i nuovi enfant prodige di hollywood

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Il Parere dell ingegnere
I NUOVI ENFANT PRODIGE DI HOLLYWOOD
20 agosto 2010
GIOVANI, RICCHI E CONSAPEVOLI
I NUOVI ENFANT PRODIGE DI HOLLYWOOD Di stefano SBARDELLA Le baby star ad Hollywood sono sempre
state di casa. La Mecca del cinema mondiale ha sempre avuto un sesto senso particolare nel promuovere e sfruttare,
con abilissime mosse di marketing, le infatuazioni del grande pubblico per gli attori bambini, cavalcandone il momento
magico, ed abbandonandoli al sopraggiungere della pubertà. Per questo non era raro che i bambini prodigio dello show
business fuori dallo schermo si trasformassero in adulti disadattati, afflitti da alcol, droga e problemi psicologici, o che
finissero sul lastrico, derubati da genitori o manager senza scrupoli.
Chi non ricorda Gary Coleman, scomparso di recente, star a soli 10 anni del telefilm culto ‘Il mio amico
Arnold’ (‘Diff’rent Strokes’), e da grande ‘ridotto’ a lavorare come guardia
giurata, dopo che i genitori avevano dilapidato il suo patrimonio? Emblematico è poi il caso di Freddie Bartholomew, star
negli anni ’30 di 17 film, tra cui ‘Il Piccolo Lord’ e ‘Capitani Coraggiosi’, costretto a
spendere quasi tutti i suoi guadagni in cause legali contro i genitori che lo avevano abbandonato in fasce e cercavano di
riottenere la sua custodia. Ben più tragica è la vicenda di River Phoenix (‘Stand by me’), stroncato da
un’overdose a 23 anni. Oppure quella, anche se la lista sarebbe ancora lunga, di Carl Switzer, noto per la sua
partecipazione alla serie ‘Simpatiche Canaglie’ (‘Our Gang’) nel ruolo di Alfalfa, che dopo
l’esperienza televisiva fu travolto da un giro di scommesse sulle corse dei cani e finì ucciso a 32 anni da un
creditore. Certo, esistono anche rari casi di redenzione e resurrezione artistica, vedi Drew Barrymore (‘ET’)
e, in minor misura, Macaulay Culkin (‘Mamma ho perso l’aereo’) ma c’è stato un tempo in
cui gli attori bambini sembravano avere il destino segnato.
Ora il vento sembra ormai essere cambiato. Le baby star
degli anni 2000, da Jaden Smith (‘La Ricerca della Felicità’ e ‘The Karate Kid’) a Chloe
Moretz (‘Kick-Ass’), passando per Dakota Fanning (‘Mi chiamo Sam’, ‘La Guerra dei
Mondi’, ‘Coraline’) non solo sembrano più svegli, più consapevoli e più protetti, ma anche
intenzionati ad avere una carriera duratura e appagante nel mondo dello spettacolo. Le prime ad avere ribaltato il cliché
che vedeva gli attori bambini condannati ad una carriera breve e folgorante sono state le gemelle Mary-Kate e Ashley
Olsen, entrate gattonando nel cast della sit-com ‘Gli Amici di papà’ (‘Full House’). Oggi, a 24
anni suonati, le ‘Golden Twins’ possiedono una casa di produzione, due linee di moda e sono figure di
riferimento tra gli adolescenti americani. Le nuove leve riusciranno a seguire il loro esempio? Probabilmente sì. A partire
da Jaden Smith, il figlio di Will Smith, che ha fatto il giro del mondo, per promuovere ‘The karate Kid’,
remake del classico degli anni ’80 di cui è protagonista accanto a Jackie Chan, dimostrando di essere
perfettamente a suo agio anche nelle uscite pubbliche. Ha fatto il giro del web il filmato in cui il dodicenne, durante la
premiere del film a Pechino, ha ballato alla Michael Jackson sulle note di ‘Beat it’, rubando la scena al ben
più famoso genitore. Degna di nota Chloe Moretz, la tredicenne rivelazione di ‘Kick-Ass’, e reduce dal set
di ‘Let Me In’, il remake in lingua inglese del film svedese di vampiri ‘Lasciami entrare’, con
al fianco il quattordicenne australiano Kodi Smit-McPhee (‘The Road’). Attori adolescenti sulla cresta
dell’onda e vampiri, quale mix potrebbe essere più invitante per i produttori?
Alla lista vanno poi aggiunte tre
giovani attrici ormai affermatissime. La ventenne Kristen Stewart, star della saga di Twilight, che ha cominciato a 12 anni
in Panic Room accanto a Jodie Foster. Kirsten Dunst, classe 1982, protagonista femminile della trilogia di ‘Spider
Man’ e di mega produzioni come ‘Marie Antoniette’ che ha esordito a sette anni e ha raggiunto il
successo grazie alle performance in ‘Intervista col Vampiro’ e ‘Jumanji’. Infine la sedicenne
Dakota Fanning, che ha esordito, anche lei, a sette anni (‘Mi chiamo Sam’) e dopo decine di film è ora
impegnata, anche lei, nella saga di Twilight. Se dureranno come attori, sarà il tempo a dircelo. Certo è che dal punto di
vista economico, i ragazzini sembrano essere molto più tutelati che in passato, visto che alcuni di essi figurano
addirittura nella lista dei più pagati di Hollywood. Anche la figura del genitore rapace e sfruttatore, che getta il figliolo in
pasto alle telecamere, sembra essere scomparsa, o perlomeno in via di estinzione. La madre di Asa Butterfield
(protagonista de ‘Il Bambino con il pigiama a righe’), nel corso di un’intervista ha dichiarato di aver
perso il sonno mentre decideva se firmare o no il contratto per suo figlio. E ora che Asa è impegnato sul set di
‘Hugo Cabret’, il nuovo film di Martin Scorsese, la signora sembra avere ancora qualche dubbio, visto che
il figlio tredicenne va ancora a scuola e non sa come reagirebbe in caso di critiche negative. Con le ragazzine il
discorso è più controverso, perché il rischio che si concretizza è quello dello sfruttamento sessuale delle giovani attrici
ad uso di un pubblico adulto. In passato i ruoli da sexy lolita, interpretati da Jodie Foster (‘Taxi Driver’),
Brooke Shields (‘Laguna Blu’) e Natalie Portman (‘Leon’) si sono portate dietro una scia di
polemiche, e persino accuse di feticismo nei confronti dei registi. Sembrano infine essere usciti indenni dal vortice della
popolarità Jamie Bell (Billie Elliot) e i ragazzini di Harry Potter. Tempo fa Daniel Radcliffe, con la sigaretta in mano, ha
chiesto al giornalista che lo intervistava di non scrivere che stava fumando perché i suoi genitori non lo sapevano. Sarà
merito dell’aplomb inglese? O forse i baby attori si sono semplicemente dati una calmata? Se così fosse, buon per
loro.
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