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Responsabile:
Dott. Massimo Valsecchi
Redazione:
NEWSLETTER
N. 4 - 2014
D.ssa Giuseppina Napoletano
[email protected]
Dott. Federico Gobbi
[email protected]
Dott.ssa Emma Conti
[email protected]
LEPTOSPIROSI:
UNA MALATTIA EMERGENTE DEL
VIAGGIATORE INTERNAZIONALE
Dott.ssa Chiara Postiglione
[email protected]
Caso clinico
Tratto dall’articolo: Arcilla M.S. et al., “Severe leptospirosis in a duch traveller
returning from the Domenican Republic, October 2011”. Eurosurveillance, Vol. 17,
Recapiti:
tel. 045 8075918 – 5093
tel. 045 601 3563
Le newsletter e gli aggiornamenti in
epidemiologia sono reperibili nel sito
della Regione del Veneto al seguente
indirizzo:
http://www.regione.veneto.it/web/sanita/
viaggiare-in-salute
Issue 13, 29 March 2012.
Alla fine di settembre 2011, un olandese di 51 anni trascorre due settimane di
vacanza in un resort di Punta Cana, nella Repubblica Domenicana. Durante il suo
soggiorno compie diverse escursioni, tra cui una gita in barca sul fiume Chavon
(Figura 1 e 2), vicino al villaggio Altos de Chavon (Figura 3).
Figura 1 e 2: Fiume Chavon
Nel sito del Dipartimento di Prevenzione
ULSS 20 all’indirizzo:
http://prevenzione.ulss20.verona.it/viagn
ews.html
Ha partecipato alla stesura di questa
newsletter la Dott.ssa Francesca Tognon
Fig. 1
Fig. 2
Figura 3: Altos de Chavon
Supporto tecnico:
Lucrezia Tognon
Andrea Comin
Fig. 3
Durante questa gita, cade accidentalmente nel fiume e i compagni di viaggio,
con l’intento di proteggerlo dal possibile rischio di ipotermia, lo ricoprono
interamente, viso e corpo, con il terreno fangoso della riva del fiume.
Dopo 20 giorni, rientrato in Olanda, l’uomo si presenta all’ospedale di
Rotterdam in seguito alla comparsa di iperpiressia accompagnata da cefalea,
nausea, vomito, diarrea ed artralgie.
All’esame obiettivo si rilevano iperemia congiuntivale ed ittero sclero-cutaneo.
Gli esami ematochimici evidenziano: incremento della proteina C reattiva (280
mg/L), riduzione delle piastrine (44x109/L) ed iperbilirubinemia (104 umol/L) con
aumento modesto delle transaminasi epatiche, oltre a segni di iniziale disfunzione
renale (creatinina 268 umol/L).
Dopo il ricovero, le condizioni cliniche del paziente peggiorano rapidamente con
insorgenza di ipotensione arteriosa e insufficienza renale progressiva fino all’anuria,
per cui viene trasferito in Unità di Terapia Intensiva.
Dalla raccolta anamnestica (incidente nelle tre settimane precedenti, tipo di
viaggio, località), si ipotizza fin da subito una setticemia dovuta a leptospirosi.
La diagnosi differenziale, comunque, include anche malaria, dengue e altre malattie
batteriche a impronta setticemica, ma gli esami microbiologici risultano tutti
negativi.
I compagni di viaggio, inoltre, sono tutti asintomatici.
La conferma della diagnosi eziologica viene dagli esami microbiologici; infatti risulta
positiva la ricerca degli anticorpi specifici anti Leptospira spp. tramite metodica MAT
(test di agglutinazione microscopica, titolo 1:320) e test ELISA (IgM > 1:160) sul
secondo campione ematico, prelevato dopo 10 giorni dal ricovero. Mentre la
sierologia su primo prelievo eseguito all’ingresso era risultata negativa, la ricerca
tramite real-time PCR era già positiva.
La tipizzazione di leptospira responsabile viene identificata su base antigenica come
varietà Icterohaemorrhagiae oppure Australis.
Viene somministrata una terapia antibiotica di combinazione con ceftriaxone
endovena e doxiciclina per via orale, oltre alle misure di supporto cardiocircolatorie.
Le condizioni cliniche migliorano, dopo 7 giorni la funzionalità renale si ristabilisce
completamente e dopo 10 giorni il paziente viene dimesso.
Epidemiologia
La leptospirosi è la antropo-zoonosi più diffusa al mondo. La sua diffusione è
ubiquitaria, ma ne sono maggiormente interessati i paesi tropicali e subtropicali,
che forniscono le condizioni ambientali essenziali per la sopravvivenza del batterio e
la sua disseminazione nell’ambiente (presenza di ampie zone rurali, condizioni
igienico-sanitarie carenti e clima caldo-umido), favorendo l’endemicità di tale
malattia, con frequenti riaccensioni epidemiche.
Le regioni che notificano maggiormente l’infezione sono il Sud-Est asiatico
(India, Sri Lanka, Thailandia, Vietnam, Cina, Malesia), l’America centrale e
meridionale (Brasile, Caraibi) e le isole dell’Oceano Indiano (Mayotte, La Réunion,
Seychelles). Negli USA, dove la malattia si presenta in forma sporadica, vengono
notificati circa 200 casi all’anno, di cui la metà nelle Hawaii. L’incidenza stimata a
livello mondiale varia da 0.1 a 1/100.000/anno nelle regioni temperate, a oltre
100/100.000/anno durante le epidemie nei tropici; comunque, la reale incidenza è
verosimilmente sottostimata in quanto l’infezione può risultare subclinica o produrre
una sintomatologia aspecifica che spesso non viene diagnosticata.
Nei paesi meno sviluppati e nelle aree tropicali si possono verificare vere e
proprie epidemie di leptospirosi dovute a disseminazioni massicce di batterio nelle
acque e nel terreno, spesso conseguenti a fenomeni meteorologici stagionali, come
alluvioni, inondazioni e allagamenti.
Figura 4: Immagini di alluvioni in aree tropicali
Fig. 4a
Fig. 4b
Fig. 4c
Si citano alcune epidemie di leptospirosi, ad esempio:
•
Nicaragua nell’ottobre 1995 dopo recente alluvione: 2000 casi di cui 40
morti per emorragia polmonare e/o insufficienza respiratoria acuta;
•
Nicaragua, Honduras, Guatemala nel 1998, dopo il passaggio dell’uragano
Mitch;
•
Filippine nell’ottobre del 2009: dopo un tifone che aveva provocato a
settembre una grave inondazione in Metro Manila;
•
Kenya nel 2004: vennero notificati 141 casi sospetti in una scuola del
distretto di Bungoma, inclusi 6 decessi.
Recentemente, sono segnalate epidemie di leptospirosi in Indonesia (Java
centrale) e un’altra in Argentina (provincia di Santa Fe).
Nei paesi industrializzati, fino a pochi decenni fa, la leptospirosi si configurava
come una malattia professionale tipicamente associata a particolari categorie
lavorative (contadini, raccoglitori del riso, addetti agli impianti fognari, minatori,
ecc.), da cui spesso deriva il nome della malattia; in Italia è nota anche come
“febbre dei porcai” o “febbre delle risaie”. Negli ultimi decenni però, si è assistito a
un progressivo cambiamento del rischio che è passato da quello professionale
“classico”, notevolmente ridotto, ad altri tipi di occupazioni legate soprattutto alle
attività ludico – ricreative, come pesca, caccia, nuoto, campeggio, canotaggio,
rafting, trekking e altri hobby all’aperto.
Figura 5: Esempi di attività ludico – ricreative a rischio per la malattia
Fig. 5a
Fig. 5b
Fig. 5c
Si segnalano infatti epidemie occasionali anche in ambito ricreativo come ad
esempio quella del 1998 in Illinois e in Wisconsin, in occasione di una
competizione di triathlon durante la quale gli atleti partecipanti dovevano
immergersi in acque dolci, oppure l’epidemia internazionale del 2000 in Malesia
(Borneo), sempre durante una competizione multi sport “Eco-Challenge”.
Ultimamente le statistiche evidenziano come molte persone pratichino svariati
tipi di sport e attività avventurose durante i viaggi all’estero; di conseguenza
sempre più casi di leptospirosi sono “importati” e vengono diagnosticati come causa
di febbre di ritorno da un viaggio all’estero. La leptospirosi è quindi oggi
riconosciuta come una malattia emergente del turista internazionale.
Nei paesi occidentali la leptospirosi presenta in generale un andamento
stagionale, con picco di incidenza in estate-autunno, in corrispondenza con i periodi
di massima attività all’aperto; nei paesi tropicali e subtropicali, invece, le infezioni
avvengono durante tutto l’anno e l’eziologia è multifattoriale: precarie condizioni
abitative e igienico-sanitarie che favoriscono lo sviluppo della popolazione murina,
cattivo uso di sistemi di raccolta dell’acqua piovana, abitudine a bagnarsi in pozze
di acqua naturali, stretto contatto con animali domestici, disastri climatologici come
le inondazioni e le alluvioni che tipicamente affliggono queste regioni.
Eziopatogenesi
La leptospirosi è una malattia infettiva causata da batteri aerobi Gram-negativi
appartenenti al genere Leptospira, ordine Spirochaetales (di cui fanno parte anche
Treponema pallidum e Borrelia). Questi batteri hanno morfologia spiraliforme,
estremamente mobile, di dimensioni ridotte (5-15 µm x 0.1-0.2 µm) e, pertanto,
sono visibili al microscopio ottico solo con metodiche di sovra-colorazione
(impregnazione argentica), oppure ricorrendo all’osservazione in campo oscuro o in
contrasto di fase (Figura 6).
Figura 6: Spirochete (microscopia in campo oscuro)
Un metodo per classificare i numerosi sierotipi di leptospira è la tipizzazione
genomica tramite metodica PCR, che consente la suddivisione in due categorie
fondamentali, le leptospire saprofite non patogene e le leptospire patogene: queste
ultime appartengono tutte alla specie Leptospira interrogans, che comprende a sua
volta più di 200 siero-varietà diverse, distinte su base antigenica. Le siero-varietà
più frequentemente in causa in patologia umana sono le seguenti:
icterohaemorrhagiae, pomona, canicola, bataviae, grippotyphosa, australis, sejroe.
Il serbatoio naturale di questi batteri sono gli animali domestici e selvatici, in
primo luogo i ratti (Rattus norvegicus fino al 50%), ma anche altri piccoli roditori, il
bestiame da allevamento (bovini, suini, equini), cani e gatti.
Figura 7: Principali serbatoi dell'agente patogeno
Fig. 7a
Fig. 7b
Fig. 7c
Spesso in questi animali l’infezione è asintomatica e può essere transitoria o
permanente; negli animali i batteri si riproducono in corrispondenza dei tubuli renali
e da qui vengono eliminati con le urine nel terreno circostante o nelle acque (laghi,
fiumi, ruscelli), in quantità cospicue. In adatte condizioni ambientali di umidità, pH
(7.2-7.6) e temperatura (28-30°C), le leptospire sono in grado di sopravvivere al di
fuori dell’ospite animale per settimane o mesi; al contrario, sono facilmente
distrutte da essiccamento, esposizione al calore (50°C), disinfettanti e detergenti.
L’uomo rappresenta un ospite occasionale del batterio, con il quale si infetta
attraverso la via cutanea, in particolare se sono presenti ferite o abrasioni; tramite il
contatto diretto con gli animali infetti, oppure, più frequentemente, tramite il
contatto con acque o suolo contaminati da urine infette. I batteri, tuttavia, possono
penetrare nel corpo umano anche per via orale (es. ingestione accidentale di acqua
contaminata) o per via congiuntivale.
Ne consegue che il rischio di infettarsi è strettamente correlato alle situazioni
che pongono l’uomo a contatto con l’ambiente contaminato: le attività di tipo ludico
– professionale principalmente, ma anche eventi climatici maggiori, non controllabili
direttamente dall’uomo; inoltre, in alcuni casi la modalità di esposizione non è
identificabile.
Esiste una stretta corrispondenza tra il sierotipo di leptospira patogena e
l’animale ospite: il topo delle risaie (Micromys minutus) per L. bataviae, il ratto per
L. icterohaemorrhagiae, il maiale per L. pomona. La siero-varietà responsabile può
essere diversa anche a seconda dell’area geografica; infatti, mentre alcuni ceppi
(es. L. icterohaemorrhagiae, L. canicola) hanno diffusione ubiquitaria, altri ceppi
vengono osservati solo in determinate zone (es. L. bataviae in Europa e nel Sud-Est
asiatico, L. sejroe in Europa e in USA).
Una volta penetrate nel circolo sanguigno dell’ospite umano, le leptospire si
distribuiscono a livello sistemico, dando luogo ad una prima fase setticemica della
durata di circa una settimana in cui compaiono i sintomi sistemici, probabilmente
dovuti alla liberazione di endotossine con la lisi dell’agente eziologico, oltre che
all’effetto tossico diretto delle leptospire. Successivamente si verifica la seconda
fase o di convalescenza, caratterizzata dalla scomparsa delle leptospire dal sangue
circolante e dal progressivo incremento di anticorpi specifici a titolo sempre
maggiore; in certi casi, tuttavia, durante questa fase possono comparire sintomi
d’organo dovuti alla localizzazione dei batteri negli organi bersaglio (tubuli renali,
parenchima epatico, membrane meningee). Anche l’uomo, superata l’infezione,
rimane escretore urinario delle leptospire per un lasso di tempo non definito.
Clinica e diagnosi
La malattia si manifesta dopo un periodo di incubazione variabile da 2 a 26
giorni, mediamente 2 settimane, presentando un quadro clinico polimorfo e spesso
aspecifico, il che spiega come la leptospirosi risulti poco diagnosticata e una
trascurata causa di febbre. Oltre a ciò, sono comuni forme subcliniche, ovvero
troppo lievi per giungere ad essere diagnosticate e dimostrabili solo con le prove
sierologiche.
L’evoluzione clinica rispecchia l’andamento bifasico della patogenesi: la prima
fase (con cui può anche concludersi la malattia) è caratterizzata da un esordio
brusco con comparsa di febbre elevata spesso preceduta da brivido, cefalea,
mialgie diffuse soprattutto agli arti inferiori. Spesso sono presenti anche nausea,
vomito, diarrea, dolore addominale e rash cutaneo. La febbre si mantiene continua
per 5-10 giorni (7 giorni in media) e quindi recede per crisi. All’infezione fa seguito
un’immunità alla siero-variante specifica, ma questa può non proteggere da una
siero-variante diversa.
La gravità della sintomatologia è molto variabile, potendosi avere forme assai
scarsamente impegnative, o che vengono erroneamente diagnosticate come forme
simil-influenzali e che si auto-risolvono.
Altre volte invece compaiono segni di interessamento polmonare (tosse,
emoftoe, dispnea), ipotensione, bradicardia relativa, soffusioni emorragiche cutanee
e congiuntivali, subittero sclerale, epato-splenomegalia. Nei casi ad evoluzione
maligna può aversi l’exitus per collasso cardio-circolatorio o per insufficienza renale
acuta (letalità 20%-30%).
Nei casi gravi il quadro è complicato da segni di interessamento d’organo che si
rendono più evidenti nella seconda fase di malattia, quindi a partire dalla 2 a
settimana:
–
interessamento epato-renale (morbo di Weil) in cui possono risultare
dominanti i sintomi della localizzazione epatica (epatomegalia, ittero, incremento
della bilirubinemia prevalentemente diretta accompagnata da un aumento modesto
delle transaminasi e della fosfatasi alcalina), oppure i sintomi della compromissione
renale (oliguria,con ematuria, proteinuria, cilindruria e aumento progressivo
dell’azotemia e della creatininemia fino all’insufficienza renale con anuria).
Il morbo di Weil viene causato più frequentemente da L. icterohaemorrhagiae;
Possono inoltre rendersi evidenti manifestazioni emorragiche, turbe del ritmo
cardiaco e della ripolarizzazione (miocardite), danno pancreatico e soprattutto un
chiaro obnubilamento del sensorio.
–
interessamento meningeo (meningite a liquor limpido) con i tipici sintomi
di cefalea, vomito a getto, obnubilamento del sensorio, rigidità nucale. Il sierotipo
classicamente responsabile della localizzazione meningea è L. pomona, ospite
abituale del maiale.
Figura 8: Alcuni segni clinici della malattia
Fig. 8a: Iperemia congiutivale
Fig. 8b: Ittero sclerale
Fig. 8c: Rash petecchiale
La diagnosi si basa sulla raccolta dei dati clinico-anamnestici, microbiologici e di
laboratorio. Nel sospetto clinico di leptospirosi, il test rapido da eseguire a letto del
malato è l’agglutinazione macroscopica su vetrino, il cui risultato è disponibile già
dopo pochi minuti. Il gold standard per la conferma diagnostica è l’emocoltura, che
tuttavia è lenta e difficile (nella meningite la liquor-coltura), pertanto nella pratica
clinica il metodo di laboratorio più utilizzato è la reazione di agglutinazione
microscopica (MAT). La siero-agglutinazione si esegue con sospensione di tutti i
sierotipi di leptospire presenti nelle località di provenienza del malato; il titolo della
siero-agglutinazione va aumentando progressivamente fino a raggiungere il
massimo in 3a -4a settimana e resta positivo per anni dopo la guarigione. Con la
MAT sono frequenti le reazioni crociate tra diversi siero-gruppi di leptospire, per cui
non è sempre possibile ottenere l’identificazione precisa della specie patogena. Un
altro metodo di diagnosi è il test immunoenzimatico ELISA, in grado di evidenziare
gli anticorpi IgM specifici già in 3a-4a giornata di malattia; inoltre, in laboratori
specializzati è possibile utilizzare anche la reazione a catena della polimerasi (PCR)
che ha il vantaggio di dare una risposta in tempi rapidi, prima della comparsa degli
anticorpi.
In caso di meningite, i reperti liquorali sono quelli tipici della meningite
“asettica” con pleiocitosi linfocitaria, aumento della protidorrachia e glicorrachia
normale.
La diagnosi differenziale va posta con numerose altre infezioni ad impronta
setticemica (es. febbre tifoidea), malaria, dengue, chikungunya, epatiti virali,
rickettsiosi, infezioni da Hantavirus.
La leptospirosi fa parte delle malattie infettive soggette a notifica di classe II,
pertanto deve essere notificata entro 48 ore dalla diagnosi.
Terapia e prevenzione
La terapia della leptospirosi si basa sulla somministrazione di antibiotici
appartenenti alla classe dei beta-lattamici (particolarmente attiva è la penicillina G)
e delle tetracicline (doxiciclina). Efficaci sono anche gli antibiotici appartenenti alle
cefalosporine di terza generazione (ceftriaxone, cefotaxime), la clindamicina e i
macrolidi (azitromicina). La terapia antibiotica, oltre ad abbreviare la durata di
malattia, riduce l’eliminazione del batterio nelle urine e quindi la sua diffusione
nell’ambiente.
Nei casi più gravi (es. morbo di Weil) risulta fondamentale associare le misure di
supporto, come il bilancio idro-elettrolitico, l’emodialisi, l’assistenza respiratoria e le
emotrasfusioni.
Purtroppo, non esistono vaccini anti-leptospira realmente efficaci per l’uomo, a
causa dell’elevata variabilità strutturale delle leptospire. In passato è stato utilizzato
un vaccino a base di leptospire uccise per alcune categorie di persone a rischio, ma
a causa della sua scarsa efficacia e breve durata di protezione è stato rimosso.
La prevenzione della malattia si deve basare, pertanto, sull’informazione
riguardo al rischio di infezione nelle categorie maggiormente esposte, su misure
comportamentali individuali e su una politica di controllo dell’ambiente.
Le misure comportamentali devono mirare a ridurre al minimo il contatto con
acque o terreno potenzialmente contaminati: si consiglia quindi di indossare
vestiario coprente, guanti e calzature adeguate e idrorepellenti; in caso di presenza
di ferita aperta, meglio attendere la guarigione prima dell’eventuale contatto a
rischio e comunque coprirla con bende impermeabili; evitare di immergersi e di
ingoiare l’acqua di laghi o fiumi; consultare immediatamente un medico in caso di
comparsa di sintomi sospetti di leptospirosi. Alcuni Autori consigliano la
chemioprofilassi pre-esposizione con doxiciclina 200mg/settimana in casi selezionati
ad alto rischio per leptospirosi, in zone endemiche e per periodi di tempo limitati,
ma mancano dati sufficienti che ne dimostrino l’efficacia.
E’ possibile effettuare una profilassi antibiotica con doxiciclina, sempre previa
valutazione medica, anche nell’eventualità di avvenuta esposizione a rischio.
L’efficacia della profilassi antibiotica, comunque, non è del 100%.
A livello di controllo dell’ambiente, la prevenzione si basa su misure di bonifica
ambientale, quali interventi di derattizzazione e controllo dell’infezione negli animali
tramite la vaccinazione (bestiame e animali da compagnia), sul divieto di
balneazione nelle acque stagnanti, sul miglioramento delle condizioni abitative e
igienico-sanitarie che possono facilitare la proliferazione dei ratti.
Bibliografia
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Masson, 563-566.
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travellers, Travel Medicine and Infectious Disease (2010) 8, 33-39.
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Russo R, Panarello G Leptospirosi: aspetti epidemiologici, diagnostici, clinici.
Le Infezioni in Medicina, n. 2, 74-84, 1999.
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Leptospirosis
Disease
Directory
Travelers'
wwwnc.cdc.gov/travel/diseases/leptospirosis
4 - 2014 – Leptospirosi
Health
CDC
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