1 Michele Loporcaro (Zurigo)

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1 Michele Loporcaro (Zurigo)
Michele Loporcaro, Cattive notizie, Lecce, Università del Salento, 21 ottobre 2011
Michele Loporcaro (Zurigo)
Lecce, Università del Salento, 21 ottobre 2011
«Libri di comunicazione»
[email protected]
(6)
Dardano (2002:260-271): «procedimenti di animazione discorsiva»:
a. «l’indicazione di personaggi famosi con il semplice nome o con varie qualifiche
(Giulio, Silvio, l’Avvocato, il Cavaliere, l’Ingegnere)»
b. l’uso di antitesi, di ellissi nominali (Storico, Rabin vedrà Arafat, CdS 1.9.1993,
p.1), di traslati, di compendi ed espansioni, di strutture sintattiche particolari ecc.
c. «l’uso di vocaboli colloquiali e gergali»: Da sballo il sesso elettronico/Ma vuoi
mettere quello vero, G 8.5.1994, p.10
d. «la congiunzione ‘giornalistica’ iniziale»
(7)
Eco (1971:340): mito dell’obiettività, «con l’immagine correlativa del "giornale indipendente",
camuffa semplicemente la riconosciuta e fatale prospetticità di ogni notizia».
(8)
Papuzzi (2003:42-43): «Nella stampa italiana l’obiettività venne messa in discussione tra la fine degli
anni sessanta e l’inizio degli anni settanta, durante la breve stagione del movimento dei giornalisti
democratici. [...] Nel dibattito aperto sull’obiettività all’interno degli organismi di autogoverno e di
rappresentanza della categoria e sulle pagine di settimanali impegnati come «L’Espresso» di Scalfari,
al criterio dell’obiettività veniva contrapposto quello dell’onestà: il giornalista rinuncia a vendere al
lettore una verità oggettiva ma gli garantisce di riferire onestamente ciò che vede e che sa».
(9)
a. «la lingua del quotidiano è (e lo è stata da più di un secolo) il tramite fondamentale fra l’uso
Cattive notizie. La retorica senza lumi dei mass media italiani
0.
Parlato e scritto fra medium e concezione
(0)
concezione
parlato
scritto
medium
fonico (parlato)
grafico (scritto)
art. di giornale
Koch & Österreicher (1990:6): «Unbestritten sind […] die Affinitäten, d. h. die bevorzugten
Beziehungen, die jeweils zwischen ‘gesprochen’ und ‘phonisch’ (z. B. vertrautes Gespräch) sowie
zwischen ‘geschrieben’ und ‘graphisch’ (z. B. Zeitungsartikel) bestehen».
1. La lingua del giornalismo italiano: tradizione, critica, rinnovamento
(1) Eco (1971:377): «Circolare privata di gruppi di potere, strumento di occultazione delle informazioni
troppo scomode, date ma date in modo che nessuno possa realizzarne il potenziale politico […],
macchina per una selezione classista del proprio pubblico, il quotidiano italiano […] non appare
quindi come uno strumento di liberazione critica che permetta a tutti di ascoltare le parole altrui e di
"prendere la parola", ma come uno strumento autoritario di repressione. Anche se non è un
quotidiano di destra».
(2)
(3)
(4)
Notizia «anglosassone»: «Man bites dog – Yesterday, June 16, at 2,35 p.m., John Doe (42, assistant
accountant with Brown & Brown Inc., Philadelphia, married, two children) bit Mopsy, stray dog»
ecc. [Uomo morde un cane – Ieri, 16 giugno, alle 14.35, John Doe (42enne, aiuto contabile presso la
Brown & Brown Inc. di Philadelphia, sposato, due figli) ha morso Mopsy, cane randagio].
Notizia «italiana»: «Il 19 giugno finalmente uscirebbe un articolo di fondo che inizierebbe in questo
modo: "Il caso ormai stranoto del ‘tramp’ indigeno che ha creduto opportuno sfogare i propri istinti
ferini sul più tradizionale amico dell’uomo, ha suscitato ora una discussione politica che va al di là
dei limiti, in sé risibili, dell’episodio […]." Naturalmente, in tutto il brano mancherebbe
costantemente la triade di espressioni "uomo, cane, morso" che potrebbe chiarire tutto al lettore» (Eco
1971:335-6).
Eco (1971:375): «Di fatto, il giornale non tende affatto, potenzialmente, a vendere informazioni a
tutto il pubblico. Il giornale è il bollettino di un gruppo di potere che fa un discorso ad altri gruppi di
potere. […] il grosso pubblico non deve sapere quale sia il discorso che un quotidiano fa al governo,
o alla FIAT, o all’IRI, perché questo discorso lo turberebbe».
Eco (1971:376): il giornale in Italia «non aspira affatto ad aumentare i propri lettori»; ad esso «non
interessa allargare il livello di alfabetizzazione politica del cittadino italiano».
(5)
«Come non insegna bene l’ortografia, così la pedagogia tradizionale non insegna certo bene la
produzione scritta. Cali un velo pietoso sulla maniera fumosa e poco decifrabile in cui sono scritti
molti articoli di quotidiani [...] L’oscurità e i periodi complicati sono il risultato della pedagogia
linguistica tradizionale» [corsivi aggiunti] (VI tesi GISCEL, in Renzi e Cortelazzo 1977:97).
1
colto e letterario dell’italiano e la lingua parlata» (Beccaria 1973:66).
b. Calaresu (2004:55 n. 14): «lo scritto giornalistico, [...] intermedio tra il parlato canonico e lo
scritto canonico, [...] ultimamente sembra avvicinarsi maggiormente agli usi del parlato anche per
quanto riguarda il trattamento del DD».
2.
Ancora i modelli italiano e anglosassone
(10) a. Bell (1991:207): «a quote is valued as a particularly incontrovertible fact because it is the
newsmaker’s own words».
b. Bell (1991:209): «Direct quotation is the exception not the rule in news stories. Predominantly,
journalists turn what their sources say into indirect speech. This puts the journalist in control of
focusing the story, able to combine information and wordings from scattered parts of an
interview».
(11) a. Papuzzi (2003:34): «Nel giornalismo italiano è diventata prassi modificare e riassumere le
dichiarazioni anche quando sono pubblicate fra virgolette, attenendosi a criteri di veridicità
sostanziale».
b. Calaresu (2004:69): il 30.5.2002: «Berlusconi [...]: "È solo uno scontro in famiglia, lo
risolveremo presto"» (Il Messaggero); «Berlusconi: "Troveremo presto una soluzione"» (Il
Resto del Carlino); «Silvio Berlusconi [...]: "C’è stata qualche discussione in famiglia, ma come
tutte le discussioni di famiglia credo che la risolveremo presto"» (L’Unità), ecc.
c. «I vescovi: "Vade retro, porno"» (titolo de «la Repubblica» riportato da Mizzau 1994:252).
d. Mizzau (1994:250): «Mancano pressoché totalmente quelle formule discorsive segnalanti presa
di distanza: "forse", "probabilmente", "il cosiddetto", "il presunto"; verbi modalizzatori, verbi al
condizionale […], modalità una volta molto più usate. Ciò va a vantaggio del DD, che diventa la
forma di distanziamento più frequente».
e. Lavinio (1998:306): «A differenza che nello scritto, nel parlato la presa di distanza rispetto alla
parola d’altri riportata non ha dunque bisogno di essere lessicalizzata o grammaticalizzata, per
esempio mediante l’uso di condizionali [...] oppure il ricorso a espressioni come cosiddetto o
simili a introdurre le parole citate. Tale distanza può infatti sovrapporsi alle medesime parole
citate ed essere segnalata dalla sola voce e intonazione, anche quando si tratti di DD»
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Michele Loporcaro, Cattive notizie, Lecce, Università del Salento, 21 ottobre 2011
(12) a. Sorice (1995:81): «Un genere che, a differenza dell’inchiesta, si sta sempre più sviluppando è
l’intervista, il caso più eclatante in cui la notizia è fatta direttamente dal giornalista»;
b. Eco (1997:65): «Mentre dipende dalla tv per la sua agenda, la stampa ha deciso di emularla nel
suo stile. Il modo più tipico di dare ogni notizia – di politica, letteratura, scienza – è diventato
l’intervista».
c. Colombo (1998:87-88): «il ruolo del giornalista-intervistatore si fa modesto, tende ad assimilarsi
alla "spalla" dell’avanspattacolo»; «quando non è indispensabile [...], l’intervista è una perdita di
tempo in televisione, una pagina sprecata sul giornale».
3.
Il nuovo. 1: La «congiunzione giornalistica iniziale»
(13) E i cinque scoprono che non c’era la crisi (CdS 19.11.1987); E alla fine il governo
tappò il buco (St., 26.6.1991); E Tangentopoli poteva finire dopo due giorni (CdS
17.2.2002, p. 11); E Stanca prepara un piano per cambiare l’Italia (CdS 17.2.2002, p.
21).
(14) «Siamo al centro di quella complessa e articolata fenomenologia di artifici retorico-stilistici, giochi di
parole, allusioni, ammiccamenti al lettore [...] introdotti, sulla scia dell’evoluzione politico-sociale
successiva al ‘68 come segnali di svecchiamento e per rendere più disinvolte le modalità espositive
del giornalismo italiano» (Proietti 1992:145-6).
(15) Et merito quoniam potui fugisse puellam (Properzio I, xvii)
Né più mai toccherò le sacre sponde (Foscolo, A Zacinto)
E tu ne’ carmi avrai perenne vita (Foscolo, A Firenze)
(16) continuità «del detto col non detto» (Contini 1968:279).
(17) notizia come mito ! notizia come informazione
a. Lule (2001:188): notizie = «retelling of eternal stories»
b. «As myth, news is most important as story, not as information» (ivi, p. 188).
c. «I think the journalist, through myth, can ultimately fulfill the social role of
historian and poet» (ivi, p. 38).
d. «As myth, news stories most often serve and preserve social order» (ivi, p. 191).
(18) a. Tg 1 h.13.30, 31.12.2003. Servizio su una fiaccolata sulle nevi per la fine
dell’anno: «con silenzi spezzati solo dall’allegria di fuochi che si riflettono sul
candore della neve appena caduta».
b. Tg 1 h.20, 13.12.2002. «L’Etna continua a sprigionare le sue cartoline
dall’inferno di cenere».
c. Tg 1 h.20, 16.8.2008: «Questa è la Haven. Quasi un destino nel nome.
Aggiungendo solo una lettera diventa infatti heaven, ‘paradiso’».
d. Tg 1 h.20, 2.3.2011: «Dentro la mano la ragazzina stringeva un ciuffo di erba,
come per aggrapparsi ad una speranza».
(19) Il Messaggero, 15.8.2005, p. 3:
a. «Un vascello fantasma nel cielo di Atene. Così dev’essere apparso, ai bagnanti
stesi al sole sulla spiaggia dolce di Maratona, l’aereo cipriota abbandonato a sé
stesso dopo la morte dei piloti per asfissia».
b. «Si cercano corpi, s’incontrano solo lacerti, membra straziate, pezzi d’uomo
confusi con le lamiere. E sangue, nel silenzio gravido di impotenza. Così
dev’essere stato dei resti di Penteo dopo l’orgia delle baccanti, Penteo fatto a
pezzi dalla propria madre Agave e dalle menadi in trance, possedute da Dioniso».
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c. «Una tragedia. Consumata, con la stessa ineluttabilità di quelle antiche, alle porte
della città del Partenone e a un passo dal luogo in cui sorge il tumulo che ricorda
gli opliti di Milziade, caduti in difesa di Atene nella battaglia del 490 avanti
Cristo».
4.
Il nuovo. 2: discorso indiretto libero e punto di vista
(20) Tg 1 h.20, 13.1.2002. Il Papa, battezzando venti bimbi nella Cappella Sistina,
commenta bonariamente il pianto dei neonati. Il servizio prosegue: «Qualche
piantolino anche fra fratellini e sorelline più grandicelli».
(21) M. Mazzucco, Vita, Milano, Rizzoli 2003: «No, purtroppo di quel periodo della sua
vita non conservava niente. Che doveva conservare? Era inalfabeta, non ci aveva
mica lettere e cartoline. Stava tutto nella sua testa. Però teneva i picci del suo
matrimonio. Li volevo vedere? Certo che sì.» (p. 164).
(22) a. Discorso indiretto libero: funzionale al «nascondimento del narratore» (Spitzer
1956, Testa 1997, Meneghelli 1998).
b. Discorso indiretto libero: crea un «paradosso enunciativo»; non chiaro «a chi vada
attribuita la "responsabilità enunciativa"» (Mortara Garavelli 1985:127).
c. Waugh (1995: 151): «This type of reported speech [scil. il DIL] seems not to
exist in Le Monde – and seems not to exist in modern day, quality journalism»
d. «there is not the same distinction between fact and fiction in tabloids as there is in
the quality press: […] quality newspapers avoid creating a possible ambiguity
between direct speech and the journalist's report» (ivi, p. 153).
e. «Journalists do not want the ambiguities and the mingling of subjectivities which
free indirect style brings» (ivi, p. 151).
(23) a. Tg 1 h.13.30, 27.2.1995. «Uccisi due coniugi a Corleone. Forse avevano visto
qualcosa che non dovevano vedere».
b. Tg 1 h. 20, 20.9.2002. Rievocando l’arresto di Giuffrè nell’aprile 2002: «quando
l’hanno arrestato gli hanno trovato addosso una saccata [sic] di bigliettini. I
pizzini, come li chiamano in Sicilia».
(24) Giuseppe D’Avanzo, Vi racconto la vera storia di Provenzano, «la Repubblica»
14.4.2006, pp. 1 e 14:
«Quarantatré anni fa a Corleone. Era il 18 settembre del 1963. Quella notte Luciano
Liggio chiude i conti con quei fitusi degli amici del dottor Michele Navarra. Una
sparatoria dopo l’altra, fanno secco Francesco Streva, Biagio Pomilla» ecc..
(25) Giuseppe D’Avanzo, Quella lunga inazione, «la Repubblica» 12.4.2006, pp. 1 e 31:
a. «Ci è stato detto che Binnu era "una sola cosa" con quell’altro viddano
(contadino, zotico) di Totò Riina»;
b. «una Cosa Nostra "buona", accomodante […], interessata soltanto a fare piccioli,
a metter da parte denaro»;
c. «Sappiamo che una differenza tra Riina e Provenzano c’è sempre stata. U’ zu
Totò vuole tutto, vuole tutta la roba per sé, tuttu meu, tuttu meu. L’altro, l’omino
canuto che abbiamo visto in tv, è più assennato. "Mangia e fai mangiare", va
dicendo»;
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Michele Loporcaro, Cattive notizie, Lecce, Università del Salento, 21 ottobre 2011
d. «Provenzano, più lungimirante, annusa gli affari moderni: costruzioni, forniture
ospedaliere e munnizza (rifiuti)».
5.
Prodi e il suo governo sono divertenti da seguire?
È una delle persone meno divertenti da seguire [...] Ma intendiamoci, lui sa di non
essere divertente e non vuole esserlo. Infatti ha impostato tutto il suo personaggio
sulla serietà e non sullo spettacolo. […] Quando c’è andato Berlusconi
[all’inaugurazione della Fiera del Levante], è vero che i suoi gli hanno organizzato le
truppe cammellate, ma si è creato un clima d’attesa e di sorpresa diffusa, la gente
accorreva. Spettacolo. Ma Prodi non vuole lo spettacolo, sa di non essere capace di
farlo, per cui non lo cerca neanche.»
Conseguenze politiche
(26) Tg 1 h.13.30, 20.7.2003: «di ritorno dal ranch dell’amico Bush, il presidente dovrà
dunque …»; Tg 1 h.20, 30.5.2003: «nei suoi frequenti incontri con l’amico Vladimir
Putin, il Presidente del Consiglio Berlusconi …»; Tg 1 h.20, 1.6.2003: «al caro amico
Vladimir, Berlusconi lo ha ripetuto: "Per l’Italia, costruire ponti fra l’Europa e la
Russia è una priorità e uno storico impegno».
(27) a. «Tutta la tv nazionale è di fatto sotto il controllo di un editore virtuale unico.
Berlusconi ha le sue reti, e controlla metà delle testate Rai, in pieno accordo con
Prodi, D’Alema e i suoi. Nessuno osa uscire dal coro, perché sarebbe condannato
alla disoccupazione. [...] Dove abbiamo visto le inchieste tv sui soldi di Mediaset
nei paradisi fiscali? Nella Rai? Sulle tangenti – cadute ormai in prescrizione – del
Pci di allora? Un bel servizio sul caso delle tessere gonfiate nella Margherita con i
contorni della morte di Fortugno in Calabria? Abbiamo visto servizi
d’approfondimento su Dell’Utri? C’è forse qualcuno che pensa che tutti questi
temi non avrebbero anche un’audience ottima?» (Gumpel 2006:191).
b. Campagna delle reti pubbliche tedesche ZDF e ARD (primavera 2011): sul
manifesto campeggia il sorriso del Presidente del Consiglio italiano; didascalia:
«Eine Demokratie ist so stark wie ihre Medien».
(28) «Dopo Tg1», 19.1.2006. Dichiarazione di Silvio Berlusconi nell’intervista con
Clemente Mimun: «purtroppo i nostri elettori, pigri, distratti, hanno dato alla sinistra il
governo di 16 regioni su 20».
(29) Giuseppe D’Avanzo, E la mala informazione andò in onda sulla Rai, «la
Repubblica», 26.2.2005, p. 19: «La Rai ha smesso di informare. Comunica. Come
fosse un’azienda privata, lavora nei telegiornali e nelle rubriche di attualità
giornalistica non alle notizie ma a infomercial, a quel prodotto del media populism
che, nella comunicazione, sovrappone un’idea all’esigenza di vendere un prodotto».
(30) Novelli (2006:139-140) [intervista a Gianluca Luzi, inviato de «la Repubblica»]
[Prodi ha] «Uno staff formato su un’idea antica: il comunicato, i problemi seri, etc.
Tutto questo comporta sicuramente una difficoltà a seguirlo, soprattutto per chi come
me era abituato al suo predecessore, che non solo sapeva utilizzare la forma show
della comunicazione politica, ma in qualche modo la favoriva.
Quindi il politico che dà anche una bella forma, facilita il vostro lavoro?
Ma certamente, perché mi fa scrivere un bell’articolo, perché è divertente […] Con
Berlusconi c’era un modo di dire tra i giornalisti: "Berlusconi non ti delude mai". Non
c’è mai stata una volta che tu andavi a seguire Berlusconi e tornavi a casa senza il
pezzo. Lui sapeva quello che tu volevi e anche se non diceva niente, diventava notizia
anche questo. Se la sinistra organizzava una manifestazione sindacale lui metteva un
carico da undici tale per cui ammazzava il titolo degli altri. Questo era, in termini di
comunicazione politica, formidabile. In questo è stato unico.
5
6.
Che fare? Oltre il giornale, la scuola
(31) a. la strategia dell’«attenzione allargata»
(Eco 1997:74-79)
b. il «riceviamo e volentieri pubblichiamo» («un modo di contribuire alla riflessione,
e di assumersi la responsabilità delle proprie dichiarazioni»)
c. sottoscrivere il virgolettato («Chieda l’uomo politico che ogni intervista gli venga
sottomessa, e sottoscriva il virgolettato. Apparirà di meno sui giornali, ma la volta
che appare sarà preso sul serio»)
7.
Ritorno all’etica del tg
(32) a. Marrone (2005:7): «difficile […] condividere l’impostazione metodologica e gli
strumenti teorici adoperati da un linguista come Loporcaro: oggi superati dagli
studiosi che, proprio sulla scia dei Barthes e degli Eco, hanno continuato a
riflettere, in un campo disciplinare limitrofo, su questo genere di problemi»
b. «Persistendo in neoromantiche lamentazioni sulla spettacolarizzazione
dell’informazione si finisce così per non comprendere il senso del discorso
giornalistico dei nostri giorni».
c. «Anni fa, proprio per evitare rischi involutivi nell’analisi del giornalismo, s’era
proposta l’etichetta (provocatoria ma evidente) di “estetica del telegiornale”. Era
un modo per smetterla di parlare aprioristicamente di spettacolarizzazione
dell’informazione, per rigettare il mito positivistico della Verità».
(33) «Contra los escépticos se esgrime un argumento aplastante: “Quien afirma que la
verdad no existe, pretende que eso sea la verdad, incurriendo en palmaria
contradicción”. Sin embargo, este argumento irrefutable no ha convencido,
seguramente, a ningún escéptico. Porque la gracia del escéptico consiste en que los
argumentos no le convencen. Tampoco pretende él convencer a nadie» [corsivo
nell'originale; Antonio Machado, Juan de Mairena, Cátedra, Madrid 19983, I, p. 80)
(34) a. Frankfurt (2005:52-53): «Ma ciò che di sé il bugiardo ci nasconde è che sta
cercando di allontanarci da una corretta percezione della realtà; noi non dobbiamo
sapere che lui vuol farci credere qualcosa che suppone sia falso. Quel che di sé ci
nasconde chi racconta balle, invece, è che i valori di verità delle sue asserzioni non
sono al centro del suo interesse».
b. «[n]on rifiuta l’autorità della verità, come fa il bugiardo, e non si oppone ad essa.
Non le presta attenzione alcuna. A causa di ciò, le balle sono un nemico della
verità più pericoloso delle menzogne» (ivi, p. 58).
6
Michele Loporcaro, Cattive notizie, Lecce, Università del Salento, 21 ottobre 2011
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