MP News - Societa` Libera

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Attualità
SOCIETA' - Marcia internazionale per la
Libertà delle minoranze e dei Popoli oppressi
Sabato 22 ottobre a Roma, in contemporanea con quelle di
Parigi e Berlino.
23.10.2011 - LIVIA LIBERATORE
Foto di Livia Liberatore
Sabato 22 ottobre in Piazza Bocca della Verità a Roma si è tenuta la IV Marcia internazionale per la
Libertà delle minoranze e dei Popoli oppressi. Organizzata dall’associazione apolitica e apartitica
Società Libera, insieme con il Partito Radicale Transnazionale, la marcia si è tenuta in
contemporanea con quelle di Parigi e Berlino.
E’ una rappresentanza solenne e silenziosa quella riunita dietro lo striscione azzurro che chiede, in
italiano, francese e tedesco, “libertà per le minoranze e i popoli oppressi”. Dietro, ci sono diverse
bandiere, tantissimi cartelloni, molte ragazze e ragazzi. Esponenti di Società Libera, del Partito
Radicale, ma soprattutto della Comunità Tibetana, Vietnamita, Birmana, Uyghura, Cabinda,
Iraniana e Georgiana. Tutti popoli che condividono lo stato di oppressi da un regime.
La maggior parte delle bandiere sono quelle del Tibet, sei milioni di persone vittime di un
“genocidio culturale”, come scritto nei cartelloni dai manifestanti, da parte del regime cinese. Altri
striscioni ricordano: “1959: la Cina ha invaso il Tibet”. “I tibetani non sono liberi di usare la loro
lingua d’origine”. E chiedono diritti umani e libertà di linguaggio, nonché la cessazione della
prigionia per i tibetani innocenti, la fine del genocidio culturale. Una donna espone una grande carta
di identità, in cui alla voce Cittadinanza c’è scritto in rosso e stampatello: tibetana. Un manifesto
mostra una foto del Dalai Lama: doesn’t just wish for peace. He works for it – c’è scritto. Da marzo
sono nove i monaci tibetani (otto uomini e una donna) che si sono dati fuoco contro le pressioni
cinesi.
Foto di Livia Liberatore
Un po’ defilata, compare una bandiera con il leone alato di San Marco: due signori distribuiscono
volantini che sostengono l’indipendenza del Veneto, a loro parere popolo oppresso da quando, nel
1866, i Savoia gli avrebbero imposto la sottoscrizione della dichiarazione di annessione al Regno
d’Italia.
Comincia la marcia, che in realtà marcia non è, perché il sindaco Alemanno ha vietato al corteo di
raggiungere Piazza Navona o il Colosseo, come gli organizzatori avevano progettato, a seguito
degli incidenti verificatisi il 15 ottobre durante la manifestazione degli indignados. Perciò, il corteo
percorre tre giri della piazza, in silenzio, fra le camionette della polizia inviate per controllare la
situazione. La polemica politica non manca: “questa marcia dovrebbe essere anche per il popolo
italiano” – dice Vincenzo Olita, presidente di Società Libera, sostenendo che bisognerà prendere in
considerazione l’ipotesi di tutelare anche l’Italia da una burocrazia goffa e ottusa, incapace di
distinguere fra chi usa e chi combatte la violenza. Anche Giulio Giorello, del comitato scientifico di
Società Libera, si dichiara “non soddisfatto della condizione della libertà in Italia”, oltre che per
ragioni quali la situazione intollerabile nelle carceri e il grande potere della criminalità organizzata,
perché, impedendo al corte di muoversi, si è violata la libertà di movimento.
Dopo la “marcia”, su un palco allestito al centro della piazza, tre monaci tibetani intonano una
preghiera per i martiri e i rifugiati politici. Poi è l’ora degli interventi: parla una donna dalle lunghe
trecce grigie, la leader degli uyghuri, popolo che “vive in una prigione aperta sotto il regime
cinese”. Un esponente della Resistenza Iraniana e il Presidente del Comitato del Vietnam per la
difesa dei diritti umani, che chiede un sostegno concreto per aiutare i popoli oppressi, perché la
solidarietà generica non basta più. Un esponente dei Cabinda narra la storia del suo popolo,
oppresso dallo stato africano dell’Angola…
Intanto, il sole scende su Piazza Bocca della Verità, ma il sole della bandiera tibetana resta alto e
vigile.