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Sezione Studi della Segreteria di S.A.R. il Duca di Savoia
In ordine alla titolatura di S.A.R. Umberto di Savoia Principe di Piemonte
(Risposta alla nota1 del sedicente Ufficio Storico Araldico della Casa Reale d’Italia)
All’interno della Famiglia reale di Savoia i titoli sono assegnati dal Capo della Casa indicato dalla
legge. Alla morte di Re Umberto II il titolo di Principe di Piemonte, che già aveva portato da Principe ereditario, non risultava assegnato a nessun membro della Famiglia.
A quella stessa data la funzione e i poteri di Capo della Casa sono passati per legge dinastica
“automaticamente” a S.A.R. il Principe Amedeo di Savoia, secondo le leggi della Casa, richiamate
dall’art. 2 dello Statuto albertino del 1848 mai abrogato e secondo le disposizione del Re Vittorio
Amedeo III del 1713 sul matrimonio dei Principi e Principesse della Famiglia reale 2, (mai abrogate
e) richiamate dallo Statuto stesso e dal codice civile del Regno d’Italia (sia da quello del 1865 che
da quello del 1942, ancora in vigore3), in base alle quali si era verificata la decadenza di Vittorio
Emanuele di Savoia, sin dall’11 gennaio del 19704; data delle sue prime nozze civili a Las Vegas,
reiterate a Ginevra e ripetute in forma religiosa a Teheran. Matrimonio avvenuto in spregio della
prerogativa regia sull’assenso matrimoniale previo.
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La nota, che con involontario umorismo viene detta di “chiarificazione”, è reperibile qui.
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Come si legge al n. 2 della r.p. del re V. Amedeo III di Savoia del 1780: “Se all‟inadempimento di questa obbligazione
(la richiesta del previo assenso matrimoniale) si aggiungesse la qualità di matrimonio contratto con persona di condizione e stato inferiore, tanto i contraenti, che i discendenti da tale matrimonio, s‟intenderanno senz‟altro decaduti dal
possesso dei beni e diritti provenienti dalla Corona, e alla ragione di succedere nei medesimi, come pura da ogni onorificenza e prerogativa della famiglia”.
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Si considera implicitamente abrogata dalla formula repubblicana la parte che tratta dei principi reali.
Estratto da: Lampi di vita. Vittorio Emanuele. Rizzoli, Novembre 2002. Pagg. 186-187 – Cap. 13: “In uno dei miei
viaggi in America con Agusta, Marina, alla quale Corrado voleva bene, ci aveva seguito. Eravamo fidanzati ormai da
tredici anni. Dovevamo provare in volo a Las Vegas l‟elicottero Agusta AB112, bimotore. Una volta là dissi ridendo a
Marina: “Già che siamo qui perché non ci si sposa? Prova a informarti sulle pratiche”. La sera Marina mi rispose:
“Qui non fanno che quello”. Dunque tutto fu organizzato. Con Corrado Agusta, e il suo segretario Franco Chiesa, in
un negozio abbiamo comprato due fedi, in un altro un bouquet preconfezionato, poi siamo andati davanti a un giudice
di pace, il quale ci ha sposato. Era l‟11 gennaio del 1970, a Las Vegas, Nevada, Usa. Matrimonio civile di cui non informai nessuno, neanche i miei genitori. I genitori di Marina invece lo seppero, da noi. Poi ci sposammo anche con rito
religioso, ma a Teheran, il 7 ottobre 1971, nella Cappella dell‟Istituto Don Bosco.”
Per tanto, il Principe Ereditario Vittorio Emanuele di Savoia, Principe di Napoli, da quel momento in poi perdeva per legge, come ha spiegato per iscritto il Re Umberto II, tutte le prerogative e
i titoli dinastici di Casa Savoia, diventando semplicemente il Signor Savoia5.
Tutto ciò è ben noto anche allo stesso Vittorio Emanuele e risulta da documenti scritti che incredibilmente sono sfuggiti all’“Ufficio Storico Araldico della Casa Reale d’Italia”, del quale non si
sapeva l’esistenza e che debutta con un comunicato disinformante e incentrato su di un presupposto
sbagliato. Se solo i redattori avessero dato una sguardo alle lettere del Re Umberto II si sarebbero
accorti dell’ inconsistenza dei loro ragionamenti.
Vittorio Emanuele di Savoia non è più Principe ereditario ma, sia per la Repubblica, sia per il
Regno, sia per la Famiglia reale, un ex Principe reale.
In base alle summenzionate considerazioni e in ossequio alle inviolabili leggi della Dinastia,
S.A.R. il Principe Amedeo di Savoia, Capo della Casa, ha ritento superfluo dare un pubblico chiarimento, che l’improvvida nota dell’Ufficio Storico Araldico ha invece provocato.
Con l’occasione si rammenta e si spiega alla Commissione stessa che il Capo legittimo della
Casa ha ritardato a ufficializzare e pubblicizzare il suo ruolo di erede e poi di Capo della Casa presso le altre Case reali europee, che del resto bene lo sanno da loro, sia per parentela, sia perché uguali o simili sono le loro regole dinastiche – sin dalla morte del compianto Re Umberto II – proprio
per non aggravare la posizione di Vittorio Emanuele, l’ex Principe Ereditario, essendo a quel tempo
ingiustamente esiliato da una anacronistica disposizione costituzionale – la XIII – e, d’altra parte,
risultando lo stesso più volte inquisito dalla magistratura italiana e straniera.
CIÒ POSTO
è ben chiaro che non vi è nessun contrasto tra la posizione dell’attuale Capo della Casa, Principe
Amedeo di Savoia, e il R.D. 1° gennaio 1890 di Re Umberto I sui Titoli e Stemmi della Famiglia
Reale; si conferma l’esattezza dell’affermazione secondo cui il figlio primogenito del re (se non de5
Così scrive il Re Umberto II da Cascais al figlio (25/1/1960): “Il tuo matrimonio con la sig.na Claudel porterebbe come conseguenza la tua decadenza da qualsiasi diritto di successione come Capo della Casa di Savoia e di pretensione
al trono d‟Italia, perdendo i tuoi titoli e il tuo rango e riducendoti alla situazione di privato cittadino”.
Lo stesso concetto viene ribadito il 18 luglio 1963, questa volta nei confronti di Marina Ricolfi Doria: “Ho letto – per
caso – la tua intervista su „Oggi‟: se essa rispecchia fedelmente il tuo pensiero – e questo ti chiedo di farmelo sapere al
più presto, con assoluta chiarezza – mi rincresce sopratutto che tu non abbia sentito il bisogno di parlarmi o di scivermi prima, anche perché tratti di questioni che riguardano direttamente me. Nell‟attesa di avere una tua lettera, devo,
circa i tuoi progetti matrimoniali, ripeterti, parola per parola, quanto ebbi a scriverti il 23 gennaio 1960, in una simile
circostanza”. N.B.: la lettera datata 23 in realtà era posteriore di due giorni.
caduto) ha il trattamento di A.R., la qualità di Principe reale ereditario ed è insignito dal re di un titolo e predicato nobiliare. Prerogative che un tempo appartenevano al re e oggi, all’interno della
Famiglia, competono al Capo legittimo della Casa, S.A.R. Amedeo di Savoia.
Tutto ciò era stato fatto da parte del Re Vittorio Emanuele III nei confronti del nipote Vittorio
Emanuele, assegnandogli il titolo di Principe di Napoli. Ma è lo stesso Re Umberto II che più tardi
ha chiarito (nel 1960, nel 1963 e dopo con il suo fermo silenzioso diniego) qual era il tenore delle
leggi dinastiche e quali conseguenze negative ne derivavano automaticamente nei confronti del figlio Vittorio Emanuele se le avesse violate; spiegando altresì quali sarebbero state le conseguenze
positive in favore del nipote Amedeo di Savoia: la decadenza del primo e l’assunzione da parte del
secondo della posizione lasciata vuota di primo chiamato alla successione.
Né il re ha mai tentato di riabilitare il figlio successivamente, nel qual caso avrebbe dovuto
necessariamente chiedere, senza poterlo ordinare, al Duca d’Aosta e al Duca di Genova se erano disposti a retrocedere dal nuovo rango acquisito per legge6. Cosa che con certezza non ha fatto.
Il rientro dall’Esilio nel 2002 dei discendenti maschi (non successori) del re, conseguente alla
parziale abolizione della norma costituzionale repubblicana e transitoria (XIII), non costituisce alcun riconoscimento di un ruolo dinastico per Vittorio Emanuele, né per altri.
Fuor di luogo è oggi richiamare per il Principe Amedeo di Savoia la condizione di Principe
ereditario di Croazia, trattandosi al presente della sua posizione dentro la famiglia reale di Savoia;
né serve – se non a confondere le idee – richiamare la posizione di S.A.R. il Duca di Genova, fratello del primo Re d’Italia e figlio del Re di Sardegna Carlo Alberto.
Ancora incongruo è rifarsi alla legge spagnola che per i titoli della Famiglia reale segue criteri
diversi ma che osserva la norma sul regio assenso matrimoniale previo con criteri ben più rigorosi
di quelli vigenti in Casa Savoia, in base ai quali criteri parimenti Vittorio Emanuele sarebbe stato
considerato decaduto.
SI PRECISA ALTRESÌ:
che l’ereditarietà del titolo di Duca d’Aosta non potrebbe costituire mai un limite ma solo un
ampliamento della posizione nobiliare di quel ramo della Famiglia;
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Come precisa un illustre costituzionalista scomparso: “Può ricordarsi utilmente che nel marzo 1873 – mi pare il 13 –
fu richiesto l‟assenso scritto del Principe Oddone, suo fratello cadetto, nonché dei Principi di Casa Genova, per il reintegro del primo Duca d‟Aosta nell‟ordine di successione al Trono, dal quale era uscito andando a regnare in Spagna e
nel quale rientrava, condizionatamente ai predetti consensi, dopo aver colà abdicato.” Marino Bon Valsassina
che il titolo di Duca delle Puglie è stato assegnato ad Aimone di Savoia dal Re Umberto II e
dallo stesso confermato all’atto del conferimento della massima onorificenza dinastica sabauda, il
Collare della SS.ma Annunziata (cosa che non ha fatto per Emanuele Filiberto);
che l’attuale legittimo Capo della Casa, S.A.R. il Principe Amedeo di Savoia, non ha assegnato il titolo di Principe di Napoli ad Aimone, titolo resosi disponibile per la decadenza di Vittorio
Emanuele, solo per un riguardo verso di lui;
che quanto sopra detto rende ragione della scelta del titolo di Principe di Piemonte per il neonato Principe Umberto di Savoia, per via della sua posizione dinastica nella linea di successione ad
essere il Capo della Casa reale di Savoia secondo le sue regole.