TERESA BENEDETTA DELLA CROCE - EDITH STEIN

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TERESA BENEDETTA DELLA CROCE - EDITH STEIN
TERESA BENEDETTA DELLA CROCE EDITH STEIN- LA RICERCA DELLA
VERITA’
La presentazione della santa in questo incontro si inserisce al termine dell’anno dedicato alla
donna da parte del Serra e dell’anno delle consacrate, indetto dalla Chiesa.
Si parla infatti di una carmelitana, una santa, una mistica che insieme a S. Alberto di
Gerusalemme, legislatore dell’ordine, S. Simone Stock, Giovanni della Croce, Teresa d’Avila,
Elisabetta della Trinità, Maria Maddalena dei Pazzi, Teresa di Lisieux, va ad arricchire il
giardino dell’ordine carmelitano; infatti Carmelo= Karmel= giardino.
Personalità fortemente complessa, grande nelle sue scelte e nelle sue contraddizioni: filosofa e
religiosa, femminista ante-litteram, teologa e mistica, autrice di opere filosofiche ma anche di
profonda spiritualità, ebrea e atea, cristiana, monaca, martire.
Fig. Nel 1987, nel giorno della beatificazione a Colonia, Giovanni Paolo II la descrive così: “
Illustre figlia di Israele e allo stesso tempo figlia del Carmelo, Suor Teresa Benedetta della Croce
porta nella sua vita una sintesi drammatica del nostro secolo, una sintesi ricca di ferite profonde
che ancora sanguinano; nello stesso tempo la sintesi di una verità piena al di sopra dell’uomo, in
un cuore che rimase a lungo inquieto e inappagato fino a quando finalmente trovò pace in Dio.
Una figlia d'Israele, che durante le persecuzioni dei nazisti è rimasta unita con fede ed amore al
Signore Crocifisso, Gesù Cristo, quale cattolica ed al suo popolo quale ebrea".
Nasce a Breslavia (a quel tempo città della Germania, ora parte della Polonia) il 12 ottobre
1891, ultima di 11 figli (quattro però erano già morti), da due sposi di profonda fede e
osservanza ebraica.. E’ lo Yom- Kippur, il grande giorno dell’Espiazione. Per questo motivo
alla madre risulterà sempre particolarmente cara la figlia minore; forse, nell’immenso disegno
di Dio, non è un caso la sua nascita nel giorno dell’Espiazione, un presagio per lei che si offrirà
come vittima per la salvezza del suo popolo negli anni dell’antisemitismo.
Il padre lo perde molto presto, a nemmeno due anni, perché muore per una insolazione. La Fig.
madre Augusta, che Edith nel suo libro “ Storia di un famiglia ebrea” descrive come una donna
instancabile e coriacea, forte di carattere e abile negli affari, molto religiosa, solerte e volitiva si
sobbarcherà l’impegno di tirare avanti la numerosa famiglia e l’azienda del commercio di
legname onde ricavarne il sostentamento per tutti.
Edith si dimostra fin da bambina interessata al sapere, brava a scuola; dirà di sé: “ero una
scolara anche troppo zelante, capace di saltellare fino alla cattedra con l’indice alzato solo
perché toccasse a me”. Sensibilissima, con strani sbalzi di umore, attenta a ciò che le accadeva
intorno che, con sofferenza, interiorizzava e rielaborava dentro di sé. Lei stessa racconta: “La
vista di un ubriaco poteva affliggermi per giorni e notti…. Se si parlava in mia presenza di un
fatto di sangue, la notte restavo sveglia per ore. Di tutte queste cose non ho mai fatto parola
con nessuno”. Parla poco, riflette molto, chiusa nel bozzolo del suo mondo interiore. Serviranno
anni di travaglio per uscire dal bozzolo e diventare finalmente libera da tutto. Incontrerà Cristo,
incontrerà l’Amore che essa definisce: “Quanto di più libero esista”.
Da piccola vive con entusiasmo le feste ebraiche, perché
sono feste di famiglia; specialmente dello Yom-Kippur
dirà: “ Ha costituito sempre un’attrattiva per me il fatto
che in questa occasione non si prendessero né cibi né
liquidi per 24 ore e più”; non solo e’ incantata dalle
splendide e struggenti melodie antiche che in quella sera
vengono cantate .
Verso i 16 anni però, vive un periodo di crisi e di
inquietudine; la scuola non è in grado di soddisfare le sue
esigenze intellettuali, smette di studiare e va ad Amburgo,
da una sorella. Vi rimane un anno durante il quale si
immerge in letture di carattere letterario e filosofico.
Molto permalosa, non ammette che altri trovino in lei dei difetti; di grande orgoglio intellettuale,
(frequente nelle persone molto intelligenti), cerca valori intellettuali più elevati di quelli della
fede ebraica. E’ l’inizio del suo percorso nell’ateismo; comincia a dare importanza alla
razionalità, a scapito di tutto ciò che è metafisico e trascendente. Lei stessa dirà: “Abbandonai la
fede per potermi affermare come essere autonomo; con piena consapevolezza e per libera
decisione persi l’abitudine di pregare; la mia sola preghiera diventò la sete e la ricerca della
verità.
Il nome Jahve, il nome dell’Essenza, è per lei il nome della assenza: non esiste un Dio, non
esiste un Dio che sia persona
Tutto questo non senza angoscia. Proprio al tempo passato ad Amburgo risale un episodio che
lei stessa ricorderà negli anni successivi: insieme ad un fratello compie una memorabile gita
all’isola di Helgoland. “ La sera andammo ancora una volta alla solitaria torre del faro. C’era
lì vicino una pecora legata a un palo. Belò pietosamente quando ci avvicinammo e nei suoi
occhi verde chiaro c’era un tale abisso di paura e di morte che non ho mai potuto
dimenticare.” Legge negli occhi della pecora l’angoscia che ella ha nel cuore.
All’età di 20 anni, ricredutasi circa il proprio percorso scolastico, riprende la frequenza della
scuola, consegue la maturità, si iscrive all’università a Breslavia, unica ragazza in mezzo a tanti
maschi; poi si trasferisce a Gottinga, dove segue le lezioni del prof Edmund Husserl, filosofo,
Fig.fondatore di quella branca della filosofia che va sotto il nome di fenomenologia. Con lui
discute una tesi sull’empatia, ne diventa l’assistente, si interessa molto di problematiche
riguardanti le donne, entra a far parte dell’ Organizzazione per il diritto femminile al voto.
Si dichiara atea, ma il suo spirito inconsapevolmente è sensibile ai suggerimenti del Divino. Nel
1915 (ha 24 anni) con la guerra si mette a servizio come infermiera in un ospedale militare
austriaco: accudisce i malati di tifo, presta servizio in sala operatoria, vede morire tanti giovani.
In quel periodo scrive: “ Ora non ho più una mia propria vita”.
Un episodio di quegli anni: osservò come una popolana, con la borsa della spesa entrò nel
duomo di Francoforte e si soffermò a pregare; “Ciò fu per me qualcosa di completamente
nuovo. Nelle sinagoghe e nelle chiese protestanti ci si reca in chiesa per le funzioni; qui una
donna si era recata nella chiesa deserta, come per un intimo colloquio”.
Fig. Un altro episodio, questo ancora più forte: era legata da profonda amicizia ai coniugi
Reinach, da poco convertiti alla fede evangelica. Nel 1917 il marito muore in guerra e quando
Edith va a trovare la moglie con molto stupore non incontra una moglie disperata ma credente,
rassegnata e serena. Dirà: “Questo è stato il mio primo incontro con la Croce e con la forza
divina che trasmette a chi la porta…..Fu il momento in cui la mia irreligiosità crollò e Cristo
rifulse”.
In quello stesso anno le diventa stretta anche la
collaborazione con Husserl. “ Non ho nessuna
voglia di continuare ad accatastare pacchi di
carta che lui non guarda nemmeno”. Vorrebbe
lavorare in autonomia, decide di lasciare il suo
gruppo di ricerca, fa domanda per entrare
all’università come libera docente, ma la sua
domanda viene respinta perché donna. Scrive
articoli, insegna psicologia e discipline
umanistiche, tiene conferenze in tutta Europa ma
è segnata da una grande inquietudine spirituale.
Il suo cuore si sta aprendo alla fede ma questo
invece di recare gioia, provoca angoscia; nascono
interrogativi assillanti. Quale rapporto ci può
essere fra lei e Dio? Non sarebbe più facile continuare sulla linea della negazione di Dio? Lotte
interiori, crisi che impegnano al massimo la sua intelligenza e la sua volontà, momenti
drammatici di rottura con il passato, con la sue convinzioni e con se stessa, tanto da sentirsi
precipitare in un silenzio di morte. “La vita mi appariva insopportabile; non potevo più
camminare per strada senza augurarmi che un’auto mi investisse; facevo una gita e speravo di
cadere in un precipizio”. Vive quella condizione che incontrerà in Giovanni della Croce come
Notte dello spirito.
Fig. Finché nel giugno 1921 a casa dell’amica Edvige Conrad Martius non scopre per caso
nella biblioteca il Libro della Vita: la autobiografia di S. Teresa d’Avila. Si dice che in una
notte abbia letto tutto il libro; forse non è così, ma certo ne rimane talmente impressionata che
Fig arrivata in fondo esclama: “QUESTA È LA VERITÀ”: quella Verità a lungo cercata e
inseguita nei meandri degli studi, della filosofia, della ragione ecco che gli si presenta davanti
nel suo fulgore. Dirà Giovanni Paolo II nell’omelia di beatificazione a Colonia: “Aveva cercato
la Verità e aveva trovato Dio; non la verità della filosofia ma la verità di una Persona, il Vivente
“TU” di Dio.
Fig. Il 1 gennaio 1922 si fa battezzare; è il giorno della Circoncisione di Gesù, segno di
appartenenza al popolo ebraico, di accoglienza nella stirpe di Abramo. Dirà: “ Avevo cessato di
praticare la mia religione ebraica, avevo rigettato tutto e mi sentivo nuovamente ebrea solo
dopo il mio ritorno a Dio nella religione cattolica”
Quando va ad annunciare alla madre che è diventata cattolica, entrambe piangono; per la madre
è un tradimento e Edith vive il dolore di sapersi ripudiata come figlia.
Teresa d’Avila diventa il modello di vita per questa donna, tanto da volersi fare carmelitana, ma
i suoi interlocutori spirituali le impediscono per il momento questo passo.
Formula comunque i voti di povertà, castità e obbedienza.
Fig. Per nove anni insegna, intraprende viaggi per conferenze soprattutto su temi femminili.
Dirà: “ Credevo che condurre una vita religiosa significasse rinunciare a tutte le cose terrene e
vivere solo nel pensiero di Dio. Invece ho capito che più uno si sente attirato da Dio e più deve
uscire da se stesso per rivolgersi al mondo e portarvi una divina ragione di vivere” .
Si dà allo studio delle opere di Tommaso d’Aquino e scrive un saggio “Essere finito ed Essere
eterno” nel quale cerca di conciliare la filosofia tomista con la fenomenologia del suo vecchio
maestro Edmund Husserl.
Nel 1931 la notte scende sulla Germania. “Avevo già sentito prima delle severe misure gli ebrei.
Ma ora cominciai improvvisamente a capire che Dio aveva posto ancora una volta
pesantemente la sua mano sul suo popolo e che il destino di questo popolo sarebbe stato anche
il mio contro”.
Il 1933 fu un anno decisivo per la Germania e per Edith Stein: nel gennaio Hitler diventa
cancelliere del Reich; nel marzo a Hitler vengono conferiti pieni poteri, 1 aprile giornata
antisemita e boicottaggio dei negozi e aziende di ebrei; 7 aprile con il cosiddetto “paragrafo
ariano” si escludono gli ebrei dai pubblici servizi.
A Edith Stein viene proibito di continuare la sua attività di insegnante e conferenziere: era
diventata una straniera nel suo stesso paese. Dirà: “Prima non potevo insegnare perché donna,
ora non posso insegnare perché ebrea”. Non le fu più impedito di entrare nel Carmelo ed emise
Fig. i voti nel Carmelo di Colonia. “ Non l’attività umana ci può aiutare, ma solamente la
passione di Cristo e il mio desiderio è quello di parteciparvi”.
La sua decisione fu interpretata dai suoi familiari come un atto di grande vigliaccheria, una fuga
dal mondo, perché si rifugiava tra le mura di un convento invece di condividere il destino della
famiglia che si stava preparando a emigrare in Sud America.
Dal Carmelo ogni settimana scriverà alla madre, non ricevendo mai risposta.
Compie però un ultimo atto prima di ritirarsi nella clausura e nel silenzio: scrive una lettera a
papa Pio XI: una lettera il cui testo è stato reso pubblico con l’apertura degli archivi vaticani
dopo 70 anni di silenzio. Leggere il testo. La firma è : Dott.ssa Edith Stein, docente all’Istituto
tedesco di Pedagogia Scientifica presso il Collegium Marianum di Mṻnster.
Dice Edith Stein : “qualche tempo dopo ho ricevuto la benedizione del Papa per me e per i miei
familiari”. Negli anni a venire si domanderà se al papa sarà mai venuto in mente il contenuto di
quella lettera; fatto è che negli anni successivi si è compiuto passo passo ciò che ella aveva
allora predetto per il futuro degli ebrei e dei cattolici in Germania.
Al Carmelo diventa Suor Teresa Benedetta
della Croce; non è facile il periodo del
noviziato; del resto lei ha 42 anni, lei così
intellettuale e colta costretta in una quotidiana
convivenza con donne in massima parte
semplici. Ma Teresa Benedetta non a caso ha
voluto aggiungere al suo nome l’apposizione “
della Croce”, perché è decisa ad abbracciare la
Croce, qualunque croce, fino in fondo. È così
che si realizzerà l’unione dell’anima con Dio.
Lei stessa fatta croce a imitazione di Cristo (
nel film La settima stanza” quando cade, cade
a terra con le braccia allargate come
crocifissa). La croce di cui Edith Stein si fa
particolarmente carico è quella che grava su
tutto il popolo ebraico.Fig. Durante un’ora di adorazione nell’Anno santo del 1933 prende
consapevolezza di quale sia la Croce che viene posta in quel momento sulle spalle del popolo
ebraico. La maggior parte di esso ancora non lo comprende, ma quelli che avevano la grazia di
intenderlo avrebbero dovuto accettarla pienamente a nome di tutti. “Devo continuamente
pensare alla regina Ester che viene sottratta al suo popolo per renderne conto e difenderlo
davanti al re. Io sono una piccola e debole Ester ma il Re che mi ha eletto è infinitamente
grande e misericordioso.”
Nel frattempo l’odio dei nazisti contro gli ebrei si scatena: il 10 novembre 1938, la cosiddetta
“notte dei cristalli”, le sinagoghe vennero bruciate, numerosi saccheggi, vetrine infrante, ebrei
assassinati o trascinati nei campi di concentramento. La sua presenza a Colonia non è sicura né
per sé né per le consorelle e la Madre la trasferisce al Carmelo di Echt in Olanda dove la
situazione appariva più tranquilla.Fig.
Nel Carmelo di Echt, nel 1939, chiede il permesso alla Madre Priora di “offrirsi vittima
espiatrice per la vera pace, affinché il dominio dell’anticristo crolli, possibilmente senza una
nuova guerra mondiale. So di essere un niente, ma Gesù lo vuole”.
Lì scrive il suo testamento : “Già ora accetto con gioia, in completa sottomissione e secondo la
sua volontà, la morte che Dio mi ha destinato. Prego il Signore che accetti la mia vita e la mia
morte per l’onore e la gloria sua, per tutte le intenzioni dei Sacratissimi Cuori di Gesù e Maria e
della S. Chiesa…..in espiazione dell’incredulità del popolo d’Israele…..per la salvezza della
Germania e del mondo” ..
Nel 1941 scrive un saggio su S: Giovanni della Croce, il dottore nella notte oscura e del nulla, e lo
intitola: “La scienza della Croce” . Stese la sua opera in fretta, presaga ormai della fine. E non potè
concludere il volume, perché le SS naziste la strapparono dal Carmelo prima che l’opera fosse
completata. Scientia crucis, quella scienza che può essere appresa solo se si sente tutto il peso
della croce. Dirà: “E’ per questo che di tutto cuore ho pronunciato: “O Crux, ave, spes unica”
Nell’estate 1942 neanche la sistemazione di Echt è più sicura. Si era infatti venuta a creare
tensione fra il governo del Reich e i Vescovi olandesi circa gli arresti e le deportazioni degli
Ebrei, tensione che portò i vescovi cattolici alla stesura di una lettera pastorale, datata 20 luglio,
da leggersi in tutte le chiese domenica 26 luglio. “ Viviamo in un tempo di grande sofferenza,
sia spirituale che materiale…..”. La lettera non sortì alcun effetto benefico, anzi ottenne una
reazione immediata del regime e per rappresaglia furono deportati anche gli ebrei convertiti al
cristianesimo.
Fig. Il 2 agosto 1942 la Gestapo arriva ad Echt per prendere lei e la sorella Rosa. Prendendo per
mano la sorella: “Vieni, andiamo per il nostro popolo”.
Prima tappa: il campo di raccolta di Westerbork “ Che i miei fratelli e le mie sorelle dovessero
soffrire così, non l’ho veramente saputo…. In ogni ora prego per loro. Che Dio oda la mia
preghiera? Certamente ode i loro lamenti”.
All’alba del 7 agosto parte un carico con 987 ebrei, destinazione Auschwitz, il 9 agosto Teresa
Benedetta della Croce, assieme alla sorella, senza mai essersi tolta l’abito di carmelitana, entra
nella camera bianca, la camera a gas. Poi il suo corpo passa nei forni crematori.
Né al Carmelo di Echt né a quello di Colonia si hanno più notizia di Suor Teresa Benedetta della
Croce. La “Gazzetta Ufficiale “ olandese, nel numero del 16 febbraio 1950, con una nota del
Ministero della Giustizia, pubblicava questa laconica comunicazione:
“Nr 44074 Edith Theresia Hedwig Stein nata il 12 ottobre 1891 a Breslau, di Echt, morta il 9
agosto 1942”
Cosa rimane di lei al di là degli scritti? Un pugnetto di cenere e terra scura passata al fuoco, ma
in maniera del tutto simbolica perché di lei effettivamente non rimane più niente. Quel piccolo
pugno di polvere a ricordo dei milioni di innocenti sterminati nei lager si trova sotto il
pavimento della chiesa parrocchiale di S: Michele, a Breslavia, a pochi passi dalla casa che era
stata degli Stein.
Nella cappella che ospita questa polvere due blocchi di marmo bianco: uno a forma di libro
aperto a simboleggiare i suoi studi di filosofia, l’altro a forma di mucchio di fogli sparpagliati a
ricordare i suoi scritti.
Fig. Dichiarata beata nel 1987, santa nel 1998, da Giov. Paolo II è stata nominata compatrona di
Europa insieme a santa Caterina da Siena, santa Brigida di Svezia, san Benedetto, i santi Cirillo
e Metodio. “Teresa Benedetta della Croce non solo trascorse la propria esistenza in diversi paesi
d’Europa, ma con tutta la sua vita di pensatrice, di mistica, di martire gettò come un ponte tra le
sue radici ebraiche e l’adesione a Cristo, muovendosi con sicuro intuito nel dialogo col pensiero
filosofico contemporaneo e gridando col martirio le ragioni di Dio e dell’uomo nell’immane
vergogna della Shoah. Essa è divenuta così l’espressione di un pellegrinaggio umano, culturale
e religioso che incarna il nucleo profondo della tragedia e delle speranze del continente
europeo”
Bibliografia:
Luigi Carlo di Muzio: “I giorni della verità: la vicenda di Edith Stein” Ed. La Sorgente 1974
Maria di Lorenzo : “Con la croce sul cuore: Edith Stein” Edizioni dell’Immacolata 2013
Edith Stein: “La mistica della Croce; scritti spirituali sul senso della vita” Ed Città Nuova 2007
Berta Weibel: “Edith Stein martire per amore” Edizioni Paoline 2000; Edith Stein : “Vita di
una famiglia ebrea” Città Nuova Edizioni ODC 2007