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Commentary, 23 febbraio 2016
MACEDONIA, LE ELEZIONI DELLA DISCORDIA
FRANCESCO MARTINO
I
n Macedonia «non ci sono le condizioni per tenere
elezioni credibili il prossimo 24 aprile». Il perentorio
giudizio, contenuto in una missiva recapitata domenica 21 febbraio al governo di Skopje dall'ambasciatore
americano Jess Baily – e che sintetizza la posizione congiunta Ue-Usa – rimette seriamente in discussione la data
delle prossime consultazioni anticipate.
Elezioni pensate come strumento per sanare la profonda
spaccatura politica che divide il paese, ma che potrebbero
diventare lo scoglio su cui la Macedonia rischia di affossare definitivamente nel caos istituzionale.
Obiettivo ufficiale della chiamata alle urne è sciogliere il
nodo politico creatosi in Macedonia a partire da inizio
2015: da quando, cioè, il leader dell’opposizione socialdemocratica (Sdsm) Zoran Zaev, iniziò a rendere pubbliche scandalose registrazioni di intercettazioni ambientali e telefoniche (ottenute da fonti mai chiarite).
©ISPI2016
Nelle registrazioni, secondo Zaev, si trovano prove abbondanti che il governo guidato dal conservatore Nikola
Gruevski (Vmro) – al potere dal 2006 – si sarebbe macchiato di brogli elettorali, corruzione, arresti e detenzioni
illegali, oltre allo spionaggio di almeno 20.000 cittadini
macedoni.
Per Gruevski le “notizie bomba” divulgate da Zaev non
rappresentano invece altro che un tentativo di colpo di
stato, ordito dall’opposizione ai danni del suo esecutivo
con l’aiuto di un non precisato “servizio segreto straniero”.
Con il muro contro muro ed un clima politico sempre più
rovente,
segnato
dalle
proteste
di
piazza
dell’opposizione, la comunità internazionale – Unione
europea in testa – ha tentato di portare i contendenti al
tavolo delle trattative e delineare una road map per traghettare la Macedonia fuori dalla crisi politica.
Il risultato degli sforzi diplomatici, coordinati dal Commissario Ue ai negoziati per l’allargamento Johannes
Hahn, si è concretizzato negli “accordi di Pržino”, firmati
da tutti i principali attori politici macedoni nel luglio
2015.
L’intesa prevedeva tra l’altro la creazione di una procura
speciale incaricata di indagare le accuse basate sulle intercettazioni, le dimissioni di Gruevski e la nascita di un
governo di transizione (aperto alla partecipazione dei
socialdemocratici) per portare il paese a elezioni anticipate. Fissata anche una data per andare alle urne, il 24
aprile 2016, appunto.
Francesco Martino, giornalista Osservatorio Balcani e Caucaso
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Le opinioni espresse sono strettamente personali e non riflettono necessariamente le posizioni dell’ISPI.
Le pubblicazioni online dell’ISPI sono realizzate anche grazie al sostegno della Fondazione Cariplo.
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Gli accordi di Pržino sono stati salutati come un importante successo, ma fin da subito si sono resi evidenti
problemi e discordie sulla sua implementazione. La
procura speciale, ad esempio, affidata all’ex procuratore
di Gevgelija Katica Janeva, ha iniziato ad operare in ritardo sui tempi previsti, e restano dubbi sulle sue capacità
di operare efficacemente in un contesto polarizzato come
quello macedone.
almeno 100.000 (falsi) elettori, pari al 12% del corpo
elettorale.
Queste le principali questioni sottolineate anche da Ue e
Usa, che hanno chiesto uno spostamento in avanti delle
elezioni, in linea con le richieste dell’opposizione: la
prima data utile sembra essere il 5 giugno, per dare alla
Commissione elettorale tempo sufficiente a controllare le
liste in modo credibile.
Anche il delicato processo di preparazione politica alle
elezioni è stato punteggiato di scontri, polemiche e decisioni unilaterali.
Nonostante le critiche interne ed internazionali, la Vmro
sembra però decisa a forzare i tempi e a portare il paese al
voto il 24 aprile. L’opposizione parla di “mancata implementazione sostanziale degli accordi” e minaccia il
boicottaggio delle urne e il ritorno delle proteste di piazza.
Per il governo la data fissata per andare alle urne è il faro
che guida la strada verso la soluzione della crisi. Incurante delle proteste dell’opposizione, che denuncia falle
sostanziali nella creazione di condizioni minime per un
voto libero e democratico, Gruevski si è dimesso a metà
gennaio, dando via libera al “governo elettorale” – guidato dal segretario generale della Vmro, Emil Dimitriev
ed eletto con i socialdemocratici assenti dal parlamento –
incaricato di preparare il voto per il 24 aprile.
Difficile prevedere la possibile soluzione di un rebus divenuto sempre più intricato. Di certo un mancato accordo
o elezioni senza opposizione potrebbero avere conseguenze molto pesanti sia sul paese, già isolato (candidata
ufficialmente alla membership Ue dal 2005, Skopje vede
le prospettive di integrazione europea ed atlantica bloccate dal veto di Atene, che considera il nome “Macedonia” come parte inalienabile del patrimonio culturale e
storico ellenico) e in grave crisi economica.
L’opposizione però parla di gara elettorale falsata, evidenziando due problemi principali. Il primo è il forte
sbilanciamento e la dipendenza dei media nei confronti
della compagine governativa: giudizio negativo confermato da Reporter senza Frontiere, che indica nella Macedonia il paese con i media meno liberi dell’area balcanica (con l’eccezione della Turchia).
L’eventuale incancrenirsi del caos istituzionale in Macedonia potrebbe costar caro anche all’Ue: oltre alla perdita di credibilità dopo un forte impegno diplomatico, a
rischio c’è la perdita di un interlocutore chiave sulla
questione migrazioni, visto che a partire dal 2015 la
Macedonia è divenuta porta d’ingresso e tappa fondamentale della cosiddetta “rotta balcanica”.
©ISPI2016
Il secondo invece riguarda le liste elettorali, che sarebbero obsolete e piene di nominativi fittizi, facilmente
utilizzabili dal governo per pilotare i risultati del voto:
una situazione che, secondo l’opposizione, riguarderebbe
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