediante saggio biochimico Figura 3. I risultati ottenuti in cellule HT1080 trattate con A0 dimostrano che l‟incubazione con il complesso induce un incremento della forma ossidata GSSG. Tale incremento segue una cinetica (saggio biochimico) parallela a quella già osservata per il contenuto di rame nelle stesse cellule e condizioni di trattamento. 88 Lo sbilanciamento dell‟equilibrio tra GSSG e GSH riscontrato nelle cellule trattate con A0 è una prova dello stress ossidativo cui le cellule vanno incontro in seguito a trattamento con A0 e conseguente accumulo di rame. Figura 3. Saggio biochimico. Metallacrown in soluzione acquosa: formazione e reattività verso specie anioniche. I metallacrown sono complessi metallamacrociclici ottenuti per self-assembly di acidi amminoidrossammici e ioni metallici di transizione, e sono gli analoghi inorganici degli eteri corona. In questi complessi le unità metileniche degli eteri corona vengono sostituite da sistemi di coordinazione metallo-eteroatomo. In letteratura, numerosi 12-metallacrown-4 sono stati sintetizzati e caratterizzati allo stato solido utilizzando acidi β-amminoidrossammici e Cu2+ (Schema 1, a). I 15MC-5, al contrario, sono stati isolati impiegando acidi α-amminoidrossammici, Cu2+ o Ni2+ e lantanidi(III) (Schema 1, b). In questi ultimi complessi, la cavità centrale è occupata da uno ione lantanide coordinato sul piano da cinque atomi di ossigeno. Come dimostrato da studi riportati in letteratura, l‟analogia fra crown e metallacrown è di tipo strutturale ma non funzionale (non è possibile rimuovere selettivamente il metallo dalla cavità centrale senza provocare la distruzione dell‟intero assembly molecolare). 2+ H 2N O NH 2 Cu O O Cu O N O H 2N Cu N N O n+ O Cu NH 2 O N Cu O NH 2 (a) {Cu[Cu4L4H-4]}2+ O N Cu O O M N NH 2 Cu N O O Cu O N NH 2 Cu O N Cu O O NH 2 (b) NH 2 Schema 1. Rappresentazione di un 12-MC-4 (sinistra) e di un 15-MC-5 (destra) di Cu2+ (Mn+ = Ln3+, Ca2+, UO22+). {M[Cu5L5H-5]}n+ Una prima linea di ricerca ha avuto come obiettivo lo studio degli equilibri di formazione dei complessi di Ni2+ con acido (S)-α-alaninaidrossammico (α-Alaha) in soluzione acquosa, al fine di verificare l‟eventuale formazione di 12-metallacrown-4 analoghi a quelli formati dallo stesso legante con Cu2+. Questo studio è stato condotto tramite titolazioni potenziometriche con elettrodo a vetro e spettrometria di massa con interfaccia elettrospray. 89 Il modello di speciazione ottenuto per il sistema Ni2+ / α-Alaha è costituito da 5 complessi: [NiL]+, [NiL2], [NiL2H-1]-, [Ni5L4H-4]2+ e [Ni5L5H-5]. Le prime 3 specie si riferiscono a complessi mononucleari già riportati in letteratura per questo stesso sistema, mentre le altre 2 specie polinucleari corrispondono a due metallacrown. Per la specie [Ni5L4H-4]2+ è stata proposta una struttura 12-MC-4 analoga a quella dell‟analogo complesso di Cu2+, ossia una struttura non planare avente una conformazione a coppa. La stabilità di [Ni5L4H-4]2+ (log β = 15.40) è nettamente inferiore a quella dell‟analogo complesso [Cu5L4H-4]2+ (log β = 40.16). Il complesso [Ni5L5H-5] non era stato invece osservato per lo stesso legante con Cu2+, e la sua stechiometria corrisponde ad un 15-metallacrown-5 (Schema 1b, Ni2+ al posto di Cu2+) senza alcuno ione incapsulato nella cavità. La presenza di questa specie è stata osservata mediante spettroscopia ESI-MS, identificando un picco corrispondente a [Ni5L5H-5]K+. La struttura che si propone per questo complesso è pertanto quella di un 15-MC-5, sebbene la presenza di elevate concentrazioni di K+ nelle soluzioni studiate per via potenziometrica (I = 0.1 M (KCl)) abbia impedito di definire la effettiva presenza del catione K+ all‟interno della cavità. Tale presenza è tuttavia suggerita dal dato ESI e dalle dimensioni della cavità del metallacrown simili a quelle del catione. Una seconda linea di ricerca ha avuto come obiettivo quello di dimostrare la possibilità di coordinazione di anioni agli ioni metallici dei 15-MC-5 in soluzione acquosa. Infatti la coordinazione di anioni (nitrati, carbossilati) al metallo centrale è già stata verificata allo stato solido, come nel caso del complesso {Eu[Cu5L5H-5](OH)(NO3)}(NO3).8H2O (HL = acido (S)-αalaninaidrossammico), la cui struttura mostra Figura 1. Struttura allo stato solido del [15]MC-5 {Eu[Cu5L5H-5](OH)(NO3)}(NO3).8H2O che i residui benzilici dei cinque leganti si trovano tutti dalla stessa parte del piano del metallacrown a formare una tasca idrofobica (Figura 1). Lo ione Eu3+ si trova incapsulato all‟interno della cavità centrale del metallacrown ed è coordinato sul piano da cinque atomi di ossigeno appartenenti ai gruppi idrossammici. La coordinazione dell‟Eu3+ è completata da uno ione nitrato bidentato chelato e da uno ione OH-. Lo studio della interazione MC-carbossilato è stato condotto utilizzando un carbossilato fluorescente, la Cumarina 343 (Schema 2). L‟interazione con il metallacrown è stata dimostrata mediante una titolazione seguita con tecniche fluorimetriche e di assorbimento nel visibile. Lo spegnimento della fluorescenza della Cumarina 343 è consistente con la formazione di un addotto 1:1 (Figura 2a). N O O O O Schema 2. Cumarina 343 in forma deprotonata 90 Questi risultati hanno suggerito la possibilità di utilizzare l‟addotto metallacrown-Cumarina come sensore per ioni carbossilato non fluorescenti quale lo ione acetato. La titolazione di una soluzione dell‟addotto con una soluzione di acetato risulta in una parziale riaccensione della luminescenza dell‟indicatore (Figura 2b). 5 6x10 2.4x10 15-MC-5/Cou + AcO = 15-MC-5/AcO + Cou - 15-MC-5 + Cou = 15-MC-5/Cou 2.0x10 - 5 5 4x10 Intensità (u.a.) Intensità (u.a.) 5 - 5 5x10 5 3x10 5 2x10 5 1.2x10 8.0x10 4.0x10 1x10 5 5 4 4 0.0 0 400 1.6x10 450 500 550 600 650 700 750 800 400 450 500 550 600 650 700 750 800 Lunghezza d'onda (nm) Lunghezza d'onda (nm) (a) (b) Figura 2. (a) Spettro di fluorescenza della Cumarina 343 (Cou-) a concentrazioni crescenti di crown. (b) Incremento di fluorescenza dell‟indicatore per aggiunta di acetato. Studi su complessi di tiosemicarbazoni di rame e nichelio e valutazione della loro attività biologica . Recentemente, nell‟ambito del tema di ricerca riguardante lo studio di complessi di nichelio e di rame con tiosemicarbazoni, sono stati approfonditi gli studi in vitro sui meccanismi di azione che stanno alla base dell‟attività biologica esplicata dal complesso di Ni(II) con il tiosemicarbazone del citronellale ([Ni(tcitr)2]) sulla linea cellulare leucemica umana U937. Cercando di individuare il percorso seguito dall‟entità complessa all‟interno di cellule umane, è stato verificato, mediante la versione alcalina del saggio COMET, che il composto causa un danno significativo su cellule proliferanti (linea cellulare di linfoma istiocitico U937) a concentrazioni che non interferiscono con cellule sane (leucociti freschi) in G0 e che invece induce arresto del ciclo cellulare ed apoptosi su cellule p-53 mutate (linee U937 e CEM). O S N N H N H N EtMorfHtcitr H Per verificare l‟effetto biologico cooperativo di due diverse specie chimiche abbiamo modificato il tiosemicarbazone del citronellale (Htcitr) inserendovi come sostituente sull‟azoto amminico terminale il radicale etilmorfolinico, scelto perché sono disponibili molti lavori sulle proprietà biologiche della morfolina e di suoi derivati. Abbiamo inoltre sintetizzato i relativi complessi di rame e di nichelio facendo reagire Ni(Ac)2 o Cu(Ac)2 in MeOH con il legante (EtMorfHtcitr) in rapporto molare 1:2. I cristalli isolati, caratterizzati mediante diffrazione ai raggi X, sono risultati isomorfi ([Cu(EtMorf-tcitr)2] e [Ni(EtMorf-tcitr)2]). Lo ione metallico giace su un centro di simmetria e coordina due molecole di legante SN bidentato nella sua forma monodeprotonata. La geometria di coordinazione è quadrata planare. 91 [Cu(EtMorf-tcitr)2] [Bis(N4-etilmorfolina citronellal tiosemicarbazonato)rame(II)] L‟identico intorno dell‟atomo centrale ci ha permesso anche di verificare l‟influenza dei diversi metalli sull‟inibizione della proliferazione cellulare ed induzione di apoptosi e di valutare il potenziale genotossico ed il conseguente danno al DNA. La variazione del motivo strutturale del legante Htcitr, conseguente all‟introduzione del radicale etilmorfolino, ha modulato positivamente l‟attività biologica nei complessi di rame, mentre non ha causato differenze nella citotossicità nei complessi di nichelio. La presenza dell‟anello morfolinico abbassa però in questi ultimi la genotossicità (LED: lowest effective dose 10 vs 20 mM). I dati riguardanti lo stesso legante coordinato ad un diverso ione metallico (Cu o Ni) mostrano che soltanto Ni dà origine a molecole attive verso il DNA (genotossicità) su cellule in ciclo (U937): U937 15 15 10 10 TI increase TI increase Leukocytes 5 0 5 0 0.1 1 10 100 0.1 1 M [Ni(EtMorf-tcitr)2] [Ni(tcitr)2] [Ni(EtMorf-tcitr)2] 100 [Ni(tcitr)2] U937 Leukocytes 15 15 10 10 TI increase TI increase 10 M 5 0 5 0 0.1 1 [Ni(EtMorf-tcitr)2] 10 100 0.1 [Cu(EtMorf-tcitr)2] 1 [Ni(EtMorf-tcitr)2] 92 10 100 [Cu(EtMorf-tcitr)2] Per quanto riguarda la citotossicità dei vari composti il derivato di nichelio con il tiosemicarbazone del citronellale non sostituito è più attivo ( infatti [Cu(tcitr)2] non induce apoptosi), mentre tra quelli con l‟etilmorfolintiosemicarbazone del citronellale il complesso di rame prevale sul derivato del nichelio agendo a concentrazione più bassa e inducendo apoptosi precoce. 4h 8h 12h 24h control [Ni(EtMorf-tcitr)2] 18.55µM [Cu(EtMorf-tcitr)2] 10µM control [Ni(EtMorf-tcitr)2] 18.55µM [Ni(tcitr)2] 14.4µM Sono in corso esperimenti per approfondire come le modificazioni chimiche introdotte possano determinare differenti meccanismi di azione per l‟attività biologica. In parallelo sono stati fatti studi su tiosemicarbazoni eterociclici opportunamente sostituiti e sui relativi complessi di rame per valutare l‟influenza dei sostituenti sull‟intorno di coordinazione del metallo e sulla capacità di legarsi al DNA. In particolare, poichè in precedenza avevamo rilevato che i complessi con il tiosemicarbazone del 5-formiluracile presentano un‟apprezzabile attività biologica, sono stati sintetizzati e caratterizzati quattro tiosemicarbazoni del 5-formiluracile con 93 sostituenti, che presentano un differente carattere liofilo, sull‟atomo di azoto amminico della catena tiosemicarbazidica. R H R N H N N S NH O N H Composti CH3-CH2- Et-H3ut (1) CH2=CH-CH2- Allyl-H3ut (2) Ph-H3ut (3) MePh-H3ut (4) O Trattando questi nuovi leganti con il cloruro ed il nitrato di rame(II) sono state ottenute le due rispettive serie di complessi mononucleari che sono state successivamente caratterizzate con diverse tecniche analitiche e spettroscopiche. Misure di conducibilità hanno messo in evidenza la natura delle entità complesse isolate: quelle contenenti lo ione cloruro sono molecolari, mentre quelle con lo ione nitrato sono saline. Inoltre i risultati dell‟analisi termogravimetrica relativi ai derivati con lo ione nitrato hanno mostrato la presenza di due molecole di acqua strettamente legate al centro metallico. Sulla base di questi risultati i complessi molecolari sono formulabili come [Cu(RH3ut)Cl2]; in essi l‟atomo di rame è pentacoordinato per mezzo degli atomi SNO donatori del legante e di due atomi di cloro. I complessi che contengono lo ione nitrato sono invece formati da monocationi complessi ed anioni nitrato, rispondono ad una formula generale del tipo [Cu(RH3ut)NO3(OH2)2]NO3 e la coordinazione (4+2) attorno all‟atomo di rame implica gli atomi donatori del legante chelante SNO tridentato, due atomi di ossigeno di due molecole di acqua e l‟ossigeno di un gruppo nitrato monodentato. O - O H + H N N N Cl S N O H N N HN + S O N Cu O H OH2 H2O HN NH O N H O Cu Cl A parità di controione, il variare del carattere lipofilo del sostituente sulla catena tiosemicarbazidica non determina né la variazione della natura chimica dei complessi né la modificazione sostanziale dell‟intorno di coordinazione. Per quantificare la capacità di questi composti di legarsi al DNA in soluzione acquosa è stata avviata un‟analisi spettroscopica UV-visibile con CT-DNA. Le costanti di affinità per i leganti 1, 2, 3 and 4 sono rispettivamente 2.1 × 103, 1.0 × 103, 2.9 × 102, 5.6 × 103 M-1 e quelle per i complessi [Cu(EtH3ut)NO3(OH2)2]NO3·2H2O (5), [Cu(Allyl-H3ut)NO3(OH2)2]NO3·2H2O (7), [Cu(PhH3ut)(NO3)(OH2)2]NO3 (9), [Cu(MePh-H3ut)(NO3)(OH2)2]NO3.3H2O (11) sono rispettivamente 2.5 × 102, 5.9 × 102, 2.3 × 101, 2.3 × 103 M-1. In Figura è rappresentato il grafico da cui si possono ricavare le Kb che riporta il rapporto [DNA]/( εA – εf) in funzione della concentrazione di DNA per le titolazioni dei complessi studiati. 94 [CT-DNA]/| A- F | x 108 Grafico del rapporto [DNA]/( εA – εf) vs [CT-DNA] per le titolazioni dei complessi studiati con CTDNA in tampone 50 mM NaCl/5 mM Tris, a pH 7.2 e 25 °C 15 25 35 45 55 65 75 85 [CT-DNA] x 105 / M b. p. 5 7 9 11 Tutti i valori di Kb ottenuti, più bassi di quelli osservati per classici intercalanti tipici del DNA, indicano che i nuovi composti hanno una minor affinità di legame, come peraltro già notato per complessi di rame (II) con leganti macrociclici. Inoltre i valori di Kb di questi nuovi complessi metallici risultano minori di quelli mostrati da analoghi complessi, da noi precedentemente studiati, in cui i sostituenti sulla catena laterale del tiosemicarbazone del formiluracile erano meno ingombranti. Poiché con la complessazione dei leganti 1-4 non si osservano significativi aumenti di Kb i valori della costante possono probabilmente essere correlati al ruolo giocato dal legante nell’interazione con il DNA. Il gruppo terminale NH sembra avere un’importante funzione nel processo di legame al DNA: all’aumentare dell’ingombro sterico dei sostituenti, l’associazione all’acido nucleico via legami di idrogeno diventa più debole. Ciò trova conferma nei trascurabili effetti ipocromici e batocromici osservati negli spettri UV. (Evidenti spostamenti sono generalmente attribuiti a intercalazione e implicano una forte interazione di “stacking” fra cromofori aromatici e le basi del DNA). E’ stata verificata anche l’attività nucleasica mediante saggi elettroforetici usando il DNA circolare di plasmide pBR322. I risultati hanno mostrato che a concentrazioni millimolari per tutti i complessi era predominante la forma superavvolta del DNA seguita da una piccola quantità della forma circolare aperta. Quindi non c’è significativa rottura del DNA plasmidico dovuta a stress ossidativi o idrolisi di esteri fosforici. 95 UNITA’ DI RICERCA DI PAVIA Direttore Scientifico: Prof. Luigi Casella Gruppo di Ricerca del Prof. Luigi Casella Studi su Metalloproteine e loro Modelli Lo sviluppo degli studi di modificazione chimica delle eme proteine è stato esteso al membro più recentemente acquisito di questa famiglia di proteine, la neuroglobina umana, che viene espressa nei tessuti nervosi ma la cui funzione fisiologica è al momento ignota. Questa proteina contiene un eme esacoordinato e una coppia di residui di cisteina che possono formare un ponte disolfuro. La forma prevalente della proteina in vivo dipende in effetti dallo stato redox della cellula, ed è interessante notare che la reattività della proteina è condizionata in buona misura dalla presenza o meno del ponte disolfuro. Nel corso del nostro lavoro è stata studiata l‟attività ossidativa e nitrativa delle due forme della neuroglobina in presenza di perossido di idrogeno e nitrito verso substrati esterni o residui amminoacidici endogeni. Lo studio ha mostrato un‟attività nitrante sorprendentemente elevata per la proteina, che in assenza di substrati esterni si indirizza verso residui di tirosina e ovviamente di cisteina (che vengono ossidati ad acidi solfinici e solfonici). Le modificazioni endogene sono state caratterizzate con tecniche HPLC-MS/MS sui frammenti peptidici risultanti da proteolisi controllata della proteina. Un studio termodinamico sui mutanti sito-specifici della mioglobina svolto in collaborazione con il gruppo del prof. Sola dell‟università di Modena ha mostrato una quasi perfetta compensazione dei parametri entalpico ed entropico nel processo di riduzione del gruppo eme nella serie di proteine, con un effetto modesto da parte delle mutazioni introdotte. Dato che i mutanti esibiscono un aumento di attività perossidasica rispetto alla proteina nativa, questo risultato indica che l‟aumento di attività pseudo-enzimatica non è dovuto a variazioni delle proprietà redox del centro eme ma ad effetti conformazionali che consentono una migliore disposizione del substrato nel sito attivo. Si sono proseguiti studi sui modelli di eme enzimi basati su complessi ferroporfirinici sintetici e in particolare lo studio si è focalizzato su tre linee di ricerca, indirizzate rispettivamente verso sistemi biomimetici per le perossidasi, per il legame reversibile di NO e CO, e per il centro eterobinucleare eme/rame presente nella citocromo c ossidasi. Le ferroporfirine modificate con l‟attacco di catene polari contenenti gruppi carichi positivamente alle catene laterali propioniche dell‟eme b mostrano in effetti un incremento notevole di attivià perossidasica, che in alcuni casi avvicinano quelle degli enzimi, in termini di efficienza catalitica. Naturalmente la stabilità chimica limitata dei complessi in presenza di ossidanti quali perossido di idrogeno non consente di supportare l‟attività per tempi apprezzabilmente lunghi e questo costituisce i limite attuale alle potenziali applicazioni di questi catalizzatori. Lo studio del legame di NO e CO è stato condotto su complessi ferroporfirinici contenenti un braccio recante un residuo istidinico il cui gruppo imidazolico si coordina all‟atomo di ferro. Si è trovato che il legame di NO è più debole nel complesso in cui il gruppo imidazolico è legato più fortemente, mentre un effetto opposto controlla il legame del CO. Infine i complessi eme-rame sono stati studiati prevalentemente a bassa temperatura per caratterizzare gli addotti Fe(II)/Cu(I)-O2 e Fe(III)/Cu(II)-O22- (oppure Fe(III)/Cu(II)-OOH) generati rispettivamente dalle forme ridotte per reazione con ossigeno molecolare e delle forme ossidate con perossido di idrogeno. Questi addotti hanno caratteristiche spettroscopiche differenti ma in entrambi i casi mostrerebbero una partecipazione dell‟atomo di Cu alla coordinazione del residuo diossigenato. La presenza del rame incrementa anche l‟attività catalitica pseudo-perossidasica dei complessi, che è stata studiata per la prima volta su sistemi di questo tipo. 97 Nel campo dei rame enzimi è stato condotto uno studio sulla reattività dei chinoni generati dalla tirosinasi per ossidazione del 3-fluorofenolo sui residui amminoacidici di una proteina target quale la mioglobina. Lo scopo di questo studio è preliminare all‟analisi che verrà condotta in seguito sugli effetti tossici dei chinoni generati dalla dopammina nei neuroni dopamminergici. In effetti i chinoni sono specie molto reattive verso molti residui nucleofilici quali la cisteina e l‟istidina. Nel caso dei fluorochinoni e della mioglobina si è trovato che le principali modificazioni coinvolgono residui di istidina anche per la proteina umana, la quale contiene una cisteina apparentemente inaccessibile stericamente ai fluorochinoni. In collaborazione col gruppo del prof. Tolman dell‟università del Minnesota è stata inoltre esplorata la possibilità di sintetizzare nuovi sistemi modello trinucleari e tetranucleari di rame tramite una sintesi modulare di leganti poliazotati. Nonostante il lavoro si sia focalizzato per ora prevalentemente sugli aspetti sintetici e di caratterizzazione dei complessi, esperimenti preliminari di ossigenazione a bassa temperatura mostrano la possibilità di ottenere addotti CunO2 (n=2,3) sufficientemente stabili da garantire una futura caratterizzazione. Infine in collaborazione col gruppo di Firenze coordinato dal prof. Messori è stato condotto uno studio sull‟interazione di un promettente farmaco antitumorale di rutenio, il NAMI, con il citocromo c, che sarà descritto in dettaglio nella relazione del gruppo di Firenze. Gruppo di Ricerca del Prof. Luigi Fabbrizzi L‟attività di ricerca del progetto è stata rivolta (i) alla sintesi di nuovi recettori e sensori per piccole molecole e anioni e (ii) allo studio delle interazioni tra recettore e substrato. (i) nuovi recettori e sensori E‟ stato preparato un tipo di recettore a tripode, in grado di stabilire interazioni particolarmente forti con il substrato grazie alla capacità di offrire ben 6 legami a idrogeno, che è stato impiegato per il riconoscimento di anioni alogenuro e ossigenati in MeCN, dimostrandosi specifico per il cloruro in presenza di fluoruro e bromuro. Un recettore chirale per anioni è stato ottenuto partendo dal cicloesano 1,2-disostituito: questo gruppo esiste nelle forme enantiomere R,R e S,S ed è stato unito a due subunità 4-nitrofenilurea, per dare un recettore capace di interagire con vari tipi di anioni, quali carbossilati e fosfati. Il riconoscimento viene segnalato dal cambiamento delle caratteristiche spettrali del cromoforo nitrobenzene in presenza di interazione con gli anioni. In particolare, la forma S,S del recettore si è dimostrata specifica per l‟anione D-2,3-glicerofosfato, la cui costante di associazione è doppia rispetto a quella della forma R,R. Infine, è stato preparato un nuovo tipo di recettore per anioni, basato sull‟interazione con frammenti protonati e attivato da uno scambio redox, p. es. CuII/CuI. Il recettore è specifico per il nitrato 98 Nell‟esempio riportato, il recettore di anioni a due compartimenti lega lo ione nitrato (X-, sfera gialla) tramite il centro metallico CuII (sfera azzurra, con forte preferenza per la pentacoordinazione); a seguito della riduzione elettrochimica a CuI (sfera rossa, coordinativamente saturo nel complesso CuI(bpy)2+), il nitrato si sposta, con un veloce processo reversibile, nell‟adiacente compartimento bis-imidazolio, dove profitta di interazioni legame a idrogeno. Anioni diversi non possono dare lo stesso processo, in quanto demetallano il complesso di CuI. (ii) studio delle interazioni tra recettore e substrato Altri studi hanno riguardato la natura delle interazioni tra frammenti di vario tipo impiegabili quali recettori e i rispettivi substrati. In particolare, è stato considerato il comportamento della 1,3-bis(4-nitrofenil)urea, che interagisce formando legami a idrogeno con una varietà di ossoanioni in soluzione di MeCN a dare addotti 1:1 di stabilità decrescente con la basicità dell‟anione. La natura dell‟interazione a ponte di idrogeno tra urea e acetato è stata dimostrata dall‟isolamento in forma cristallina dell‟addotto sotto forma del sale di tetrabutilammonio e dalla determinazione della struttura molecolare. Si è inoltre osservato che il fluoruro forma inizialmente legami a idrogeno nell‟addotto 1:1, mentre l‟aggiunta di un secondo equivalente porta alla deprotonazione dell‟urea con formazione di HF2-. 99 UNITA’ DI RICERCA DEL PIEMONTE ORIENTALE Direttore Scientifico: Prof. Domenico Osella L‟attività di ricerca si inquadra nelle sezioni tematiche “a” (Diagnostici innovativi in oncologia e malattie cardiovascolari) ,”d” (Biosensori e biostrumentazione) ed “e” (Nuovi farmaci inorganici in oncologia) del Consorzio CIRCMSB. Agenti di contrasto per MRI (tematica a) L‟impiego di agenti di contrasto paramagnetici nella Risonanza Magnetica Nucleare per Immagini (MRI) è ormai una pratica consolidata ed estremamente diffusa; ciò è attestato dalle statistiche che indicano che più del 30% dei milioni di scansioni diagnostiche annualmente condotte a livello mondiale viene effettuato con la somministrazione di agenti di contrasto paramagnetici. Questi ultimi comprendono sistemi particolati a base di ferro e complessi stabili di gadolinio; su questi ultimi si è focalizzata la nostra ricerca. La teoria alla base del meccanismo di rilassamento paramagnetico su cui si fonda il funzionamento di complessi di ioni metallici paramagnetici pone in stretta relazione l‟efficienza del sistema (definita come “rilassività”) e una serie di parametri strutturali e dinamici della molecola. Nonostante questa teoria consenta di prevedere rilassività elevatissime per complessi con parametri adeguatamente ottimizzati, è risultato finora impossibile approssimarsi all‟optimum teorico con un complesso stabile e praticamente realizzabile. Altro obiettivo primario auspicabile per gli agenti di contrasto è il loro targeting verso tessuti e organi specifici, permettendo una somministrazione più ridotta e mirata dell‟agente di contrasto stesso e aumentandone di conseguenza la potenzialità diagnostica. L‟attività svolta in questo anno è stata indirizzata al raggiungimento di tali obiettivi. Leganti AAZTA-like A prosecuzione dell‟attività svolta negli anni precedente, sono stati sintetizzati alcuni derivati del legante base AAZTA (acido 6-ammino-6-metilperidro-1,4-diazepin-N,N‟,N”,N”-tetraacetico). Il legante AAZTA forma un complesso di Gd3+ in possesso di caratteristiche ottimali per lo sviluppo di agenti di contrasto ad elevata efficienza: - è stabile in vivo e non tossico anche a dosi molto superiori a quelle impiegabili; mostra una rilassività elevata, conseguenza della presenza di due molecole di acqua coordinate e di una elevata velocità di scambio delle stesse. La presenza di questi due parametri strutturali e dinamici ottimali permette di predire rilassività elevatissime, a patto di ottimizzare anche l‟ulteriore variabile rappresentata dal tempo di correlazione rotazionale del complesso, risultato ottenibile con l‟aumento della massa molecolare del sistema paramagnetico. E‟ stato quindi progettato e sintetizzato un legante AAZTA-like lipofilo, caratterizzato da una catena alchilica eptadecilica (AAZTA-C17) e in grado di formare supramolecole a base lipidica. Il legante AAZTA-C17 forma un complesso stabile con Gd3+ con una rilassività di 10.2 mM-1s-1, ben superiore a quella di Gd-AAZTA (7.1) e ai riferimenti clinici Gd-DOTA e Gd-DTPA (4.2-4.3). Tale rilassività si innalza a 30 mM-1s-1 a concentrazioni > 0.1 mM a causa della auspicata autoformazione di micelle e infine raggiunge il valore di 84 mM-1s-1 in presenza di albumina (HSA) con la quale il complesso (e anche le corrispondenti micelle) formano un addotto supramolecolare reversibile di dimensioni ragguardevoli. Tale valore di rilassività rappresenta il massimo assoluto per questa categoria di complessi di gadolinio.1 Il complesso Gd-AAZTA-C17 forma inoltre addotti reversibili con LDL (Low Density Lipoproteins), con una rilassività di circa 22 mM-1s-1 ma soprattutto in grado di legarsi ai recettori 101 delle LDL, sovraespressi in cellule tumorali. Ciò permette di indirizzare LDL caricate con GdAAZTA-C17 verso le cellule tumorali stesse e di visualizzare queste ultime con maggior selettività. Questa azione di contrasto mirato e selettivo di addotti LDL Gd-AAZTA-C17 è nettamente superiore a quella ottenibile con analoghi complessi basati su altri leganti.2 Leganti EGTA-like Il legante commerciale EGTA forma un complesso di Gd3+ dotato di una molecola di acqua coordinata in regime di scambio veloce con l‟acqua di bulk. Tale caratteristica è utile per lo sviluppo di agenti di contrasto ad elevata rilassività, ma il complesso Gd-EGTA è inficiato dal basso tempo di correlazione rotazionale e dalla scarsa stabilità termodinamica. L‟aumento della massa molecolare ed un irrigidimento strutturale potrebbero risolvere questi due problemi e portare la rilassività dell‟agente di contrasto risultante a valori prossimi ai massimi teorici. A tal fine sono stati ideati e realizzati nuovi leganti basati sulla modifica strutturale del legante commerciale EGTA, nei quali l‟unità ossietilenica centrale è fusa con sistemi aromatici benzenici o poliaromatici. Tra questi va segnalato un legante, NpEGTA, nel quale l‟unità ossietilenica è fusa nelle posizioni 2,3 di un nucleo naftalenico. Il risultante complesso Gd-NpEGTA, in possesso di una rilassività leggermente superiore a quella del genitore Gd-EGTA, moltiplica la propria efficienza in seguito ad un‟interazione reversibile non covalente con HSA, caratterizzata da una particolare coesione tra la macromolecola e il complesso paramagnetico; la conseguenza immediata è un sensibile aumento del tempo di correlazione rotazionale dell‟addotto supramolecolare e una rilassività dell‟ordine di 80 mM-1s-1, la più alta per un complesso con una sola molecola di acqua coordinata. Un analogo derivato benzofuso di EGTA è stato preparato parallelamente, ma forma un addotto con HSA meno coeso a causa di fenomeni di rotazione interna; la rilassività di quest‟ultimo è nettamente inferiore. Nonostante la stabilità di questi nuovi derivati di EGTA sia ancora da implementare per giungere ad un sicuro impiego in vivo, è stato possibile dimostrare che un‟adeguata ottimizzazione dei parametri strutturali e dinamici del complesso può risultare in valori di rilassività molto vicini a quelli teorici. Altri leganti In questo filone di ricerca sono stati studiati alcuni derivati di leganti più classici, sempre con l‟obiettivo di acquisire maggiori informazioni sulla dinamica di questi sistemi e di impiegare tali conoscenze per il loro miglioramento. In un primo caso è stato sintetizzato un legante a struttura aciclica, basato su uno scheletro dietilentriamminico sul quale sono stati impiantati, oltre a tre canonici gruppi acetici anche due residui 6-idrossimetil-2-piridinmetilici. Il legante risultante è un analogo del noto DTPA (acido dietilentriamminopentaacetico) nel quale i due residui eterociclici sono deputati alla coordinazione del metallo (mediante gli eteroatomi azinici) e ad interagire con la molecola di acqua coordinata (attraverso i residui idrossimetilici). Il corrispondente complesso di Gd3+ risulta strutturalmente simile al complesso Gd-DTPA, a conferma della coordinazione da parte dei residui piridinici. La marcata differenza risiede nel sensibile aumento del tempo di residenza dell‟acqua coordinata, otto volte maggiore che nel corrispondente complesso Gd-DTPA e la cui ragione è stata attribuita all‟influenza di legami ad idrogeno stabilentisi tra la molecola di acqua coordinata e i residui idrossimetilici posizionati sugli anelli eterociclici.4 In un secondo caso, struttura e dinamica dei complessi di due leganti derivati dal noto DOTA (acido 1,4,7,10-tetraazaciclododecan-1,4,7,10-tetraacetico) sono state studiate con una combinazione di metodi rilassometrici e di luminescenza. In tali leganti uno dei residui carbossimetilici di DOTA è sostituito da un residuo 2-naftilmetilico oppure 2-chinolinmetilico, gruppi cromofori ma dei quali solo l‟ultimo coordinante il metallo. Sono state determinate numerose informazioni sui corrispondenti complessi di Gd3+, Eu3+ e Tb3+.5 Come atteso, il gruppo naftilico non coordina ma nonostante ciò può trasferire al metallo energia acquisita da fotoni. 102 Il residuo eterociclico coordina il metallo, anche se la coordinazione è in questo caso complicata dalla formazione di più specie in soluzione; il trasferimento di energia acquisita da fotoni è in questo caso più efficiente, dato il contatto diretto tra il cromoforo e il metallo. Ottimizzazione di coniugati macromolecolari La teoria del rilassamento paramagnetico prevede un possibilie incremento di relassività da circa 5 a 50-100 mM-1 s-1 (per Gd e per molecola d‟acqua coordinata) qualora il tempo di riorientazione molecolare ( R) aumenti da 60 ps a 1-10 ns. Lungo questa linea sono stati preparati dimeri o trimeri, legati i complessi a substrati macromolecolari, in modo sia covalente che non covalente, studiata l‟incorporazione dei complessi in micelle, liposomi e dendrimeri. Per quanto si sia osservato un buon aumento di relassività, questo è stato ben lontano dal valore previsto dalla teoria. Ciò è spiegato dal fatto che l‟aumento delle dimensioni molecolari è stato accompagnato spesso da un notevole aumento dei moti locali (ad es. rotazioni interne attorno al punto d‟attacco del complesso al sistema macromolecolare) che risultano in un aumento del R efficace abbastanza limitato e da una velocità ridotta dello cambio dell‟acqua coordinata. Per affrontare questi problemi noi abbiamo considerato: l‟ancoraggio di complessi idrossipiridinonici di Gd(III) sulle superfici interne ed esterne di capsidi virali. Questi nanosistemi selettivamente funzionalizzati presentano una notevolissima relassività molecolare, adatta per applicazioni di Imaging Molecolare. Inoltre, la coniugazione delle sonde sulla sola superficie interna permette la funzionalizzazione di quella esterna con vettori per il targeting recettoriale. ii) la sintesi di un derivato “ad hoc” dell‟EGTA con l‟introduzione di un residuo naftalenico sul ponte ossietilenico. Il corrispondente complesso di Gd(III) interagisce reversibilmente con la HSA e l‟addotto risultante è caratterizzato da una mancanza di moti interni di rotazione. Un‟analisi più dettagliata dei dati rilassometrici con l‟approccio Lipari-Szabo ha permesso di dimostrare che gli alti valori di relassività previsti dalla teoria sono effettivamente misurabili con la simultanea ottimizzazione della rotazione del sistema e dello scambio dell‟acqua coordinata. i) Sviluppo di complessi della famiglia “HOPO” E‟ proseguito lo studio dei complessi di Gd della famiglia HOPO (leganti esadentati derivati dal TREN-3,2-idrossipiridinone), caratterizzati da elevatissima stabilità termodinamica e dalla presenza di due molecole d‟acqua di coordinazione. I risultati più rilevanti sono: i) complessi stabili in condizioni fisiologiche in cui lo ione Gd(III) è nonacoordinato e quindi presenta 3 molecole d‟acqua nella sua sfera interna di coordinazione. L‟aumento del numero di idratazione q, pur in presenza di una elevata stabilità, fornisce complessi di elevata relassività molto promettenti per la messa a punto di sonde ad alta efficacia. Il parametro q e quindi la stabilità dello stato fondamentale di coordinazione dei complessi è controllato grazie alla natura di opportuni sostituenti ed alla loro capacità di formare interazioni idrogeno con le molecole d‟acqua coordinate. Alternativamente, un controllo di q, cioè un suo aumento da 2 a 3, si è realizzato cambiando il gruppo “cappante” da TREN a triazaciclononano (TACN). ii) complessi ottacoordinati (4 gruppi HOPO) che realizzano una struttura altamente simmetrica e risultano in un tempo di rilassamento elettronico favorevolmente lungo, pur mantenendo una elevata velocità di scambio per la molecola d‟acqua coordinata. Sistemi paramagnetici “responsivi” Si tratta di complessi di Gd la cui relassività è resa funzione di un determinato parametro biochimico: pH, pO2, T, concentrazione di metabolici, attività enzimatica. Noi abbiamo studiato la potenzialità di un complesso con un legante eptadentato derivato dal DO3A che varia il suo stato di idratazione in seguito all‟attacco dell‟enzima esterasi. In seguito all‟azione dell‟enzima vengono rimosse cariche negative sul legante e reso possibile l‟approccio al centro metallico di ioni 103 carbonato (presenti in soluzione acquosa a pH fisiologici) che rimuovono le due molecole di acqua coordinate. La variazione di relassività è molto pronunciata e specifica per l‟enzima considerato. Sviluppo di sonde per l’imaging molecolare La messa a punto di sonde per imaging molecolare consiste di due parti: la sintesi di vettori peptidici in grado di procedere al riconoscimento di molecole-reporter di alcune determinate patologie per diagnostica oncologica e/o cardiovascolare e l‟ottimizzazione di sistemi ad elevata capacità contrastante nelle immagini di risonanza magnetica. La coniugazione delle due parti permette la preparazione di una sonda per imaging molecolare. I target molecolari sono rappresentati da molecole che siano un‟espressione caratteristica del tumore, possibilmente comune a più tipologie di tumore oppure molecole che siano espresse in eccesso nel corso di determinate patologie (ad es. la fibrina nelle placche arteriosclerotiche). I target possono trovarsi: nello spazio extracellulare in stretta prossimità della superficie cellulare (a), sulla superficie delle cellule tumorali (b), o sulle cellule endoteliali dei vasi neoformati all‟interno della massa tumorale (c). A questo scopo è stato individuato tramite tecnica di “phage display”, e sintetizzato attraverso sintesi in fase solida, un peptide (BB1) che riconosce cellule endoteliali tumorali umane selettivamente da quelle sane. Questo peptide è stato poi coniugato ad una tossina (Saporina) per osservare l‟apoptosi delle cellule tumorali su cui il coniugato BB1-saporina si era legato. Dal punto di vista invece dell‟imaging reporter, sono state esplorate una serie di vie sintetiche per l‟ottenimento di agenti chelanti bifunzionali (BFCA) basati sulla struttura del DOTA-monoammide. I BFCA presentano una gabbia macrociclica in grado di coordinare ioni lantanoidei ed un gruppo funzionale reattivo più o meno lontano dal complesso di coordinazione. In questo caso sono stati sintetizzati BFCA contenenti gruppi ammino, idrossi, aldeide, maleimmido spaziati dalla gabbia da linkers di due diverse lunghezze. Questi gruppi funzionali permettono la coniugazione del legante o del complesso a substrati biologici in grado di agire da vettori per il targeting cellulare. Biosensori e biostrumentazione (tematica d) I biosensori sono dispositivi analitici innovativi costituiti da un elemento biologico responsabile del riconoscimento molecolare in intimo contatto con un trasduttore di segnale. Tali dispositivi sono proposti come sistemi rapidi di analisi per le più diverse problematiche che spaziano dall‟analisi ambientale, alla diagnostica clinica ed allo studio di base dell‟interazione farmaci-biomolecole. In particolare nei nostri laboratori sono stati sviluppati biosensori costituiti da DNA (ss- o ds-DNA) come recettore in intimo contatto con un trasduttore di segnale elettrochimico (la cella elettrochimica è una striscia serigrafata monouso di dimensioni estremamente ridotte, vedi figura a lato). La tecnica si basa sull‟osservazione del segnale di ossidazione delle guanine del DNA adsorbito sulla superficie dell‟elettrodo. Qualsiasi sostanza che interagisce direttamente con esse o nelle sue vicinanze (attraverso legame covalente o intercalazione) modifica il comportamento redox delle basi e, di conseguenza, l‟intensità del segnale. La valutazione di tale interazione può aiutare a stabilire se il DNA può rappresentare il bersaglio d‟elezione per un farmaco antitumorale, ma anche a stimare il rischio collegato all‟uso o alla presenza in un certo ambiente di sostanze potenzialmente pericolose e predire la possibilità di effetti tossici e danno al DNA. Il biosensore elettrochimico è stato testato con diversi complessi metallici di affermata o potenziale attività antitumorale (cisplatino, carboplatino, oxaliplatino ed altri complessi di Pt(II), ma anche complessi di Ru e Ti) per avere informazioni semi-quantitative sulla loro farmacodinamica, l‟effetto di massa svolto da altre sostanze presenti in soluzione, e l‟affinità intrinseca con la biomacromolecola. In particolare sono stati eseguiti recentemente studi sull‟effetto del sistema tampone carbonato sull‟attivazione dei complessi tipo cisplatino. 104 E‟ ben noto che la formazione dei legami intrastand Pt-purine sulla doppia elica del DNA necessita la sostituzione di due cloruri con molecole d‟acqua. E‟ stata tuttavia ipotizzata la formazione d‟intermedi con altri anioni, come carbonati (che costituiscono per importanza il secondo sistema tampone nel corpo umano), acetati, fosfati, o tiolati. I risultati ottenuti confermano che gli ioni carbonato aumentano in modo significativo l‟interazione tra cisplatino, carboplatino ed oxaliplatino con il DNA. Oltre che in campo farmacologico, i biosensori trovano impiego negli studi ecotossicologici per verificare il possibile effetto genotossico di metalli pesanti o loro composti. Lo studio sia di sistemi modello che di sistemi reali hanno mostrato sempre ottime correlazioni tra i risultati elettrochimici ed i classici test di genotossicità. Il metodo proposto può completare ed affiancare i test classici di ecological/environmental risk assessment e quindi funzionare da pre-screening per la valutazione preventiva (economica e rapida) dei campioni da inviare poi all‟analisi ecotossicologica. Nuovi farmaci inorganici in oncologia (tematica e) Farmaci antitumorali a base di Pt(IV) È generalmente accettata l‟ipotesi secondo la quale i complessi di Pt(IV) agiscono come profarmaci: la riduzione al corrispondente complesso di Pt(II), cineticamente più labile, sembra essere alla base dell‟attività antitumorale dei complessi di Pt(IV). In effetti, molti complessi di Pt(IV) sono attivati dall‟ambiente riducente (ipossico) del tessuto tumorale che converte il complesso ottaedrico di Pt(IV) (inerte) nel corrispondente complesso planare-quadrato di Pt(II) (attivo per la sostituzione di due cloruri con altrettante molecole d‟acqua) tramite una riduzione a due elettroni e la perdita dei leganti assiali. Pertanto sia la facilità con cui un complesso si riduce (potenziale di riduzione) che l‟efficacia del complesso di Pt(II) prodotto ne influenzeranno l‟attività biologica. La scelta dei leganti è quindi un punto chiave nel design di nuovi complessi di Pt(IV) per collocare il potenziale redox nella finestra biologica e per modulare la lipofilia del complesso stesso. In questo lavoro, sono state sintetizzate due serie di complessi di Pt(IV) utilizzando il cisplatino e il nedaplatino rispettivamente come scaffold H3N Cl H3N O L L equatoriale e variando invece i leganti assiali L (L = carbossilato, cloruro Figura 1: complessi sintetizzati e ossidrile). I complessi sintetizzati sono stati caratterizzati tramite l‟utilizzo di RP-HPLC ed NMR multinucleare. H3N L Pt Cl H3N L Pt O O La citotossicità dei complessi è stata testata in vitro su linee cellulari A2780 (carcinoma ovarico umano) e HCT116 (coloncarcinoma umano). Inoltre sono stati misurati i potenziali di riduzione di tutti i complessi utilizzando sia la polarografia (su elettrodo a goccia di mercurio) che la voltammetria (elettrodo glassy carbon). I valori di IC50 per il tumore del colon e per il tumore dell‟ovaio seguono lo stesso trend: complessi attivi su una linea cellulare sono attivi anche sull‟altra. È stata trovata una correlazione tra i potenziali di riduzione e la citotossicità: i complessi con potenziale di riduzione più positivo (più facilmente riducibili) sono quelli che hanno un effetto citotossico maggiore. Questi dati si accordano con l‟ipotesi dell‟attivazione come conseguenza della riduzione; tutti i complessi ridotti portano al medesimo complesso di Pt(II), quindi l‟attività dell‟analogo Pt(II) è la stessa per tutti i composti. Le differenze sono da imputarsi alla facilità o meno della riduzione, che sembra essere il parametro più influente. Inoltre sono stati presi in considerazione complessi con diversi leganti equatoriali ma con gruppi acetato come leganti assiali. I risultati sono analoghi a quelli precedenti, fatta eccezione per i complessi JM216 e Trans-cis-cis-[Pt(IV)(Ac)2(DACH)(Cl)2], i cui i valori di IC50 per entrambe le linee cellulari sono molto bassi (migliori dello stesso cisplatino), nonostante i potenziali di riduzione nettamente negativi. È ipotizzabile che per questi complessi la riduzione non sia il meccanismo di attivazione seguito o comunque che non sia il solo meccanismo possibile. Anche il complesso destino biologico cui va incontro il JM216 nell‟organismo, formando tra le altre anche specie di 105 Pt(IV), avvalora quest‟ipotesi. Sono attualmente in corso ulteriori studi su questi ed altri complessi di Pt(IV). Effetto combinato di ipertermia e farmaci antitumorali a base di platino I complessi di platino inibiscono la crescita tumorale attraversando la membrana cellulare e reagendo con il DNA ma l‟esatto meccanismo con cui tali farmaci entrano o escono dalle cellule non è ancora stato completamente spiegato. Si pensa che essi entrino nelle cellule per diffusione passiva; l‟uptake del cisplatino è direttamente proporzionale alla sua concentrazione, non è inibito da analoghi strutturali e non giunge a saturazione. Inoltre l‟ipertermia aumenta l‟uptake, probabilmente perché aumenta la permeabilità della membrana cellulare. Studi recenti indicano che il trasporto di rame e platino all‟interno della cellula sono strettamente correlati, pertanto si ipotizza anche un certo coinvolgimento delle proteine trasportatrici del rame nell‟uptake di platino. Maggiori informazioni sull‟uptake cellulare possono fornire basi farmaceutiche per modulare l‟effetto antiproliferative dei farmaci stessi. L‟ipertermia è una tecnica usata per trattare varie forme di malattie ed potenzia l‟azione citotossica in chemioterapia antiblastica. L‟ipertermia agisce nelle cellule su acidi nucleici, membrana cellulare, citoscheletro, DNA polimerasi, e altri enzimi preposti alla sintesi di DNA o RNA. L‟ipertermia modifica molte proprietà fisiche delle membrane, specialmente la permeabilità e la fluidità. Sono stati proposti molti modi d‟interazione tra farmaci ed ipertermia: aumento dell‟uptake cellulare, alterazione della distribuzione cellulare del farmaco, alterazione del suo metabolismo, aumento delle lesioni al DNA, ed inibizione dei meccanismi di riparazione dei danni al DNA. L‟aumento della citotossicità di molti farmaci dovuto al calore è stato ampiamente dimostrato ed è anche adottato in alcuni protocolli clinici. Tra i complessi di Pt(II) il cisplatino mostra il maggiore incremento di citotossicità in combinazione con l‟ipertermia su diverse linee cellulari. L‟effetto combinato di calore e di farmaco a base di platino può essere additivo o sinergico e spesso ciò dipende dal tipo di farmaco, di linea cellulare, dalla temperatura, dal tempo del trattamento e dal protocollo di trattamento. In ogni caso, il calore aumenta la citotossicità dei farmaci a base di platino. In questo lavoro è stato pertanto studiato l‟effetto della temperatura sull‟uptake cellulare e la Pt Pt H3N Cl H3N O citotossicità di tre farmaci a base di platino O O (cisplatino, carboplatino ed oxaliplatino). Sono state cisplatino oxaliplatino carboplatino testate diverse concentrazioni e temperature. Per la Figura 2: complessi di Pt(II) in uso clinico valutazione dell‟uptake, le cellule sono state trattate per 2 ore a 12-43 °C e poi mineralizzate. Il contenuto di platino è stato testato mediante ICP-MS. La vitalità cellulare è stata valutata con test MTT dopo 24 ore di trattamento continuo e 48 ore di recovery in terreno di coltura fresco. Solo il cisplatino ha dato effetti sinergici con l‟ipertermia (+43 °C). Il cisplatino è in grado di idrolizzare e poi essere attivato per il legame al DNA nella scala dei tempi utilizzata (2 ore) e questo processo è certamente favorito dalla temperatura. L‟effetto di questo trattamento combinato potrebbe essere correlato ad una maggior formazione di addotti interstrand con il DNA e all‟inibizione del sistema di riparazione del DNA. O H3N H3N Cl H2 N O Pt N O H2 O O O N H OH O Studio di coniugati Pt-folato OH OH Nell‟intento di sintetizzare complessi a base di platino che possano manifestare una maggiore selettività verso le H2N N N cellule tumorali (drug targeting), è stata sfruttata la Figura 3: acido folico caratteristica delle cellule di molti tipi di tumore di sovraesprimere i recettori per l‟acido folico. Pertanto, l‟acido folico, adeguatamente funzionalizzato su uno dei suoi gruppi carbossilici, può essere utilizzato come vettore per la veicolazione selettiva di frammenti citotossici di platino, in quanto riconosciuto ed internalizzato dai suoi recettori. N N O N H 106 In questo lavoro sono stati preparati cinque complessi di Pt(II): quattro di essi contengono l‟acido folico funzionalizzato in modo da essere il leaving group del complesso finale ed il quinto contiene l‟acido folico come carrier group. I leganti sono solubili in solventi organici (DMSO, DMF) ed in solventi acquosi a pH basici e sono stati caratterizzati mediante spettroscopia NMR multinucleare; i corrispondenti complessi hanno una solubilità notevolmente ridotta sia in solvente organico che in soluzione acquosa e sono stati caratterizzati mediante analisi NH2R + O KO O O termogravimetrica (TGA), Inductively O Pt NH R H 2 N O Coupled Plasma – Mass Spectrometry N O R = H o CH3 n H (ICP-MS) e spettroscopia IR. Solo il O O n=0 o 3 N N HN H derivato con il folato carrier è risultato O O-K+ N H2N N sufficientemente solubile da poter essere O O H N caratterizzato anche mediante NH2 N N O H H N O spettrometria NMR multinucleare. Pur H2N Pt N HN Cl H avendo ottenuto leganti e complessi con Cl N N H2N un elevato grado di purezza ed una Figura 4: complessi Pt-folato buona resa, questi ultimi sono scarsamente solubili in soluzione acquosa, anche con l‟uso di un cosolvente (DMSO 1%), e quindi non possono essere testati da un punto di vista biochimico e biologico. Sono in corso ulteriori studi che prevedono la coniugazione dell‟acido folico ad un frammento citotossico di platino attraverso un braccio spaziatore a basso peso molecolare contenente gruppi polari (l‟inserimento di PEG ha prodotto complessi solubili, ma con citotossicità ridotta) per trovare una soluzione al problema della solubilità dei complessi. 107 UNITA’ DI RICERCA POLITECNICA DELLE MARCHE Direttore Scientifico: Prof. Giorgio Tosi Biospetroscopia Micro FT-IR Imaging In collaborazione con l‟Unità di Ricerca di Bologna,si è continuato lo studio finalizzato allo sviluppo di una nuova tecnica per la preparazione di biomateriali da poter utilizzare come protesi ossee. E‟ stato dimostrato che il calcio fosfato, in particolare l‟idrossiapatite Ca10[PO4]6[OH]6 (HAP), è ben tollerato dal tessuto osseo, soprattutto se associato al collagene. Il lavoro è stato perciò suddiviso in due parti: una prima parte dedicata alla progettazione delle protesi ed una seconda parte rivolta alla caratterizzazione delle stesse. Le protesi sono costituite da una superficie di titanio rivestita da telopeptidi di HPA-collagene generati mediante una tecnica di deposizione elettrochimica, con la quale le molecole di collagene vengono addizionate ad una soluzione acquosa di NH4H2PO4-Ca(NO3)2 in modo da garantire la formazione sinergica di HAP e fibre di collagene sulla superficie di titanio. Per quanto concerne la nostra competenza, abbiamo seguito il processo di deposizione del collagene e dell‟HAP nel tempo, per caratterizzare la morfologia, le proprietà termiche e la struttura del prodotto di rivestimento. L‟FT-IR Microimaging ha permesso di evidenziare la natura chimica e l‟omogeneità dello strato di HAP-collagene nel corso della deposizione elettrochimica. Per brevi periodi di deposizione, i risultati spettroscopici hanno messo in risalto che l‟HPA si presenta sottoforma di fosfato di calcio amorfo e che cristallizza aumentando il tempo di deposizione. Il processo di deposizione del minerale sulla superficie di titanio, inoltre, viene favorito dalla presenza del collagene, che ne migliora la cristallinità e facilita la formazione di una rete fibrosa mineralizzata.(1) Sempre in collaborazione con l‟Università di Bologna,(2) si è proseguito lo studio relativo alla citotossicità del crisotilo (o amianto bianco). Recentemente è stato possibile sintetizzare dei nanocristalli di crisotilo da poter utilizzare come standard per lo studio delle loro proprietà fisicochimiche e le loro interazioni con i sistemi biologici. L‟FT-IR, in particolare, ha permesso di investigare le variazioni conformazionali della BSA (albumina sierica di bue), strutturalmente simile all‟HSA (albumina sierica umana) nel momento in cui interagisce con la superficie del crisotilo. L‟analisi spettroscopica della regione dell‟AI mediante il curve-fitting ha evidenziato, infatti, la modifica della struttura secondaria della proteina, che da β-sheet (nella proteina liofilizzata) passa a β turn (nell‟addotto BSA-crisotilo), suggerisce una riorganizzazione strutturale della proteina che determina una maggiore interazione tra le proteine idrofiliche e la superficie del minerale, così da creare un sito per il riconoscimento molecolare. E‟ continuata anche l‟analisi su „building blocks‟ di composti bioattivi nella fattispecie di derivati pirrolidinici preparati con la reazione di Baylis-Hillman, al fine di meglio comprendere il meccanismo della reazione. Determinazioni FT-IR e studi di meccanica molecolare hanno permesso di delucidare la stabilità conformazionale in vari solventi(3). Lo studio spettroscopico di campioni biologici, come cellule o tessuti inoculati e tessuti umani da resezione chirurgica nonché su fluidi biologici, è proseguito nell‟ottica di effettuare analisi quali- e quantitative a livello molecolare con la possibilità di usare questa tecnica nella diagnosi di patologie tumorali. Abbiamo approfondito i complessi e variegati aspetti dello studio FT-IR di tumori della cavità orale, del colon e del seno (quest‟ultimo in collaborazione con l‟università di Atene) usando sia una sorgente IR convenzionale e sia dispositivi multidetector.(4-6) Gli spettri sono stati effettuati su linee cellulari e su sezioni di tessuto caratterizzate da zone neoplastiche. I risultati dell‟Analisi multivarita sono stati confrontati con modelli spettrali di proteine, acidi nucleici, lipidi e altri componenti di sistemi biologici. Sono stati inoltre analizzati alcuni rapporti di bande rappresentative utili per differenziare i campioni sani da quelli malati e per valutare il grado di avanzamento del tumore. Si è iniziata una nuova linea di ricerca mirante allo studio di cellule staminali derivanti dalla polpa dentaria al fine di una loro caratterizzazione spettroscopica durante il processo di differenziazione che viene influenzato da vari fattori come il tipo e l‟età del paziente, l‟età del paziente nonchè dalle 109 modalità di trattamento. Il protocollo contempla la messa a punto di una buona casistica per la formulazione di caratteristici standard spettroscopici da usare come riferimenti nello studio di cellule staminali patologiche. In collaborazione con l‟Università di Verona, inoltre, abbiamo proseguito lo studio sia di colture cellulari transfettate con PSMA (Prostate Specific Membrane Antigen) (7) sia di linfomi di tipo nonHodgkin,(8). Abbiamo analizzato l‟effetto della trasfezione di PSMA nella linea cellulare CHO-WT (Chinese Hamster Ovary cell-Wild Type), dal momento che non sono noti in letteratura studi condotti su linee cellulari che correlino le modifiche spettroscopiche con i meccanismi coinvolti nei processi patologici di questa ghiandola. Questi studi preliminari ci hanno permesso di constatare che la trasfezione del PSMA nelle cellule CHO determina un aumento del contenuto proteico a livello cellulare ed incrementa l‟attività di sintesi del DNA. Per quanto concerne i linfomi non-Hodgkin (gruppo eterogeneo di malattie linfoproliferative di varia malignità e aggressività che originano dai linfociti), l‟analisi spettroscopica ha evidenziato notevoli differenze spettrali tra i campioni sani e quelli malati permettendoci di confermare l‟ipotesi che nel processo di carcinogenesi l‟intera cellula subisce delle modificazioni riguardanti sia la concentrazione lipidica e proteica sia il numero dei legami idrogeno tra i gruppi fosfato degli acidi nucleici. Complessi ternari lipidi-DNA-ioni metallici Complexes composed of cationic liposomes (CLs) and DNA exhibit great potential in gene therapy (GT), an innovative technique for correcting defective genes responsible for disease development. Realization of the full potential of the GT will depend mainly on the future development of safe and efficient nonviral gene delivery reagents. Cationic lipid-DNA complexes are presently the most diffuse DNA carriers in nonviral gene delivery applications and are extensively used in clinical trials worldwide because of their ability to mimic natural viruses as chemical carriers of extracellular DNA across outer-cell and nuclear membranes (transfection). However, their transfection efficiency is still low compared to the one of viral vector, the complexes are unstable in the presence of serum, which creates difficulties for in vivo applications. Also, CLs are frequently toxic for the cells. Complexes composed exclusively of neutral (zwitterionic) lipids could offer an alternative to CLs, in that they exhibit lower inherent cytotoxicity and much longer circulation lifetimes. Within this frame, we have carried on our search of complexes able to warrant loss of celllular citoxicity together with effective DNA transfection ability.(9) The work on the determination of the structure of complexes of DNA and lipidic mixture formed of DOPE/DOPEPeg350 have been completed. The results show interesting phase transitions of the complex, from hexagonal (2D) to cubic phases (3D), depending on the DOPE-PEG(350) concentration in the complex.(10) At the same time we have opened new synthetic routes to obtain liposomes of a completely new structure consisteng on the functionalisation of liposomes either with saccarides, that shall be able to activate enzymatic structures and so increase the trasfection efficiency, either with oligopeptides characterised by high isoelectroic point, which, at physiological values of pH show positive charge and by consequence could act as the CLs. 110 UNITA’ DI RICERCA DI ROMA “La Sapienza” Direttore Scientifico: Prof.ssa Elena Borghi Nel corso del 2007 l‟Unità Operativa dell‟Università "La Sapienza" di Roma ha operato secondo le seguenti linee di ricerca: Metalloproteine come catalizzatori biologici Biosensori e Biostrumentazione 1) Metalloproteine come catalizzatori biologici Aspetti inorganici e bioinorganici nella chimica di sistemi macrociclici ad alta delocalizzazione elettronica (Porfirine, Ftalocianine, Porfirazine) C. Ercolani, F. Monacelli, M. P. Donzello, E. Viola L‟attività scientifica del gruppo durante l‟anno 2007 si è andato sviluppando all‟interno di un progetto complessivo che mira allo studio della sintesi e caratterizzazione chimico-fisica di nuovi sistemi molecolari appartenenti alla classe delle porfirazine, argomento a cui lo stesso gruppo ha dato un significativo contributo nell‟arco complessivo dell‟ultimo decennio con la preparazione di nuovi macrocicli tetrapirrolici ftalocianino-simili quali le tetrakis(tia/seleno)diazolporfirazine (Donzello, M. P., et al., Coord. Chem. Rev., 2006, 250, 1530), le tetrakis(difenildiazepino)porfirazine (Donzello, M. P. et al., J. Amer. Chem. Soc., 2003, 125, 14190) e le tetrakis(dipiridinopirazino)porfirazine (Villano, M. et al, J. Phys. Chem. B, 2006, 110, 24534). Orientamenti verso la finalizzazione applicativa dei sistemi studiati hanno riguardato aspetti attinenti alle proprietà di semiconduttori, alle proprietà di ottica non lineare e, negli ultimi due-tre anni, anche con l‟aiuto finanziario avuto dal CIRCMSB sotto forma di borse di studio annuali bandite all‟interno dello stesso Consorzio, una nuova prospettiva di applicazione si è aperta che ha riguardato lo studio di alcune serie di porfirazine come fotosensibilizzatori per la produzione di ossigeno di singoletto,1O2. Tale agente chimico è particolarmente attivo nel contrasto ad alcune forme di cancro all‟interno di una modalità terapeutica che va sotto il nome di terapia fotodinamica (PDT). Gli ulteriori sviluppi di questo lavoro sono stati orientati alla sintesi, la caratterizzazione chimico-fisica e lo studio della struttura molecolare ed elettronica di nuove classi di sistemi macrociclici tetrapirrolici di tipo porfirazinico, avendo come ulteriore obiettivo l‟esame della loro attività come fotosensibilizzatori. Questa tematica di lavoro era stata iniziata con significativi risultati nel 2005, portata all‟interno del CIRCMSB come linea di ricerca innovativa e non sviluppata da altri gruppi. Tale linea ha potuto ricevere l‟apporto della dottoranda Elisa Viola entrata a far parte del gruppo di lavoro, usufruendo di una borsa di studio per l‟anno 2005 e di una ulteriore borsa di studio che le è stata assegnata per l‟anno 2007. Degli studi effettuati nell‟ambito della PDT si è relazionato in parte nell‟anno 2006 e quello immediatamente precedente. Si riassumono qui in breve i progressi compiuti nell‟arco del 2007, in primo luogo per ciò che riguarda lo studio effettuato sui complessi di Pd(II) della tetrakis(dipiridinopirazino)porfirazina mono- e pentapalladati di formule, rispettivamente, [Py8TPyzPzPd] (Figura 1A) e [(PdCl2)4Py8TPyzPzPd] (Figura 1B). Cl Cl Pd Cl N N N N N N N N N N N N N N N N N N N N N N N N N Pd N N N N Cl N N Pd N N Cl A 111 Pd Cl B Figura 1 Cl N N N N N N Pd N N N N N N Pd N N N Cl Come fatto prioritario, si è ritenuto di approfondire l‟informazione circa gli aspetti strutturali di notevole interesse che riguardano principalmente la specie pentanucleare, per la quale sono prevedibili diversi isomeri strutturali. Gli studi condotti mediante tecniche 1H NMR e COSY e calcoli teorici di tipo DFT, unitamente ad informazioni riguardanti la coordinazione esterna di PdCl 2 sul precursore 2,3-diciano-5,6-dipiridinopirazina [(CN)2Py2Pz] a formare la specie [(CN)2Py2PzPdCl2], hanno permesso di stabilire sia il tipo di coordinazione del PdCl2 nella specie pentapalladata, sia che quest‟ultima si presenta in modo preponderante nella forma geometrica che prevede i gruppi esterni PdCl2 ed i relativi siti di coordinazione N2PdCl2, tutti orientati sullo stesso lato rispetto al piano molecolare pirazinoporfirazinico, un caso raro di coordinazione “fuori del piano” mai riscontrata, per quanto è dato sapere dalla letteratura, nel caso di sistemi macrocicli pentanucleari, essenzialmente studiati dai gruppi di B.M.Hoffman e A.M.Barrett. A quello dell‟aspetto strutturale, si è accompagnato uno studio dettagliato elettrochimico che ha permesso di stabilire che riduzioni monoelettroniche ligando-centrate, reversibili o quasi reversibili, sono possibili ed hanno valori di potenziale (V vs SCE) significativamente meno negativi di quelli riscontrati per gli analoghi complessi di tipo ftalocianinico. Ciò è reso possibile per il carattere fortemente elettron-deficiente del macrociclo pirazinoporfirazinico in conseguenza dell‟effetto elettron-attrattore esercitato dai raggruppamenti esterni dipiridinopirazinici e degli effetti addizionali dovuti alla coordinazione del PdCl2 nel pentapalladato o della quaternarizzazione, mediante CH3I, degli N atomi piridinici presenti nella specie ottacationica, [(2-Mepy)8TPyzPzPd]8+ di Figura 2 (neutralizzata da ioni ioduro). N + +N H3C CH3 N + N N N H3C N N N Pd N (I-)8 N N CH3 N N N N N + + CH3 N N H3C + N N N+ N CH3 H3C N + Figura 2: [(2-Mepy)8TPyzPzPd]8+ L‟attività di fotosensibilizzatori per la produzione di ossigeno di singoletto, come già evidenziato nella relazione del 2006, per le specie [Py8TPyzPzPd] (Figura 1A) e [(PdCl2)4Py8TPyzPzPd] (Figura 1B) è di tutta rilevanza, con valori trovati di resa quantica di 1O2 intorno a 0.8-0.9. I dettagli di questo comportamento come fotosensibilizzatori delle tre specie, inclusa quella ottacationica di Figura 2, sono stati raccolti in un recente brevetto (C.Ercolani, et al.: RM2007A000571; 29/10/07). La parte strutturale è stata ampliamente illustrata in una recentissima pubblicazione (Donzello, M.P., et al., Inorg. Chem., 2008, 47, in stampa). E‟ stato inviato per la pubblicazione un manoscritto, che fa seguito all‟uscita del brevetto, che illustra l‟azione di fotosensibilizzazione dei suddetti complessi di Pd(II) (Donzello, M.P., et al., 2008). L‟indagine riguardante l‟azione fotosensibilizzatrice è stata estesa ad altri derivati metallici (Zn(II), Mg(II)) sia del macrociclo “pirazinoporfirazinico” (anche nella sua forma ottacationica) come del macrociclo “tiadiazolporfirazinico” (Figura 3). Anche in questi casi, i complessi studiati si comportano come potenti fotosensibilizzatori per la produzione di ossigeno di singoletto e particolarmente nel caso dei complessi (Figura 3) della tetrakis(tiadiazol)porfirazina, [TTDPzH2], gli effetti studiati sono stati accompagnati da uno studio accurato, mediante calcoli DFT, dello stato fondamentale dei macrocicli [TTDPzM] (M = 2H I, ZnII, MgII(H2O), CuII) e del comportamento elettrochimico ancora caratterizzato da processi reversibili di riduzione monoelettronica ligando-centrata, che dimostrano una notevole capacità di acquisizione elettronica 112 da parte del macrociclo associata alla proprietà di ridistribuzione della carica elettronica in eccesso sull‟intero macrociclo. S N N N N N N N N S N M N S N N N N N N S Figura 3: [TTDPzM] Il lavoro di sintesi di complessi contenenti il macrociclo “pirazinoporfirazinico” è stato esteso alla preparazione e caratterizzazione di sistemi pentametallici eteronucleari, la cui caratterizzazione è in fase di studio. Sempre per lo stesso anello macrociclico è stata studiata la serie di complessi di cobalto. La serie è costituita da complessi di Co(I), Co(II) e Co(III). Anche questi sono in fase di una definitiva caratterizzazione. Due sono gli argomenti di lavoro riguardanti sistemi a “bassa simmetria”. Un contributo riguarda la rifinitura di uno studio di un complesso avente al centro il sistema tetrapirrolico porfirazinico su cui sono o-condensati tre anelli benzenici ed un anello difenildiazepinico. Di questa struttura molecolare è stato studiato in particolare il complesso di Mg(II) su cui recentemente è stata svolta una accurata indagine mediante NMR per stabilire quale forma tautomerica sia presente sull‟anello diazepinico. Il lavoro è quasi completato e presto sarà pronto il manoscritto per una eventuale pubblicazione. Sempre nel campo della bassa simmetria, sono stati preparati complessi di Fe(II) del macrociclo porfirazinico alla cui periferia sono legati 6 anelli benzenici ed un anello selenodiazolico ocondensato su un anello pirrolico. Dell‟anello selenodiazolico è stata studiata la possibilità di conversione in anello tiadiazolico direttamente nei complessi sia di Mg(II) che di Fe(II) del macrociclo a “bassa simmetria” (Donzello, M.P., et al., Mend. Comm., 2007, 17, 337). 1) Metalloproteine come catalizzatori biologici L‟attività di ricerca si è articolata nell‟ambito della “Bio-X ray Absorption Spectroscopy (BioXAS)” per i seguenti argomenti. Caratterizzazione strutturale di centri metallici di metalloproteine e composti modello E. Borghi In questo campo si è completato lo studio della modulazione del segnale XANES con MXAN per la famiglia dei composti di rame mononucleari del legante poly(benzimidazolo) 2-BB, gli addotti con azide ed acqua, forniti dal prof. L. Casella di Pavia. Questi composti hanno proprietà strutturali e/o di reattività correlate a quelle dei derivati delle proteine enocianine (Hcs). Infatti il legante 2-BB, tridentato con due N-imidazolici (N1 e N3) ed un N-ammino (N5), è modello strutturale del motivo tris(imidazolo) presente nelle Hcs ed in altri sistemi biologici. In un lavoro di Casella (Inorg.Chem. 1996,35,1101-1113), dati cristallografici per gli addotti con metanolo, azide, nitrito, mostrano come le distanze di legame e gli angoli non risentano della variazione della stereochimica al centro metallico, e suggeriscono che il valore dell‟angolo N1-Cu-N3 possa sia riflettere variazione nel numero di coordinazione sia presenza di disordine strutturale a causa della flessibilità del legante. 113 Precedentemente questi composti sono stati oggetto di un‟accurata analisi EXAFS con cui, però non è stato possibile determinare il valore dell‟angolo N1-Cu-N3. I risultati XANES ottenuti hanno indicato un perfetto accordo tra i dati strutturali di assorbimento X ed i dati strutturali di diffrazione X (test del complesso [Cu(2-BB)N3](ClO4) a struttura nota). È stato necessario procedere al raffinamento della modulazione XANES dello spettro sperimentale del complesso con acqua (senza struttura X) per ottenere, in modo univoco e sicuro, informazioni strutturali. E. Borghi, L. Casella, lavoro in preparazione Caratterizzazione XAS alla soglia L3 del Pt di composti modello di platino(II) E. Borghi in collaborazione con L.Olivi, Sincrotrone ELETTRA di Trieste Questa linea di ricerca riveste importanza per la mancanza di una banca dati di spettri XAS, per i pochi lavori d‟assorbimento X alle soglie (L1, L2, L3) del Pt disponibili in letteratura, e per la necessità di testare la procedura di simulazione del programma MXAN sulle soglie L3 del Pt. Sono stati considerati cis-[Pt(NH3)2Cl2], trans-[Pt(NH3)2Cl2], K2[PtCl4] e [Pt(NH3)4]Cl2 allo scopo di testare la sensibilità di questa spettroscopia con differenti intorni dell‟atomo assorbitore, in presenza di una diversa geometria di legame e di differenti strutture. Gli spettri XANES alla soglia L3 del Pt sono stati acquisiti presso il sincrotrone ELETTRA di Trieste sulla linea EXAFS. La misura effettuata in transmittanza in stato solido - unica possibilità per le caratteristiche della linea di Trieste - stressa il contributo strutturale e complica la simulazione degli spettri XANES dei complessi di Pt(II) considerati. La simulazione per il cisplatino ed il transplatino (stesso intorno Ztipo del legante, diverse distanze ed angoli tra i leganti, diversa geometria di legame) si è rivelata molto più complessa del previsto. Dal momento che si deve tener conto degli effetti geometrici delle proprietà di simmetria presenti, che provocano distanze intermolecolari < di 3.6 Å (cisplatino) e ~ 5.0 Å (transplatino), è necessario considerare per la simulazione cluster di atomi ad ampio raggio. Questo approccio – che considera non più centri mononucleari, ma bi- o tri-nucleari -sta complicando ed allungando i tempi di calcolo, ed i relativi costi. E. Borghi, L. Olivi, simulazione in corso Trasporto cellulare del platino: interazione di antitumorali a Pt con platinofili intra-cellulari e proteine coinvolte nel trasporto di Cu E. Borghi in collaborazione con G. Natile, F. Arnesano- Dipartimento Farmaco-Chimico, Università di Bari- Congiu-Castellano- Dipartimento di Fisica, Università di Roma “La Sapienza” Un progetto di spettroscopia XAS, alla soglia L3 del Pt, è stato attivato nel 2007 presso il laboratorio EMBL ad Amburgo e le prime misure sono state effettuate in novembre presso il sincrotrone DESY sulla linea EMBL EXAFS (D2). Il progetto XAS è parte di un approccio combinato (NMR strutturale, ESI-MS, CD-UV/Vis) che si pone l‟obiettivo di contribuire a spiegare il meccanismo di trasporto cellulare del platino. L‟analisi e la simulazione quantitativa dei dati XAS permetteranno di meglio comprendere e caratterizzare la natura e la quantità dell‟informazione chimica (Z-tipo del legante, distanze ed angoli tra i leganti) contribuendo alla risoluzione strutturale degli addotti “attivi” nel processo di trasporto cellulare del platino. In approccio XANES ed EXAFS sono stati acquisiti gli spettri, in soluzione, per due composti modello di riferimento (cisplatino e transplatino, dati X disponibili) e per due Pt(II)-complessi, senza struttura ai raggi X, con differenti intorni di N/Cl/S-atomi donatori allo scopo di elucidare le caratteristiche strutturali di intorni al Pt-assorbitore differenti per Z-tipo e isomeria geometrica. È stato considerato un complesso con glutatione (GSH) poichè questo peptide è ritenuto rivestire un ruolo importante nel trasporto cellulare degli antitumorali a platino. Questo complesso, senza struttura X, è stato caratterizzato con NMR e testato in vitro (J.Med.Chem., 2005, 48, 3364-3371) ed è supposto essere una specie binucleare simmetrica con cromoforo [(N2)Pt(µ-GS)2Pt(N)2]. Sono stati acquisiti dati per il complesso Mets7 : transplatino e per due addotti Mets7 : cisplatino. Mets7 è l‟octapeptide MTGMKGMS, strutturalmente simile al motivo ricco in metionina della proteina Ctr1 coinvolta nel trasporto di Cu, implicata anche nell‟ingresso attraverso la membrana cellulare degli antitumorali a Pt. L‟interazione di Mets7 con cisplatino e transplatino è stata già 114 considerata con UV-CD, ESI-MS e NMR strutturale (Angew.Chem.Int.Ed., 2007, 46, 1-4), ed è stato mostrato un diverso comportamento per i due isomeri. Per tutti i campioni considerati si è effettuata un‟analisi EXAFS di prima sfera di coordinazione, ma solo l‟analisi e la simulazione quantitativa dei dati XAS in approccio di multiplo scattering EXAFS e XANES permetterà di contribuire alla risoluzione strutturale degli addotti Mets7:cis-/trans-platino e dei composti di Pt(II) senza struttura X. 2) Biosensori e Biostrumentazione Biosensore respirometrico per l’identificazione di dosi critiche ed indici di meccanismi di tossicità dei metalli R. Dragone in collaborazione con C. Frazzoli, A. Mantovani - Dipartimento Sanità Alimentare ed Animale, Istituto Superiore di Sanità, Roma - C. Massimi, L. Campanella - Dipartimento di Chimica, Università di Roma “La Sapienza” È stato applicato un biosensore a cellule di lievito per la valutazione della tossicità di forme biodisponibili (cloruri) di metalli di transizione (Pd, Pt e Rh), per i quali il documentato accumulo negli ultimi decenni- nei diversi comparti ambientali, negli alimenti e nei fluidi biologici umani segnala la necessità di studi tossicologici mirati ad una correlazione fra esposizione ambientale, concentrazione nei tessuti e potenziali conseguenze tossiche. I risultati ottenuti con tale metodo sono stati pubblicati. 115 UNITA’ DI RICERCA DI ROMA “Tor Vergata” Direttore Scientifico: Prof. Massimiliano Coletta Nel corso del 2007 l‟Unità Operativa di Roma Tor Vergata ha effettuato una serie di ricerche sui seguenti argomenti. 1) Emoproteine e composti modello 2) Metalloenzimi 3) Stress ossidativo 1) Emoproteine e composti modello In questo campo le indagini si sono focalizzate su alcuni aspetti delle interazioni di alcune mioglobine con legandi della forma ferrica. In particolare, si è studiata la reattività di sodio azide con mioglobine di cavallo, di balena ed una forma chimicamente troncata della mioglobina di cavallo (miniMb). Si è così evidenziato che l‟interazione di sodio azide è modulata dalla relassività della molecola di H2O, che coordina la forma Fe(III). Infatti nella mioglobina di cavallo, in cui il tempo di rilassamento della molecola di H2O fra la tasca dell‟eme ed il solvente esterno è molto più rapida, si ha una velocità di reazione con sodio azide molto più lenta, risultato di una più efficace competizione della molecola di H2O nei confronti del legando esogeno. Questa proprietà è stata attribuita, in via ipotetica, alla diversa conformazione della tasca dell‟eme nei confronti della mioglobina di balena. La miniMb è risultata essere in due forme, l‟una (in cui l‟eme è coordinato con una molecola di H2O, come in quella intera di cavallo) è più veloce della mioglobina intera, probabilmente a causa della maggiore apertura della tasca dell‟eme nei confronti del solvente; l‟altra (in cui l‟eme è esacoordinato con un residuo endogeno, probabilmente un‟istidina) risulta essere molto più lenta, in quanto è limitata dalla dissociazione del legando endogeno. Tale studio è stato pubblicato sulla rivista internazionale Biophysical Journal. Inoltre, sempre per quanto riguarda le forme ferriche, si sono effettuati due studi, entrambi pubblicati sulla rivista Biochemical and Biophysical Research Communications, in cui si è evidenziato che (i) l‟ossidazione da perossinitrito della forma Fe(II)-CO è limitata dalla dissociazione del legando gassoso, seguita da una rapida ossidazione; (ii) l‟ossidazione da ferricianuro della forma Fe(II)-NO mostra invece la rapida formazione (linearmente dipendente dalla concentrazione di ferricianuro) dell‟intermedio Fe(III)NO, che poi evolve verso la forma Fe(III) con dissociazione della molecola di NO. Inoltre, si sono effettuati studi di folding/unfolding sulla mioglobina a seguito della reazione con detergenti anionici, quali sodio dodecil solfrato (SDS). Tale indagine, che ha prodotto una pubblicazione sulla rivista Biophysical Journal, ha evidenziato come la mioglobina reagisca differentemente con SDS a seconda che questi si trovi in forma solubile o macellare. Gli intermedi spettroscopici appaiono essere diversi nei due casi, mostrando la formazione di specie esa- e pentacoordinate. Inoltre, sempre nel campo del folding/unfolding si è studiato l‟effetto di mutazioni sito-specifiche nel citocromo c, evidenziando come le differenti istidine svolgano ruoli fondamentalmente diversi nelle varie fasi di fodling/unfolding. Sempre sul citocromo c, si è effettuata la caratterizzazione spettroscopica e funzionale del citocromo c adsorbito su un elettrodo d‟oro. Si è trattato della messa a punto di una procedura che permettesse di avere un mutante sito-specifico del citocromo c, in cui la Thr102 è stata sostituita da una Cys (capace di legare l‟elettrodo), adsorbito su un elettrodo di oro. Tale citocromo mantiene le proprietà redox del citocromo nativo, anche se non è stato ancora possibile eliminare una certa eterogeneità di popolazione. Infine, si è effettuato uno studio completo di una emoproteina batterica da Azotobacter vinelandii, composta di due domini, uno preposto all‟interazione con legandi gassosi, quali O2 e CO, e l‟altro come sensore per la trasduzione di un segnale associato ai livelli di ossigeno. Si sono caratterizzate le proprietà funzionali, sia cinetiche che termodinamiche, delle reazioni del solo dominio eme e della proteina intera con O2 e CO, evidenziando delle drammatiche differenze funzionali che 117 presuppongono una variazione conformazionale del dominio eme allorché è legato al dominio sensore. 2) Metalloenzimi Lo studio si è prevalentemente rivolto alla caratterizzazione funzionale dell‟attività delle Metalloproteasi di matrice (MMPs, che sono delle endopeptidasi con un atomo di Zn++ nel sito attivo con un ruolo catalitico) nei confronti di substrati naturali, in particolare di collageni di vario tipo fra quelli presenti nel tessuto connettivo, ma anche del fibrinogeno. In particolare, un‟indagine, che ha portato ad una pubblicazione su Journal of Molecular Biology, si è rivolta alla caratterizzazione funzionale del meccanismo di processamento del collagene I da parte di una collagenasi (MMP-8), una gelatinasi (MMP-2) e la porzione esocellulare di una metalloproteasi di membrana (MMP-14). Si è così evidenziato come il meccanismo di azione della gelatinasi sia sostanzialmente diverso da quello delle altre due. Infatti, l‟interazione della gelatinasi MMP-2 con il collagene I avviene tramite il dominio fibronectinico (presente solo nella MMP-2), che lega preferenzialmente la catena -1, inducendo uno rotolamento massiccio della struttura a tripla elica. Una volta srotolata l‟elica, la MMP-2 processa preferenzialmente la catena -2. Completamente diverso è il comportamento della collagenasi MMP-8 (così come della MMP-14), che interagisce con il collagene I tramite il dominio emopessinico, non inducendo alcuna alterazione (almeno osservabile) della struttura a tripla elica. L‟interazione non mostra alcuna preferenzialità e le due catene vengono processate in modo assai simile. Analoga preferenzialità di interazione è stata osservata nel caso dell‟interazione della MMP-2 con il fibrinogeno (formato da una tripla elica di tre catene distinte -, - e -),. Infatti, i dati cinetici e il molecular modeling hanno indicato entrambi che MMP-2 interagisce preferenzialmente con la catena del fibrinogeno, processando invece molto velocemente la catena (che è la più disordinata dal punto di vista strutturale) e più lentamente la catena , mentre la catena è lasciata imperturbata. Infine, appare particolarmente interessante l‟osservazione che il fibrinogeno ossidato da perossinitrito, processo che sembra aver luogo “in vivo” durante lo stress ossidativi, comporta l‟abolizione delle proprietà coagulanti del fibrinogeno, che continua però ad essere processato enzimaticamente da MMP-2 3) Stress ossidativo Nell‟ambito di tale argomento si è continuato ad investigare il ruolo di metalli, quali soprattutto gli ioni Cu nel determinare stresso ossidativo e come questo sia correlabile al morbo di Alzheimer. In particolare, si sono studiati dei nuovi composti di sintesi a base di Cu2+ che inducono apoptosi tramite meccanismi differenziati, ossia tramite (a) un danno diretto a livello del nucleo e dei mitocondri, oppure (b) un‟ossidazione diffusa accompagnato da segnali di stresso ossidativo. Infine si è evidenziato come dei composti derivanti dall‟estrazione dell‟aglio inducano apoptosi e arresto della crescita cellulare nel neuroblastoma collegato all‟attività della NO sintetasi neuronale. Infatti, l‟esposizione delle cellule di neuroblastoma ai solfuri derivati dall‟aglio insieme ad un inibitore della NO sintetasi induce un‟apoptosi molto più marcata e veloce, che viene invece ridotta dalla iperespressione di NO sintetasi. 118 UNITA’ DI RICERCA DEL SALENTO Direttore Scientifico: Prof. Francesco Paolo Fanizzi Gruppo Prof. Francesco Paolo Fanizzi, Michele Benedetti, Antonella Ciccarese, Sandra Angelica De Pascali, Paride Papadia, Danilo Migoni, Serena Capoccia, Vecchio Vita Maria Grazia, Cosimo Ducani, Laura Del Coco, Daniela Antonucci. L‟attività del gruppo di Chimica Generale ed Inorganica svolta nel contesto delle linee programmatiche C.I.R.C.M.S.B. si è articolata negli argomenti di ricerca di seguito riportati, inerenti la tematica “Nuovi farmaci inorganici in oncologia”. Orto-alchilazione altamente selettiva di fenoli metallo mediata. Primi analoghi organometallici del cromano contenenti platino. Abbiamo sintetizzato e caratterizzato, per la prima volta in letteratura, derivati del Pt strutturalmente simili alla vitamina E, caratterizzati da un core metallo-cromano, [Pt(EtPh)(phen)] (1a) (EtPh = 2-(ethan-2'-yl-kC1)-1-phenolato-kO1, phen = 1,10phenanthroline) e [Pt(MeOEtPh)(phen)] (1b) (MeOEtPh = 2-(ethan-2‟-yl-kC1)-4-(methoxy)-1phenolato-kO1). Il meccanismo della reazione di formazione include una reazione inattesa di alchilazione con una sostituzione elettrofila aromatica altamente stereoselettiva in orto sull‟anello fenolico, operata da [PtCl( 1-C2H4OR)(N–N)], R = Me or Ph, e uno step finale di ciclizzazione. E‟ stata determinata la struttura ai raggi X del complesso [Pt(EtPh)(phen)]. Gli studi di citotossicità e la determinazione dell‟uptake del platino, effettuati utilizzando i complessi di Pt sintetizzati su cellule HeLa, mostrano un‟interessante correlazione strutturaattività per i nuovi analoghi metallo-cromani, risultando per il complesso [Pt(MeOEtPh)(phen)], che dal punto di vista strutturale è il più simile alla Vitamina E, valori di citotossicità ed uptake del platino considerevolmente maggiori rispetto al complesso [Pt(EtPh)(phen)]. I risultati ottenuti pongono le basi per ulteriori investigazioni, al fine di verificare la possibilità che questa nuova classe di complessi organometall ici siano utilizzabili per indirizzare un metallo verso specifici target cellulari per scopi terapeutici. Sintesi, caratterizzazione ed attività citotossica di nuovi complessi di Platino(II) con leganti acilpirazolonici. Le interessanti attività antiangiogeniche ed antitumorali possedute da alcuni derivati pirazolici, insieme con i numerosi esempi di coordinazione a centri metallici da parte di β-dichetonati di derivazione pirazolica, hanno rappresentato il punto di partenza per lo studio del tipo di coordinazione al platino e della reattività di una classe di β-dichetonati eterociclici di derivazione pirazolica: i 4-acil-5-pirazoloni. Gli acilpirazoloni rappresentano una classe molto interessante di βdichetoni contenenti un anello pirazolico fuso ad un braccio chelante. La prima sintesi di un acilpirazolone risale alla fine del XIX secolo ma solo successivamente (1959) fu realizzato da B. S. Jensen un protocollo vantaggioso per la preparazione del composto 1-fenil-3-metil-4-acilpirazolo-5one. Nella chimica di coordinazione è stata già ampiamente riportata la capacità di diversi metalli, in particolare dell‟argento(I), del rame(I) e (II), dello zinco e del cadmio, di coordinarsi a βdichetonati di derivazione pirazolica. Proprio questa spiccata attitudine a legarsi ai centri metallici, rispetto ai classici complessi β-dichetonati, unita alle semplici procedure di sintesi ed all‟alta solubilità in molti solventi, è responsabile delle numerose applicazioni di tali molecole in campo medico-scientifico e tecnologico. Composti di derivazione pirazolica vengono utilizzati come catalizzatori in reazioni di idroformilazione e idroborazione e come agenti chelanti in spettroscopia per la determinazione di metalli in tracce. Inoltre, complessi di coordinazione a base di lantanidi aventi come leganti gli acilpirazoloni vengono utilizzati per le loro proprietà luminescenti. Infine, sono attribuite ad alcuni derivati pirazolici interessanti attività antiangiogeniche ed antitumorali. Considerato il notevole interesse generato negli ultimi anni dalle applicazioni dei leganti di derivazione pirazolica nella terapia dei tumori, il nostro gruppo di ricerca ha rivolto il suo interesse verso la sintesi di complessi di coordinazione di Pt(II) con leganti pirazolici a potenziale attività 119 biologica. I leganti utilizzati sono i 4-acil-5-pirazoloni: (HQPh) 1-fenil-3-metil-4- R‟(C=O)-pirazol5-one, R‟ = fenile; e (HQpy,CF3) 1-piridin-3-metil-4-R‟(C=O)-pirazol-5- olo, R‟ = CF3. Attraverso spettroscopia NMR multinucleare e multidimensionale è stata verificata la coordinazione dei leganti pirazolici al Pt(II) e sono state risolte attraverso diffrazione ai raggi X le strutture cristalline dei complessi di nuova sintesi: [PtCl(DMSO)(Qpy,CF3)], [PtCl2(HQpy,CF3)], trans[PtCl2(DMSO)(HQPh)] e cis-[PtCl2(DMSO)(HQPh)]. Successivamente il lavoro di ricerca ha riguardato l‟allestimento di saggi di citotossicità in vitro dei complessi di nuova sintesi che hanno dimostrato buona solubilità in acqua, ([PtCl2(HQpy,CF3)], cis- e trans-[PtCl2(DMSO)(HQPh)]), e la comparazione dei risultati ottenuti con quelli relativi al cisplatino. In tutti i nuovi complessi di Pt(II) è stata osservata la preferenza del metallo di coordinarsi ai leganti acilpirazolonici attraverso l‟atomo di azoto disponibile del nucleo pirazolico, piuttosto che alla funzionalità -dichetonica, portando alla formazione di complessi bidentati chelati solo nel caso dei composti ottenuti con il legante HQpy. Le prime indagini condotte sull‟attività citotossica in vitro hanno mostrato uno scarso effetto biologico per i complessi [PtCl2(HQpy,CF3)] e cis-[PtCl2(DMSO)(HQPh)], evidenziando invece un‟interessante citotossicità per l‟anologo composto a geometria trans, il quale possiede un‟attività citotossica paragonabile a quella del cisplatino e, soprattutto, superiore a quella dell‟isomero cis. Tale risultato, pur mettendo in discussione una delle regole classiche alla base della relazione struttura-attività per i complessi di coordinazione del Pt(II) analoghi al cisplatino e con leganti carrier azotati, è in linea con quanto riportato in letteratura sui complessi di Pt(II) aventi geometria trans che, contrariamente al transplatino, manifestano attività antitumorale. Nei complessi di nuova sintesi, oltre alla presenza di gruppi uscenti classici come gli ioni Cl -, è interessante mettere in evidenza la presenza di una molecola di dimetilsolfossido. Questa potrebbe essere una caratteristica strutturale molto importante alla luce dei recenti risultati riportati dal lavoro di ricerca del nostro gruppo su complessi del Pt(II), contenenti acetilacetonato (acac) e leganti solforati. Inoltre, la particolare geometria del complesso trans-[PtCl2(DMSO)(HQPh)], rispetto a quella dell‟isomero cis, potrebbe favorire un inserimento di tipo intercalante del legante acilpirazolonico tra le coppie di basi nucleiche del doppio filamento di DNA. Studio della selettività hard/soft in complessi di Pt(II) con -dichetonati. Il nostro gruppo di lavoro ha recentemente pubblicato la sintesi e la caratterizzazione di nuovi complessi di coordinazione del Pt(II), aventi struttura molto dissimile dal cisplatino ed i suoi analoghi classici: il [PtCl(O,O’-acac)(DMSO)] ed il [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMSO)]. Questi complessi presentano, al posto dei classici leganti carrier azotati, una molecola di acetilacetonato (acac) chelato o due molecole di acac, di cui una O,O’-chelata e l‟altra -legata attraverso l‟atomo di carbonio Cγ. È stato osservato che entrambi i complessi in CDCl 3 subiscono sostituzione selettiva del DMSO da parte del DMS, portando alla formazione degli analoghi complessi [PtCl(O,O’-acac)(DMS)] ed il [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMS)], per i quali è stata messa a punto una procedura di sintesi preparativa. Attraverso spettroscopia 1H NMR è stato possibile seguire l‟andamento della reazione di sostituzione in CDCl 3. Nel caso del complesso [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMSO)], dopo pochi minuti dall‟aggiunta del DMS, si osserva la comparsa di nuovi segnali relativi alla specie [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMS)] e l‟aumento del segnale relativo al DMSO libero e di quello del DMS coordinato al platino. Al fine di escludere l‟effetto del solvente sulla selettività chimica, le reazioni di sostituzione sono state effettuate in CD 3OD ed il loro decorso seguito attraverso spettroscopia 1H NMR. È stato accertato che la reazione che porta alla formazione del complesso [PtCl(O,O’-acac)(DMS)] (K1 = 6.5·101±1.3·101) è rapida e raggiunge velocemente l‟equilibrio, mentre la reazione di formazione del complesso [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMS)] (K2 = 17,0·101±3,4·101) richiede circa 3 giorni per raggiungere l‟equilibrio. Il confronto dei valori delle due costanti di equilibrio suggerisce che il legame Pt-S sia rafforzato dalla sostituzione del legante Cl - con il γ-acac, forte legante ζ-donatore. Per avere conferma della selettività hard/soft nelle reazioni di sostituzione nei complessi del Pt(II) aventi O,O’-acac come legante-carrier, si è pensato di far reagire i complessi [PtCl(O,O’-acac)(DMSO)] e [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMSO)] con trifenilfosfina (PPh3), molecola con forte carattere nucleofilo. 120 Anche in questo caso è stata osservata la sostituzione selettiva del DMSO con una molecola di PPh3, portando rispettivamente alla formazione del complesso [PtCl(O,O’-acac)(PPh3)] e [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(PPh3)]. Inoltre, anche la reazione del complesso [PtCl(O,O’acac)(DMS)] con PPh3 ha dato sostituzione selettiva del legante soft DMS, formando [PtCl(O,O’-acac)(PPh3)]. Altre prove che confermano la selettività hard/soft da parte dei complessi di coordinazione contenenti un O,O’-acac chelato sono state ottenute addizionando leganti eterociclici azotati come piridina (py), guanosina (Guo) e 5‟-GMP. Attraverso spettroscopia 1H NMR è stato osservato che [PtCl(O,O’-acac)(DMSO)] e [PtCl(O,O’acac)(DMS)] reagiscono lentamente in presenza di py, Guo e 5‟-GMP, portando alla sostituzione del legante Cl - ed alla formazione di [Pt(O,O’-acac)(DMSO)(py)]Cl, [Pt(O,O’acac)(DMSO)(N7-Guo)]Cl e [Pt(O,O’-acac)(DMSO)(N7-5‟-GMP)]Cl rispettivamente. I complessi [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMSO)] e Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMS)] non reagiscono con py e Guo, per le caratteristiche più hard di tali basi rispetto al DMSO ed al DMS, oltre che per l‟assenza di altri gruppi uscenti classici. La reattività di tali complessi è stata accer tata anche nei confronti di leganti soft, quali gli amminoacidi solforati L-metionina, L-cisteina. Infine, ulteriori ed importanti sviluppi nello studio del comportamento biologico del complesso [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMS)] hanno evidenziato la capacità di indurre apoptosi in colture di cellule HeLa e, successivamente, una elevata citotossicità di tale complesso anche su cellule di carcinoma mammario umano MCF-7, relativamente resistenti a molti agenti chemioterapici, cisplatino incluso, attraverso l‟attivazione del pathway apoptotico mitocondriale. Evidenze sperimentali della incorporazione, operata da una DNA polimerasi, di Guanine N7-platinate in DNA di nuova sintesi. L‟incorporazione nel DNA di nucleotidi legati a gruppi funzionali ha una varietà di p otenziali applicazioni. Diversi gruppi organici legati covalentemente a nucleotidi sono già largamente usati come strumenti sperimentali per la modifica degli acidi nucleici. In letteratura sono stati riportati studi estensivi sulla sintesi, struttura e proprietà di nucleotidi, oligonucleotidi, DNA e RNA metallati, principalmente ma non soltanto in relazione al cisplatino. Tale metallazione generalmente si realizza attraverso reazioni dirette del substrato polinucleotidico con un complesso metallico. Gli studi condotti dal nostro gruppo in questa linea di ricerca ci hanno consentito di dimostrare che una DNA polimerasi può inserire purine N7-platinate nel DNA di nuova sintesi, in vitro, per dare DNA platinato. Abbiamo proposto un nuovo metodo per ottenere la metallazione sito-specifica con l‟incorporazione di nucleotidi modificati con metalli nel DNA. Nei nostri studi sono stati utilizzati: 1) una DNA polimerasi modello, la Taq polimerasi, 2) il complesso [Pt-(dien)(N7-5‟-dGTP)] (dien = dietilenetriammina, 5‟-dGTP=5‟-(2‟deossi)guanosina trifosfato), opportunamente scelto come modello di monoaddotti di complessi di platino con derivati delle basi nucleiche, in quanto, per l‟assenza di labili leganti cloruro, è incapace di dare sistemi chelati, come avviene invece per i derivati del cisplatino. La possibilità di ottenere un metallo legato covalentemente ad un nucleotide, in una posizione specifica di una sequenza di un polinucleotide, dovrebbe portare ad un ampio spettro di applicazioni sia farmacologiche (drug design) che tecnologiche (produzione di array metallici basati su DNA-templati ). Gruppo Prof. Marsigliante Santo, Muscella Antonella, Urso Loredana, Calabriso Nadia, Vetrugno Carla. Valutazione dell’attività citotossica di [Pt(O,O’-acac)(γ-acac)(DMS)] nel cancro mammario. L‟unità coordinata dal prof. Marsigliante ha effettuato la caratterizzazione biologica di nuovi complessi del platino(II): [PtCl(O,O‟-acac)(DMSO)], [Pt(O,O‟-acac)(γ-acac)(DMSO)] e [Pt(O,O‟acac)(γ-acac)(DMS)]). Questi complessi del platino contenenti acetilacetonato (acac) e dimetilsolfossido (DMSO) o DMS nella sfera di coordinazione del metallo hanno una ridottissima reattività con le nucleobasi e una specifica reattività con ligandi solforati, suggerendo che i bersagli cellulari preferiti possano essere i tioli proteici. 121 Per questi nuovi composti, interessanti anche per la loro dimostrata citotossicità in vitro (cellule tiroidee di ratto), ne avevamo ipotizziamo l‟efficacia anche verso tumori cisplatinoresistenti/refrattari (in funzione della loro interazione con le proteine), anche in base alla possibile presenza di bersagli proteici tumore-specifici. Per cui la valutazione della citotossicità/resistenza cellulare in assenza e in presenza dei composti a base di Pt è stata effettuata mediante tecniche analitiche e spettroscopiche in varie cellule di carcinoma mammario. In breve, le cellule mammarie utilizzate sono state: tumorali ER-positive MCF-7; cellule trasformate ma ER negative MDA-MB-131, SKBr3 e HCC-1937 e le cellule derivate da tessuti sani MCF-10A (non tumorigeniche) ed HBL-100 (tumorigeniche). Con questo pannello di linee, che può essere ulteriormente allargato alle cellule in coltura primaria, abbiamo stabilo il potenziale clinico di [Pt(O,O‟-acac)(γ-acac)(DMS)]). [Pt(O,O‟-acac)(γ-acac)(DMS)]) ha un effetto citotossico maggiore nelle MCF-7, rispetto a tutte le linee cellulari sopra menzionate. Dall‟analisi dei valori di IC50 dopo 72 h di esposizione a [Pt(O,O‟acac)(γ-acac)(DMS)]) si nota che questi sono più elevati nelle cellule sane MCF-10A e più bassi nelle cellule tumorali MCF-7 (circa 40 µM e 0.6 µM rispettivamente; p<0.0001). Le linee cellulari MDA-MB-131, HBL-100 e SKBr3 hanno valori di IC50 comparabili tra loro (p>0.05), superiori a quelli misurati nelle MCF-7 (p<0.001) e inferiori a quelli nelle MCF-10A (p<0.001). L‟analisi densitometrica di ERK fosforilato mostra che in condizioni di controllo esso è differentemente attivato nelle varie linee utilizzate. [Pt(O,O‟-acac)(γ-acac)(DMS)]) provoca la fosforilazione (e quindi l‟attivazione) di ERK in tutte le linee, senza modificarne l‟espressione proteiva totale. Inoltre si è evidenziata una correlazione inversa e significativa tra la citotossicità e il grado di fosforilazione di ERK dovuta all‟azione di [Pt(O,O‟-acac)(γ-acac)(DMS)]) (r2=0.973; p=0.0013) ma non con il grado di fosforilazione basale di ERK. Inoltre, la citotossicità di [Pt(O,O‟-acac)(γ-acac)(DMS)]) si correla in modo diretto con lo stato recettoriale (ER) delle cellule analizzate (r2=0.902; p<0.005). In conclusione i risultati ottenuti incoraggiano la continuazione di questo studio allo scopo di chiarire i meccanismi di azione e la comprensione delle vie di trasduzione coinvolte nella risposta cellulare alla azione dei nuovi complessi del platino (II) interessanti per le modalità di interazione con le proteine cellulari piuttosto che con gli acidi nucleici. Gruppo Prof. Michele Maffia, Raffaele Acierno, Fernanda Chiriacò, Antonio Danieli, Agnese De Luca, Marianna De Mitri, Marilena Greco, Andrea Papa, Antonia Rizzello, Emanuela Urso, Daniele Vergara. Il rame è un micronutriente essenziale in tracce per la sopravvivenza di tutti gli organismi, tuttavia, se in eccesso rispetto alle necessità fisiologiche di una cellula, può risultare tossico. L‟assunzione di rame da parte di un organismo avviene essenzialmente attraverso le mucose intestinali ed è mediata da un sistema di trasporto saturabile ad elevata affinità per il substrato, il carrier CTR1. All‟interno della cellula, gli ioni rame liberi sono praticamente inesistenti, poiché legati da una famiglia di proteine altamente conservate nei procarioti e negli eucarioti, i chaperon del rame, che veicolano il metallo verso specifici compartimenti subcellulari ed enzimi che lo richiedono come cofattore. L‟efflusso di rame dalla cellula avviene essenzialmente ad opera delle proteine di Menkes e Wilson. Si tratta di due ATPasi di tipo P, localizzate a livello dell‟apparato di Golgi, che, in presenza di un eccesso di rame, si localizzano a livello della membrana plasmatica. Alterazioni del delicato equilibrio omeostatico del rame dovute al malfunzionamento di queste ATPasi sono associate a diversi stati patologici. Nonostante il riconosciuto coinvolgimento del metallo nell‟insorgenza di svariate patologie neurodegenerative, in ogni caso legate ad un ridotto assorbimento dello ione e/o ad una distribuzione tissutale deficitaria, i meccanismi che presiedono all‟omeostasi cellulare del rame, in particolare nei tessuti nervosi, non sono stati ancora del tutto definiti. Alla luce di queste premesse, l‟attività sperimentale è in gran parte consistita nello studio degli effetti prodotti da una scarsa disponibilità di rame in un modello cellulare di neuroblastoma di ratto, denominato B104, che riproduce in vitro numerose caratteristiche tipiche dei neuroni (sintesi di neurotrasmettitori, eccitabilità di membrana, ecc…). 122 Per definire nel modello cellulare in questione gli effetti di una condizione di deprivazione di rame, le cellule B104 sono state incubate in presenza di cuprizone, chelante specifico degli ioni rame, per 48 e 96 h. Anzitutto, tale trattamento non ha prodotto in alcun caso significative alterazioni dell‟integrità cellulare (saggio Trypan Blue), né è stata rilevata alcuna variazione da un punto di vista morfologico rispetto alle condizioni di coltura standard. Tuttavia, poiché è ampiamente documentato in letteratura come un‟alterata omeostasi cellulare del rame possa in molti casi costituire uno stimolo pro-apoptotico, è stata valutata mediante test colorimetrico (quantificazione spettrofotometrica dell‟attività proteolitica sul substrato cromogeno DEVD-pNA) l‟eventuale attivazione dell‟enzima caspasi-3 in risposta a deplezione di rame. A dispetto di un‟inalterata vitalità cellulare, è stato osservato nel tempo un incremento sensibile e scalare dell‟attività di tale enzima. Questo dimostrerebbe che la deplezione di rame non è sufficiente a generare uno stress ossidativo tale da indurre effettivamente le cellule in apoptosi, benché si attivino i relativi meccanismi. Al fine di verificare la specificità d‟azione del cuprizone, sono state condotte delle misurazioni di attività enzimatica dei cuproenzimi Cu,Zn Superossido Dismutasi e Citocromo C Ossidasi su lisati cellulari ottenuti da cellule B104 esposte alla presenza di cuprizone per 48 e 96 h. Parallelamente, sono state effettuate delle misure su tre enzimi considerati generici marker del metabolismo cellulare (non rame-dipendenti), la Lattico Deidrogenasi, la Succinato Citocromo C Reduttasi e la Catalasi. Dopo 48 ore di deprivazione di rame, sorprendentemente, l‟attività del cuproenzima Cu, Zn Superossido Dismutasi è risultata invariata, mentre, protraendo il trattamento per 96 ore, ne è stato rilevato un incremento estremamente significativo (p<0.001). L‟incremento nell‟attività della Cu,Zn SOD è un evento insolitamente registrato in risposta a carenze di rame in vivo ed in vitro, poiché la mancata incorporazione dello ione rame nella struttura enzimatica rappresenta un fattore critico per la funzionalità della proteina. Tuttavia, i dati sperimentali di cui disponiamo sulla modulazione dell‟espressione dei trasportatori di rame in risposta a carenza di rame per 48 h evidenziano un marcato aumento nella sintesi del carrier CTR1, implicato nell‟uptake del metallo ad elevata affinità. Questo potrebbe contribuire ad un ripristino di livelli intracellulari di rame tali da non alterare significativamente l‟attività del cuproenzima citosolico Cu,Zn SOD. La pre-incubazione delle cellule B104 in presenza di cuprizone per 48 ore non ha influito sull‟attività enzimatica della Citocromo C Ossidasi. Contrariamente a quanto osservato per la Cu,Zn SOD, prolungando il trattamento per 96 ore, si è osservata una sensibile riduzione dell‟attività dell‟enzima rispetto alla condizione controllo (p<0.05). Il diverso comportamento dei due cuproenzimi può essere giustificato alla luce dell‟architettura della cellula, che veicola una risorsa scarsamente disponibile verso i compartimenti più facilmente accessibili. L‟enzima Citocromo C Ossidasi ha una collocazione intracellulare che non lo predispone alla captazione immediata del rame scarsamente disponibile rispetto ad un enzima citosolico come la SOD. Inoltre, analisi condotte su ratti alimentati con diete a basso contenuto di rame hanno messo in evidenza una up-regulation dell‟espressione del chaperone CCS (Copper Chaperon for SOD), deputato all‟incorporazione di rame nella SOD, associata a condizioni di carenza di rame, rivelando questo l‟esistenza di una priorità nella distribuzione di rame all‟interno della cellula. Meccanismi di modulazione dell‟espressione analoghi a quelli noti per il chaperone CCS non sono stati riportati per altre proteine con analoga funzione. Riguardo la ridotta attività della CCO dopo 96 h di carenza di rame, occorre aggiungere che l‟omeostasi del rame influenza criticamente l‟assemblaggio delle subunità che costituiscono l‟oloenzima funzionale. Questo potrebbe essere all‟origine di squilibri nel funzionamento dei mitocondri con conseguente formazione di specie reattive dell‟ossigeno, comparsa di stress ossidativo e attivazione dei meccanismi apoptotici (caspasi-3). Per quanto riguarda gli enzimi Lattico Deidrogenasi, Succinato Citocromo C Reduttasi e Catalasi, in nessun caso sono state riscontrate significative alterazioni dell‟attività enzimatica, eccezion fatta per la Catalasi, la cui attività è risultata moderatamente incrementata dopo 96 ore di trattamento con cuprizone. Questo dato appare concorde con il riscontro sperimentale di un sensibile incremento nell‟attività del cuproenzima Cu,Zn SOD dopo 96 ore di deplezione di rame. Entrambi gli enzimi sono, infatti, deputati alla detossificazione della cellula da specie reattive dell‟ossigeno, che in genere si formano in condizioni di bassi livelli di rame intracellulare. 123 Al fine di rilevare nel modello cellulare B104 eventuali alterazioni dei flussi cellulari dello ione rame in risposta alle condizioni sperimentali sopra descritte, è stata condotta un‟analisi cinetica tramite una metodica di analisi fluorimetrica basata sull‟utilizzo dell‟indicatore fluorescente sensibile al rame Phen Green SK. La metodica citata ha consentito di dimostrare precedentemente che l'ingresso dello ione in cellula è mediato essenzialmente da un sistema di trasporto saturabile, la cui costante di Michaelis e Menten (0.22±0.06 µM) risulta compatibile con i valori riportati in letteratura per i trasportatori della famiglia CTR (0.6-5 µM), interpreti molecolari dell‟intake cellulare di rame. L‟idoneità della tecnica in questione è stata, inoltre, confermata tramite verifica delle caratteristiche biochimiche proprie dei flussi di rame in ingresso nella cellula (K + -dipendenza, inibizione da parte degli ioni Ag+, Zn2+). L‟analisi cinetica effettuata su cellule B104 incubate in presenza di cuprizone per 48 e 96 h non ha in alcun caso evidenziato significative alterazioni nel processo di uptake cellulare degli ioni rame rispetto alle condizioni di coltura standard. Alla luce degli studi da noi condotti in precedenza rispetto all‟espressione dei diversi trasportatori coinvolti nell‟uptake cellulare del metallo, riteniamo plausibile che questo sia dovuto ad un meccanismo di co-regolazione CTR1-DMT1, già ipotizzato nel caso di un‟altra linea cellulare (HepG2), esposta ad un‟alterata disponibilità di rame extracellulare. Per confermare i risultati degli studi funzionali condotti su cellule in sospensione, si è deciso di mettere a punto una metodica di analisi dei flussi cellulari di rame mediante microscopia confocale applicata a cellule adese e pre-caricate con la sonda fluorescente Phen Green SK. Questo tipo di approccio ci ha consentito di verificare come le variazioni del segnale di emissione dell‟indicatore osservate mediante lo spettrofluorimetro siano imputabili in maniera specifica alle molecole di sonda trattenute all‟interno del citosol. Al momento si sta lavorando al perfezionamento di tale metodica, che possa consentire di preservare la fisiologia delle cellule il più a lungo possibile nel corso delle valutazioni sperimentali ed apprezzare eventuali variazioni nei fenomeni di trasporto nelle cellule B104 in seguito a deprivazione di rame. Ci sembra, comunque, che l‟utilizzo di una metodica di microscopia confocale possa evidenziare delle variazioni nei fenomeni di trasporto solo se di una certa entità e, ad ogni modo, è improbabile che si possano quantificare con precisione. Nell‟intento di definire più in dettaglio le strategie adattative messe in atto dal modello cellulare B104 in risposta alla ridotta disponibilità di rame nel mezzo di coltura, ci si è proposti di indagare con un approccio di tipo proteomico le eventuali variazioni del profilo d‟espressione proteica. Per avere maggiori riscontri, si è lavorato al perfezionamento di procedure per l‟allestimento di campioni da sottoporre ad analisi proteomica a partire da omogenati cellulari totali e preparazioni di membrane. Sono tuttora in corso le analisi di identificazione degli spot proteici escissi dalle mappe proteomiche elaborate. Infine, il nostro gruppo di ricerca si è avvalso del metodo di indagine proteomica nell‟ambito di uno studio volto a definire un‟eventuale correlazione tra le manifestazioni cliniche di una patologia che potrebbe essere correlata ad un dismetabolismo del rame, la Sclerosi Multipla, ed il profilo d‟espressione proteica dei PBMC (cellule mononucleate del sangue periferico) in soggetti malati e/o sottoposti a terapia con interferone (IFN). Gruppo di ricerca diretto dal prof. T., Schettino, Maria Giulia Lionetto, Maria Elena Giordano, Roberto Caricato, Elisa Erroi, Antonio Calisi. Nel corso dell‟anno 2007 il gruppo di ricerca diretto dal prof. Schettino ha continuato lo studio del metalloenzima anidrasi carbonica e, in particolare, della sua sensibilità in vitro alle principali classi di contaminanti chimici ambientali, quali metalli pesanti, pesticidi e PCB, intrapreso negli anni precedenti. L‟anidrasi carbonica è un metalloenzima che catalizza la reazione reversibile di idratazione dell‟anidride carbonica a bicarbonato. Tale enzima ha un‟ampia diffusione nel mondo vivente, essendo presente in alcuni batteri, nelle piante e negli animali. Il sito attivo dell‟enzima è localizzato in una profonda tasca, situata nel centro della molecola in cui è alloggiato lo ione Zn 2+ che si lega a tre residui di istidina della proteina. 124 Nel corso del 2007, inoltre, il gruppo di ricerca del prof. Schettino ha proseguito lo studio, intrapreso negli anni precedenti, delle metallotioneine, proteine citoplasmatiche ad elevata affinità per i cationi dei metalli pesanti, su organismi sentinella della qualità del suolo, quali i lombrichi, ai fini dello studio della contaminazione del suolo da metalli pesanti. Gruppo Prof.ssa Luciana Dini, Bernardetta Tenuzzo, Elisa Panzarini, Laura Zatta, Alessandra Scordari, Loredana Morelli. La terapia fotodinamica nella cura dei tumori La terapia fotodinamica (PDT) dal punto di vista clinico è il trattamento dei tumori basato sull‟azione di molecole fotosensibilizzanti (PS), che si localizzano, spesso in modo preferenziale, nelle cellule tumorali rispetto a quelle sane circostanti, e svolgono un‟azione citotossica, quando sono eccitate dalla luce ad opportune lunghezze d‟onda. In seguito all‟eccitazione, la dissipazione di energia assorbita avviene attraverso processi fotochimici, con conseguente comparsa di nuove specie chimiche ossidanti instabili e quindi capaci di interagire fortemente con le molecole del microambiente circostante, inducendo morte cellulare sia per necrosi che per apoptosi. Sono stati presi in considerazione gli effetti del trattamento fotodinamico per la capacità di indurre apoptosi, usando come substrato fluorogenico il Rosa Bengala (RB) e cellule HeLa come linea cellulare tumorale. I primi studi, riportati in un lavoro pubblicato su Journal of Photochemistry and Photobiology, ci hanno portato a concludere che il tipo di morte preferenzialmente indotta dal nostro protocollo sperimentale è l‟apoptosi. La nostra indagine è proseguita, quindi, cercando di definire i meccanismi molecolari alla base dell‟apoptosi indotta dal nostro tipo di trattamento. Tra i diversi pathways di induzione apoptotica ci siamo concentrati su quello che parte dai recettori di membrana (estrinseco) e su quello che coinvolge i mitocondri (intrinseco). Valutando l‟attività enzimatica di 3 diverse caspasi, la 8 per la via estrinseca, la 9 per quella intrinseca e la 3, abbiamo concluso che entrambi i pathways vengono indotti dal trattamento in modo tempo-dipendente: il segnale di morte parte precocemente dai mitocondri, mentre ai tempi più lunghi è mantenuto dall‟attività della caspasi 8. Ci siamo concentrati, comunque, sul danno mitocondriale, valutando innanzitutto alterazioni del potenziale transmembrana al microscopio a fluorescenza tramite marcatura con MitoTracker e, quindi, la quantità di citocromo c che viene riversata dai mitocondri nel citoplasma e il coinvolgimento dei geni della famiglia Bcl-2, i cui prodotti formano canali sulla membrana mitocondriale per il passaggio del citocromo c. Alla luce dei risultati ottenuti, abbiamo ipotizzato che altri pathway di induzione apoptotica sono coinvolti nel nostro modello sperimentale, come ad esempio la via caspasi indipendente e l‟induzione attraverso il reticolo endoplasmico. Nel primo caso abbiamo valutato la presenza di un fattore apoptogenico, AIF, in grado di indurre morte apoptotica attraverso danneggiamento del DNA senza intervento dell‟azione delle caspasi, attraverso analisi Western Blotting di estratti proteici di cellule HeLa fotosensibilizzate con il Rosa Bengala. Nel secondo caso abbiamo valutato l‟attivazione della caspasi 12, che i dati in letteratura riportano come effettrice di un danno al reticolo, e l‟alterazione dell‟omeostasi dello ione Ca2+. I risultati ottenuti ci hanno portato a concludere che il trattamento fotodinamico condotto secondo il nostro protocollo sperimentale induce morte per apoptosi indotta, in tempi diversi, secondo differenti pathway. Abbiamo poi valutato anche l‟induzione di forme di morte cellulare diverse dall‟apoptosi, concentrandoci in particolare sulla morte per autofagia. Abbiamo utilizzato il marker biochimico maggiormente riportato dai dati in letteratura, LC3, e abbiamo condotto un‟analisi Western Blotting dell‟estratto proteico ricavato dalle cellule dopo il trattamento fotodinamico. In quest‟anno la ricerca sperimentale si è concentrata soprattutto nello studio della fagocitosi, valutando innanzitutto quali tipi di recettori di superficie le cellule HeLa, rese apotptiche con la PDT, utilizzano come mezzo di riconoscimento da parte dei macrofagi: abbiamo valutato una serie di lectine fluorescenti e 3 diversi recettori, ICAM-3, HCAM e CD47, attraverso analisi morfologica al microscopio a fluorescenza. 125 Sono stati valutati, quindi i rispettivi recettori presenti sui macrofagi RAW 264.7 attivati con LPS. I dati ottenuti ci hanno permesso di concludere che le cellule utilizzano l‟esposizione di residui saccaridici come segnale per il riconoscimento da parte dei macrofagi. Si stanno, comunque, valutando vie di segnalazione macrofagica alternative all‟esposizione recettoriale. E‟ stato allestito, quindi, un modello di fagocitosi in vitro e al momento è in corso di valutazione l‟efficienza di clearance da parte dei macrofagi delle cellule HeLa, PDT-trattate. Gruppo Prof. Bruno Di Jeso , Luca Ulianich, Sonia Treglia, Giuseppe Specchia, Angela Lombardi. Studio dello Stress del Reticolo Endoplasmico in cellule tiroidee. Abbiamo recentemente dimostrato che il trattamento di cellule PC Cl3 con tapsigargina/tunicamicina causa l‟acquisizione di un errata conformazione tridimensionale da parte della tireoglobulina (Tg), la quale viene ritenuta nel reticolo endoplasmatico (RE). Ciò porta all‟attivazione di una serie di risposte di tipo adattativo, complessivamente note come UPR (Unfolded Protein Response). Oltre ad esse, tuttavia, abbiamo osservato una marcata dedifferenziazione delle cellule tiroidee. Sia i livelli degli mRNA tiroide-specifici che quelli delle proteine corrispondenti, quali Tg, tireoperossidasi, pompa dello iodio, i fattori di trascrizione tiroidei (TTF)-1/2 e Pax8 diminuivano drammaticamente dopo 12-24 ore di trattamento, mentre i livelli di geni “housekeeping” quali GADPH, actina e tubulina non subivano variazioni apprezzabili. Tali effetti erano accompagnati da cambiamenti morfologici, come testimoniato da esperimenti di immunofluorescenza condotti sia su cellule PC Cl3 che su cellule FRT. La E-caderina veniva drammaticamente ridistribuita dalla superficie cellulare a compartimenti intracellulari. In accordo con tale osservazione, la resitenza transepiteliale diminuiva di circa il 50%. Inoltre, si formavano fibre di stress che erano assenti nelle cellule non stressate. Le osservazioni di tipo morfologico sono state confermate biochimicamente. Esperimenti di RT-PCR e Western Blot hanno infatti mostrato che sia i livelli di mRNA che di proteina corrispondenti alla E-caderina diminuivano marcatamente. 126 UNITA’ DI RICERCA DI SIENA Direttore Scientifico: Prof. Piero Zanello Nel corso del 2007, l'Unità di Ricerca di Siena ha proseguito ricerche e studi su molecole di interesse biomedico e farmacologico avvalendosi delle competenze specifiche dei diversi gruppi componenti l‟unità, competenze che spaziano dalla sintesi alla caratterizzazione chimico-fisica (strutture molecolari mediante tecniche a Raggi X e mediante tecniche spettroscopiche, proprietà elettro- e spettroelettro-chimiche e capacità complessante di metalloleganti mediante misure calorimetriche), alla caratterizzazione farmaco-bio-medicale. Gran parte di tali indagini sono state condotte in collaborazione con gruppi di ricerca sia nazionali, che internazionali. 1. Gruppo di ricerca del Professor Piero Zanello Nel corso dell'anno 2007 sono proseguite collaborazioni già in atto da alcuni anni e ne sono state instaurate di nuove, tutte mirate alla determinazione della capacità ossido-riduttiva di molecole di potenziale interesse bio-medico. Infatti, in collaborazione col gruppo del Professor L. Messori (Dipartimento di Chimica dell'Università di Firenze) sono stati effettuati studi sull‟inibizione dell‟attività della tioredossina reduttasi da parte di complessi di Ru(III) e in collaborazione col Professor L.Messori e il Professor M.Ginanneschi (Dipartimento di Chimica Organica “Ugo Schiff” dell'Università di Firenze) è stato caratterizzato un complesso di Cu(II) con un nuovo legante macrociclico tetrapeptidico capace di ossidarsi a Cu(III) in atmosfera di ossigeno. Infine, in collaborazione col Professor Z.J.Lesnikowsky (Centre of Medical Biology, Laboratory of Molecular Virology and Biological Chemistry, Polish Academy of Sciences, Lodz, Poland) sono stati sintetizzati coniugati nucleosidici con cobaltocarborani come potenziali sensori del DNA 2. Gruppo di ricerca del Professor Marco Ferrali Sono continuati gli studi per definire le caratteristiche chimico-fisiche di un nuovo chelante del ferro(III) nella prospettiva di offrire un'alternativa agli specifici farmaci tuttora in uso nella terapia anti-accumulo di ferro nei tessuti. Il frutto di tali studi è in fase di stesura. Nel contempo si è portata a termine la collaborazione con il Dipartimento di Chimica dell'Università di Modena riguardante lo studio di nuove molecole come trasportatori di Ga(III) nella terapia antineoplastica. 3. Gruppo di ricerca del Professor Mario Casolaro Durante l‟anno 2007, la ricerca del dr. Mario Casolaro ha riguardato soprattutto lo sviluppo di nuovi idrogeli polimerici sensibili a varie sollecitazioni esterne (pH, temperatura, concentrazione e tipo di sale, potenziale elettrico) e la loro applicazione nel rilascio di farmaci a base di metalli (es. Pt). 4. Gruppo di ricerca dei Professori Vomero, Anzini, Cappelli. L‟attività scientifica svolta nel 2007 dal gruppo di ricerca dei Prof. Vomero, Anzini, Cappelli ha riguardato: a) la progettazione, la sintesi, la caratterizzazione strutturale, e farmacologica di composti eterociclici di interesse farmaceutico; b) la sintesi, caratterizzazione e lo studio delle potenziali applicazioni nel rilascio controllato di farmaci di matrici polimeriche innovative; c) la veicolazione di cluster icosaedrici del boro a cellule tumorali attraverso la coniugazione con ligandi di recettori sovraespressi nei tessuti tumorali (drug targeting); d) lo sviluppo di traccianti per la tomografia ad emissione di positroni (PET). 127 5. Gruppo di ricerca del Professor Giuseppe Campiani Nel corso del 2007 sono proseguite le ricerche chimico-farmaceutiche nei settori delle malattie neurodegenerative legate al misfolding delle proteine, delle malattie neuropsichiatriche, nel campo dei farmaci antienzimatici, nel settore dei farmaci antimalarici, antivirali, anti-HIV ed anti-HCV, nel settore dei farmaci antitumorali a struttura taxanica o a struttura eterociclica e nel campo dei diagnostici per malattie causate da prione e amiloide. 6. Gruppo di ricerca del Professor Gianni Valensin Nel corso del 2007 è proseguita la caratterizzazione strutturale e dinamica in soluzione acquosa a pH fisiologico dei complessi dello ione Cu(II) e Zn(II) con sequenze aminoacidiche di proteine coinvolte in processi neurodegenerativi. In particolare, sono utilizzate tecniche potenziometriche per determinare le costanti di stabilità e la stechiometria dei complessi le interazioni tra ioni Cu2+ e spettroscopiche (NMR, EPR, UV-Vis, CD) per ottenere la struttura dei complessi stessi. Tali studi sono stati condotti in collaborazione con il gruppo di ricerca del Prof. H.Kozlowski (Università di Wroclaw, Polonia). Un‟altra linea di ricerca ha riguardato il ruolo svolto dagli ioni Cu(II) nell‟interazione tra antibiotici aminoglicosidici e la il sito A della sub-unità 16S dell‟RNA. È stato affrontato lo studio seguendo la seguente traccia, anche alla luce di pubblicazioni precedenti: (i) conformazione in soluzione dell‟antibiotico libero; (ii) struttura del complesso antibiotico-Cu(II); (iii) interazione antibiotico-RNA in assenza e in presenza di ioni Cu(II). Sono stati infine caratterizzati mediante 1H-NMR ed altre tecniche spettroscopiche i complessi di disprosio dell‟antibiotico di natura peptidica Ciclosporina A e il complesso rameico dell‟antibiotico sinefungina. 7. Gruppo di ricerca del Professor Renzo Cini Nel corso del 2007 e nell‟ambito delle tematiche del Consorzio è continuata la ricerca su complessi metallici come potenziali farmaci. La strategia di ottenere farmaci multivalenti grazie alla combinazione delle attività farmacologiche dei leganti con quelle del metallo ha dato promettenti risultati nel caso di complessi rame-oxicam, che hanno mostrato attività anticancro selettiva in vitro per una serie di tumori maligni umani. Come in passato, è stata curata la sintesi e la caratterizzazione strutturale mediante metodi diffrattometrici e di chimica computazionale dei complessi, e la loro reattività con proteine ed altre biomolecole. Sono stati effettuati studi ab initio e funzionali di densità su complessi metallici e addotti substrato proteina. Particolare attenzione è stata rivolta a studi di carico e rilascio dei complessi preparati in questo progetto su e da idrogeli di sintesi preparati e caratterizzati dal collega Mario Casolaro nell‟ambito della cooperazione all‟interno del CIRCMSB-Unità di Siena. Lo scopo di questo studio è quello di realizzare delle vie di somministrazione di farmaci a base di metalli che siano efficaci ed in grado di ridurre gli eventuali effetti collaterali indesiderati dei farmaci stessi. 128 UNITA’ DI RICERCA DI TORINO Direttore Scientifico: Prof. Silvio Aime L‟attivita‟ di ricerca dell‟Unita‟ di Torino si e‟ articolata lungo le seguenti linee e i risultati ottenuti sono stati oggetto di 38 pubblicazioni a stampa. Nuovi agenti MRI Il lavoro si e‟ focalizzato su chelati di Gd(III) ad elevata stabilita‟ termodinamica e cinetica e caratterizzati dal possedere due molecole di acqua nella loro sfera di coordinazione. Da un lato si e‟ proceduto con l‟ottimizzazione dei leganti della serie HOPO (in collaborazione con L‟Unita‟ di Ricerca del Piemonte Orientale e con il Dipartimento di Chimica dell‟Universita‟ di Berkeley) andando ad introdurre sostituenti sugli anelli aromatici in grado di ulteriormente rinforzare le caratteristiche chelanti del sistema. In un‟altra direzione si e‟ sviluppato il sistema Gd-AAZTA (anch‟esso caratterizzato da due molecole di acqua di coordinazione) andando ad introdurre una catena alifatica sul carbonio esociclico. Il complesso Gd-(AAZTA-C17) forma micelle ed interagisce con l‟Albumina generando un addotto supramolecolare la cui relassivita‟ e‟ la piu‟ alta fin‟ora riportata. Un altro derivato lipofilo di AAZTA contenente due catene lipofile in grado di formare micelle caratterizzate da un valore di cmc estremamente basso e‟ stato utilizzato per mettere a punto una nuova procedura di “labeling” cellulare. Le micelle di questo complesso anfifilico sono cariche negativamente e pertanto possono essere raccolte da un polipeptide carico positivamente (es. poliarginina) il quale interagisce anche con residui negativi sulla superficie cellulare. Per questa strada e‟ stato possibile dimostrare che si possono “labellare” cellule senza internalizzare la sonda paramagnetica che, viceversa, viene ad essere tenuta “al guinzaglio” dal “linker” polipeptidico. Un‟altra attivita‟ ha riguardato la caratterizzazione del “binding” di complessi di Gd funzionalizzati con residui di acidi colici alla proteina di trasporto degli acidi biliari (in collaborazione con ricercatori dell‟Universita‟ di Verona). In questo modo e‟ stato possibile mettere in evidenza le caratteristiche dei determinanti del “binding” ad una proteina che rappresenta uno “step” importatnte nel trasporto di questi agenti di contrasto epatotropici. Ancora nel campo di sistemi funzionalizzati sono stati caratterizzati complessi di Gd funzionalizzati con l‟acido fenil-boronico, potenzialmente in grado di riconoscere strutture glucidiche attraverso il riconoscimento della funzione diolica Nel contesto della comprensione del ruolo di fattori ambientali sulla modifica di parametri quali la velocita‟ di scambio dell‟acqua coordinata a centri metallici e la stabilita‟ dei complessi e‟ stato messo in evidenza l‟importanza della formazione di legami di idrogeno coinvolgenti atomi donatori della gabbia di coordinazione. Attraverso la sintesi di un composto-modello contenente un gruppo fosfonico (coordinate) e un gruppo amminico ( separato da una corta catena alifatica) e‟ stato possibile mimare le caratteristiche interazioni che si stabiliscono tra un complesso metallico e la superficie di una proteina. Infine molta attenzione e‟ stata dedicata al miglioramento degli agenti CEST (Chemical Exchange Saturation Transfer), in particolare dei sistemi a base di Liposomi. Questa classe di agenti CEST dispone di un gran numero di protoni scambiabili (tutte le molecole di acqua contenute nella cavita‟ del liposoma) ma lo shift indotto sulla loro risonanza, ai valori massimi di “shift-reagent” intrappolabili nella cavita‟ intraliposomiale, e‟ piuttosto ridotto (3-4 ppm). La possibilita‟ di disporre di sistemi nei quali la risonanza dei protoni da irradiare sia molto piu‟ “shiftata” offrirebbe notevoli vantaggi da un punto di vista dell‟applicabilita‟ “in vivo” di questi sistemi (accesso a valori maggiori di Kex, rimozione degli effetti di saturazione diretta della risonanza dell‟acqua di “bulk”, rimozione degli effetti di trasferimento di magnetizzazione da molecole endogene....) A tal fine si sono raggiunti risultati importanti andando a generare Liposomi non-specifici contenenti complessi paramagnetici sia nella cavita‟ interna che incorporati nella membrana liposomiale. E‟ stata messa a punto una procedura basata sulla preparazione di Liposomi ipo-osmolari i quali, a contatto con un mezzo di con osmolarita‟ del plasma, espellono acqua e assumono forma asimmetrica. Un siffatto comparto asimmetrico genera un forte contributo al chemical shift dell‟acqua nella cavita‟ 129 liposomiale. Per questa strada si sono realizzati sistemi nei quali lo shift dell‟acqua interna e‟ a 3540 ppm dal segnale dell‟acqua di “bulk”. Procedure di Imaging Molecolare In collaborazione con gruppi di Biologi sono state messe a punto nuove procedure di imaging molecolare. Un importante “target” nella diagnostica dei tumori e‟ rappresentato dal trasportatore delle LDL (Lw Density Lipoproteins). Infatti le cellule tumorali, in rapida proliferazione, hanno bisogno di grandi quantita‟ di colesterolo e altre stostanze lipidiche per la realizzazione delle membrane cellulari. A questo fine e‟ stato riscontrato che un gran numero di tumori mostra una sovraespressione dei recettori per le LDL. Su questa base la visualizzazione MRI di un tumore puo‟ essere perseguita attraverso l‟impiego di LDL opportunamente labellate con complessi di Gd. Utilizzando il complesso anfifilico Gd-(AAZTA-C17) e‟ possibile “caricare” ogni particella di LDL con circa 400 atomi di Gd, dotati di una relassivita‟ di circa 25mM-1s-1. Le LDL cosi “labellate” sono state iniettate in topi nei quali erano state preventivamente inoculate sottocute, cellule tumorali (neuroblastoma e melanoma). A partire da qualche ora dopo la somministrazione del mezo di contrasto si ottiene una buona visualizzazione del tumore. L‟accumulo delle LDL nella regione tumorale e‟ stata validata mediante l‟impiego di LDL opporunamente “dopate” con coloranti fluorescenti per l‟osservazione al microscopio confocale. Un altro target preso in considerazione e‟ rappresentato dai residui tiolici sulla membrana cellulare. Vi e‟ in letteratura un certo interesse al ruolo che possono avere i residui di cisteina esposti alla matrice extracellulare. In particolare e‟ stato messo in evidenza che in determinate proteine di membrana esse rivestono un ruolo determinante nel definire la conformazione. Al fine di dosare i residui –SH e‟ stato preparato un derivato del Gd-DOTA in grado di legarsi selettivamente ai gruppi SH. Altri sistemi “vettorializzati” con peptidi sono stati preparati e caratterizzati in collaborazione con l‟Unita‟ di Napoli. Si tratta di sistemi micellari contenenti un elevato numero di Gd in grado di superare i problemi della scarsa sensibilita‟ delle sonde MRI. Infine e‟ stato isolato e caratterizzato un nuovo peptide con la tecnica del “phage display” per il riconoscimento di molecole di adesione sulla superficie di cellule endoteliali tumorali. Utilizzo di ultrasuoni e microonde nelle reazioni Il gruppo del Prof. G.C.Cravotto ha sviluppato una serie di apparecchiature atte a sfruttare ultrasuoni e microonde nella sintesi chimica. E‟ stato dimostrato come l‟utilizzo di queste stimolazioni fisiche portano ad una notevole accellerazione della velocita‟ di reazione con un marcato aumento della resa. In particolare sono state studiate alcune reazioni per le quali la semplice attivazione termica non permette l‟isolamento di quantita‟ significative di prodotto. E‟ stato anche indagato l‟uso di cristalli ionici in presenza di ultrasuoni e microonde come pure l‟uso di ultrasuoni nella decontaminazione dell‟amianto. Studi spettroscopici Il Prof. R.Gobetto e i suoi collaboratori hanno continuato lo studio delle proprieta‟ fotofisiche di complessi di metalli di transizione per potenziali impieghi quali sensori. Inoltre questo gruppo di ricerca ha messo a punto procedure di NMR allo stato solido per la caratterizzare il polimorfismo di prodotti di interesse farmaceutico. 130 UNITA’ DI RICERCA DI TRIESTE Direttore Scientifico: Prof. Ennio Zangrando COMPOSTI ANTITUMORALI DI RUTENIO Enzo Alessio, Ioannis Bratsos, Stephanie Jegger, Teresa Gianferrara, Ennio Zangrando L‟attività di ricerca svolta è suddivisibile sostanzialmente in due parti: 1) processo di avvio della sperimentazione di fase clinica 1-2 del composto antimetastatico di rutenio denominato NAMI-A e sviluppato in anni precedenti dai gruppi del Prof. Alessio e del Prof. Sava. 2) Sviluppo di nuovi composti di rutenio con attività antitumorale, allo scopo di sviluppare filiere innovative di principi attivi chemioterapeutici capaci di migliorare l‟efficacia del NAMI-A. 1. Sperimentazione di fase clinica 1-2 del composto antimetastatico di rutenio NAMI-A. La fase clinica 1-2 del NAMI-A (Figura 1) in combinazione terapeutica CH3 con il farmaco gemcitabina, di cui è sponsor il Dipartimento di Scienze H3C O S Chimiche, è programmata presso il Netherland Cancer Institute (NCI) di Amsterdam. Sono state portate a termine le seguenti fasi preliminari: Cl Ru Cl HN Cl a) E‟ stata effettuata la produzione (in condizioni di Good Laboratory Practice) di un quantitativo di circa 2000 g di NAMI-A analiticamente puro per la sperimentazione clinica. NH Cl N HN NAMI-A b) In seguito ad una serie di analisi termogravimetriche è stata valutata la stabilità allo stato solido di numerose formulazioni farmaceutiche di NAMI-A con vari eccipienti. La stabilità delle preparazioni in soluzione è stata investigata tramite HPLC. In base a tali prove, è stata individuata la formulazione più adatta, che verrà utilizzata nella sperimentazione clinica. c) E‟ in corso, presso il Dipartimento di Farmacia e Farmacologia del NCI, la produzione su larga scala della formulazione farmaceutica del NAMI-A per la sperimentazione clinica. d) Il progettato studio clinico ha ricevuto nel mese di ottobre 2007 il primo nulla osta dalla CCMO (Centrale Commissie Mensgebonden Onderzoek) del Netherland Cancer Institute di Amsterdam. La sperimentazione clinica inizierà dopo che il progetto avrà ricevuto la valutazione positiva da parte del Comitato Etico dell‟NCI. Sviluppo di nuovi composti di rutenio con attività antitumorale Per quanto riguarda la ricerca chimica su nuovi composti di rutenio con attività antitumorale, sono stati sviluppati numerosi nuovi composti. Vengono qui riportati i risultati del progetto denominato “carbo-NAMI-A”, il cui presupposto deriva della constatazione che la chimica del NAMI-A in soluzione fisiologica è ampiamente determinata dall‟idrolisi dei cloruri, similmente a quanto avviene nel caso del cisplatino. Negli antitumorali di platino, la sostituzione dei due cloruri uscenti con dicarbossilati chelanti ha portato allo sviluppo degli antitumorali di seconda e terza generazione, tipo carboplatino ed oxaliplatino, attualmente in uso clinico. Me Me Si intendeva applicare lo stesso approccio nel caso del NAMIO O Me Me S S A e cioè sostituire, parzialmente o completamente, i cloruri COO OOC con carbossilati, o monodentati (e.g. acetato, trifluoroacetato) Cl Ru OOC Ru Cl OOC COO OOC o bidentati chelanti (e.g. ossalato, malonato, ciclobutanN N dicarbossilato), lasciando invariati gli altri leganti (Figura 2). HN HN E‟ da attendersi che il comportamento di tali composti rispetto 131 all‟idrolisi sia marcatamente diverso rispetto a quello del NAMI-A. Di conseguenza, anche l‟attività antitumorale ne verrà molto probabilmente influenzata, anche se non è possibile prevedere se in senso migliorativo o peggiorativo. Nonostante i molti approcci sintetici investigati, con vari dicarbossilati, non è stato possibile isolare alcun composto di Ru(III) tipo-NAMI-A, cioè contenente contemporaneamente il dmso ed il dicarbossilato. In parallelo, è stato tuttavia condotto uno studio molto approfondito e sistematico della reattività di due precursori di Ru(II), cis-[RuCl2(dmso)4] ed il corrispondente derivato privo di cloruri fac[Ru(dmso-S)3(dmso-O)3](CF3SO3)2, la cui attività antitumorale (seppure inferiore a quella del O 0/-1 NAMI-A) era stata evidenziata anni O S H2O O O fa, nei confronti di numerosi S O O O O S O S Ru and/or dicarbossilati (dicarb). In questo caso Ru Ru S X S O S O O è stato possibile isolare e n+ O S S O O OO OH2 caratterizzare un elevato numero di S X Ru O nuovi prodotti del tipo Ru(II)-dmsoS X 0/-1 O 0/+2 S O X O S dicarb e chiarire completamente la S = dmso-S O O S O S O O S O = dmso-O or Ru Ru reattività dei precursori di Ru-dmso Ru O X = Cl, n = 0 S X S O O S X = dmso-O, n = 2 nei confronti dei dicarbossilati S S X impiegati. I risultati possono essere Ocomplessivamente riassunti nella O O O O OOOR2 seguente Figura: R1 OOO In pratica si è osservato che, con OO O O O dicarbossilati chelanti diversi mal R1= R2=H suc cbdc dall‟ossalato, è possibile ottenere mmal R1=H, R2=Me dmmal R1=R2=Me specie mononucleari (in cui il dicarbossilato è coordinato come chelante) oppure dinucleari (in cui il dicarbossilato è coordinato a ponte, un modo di coordinazione piuttosto inusuale per questi leganti). La preferenza per l‟una o l‟altra struttura dipende essenzialmente dall‟ingombro sterico presente sul carbonio centrale del dicarbossilato. = Similmente ai loro precursori, nessuno dei nuovi composti è risultato particolarmente citotossico in vitro. I più promettenti sono stati anche saggiati in vivo su modelli di tumori animali, ma non hanno dimostrato attività particolarmente promettente. Nuovi composti di rutenio con geometria half-sandwich E‟ noto da alcuni anni che composti organometallici di Ru(II) con struttura halfR + sandwich, come quello riportato in Figura 1, hanno elevata citotossicità in vitro contro linee tumorali e buona attività antitumorale in vivo, anche verso modelli di tumori animali resistenti al cisplatino. Sono stati da noi sviluppati dei nuovi composti “half-sandwich” di Ru(II), strutturalmente simili a quelli Ru Cl organometallici, nei quali il frammento aromatico è sostituito con un altro H2N NH2 legante neutro a geometria facciale, lasciando inalterato il resto del complesso. In particolare, per il momento è stata preparata una serie di composti in cui l‟anello aromatico è sostituito del chelante facciale 1,4,7-tritiociclononano ([9]aneS3), Figura 2: Innanzitutto sono stati preparati dei precursori contenenti il legante [9]aneS3 e cloruri e/o molecole di dmso come gruppi R S uscenti, in particolare [Ru([9]aneS3)Cl(dmso)2](CF3SO3) e S S Ru [Ru([9]aneS3)(dmso)3](CF3SO3)2. I gruppi uscenti sono stati Ru successivamente sostituiti da chelanti azotati o dicarbossilati. Prove di citotossicità in vitro hanno dimostrato che la [9]aneS3 sostituzione del frammento aromatico con il tritiociclononano comporta una diminuzione di attività, seppure non drammatica. 132 Il dato più significativo emerso dallo studio è che, ancor più della natura del chelante facciale, ai fini dell‟attività in vitro è importante la natura del chelante bidentato. Infatti, in accordo con quanto già rilevato per i composti organometallici, soltanto i composti contenenti etilendiammina (en) quale chelante di supporto presentano citotossicità verso numerose linee cellulari. BIOCRISTALLOGRAFIA Randaccio Lucio, Wuerges Jochen, Siega Patrizia, Dreos Renata, Geremia Silvano, Nicola Demitri, Rita De Zorzi Purificazione e caratterizzazione strutturale di complessi della fosfodiesterasi umana (famiglia pde4) con nuovi inibitori. La funzione delle proteine della famiglia delle PDE rientra nel metabolismo dei nucleotidi. Queste proteine, infatti, idrolizzano il legame 3‟-5‟ fosfodiestereo che si forma nei nucleotidi monofosfato ciclici purinici come cAMP e cGMP, regolandone così l‟attività di secondi messaggeri intracellulari ad esempio nel meccanismo fisiologico del rilassamento muscolare. L‟azione enzimatica ed il ruolo delle PDE sono di rilevante importanza anche in alcuni processi infiammatori, dove agiscono attraverso l‟inibizione di cellule specifiche del sistema immunitario. In uno studio infatti è stato dimostrato come nella patologia della sclerosi multipla il ruolo delle PDE sia fondamentale per la regolazione dell‟attività di monociti e macrofagi, mentre la regolazione di cellule come eosinofili, neutrofili e linfociti rappresenta un ruolo chiave in patologie infiammatorie come asma, psoriasi e dermatite allergica. Numerosi studi condotti fino ad ora sono orientati verso lo sviluppo di farmaci specifici in grado di regolare l‟attività di questi enzimi. Nell‟ambito di questa tematica è stata svolta una ampia ricerca bibliografica per conoscere le strutture e le sequenze primarie di queste proteine PDE4. Ciò ha permesso di evidenziare le sequenze dei domini catalitici delle varianti PDE4B2 e PDE4D2 adatte alla cristallizzazione. Queste sequenze sono state fuse all‟N-terminale con sequenze standard His-Tag le quali hanno già permesso di ottenere cristalli di buona qualità della proteina e dovrebbero semplificare notevolmente la fase di purificazione. Questo lavoro è condotto in collaborazione con l‟Università degli Studi di Udine (Prof. Gianluca Tell) e ha pemesso la produzione del plasmide della PDE4B2 fuso con l‟His-Tag. Diverse problematiche sono state riscontrate nella fase di espressione della proteina HisTag-PDE4B2, sia a livello di preparazione del plasmide sia per le scarse rese connesse con l‟espressione del plasmide stesso in E. Coli. Si è proceduto perciò di provare ad usare il vettore di espressione pGEX-2T che comporta la sostituzione della His-Tag con la GST-Tag e ci si è concentrati sulla purificazione della proteina di fusione GST-PDE4B2. Le proteina GST-PDE4B2 viene espressa in quantità sufficientemente grandi da poter essere usati per le prove di cristallizzazione; vista la notevole dimensione del tag GST questo può ostacolare il processo di cristallizzazione e richiede perciò la sua rimozione tramite taglio con trombina. Purtroppo la formazione di aggregati proteici tra la proteina di fusione GST-PDE4B2 ed altre specie ha reso impossibile il normale approccio di purificazione mediante cromatografia di affinità su colonna con glutatione. Dopo aver provato diverse condizioni si è deciso di sondare approcci di purificazione alternativi usando altre tecniche cromatografiche come la gel-filtrazione o lo scambio ionico. Finora le frazioni ottenuto non presentano un grado di purezza sufficiente. Studio delle interazioni redox dipendenti nei complessi di trasferimento elettronico del citocromo c Lo studio, volto ad analizzare l‟interazione del citocromo c da cuore di cavallo con i propri partner biologici, è svolto in collaborazione con il gruppo di ricerca del prof. Luigi Messori dell‟Università di Firenze. L‟obiettivo di questo lavoro è l‟individuazione delle variazioni strutturali connesse alla variazione dello stato d‟ossidazione del citocromo. L‟analisi delle variazioni strutturali, indotte dallo stato di ossidazione del metallo, è particolarmente importante per poter comprendere il meccanismo di formazione e rottura dei complessi proteici nella catena di trasporto degli elettroni nei mitocondri. Infatti, l‟interazione con i partner biologici 133 per formare i complessi funzionali per il trasporto degli elettroni deve essere strettamente dipendente dallo stato di ossidazione del citocromo, la cui variazione deve indurre la rottura di tali complessi dopo il trasferimento elettronico. Per analizzare le differenze nella carica elettrostatica superficiale fra la forma ossidata e la forma ridotta e ottenere nuove informazioni riguardo al meccanismo di trasferimento degli elettroni, si è affrontato lo studio mediante tecniche biocristallografiche della superficie elettrostatica del citocromo c da cuore di cavallo utilizzando lo ione nitrato come sonda ionica. Il gruppo di ricerca dell‟Università di Firenze ha condotto esperimenti di cristallizzazione del citocromo c da cuore di cavallo in presenza di ioni nitrato. In particolare, sono state utilizzate due diverse forme di questa proteina, una ridotta e una ossidata. Lo stesso gruppo ha anche condotto la raccolta dei dati di diffrazione di raggi X da cristallo singolo. La determinazione di queste due forme cristalline del citocromo c, una forma ridotta monoclina e una ossidata trigonale, è stata condotta presso il Centro di Eccellenza in Biocristallografia dell‟Università di Trieste. Le maggiori differenze tra le due strutture riguardano le catene laterali dei residui che si trovano sulla superficie della proteina. Sovrapponendo le due strutture della forma ossidata e di quella ridotta, si osserva che le principali differenze nelle posizioni delle catene laterali dei residui sulla superficie siano localizzate nella regione opposta alla tasca dell‟eme. Variazioni significative si osservano anche per quanto riguarda il core proteico. Nelle strutture è stata osservata la presenza delle due molecole di acqua in prossimità del gruppo prostetico, che, dall‟analisi di altre strutture di citocromi di tipo c, risultano altamente “conservate”. Anche nelle strutture del ferricitocromo e del ferrocitocromo da cuore di cavallo, risolte in questo lavoro, è presente la stessa variazione nella posizione di una di queste molecole d‟acqua, che studi precedenti hanno dimostrato dipendere strettamente dalla variazione dello stato d‟ossidazione del metallo complessato. Questa molecola d‟acqua forma legami idrogeno con gli ossidrili di un residuo di tirosina (che a sua volta forma un legame ad idrogeno con la metionina coordinata al ferro) e di un residuo di treonina e con il gruppo carbonilico di un residuo di asparagina. Sono state analizzate anche le interazioni della proteina con gli ioni nitrato, presenti nella soluzione di cristallizzazione e utilizzati come sonda ionica per individuare le zone della superficie del citocromo con carica elettrostatica positiva. In particolare, alcuni siti di interazione sono localizzati nella regione in cui il gruppo eme è esposto al solvente, che è una porzione della proteina determinante nel processo di trasferimento degli elettroni. Ciò ha permesso una estesa mappatura (della superficie del citocromo c da cuore di cavallo) che ha messo in evidenza tutti i possibili siti di interazione elettrostatica presenti sulla proteina. Modelli della vitamina B12 e complessi di cobalto La vitamina B12 è un nutriente essenziale per i mammiferi, i quali non la producono e devono assumerla col cibo. Il suo passaggio dall‟apparato digerente alle cellule coinvolge tre proteine di trasporto: l‟aptocorrina, il fattore intrinseco e la transcobalamina (TC). Nell‟ultimo stadio il complesso TC-CNCbl entra nelle cellule tramite un processo di endocitosi mediata da un recettore della membrana cellulare. La CNCbl è dotata di molti gruppi funzionali che possono essere facilmente modificati, ma la scelta tra essi per la realizzazione del bioconiugato deve tenere conto dell‟efficienza della molecola risultante nel raggiungere le cellule bersaglio. Quindi l‟affinità del bioconiugato per la TC non deve diminuire significativamente. Recenti studi cristallografici condotti presso la nostra unità di ricerca di Trieste sulla TC umana e bovina hanno rivelato che il gruppo 5‟-idrossile della CNCbl può venire funzionalizzato senza compromettere sensibilmente la formazione del complesso TC-CNCbl. Lo studio in questo sezione è documentato da tre lavori pubblicati nel corso del 2007: Una review tratta dei risultati cristallografici delle proteine che interagiscono con il micronutriente essenziale della cobalamina (vitamina B12). In questo lavoro vengono descritti in dettaglio gli aspetti strutturali sia degli enzimi B12 dipendenti che delle proteine di trasposto. Nello studio riportato su Biochem. J. (403, 431–440, 2007), è stata analizzata la specificità dei leganti da un punto di vista strutturale con l‟uso di “molecular modelling”. Infatti sono stati prodotti modelli comparativi del fattore intrinseco (IF) e dell‟aptocorrina (HC) basati su dati ottenuti dalla 134 struttura cristallografica dell‟omologa transcobalamina (TC), recentemente determinata in questi laboratori (PNAS 103, 4386-4391, 2006) e corroborata da dati di saggi di binding. Molte interazioni tra la cobalamina (B12) e il sito di legame all‟interfaccia dei due domini dello scaffold della proteina sono conservati tra le proteine trasportatrici delle Cbl. I più recenti dati strutturali a RX del complesso IF-Cbl (PNAS, 104, 173111-17316, 2007) hanno confermato la struttura da noi proposta per questo sistema IF-Cbl. Nel lavoro riportato sul IUBMB è stato investigato per via cristallografica lo spostamento del legante Co(III)-H2O sul lato β della cobalammina da parte di una catena istidinica. Lo studio è stato condotto sulla Cbl legata alla transcobalammina (TC) in presenza di ioni cianuro e ioni solfito. Le mappe di densità elettronica hanno evidenziato che la catena dell‟istidina è stata spostata dal legante esogeno cianuro o solfito in minima entità rispetto a quanto aspettato sull‟affinità di questi leganti per il cobalto e l‟eccesso di concentrazione usato rispetto all‟istidina. Ciò può riflettere sia la minor affinità degli ioni cianuro e solfito o un legame favorevole del residuo istidina-proteina nella competizione per il lato beta della cobalammina legata alla TC. Il loop che ospita il residuo dell‟ istidina appare più flessibile dopo la rottura del legame His-Cbl, ma non sono evidenziate altre significative differenze nella struttura della olo-transcobalammina. I risultati hanno permesso di discutere il possibile ruolo fisiologico della sostituzione dell‟istidina da parte di una molecola d‟acqua nei β-coniugati degli analoghi della Cbl, recentemente proposti quali target nel trasporto di agenti di contrasto. 135 136 PUBBLICAZIONI E BREVETTI 137 A Accardo A., Tesauro D., Mangiapia G., Pedone C., Morelli G. Nanostructures by Self-assembling Peptide Amphiphile as Potential Selective Drug Carriers. Biopolymers Peptide Science, 2007, 88, 115-121 Accardo A., Tesauro D., Morelli G., Gianolio E., Aime S., Vaccaro M., Mangiapia G., Paduano L., Schillen K. High-relaxivity supramolecular aggregates containing peptide and Gd complexes agents in MRI. Journal of Biological Inorganic Chemistry, 2007, 12(2), 267-276 Agostini S., Bolzati C., Didonè E., Cavazza-Ceccato M., Refosco F., Aloj L., Arra C., Aurilio M.,. Tornesello A.L, Tesauro D., Morelli G. 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WO 2007/137606 A1 del 06/12/2007 163 STRUMENTAZIONE DISPONIBILE 165 STRUMENTAZIONE DISPONIBILE PRESSO LE UNITA’ LOCALI LABORATORIO CENTRALE DI BARI Spettrofotometro AA UV-Vis Varian Cary 100 con controllo della temperatura con effetto Peltier Spettrometro AA Varian 880Z con fornetto di grafite, generatore di idruri Varian VGA77, controller elettronico della temperatura Varian ETC-60 e autocampionatore Varian GTA100Z Spettrometro di massa con sorgente al plasma (ICP/Modena-Siena) Varian 820 MS Unità Locale: BARI Polarimetro Perkin-Elmer mod. 341 Gas-Massa Hewlett-Packard HP6890-5973MSD HPLC Perkin-Elmer mod. 200 Analisi elementare CHN Eurovector EA 3011 Gas-Cromatografo Capillare DANI mod. 3800HR UV-Vis Perkin-Elmer mod. Lambda Bio 20 NMR-300 MHz Varian VX Mercury NMR-90 MHz Varian mod. EM 390 Spettropolarimetro CD-ORD. JASCO mod. J-810 FT-IR Perkin-Elmer mod. Spectrum One System Liquido-Massa 1100 LC/MSD Trap system AGILENT Bilancia analitica Mettler H64 Idrogenatore Bassa Pressione (n. 2) Idrogenatore Alta Pressione Büchi 300 ml 60 bar Unità Locale: BOLOGNA n.° 3 diffrattometri a raggi X a polveri n.°4 diffrattometri a raggi X a film piano e cilindrico per spettro di fibra Diffrattometro a raggi X a cristallo singolo Spettrometro UV-visibile Spettrometro FTIR, ATR Spettrometro CD Spettrometro AA con fornetto di grafite Spettrometro Raman Termobilancia TGA-DSC Microscopio elettronico a scansione Microscopio elettronico a trasmissione Microscopio a forza atomica Cromatografo ionico Cromatografo liquido Gas cromatografo Spettrometria ICP Microscopie ad alta risoluzioneTEM, SEM, AFM Diffrattometrie con luce di sincrotrone (Elettra, Trieste, Italy; ESRF, Grenoble, France; Brookhaven national laboratories, USA) Unità Locale: CAMERINO Microscopio Elettronico A Scansione (Cambridge Stereoscan 360) Microscopio Elettronico A Trasmissione (Philips Cm10) Diffrattometro Per Polveri (Anodo Rotante Rigaku Ru-300) 167 Xrd (X-Ray Diffraction) Spettrometro Icp Sequenziale Veloce (Jobin Yvon Jy 24r) Cromatografo Ionico (Dionex 4500i) Analisi Termogravimetrica Setaram Tag 24 Ultramicrotomo Leica Ultracut R Ft-Nmr (Varian Gemini 200) Ft-Nmr (Varian Mercury Plus 400) Analisi Elementare (Fisons Ea 1108) Sistema Hplc-Dad-Ms (Hplc: Hp 1090 Liquid Chromatograph Series Ii; Ms: Hp 1100 Mass Spectrometer Series 1100 Msd; Diode Array Detector) Sistema Hplc-Ms-Ms (Ion Trap) (Equipaggiato Anche Con Rivelatori Dad Ed Indice Di Rifrazione) Sistema Gc-Ms (Gc: Agilent 6890n; Ms: Ei5973n) Sistema Gc-Fid-Ecd Spettrofotometro Uv-Vis (Varian Cary 1e) Spettrofotometro Ft-Ir (Perkin-Elmer Rx Ft-Ir System) Assorbimento Atomico (Analytik Yena Aaszenit 60) Assorbimento Atomico (Varian Spectra Aa 10) Unità Locale: CATANIA Spettropolarimetro Jasco J 810 Spettropolarimetro Jasco J 810 Spettropolarimetro Jasco J 710 Spettrofotometro Jasco V 530 Spettrofluorimetro Jobin Yvon Horiba-Fl3-11 Spettrometro Di Massa Thermo Lxq Finnigan (Sorgente Esi) Elettroforesi Capillare Beckman P/Ace Mdq (Dad Detector) Spettrofotometro Cary 500 Scan Varian Spettrometro Bruker E 500 Cw-Epr (Elexsys) A Banda X. Analizzatore Voltammetrico Bioanalytical System Bas Cv-50w Spettrofluorimetro accessoriato di polarizzatori Sistema di laser flash photolysis per misure UV-Vis risulte nel tempo Workstation per misure elettrochimiche e spettroelettrochimiche Sensore amperometrico per misure di ossido nitrico Unità Locale: FERRARA Spettrometro FT-IR Nicolet 510 P; Analisi Elementare Carlo Erba modello EA 1110; Spettrometro NMR Bruker AM 200; Spettrometro NMR Varian Gemini 300 MHz; Spettrometro NMR Mercury 400 plus Varian Spettrometro di massa Hewlett-Packard MALDI TOF mod. G2025A; (presso Dip. di Scienze farmaceutiche) Diffrattometro raggi-X presso il centro di strutturistica del Dip. di Chimica dell‟Università di Ferrara. Unità Locale: FIRENZE Spettrofotometro Lambda 20 BIO (Perkin Elmer) che opera nell‟intervallo 200/700 nm equipaggiato con una cella termostatica 298-373 K. Spettrofotometro Cary 50 Win-UV (Varian) equipaggiato di accessorio multicella. Spettropolarimetro J-600 (Jasco). che opera nell‟intervallo 200-700 nm. Spettrofluorimetro L55 (Perkin Elmer) equipaggiato con una cella termostatica che opera nell‟intervallo 298-373 K. 168 SX.18MV-R Analizzatore Stopped Flow (Applied-Photophysics, UK) oer studi in assorbimento oppure emissione di reazioni veloci (msec-sec) . Spettrometro NMR ad alta risouzione 300 MHz, Varian. Unità Locale: INSUBRIA Bruker NMR Avance 400 Bruker AXS D8 Advance Enraf Nonius Cad-4 Perkin-Elmer series II analyzer Icp plasmaquad ICP-massa Gbc 908 aa Assorbimento Atomico Metrohm 761 compact IC Cromatografia Ionica Shimadzu GC-17A, rivelatore fid e tcd Gascromatografo Capillare Shimadsu GC-17A, rivelatore quadrupolo QP-5000 gas/massa Shimadzu LC-10AC, rivelatore UV diode array HPLC Shimadzu FT-IR Prestige 21 Netzsch Luxx sta 409 pc Minipal Panalytical Spettrofluorimentro quanta ray gcr-3-10 Unità Locale: MESSINA Spettrometro NMR Bruker ARX-300 con probe broad band e gradienti di campo SpettrofotometroUV/Vis HP8452-A n.° 2 Spettrofotometri UV/Vis HP8453 con sistema di termostatazione Haake D8 Spettrofotometro UV/Vis Jasco V560 con sistema di termostatazione Haake C25 Spettrofluorimetro Jasco FP-750 Spettropolarimetro Jasco J-500 A Spettropolarimetro Jasco J-810 Spettrometro diode-array Ocean Optics SF2000 doppio canale di acquisizione con fibre ottiche. Apparato Stopped-Flow Tritech SF-3L Apparato Stopped-Flow a 3 siringhe Biologic SFM-3 Omogenizzatore ad ultrasuoni a penna Sonoplus HD2070 Bilancia Analitica Mettler Toledo AL204 Bilancia Analitica Mettler Toledo AL204 con accessorio per misure di tensione superficiale Stufa Ecocell55 683/10000 Medcenter Unità Locale: NAPOLI Sintetizzatore di peptidi Shimadzu PSSM-8 Sintetizzatore di peptidi Applied Biosystem ABI 433 Sintetizzatore di peptidi Advanced Chemtech 348 Omega Sintetizzatore di DNA e PNA Spettrometro di Massa Perspective Maldi Tof n.° 2 Sistemi HPLC analitici Hewlett Packard 1100 Sistema HPLC biocompatibile Waters 625 Sistema HPLC analitico Shimadzu LCA10 n.° 2 Sistemi HPLC preparativi Shimadzu LC8A Sistema HPLC preparativo Water Deltaprep 4000 Elettroforesi capillare Waters Quanta 4000 Sistema LC/MS Spettrometro di Risonanza Magnetica Nucleare Varian 600 Mhz Spettrometro di Risonanza Magnetica Nucleare Varian 400 MHz 169 Dicroismo circolare Jasco J715 con controllo di temperatura Spettrofluorimetro Varian Spettormetro UV-Vis Jasco BIACORE Citofluorimetro Diffrattometro ad anodo rotante con area detector Diffrattometro 4 cerchi Noius CAD4-Turbo Calcolatore parallelo a 6 CPU SGI Challenge n.° 15 workstation grafiche SGI (O2, Indigo2, Octene) Calcolatore parallelo Compaq Alpha. Cluster di PC sotto Linux per calcolo intensivo Unità Locale: PADOVA Spettrometro VARIAN NMR Gemini 200 Spettrometro NMR AMX-3 300 Bruker Spettrometro di Massa “Mariner” Perkin Elmer” Spettrofotometro UV/VIS Lamba 40 Perkin Elmer Sistema HPLC AGILENT-Technologies, con rivelatore Fotodiode Array e Radioattivo (Raytest) Spettrometro BRUKER, MOD.FT-NMR AVANCE DMX 600 con sistema SHIM,AMOS, acquis.dati,controllo digitale,GRASP III, unità radiofreq. e temp. Spettrometro di massa a quadrupolo marca Hiden, mod.553021 Microscopio Elettrochimico a scansione marca IJ CAMBRIA Gas massa "VARIAN" mod. SATURN 2100 T Spettrometro FT-IR "Bruker" mod. Equinox 55 Sistema calorimetrico mod.TAM marca Qi Sintetizzatore Automatico di Peptidi, Mmarca ADVANCED CHEMTECH, MOD. 348 OMEGA, dotato di cappa di protezione. Diffrattometro modulare con goniometro 0/0 Philips mod.X'Pert Pro, attrezzato con una camera Anton Paar TKK 450 per media e bassa temperatura Spettrometro di massa AGILENT-Technologies Mod.G1725A Spettrometro FT-NMR marca BRUKER mod. AC 300 completo di accessori Spettrometro marca Bruker, mod.FT-NMR completo di criomagnete superconduttore, schermato e generatore di radiofrequenza,trasmettitore, lineare e multi Spettrofuorimetro, marca PERKIN ELMER, MOD. LS-50B completo di torretta termostabile con agitatore incorporato, polarizzatore e fotomultiplicatore. Unità Locale: PALERMO Dipartimenti di Chimica Spettrometri I.R. Spettrometri ad assorbimento atomico con fornetti di grafite Mineralizzatori Spettrometri Mössbauer Spettrofotomeri U.V.-visibile Analisi Termogravimetrica Raggi X di polveri Spettrometro Laser-Raman Osmometri Dipartimento di Zoologia Microscopio elettronico a contrasto di fase Istituto di Biologia (Facoltà di Medicina) Microscopio elettronico Leitz Orthoplan Microscopio elettronico Philips EM 410 170 Unità Locale: PARMA Spettrometro FT-IR Nexus Nicolet equipaggiato con microscopio Nicolet Continuum Spettrometro Perkin Elmer Lambda 25 UV/Vis HPLC preparativo con Rivelatore UV-VIS Sistema per titolazioni potenziometriche Metrohm Sistema per l'analisi quantitativa dell'immagine - FLUOR-S Multimager Diffrattometro SMART 1000 Bruker AXS Spettrometro NMR BRUKER AVANCE 300 MHz Spettrometro NMR BRUKER AMX-400 MHz Spettrometro NMR VARIAN INOVA 600 MHz Spettrometro di Massa M@LDI-TOF GC-Spettrometro di Massa FINNIGAN SSQ 710 Spettropolarimetro JASCO J 715 ENRAF NONIUS CAD4 con OXFORD CRYOSYSTEMS 600 SIEMENS AED PHILIPS PW 1100 Diffrattometro per polveri PW 1050 Unità Locale: PAVIA Spettrofotometro Infrarosso Jasco FT-IR-5000 spettrofotometri UV-visibile a diodi HP8452A e HP8453 Spettrometro NMR Bruker AVANCE 400 MHz spettrometro di massa LCQ DECA a trappola ionica e sorgente ESI della Thermo-Finnigan HPLC Jasco MD-1510 con rivelatore ottico diode array Unità Locale: PIEMONTE ORIENTALE Laboratori Chimici Spettrometro ESR in banda X JEOL FA-200 Spettrometro NMR JEOL Eclipse Plus con magnete superconduttore da 9,4 T Spettrofotometro UV-visibile a doppio raggio JASCO V-550 Spettrometro di massa con plasma accoppiato induttivamente X Series 5 – THERMO Spettrofluorimetro FP-2020 Plus JASCO Gascromatografo THERMO Trace GC Ultra equipaggiato con analizzatore di massa a singolo quadrupolo THERMO Trace DSQ. Gas cromatografo CP-3800 Varian equipaggiato con autocampionatore e con analizzatore di massa a trappola ionica Saturn 2200 Sistema cromatografico HPLC Spectra System con autocampionatore e rivelatore PhotoDiode-Array accoppiato con uno spettrometro di massa LCQ Duo (analizzatore a trappola ionica e doppia sorgente di ionizzazione ESI e APCI) collegato direttamente ad un generatore d‟azoto N2LC-MS Claind Sistema cromatografico HPLC Waters 2690 con autocampionatore e rivelatore UV-vis accoppiato con uno spettrometro di massa Micromass ZMD (analizzatore a singolo quadrupolo e doppia sorgente di ionizzazione ESI e APCI) Cromatografo HPLC con pompa a 4 canali JASCO PU 2089, rivelatore UV-visibile VARIAN Prostra 320 e rivelatore elettrochimico ESA Coulochem II Sistema cromatografico HPLC Spectra System THERMO con autocampionatore e rivelatore n.° 2 sistemi cromatografici HPLC Merck Hitachi con rivelatori UV-vis e conduttometrico Sistema cromatografico GPC HP series 1100 Cromatografo liquido a media pressione Alltech dotato di rivelatore UV-vis con cella semipreparativa Rilassometro STELAR Spin Master Sistema elettrochimico modulare composto da n. 5 potenziostati 171 Elettroforesi capillare Agilent Strumento per l‟analisi termogravimetrica TGA/SDTA851e METTLER TOLEDO Calorimetro a scansione differenziale DSC821e METTLER TOLEDO n.° 2 strumenti per analisi dinamico-meccaniche DMTA V RHEOMETRIC SCIENTIFIC Reometro rotazionale ARES RHEOMETRIC SCIENTIFIC Dinamometro MINIMAT RHEOMETRIC SCIENTIFIC Reometro Capillare Goetfert 2000 Rheotens Goetfert Sistemi di calcolo parallelo a 32 processori (in collaborazione con DISTA) munito di software per la simulazione di proprietà molecolari di sistemi organici e inorganici complessi e per la soluzione di equazioni cinetiche chimiche anche su scala geografica regionale Raman portatile System 100 Remshaw Stereoscopic microscope SMZ-U Nikon Corporation Reattore a microonde CEM Discover Accelerates Solvent Extraction ASE 100 Dionex Omogenizzatore Ultraturrex IKA-WERKE Bagno ultrasuoni Sistema di produzione acqua ultrapura Milli-Q Millipore Cappa a flusso laminare Bluecoltur 4 Sono inoltre disponibili bilance analitiche, stufe, muffola, pH-metri, rotavapor, centrifughe. Laboratori Biologici Sistema per cromatografia liquida LC-Packings/Dionex NanoHPLC Sistema robotizzato per il prelievo di porzioni di gel di proteomica ProteomeWorks Plus Spot Cutter (Bio-Rad) Sistema per la preparazione di campioni di proteine MultiPROBE® II Proteomics Workstation (Perkin Elmer) Spettrometro di massa quadrupolo TOF (QqTOF) Applied Biosystems QSTAR® XL Spettrometro di massa Applied Biosystems Voyager-DE™ PRO MALDI-TOF Sistema confocale Zeiss LSM 510 su Microscopio Axiovert 100 M (sorgenti luminose: 1 Laser Ar e 1 Laser He-Ne, lampada a fluorescenza HBO 50W) Microscopio Zeiss Axiovert 100 M con telecamera digitale Axiocam (sorgenti luminose: lampada a fluorescenza e UV FluoArc) Microscopio Elettronico Philips EM210 Microscopio Leica DM RB associato a sistema di analisi d‟immagine Stereomicroscopio Zeiss Stemi SV6 Stereomicroscopio Leica Zoom 2000 Stereomicroscopio Leica MZ16 Stazione Silicon Graphics per analisi d‟immagine Microtomo Zeiss HM 350 Criostato Leica CM 3050 Citometro a flusso Partec PAS (fonte d‟illuminazione Laser Argon e lampada HBO100) Sonicatore Misonix Microson XL 2000 Sistema di produzione acqua ultrapura Millipore MilliQ Termociclatore Techne TC-512 Termociclatore per analisi quantitativa BioRad iCyler Termociclatore Perkin-Elmer 2400 Termociclatore Hybaid PCR Express Stazione preparativa per acidi nucleici Applied Biosystems 6100 Scanner per microarray BioRad Chip Reader Transilluminatore Bio-Rad UV Transilluminator 2000 Carbonatore Leica CLS 150 XE 172 Ingranditore fotografico Durst Elite 2000 Tim Taglialame LKB Knife maker 7801 Ultramicrotomo Reichert-Jung Ultracut E Ultramicrotomo Leica Ultracut UCT Spettrofotometro Beckmann DU530 Turbidimetro Biolog 21907 Densitometro per acquisizione di gel proteici mono e bidimensionali BioRad GS 710 Apparato con fotocamera per acquisizione in chemiluminescenza e fluorescenza di gel BioRad Chemidoc XRS Apparato per corsa in I dimensione di gel elettroforetici bidimensionali Amersham Biosciences ETTAN IPGphor n.° 2 Apparati per corsa in II dimensione di gel eletroforetici bidimensionali Bio-Rad Protean Xi/XL cells Spettrofotometro Varian Cary 50 Ultracentrifuga Beckman Coulter L8-70 Fluorimetro Perkin-Elmer LS50B Incubatore con piano rotante – modello: Gallenkamp – ditta: Sanyo centrifughe refrigerate, agitatori basculanti, vortex e magnetici, bagnomaria termostatati con sistema Dubnoff, bilance tecniche ed analitiche, pHmetri, termostati e stufe. Unità Locale: POLITECNICA DELLE MARCHE Spettrometro Perkin Elmer Spectrum 1 equipaggiato con un microscopio AUTOIMAGE per determinazioni in riflessione e trasmittanza (micro-ATR objective). Sii ha anche accesso (per gentile concessione della Perkin Elmer Italia) allo spettrometro Spotlight FT-IR Imaging System 300 con risoluzione spaziale fino a 6.25µm. - Si dispone di svariati accessori: ATR verticale ad angolo variabile, ATR orizzontale, ATR CIRCLE (riflettanza interna cilindrica), DRIFT (riflettanza interna diffusa) tutti dalla Spectra Tech.. spettrometro infrarosso Perkin Elmer NTS spectrum one; Spettrometro Bruker Vertex-70 equipaggiato con un un HgCdTe FPA multidetector di 4096 elementi (in collaborazione con l‟Università di Verona). Spettrometro NMR Varian Gemini 200; Spettrometro EPR EMX Bruker ; Spettrometro di massa Fisons QMD1000. Spettrofotometro UV-Vis Varian Cary 50 scan Sintetizzatore Beckman Oligo 1000 DNA Synthesizer Gas cromatogtafo Chromopack CP 9001 Si dispone di vari programmi per il trattamento dati e per l‟analisi Unità Locale: ROMA “La Sapienza” Spectrophotometer per fluorescenza Cary Eclipse Spettrofotometro UV-visibile Varian Cary 3E accessoriato con Peltier 1X1 Cell Holder Varian Spettrofotometro UV-visibile-IR Varian Cary 5E Spettrofotometro UV-visibile-IR Varian Cary 50 Spettrofotometro FT-IR Bruker Vertex 70 Spettrofotometro IR Perkin Elmer 783 Analizzatore elementare CHNS-O (Strumenti CE, EA1110) Diffrattometro EDXD non commerciale per LAXS e SACS (brev. 0126484, 23/05/96, specifico per lo studio di materiali amorfi). Dry box Braun con accessorio per la misura in ppm di O2 e H2O Spettrofotometro NMR Varian 300 MHz (Dipartimento di Chimica) Termoanalizzatore simultaneo Stanton-Redcrof mod. STA 781 173 Bilancia magnetica Sherwood Scientific Spettrofotometro EPR Varian E-9 (banda X) accessoriato con computer (Dipartimento di Chimica) Electrochemical computerized system AMEL SYSTEM 5000 HPLC Varian Prostar con detector UV-visibile modello 320 Spettropolarimetro CD Jasco J-715 (Dipartimento di Fisica) Spettrofotometro FTIR Jasco 401 (Dipartimento di Fisica) Spettrofotometro ATR Pro Jasco (Dipartimento di Fisica) Unità Locale: ROMA “Tor Vergata” Cappa a flusso laminare Heraeus Incubatore a 37° per crescita batteri Centrifugha refrigerata Sorvall Microcentrifuga Heraeus Apparecchi per elettroforesi di DNA e proteine Lettore ELISA per micropiastre DAS PCR Gas cromatografo ThermoFinnigan HPLC di ultima generazione Surveyor ThermoFinnigan Spettrofluorimetro Varian Eclypse Spettrofotometro Jasco V-530 Stopped-flow SX.18MV Applied Photophysics. Unità Locale: SALENTO Microscopio confocale (C1 NIKON) Microscopio ottico (TE 300 NIKON) Set up per cortocircuitazione (DVC-1000, WPI) Centrifuga (Beckman J-25) Camere per colture cellulari con incubatori, cappe a flusso laminare, microscopi invertiti, centrifughe da banco Apparati per elettroforesi e western blotting Microscopi ottici e a fluorescenza Fluorimetri e spettrofotometri Camere per l‟uso di radioisotopi con scintillatore Microscopio ottico a fluorescenza Nikon Eclipse 80i (Nikon, Japan) con obiettivi Plan Fluor (Nikon), equipaggiato di una fotocamera digitale DXM1200F: l‟acquisizione delle immagini è effettuata con un ACT-1 software per Nikon DXM 1200F (Nikon). Microscopio invertito TE2000-E (Nikon, Japan) Microscopio ottico Olympus (Japan) 1 cappa a flusso laminare (Nicostra SpA, Milano) 3 cappe chimiche 1 incubatore per colture cellulari Modello 2123TC CO2 (pbi International, Milano) Dispositivi per gel-elettroforesi proteine e DNA e per Western Blotting (Biorad, Hercules California, US) Centrifuga per eppendorf, Sigma, 1-15 (Baar, Svizzera) Centrifuga per tubi 4236 CWS (ALC, Milano, Italia) Microtomo Reichert-Jung 2050 Ultramicrotomo ULTRAMICROTOME SYSTEM 2128 ULTROTOME LKB, Bromma (Ontario, Canada) Taglialame 7800 Knifemaker, LKB Gromma Balzer 020 Critical Point Dryer Balzer 040 Sputter Coater Strumentazione per l'isolamento e la purificazione delle cellule epatiche Camera oscura per sviluppo e stampa foto 174 Unità Locale: SIENA NMR Bruker DRX 600 NMR Varian VXR 300 NMR Bruker AMX 400 NMR Bruker 400 NMR Varian 300 EPR BRUKER 200D-SRC Microwave CEMM Spettrometro UV-Vis HP8453 Spettrofotometro UV-vis-NIR Perkin Elmer Lambda 900 Spettrometro CD Jasco J-815 MS VG 70-250S (Micromass, Manchester) LSIMS HPLC/MS SATURN GC/MS 2000 / CP-3800 (Varian) MS Electrospray LCQ DECA (ThermoFinnigan) HPLC/MS Agilent Apparato elettrochimico BAS 100 A Apparato elettrochimico BAS 100 W Unità Locale: TORINO Elenco della strumentazione dell‟Unita‟ di Torino del CIRCMSB Bruker Avance 300 spectrometer (7 T) Bruker Avance 600 spectrometer (14T) High-resolution 400 MHZ, JEOL EX-400 High-resolution wide bore 270 MHz, JEOL GX-270, 2 MHz spectral width High-resolution 90 MHz, JEOL EX-90 Field Cycling Relaxometer, Stelar Variable field (20 - 80 MHz) Stelar Spinmaster UV-Visible Spectrophotometer U-2800 Hitachi Malvern Zeta-sizer Instruments, Malvern, UK Sintetizzatore automatico di peptidi Liberty Microwave-Enhanced (CEM) Fluoromax-4 Spectofluorometer Horiba Jobin Yvon HPLC Amersham AKTA Unità Locale: TRIESTE Sistema ad Area detector Enraf-Nonius DIP1030 con generatore Enraf-Nonius Sistema ad Area detector Bruker-Enraf CCD2000 con anodo rotante Bruker-Nonius 175 PERSONALE AFFERENTE 177