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la Repubblica LA DOMENICA DOMENICA 1 GIUGNO 2014 34 Next. Fiat lux SMART CITY CON UN CLIC SARÀ POSSIBILE MONITORARE IMPIANTI, COSE E PERSONE USANDO LA RETE ELETTRICA LED DIODI A EMISSIONI LUMINOSE. CONSENTONO UN GRANDE RISPARMIO ENERGETICO URBAN SOCIAL LIGHTING ILLUMINAZIONE RESPONSIVA: CONNETTE LUOGHI, ATTIVITÀ, COMPORTAMENTI PARASSITISMO SPECIALI VERNICI STRADALI INTERAGISCONO CON LA LUCE E ILLUMINANO PISTE CICLABILI E VIALI Non più semplici lampioni ma una rete polifunzionale sensibile ai nostri gesti per darci wifi, meteo, traffic controle tanto altro. A illuminarci penserà il Dna delle lucciole VALERIO GUALERZI U N CANE portato al guinzaglio fa la pipì contro un lampione. Accade ogni giorno migliaia di volte, ma assistere a una scena simile potrebbe diventare sempre più raro. Più facile immaginare che un padrone lasci il suo animale libero di insozzare qualcosa molto più simile al terminale di una sofisticata centralina elettro-digitale piuttosto che all’attuale rozzo palo di acciaio posto a supporto di una vecchia lampada al neon. Nelle metropoli dove vivranno i nostri figli la rete dell’illuminazione pubblica sarà infatti qualcosa di molto diverso dalla semplice sequenza di pali a cui siamo abituati oggi. Non solo porterà quartiere per quartiere la linfa vitale della luce, ma diventerà una rete nervosa capace di interagire attraverso le sinapsi dei lampioni. La città ipercablata, digitalizzata e interattiva del futuro, la “smart city”, per comunicare non avrà neanche bisogno di una nuova infrastruttura, ma sfrutterà quella già esistente dell’illuminazione pubblica. Lo hanno intuito aziende del calibro di Philips e Siemens, ma anche una piccola impresa italiana, la Umpi, che sta iniziando a vendere in giro per il mondo il suo Minos System. «Con un semplice click puoi monitorare stato degli impianti, guasti, fabbisogni e inoltre trasforma gli impianti di illuminazione in una nuova rete di comunicazione territoriale e il lampione in un supporto intelligente in grado di attivare un’ampia gamma di servizi», spiega il direttore marketing Raf- Le Luci della città faele Villa. La lista delle applicazioni possibili è lunga e da Rotterdam a Milano, da Torino a Beirut molte città stanno inziando a sperimentarle: le vecchie lampade infatti potranno diventare ripetitori della rete wifi, sensori in grado di rivelare le condizioni del meteo, del traffico e dell’inquinamento, di tenere sotto controllo la stabilità di edifici storici, di tracciare cose e persone, di monitorare livelli idrometrici e smottamenti in aree a rischio. Inoltre potrebbero trasformarsi in terminali della rete di ricarica per veicoli elettrici e dosare le giuste quantità di luce in base alle necessità del traffico, garantendo risparmi fino al 70 per cento. Ma se il sistema nervoso della rete elettrica diventa sempre più sofisticato, bisogna che si evolvano anche gli “organi periferici”, a cominciare dai led, i diodi a emissioni luminose. Il Laboratorio Luce del Politecnico di Milano da anni lavora proprio allo studio di questa tecnologia e alle sue possibili applicazioni: «È fondamentale selezionare apparecchi e sistemi a led con intelligenza integrata per il ri- Repubblica Nazionale 2014-06-01 la Repubblica DOMENICA 1 GIUGNO 2014 35 Niente è grandioso se non è sfolgorante GABRIELE ROMAGNOLI L PIÙ FAMOSO tra i romanzi di Jay McInerney (Le mille luci di New York) aveva come titolo originale: Bright lights, big city. Ovvero: «luci splendenti, grande città». Sembrava suggerire un rapporto necessario: nessun luogo è grandioso se non è sfolgorante. La luce vivifica. L’esempio più evidente è venuto dalla stessa New York quando, per riempire il vuoto lasciato dalle Torri Gemelle, innalzò al cielo due fasci luminosi. Negli uffici all’interno dei grattacieli i neon restano accesi durante la notte: per segnalare agli aerei la presenza, ma anche per dire che la città non dorme mai. Parigi si è costruita una reputazione come “Ville lumiere” per aver, prima nel mondo, illuminato elettricamente le sue strade. La funzione dei lampioni oggi è diffusa: la svolgono insegne, colonnine, cantieri. Per vedere una città non splendente ma attiva in piena notte bisogna spostarsi dall’Europa all’Asia, a Shanghai e Hong Kong, dove il firmamento sono le luci dei palazzi in costruzione. Non c’è opulenza senza luminosità, è l’opinione comune. Questo spiega perché gli emirati semideserti al tramonto si trasformino in decorazioni festive appese al quasi nulla. Anni fa il lungomare di Dubai si popolò di palme luminose. L’immagine apparve sui giornali arabi e provocò una imitazione nel quartiere più moderno del Cairo, Mohandessin. Ne scaturì una polemica estetico-religiosa. Le palme furono ritenute contrarie al buongusto e al Corano. Sparirono. Tempo fa mi è sembrato di vederne una in un giardino di Villa Literno. Ma è stato un lampo nel retrovisore, poi si è subito spenta. I INFOGRAFICA DI ANNALISA VARLOTTA © RIPRODUZIONE RISERVATA sparmio», spiega Daria Casciani, una delle ricercatrici coinvolte nel programma. «C’è poi — aggiunge — la qualità dell’illuminazione: temperatura di colore, la distribuzione dello spettro, la distribuzione luminosa nello spazio, l’eliminazione dell’abbagliamento e dell’inquinamento luminoso». I led possono essere quindi inseriti in nuovi apparecchi modulari, come il PLUS, messo a punto dal Politecnico di Milano in collaborazione con l’Enea, valorizzando proprio aspetti della luce quali contestualizzazione, dematerializzazione, flessibilità e parassitismo. Un concetto questo, su cui si sta lavorando molto, esplorando soluzioni alternative che vanno dagli intonaci che permettono agli edifici di interagire con la luce alle vernici stradali fluorescenti per auto-illuminare viali pedonali e piste ciclabili. Innovazioni tra esigenza di risparmio e voglia di abbellire gli spazi urbani. Obiettivi raccolti sotto la definizione “urban social lighting”, ovvero un’illuminazione orientata a nuove esperienze sociali. Su questa branca di ricerca si sta cimentando anche il Laboratorio Luce. «Con l’illuminazione urbana adattabile — spiega ancora Casciani — i lighting designer progettano sensori avanzati e sistemi di illuminazione “responsiva” che connettono i prodotti non solo ai luoghi urbani, ma anche alle attività e ai comportamenti». Inoltre, nell’università di Eindhoven, è stato installato un sistema di lampade a led che si accendono e modulano la loro intensità in base alla quantità di persone presenti e ai loro movimenti. Negli Stati Uniti si è puntato invece all’integrazione tra illuminazione e verde pubblico, avviando i lavori per la Energy Forest, un impianto che permette ai led di “sincronizzarsi” con un bosco di bambù, un ruscello e il vento. Solo un assaggio di quell’interazione tra tecnologia e natura che in futuro porterà ad avere alberi luminescenti utilizzabili come lampioni viventi. Biologi molecolari di mezzo mondo sono infatti sulla buona strada per aggiungere parti del Dna di lucciole, meduse e batteri marini fluorescenti al genoma del cloroplasto delle piante. © RIPRODUZIONE RISERVATA Repubblica Nazionale 2014-06-01