DON BOSCO E IL SUO AMBIENTE 2 Tutto

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DON BOSCO E IL SUO AMBIENTE 2 Tutto
AUDIOVISIVI ELLE DI CI
Fotogrammi 180
Teresio Chiesa
DON BOSCO
E IL SUO AMBIENTE
2
Tutto Valdocco
(DB/2, 1-180)
Audiovisivo
con cassetta di sonorizzazione sincronizzata
ELLE DI CI - 10096 LEUMANN (TORINO)
DB 2
A DON BOSCO
che ho imparato
a conoscere e amare
dalla mamma,
dal fratello Serafino
e da zio «Carlin»
PRESENTAZIONE
Ecco un nuovo lavoro di approfondimento su Don Bosco e il suo ambiente.
L’Opera, portata avanti da Teresio Chiesa come parte di un programma animato dalla
Elle Di Ci, ha il pregio di penetrare il piccolo e semplice mondo di Valdocco per offrire
una lettura ricca di significato storico, religioso e soprannaturale al cammino fatto da Don
Bosco fondatore ed educatore.
Lavoro lungo, paziente e certamente travagliato — come sostiene l ’Autore — si converte
in un sussidio necessario per chi vuole percorrere, nei dettagli, l’azione di Dio nei pri­
mordi deU’Oratorio Salesiano. E catechesi audiovisiva che aiuta, nella semplicità delle
forme, a scoprire il mondo spirituale e apostolico dove si modellarono i discepoli di Don
Bosco, dove lo slancio per i giovani acquistò la carta di cittadinanza del Sistema Preventi­
vo, dove, all’insegna della devozione alla Madonna Ausiliatrice e nell’ambiente di lavoro
e di gioia, i giovani di Don Bosco seppero dare consistenza personale alla santità giovani­
le: «Noi facciamo consistere la santità nello stare sempre allegri», diceva san Domenico
Savio. Ecco un luogo che ci parla di Dio!
Oggi l ’immagine, con agilità e incisività, ci fa lo stupendo servizio di dare significato di
fedeltà ai grandi momenti educativo-apostolici vissuti da Don Bosco. La fedeltà ha bisogno
della storia, per fare la strada dell’autenticità e per garantire lo sviluppo nel tempo di quei
valori e di quella tradizione che oggi sono parte viva nella crescita del carisma salesiano.
L’immagine è impressione di esperienze vissute, pedagogia per capire o per far compren­
dere il divenire di un progetto, fatto scuola, storia, luogo, tempo.
L’immagine, in questo caso, come arte, è contemplazione della storia concreta che diven­
ta luogo di incontro tra ideale progettato e vita vissuta. L’immagine provoca una attenzio­
ne piena di rispetto e affina il nostro spirito e lo eleva a una intuizione poetica, che dà
vita a una contemplazione fino a scoprire l ’eco impercettibile del mistero umano e so­
prannaturale che emana dalla fondazione dell’opera salesiana.
L’immagine ci avvicina a Don Bosco, al suo ambiente, ai suoi giovani, ai mille incontri,
alle esperienze educative, per portare questi stessi giovani alla santità.
Auguro che questi sussidi facciano gustare la storia di Valdocco, che penetrino nei valori
e nei criteri permanenti dell’opera di Don Bosco e che diano la chiave di interpretazione
per moltiplicare esperienze nuove, dove lo spirito di Valdocco sia il fermento inesauribile
di creatività nel servizio dei giovani. Auguri e complimenti all’Autore.
Roma, 24 agosto 1985
Proprietà riservata alla Elle Di Ci - 1986
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Don Sergio Cuevas Leon
Consigliere per la Famiglia Salesiana
e la Comunicazione Sociale
INTRODUZIONE
Con gli stessi criteri del DB/1, seguendo passo passo Don Bosco nella realizzazione della
sua opera, questo DB/2 presenta le tappe della sua opera a Valdocco.
Si comincia con l ’affitto e l ’acquisto di casa Pinardi, poi la costruzione della chiesa di
san Francesco e le prime costruzioni accanto a casa Pinardi; l ’abbattimento della casa
e della storica cappella Pinardi, l ’ampliamento del nucleo storico con successive costru­
zioni: l ’acquisto di casa Filippi, il completamento del palazzo delle Camerette, le costru­
zioni adiacenti sorte successivamente.
Ci inoltriamo poi nelle Camerette abitate da Don Bosco, come sono oggi, per scoprire
la povertà della sua abitazione, le modeste suppellettili e gli oggetti di suo uso, ora con­
servati nel Museo Don Bosco.
Infine seguiremo con una precisa documentazione la costruzione della Basilica di Maria
Ausiliatrice, che fu un incessante miracolo della Vergine Maria, dalla progettazione da
lei suggerita fino alla sua realizzazione, che costò a Don Bosco fatiche e sacrifici innume­
revoli.
Continuando nella ricerca e nel cammino storico, vedremo ambienti ormai scomparsi e
non più identificabili nell’attuale topografia di Valdocco; troveremo documenti sull’atti­
vità di Don Bosco, sul suo apostolato, sull’iter storico della Congregazione. Sono diapo­
sitive su luoghi e documenti oggi difficilmente reperibili, o visibili soltanto negli archivi
storici della Congregazione.
Immacolata 1985
Teresio Chiesa
Hanno collaborato alla stesura del testo: Enzo Bianco e Teresio Bosco.
Bibliografia:
Oltre a quella già citata in DB/1:
F. G i r a u d i , Il santuario di Maria SS. Ausiliatrice, Torino 1948.
G. B o n e t t i , Cinque lustri di storia dell’Oratorio Salesiano, Torino 1892.
G. V e s p i g n a n i , Un anno alla scuola del beato Don Bosco (1876-1877), San Benigno Can. 1930.
DON BOSCO E IL SUO AMBIENTE
Schema dell’intera raccolta di diapositive
sulla vita e sui luoghi dove Don Bosco visse ed operò
D B/l
DON BOSCO E IL SUO AMBIENTE:
DAI «BECCHI» A VALDOCCO
Le origini
A - Capriglio: il paese di mamma Margherita (D B /l, 3-14)
B - La casa patema di Don Bosco (D B /l, 15-26)
C - Moncucco: garzone di campagna alla cascina Moglia (D B /l, 27-50)
La prima scuola
D - Morialdo e la cascina Sussambrino (D B /l, 52-82)
E - Giovanni Bosco a Castelnuovo (D B /l, 83-101)
Studente e seminarista a Chieri
F - Giovanni Bosco studente a Chieri (D B /l, 103-147)
In cerca di una dimora stabile
G - L’inizio della missione: al convitto e al rifugio (DB/l, 149-161)
H - L’Oratorio vagante (D B /l, 162-180)
DB/2
DON BOSCO E IL SUO AMBIENTE:
TUTTO VALDOCCO
Valdocco oggi
I - L’Oratorio a Valdocco: il sogno diventa realtà (DB/2, 1-12)
L - La chiesa di San Francesco di Sales (DB/2, 13-24)
M - Il palazzo delle camerette di Don Bosco (DB/2, 25-48)
N - Il museo storico di Don Bosco, a Valdocco (DB/2, 49-60)
La basilica di Maria Ausiliatrice
O - La basilica di Maria Ausiliatrice (DB/2, 61-108)
Valdocco storico
P - Costruzioni e realizzazioni (DB/2, 109-156)
Apostolato e carismi di Don Bosco
Q - Itinerari di salesianità: Apostolato - Devozione mariana - Don Bosco scrittore (DB/2,
157-180)
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DB/3
DON BOSCO E IL SUO AMBIENTE:
DA VALDOCCO AL MONDO INTERO
Espansione d ell’opera di Don Bosco
R - Nuove fondazioni (DB/3, 1-12)
S - Missioni e missionari (DB/3, 13-24)
T - Personaggi storici (DB/3, 25-42)
U - Santa Maria Domenica Mazzarello (DB/3, 43-54)
Sintesi
V - Le passeggiate autunnali (DB/3, 55-78)
Z - Morte e glorificazione di Don Bosco (DB/3, 79-90)
Iconografia di Don Bosco
X - Ritratti - Gruppi - Quadri (DB/3, 91-138)
Dalle umili origini dei «Becchi» alla gloria del Tempio al Colle
Y - I «Becchi» - La casa di Giuseppe - Colle Don Bosco (DB/3, 139-198)
In questo secondo volume, nelle diapositive, il titolo DB 2,1: «DON BOSCO E IL SUO AM­
BIENTE: Tutto Valdocco» è riportato una sola volta, all’inizio dell’opera.
Quando si proiettano le immagini con la cassetta di sonorizzazione, prima di ogni unità
sonorizzata conviene riportare ogni volta il titolo DB 2,1: «DON BOSCO E IL SUO AM­
BIENTE: Tutto Valdocco», come è indicato nel testo sonorizzato alle pp. 6, 16, 23, 31.
Il primo impulso sul nastro per l’avanzamento automatico delle diapositive è sempre messo
sopra la diapositiva iniziale: DB 2,1.
DON BOSCO E IL SUO AMBIENTE
DB/2 Tutto Valdocco
VALDOCCO OGGI
(Prima unità sonorizzata)
DB 2,1
DON BOSCO E IL SUO AMBIENTE: Tutto Valdocco
I - L’ORATORIO A VALDOCCO: IL SOGNO DIVENTA REALTÀ
DB 2,2
Casa Pinardi (dipinto del Crida sotto il porticato)
Casa Pinardi aveva la facciata rivolta a mezzogiorno. Misurava 20 metri di lunghez­
za e 6 di larghezza, quasi 7 di altezza. A metà circa della facciata si apriva una stret­
ta porta d’ingresso, e, accanto, era fissata al muro una vasca di pietra con una pom­
pa che gettava acqua fresca e abbondante. Dietro questa abitazione era appoggiata
la tettoia trasformata in cappella, utilizzata dal 1846 fino al 13 giugno 1852.
DB 2,3
L ’attuale Cappella Pinardi
Il 12 aprile 1846, solennità di Pasqua, si prese possesso alla misera tettoia convertita
in chiesa. E ancora qui, quella tettoia, rannicchiata in fondo agli edifìci di Valdocco,
oscuro e piccolo ceppo da cui si è sviluppato tutto. Ora è una cappellina ricca di fregi
e lapidi, ma allora era solo una tettoia bassa. Un muretto tutto intorno la trasforma­
va in una specie di baracca. Per 320 lire, la tettoia e la striscia di terra intorno diven­
nero la sede stabile dell’Oratorio.
DB 2,4
Statua della Consolata, nella cappella Pinardi
A custodirla, Don Bosco comprò questa statua della Madonna Consolata. Non è in
legno né di metallo, ma di umilissima cartapesta. Sotto i suoi occhi, Don Bosco lavo­
rò per i ragazzi fino all’esaurimento. Rischiò di morire la prima domenica di luglio.
Guarì per le preghiere dei suoi ragazzi, e promise davanti alla Vergine: «La mia vita
la devo a voi, ma siatene certi: la spenderò tutta per voi».
DB 2,5
Mamma Margherita
Don Bosco andò in convalescenza ai Becchi. Tornò il 3 novembre non più solo, ma
accompagnato da mamma Margherita. A 58 anni questa anziana contadina divenne
la mamma dell’Oratorio.
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DB 2,6
Finestra attraverso la quale spararono a Don Bosco
1848. È l ’anno frenetico del Risorgimento e della prima Guerra d’indipendenza. I
preti sono odiati come «nemici della patria». «Un giorno, mentre facevo catechismo
— scrisse Don Bosco, — una palla d’archibugio entrò per la finestra e mi strappò
la veste tra il braccio e le coste, facendo largo guasto nel muro» (MO 205). Una lapide
ricorda il fatto drammatico.
DB 2,7
Mappa dell’Oratorio dal 1847 al 1851
Dal 1846 al 1851 l’opera di Don Bosco si estese. Alla tettoia Pinardi (A) si aggiunse
la casa Pinardi (B) dove Don Bosco nel 1851 ospitava ormai una trentina di giovani
interni. Essi, con i ragazzi dell’Oratorio, giocavano in cortili sempre più vasti (C,
D, F). Mamma Margherita aveva trasformato in orto un vasto tratto di prato: vi
piantava lattughe e pomodori per arricchire la poverissima mensa dei ragazzi (E).
DB 2,8
Disegno della casa Pinardi e delle successive costruzioni
Incoraggiato dai sogni che gli spalancavano il futuro, Don Bosco investì capitali in­
genti per ampliare la sua opera. Costruì nel 1851-52 la chiesa di S. Francesco di Sales, e un nuovo fabbricato accanto alla casa Pinardi nel 1852-53. Unica sua fonte di
finanziamento: la Provvidenza.
DB 2,9
Ala del primo fabbricato eretto accanto alla casa Pinardi
D nuovo edificio fu iniziato nell’autunno inoltrato del 1852. Si procedette a tutta for­
za, ma presto cominciò il brutto tempo. «L’acqua diluviò per giorni e notti — scrisse
Don Bosco. — Nella mezzanotte del 2 dicembre si udì un rumore violento. Erano
le mura che cadevano rovinosamente». Don Bosco disse ai ragazzi: «È uno scherzo
del diavolo. Con l’aiuto di Dio e della Madonna ricostruiremo tutto». Ciò si verificò
puntualmente nell’estate 1853.
I ragazzi poveri premevano alle porte dell’Oratorio. Ne furono accettati 32 nel 1852,
76 nel 1853, 115 nel 1854. A questo punto Don Bosco fece un altro atto di coraggio.
Al posto della vecchia casa Pinardi elevò un nuovo edificio a tre piani. Nel 1860 furo­
no così accettati 470 ragazzi interni.
DB 2,10
La fontana presso il porticato
È ancora al suo posto dopo 140 anni, la fontana di quei primi tempi. Qui i ragazzi
venivano a «bagnare la pagnotta» della colazione e della merenda: l’acqua era 0 solo
companatico. Nel 1867, fissandola, Don Bosco disse a Luigi Costamagna: «Avrei bi­
sogno che buttasse marenghi. Così potrei salvare la gioventù povera e abbandonata
in tutto il mondo» (MB 8, 906).
DB 2,11
II porticato e le scritte bibliche
Torino è la città dei portici. Sono necessari per potersi muovere nel lungo inverno.
Anche Don Bosco volle ampi portici nei suoi fabbricati; ma sui pilastri e nelle lunette
degli archi egli fece scrivere frasi bibliche per richiamare a ragazzi e visitatori le ve­
rità eterne.
7
DB 2,12
La statua di Maria Immacolata
Al fondo del porticato è la statua di Maria Immacolata. Don Bosco l’aveva collocata
in una nicchia presso la sacrestia del grande Santuario. A Giovanni Cagliero, nel
1862, Don Bosco disse: «Maria SS. è la fondatrice, e sarà la sostenitrice delle nostre
opere» (MB 7, 334).
L - LA CHIESA DI SAN FRANCESCO DI SALES
DB 2,13
La chiesa di S. Francesco di Sales
Una sera del febbraio 1851, mentre con mamma Margherita aggiustava gli abiti dei
ragazzi che dormivano, Don Bosco mormorò quasi tra sé: «E ora voglio innalzare
una bella chiesa in onore di san Francesco di Sales». La prima pietra fu posta il 20
luglio. A costruirla, portando calce e mattoni, diedero mano anche i ragazzi dell’O­
ratorio.
DB 2,14
L ’interno della chiesa al tempo di Don Bosco
Fu consacrata il 20 giugno 1852, festa della Madonna Consolata. Per 16 anni (fino
al 1868) essa rimase il cuore della Congregazione Salesiana che nasceva. Dal 1852
al 1856 sostava a lungo negli ultimi banchi, sgranando il Rosario, la vecchia e stanca
mamma Margherita.
DB 2,15
L ’altare maggiore
Nel 1854 ci fu a Torino il grande colèra che uccise più di tremila persone. Anche
i ragazzi dell’Oratorio andarono per la città a soccorrere i colerosi. Un ragazzo, che
non aveva più nulla con cui coprire il suo malato, chiese ancora qualcosa alla mam­
ma. E Margherita lo portò a questo altare, e gli diede la tovaglia bianca. «Portala
al tuo malato. Non credo che il Signore si lamenterà».
DB 2,16
La balaustra di legno
A questa balaustra di legno, oggi conservata nel museo presso le «Camerette di Don
Bosco», i ragazzi dell’Oratorio si inginocchiavano per ricevere la Comunione. Dal
29 ottobre 1854 si inginocchiò anche san Domenico Savio, il ragazzino di 12 anni ap­
pena arrivato dal suo paese, Mondonio.
DB 2,17
II retro altare
In questa stessa chiesa, dietro l’altare maggiore, Domenico Savio ebbe un’estasi da­
vanti al tabernacolo che durò più di sei ore.
DB 2,18
Pulpito e altare della Madonna ai tempi di Don Bosco
L’8 dicembre 1854 il Papa proclamò il dogma dell’Immacolata Concezione. In quelle
stesse ore, Domenico Savio s’inginocchiò davanti a questo altare e si consacrò alla
Madonna con questa brevissima preghiera: «Maria, vi dono il mio cuore, fate che
sia sempre vostro. Gesù e Maria, siate voi sempre gli amici miei, ma per pietà fatemi
morire piuttosto che mi accada la disgrazia di commettere anche un solo peccato».
DB 2,19
II pulpito in legno donato dal Cafasso
Da questo pulpito, che si trova oggi nel museo storico di Valdocco, per oltre 10 anni
Don Bosco predicò ai suoi ragazzi. Da questo pulpito Domenico Savio sentì la predi­
ca che lo mise profondamente «in crisi»: «È volontà di Dio che ci facciamo santi; è
assai facile riuscirci; un gran premio è preparato in Cielo a chi si fa santo» (Bosco,
Vita di Domenico Savio, SEI ed. 1963, pg. 44).
DB 2,20
Altare della Madonna rinnovato
L’8 giugno 1856 Domenico Savio tornò a inginocchiarsi davanti a questo altare, non
più solo, ma in compagnia dei migliori ragazzi deU’Oratorio. Aveva fondato la «Com­
pagnia deirimmacolata»: un gruppo di piccoli apostoli, che si trapiantò in ogni casa
salesiana, diventando un nucleo di ragazzi impegnati e di sicure vocazioni salesiane.
DB 2,21
Altare di San Luigi
Un altare di questa chiesa, Don Bosco volle dedicarlo a san Luigi Gonzaga. Il giova­
ne principe che lasciò la corte per consacrarsi al Signore era da lui presentato a tutti
i giovani come modello di carità e di purezza.
DB 2,22
Interno della chiesa oggi
In questa chiesa, oggi rinnovata e arricchita di marmi, dissero la loro Prima Messa
il beato Michele Rua, il 30 luglio 1860, il primo missionario salesiano Don Cagliero
e Don Francesia il 15 luglio 1862. Vennero pure a pregare Michele Magone e France­
sco Besucco, due ragazzi che rinnovarono neU’Oratorìo la bontà di Domenico Savio.
DB 2,23
Porta secondaria, che ricorda la moltiplicazione dei pani
Vicino a questa porta laterale, da cui uscivano i ragazzi dopo un ritiro spirituale,
il 22 ottobre 1860 Don Bosco operò un prodigio. Francesco Dalmazzo, che fu testi­
mone, affermò sotto giuramento: «Quando arrivò Don Bosco a distribuire il pane,
guardai nel cesto e vidi che conteneva una ventina di pagnotte...
DB 2,24
Chiesa di S. Francesco vista dal cortile
...Tutti gli alunni, circa 400, passando dalla chiesa al cortile, sfilarono davanti a Don
Bosco e ricevettero da lui un pane, insieme a una parola buona e ad un sorriso. Quando
tutti furono passati, riesaminai la cesta: c’era la stessa quantità di pagnotte di pri­
m a... Questa fu la sola causa che mi indusse a restare all’Oratorio e farmi Salesiano»
(MB 6, 777).
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M - IL PALAZZO DELLE CAMERETTE DI DON BOSCO
DB 2,25
II porticato con il pulpito della «buona notte»
Ogni sera i ragazzi dicevano le preghiere davanti a una statuetta della Madonna, che
è ancora sotto il porticato, a Valdocco. Al termine, Don Bosco saliva sul pulpitino
e dava la «buona notte»: alcune buone parole che chiudevano la giornata. Don Bosco
era geloso di questa «buona notte»: la dava sempre lui, quando poteva (MB 6, 94).
Da questo pulpitino egli raccontò i famosi «sogni», attesi con viva curiosità, perché
sovente in essi prevedeva l'avvenire.
DB 2,26
La lapide ricorda il cane Grigio
Sotto il porticato c ’è una scala che ai tempi di Don Bosco portava alla cucina di mam­
ma Margherita. Sul primo gradino, una sera dell'inverno 1854, Don Bosco vi trovò
sdraiato un misterioso cane che gli impedì di uscire di casa. Si seppe poi che qualcu­
no lo attendeva per fargli del male. Per il colore del suo pelo, Don Bosco lo chiamò
«Grigio». Una lapide ricorda questa singolare figura che ebbe un ruolo importante
nella vita di Don Bosco.
DB 2,27
Don Bosco, mamma Margherita e il cane Grigio (dipinto)
Il Grigio si fece vedere diverse volte a Valdocco. Una sera, non avendo incontrato
Don Bosco, andò in refettorio per assicurarsi che egli fosse in casa, andando a fargli
festa. Don Bosco tentò più volte di scoprire la provenienza di quel cane, ma non riu­
scì a niente. Nel 1872, alla baronessa Frascati che l’interrogava, rispose: «Dire che
sia un angelo, farebbe ridere. Ma neppure si può dire un cane ordinario».
DB 2,28
Il cane Grigio difende Don Bosco (quadro)
Una sera piovosa mentre attraversava 0 terreno boschivo che separava Valdocco da
Torino, due malviventi gli gettarono addosso un mantello e cominciarono a malme­
narlo. Don Bosco gridò. Fu allora che saltò fuori da una macchia «quel cane». Balzò
alla gola dei malviventi e li mise in fuga. Poi accompagnò Don Bosco fino a Valdocco.
DB 2,29
Il porticato di casa Pinardi e casa Don Bosco
Questo ampio porticato fu costruito nel 1860, quando Don Bosco elevò un nuovo edi­
ficio al posto.della casa Pinardi. L’inverno, a Torino, è lungo e nevoso, e la primave­
ra è molto sovente la stagione delle piogge. Don Bosco volle questo porticato perché
i giovani potessero giocare in ogni stagione.
DB 2,30
Il palazzo delle camerette
Nel costruire la prima parte del nuovo ospizio, Don Bosco aveva progettato anche
un braccio di fabbricato che doveva prolungarsi verso mezzogiorno, parallelamente
alla nuova chiesa. Egli non ebbe mai il denaro sufficiente per fare di Valdocco una
costruzione unitaria. Questo edificio centrale, che ospitò la sua camera-ufficio per
35 anni, fu costruito in quattro tempi successivi. Nel cortile sottostante, già orto di
mamma Margherita, è stato recentemente eretto un monumento a Don Rua.
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DB 2,31
Il ballatoio che porta alle camerette
Tutte le volte che Don Bosco usciva dalla sua camera per scendere nei cortili, percor­
reva questo ballatoio tra le grida festanti dei ragazzi.
Oggi il ballatoio è tutto ornato di fiori, quasi a richiamare con venerazione il sogno
del pergolato di rose piene di spine che Don Bosco immaginava di percorrere con
i suoi ragazzi (cf MB 3, 32).
DB 2,32
Altra veduta del ballatoio
Su questo ballatoio Don Bosco conduceva gli ospiti illustri perché potessero contem­
plare la marea di ragazzi che giocavano nel cortile sottostante. Di qui il Santo si af­
facciava per partecipare ai loro giochi, parlare con loro e talvolta lanciare manciate
di caramelle. Sui tetti si affacciano ancora oggi gli «abbaini», dove dormivano i primi
Salesiani. Erano stanzini gelidi di inverno e per lavarsi aprivano il finestrotto, racco­
glievano la neve e si strofinavano energicamente la faccia.
DB 2,33
La facciata a sud del palazzo delle camerette
Nel 1874 si prolungò l’edificio delle camerette, e Don Bosco fece piantare a terra al­
cune viti.
Da allora così si presenta la facciata, rivestita da un intreccio di viti che in autunno
offrono profumati grappoli di uva.
DB 2,34
La statua della Madonna, sul nuovo ampliamento
Nella notte del 15 maggio 1861 scoppiò un violento temporale, e un fulmine, penetra­
to nella camera di Don Bosco, rischiò di provocare mali seri.
Qualcuno consigliò di mettere un parafulmine. Don Bosco s’arrampicò sul palco dei
muratori, e collocò tra i due oblò una statuina della Madonna: «Ecco il nostro para­
fulmine».
DB 2,35
Altra veduta generale del palazzo delle camerette
A livello del cortile, sul lato destro, è posta una lapide che ricorda la festa della rico­
noscenza celebrata a Valdocco con grande solennità.
Ogni anno, il 24 giugno, a Valdocco si celebrava la festa onomastica di Don Bosco.
Don Lemoyne ce ne ha lasciato una bella descrizione: «Era calato il sole. Dai cortili
saliva il mormorio dei giovani che passeggiavano allegramente. Su tutte le finestre
e le ringhiere dei poggioli erano accese cento e cento fiammelle nei bicchieri colorati.
In mezzo al cortile stava la banda musicale. Don Bosco e io stavamo alla finestra.
Lo spettacolo era incantevole».
DB 2,36
Veduta generale del palazzo delle camerette, «cuore di Valdocco»
Quando i pellegrini entrano in Valdocco, corrono con lo sguardo lassù, dove sono
conservate con geloso amore le camerette di Don Bosco e i suoi ricordi. Ai piedi del­
l’edificio, dov’era l’orto di mamma Margherita, sorge il monumento a Don Bosco.
Lo scultore Cellini ha cercato di fissare nel bronzo 0 volto sereno e il sorriso buono
che incantava i suoi ragazzi.
11
DB 2,37
La prima camera abitata da Don Bosco dal 1853 al 1861
In questa stanzetta, abitata da Don Bosco dal 1853 al 1861, per i Salesiani è avvenuto
«tutto». Il 26 gennaio 1854 Don Bosco raduna qui i giovani Rua, Cagliero, Rocchietti, Artiglia, e propone loro di iniziare la Congregazione Salesiana. Il 29 ottobre di
quello stesso anno, in questa stessa stanza, entra per la prima volta Domenico Savio.
Il 25 marzo 1855 Michele Rua si inginocchia su questo pavimento, pronuncia i voti
davanti a Don Bosco e diventa il primo Salesiano. Qui ancora Don Bosco ha scritto
le prime Regole della Società Salesiana.
DB 2,38
La seconda camera abitata da Don Bosco per 27 anni
Nel 1861 l’edificio fu raddoppiato. Don Bosco si spostò nella stanza di fronte, dove
abitò e lavorò per 27 anni. Visitatori sempre più numerosi di Torino e di ogni parte
d’Italia salivano ad incontrarlo, per avere da lui un consiglio, una benedizione, per
portargli un’offerta, o semplicemente per confessarsi da lui.
DB 2,39
Fotografia di Don Bosco nella sua seconda stanza
Questa antichissima fotografia ci mostra Don Bosco al suo tavolo di lavoro. Nella
semplicità-di questa stanza egli scrisse decine di libri per i suoi ragazzi e la gente
del popolo. Scrisse migliaia di lettere per chiedere offerte, ringraziare, dare consigli
di vita cristiana. Il suo epistolario ne raccoglie attualmente oltre 2800.
DB 2,40
La stanza adibita a cappella nel gennaio 1886
Nel 1876 questo edificio fu allungato di alcuni metri. Se ne ricavarono due nuove
stanze e un lungo corridoio. Una stanza fu trasformata in cappella e benedetta dal
cardinale Alimonda. Quando non poteva scendere nel Santuario, Don Bosco celebra­
va la Messa qui, con sereno raccoglimento. L’ultima volta fu il 14 dicembre 1887.
DB 2,41
La veranda dove Don Bosco passeggiava e confessava
Il lungo corridoio sul fondo fu battezzato un po’ pomposamente «galleria Don Bo­
sco». Su questo seggiolone egli confessò negli ultimi tempi. Nel 1887 si confessò da
lui un ragazzo, Luigi Orione, che oggi veneriamo beato. Aveva tanta paura di non
confessarsi bene. Don Bosco stracciò i fogli da lui riempiti «di peccati», gli sorrise,
e disse: «La tua confessione è fatta. Ricordati che noi due saremo sempre amici».
DB 2,42
Una finestra della veranda con grappoli d ’uva
Alle finestre della galleria si affacciano i tralci delle viti con i grappoli che s’arrampi­
cavano su dal cortile. Don Bosco li coglieva con gioia per offrirli ai suoi figli e bene­
fattori. Nel 1886, con gesto gentile, non volle che si staccassero i grappoli prima del­
l’arrivo di mons. Cagliero dall’America. Era il suo primo missionario.
DB 2,43
La camera dove Don Bosco morì il 31 gennaio 1888
Solo negli ultimi mesi di vita, il letto di Don Bosco fu trasportato in quest’ultima stanza,
separando l ’ufficio di lavoro dalla stanza da letto. Il lavoro stressante e continuo,
i debiti, le preoccupazioni, avevano ormai segnato profondamente il suo fìsico. Ave­
va quasi 73 anni.
12
DB 2,44
Particolare della camera
Una scaletta di legno aiutava le sue gambe gonfie a salire e scendere dal letto. Un
campanello il cui filo scorreva sopra il letto, serviva da richiamo in caso di necessità.
DB 2,45
La scrivania della camera
Su questa scrivania vergò con mano stanca le sue ultime lettere. Il piccolo globo gli
servì per seguire «sospirando» (come dice il suo biografo) le imprese dei suoi missio­
nari, che nel 1875 erano sbarcati nell’America del Sud, e in otto anni aprirono opere
per ragazzi in Argentina, Uruguay, Brasile, Cile e Ecuador.
DB 2,46
Divano e scrittoio mobile
Seduto su questo piccolo divano, Don Bosco scrisse sul retro bianco di alcune immaginette le sue ultime parole da mandare ai cooperatori per il Natale 1887. Ecco le
ultime due frasi che scrisse: «Chi fa del bene in vita, trova bene in morte». «In Para­
diso si godono tutti i beni, in eterno».
DB 2,47
Letto in cui morì Don Bosco
In questo letto disse le ultime parole ai suoi Salesiani. Prese per mano Don Rua e
mons. Cagliero e disse adagio: «Vogliatevi bene come fratelli. Amatevi, aiutatevi e
sopportatevi... Promettetemi di amarvi come fratelli». Diede anche l’ultimo saluto
ai suoi giovani: «Dite ai miei ragazzi che li aspetto tutti in Paradiso». Morì all’alba
del 31 gennaio 1888.
DB 2,48
Seggiolone della veranda e foto di Don Bosco morto
La sua salma fu rivestita degli abiti sacerdotali e adagiata su questo seggiolone. I
suoi giovani e migliaia di persone sfilarono per dargli l’ultimo saluto, pregando e
piangendo.
N - IL MUSEO STORICO DI DON BOSCO, A VALDOCCO
DB 2,49
II crocifìsso che Don Bosco teneva in mano alla sua morte
Durante gli ultimi istanti, Don Lemoyne suggerì a Don Bosco: «Pensi a Gesù in cro­
ce». Gli rispose: «E quello che faccio sempre». I Salesiani hanno conservato con af­
fetto il piccolo crocifisso che Don Bosco stringeva nelle mani mentre moriva.
DB 2,50
Altare dell’estasi
Questo altarino portatile era collocato nell’anticamera di Don Bosco. Nel dicembre
1878 gli servivano Messa due ragazzi, Garrone e Franchini. All’elevazione videro
Don Bosco con la faccia luminosa, i suoi piedi si staccarono dalla predella e si solle­
varono nell’aria.
13
DB 2,51
Calice, messale e paramenti dell’altare
I due ragazzi si spaventarono. Non sapevano di trovarsi davanti a un’estasi. Garrone
corse via a chiamare Don Berto, il segretario di Don Bosco. Non trovò nessuno, e
quando tornò, Franchini, pallido, gli disse che Don Bosco «era rimasto in aria» per
quasi dieci minuti.
DB 2,52
Talari e pianete usate da Don Bosco
Nel grande salone che si allarga a nord delle «camerette», e che servì come studio
dei ragazzi per tanti anni, sono conservati i ricordi di Don Bosco. Sono indumenti
personali, camici e pianete che Don Bosco usò nella celebrazione della Messa.
DB 2,53
II confessionale di Don Bosco
Don Bosco trascorse moltissime ore a confessare i suoi ragazzi e la gente comune.
Era una delle sue gioie profonde dare alle anime il perdono di Dio. Questo è il suo
confessionale, collocato all’inizio nella sacrestia della cappella Pinardi, poi nel coro
della chiesa di San Francesco di Sales, nella sacrestia del Santuario di Maria Ausiliatrice, e oggi nel museo.
DB 2,54
Le nocciole, a ricordo delle moltiplicazioni
Queste nocciole sono conservate in una bacheca di vetro. L’episodio della loro molti­
plicazione è ricordato da più di dieci testimoni. Un sacchetto di nocciole gli era stato
donato nel dicembre 1885. Ne regalò a piene mani a un gruppo di ragazzi. Quando
si credeva che non ce ne fossero più, ne distribuì ancora abbondantemente a 64 alun­
ni del ginnasio e a 40 cantori.
DB 2,55
Portamonete di Don Bosco e otto soldi del suo tempo
I soldi furono sempre il tormento di Don Bosco. Non ne ebbe mai abbastanza per
il pane e gli abiti dei suoi giovani, per la costruzione delle sue case e per le macchine
dei suoi laboratori. La Provvidenza arrivò in suo aiuto, ma quasi sempre con quel
quarto d’ora di ritardo che lo faceva tanto penare.
DB 2,56
II cappello e i bastoni da viaggio
Cappello e bastone accompagnarono sovente Don Bosco negli ultimi anni. Andava
a chiedere l’elemosina per le tante case che stava costruendo in ogni parte del mon­
do. Scrisse Don Rua: «Era una pena vederlo salire e scendere scale per chiedere ele­
mosine, sottoponendosi anche a dure umiliazioni».
DB 2,57
Oggetti raccolti sulla mensa dopo la morte di Don Bosco
Queste stoviglie, dono di benefattori, erano sul tavolino di Don Bosco durante la sua
ultima malattia.
DB 2,58
Il suo passaporto
Questo è un antico passaporto di Don Bosco, datato 1850. Era stato invitato in una
parrocchia di Milano. La Lombardia, in quel tempo, era dominio austriaco, e Don
Bosco dovette munirsi di passaporto. Vi sono elencati i suoi connotati: età anni 35,
statura once 38, capelli castani scuri, fronte media, sopracciglia castane, occhi idem,
faccia ovale, carnagione bruna, condizione maestro elementare.
DB 2,59
Le sue «Memorie»
A 58 anni, per ordine del Papa, Don Bosco scrisse la storia dei suoi primi decenni.
Riempì tre grossi quaderni, 180 pagine, e li intitolò Memorie per VOratorio e per la
Congregazione Salesiana. Con le date fece un po’ di pasticcio, ma episodi, ricordi,
particolari hanno una freschezza vivissima.
DB 2,60
La prima statua di Maria Ausiliatrice venerata a Valdocco ■
Questa è la prima statua di Maria Ausiliatrice, in legno dorato, che fu venerata nel
suo Santuario di Valdocco. Descrivendo l’Ausiliatrice, Don Bosco scrisse: «Sembra
che parli, e voglia dire: Io sono qui per accogliere le preghiere dei miei figli, per ar­
ricchire di grazie e di benedizioni quelli che mi amano».
15
DON BOSCO E IL SUO AMBIENTE
DB/2 Tutto Valdocco
LA BASILICA DI MARIA AUSILIATRICE
(Seconda unità sonorizzata)
DB 2,1
DON BOSCO E IL SUO AMBIENTE: Tutto Valdocco
O - LA BASILICA DI MARIA AUSILIATRICE
DB 2,61
Prima foto della chiesa di Maria Ausiliatrice con scorcio di San Francesco
Nell’ottobre 1844 Don Bosco ebbe un sogno: «Una pastorella mi invitò a guardare
a mezzodì. Vidi un campo... “ Guarda di nuovo” , mi disse, e guardai di nuovo. Allo­
ra vidi una stupenda ed alta chiesa. Nell’interno era una fascia bianca in cui a carat­
teri cubitali era scritto: “Qui è la mia casa, di qui uscirà la mia gloria”. Era il primo
impulso a costruire il Santuario di Maria Ausiliatrice».
DB 2,62
La basilica e la primitiva piazza
Don Bosco affidò l’impresa al capomastro Carlo Buzzetti. Gli scavi furono compiuti
in parte nell’autunno del 1863, e ripresi nel marzo 1864. Alla posa della prima pie­
tra, Don Bosco rivolto a Buzzetti gli disse: «Ti voglio dare un acconto». Gli rovesciò
nelle mani il borsellino: 8 soldi, nemmeno mezza lira. Don Bosco sorrise: «Stai tran­
quillo, la Madonna penserà lei a far arrivare il denaro necessario».
DB 2,63
La basilica con fedeli agli inizi del ’900
Il Santuario fu consacrato il 9 giugno 1868. Qualcuno disse che quello era un miraco­
lo di Don Bosco, ma lui rispose: «Io non sono niente. È il Signore, è Maria SS. che
si degnarono di servirsi di un povero prete per compiere la loro opera». Questa foto
è del primo Novecento. Tra i fedeli nel costume del tempo, si scorge anche una delle
prime automobili che si costruirono a Torino.
DB 2,64
La basilica col mercato in piazza
Da quel 1868, il «mese di maggio» di Valdocco in onore dell’Ausiliatrice divenne una
delle funzioni religiose più frequentate della città e del Piemonte. Molti accorrevano
anche dalla provincia e da più lontano.
16
DB 2,65
Interno della basilica
Il Santuario di Valdocco diventava centro d’irradiazione della devozione alla Ma­
donna in scala sempre più vasta: santuario locale e santuario mondiale. I Salesiani
che partivano per le Missioni avevano il ricordo indimenticabile del Crocifìsso rice­
vuto ai piedi di Maria Ausiliatrice, e trapiantavano il nome e la devozione all’AusiIiatrice in tutto il mondo.
DB 2,66
La cappella di San Pietro
Nella crociera a destra c’era l’altare dedicato a S. Pietro. Il quadro rappresentava
Gesù che consegna le chiavi del Regno a Pietro. A questo altare Don Bosco veniva
sovente a celebrare la S. Messa, e un giorno moltiplicò le ostie.
DB 2,67
La cappella di Solutore, Avventore, Ottavio e di Sant’Anna
Nella cappella a destra della navata centrale era l’altare dedicato a Sant’Anna, la
mamma della Madonna. Dopo i restauri eseguiti nel 1890, il quadro principale raffi­
gurò i martiri di Torino: Solutore, Avventore e Ottavio. In primo piano rimase un
piccolo quadro di Sant’Anna.
DB 2,68
La cappella di San Francesco di Sales
Nella cappella a sinistra, l’altare era dedicato ai Cuori SS. di Gesù e di Maria. Nel
1891, ricorrendo 0 primo cinquantenario dell’Opera Salesiana, la cappella fu dedi­
cata a San Francesco di Sales, patrono della Congregazione. Il quadro è del Reffo,
artista torinese.
DB 2,69
La vecchia sacrestia
Dietro l’abside del Santuario, ai tempi di Don Bosco, si aprivano due sacrestie. Le
pareti erano ricoperte di ex voto che i devoti venivano a portare come segno di grazie
ricevute. Nella prima sacrestia, Don Bosco aveva il suo confessionale, affollato in con­
tinuazione da penitenti che volevano riconciliarsi con Dio.
DB 2,70
La Chiesa di Maria Ausiliatrice come la costruì Don Bosco
Così era la struttura architettonica del Santuario di Maria Ausiliatrice come lo co­
struì Don Bosco. Col passare degli anni, Don Bosco apparirà sempre più alla gente
come «il santo dell’Ausiliatrice», fino a provocare lo scambio dei termini, e a far dire
l’Ausiliatrìce «la Madonna di Don Bosco».
DB 2,71
Il capomastro Carlo Buzzetti
Diresse la costruzione del Santuario Carlo Buzzetti, capomastro. Era stato dei pri­
missimi ragazzi dell’Oratorio. Si era addormentato con altri giovani sui gradini della
balaustra in San Francesco d’Assisi, mentre un prete predicava difficile. Don Bosco
li aveva destati e condotti in sacrestia. Erano diventati amici: un’amicizia che durava
ormai da 27 anni.
17
DB 2,72
Statua della Immacolata sulla cupola
Nel 1867 fu collocata sul vertice della cupola una grande statua della Madonna. Scri­
ve Don Bosco: «La statua è alta quattro metri ed è sormontata da dodici stelle. È
in rame dorato. Essa risplende luminosa a chi la guarda da lontano al momento che
è riverberata dai raggi del sole».
DB 2,73
Attuale facciata della basilica di M. Ausiliatrice
Oggi vediamo così la facciata del Santuario di Maria Ausiliatrice, costruito in stile
tardo Rinascimento. L’architettura ricorda quella di san Giorgio Maggiore, a Vene­
zia: due campanili ai lati e la cupola centrale che misura 19 metri di diametro, e s’in­
nalza sopra la parte centrale della crociera.
DB 2,74
/ due campanili e la cupola centrale con la statua di Maria Immacolata
Le difficoltà finanziarie per la costruzione furono veramente grandi, ma Don Bosco
potè affermare: «Ogni mattone di questa chiesa è una grazia della Madonna». Se il
«povero Don Bosco» riuscì a superare tutte le difficoltà, lo dovette all’aiuto dell’Ausi­
liatrice che si mise lei — secondo la parola di Don Bosco — «a fare le questue più
fruttuose».
DB 2,75
La seconda cupola eretta durante l ’ampliamento
Dopo la canonizzazione di Don Bosco (Pasqua 1934), il Santuario risultò incapace
di accogliere tutti i fedeli attirati in questa chiesa anche dalla santità di Don Bosco.
Si eseguirono per tre anni lavori di ampliamento. Fu demolita l’antica abside e am­
pliato il presbiterio, sul quale fu eretta la seconda cupola, in perfetta armonia con
quella edificata da Don Bosco.
DB 2,76
Interno del Santuario: veduta generale
Chi entra per la prima volta nel Santuario, è avvolto da una atmosfera di raccogli­
mento: si sente immediatamente attratto dal grande quadro che campeggia nella pa­
rete di fondo. Don Bosco lo pensò nei primi mesi del 1865. Ne affidò l’esecuzione
al pittore Lorenzone.
DB 2,77
Quadro di Maria Ausiliatrice
Don Bosco cercò di comunicare al pittore ciò che «voleva vedere» nel quadro con queste
parole: «In alto Maria SS. tra gli Angeli, intorno a Lei gli apostoli, i profeti, le vergi­
ni, i confessori. Nella parte inferiore i popoli delle varie parti del mondo che tendono
le mani verso di Lei e chiedono aiuto». Don Bosco vedeva così l’Ausiliatrice: cuore
della Chiesa e aiuto della Cristianità universale.
DB 2,78
L ’altare di Don Bosco
Oggi i resti mortali di Don Bosco riposano sull’altare monumentale a lui dedicato
nel santuario. E una massa imponente per la grandiosità artistica delle linee e per
l’armonia policroma dei marmi.
L’urna del santo è posta in alto, ben visibile a chi è discosto dall’altare, mentre è
possibile avvicinarla passando dietro l’altare.
18
Ai lati della mensa due grandi statue di marmo bianco simboleggiano la fede e la carità.
Due grandi vetrate a colori rappresentano l’incontro di Bartolomeo Garelli e l’altra
Don Bosco e mamma Margherita che giungono alla casa Pinardi.
DB 2,79
Urna di Don Bosco
La salma di Don Bosco riposa in un’urna di bronzo sopra un lettino di velluto rosso.
I resti del suo corpo sono rivestiti dei paramenti sacerdotali donati dal papa Benedet­
to XV. Il volto e le mani sono stati modellati in cera dallo scultore Cellini.
DB 2,80
Volto di Don Bosco
Ecco il volto di Don Bosco. Un volto che ha sorriso a migliaia di ragazzi, comunican­
do la gioia della vita cristiana. Un volto che ha saputo soffrire perché i giovani aves­
sero su questa terra meno fatica per vivere, e una visione di Cielo nel punto della
loro morte. Il volto di un uomo di Dio.
DB 2,81
L ’altare di San Giuseppe
L’altare di san Giuseppe, di fronte a quello di Don Bosco, è ancora come lo ha voluto
il santo. Don Bosco vide in san Giuseppe il protettore dei suoi ragazzi lavoratori.
II quadro del Lorenzone giganteggia sull’altare. Nei finestrini del transetto, due ve­
trate a colori richiamano lo sposalizio di Maria con san Giuseppe, e l’altra la morte
di san Giuseppe assistito da Gesù e da Maria.
DB 2,82
Altare di San Domenico Savio
La cappella di San Francesco di Sales, a sinistra, è stata ora dedicata a Domenico
Savio, il ragazzo santo. Nel 1950, primo adolescente, è stato canonizzato e proposto
come modello di purezza e di apostolato a tutti i ragazzi del mondo. Un’urna di legno
dorato raccoglie le sue gloriose spoglie.
DB 2,83
L ’altare di Santa Maria Mazzarello
A destra, presso l’ingresso principale, c’è oggi la cappella di Santa Maria Domenica
Mazzarello, confondatrice delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Morì a soli 44 anni a
Nizza Monferrato, dopo una vita di dolorosi stenti coperti dal sorriso. Disse alle sue
suore: «In questo mondo, qualunque cosa avvenga, non dobbiamo né rallegrarci né
rattristarci troppo. Siamo nelle mani di Dio».
DB 2,84
L ’ampliamento sul lato destro dell’altare maggiore
L’ampliamento del Santuario ha permesso di aprire, accanto al grande presbiterio,
due amplissime cappelle laterali, ricche di marmi e di decorazioni. In esse, per mol­
tissimi anni, si affollarono ogni giorno i ragazzi dell’Oratorio, a pregare e a cantare.
DB 2,85
Cripta: cappella dell’apparizione
Nella parte inferiore del Santuario si trova un’ampia cappella chiamata comunemente
«delle reliquie». A destra di chi scende è la cappellina dedicata alla Vergine, chiama­
ta «cappella dell’apparizione».
19
DB 2,86
Luogo dove la Madonna posò il piede
Don Bosco narrò: «In sogno una Signora mi disse: “ In questo luogo, dove i gloriosi
martiri di Torino Avventore e Ottavio soffrirono il loro martirio, io voglio che Dio
sia onorato in maniera specialissima” . Così dicendo avanzava un piede posandolo
sul luogo del martirio. Me lo indicò con precisione». Don Bosco ricordava quel pun­
to, e lo additò durante gli scavi. Ora quel punto è segnato sul pavimento da una croce
dorata.
DB 2,87
Altare della Madonna e quadro dell ’apparizione
H quadro, alla sinistra della cappella, è del pittore Dalle Ceste, e ricorda il «sogno»
in cui la Signora maestosa indica a Don Bosco il luogo preciso del martirio dei soldati
della legione Tebea.
DB 2,88
Quadro del martirio di Solutore, Avventore e Ottavio
A destra dell’altare, il pittore ha rappresentato la scena del martirio dei soldati Av­
ventore e Ottavio, uccisi nel 300 d.C. sotto l’imperatore Massimiliano. Solutore, fe­
rito, riuscì a fuggire fino a Ivrea, dove fu lui pure ucciso. I loro resti sono conservati
a Torino nella chiesa dei Santi Martiri, in via Garibaldi.
DB 2,89
La cappella delle Reliquie
Questa cappella sotterranea costituisce una rarità e un tesoro. Vi sono radunate e
esposte oltre 60 mila reliquie di Santi e Martiri. Le radunò, durante tutta la sua vita,
il commendatore Michele Bert, che le donò al Santuario di Maria Ausiliatrice.
DB 2,90
La preziosa reliquia del legno della Croce
Presso l’altare maggiore sono conservate le due reliquie più preziose: del legno della
santa Croce e del preziosissimo Sangue di Gesù. Il frammento del legno della Croce
misura cm 17 x 10, ed è tra i più grandi che si conservino fuori Roma.
DB 2,91
Il sepolcro del beato Don Rua
A destra, nella cappella delle reliquie, è la tomba del beato Michele Rua, uno dei
primissimi ragazzi di Don Bosco e suo successore alla testa della Congregazione Sale­
siana per 22 anni.
DB 2,92
La statua di Maria Ausiliatrice
Questa statua di Maria Ausiliatrice viene portata in processione ogni anno, il 24 mag­
gio, per le vie di Valdocco e dei borghi vicini. Essa sfiora il mercato generale della
città, dove Don Bosco andava a cercare i suoi primi ragazzi, e passa lentamente nelle
vie adiacenti il Cottolengo, dove i malati l’attendono per invocare la sua protezione.
DB 2,93
La basilica illuminata per la festa di M. Ausiliatrice
Alla sera del 24 maggio, festa dell’Ausiliatrice, mentre scendono le ombre, il Santua­
rio si illumina di una festa di colori. È uno spettacolo indimenticabile. Richiama mi­
gliaia di torinesi, che portano i bambini «a vedere la Madonna».
DB 2,94
Giovannino fa scuola di catechismo ai Becchi
Nella sacrestia del Santuario sono raffigurati, in grandi quadri del pittore Crida, gli
episodi principali della vita di Don Bosco. Qui è raffigurato Giovannino che, in un
fienile, intrattiene i suoi amici con racconti e con brillanti lezioni di catechismo.
DB 2,95
Don Bosco ascolta le confessioni dei ragazzi dell’Oratorio
Don Bosco per molti anni passò ore e ore nel confessionale. Anche a tarda notte, da­
va a tutti quelli che lo desideravano la comodità di confessarsi. È risaputo che Don
Bosco è stato anche definito il prete della Confessione.
DB 2,96
Don Bosco e mamma Margherita arrivano a Valdocco
Il quadro rappresenta il momento dell’arrivo di Don Bosco e di mamma Margherita
presso la casa Pinardi, dopo la malattia e la convalescenza del 1846. Don Bosco indi­
ca il terreno che sta davanti alla casa, e col gesto sembra dire: «Ecco, mamma, il
campo del nostro lavoro».
DB 2,97
L ’incontro di Don Bosco con Bartolomeo Garelli
È qui raffigurato l’incontro di Don Bosco con il giovane muratore Bartolomeo Ga­
relli, avvenuto l’8 dicembre 1841, festa dell’immacolata Concezione di Maria, nella
chiesa di San Francesco di Assisi. Esso segnò l’inizio deU’Oratorìo festivo di Don Bo­
sco, che fiorì per tre anni presso quella chiesa.
DB 2,98
Don Bosco e Bartolomeo Garelli (particolare)
Molto ammirata, nel quadro del Crida, la figura di Bartolomeo, il ragazzo che guar­
da Don Bosco come estasiato, e gli sorride, contento per le parole buone che gli sono
state rivolte.
DB 2,99
Don Bosco in mezzo ai ragazzi dell’Oratorio
Don Bosco è raffigurato proprio a Valdocco in mezzo ai ragazzi che lo guardano con
affetto e venerazione. «La figura di Don Bosco — scrive Fedele Giraudi — è una delle
più somiglianti, avendo il pittore riprodotto a perfezione quella tanto popolare del
pittore Rollini, che si conserva nel piccolo museo presso le camerette del Santo».
DB 2,100
San Giuseppe Cafasso
San Giuseppe Cafasso è raffigurato mentre parla a un gruppo di sacerdoti, tra i qua­
li è Don Bosco. Fu questa l’attività principale: essere maestro di giovani sacerdoti.
Nel Convitto Ecclesiastico, che diresse fino alla morte, avvenuta nel 1860, preparava
i sacerdoti appena usciti dal Seminario ad essere preti di Dio e del tempo in cui erano
chiamati ad operare.
DB 2,101
San Giuseppe Benedetto Cottolengo
Il pittore Dalle Ceste ha rappresentato san Giuseppe Benedetto Cottolengo accanto
a un povero vecchio che implora di essere accolto nella Piccola Casa della Divina Prov­
videnza, da lui stesso fondata. Dall’altra parte è seduta una madre che lo supplica
per sé e per il bambino che tiene in braccio.
21
DB 2,102 II quadro di San Giuseppe
Don Bosco volle che uno dei quadri più belli del santuario rappresentasse san Giu­
seppe mentre protegge l’Oratorio. Lo descrisse lui stesso al pittore Lorenzone. Il qua­
dro fu inaugurato solennemente il 2 aprile 1874.
DB 2,103
II quadro di Don Bosco
Presso l’urna di Don Bosco, il pittore Crida eseguì questo quadro che raduna le ca­
ratteristiche del Santo: il suo amore per i ragazzi, il suo lavoro apostolico per portar­
li a Maria Ausiliatrice e al Signore Gesù.
DB 2,104 II quadro di San Domenico Savio
L’altare di san Domenico Savio è stato arricchito nel 1985 da questo quadro del Caffaro Rore. Il giovane santo è raffigurato come il protettore della gioventù attuale,
impegnata nello studio, nel lavoro, nelle attività artistiche e sportive. Il gioioso bam­
bino sorretto dalla madre lo addita pure come protettore della vita nascente.
DB 2,105
II sogno della zattera
Nella facciata interna del Santuario, due grandi quadri del pittore Mario Barberis
ricordano due sogni drammatici di Don Bosco.
Nel primo durante una terribile tempesta, parve a Don Bosco di portare a salvezza
molti giovani su una modesta zattera.
DB 2,106 II sogno delle due colonne
L’altro sogno è ricordato come «Le due colonne in mezzo al mare», e fu raccontato
da Don Bosco il 30 maggio 1862. Durante una violenta guerra che i nemici di Dio
fanno alla Chiesa e al Papa, il romano pontefice guida la nave della Chiesa ad anco­
rarsi tra due robuste colonne, sormontate dall’Eucaristia e dalla statua della Madonna.
DB 2,107 II dipinto della cupola
Nell’alto della cupola maggiore, il pittore Rollini ha raffigurato il trionfo e la gloria
di Maria Ausiliatrice in Cielo. Sotto le vittorie riportate dalla Chiesa, con l’aiuto di
Maria. Ai piedi della Madonna sono raffigurate la missione di Don Bosco e dell’Opera Salesiana delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
DB 2,108 La cupola della basilica di Maria Ausiliatrice
Don Bosco aveva tanto desiderato di vedere decorata la cupola del Santuario.
Fu Don Rua a darne l’incarico al pittore Giuseppe Rollini, nel 1889.
22
DON BOSCO E IL SUO AMBIENTE
DB/2 Tutto Valdocco
VALDOCCO STORICO
(Terza unità sonorizzata)
DB 2,1
DON BOSCO E IL SUO AMBIENTE: Tutto Valdocco
P - COSTRUZIONI E REALIZZAZIONI
DB 2,109
Casa Pinardi (disegno di Bartolomeo Bellisio)
Il pittore Bellisio, che fu tra i primi ragazzi dell’Oratorio, ci ha tramandato questo
disegno della Casa Pinardi. Esso ci mostra la primitiva struttura dell’umile edifìcio
che sarebbe divenuto poi il centro dell’Opera Salesiana. Dalla Casa Pinardi, infatti,
i figli di Don Bosco si sarebbero diffusi in tutto il mondo.
DB 2,110
Contratto di affitto di casa Pinardi
A Roma, nell’archivio storico salesiano, sono conservati i due contratti stipulati per
l ’affitto di casa Pinardi. Il primo, redatto il 1° aprile 1846, concedeva per 300 lire
l ’affitto di tre locali e di una striscia di terreno per tre anni. Il secondo concedeva
l ’affitto di altri locali della stessa casa. Le lire salivano a 710 annuali.
La diapositiva, oltre al primo contratto ci presenta anche l’inventario della tettoia.
DB 2,111
Scuola in cucina (dal film)
Questo fotogramma del film «Don Bosco» può servire ad illustrare le parole che egli
scrisse sui primissimi tempi delPOratorio: «Non potendo avere locali per la scuola,
per qualche tempo dovetti farla in cucina o in camera mia; ma gli allievi, fior di mo­
nelli, o tutto guastavano o tutto mettevano sottosopra».
DB 2,112
Pianta degli edifici dell’Oratorio negli anni 1860
Le cinque planimetrie raffigurano com’era l’Oratorio vent’anni dopo l’arrivo di Don
Bosco a Valdocco, prima che sorgesse il Santuario di Maria Ausiliatrice: al piano
sotterraneo le cucine e i refettori; a pian terreno la chiesa di San Francesco di Sales
e cinque laboratori; al primo piano le camerate e gli uffici; al secondo piano gli ar­
chivi e altri uffici.
23
DB 2,113
Costruzione sopra casa Pinardi
Questo è l’edificio costruito da Don Bosco nel 1856 sul luogo dove sorgeva la casa
Pinardi. II26 aprile 1852 c’era stato a Torino, terribile, lo scoppio della polveriera.
La casa Pinardi, già malandata, ne uscì scossa e con tetti fracassati. La demolizione
era sempre urgente. Finalmente Don Bosco ci mise mano nel 1856.
DB 2,114 II primo laboratorio aperto da Don Bosco per i calzolai
Nell’autunno del 1853, Don Bosco iniziò i laboratori dei calzolai e dei sarti. Quello
dei calzolai fu piazzato nel locale strettissimo che ora funziona come mini-sacrestia
della cappella Pinardi: due deschetti e quattro seggioline. Fu Don Bosco 0 primo mae­
stro: si sedette al deschetto e martellò una suola davanti a quattro ragazzi.
DB 2,115 Refettorio dei Salesiani
Dove ora è l’ampio porticato, nel 1855 era la stanza dove Don Bosco raccolse gli sco­
lari di terza ginnasiale (corrispondente all’attuale terza media). Professore fu il gio­
vanissimo chierico Giovanni Battista Francesia. Tra gli alunni schierati nei banchi,
c’era san Domenico Savio.
DB 2,116 La scala che scende nello scantinato
Per disporre di più locali possibili, Don Bosco fece scavare scantinati sotto i nuovi
edifici, e poi anche sotto la chiesa di San Francesco di Sales. Nella diapositiva si vede
la rampa di scala che scendeva nello scantinato dov’era collocato il refettorio degli
studenti e la cucina.
DB 2,117 La scala per cui scendevano gli artigiani nel loro refettorio
Sotto la chiesa di San Francesco di Sales collocò il refettorio dei giovani artigiani.
La scala, ora murata, scendeva dal porticato che si apriva di fianco alla chiesa.
DB 2,118 L ’edificio del 1853 (prima costruzione)
Questo edificio ad angolo fu costruito subito dopo la chiesa di San Francesco di Sa­
les, nell’autunno 1852. Si alzò a tempo di record, ma le piogge scroscianti lo abbatte­
rono nella notte del 1° dicembre 1852. Don Bosco ebbe un momento di profondo sco­
raggiamento, ma subito si riprese, e l’edificio fu ricostruito nell’estate del 1853.
DB 2,119
Casa Filippi e palazzo Audisio
Questi due edifici furono aggiunti all’Oratorio negli anni 1860-64. Il primo a sinistra
è la casa Filippi, acquistata da Don Bosco per l’ingente somma di lire 65 mila. Il se­
condo fu costruito nel 1863-64. In onore di un salesiano coadiutore, che per anni fu
umile magazziniere, fu chiamato «palazzo Audisio».
DB 2,120
Veduta generale delle costruzioni a lato delle Camerette
Con l’entrata in funzione dei nuovi edifìci, il numero dei ragazzi ospitati in Valdocco
potè toccare il numero di 800. Stupisce il pensiero che in pochi anni Don Bosco, sen­
za denari, abbia potuto realizzare opere così imponenti per i suoi ragazzi.
24
DB 2,121
Casa Pinardi - Camerette - Casa Filippi
Quest’antica fotografia ripresa dall’alto, è un prezioso documento delle prime co­
struzioni realizzate da Don Bosco. Il rifacimento della vecchia casa Pinardi (a sini­
stra), il suo prolungamento, il fabbricato delle camerette (al centro), e la casa Filippi
dopo gli adattamenti apportati nel 1863. L’ospizio era iniziato e avviato.
DB 2,122
Ingresso all'Oratorio
Chi entrò nell’Oratorio tra il 1868 e il 1910, ebbe davanti questo scenario. Chi voleva
raggiungere le camerette di Don Bosco, percorreva questo passaggio, tra la basilica
e il margine del cortile dei giovani artigiani.
DB 2,123 II cortile degli artigiani
Una lunga costruzione diagonale che correva lungo il tracciato dell’antica via Giar­
diniera, divideva il cortile dei giovani artigiani da quello dei giovani studenti. Ecco
quello degli artigiani a fianco del Santuario. Qui sovente scendeva Don Bosco a sfi­
dare i giovani più robusti alla corsa.
DB 2,124 II cortile degli studenti
n cortile dei giovani studenti si estendeva davanti all’edificio delle «camerette» di Don
Bosco. Anche negli ultimi anni, consumato dai viaggi e dai debiti, Don Bosco non
si stancò mai dei suoi ragazzi. Vederli, sentirli, fare dieci passi con loro, gli ridava
la vita anche dopo giornate massacranti.
DB 2,125 II cortile dell’oratorio festivo
Accanto al convitto interno popolato di ragazzi studenti e artigiani, continuò a vivere
e a prosperare l’oratorio esterno. Quando non potè più occuparsene di persona, Don
Bosco lo affidò a Don Giulio Barberis. Gli oratoriani utilizzavano come loro chiesa
quella di San Francesco di Sales, e giocavano su un’ampia striscia di terreno lungo
il Santuario.
DB 2,126 Don Bosco portato in trionfo dai giovani (antica illustrazione)
Il clima gioioso e festivo del primo Oratorio fu sempre tale per Don Bosco. Egli ri­
cordava la scena commovente della partenza degli oratoriani, alla sera della domeni­
ca: «Usciti di chiesa, sei dei più robusti facevano con le loro braccia una specie di
sedia, sopra cui era giocoforza che io mi ponessi a sedere... Procedevamo cantando
e ridendo fino al rondò... Fattosi profondo silenzio, io potevo augurare a tutti buona
sera e buona settimana».
DB 2,127
Giovani apprendisti in officina
Fin dall’inizio i primi ragazzi di cui Don Bosco si occupò erano giovani operai o ap­
prendisti o semplicemente immigrati delle campagne in cerca di lavoro. Procurava
loro un padrone e, appena potè, li ospitò nell’Oratorio, nei laboratori aperti da lui.
25
DB 2,128
Contratto di lavoro
Nell’archìvio salesiano si conservano alcuni contratti di apprendistato firmati dal da­
tore di lavoro, dall’apprendista e da Don Bosco nel 1851 e 1852. Son tra i più antichi
contratti per apprendisti firmati a Torino. Don Bosco, collocando i suoi primi giova­
ni a imparare un mestiere, si preoccupava di difenderli dai padroni non sempre onesti.
DB 2,129 I laboratori dei falegnami e dei fabbri
Appena potè, aprì per gli apprendisti i laboratori interni. Dopo i calzolai e i sarti
fu la volta dei legatori, poi dei falegnami e dei tipografi, finalmente dei meccanici.
Per i suoi laboratori, Don Bosco inventò una forma nuova di religiosi: i salesiani coa­
diutori, religiosi come i chierici e i preti, ma dedicati alle scuole professionali.
DB 2,130 Attestati di riconoscenza dei giovani a Don Bosco
In occasione della festa onomastica di Don Bosco, i giovani facevano capriole di fan­
tasia per esprimergli la propria riconoscenza. Ecco tre curiosi attestati: uno a forma
di cuore, un secondo a forma di cedola bancaria per «riscuotere 6 mesi di buona con­
dotta», un terzo a modo di fattura libraria che invece di libri elenca buoni propositi.
DB 2,131 La banda dell’Oratorio
«Un oratorio senza musica è un corpo senz’anima», diceva Don Bosco. Per i suoi gio­
vani escogitò mille modi per rallegrarli, e la banda fu tra i primi. Coltivava la musi­
ca strumentale e vocale come fontana dell’allegria dei suoi giovani. Voleva che i suoi
ragazzi suonassero, e mise nelle loro mani giovanissime gli strumenti musicali. Volle
che i suoi Salesiani si diplomassero in musica, per insegnare bene.
DB 2,132 II teatro, mezzo di educazione
Le feste dell’Oratorio erano rallegrate da splendide recite. Egli stesso scrisse soggetti
teatrali. (La diapositiva ne presenta tre, accanto a un programma teatrale). In un
articolo del regolamento, ricordò che lo scopo del teatro non è soltanto divertire, ma
educare e istruire i giovani.
DB 2,133 Scuola di canto
2 febbraio 1842. È la festa della Purificazione di Maria (allora festa di precetto). Ai
suoi primi 25'ragazzi Don Bosco ha insegnato a cantare una semplice lode della Ma­
donna, Lodate Maria. Durante la Messa la gente guarda meravigliata quei 25 «barabbotti» che cantano bene e con delicatezza. Da quel giorno la musica fu sempre
di casa nelle opere di Don Bosco: portava un’allegria di paradiso.
DB 2,134 Lettere di Don Bosco ai suoi ragazzi
Anche da lontano, Don Bosco viveva con il pensiero accanto ai suoi ragazzi. Scriveva
loro lettere affettuosissime. Il 16 agosto 1863, dal Santuario di Oropa, descrive le
meraviglie del Santuario e dei monti che lo circondano, ma aggiunge subito: «Ma
il mio cuore prova un vero rincrescimento: non vedo i miei cari giovani».
26
DB 2,135 Foto di Don Bosco tra i giovani
È la foto più bella di Don Bosco. È stata scattata nel 1861, e rappresenta al vivo la
realtà di quegli anni: i ragazzi si stringono intorno a Don Bosco, lo sentono loro ami­
co. Egli può scrivere con verità: «Io con voi mi trovo bene: è proprio la mia vita stare
con voi».
DB 2,136 Verbale di fondazione della Congregazione Salesiana e taccuino di Don Rua
In questo clima di famiglia Don Bosco si sceglie i primi aiutanti. Questa pagina di
taccuino di Michele Rua registra la nascita dei Salesiani: «La sera del 26 gennaio 1854
ci radunammo nella stanza di Don Bosco: esso Don Bosco, Rocchietti, Artiglia, Cagliero e Rua; e ci fu proposto di fare... una prova di esercizio pratico di carità...
Da tale sera fu posto il nome di Salesiani a coloro che si proposero... tale esercizio».
DB 2,137 Diciotto firme dei primi Salesiani
In questa pagina sono raccolte le firme dei primi 18 Salesiani che accettarono di unirsi
nella Congregazione Salesiana. Nella cronaca di Don Ruffino si legge: «L’11 giugno
1860 abbiamo sottoscritto le regole della Congregazione di San Francesco di Sales».
DB 2,138
Quadro di San Francesco di Sales
Fin dall’inizio, Don Bosco mise la sua opera sotto la protezione di san Francesco di
Sales. Il perché l’ha scritto lui stesso: «Perché questo nostro ministero esige grande
calma e dolcezza: ci siamo messi perciò sotto la protezione di san Francesco di Sales
perché ci ottenesse la sua straordinaria mansuetudine».
DB 2,139 Manoscritto delle Regole e prima stampa
Le Regole, che Don Bosco diede ai suoi Salesiani, furono ispirate da queste parole
di Pio IX: «Siano miti e di facile osservanza. La foggia del vestire, le pratiche di pietà
non vi facciano distinguere in mezzo al mondo. Ogni membro della Società sia un
religioso in faccia alla Chiesa e un libero cittadino nella civile società».
(Nella diapositiva una pagina manoscritta delle Regole e la stampa del 1860).
DB 2,140 Decreto di approvazione della Società Salesiana (1 ° marzo 1869)
La strada che Don Bosco dovette percorrere per l’approvazione della Congregazione
e delle sue Regole fu lunga e difficile. Il 1° marzo 1869 un decreto romano approvò
ufficialmente la Società Salesiana. (H documento è nella diapositiva). Solo il 3 aprile
1874, per intervento personale del Papa, furono approvate le Regole Salesiane.
DB 2,141 Foto dei Salesiani dell’Oratorio con Don Bosco (1870)
Questa foto del 1870 ritrae Don Bosco con 18 dei primissimi salesiani. Tra di essi
sono alcune colonne fondamentali della Congregazione. In prima fila, da sinistra,
sono Don Costamagna, Don Cagliero, Don Durando. Dopo Don Bosco si scorgono
Don Lazzero, Don Angelo Savio, i chierici Pellegrini, Barberis e Bertello.
27
DB 2,142
Salesiani coadiutori (religiosi laici)
Per i laboratori e le scuole professionali, Don Bosco inventò una nuova forma di reli­
giosi: i Coadiutori Salesiani. Egli disse loro nel 1883: «Voi non dovete essere chi lavo­
ra direttamente, ma chi dirige. Io ho tanto bisogno di avere molti che mi vengano
in aiuto in questo modo: non dovete essere servi ma padroni, non sudditi ma superiori».
DB 2,143 II forno del «Pane di Don Bosco»
Nei sotterranei del Santuario di Maria Ausiliatrice, nel 1868, fu inaugurata la panet­
teria dell’Oratorio. Sfornava ogni giorno settecento chili di pane. Don Bosco accom­
pagnava volentieri i visitatori in panetteria, faceva assaggiare il pane fresco e diceva:
«Questo ce lo manda giorno per giorno la Provvidenza» (MB 18, 251). Il mangiare
il pane di Don Bosco era sinonimo di farsi «salesiano».
DB 2,144 Alla sequela di Don Bosco
Nel sogno del pergolato di rose — racconta Don Bosco — «vidi uno stuolo di preti,
chierici, secolari, i quali mi dissero: “ Siamo tutti suoi. Siamo pronti a seguirla” ».
In questo quadro sono raffigurati questi uomini che ebbero fiducia in Don Bosco,
e nel suo nome lavorarono tra i giovani in ogni parte del mondo.
DB 2,145 II porticato e l ’edifìcio della tipografia
Il quinto laboratorio aperto da Don Bosco a Valdocco, il più desiderato, fu la tipo­
grafia. Don Bosco dovette armeggiare quasi un anno per ottenere l’autorizzazione
prefettizia. Fu accordata il 31 dicembre 1861.
DB 2,146 La composizione e la stamperia
Gli inizi fùrono modesti: due «ruote» fatte girare dai ragazzi con la forza delle brac­
cia. Ma, ancora vivente Don Bosco, quella tipografia divenne grandiosa e moderna,
tanto da competere con le migliori della città: quattro torchi, dodici macchine mosse
a energia, stereotipia, fonderia dei caratteri, calcografia.
DB 2,147 La casa Bellezza, ultimo acquisto di Don Bosco
Fin dai primi tempi dell’Oratorio, un elemento di disturbo era la «Giardiniera» cioè
la bettola frequentatissima di casa Bellezza. Specialmente d’estate si sentivano i can­
ti e le urla degli ubriachi. Per decine d’anni Don Bosco cercò di comprare quella ca­
sa, ma invano. Solo nel 1883, quando la proprietaria morì, egli potè acquistarla per
Fingente somma di lire 110 mila.
DB 2,148 Lettere di Don Bosco ai benefattori
Negli ultimi anni per le sue mani passarono somme ingentissime, colossali. Don Bo­
sco ricambiò questa generosità con una profonda riconoscenza. Migliaia di lettere,
che gli rubarono 0 sonno e la salute, furono da lui scritte a tutti i suoi benefattori,
al contadino, all’operaio che gli offriva 10 centesimi, al banchiere che gli spediva mi­
gliaia di lire.
28
DB 2,149 Benefattori e cooperatori di Don Bosco (i conti Callori)
Il dipinto, nella chiesa di San Francesco di Sales, raffigura i conti Federico e Carla
Callori di Vignale. La contessa Callori ebbe con Don Bosco una generosità straordi­
naria. Era l’ultima riserva a cui egli ricorreva nei casi «impossibili». Non ebbe mai
un rifiuto. Per questo Don Bosco la chiamò con delicatezza «mamma Callori».
DB 2,150 Biglietto della lotteria
Per radunare 30 mila lire che mancavano alla costruzione della chiesa di San France­
sco di Sales, Don Bosco nel 1851 organizzò per la prima volta una lotteria pubblica.
Lo spaccio dei biglietti gli costò molte umiliazioni, ma il successo fu notevole. E di
fare lotterie Don Bosco non smise più.
Nelle ultime lettere, scritte con mano incerta, raccomanderà ancora di «accettare un
blocchetto di biglietti per la mia lotteria».
DB 2,151 Lo sviluppo di Valdocco, vivente Don Bosco
Le cinque planimetrie presentano le successive espansioni dell’Oratorio durante la
vita di Don Bosco. Le ha pubblicate Don Fedele Giraudi, economo generale dei Sale­
siani, nel volume l’Oratorio di Don Bosco, accurata e reverente documentazione del­
la prima Opera Salesiana.
DB 2,152 Allievi ed exallievi illustri
Questo bel dipinto della chiesa di San Francesco di Sales raffigura san Domenico Sa­
vio, Michele Magone e Francesco Besucco, i tre ragazzi di cui Don Bosco scrisse la
biografia. Furono i primi di moltissimi giovani, che nelle case di Don Bosco vissero
intensamente la vita cristiana, fino ai vertici della santità.
DB 2,153
Testamento ai Salesiani: taccuino di Don Bosco
Gennaio 1884. Don Bosco non è più che l’ombra di se stesso. Sfinito eppure lucidissi­
mo, capisce che sta per lasciare i suoi giovani e i suoi Salesiani. E allora scrive il
suo testamento: su un piccolo taccuino di poveri ritagli messi insieme in legatoria.
Sono le pagine più intime e accorate di Don Bosco.
DB 2,154
Torino: monumento a Don Bosco (Cellini)
Gli exallievi salesiani, sparsi in tutto il mondo, sono milioni. Nel Congresso Interna­
zionale del 1911 essi vollero edificare a Don Bosco un grande monumento, segno di
riconoscenza. Fu inaugurato davanti al Santuario di Maria Ausiliatrice nel 1920. È
opera dello scultore Gaetano Cellini.
DB 2,155 La missione di Don Bosco (particolare del monumento)
In questo particolare del monumento è espresso il sorriso di Don Bosco, che faceva
scattare l’amicizia dei giovani. D sacrestano che aveva percosso Bartolomeo Garelli,
e che era stato rimproverato da Don Bosco, gli domandò seccato: «Ma a lei che gliene
importa?». Don Bosco rispose: «È un mio amico». La nuova tonalità che egli avrebbe
dato all’educazione si chiamava «amicizia».
29
DB 2,156 Don Bosco da Torino al mondo intero
Nelle giornate di vacanza, i giovani della Società deU’Allegria di Chieri partivano
per le colline di Superga. Fu in quelle passeggiate che Giovanni Bosco non solo vide,
ma visitò per la prima volta Torino. Essa sarebbe diventata il campo di azione che
la Provvidenza gli assegnava.
Qui avrebbe lottato fino alla morte per i giovani umiliati dall’ignoranza, dalla mise­
ria, dalla mancanza di Dio. E di qui avrebbe mandato i suoi Salesiani in tutto il mondo.
30
DON BOSCO E IL SUO AMBIENTE
DB/2 Tutto Valdocco
APOSTOLATO E CARISMI DI DON BOSCO
(Quarta unità sonorizzata)
DB 2,1
DON BOSCO E IL SUO AMBIENTE: Tutto Valdocco
Q - ITINERARI DI SALESIANITÀ:
APOSTOLATO - DEVOZIONE MARIANA - DON BOSCO SCRITTORE
DB 2,157
I pulpiti di Don Bosco
Presentiamo ora alcune immagini che concretizzano visivamente l’apostolato di Don
Bosco attraverso oggetti, luoghi e documenti storici.
In questo fotomontaggio sono abbinati due pulpiti: quello delle buone notti (ora nel
museo), che per anni era rimasto sotto il porticato testimone di mille e mille conver­
sazioni di Don Bosco con i suoi ragazzi, e quello della Basilica di Maria Ausiliatrice
dal quale Don Bosco pronunciava, per i giovani e per i fedeli, le sue prediche briose
e persuasive.
DB 2,158
Foto dì Don Bosco che confessa
Scattata nel 1861, questa foto di Don Bosco è tra le più belle ed efficaci, la Confessio­
ne fu uno dei suoi apostolati fondamentali. Confessò in tutte le situazioni: in chiesa
e per strada, al letto dei malati e a cassetta con i vetturini. Diceva ai suoi preti: «Se
dovete dire due parole dal pulpito, una ditela sulla Confessione».
DB 2,159 La Comunione frequente
Il secondo apostolato fondamentale di Don Bosco fu la Comunione frequente. Nel
suo Oratorio introdusse tra i ragazzi la Comunione quotidiana, quando essa era guar­
data da molti con sospetto. Diceva: «La base della vita felice di un ragazzo è la Co­
munione» (MB 14, 126).
DB 2,160 L ’esercizio della «buona morte»
Una volta al mese, Don Bosco voleva che i suoi giovani partecipassero a un ritiro
spirituale che chiamava «Esercizio della buona morte». Incoraggiava i giovani a con­
frontarsi con coraggio con questa decisiva realtà, alla luce della morte di Gesù. Nella
foto: un Crocifisso delle camerette davanti a cui meditarono Don Bosco e i suoi ragazzi.
31
DB 2,161
Lonzo: gli esercizi spirituali
Nel santuario di Sant’Ignazio sopra Lanzo Torinese, Don Bosco fece molte volte gli
Esercizi Spirituali. Appena potè, anche a Valdocco iniziò ad organizzare ogni anno
questi «Esercizi» per i ragazzi e per i Salesiani. Diceva: «Gli Esercizi Spirituali ci muo­
vono all’amicizia con Dio».
DB 2,162 Le compagnie religiose
Don Bosco suscitò sempre tra i suoi giovani il gusto di «fare il bene insieme». Il 12
aprile 1847 nacque la prima associazione delFOratorio, la Compagnia di San Luigi.
Negli anni 1855-1856 sorsero altre tre associazioni: la Compagnia dell’immacolata,
quella del SS. Sacramento e quella di San Giuseppe. La Compagnia dell’immacolata
fu fondata da san Domenico Savio per unire insieme i giovani migliori e trasformarli
in piccoli apostoli. (La nascita di questa Compagnia è raffigurata nel dipinto del Caffaro Rore).
DB 2,163 La parolina a ll’orecchio
La parolina all’orecchio era uno dei tanti segreti educativi di Don Bosco, capace del­
le più grandi trasformazioni di un giovane. Eccone alcune: «Come stai? E di anima
come stai?». «Pensa al giudizio di Dio». «Pensa a Dio e sarai più buono e contento».
Don Rua stava partendo per Mirabello, dove avrebbe aperto la prima casa salesiana
fuori Torino. Don Bosco gli raccomandò: «Procura di dire all’orecchio qualche affet­
tuosa parola, che tu sai».
DB 2,164 Lo sguardo di Don Bosco
Ciò che in Don Bosco colpiva prima di ogni altra cosa era il suo sguardo. «Dolce ma
penetrante — lo definisce un testimone. — Giungeva fino al cuore. Un suo sguardo
sorridente valeva un domanda, una risposta, un invito, un discorso intero».
DB 2,165 I sogni di Don Bosco
Il 6 giugno 1876, a Lanzo, Don Bosco ebbe uno di quei «sogni» che gli aprivano gli
occhi sul futuro e sull’aldilà. Vide Domenico Savio, morto 19 anni prima. Una tunica
candida gli scendeva ai piedi, una fascia rossa come il sangue gli cingeva i fianchi.
Parlò con lui e si sentì dire: «Sappi che Dio prepara grandi cose per la tua Congrega­
zione».
DB 2,166 Le vocazioni.- Seminario di Giaveno
Don Bosco diceva che venti ragazzi su cento hanno la vocazione religiosa. Farla ger­
mogliare o fallire dipende dall’atmosfera in cui vivono. Da parte sua, all’Oratorio
creò un’atmosfera intensa di religiosità sacramentale, mariana e papale. I frutti li
vedevano tutti. Gli anticlericali definirono Valdocco «la fabbrica dei preti». L’Arci­
vescovo gli affidò il seminario di Giaveno (nella foto) per far rifiorire le vocazioni.
DB 2,167 La devozione e l ’amore al papa
L’amore al papa rimase sempre un punto fisso nella mentalità cristiana di Don Bo­
sco. Lo diranno «più papalino del papa», e non avranno tutti i torti. Non era questione
32
di sole parole: per obbedire all’invito di un papa, Don Bosco brucerà gli ultimi tre
anni della sua vita. E i ragazzi assorbivano questa mentalità.
DB 2,168 II sistema preventivo
Molte volte qualcuno domandò a Don Bosco di spiegare in un libro il suo «sistema
di educazione» (che lui chiamava «preventivo»). Ci provò nel 1876, tirando giù un
abbozzo di 9 pagine. Ecco le parole centrali: «Questo sistema si appoggia tutto sopra
la ragione, la religione e sopra l’amorevolezza». Il fotomontaggio lo conferma e lo
testimonia.
DB 2,169 Don Bosco prega davanti alla Madonna
Don Giovanni Battista Lemoyne, principale biografo di Don Bosco, scrive: «Dopo
Gesù, il suo tenero amore era per la Madonna, di cui professava una devozione filia­
le che cercava di inculcare in tutti nelle prediche, in confessione, nei discorsi familia­
ri con una tenerezza che gli faceva trasparire dal volto il sentimento che riempiva
il suo cuore» (MB 2, 212).
DB 2,170
Santuario di Oropa
I santuari della Madonna furono sovente meta dei viaggi di Don Bosco.
Nel 1863 si recò a Oropa. Scrisse di là una commovente lettera ai suoi ragazzi: «Se
voi, miei cari, vi trovaste su questo monte, vi trovereste commossi. Chi ringrazia la
Santa Vergine, chi domanda di essere liberato da un male spirituale o materiale...
Ma in mezzo a tanta gente, provo un grande rincrescimento: non vedo i miei cari
giovani...».
DB 2,171 Benedizione di Maria Ausiliatrice e la medaglia della Madonna
Maria Stardero una bambina cieca, fu miracolosamente guarita per la benedizione
di Maria Ausiliatrice che Don Bosco le impartì nella sacrestia del Santuario a Tori­
no. Egli era riuscito a stabilire un rapporto di fede straordinario con la madre di
Dio. La gente veniva sempre più numerosa a ricevere quella che lui chiamava la «be­
nedizione di Maria Ausiliatrice».
Ma essa, con profonda intuizione, chiamava Maria Ausiliatrice «la Madonna di Don
Bosco». E il santo ripeteva: «Non è da me che dovete aspettarvi la benedizione ma
solo da Dio, mediante il potentissimo aiuto di Maria Ausiliatrice».
DB 2,172 Fioretti della Madonna ai giovani
Il 1° gennaio 1862, alla «buona notte», Don Bosco disse ai suoi ragazzi: «Che ne dire­
ste se la Madonna stessa dicesse a ciascuno di voi una parola per il nuovo anno? Eb­
bene, la cosa è appunto così. Venite in camera mia, e darò a ciascuno un biglietto».
Su un grande quaderno, accanto ai 573 nomi di ragazzi, Don Bosco aveva scritto
una frase adatta a ciascuno. A ritirare la «parola della Madonna» si presentarono
in 560. Tredici striscioline sono ancora nel quaderno.
33
DB 2,173
Immagini di Maria Ausiliatrice con giaculatoria
19 dicembre 1887. Le forze cominciano ad abbandonare Don Bosco. Il segretario lo
prega di scrivere qualche parola su alcune immagini della Madonna che manderà
ai Cooperatori. Don Bosco risponde: «Volentieri». È un gesto che ha compiuto per
tutta la vita. La prima frase che scrive è: «O Maria, otteneteci da Gesù la sanità del
corpo, se essa è bene per l’anima, ma assicurateci la salvezza eterna».
DB 2,174 Don Bosco scrittore al suo tavolo
Nell’ottobre 1845, Don Bosco pubblica la «Storia Ecclesiastica ad uso delle scuole».
È il primo dei libri scolastici che scriverà per i suoi ragazzi, strappandoli al sonno,
alla luce della lampada a petrolio, appuntandoli in fretta con una scrittura impossi­
bile. Ognuno sarà non un capolavoro, ma un atto di amore per i suoi ragazzi.
DB 2,175
«Storia Sacra» e «Storia Ecclesiastica»
La «Storia Ecclesiastica», a cui segue la «Storia Sacra» (1849) non è una opera scien­
tifica: nessuno dei libri di Don Bosco lo sarà. È invece un’opera popolare, adatta
alla mente semplice e alla cultura modesta dei suoi ragazzi. Parla dei Papi, dei fatti
più luminosi della Chiesa, traccia il profilo dei Santi, descrive le opere di carità che
fioriscono in ogni tempo nel popolo di Dio.
DB 2,176
Il «Giovane Provveduto»
Accanto ai libri scolastici, Don Bosco trova il tempo di scrivere moltissimi altri libri
e fascicoli: vite di Santi, libri di lettura divertente, manuali di preghiera e di istruzio­
ne religiosa. Il best seller è «Il giovane provveduto per la pratica dei suoi doveri».
Vivente Don Bosco, se ne pubblicarono milioni di copie. Era una scelta di riflessioni,
preghiere e canti adatti ai giovani.
DB 2,177
Vite di giovani modello: Savio, Magone, Besucco
Don Bosco ebbe nell’Oratorio dei ragazzi splendidi, veri «piccoli santi». Tre di essi
morirono a distanza di pochi anni l’uno dall’altro: Domenico Savio, Michele Mago­
ne, Francesco Besucco. Egli ne scrisse le biografie, perché diventassero modelli di
altri giovani. Ebbero un’efficacia straordinaria, e ancor oggi sono letti con interesse
e commozione.
DB 2,178
«Storia d ’Italia»
Nel 1855 Don Bosco pubblicò il suo libro più impegnativo, la «Storia d’Italia raccon­
tata alla gioventù». Ebbe crìtiche feroci dagli anticlericali, e lodi entusiaste in campo
cattolico. Il celebre Nicolò Tommaseo scrisse: «Ecco un libro modesto che gli eruditi
degneranno forse appena di uno sguardo, ma che può nelle scuole adempiere gli uffi­
ci della storia meglio assai di certe opere celebrate».
DB 2,179 Le «Letture Cattoliche»
Nel 1848, Carlo Alberto concesse «parità di diritti civili» ai protestanti e agli ebrei.
Subito dopo i Valdesi lanciarono una campagna di proselitismo, con tre giornali e
34
molti libri a prezzi popolari. Rispondendo ad un appello dei Vescovi, Don Bosco fon­
dò allora le «Letture Cattoliche»: libretti mensili di stile semplice, di contenuto reli­
gioso, a prezzi popolarissimi. Il successo fu straordinario.
DB 2,180 II «Bollettino Salesiano»
Don Bosco volle una «terza famiglia salesiana», quella dei Cooperatori. Dovevano
essere «Salesiani nel mondo». Creò uno strumento che servisse a tenerli uniti tra loro
e con il centro delle Opere Salesiane. Fu il Bollettino Salesiano. Questo modesto fa­
scicolo mensile (uscito nell’agosto 1877) penetrò e penetra ancora dovunque, guada­
gnando moltissimi amici a Don Bosco e alle sue opere.
35
DON BOSCO E IL SUO AMBIENTE
DB/2 Tutto Valdocco
VALDOCCO OGGI
(Prima unità non sonorizzata)
DB 2,1 DON BOSCO E IL SUO AMBIENTE:
Tutto Valdocco
I - L’ORATORIO A VALDOCCO:
IL SOGNO DIVENTA REALTÀ
DB 2,2 Casa Pinardi
(dipìnto del Crida sotto il porticato)
Casa Pinardi aveva la facciata rivolta a mez­
zogiorno. L ’abitazione era composta di un
pian terreno e di un piano superiore, entram­
bi molto bassi. Misurava 20 metri di lunghez­
za e 6 di larghezza, quasi 7 di altezza.
A metà circa della facciata si apriva una stret­
ta porta d’ingresso, e accanto era fissata al
muro una vasca di pietra con una pompa che
gettava acqua fresca e abbondante.
La casa aveva una dozzina di stanze; un bal­
latoio di legno correva lungo tutta la facciata.
Dietro questa abitazione era appoggiata la tet­
toia trasformata in cappella.
Accanto alla casa Pinardi, sul lato est, c’era
un poverissimo locale composto di due vani
uguali: uno adibito a stalla, poi trasformata
in stanza, l’altro era una legnaia con sopra un
fienile. Su questo fienile, una sera di aprile
Don Bosco mise a dormire alcuni poveri ra­
gazzi, i quali il mattino seguente se la svigna­
rono portandosi via le lenzuola.
36
DB 2,3 L ’attuale Cappella Pinardi
Mamma Margherita si mise subito all’opera,
cantando e scherzando sulla povertà dell’Oratorio (cf MB 2, 529).
Le sue prime attenzioni andarono alla cappel­
la, bassa, disadorna, priva di tutto. Per prov­
vederla di paramenti, non esitò ad usare il suo
corredo di sposa, che aveva conservato gelo­
samente anche nei momenti più difficili della
sua vita ai Becchi (cf MB 2, 529; 534s; cf an­
che 1, 37; 75s).
Oggi la Cappella Pinardi, tesoro della Congre­
gazione, è rivestita di marmi e arricchita di
lapidi che richiamano incontri con uomini ce­
lebri ed eventi storici, mentre sullo sfondo del­
l’altare gotico domina una tela di Cristo risor­
to per ricordare la Pasqua del 1934, anno della
gloriosa e trionfale canonizzazione del Santo.
DB 2,4 Statua della Consolata,
nella cappella Pinardi
Gradatamente la cappella diventò più bella e
accogliente. E non poteva mancarvi una sta­
tua della Madonna Consolatrice, così cara al
cuore dei giovani di Don Bosco.
Egli comprò questa bella statua per 27 lire e
la collocò a destra dell’entrata. Per anni gli
oratoriani la portarono in processione nella fe­
sta della Vergine (cf F. GIRAUDI, L ’oratorio
di Don Bosco, p. 73s).
Nella cappella è ritornata la primitiva imma­
gine della Consolata messavi da Don Bosco.
I
DB 2,5
Mamma Margherita
Dopo una gravissima malattia, Don Bosco an­
dò a fare la convalescenza ai Becchi, lascian­
do i ragazzi alle cure di Don Borei. Se i giova­
ni non potevano vivere senza Don Bosco, an­
ch’egli non era contento di stare lontano da
loro.
Appena fu ristabilito, il 3 novembre 1846 ri­
partì alla volta di Valdocco. Lo accompagna­
va mamma Margherita, che aveva accettato
di condividere col figlio le difficoltà e le spe­
ranze della nuova opera.
La generosità degli amici e l’affetto dei giova­
ni fece sembrare meno dura la vita in quelle
stanzette dove mancava assolutamente tutto
(cf MB 2, 519-523; 527s; 530s).
Deciso a dare ricovero ai ragazzi che non ave­
vano più famiglia, in dicembre Don Bosco af­
fittò tutta la casa Pinardi e aprì l’ospizio.
DB 2,6 La finestra attraverso la quale
spararono a Don Bosco
All’Oratorio il numero dei giovani era in co­
stante ascesa. Ma anche i nemici di Don Bo­
sco aumentavano di numero e di aggressivi­
tà, soprattutto a motivo delle sue pubblicazioni
in difesa della fede.
Una domenica sera della primavera 1848 un
malvivente tentò di freddarlo con una schiop­
pettata mentre faceva catechismo nel coro del­
la cappella Pinardi. La pallottola forò il vetro
della finestra, passò tra il braccio e il fianco
sinistro e andò a conficcarsi nel muro. I gio­
vani ne furono terrorizzati. Don Bosco ci rise
sopra, come se si fosse trattato di uno scherzo
innocente (cf MB 3, 300-302). La lapide sul
muro ricorda questo fatto.
DB 2,7 Mappa dell ’Oratorio dal 1847 al 1851
Tra il 1847 e il 1851 l ’Oratorio comprendeva
i fabbricati e i terreni segnati in verde. Vedia­
mo brevemente le varie parti.
A: la tettoia adattata a cappella.
B: la casa Pinardi che Don Bosco prese gra­
dualmente in subaffitto da Pancrazio Soave (cf
MB 2,470; 540). Lì abitava con mamma Mar­
gherita; faceva la scuola serale e il catechismo,
e cominciò un tentativo di ospizio (cf MB 3,
206; 207; 209; 211; 337-343).
C e D: cortili dei giochi e delle ricreazioni.
E: l’orticello in cui mamma Margherita si in­
dustriava a coltivare ortaggi vari che più vol­
te furono devastati dalle incursioni di alcuni
giovani (cf MB 1, 541; 3, 439).
F: prato in cui qualche volta «traboccavano»
le ricreazioni.
DB 2,8 Disegno della casa Pinardi
e delle successive costruzioni
19 febbraio 1851 Don Bosco acquistava dal Pinardi la casa e i terreni circostanti (cf MB 4,
246). Immediatamente diede mano ai lavori
per realizzare quanto aveva visto nei «sogni».
Il 13 giugno dell’anno seguente già veniva
inaugurata la chiesa di San Francesco di Sales (cf MB 4, 440) e subito dopo si iniziava la
costruzione di un Ospizio per i trenta giovani
alloggiati provvisoriamente nella vecchia ca­
sa Pinardi (cf MB 4, 472-474).
DB 2,9 Ala del primo fabbricato
eretto accanto alla casa Pinardi
Don Bosco aveva per anni vagheggiato di sta­
bilire le scuole interne nell’Oratorio, come pu­
re laboratori propri dove i giovani potessero
imparare un mestiere.
Dopo l’inaugurazione della nuova chiesa si ac­
cinse alla costruzione di un nuovo edificio. A
chi chiedeva dove avrebbe preso i soldi, ri­
spondeva con piena fiducia: «Il Signore cono­
sce i nostri bisogni e ci aiuterà» (cf MB 4,474).
La costruzione del nuovo edificio fu quanto
mai tribolata. Don Bosco, povero in canna,
aveva scelto un costruttore che si accontenta­
va di poco e faceva peggio.
Di fatto il 20.11.1852 un ponte dei muratori
si ruppe e trascinò nella caduta una parte dei
muri del terzo piano. Poi ¡11° dicembre, nel­
la notte, il pavimento del terzo piano inzup­
pato di pioggia crollò trascinandosi giù quelli
sottostanti. L’indomani mattina, mentre gli in37
gegneri del comune compivano il debito so­
pralluogo, caddero anche i muri perimetrali
e fu un miracolo se nessuno ci lasciò la pelle.
La rovina era completa e la casa tutta da ri­
fare (MB 4, 508-516).
A primavera del 1853 i lavori furono ripresi,
e nell’ottobre Don Bosco si affrettò a occupa­
re con i suoi ragazzi l’edificio ultimato. Ma
non bastava ancora...
DB 2,10 La fontana presso il porticato
Questa fontana, che veniva a trovarsi allora
al centro della costruzione eretta sulla casa Pinardi, fu testimone di molti episodi della vita
dell’Oratorio.
Era il punto strategico dell’Oratorio. In quei
tempi la colazione consisteva nella famosa pa­
gnotta distribuita sulla porta della chiesa. I
giovani correvano presso la pompa dell’acqua
a divorarla e quindi si spargevano per il
cortile.
D. Bosco consigliava questo posto di osserva­
zione ai salesiani che avevano difficoltà di di­
sciplina tra i giovani. Così aveva anche detto
a Don Vespignani: «Vada alla pompa... e si
faccia amico di tutti» (G. VESPIGNANI, Un
anno alla scuola di Don Bosco, pp. 44, 64).
Essa tra l’altro è ricordata per una famosa fra­
se detta da D. Bosco al suo caro discepolo di­
venuto sacerdote e grande missionario, Don
Luigi Costamagna: «Vedi D quella pompa?...
Ebbene, o caro Luigi, io avrei bisogno che es­
sa gettasse marenghi».
Ma il Signore gli fece trovare tanti benefatto­
ri che gli offrirono i «marenghi» necessari, la­
sciando che la fontana continuasse a disseta­
re i suoi giovani.
DB 2,11
II porticato e le scritte bibliche
Nel nuovo fabbricato e in quello progettato al
posto della casa Pinardi, Don Bosco ricavò un
lungo porticato, come si vede nella diapositi­
va; nelle lunette degli archi e sui pilastri fece
scrivere da Pietro Enria, a grossi caratteri,
delle massime e frasi bibliche che richiama­
vano ai giovani e ai visitatori le cosa più ne­
38
cessaria e importante: la propria salvezza
eterna.
Sotto il medesimo porticato, al posto della pri­
mitiva e storica cappella Pinardi, diventata
dormitorio e poi studio, più tardi trovò posto
il refettorio di D. Bosco e dei Salesiani.
DB 2,12 La statua di Maria Immacolata
Il porticato fu prolungato sotto l’ex casa Fi­
lippi, nei successivi adattamenti, e al fondo,
nella parete est, fu collocata degnamente la
statua di Maria Immacolata, che si trovava in
una nicchia del muro che divideva le due pri­
mitive sacrestie della Basilica.
Si è ricavato, così, un angolo di rispetto, im­
preziosito da un cimelio storico: la statua di
Maria Immacolata, venerata da Don Bosco e
dai primi Salesiani.
L - LA CHIESA
DI SAN FRANCESCO DI SALES
DB 2,13 La chiesa di San Francesco di Sales
Il 19 febbraio 1851 Don Bosco aveva compe­
rato casa Pinardi. Un mese dopo, una sera di
marzo, disse alla mamma:
«Ora voglio che innalziamo una chiesa in ono­
re di san Francesco di Sales».
«Dove troverai i soldi, se non ne abbiamo per
titare avanti la baracca e sfamare i giovani che
la Provvidenza ci manda?».
«Voi, se ne aveste, me li dareste?».
«Certo!».
«E allora volete che il Signore non ce li man­
di?» (cf MB 4, 255).
E subito affidò all’ing. Blanchier l ’incarico di
preparargli il disegno. Contemporaneamente
affidava la costruzione all’impresario Federi­
co Bocca, dicendogli: «Vorrei che fra un an­
no fosse finita».
Ai muratori promise un barilotto di vino ogni
sabato se avessero lavorato di lena e senza be­
stemmiare (cf MB 4,260). E potè sostenere la
grossa spesa con la generosità di sei vescovi,
a cui aveva chiesto aiuto (cf MB 4 , 267s), e con
una grandiosa lotteria di 3251 oggetti (cf ivi,
314-345).
Come segno di riconoscenza a Dio, Don Bo­
sco donò metà dei proventi della lotteria alla
«Piccola Casa» del Cottolengo.
La foto ci presenta la facciata della chiesa, che
dava sulla via della Giardiniera, allora fian­
cheggiata da una fila di gelsi. Se ne vede an­
cora uno (ora anch’esso scomparso come tut­
ti gli altri) (cf MB 2, 539). Una sera d’inver­
no, su uno di quei gelsi, trovò scampo un gio­
vane, rincorso dal padre con un’accetta per­
ché non voleva che andasse all’Oratorio di Don
Bosco (cf MB 2,571). Su questa via era il por­
tone verde che dava nel cortile dell’Oratorio
(cf MB 5, 532).
DB 2,14 L ’intemo della chiesa
al tempo di Don Bosco
Alla posa della prima pietra, una marea di
gente si unì ai 600 ragazzi che frequentavano
allora l ’Oratorio. Padre Barrera, in un ma­
gnifico discorso, paragonò la posa della pri­
ma pietra al granello di senape presso il qua­
le trovano rifugio moltissimi ragazzi (cf MB
4, 576-578).
Mancavano ancora porte e finestre quando av­
venne il terribile scoppio della polveriera
(26.4.1852). La chiesa resistette. Misurava 28
metri di lunghezza e 11 di larghezza. A con­
fronto della povera tettoia, ai ragazzi doveva
sembrare una cattedrale.
L’inaugurazione avvenne il 20 giugno 1852, fe­
sta della Consolata. Vi partecipò anche la
guardia nazionale (cf MB 4, 440s).
il 30 luglio 1860, e, il 15 giugno 1862, Don Cagliero e Don Francesia. Don Cafasso pagò le
spese del pulpito e un altro quelle dell’orche­
stra, sopra la quale fu collocato un piccolo
organo.
DB 2,16 La balaustra di legno
A questa balaustra di legno, oggi conservata
nel museo presso le «Camerette», i ragazzi di
Don Bosco si inginocchiavano per fare la co­
munione attingendo forza per la loro vita cri­
stiana di quei primi tempi dell’Oratorio.
Ma un giorno nessuno si presentò. Don Bo­
sco, che era sceso dall’altare con la pisside in
mano, risalì i gradini deluso e amareggiato.
Fu allora che Domenico Savio s’impegnò con
un gruppo di compagni a fare in modo che
ogni mattina ci fosse sempre alla balaustra un
buon numero di comunioni (cf MB 5, 478). I
visitatori, entrando in chiesa in un giorno
qualsiasi durante la Messa, chiedevano quale
festa si celebrasse vedendo tante comunioni.
Ricordiamo che si era in tempi in cui la co­
munione si faceva abbastanza raramente.
DB 2,17 II retro altare
Questa chiesa conobbe gli slanci di pietà e di
fervore di molti ragazzi come Gavio, Besucco, Magone e soprattutto Domenico Savio.
Qui, un giorno, Don Bosco trovò il Savio in
estasi, sollevato dal pavimento. Aveva una ma­
no appoggiata al leggìo dell’antifonario e l’al­
tra sul petto con la faccia rivolta al taberna­
colo. Quel giorno Domenico era mancato a co­
lazione, a scuola e a pranzo. L ’estasi era du­
rata sei ore. Al tocco di Don Bosco si scosse,
e chiese se era già finita la Messa. Don Bosco
gli fece vedere l’orologio: erano le 14 passate.
DB 2,15 L ’altare maggiore
Molti benefattori concorsero a corredare la
nuova chiesa. L’altare maggiore fu dono del
dottor Vallauri (cf MB 4,429). A questo alta­
re, una mattina Don Bosco moltiplicò le ostie
consacrate perché tutti i ragazzi potessero fa­
re la comunione (cf MB 3, 441). Allo stesso al­
tare celebrò la prima Messa Don Michele Rua,
DB 2,18 Pulpito e altare della Madonna
ai tempi di Don Bosco
Qui vediamo il pulpito, provveduto, come ab­
biamo già detto, da Don Cafasso a sue spese.
Di lì Don Bosco educava i giovani ad una se­
ria vita cristiana con la sua predicazione sem­
plice e persuasiva. L’altare della Madonna,
39
che vediamo nella cappella, fu fatto costruire
dal marchese Fassati, che donò pure i cande­
lieri di bronzo e poi anche la statua.
DB 2,19 II pulpito in legno donato dal Cafasso
Da questo pulpito, che ora si trova nel museo
storico di Valdocco, per oltre dieci anni Don
Bosco tenne ogni domenica l’istruzione ai ra­
gazzi. Raccontava la storia della Chiesa, la vita
dei papi, destando in loro viva attenzione e
ammirazione per la Chiesa e per il Vicario di
Cristo. Dice la cronaca che anche le guardie,
mandate a vigilare sui giovani, ascoltavano
con profitto le istruzioni di Don Bosco; anzi
una domenica tra gli ascoltatori ci fu perfino
il ministro Urbano Rattazzi.
Dallo stesso pulpito Domenico Savio ascoltò la
celebre predica che gli rimase fortemente im­
pressa: «È facile farsi santi: Dio vuole tutti
santi!». E subito andò da Don Bosco per chie­
dergli come doveva fare.
DB 2,20 Altare della Madonna rinnovato
Don Bosco sapeva rimpire il cuore dei giova­
ni di una profonda devozione mariana. Molti
di essi sacrificavano anche parte della ricrea­
zione per recarsi a pregare davanti al suo al­
tare. Mamma Margherita colse più volte Do­
menico Savio davanti alla statua della Madon­
na, solo o circondato da compagni. Un gior­
no disse a Don Bosco: «Tu hai tanti giovani
buoni, ma nessuno eguaglia la bellezza del cuo­
re e dell’anima di Savio».
Dinanzi a questo altare, l’8 giugno 1856, no­
ve mesi prima della morte, Domenico, con un
gruppo di amici, leggeva il regolamento da lui
compilato con la guida di Don Bosco per isti­
tuire la Compagnia dell’immacolata. Il qua­
dro del pittore Caffaro Rore rappresenta lo
storico episodio.
DB 2,21 Altare di San Luigi
Don Bosco aveva dedicato un altare a san Lui­
gi nella cappella di sinistra, e il comm. Giu­
seppe Dupré lo aveva fatto erìgere in marmo,
abbellendo anche la cappella. San Luigi era
40
proposto a tutti i giovani come modello di ca­
rità e di purezza. La sua festa, preceduta dal­
la pratica delle «sei domeniche» in suo onore,
era celebrata con grande solennità. Priori della
festa erano di solito persone importanti della
città. Il conte Cays di Caselette lo fu per due
volte. Un anno vi parteciparono anche i fra­
telli Gustavo e Camillo Cavour.
Sulla parete a lato dell’altare sono raffigurati
tre campioni di cui Don Bosco scrìsse la vita:
Domenico Savio, Michele Magone, Francesco
Besucco.
DB 2,22 Interno della chiesa oggi
In questa chiesa Don Bosco stimolò il sorgere
delle Compagnie religiose, che ebbero un
grande influsso sui giovani.
Quella di san Luigi sorge nel 1851, quella del­
l’immacolata nel 1856, quella del SS. Sacra­
mento nel 1857 e quella di san Giuseppe nel
1859.
In questa chiesa si formarono alla pietà e al­
l’apostolato schiere innumerevoli di giovani e
moltissimi Salesiani. Anche oggi, rinnovata e
arricchita di marmi e quadri che rievocano i
tempi di Don Bosco, rimane il centro e il cuo­
re dell’Oratorio di Valdocco.
DB 2,23 Porta secondaria,
che ricorda la moltiplicazione dei pani
Qui era l’antica porta laterale dalla quale usci­
vano i ragazzi. Presso di essa, nel novembre
del 1860 Don Bosco operò il prodigio della
moltiplicazione delle pagnotte, che distribuì a
circa 400 ragazzi, mentre il canestro non ne
conteneva che una ventina.
DB 2,24 Chiesa di San Francesco
vista dal cortile
Verso la fine del 1852 e all’inizio del 1853, fu
costruito 0 modesto campanile che sorge ac­
canto alla chiesa. Il conte Cays lo fornirà di
una campana che per molti anni scandì con
i suoi squilli i momenti della giornata dei ra­
gazzi. In occasione della beatificazione di Don
Bosco (1929) fu rifusa e resa più squillante.
Ancora oggi, dal cortile e dalle camerette di
Don Bosco, possiamo contemplare questo sto­
rico lembo di Valdocco.
M - IL PALAZZO
DELLE CAMERETTE DI DON BOSCO
DB 2,25 II porticato
con il pulpito della «buona notte»
In una nicchia sul fondo del porticato fu col­
locata una statua della Madonna, davanti al­
la quale i ragazzi recitavano le preghiere del­
la sera inginocchiati sul pavimento. Dopo l ’e­
same di coscienza, Don Bosco saliva sul pul­
pito che qui vediamo e dava loro la «buona
notte» con un breve sermoncino che commen­
tava i fatti del giorno.
Qualche volta però si dilungava: preannuncia­
va avvenimenti straordinari, la morte di qual­
che alunno, narrava sogni profetici. Restò me­
morabile la «buona notte» in cui denunciò pub­
blicamente sei alunni che erano di scandalo a
tutti gli altri, tra un silenzio di tomba inter­
rotto solo dallo scoppio di pianto dei colpevo­
li. Sembrava il giudizio universale.
DB 2,26 La lapide che ricorda il cane Grigio
A metà del fabbricato si trovava l’unica sca­
la, esistente ancora oggi, ma rifatta, che por­
tava ai piani superiori e alla camera di Don
Bosco. Ai piedi di essa una lapide ricorda un
misterioso cane, detto il Grigio, che una sera
del novembre 1854, dopo aver salvato Don Bo­
sco da due malfattori, lo accompagnò all’Oratorio fermandosi presso questa scala. Già al­
tre volte, in caso di pericolo, Don Bosco si era
trovato a fianco questo cane veramente for­
midabile che sembrava un lupo: muso allun­
gato, orecchie dritte, alto un metro, e pelo gri­
gio, per cui veniva chiamato «il Grigio».
Don Bosco subì diversi attentati, ma sempre
ne uscì incolume grazie anche alla protezione
del «Grigio», il robusto mastino che compari­
va sempre al momento opportuno. Nessuno
seppe mai chi fosse il suo padrone, né da do­
ve venisse. Ma non è difficile intuirne la pro­
venienza.
A intervalli, il «Grigio» comparve nella vita
di Don Bosco per circa trent’anni... (cf MB
4, 710-718; 7, 135; 8, 488s; 10, 386; 16,
36s.432; 18, 8.869).
DB 2,27 Don Bosco,
mamma Margherita e il cane «Grigio»
Alle pareti che conducono alle camerette di
Don Bosco è stato felicemente collocato il qua­
dro che raffigura Don Bosco e mamma Mar­
gherita con il famoso «Grigio».
L’allievo Carlo Tomatis ci ha lasciato una nota
al riguardo: «La prima volta che entrò all’Oratorio e lo videro, i ragazzi rimasero impau­
riti: chi voleva batterlo, chi prenderlo a sas­
sate; ma intervenne Buzzetti che disse: — È
il cane di Don Bosco! —. Allora lo accarezza­
rono e lo accompagnarono da Don Bosco che
era in refettorio a cena con alcuni chierici e
preti e con sua madre. A quella vista inaspet­
tata rimasero tutti sbigottiti, ma Don Bosco
li rincuorò e disse: — Non temete, è il mio Gri­
gio, lasciatelo venire —. Di fatto il cane, com­
piendo un largo giro intorno alla tavola, si recò
vicino a lui tutto festoso». Don Bosco continua
la narrazione: «Allora lo accarezzai e gli of­
frii la minestra, pane e pietanza; ma egli ri­
fiutò tutto. Anzi, non volle nemmeno fiutare
queste offerte e, continuando a dare segno di
compiacenza, appoggiò il capo sulla mia to­
vaglia, come volesse parlare e darmi la buo­
na sera».
DB 2,28 II cane Grigio difende Don Bosco
(dipinto)
Nella sacrestia della basilica un quadro del pit­
tore Crida illustra un intervento del Grigio.
Don Bosco scendeva da via della Consolata
verso il Cottolengo, quando fu assalito da tre
malfattori che tentarono di ucciderlo. Solo
l’intervento del Grigio riuscì a salvarlo (MB
4, 711-718).
41
DB 2,29 II porticato dì casa Pinardi
e casa Don Bosco
Dopo la costruzione del 1853, demolita la vec­
chia casa Pinardi Don Bosco innalzò un nuo­
vo edificio a tre piani, e volle che il pian ter­
reno, a mezzogiorno, fosse un ampio portica­
to, per offrire ai giovani la possibilità di un
luogo riparato per la ricreazione durante la
cattiva stagione e nelle giornate piovose. Ec­
co un magnifico scorcio del lungo porticato,
sul quale si aprivano i tre primi laboratori.
DB 2,30 II palazzo delle camerette
Nel costruire la prima parte del nuovo ospi­
zio, Don Bosco aveva progettato anche un
braccio di fabbricato che doveva prolungarsi
verso mezzogiorno, parallelamente alla nuo­
va chiesa. Era a corpo semplice e consisteva
in tre stanze contigue alle quali si accedeva dal
balcone esterno che correva lungo tutto il fab­
bricato (cf MB 4, 472s).
La prima stanza, che faceva angolo con il ri­
manente corpo di fabbrica, venne occupata da
tre giovani aiutanti di Don Bosco. La seconda
serviva da biblioteca, e qui era lo scrittoio di
Don Rua. La terza, che aveva una finestra vol­
ta a mezzogiorno, sempre al secondo piano,
fu scelta da Don Bosco come sua abitazione.
Nel 1985 nel sottostante cortile, già orto di
mamma Margherita, è stato eretto un monu­
mento al beato Don Rua.
DB 2,31
II ballatoio che porta alle camerette
Tutte le volte che Don Bosco usciva dalla sua
camera per scendere ne.i cortili, percorreva
questo ballatoio tra le grida festanti dei ragaz­
zi. Oggi il ballatoio è tutto ornato di fiori, qua­
si a richiamare con venerazione il sogno del
pergolato di rose piene di spine che Don Bo­
sco immaginava di percorrere con i suoi ra­
gazzi (cf MB 3, 32). Le spine erano le incom­
prensioni e le perquisizioni. Per ben undici
volte, infatti, egli subì certe «visite domicilia­
ri» che lo stesso ministro Rattazzi aveva defi­
nito violazioni della legge.
42
Su questo ballatoio talvolta montavano la
guardia i giovani più grandi, come Cagliero,
Reviglio e Buzzetti, per impedire l’accesso al­
la camera di Don Bosco di individui sospetti.
Al piano terra vi era l’orto di mamma Mar­
gherita (cf MB 2,541), più volte devastato dal­
le animatissime ricreazioni dei ragazzi guida­
ti dal bersagliere Brosio (cf MB 3, 439)
DB 2,32 Altra veduta del ballatoio
Sul ballatoio Don Bosco conduceva gli ospiti
illustri perché potessero contemplare la ma­
rea di ragazzi che giocavano nel cortile sotto­
stante. Di qui il Santo si affacciava per parte­
cipare ai loro giochi, parlare con loro e tal­
volta lanciare manciate di caramelle.
In questo cortile, il pomeriggio del 13 aprile
1980, sostò a benedire i ragazzi il papa Gio­
vanni Paolo II. A non pochi Salesiani venne
forse in mente che, in tempi politicamente dif­
fìcili, Don Bosco dal ballatoio dirigeva la gin­
nastica dei giovani e li disponeva in modo che
dall’alto si potesse leggere: VIVA IL PAPA!
DB 2,33 La facciata a sud
del palazzo delle camerette
Il 16 luglio 1860, Don Bosco aveva comperato
casa Pinardi. Il 12 aprile 1861 il municipio
concedeva l’autorizzazione di ampliamento. Si
raddoppiò il braccio di fabbricato parallelo al­
la chiesa di san Francesco, verso il lato est delle
camerette. Si ricavò a piano terra un ampio
porticato. Al primo piano si ottenne un vasto
salone; al secondo piano una stanza per la bi­
blioteca e a sud-est una nuova camera: quella
che Don Bosco occupò per 22 anni. Nel sotto­
tetto si ricavarono soffitte abitabili e si otten­
ne anche un vasto dormitorio (cf MB 6, 935).
Nel 1862 si prolungò l’edificio delle cameret­
te con un’aggiunta verso il cortile. Don Bosco
fece innalzare da Buzzetti un portico con pi­
lastri che sostenevano un terrazzo a volte.
Chiusi gli spazi tra pilastro e pilastro, si rica­
vò una bella sala che si trasformò in tipogra­
fia, e poi in fonderia di caratteri (cf MB 8,
116). Sul terrazzo si collocarono vasi di fiori
e la terra necessaria per piantare alcune viti.
Il 16 ottobre 1876 la costruzione fu innalzata
di altri due piani, e allora Don Bosco volle che
le viti fossero trapiantate in terra ai piedi del
nuovo edificio. Così al secondo si ricavarono
altre due stanzette: una servì più tardi da ca­
mera da letto, e in essa morì Don Bosco; l’iatra fu convertita in cappella. Inoltre si ricavò
una galleria con quattro ampie finestre verso
mezzogiorno, ombrate dalle viti (cf MB 12,
375).
DB 2,34 Statua della Madonna
sul nuovo ampliamento
Il 15 maggio 1861, quando già si era fissato
il contratto di ampliamento e raddoppio del­
l’area delle camerette, nella notte scoppiò con
formidabile fragore un fulmine che penetrò
nella camera di Don Bosco mettendo tutto in
disordine e scaraventando lui stesso sul pavi­
mento (cf MB 6, 939-943).
Dopo il solenne «Te Deum» di ringraziamen­
to in San Francesco per lo scampato pericolo,
molti consigliarono di mettere un parafulmi­
ne sulla casa. «Sì — rispose Don Bosco — vi
collocheremo la statua della Madonna». Com­
pletato l’edificio, l’8 dicembre Buzzetti pre­
parò un ponte che raggiungeva la statua. Don
Bosco salì a benedirla ed esortò i giovani ad
avere sempre fiducia nella protezione della
Madonna. Poi intonò il «Lodate Maria, o lin­
gue fedeli...», che i ragazzi proseguirono con
un coro entusiasta (cf MB 6, 946). Ancora og­
gi la statua è là a ricordare che la Madonna
veglia sui suoi figli.
Poco più in basso la facciata è rivestita da un
intreccio di viti che in autunno offrono pro­
fumati grappoli d ’uva. Don Bosco li coglieva
con gioia per offrirli ai suoi figli e ai benefat­
tori.
DB 2,35 Altra veduta generale
del palazzo delle camerette
Gli studenti e gli artigiani delFOratorio da
ogni punto dei loro cortili potevano scorgere
le stanze ove dimorava l’amato padre. A li­
vello del cortile, sul lato destro, è posta una
lapide che dice: «Qui per vent’anni veniva col­
locato il palco sul quale sedeva Don Bosco, at­
torniato da benefattori e personalità, quando
l’Oratorio, il 24 giugno, festeggiava il suo ono­
mastico...». Si celebrava così quella che fu
chiamata «festa della riconoscenza», perché
era soprattutto l’espressione commossa e ri­
conoscente di tutti i ragazzi verso colui che per
loro fu veramente un padre (cf MB 6, 22).
DB 2,36 Veduta generale delle camerette,
«cuore» di Valdocco
Varcato l’ingresso dell’Oratorìo, lo sguardo
corre al palazzo delle camerette, che si inol­
tra nei cortili staccandosi dalle altre costru­
zioni. Ai suoi piedi, nella parte di cortile che
un tempo era l’orto di mamma Margherita,
sorge ora il monumento a Don Bosco. Lo scul­
tore Celimi lo ritrae nell’atteggiamento sere­
no che gli era abituale. Sembra che voglia fa­
re un passo avanti per scendere ancora in mez­
zo ai suoi figli. Con le mani dolcemente rac­
colte in gesto di riposo, ha sulle labbra un sor­
riso di bontà, quel sorriso che, ricercato e at­
teso come premio e segno di amicizia, infon­
deva nei cuori la gioia e la pace (cf F. GIRAUDI, L ’Oratorio di Don Bosco, p. 148).
DB 2,37 La prima camera
abitata da Don Bosco dal 1853 al 1861
«Fatta la casa per il Signore, è necessario pre­
pararne una per i suoi figli», diceva Don Bo­
sco nel 1852. «Dunque, mettiamoci all’opera!».
Mentre costruiva il corpo principale, lungo 40
metri e largo 11,65, prolungava un braccio a
levante, lungo metri 12,50 e largo metri 6, a
corpo semplice, che consisteva in tre stanze
successive. Nell’ottobre del 1853, dalla casa Pinardi passò ad abitare nella terza cameretta
al secondo piano.
Per otto anni, dal 1853 al 1861, essa fu ad un
tempo il suo studio, la sala di ricevimento e
la camera da letto (cf MB 3, 25). Vi si accede­
va percorrendo il lungo ballatoio dell’edificio,
salendo per la piccola scala centrale.
43
In questa stanza Don Bosco fu minacciato di
morte nel gennaio 1854 (cf MB 4, 628). Qui
scrisse molte delle sue operette morali e apo­
logetiche per confermare il popolo nella fede.
Qui, nell’autunno 1854, Domenico Savio, al
suo arrivo a Valdocco, leggeva le parole scritte
su un cartello appeso alla parete: «Da mihi animas, coetera tolle». Don Bosco gliene spiegò
il significato e subito il giovinetto commentò:
«Ho capito, qui non si fa negozio di denaro,
ma di anime. Spero che la mia anima faccia
parte di questo commercio». Qui scoppiò il ful­
mine già ricordato (cf MB 6, 938s; 943).
In questa stanza Don Bosco gettò le basi della
Società di San Francesco di Sales. Qui iniziò
nel 1855 la compilazione delle «Regole» della
Società che aveva in mente di fondare (cf MB
5, 693). Qui ebbero luogo altri fatti di gran­
dissima importanza:
— 26 gennaio 1854: i primi figli di Don Bo­
sco vengono chiamati Salesiani (cf MB 5, 9).
— 25 marzo 1855: il chierico Michele Rua
emette i primi voti annuali (cf MB 5,213), imi­
tato poco dopo da Don Alasonatti.
— 8 dicembre 1856: Don Bosco annuncia con
visibile commozione che è giunto il momento
di dare forma alla «Società Salesiana» (cf MB
6, 334). Il 26 maggio 1860 vi subì una vergo­
gnosa perquisizione.
DB 2,38 La seconda camera
abitata da Don Bosco per 27 anni
Durante la sistemazione della casa Filippi, si
provvide a raddoppiare il braccio del fabbri­
cato parallelo alla chiesa di san Francesco di
Sales; al secondo piano si ricavò un’altra stan­
za che, per quasi 27 anni, fu l’ufficio e la ca­
mera da letto di Don Bosco (cf MB 5, 675).
Qui passò molte notti seduto al tavolino lavo­
rando e studiando. Alcune notti furono tur­
bate da manifestazioni diaboliche o contrassegnate da sogni e da visioni misteriose (cf MB
3, 28-30; 5, 694).
Quanta gente entrò in questa camera: pove­
ri, ammalati, infelici, ed anche illustri perso­
naggi del clero e del laicato. Nell’autunno del
44
1883, il giovane professore Don Achille Ratti
venne a visitare Don Bosco, e si intrattenne
alquanto a Valdocco. Salito al pontificato col
nome di Pio XI, dichiarò beato e santo Don
Bosco (cf MB 16, 320).
Dopo la morte del Santo, questa stanza servì
per 22 anni da ufficio e da camera da letto a
Don Rua. Egli dormiva sopra il povero diva­
no che di notte si convertiva in letto.
DB 2,39 Fotografia di Don Bosco
nella sua seconda stanza
Questa storica fotografìa presenta Don Bosco
al suo tavolo di lavoro. È evidente la povertà
e la semplicità di questa stanza, che raccoglie
tante memorie del Santo. I giovani potevano
sempre entrare liberamente. Qui alcuni di lo­
ro furono riconciliati con Dio; altri matura­
rono nei colloqui col Santo la loro vocazione.
Qui Don Bosco asciugò lacrime, accolse segre­
ti, consolò afflitti, compì miracoli con la sua
benedizione.
DB 2,40 Stanza adibita a cappella
nel gennaio 1886
All’edificio già esistente venne fatta un’aggiun­
ta verso il cortile sul lato sud, e si ottennero
ancora due stanze: una fu adibita a cappella,
nell’altra Don Bosco passò gli ultimi mesi della
sua vita.
D cardinale Alimonda benedisse la cappella il
29 febbraio 1886 nella festa di san Francesco
di Sales. Don Bosco celebrava qui l’Eucaristia
con edificante pietà. L’ultima volta fu il 14 di­
cembre 1887. Da quel giorno potè soltanto più
fare la comunione.
DB 2,41 La veranda
dove Don Bosco passeggiava o confessava
La costruzione del 1876-1877 terminava al pia­
no delle camerette di Don Bosco con una lun­
ga galleria che si estendeva per tutta la lar­
ghezza della casa, con quattro porte a vetrate
volte a mezzogiorno che guardavano nel cor­
tile. Don Bosco volle che fossero ombrate da
viti. Negli ultimi anni soleva passare qui lun-
ghe ore seduto in confessionale, o passeggia­
va per un po’ di sollievo.
pra il letto, serviva da richiamo in caso di ne­
cessità.
DB 2,42 Una finestra della veranda
con grappoli d ’uva
DB 2,45 La scrivania della camera
Da una porta-finestra aperta sulla veranda
scorgiamo un balconcino ombrato da viti ri­
gogliose e adorne in autunno di profumati
grappoli di uva. Ogni anno Don Bosco la re­
galava ai ragazzi delle scuole superiori o a
qualche benefattore. Talvolta i ragazzi, in at­
tesa di confessarsi, piluccavano qualche aci­
no o coglievano qualche grappolo.
Nel 1886 volle ritardare la vendemmia perché
vi potesse partecipare mons. Cagliero, che era
in viaggio dalFAmerica verso l’Italia. Fu una
gioia per Don Bosco vederlo gustare con altri
suoi figli quei saporiti grappoli.
DB 2,43 La camera dove morì Don Bosco
il 31 gennaio 1888
In questa stanza venne trasportato il letto di
Don Bosco negli ultimi mesi della sua vita. Il
20 dicembre 1887 egli sedette per l’ultima vol­
ta al piccolo tavolo e scrisse consigli e invoca­
zioni dietro ad alcune immagini di Maria Ausiliatrice. Ecco una delle più note: «In fin di
vita si raccoglie il frutto delle opere buone».
Qui, il 29 gennaio, festa di san Francesco di
Sales, ricevette l’ultima comunione come Via­
tico.
La camera era arredata con poveri mobili do­
nati da benefattori, che Don Bosco non rin­
novò mai: un lettino di ferro, lo scrittoio, un
piccolo tavolino, un divano stravecchio, un
rozzo scaffale per conservare vecchie carte.
DB 2,44 Particolare della camera
Lungo la parete est della camera, accanto al
letto, vi erano il catino e la brocca dell’acqua
per lavarsi; sul comodino una bottiglia d’ac­
qua, un bicchiere e una candela.
Una rustica scaletta di legno aiutava le sue
gambe ganfie a salire e scendere dal letto. Un
campanello a muro, la cui fune scorreva so­
Gli serviva da scrittoio una modesta scrivania,
che restò sempre senza tappeto e panno. Un
piccolo piano rialzato serviva per riporvi i li­
bri e la corrispondenza.
Una carrellata sul tavolo per cogliere alcuni
oggetti che gli appartenevano: un vecchio
mappamondo, che gli richiamava l’esistenza
di tanti popoli ancora infedeli contemplati in
sogno, e anche tanti suoi figli missionari, spar­
si un po’ ovunque, ai quali pensava costantemente. La candela, alla cui luce scrisse per
molte ore della notte fino a rimanere quasi cie­
co; una lettera posata sul tavolo, a testimonia­
re il lavoro incalcolabile a cui si sobbarcava
ogni giorno per scrivere a giovani, a Salesia­
ni, a benefattori, al re, ai vescovi, al papa e
ad altre innumerevoli persone.
DB 2,46 Divano e scrittoio mobile
Su questo vecchio divano sedeva per riposar­
si e per dare udienze. A volte vi veniva acco­
stato un piccolo leggìo o scrittoio mobile, in
modo che potesse scrivere più comodamente.
DB 2,47 II letto in cui morì Don Bosco
Su questo letto si spense quel cuore che aveva
palpitato sempre e unicamente per Dio e per
i suoi ragazzi.
Il 27 e 28 gennaio 1888 fu un continuo vaneg­
giare. Nel pomeriggio del 28 mormorò a Don
Bonetti, che gli era accanto: «Dite ai miei ra­
gazzi che li aspetto tutti in paradiso» (cf MB
18, 333).
Nella giornata del 29 i medici lo trovano gra­
vissimo. Al medico, dottor Fissore, che gli pro­
spettava la possibilità di qualche miglioramen­
to, mormora: «Domani, domani... farò un
lungo viaggio».
Il 31 gennaio, verso le 2, Don Rua inizia le pre­
ghiere degli agonizzanti. Poi dice: «Don Bo­
sco, siamo tutti qui, noi suoi figli. Ci dia la
45
sua benedizione ancora una volta. Io le con­
durrò la mano e pronuncerò la formula».
Mons. Cagliero dice ad alta voce: «Gesù, Giu­
seppe e Maria, spiri in pace con voi l’anima
mia» (cf ivi, 441s).
Alle 4,30 il respiro si spegne: il figlio fedele
entra nella casa del Padre.
DB 2,48 II seggiolone della veranda
e foto di Don Bosco morto
Nella galleria, seduta su questa poltrona, ven­
ne collocata la salma di Don Bosco, rivestita
degli abiti sacerdotali. Nella mano destra gli
fu posto il crocifisso che teneva durante
l’agonia.
Per tutto il pomeriggio i suoi figli sfilarono di­
nanzi a quella salma pregando, baciandole la
mano e bagnandola di lacrime.
Nelle prime ore del 1 ° febbraio la salma ven­
ne trasportata nella chiesa di san Francesco
di Sales. L’afflusso dei visitatori durò dal mat­
tino alla sera, ininterrottamente (cf ivi, 544).
I funerali ebbero luogo il 2 febbraio, e il 6 la
salma fu tumulata nel sepolcro preparato a
Valsalice, sulla collina torinese (cf ivi, 557s).
N - IL MUSEO STORICO DI DON BOSCO,
A VALDOCCO
sufficiente a ridarle fiducia e coraggio (cf MB
4,233).
I figli di Don Bosco conservano gelosamente
il crocifisso che stette nelle mani del Padre fi­
no alla morte.
DB 2,50 L ’altare dell’estasi
Poco prima del 1877 era stato collocato nel­
l’anticamera un armadio-altare. Don Bosco vi
celebrava qualche volta la Messa. Coloro che
vi assistevano erano convinti di aver visto la
Messa di un santo.
A questo altare, nel dicembre 1878, mentre ce­
lebrava, fu veduto in estasi, sollevato per al­
cuni istanti dalla predella (cf MB 13, 897). Nel
1886 l’altare-armadio fu trasportato nella sa­
crestia della chiesa di Maria Ausiliatrice; l’an­
no seguente fu affidato alla custodia delle suo­
re di Moncrivello che lo tennero fino al 1939,
quando fu riportato nelle camerette di Don
Bosco.
DB 2,51 Calice, messale e paramenti
sull ’altare
Ecco in una devota cappellina il piccolo alta­
re con il calice, la pianeta, il leggìo e il messa­
le, come se Don Bosco vi debba celebrare an­
cora la Messa. Sono gli stessi oggetti da lui usa­
ti e con i quali oggi i sacerdoti qui celebrano
l’Eucaristia.
DB 2,52
DB 2,49 II crocifisso
che Don Bosco teneva fra le mani alla sua morte
Durante l’agonia, Don Lemoyne suggerì a Don
Bosco: «Pensi a Gesù in croce che non poteva
neanche muoversi». Don Bosco rispose: «È
quello che faccio sempre!».
La mamma l’aveva abituato fin da fanciullo
a vivere alla presenza di Dio, richiamata dal­
l’immagine di Gesù crocifisso appesa in tutte
le stanze. A sua volta, a mamma Margherita
che, stanca e sfiduciata, voleva lasciare Valdocco e tornare alla sua casetta ai Becchi, Don
Bosco indicò silenziosamente il Crocifisso. Fu
46
Talari e pianete usate da Don Bosco
Nel museo storico di Valdocco sono conserva­
ti gli indumenti sacri e quelli personali usati
da Don Bosco. Sono in genere di modesta con­
fezione, e per lo più dono di benefattori. In­
dumenti poveri, ma sempre puliti e ordinati
(cf MB 3, 24; 5, 676). Quando qualche perso­
na ragguardevole gli regalava abiti più fini o
più eleganti, regolarmente li passava ad altri
confratelli. Un giorno, dovendo partire im­
provvisamente, si dovette cercare in prestito
una veste che fosse meno lisa e rattoppata di
quella che indossava. Altrettanto capitò con
le scarpe, e perfino con le stringhe!
DB 2,53 II confessionale di Don Bosco
Don Bosco fu il grande apostolo della confes­
sione. Passava ore e ore seduto al confessio­
nale ad accogliere giovani e altri penitenti che
accorrevano attratti dalla sua fama di santo
(cf MB 3, 73). Talvolta si stancava tanto da
non riuscire ad alzare più la mano per assol­
vere.
Questo confessionale, povero e disardorno, è
stato testimone di tante trasformazioni. Dap­
prima era situato nella piccola sacrestia della
cappella Pinardi, poi fu collocato nel coro della
chiesa di san Francesco di Sales, infine nell’an­
tica sacrestia di Maria Ausiliatrice.
DB 2,54 Le nocciole,
a ricordo delle moltiplicazioni
Le «memorie Biografiche» raccontano vari fat­
ti strepitosi di Don Bosco aH’Oratorio. Tra
questi la moltiplicazione delle nocciole.
La signora Nicolini gli aveva regalato un sac­
chetto di nocciole, e il 13 dicembre 1885 egli
ne aveva distribuito una parte ai ragazzi. Ven­
ti giorni dopo, il 3 gennaio, si fece portare
quelle rimaste e riprese la distribuzione. Il
chierico Festa gli fece osservare che non sa­
rebbero bastate per tutti. Don Bosco gli rispo­
se: «Lascia fare a me». E cominciò a distribuir­
le con molta larghezza. In quel momento ar­
rivavano 40 cantori che erano stati a Valsalice. Li fece salire e ne distribuì anche a loro
(cf MB 18, 16).
Il 31 gennaio con le nocciole rimaste fece una
uguale distribuzione. Dopo averne dato a tut­
ti, guardò il ragazzo che teneva il sacco: «Oh,
eccone ancora una!», e sorridendo ne estras­
se ancora una manciata. Ne diede a Don Du­
rando, a Don Trione, a Mazzola e a Bassignana... Tutti erano stupiti. Allora, introdotta la
mano nel sacco, trasse altre cinque nocciole,
e mostrandole disse sorridendo: «Peccato che
alcuni giovani non c’erano!». Dal gruppo, in­
fatti, mancavano proprio cinque ragazzi.
Sparsasi la voce, tutti andavano a caccia di
quelle nocciole (cf Ivi, 21s). Il fatto fu ricor­
dato anche da mons. Cassani a Torino nel
1957 (cf Don Bosco, ti ricordiamo, Elle Di Ci,
p. 56).
DB 2,55 Portamonete di Don Bosco
e otto soldi del suo tempo
Don Bosco ebbe sempre bisogno di tutto e di
tutti: da ragazzo per studiare, e da prete an­
cor di più. Diceva: «Ci vorrebbe denaro in
quantità per dare il pane e il vestito ai giova­
ni che la Provvidenza ci manda, per costruire
case, scuole, laboratori, per erigere chiese, per
diffondere la buona stampa e i buoni libri...».
Allora usciva per la città in cerca di benefat­
tori.
A chi lo incontrava per le vie e gli chiedeva
dove andasse, Don Bosco rispondeva: «Vado
alla cerca per i miei merlotti!» (cf (cf MB 4,
8s).
Alcune volte usciva senza sapere dove andare
0 a che porta bussare e si imbatteva in perso­
ne che lo cercavano per dargli un’offerta o
consegnare una somma, proprio quella che gli
occorreva.
Affermava Don Cagliero: «Don Bosco prova­
va in sé una lotta inesprimibile, quando do­
veva presentarsi a stendere la mano. Ma per
1suoi giovani era disposto a tutto: salire le sca­
le dei palazzi, bussare alla porta dei ricchi, ri­
cevendo tante volte ripulse e dinieghi e anche
insulti. Allora con il più dolce sorrìso rispon­
deva: “ Questo è per me; ma per i miei giova­
ni non mi dà proprio niente?” ».
La diapositiva presenta il povero borsellino di
Don Bosco, con 40 centesimi, ossia gli otto sol­
di del suo tempo, che egli diede come «strepi­
toso acconto» a Buzzetti, per la costruzione
della chiesa di Maria Ausiliatrice.
DB 2,56 II cappello e i bastoni da viaggio
La diapositiva mostra il cappello, e i bastoni
da viaggio che alcuni benefattori avevano re­
galato a Don Bosco quando le gambe gonfie
non lo reggevano più. Allora se ne serviva vo­
lentieri.
Questi oggetti ci richiamano i moltissimi viaggi
47
che Don Bosco fece a piedi, in carrozza, in tre­
no. Non furono mai viaggi di piacere, ma fa­
tiche estenuanti per cercare denaro, per sbri­
gare faccende riguardanti la sua opera, le dio­
cesi e i vescovi, per il bene della Chiesa, per
visitare il papa che talora lo invitava a Roma
per consultarlo. E poi ancora per ottenere
l’approvazione della Congregazione, delle Re­
gole, per costruire chiese, per aprire nuove
fondazioni, per visitare i suoi figli.
La sua salute e i medici stessi sconsigliavano
questi viaggi massacranti; difatti più di una
volta dovette fermarsi ad Alassio e a Varazze, presso vescovi o famiglie di benefattori, per
motivi di salute.
Si recò in Spagna e più volte in Francia, ele­
mosinando di città in città per circa quattro
mesi, dal 31 gennaio al 31 maggio 1883, rag­
giungendo anche Parigi.
DB 2,57 Oggetti raccolti sulla mensa
dopo la morte di Don Bosco
Queste stoviglie, di buona fattura, sono anch’esse dono di benefattori.
Durante la sua ultima malattia, Don Bosco vol­
le che fossero pronte sulla mensa al suo po­
sto, e quando veniva qualche benefattore o
amico a trovarlo lo invitava a sedere lì a tavo­
la, in segno di stima e di riconoscenza. Così
fece con Giorgio Moglia di Moncucco, figlio
del padrone presso cui aveva lavorato da
ragazzo.
La mensa di Don Bosco fu sempre molto fru­
gale e povera (cf M B 3, 25). All’inizio mam­
ma Margherita faceva cuocere una pentola di
minestra di verdura, oppure di castagne bian­
che mescolate con mais. Questa pentola ritor­
nava in tavola fin che non si fosse toccato il
fondo. Capitava a volte che qualche invitato,
terminata la cena, correva a casa di qualche
amico... a sfamarsi!
DB 2,58 II suo passaporto
La fama del «prete dei ragazzi» si estese ben
presto anche fuori del Piemonte. Nel 1850 Don
Bosco fu invitato a predicare il giubileo ai ra­
48
gazzi dell’Oratorio San Luigi, nella parrocchia
di San Simpliciano in Milano, dove era diret­
tore Don Allievi, suo caro amico.
A quei tempi Milano era sotto la dominazio­
ne austriaca, per cui era necessario il passa­
porto. Ecco quello di Don Bosco: un foglio
grande come una pagina di giornale, con lo
stemma di «Sua Maestà il Re di Sardegna, di
Cipro e di Gerusalemme». A lato i connotati,
che ci aiutano a ricostruire il suo ritratto.
«Età: anni 35; statura: once 38, cm 164; ca­
pelli: castani scuri; fronte: media; sopracci­
glia: castane; occhi: idem; faccia: ovale; car­
nagione: bruna; condizione: maestro di scuo­
la elementare» (cf MB 4, 171).
DB 2,59 Le sue «Memorie»
La prima volta che Don Bosco andò a Roma,
nel 1858, Pio IX volle essere informato su tut­
to il suo apostolato. Udita da lui un’esposizio­
ne circostanziata dei fatti, comprese che vi era­
no elementi soprannaturali, e gli raccoman­
dò di scrivere tutto e di conservare lo scritto
come patrimonio per i suoi figli. Don Bosco
lasciò trascorrere nove anni senza eseguire la
raccomandazione (cf M B 1, 121s).
Nel 1868 il Papa volle sapere se avesse scrit­
to. Don Bosco si scusò. Allora il Papa ripre­
se: «Quand’è così, lasciate ogni altra occupa­
zione e scrivete. Questa volta non è un consi­
glio, ma un comando. II bene che ne perverrà
ai vostri figli, voi non potete intenderlo pie­
namente».
Don Bosco scrisse allora le «Memorie per l’Oratorio», dove narra le origini e i principali
avvenimenti della sua fondazione, dal 1815 al
1855. L’originale autografo, conservato nel­
l’archivio storico di Roma, consta di tre gros­
si quaderni di largo formato, di complessive
180 pagine. Nel «preambolo» l’Autore affer­
ma di scrivere «per i miei carissimi figli Sale­
siani, con proibizione di dare pubblicità a que­
ste cose sia prima che dopo la mia morte». Fu
questo il motivo per cui le «Memorie» furono
pubblicate soltanto nel 1946, quando la proi­
bizione di Don Bosco non aveva più alcun va­
lore perché, come Santo, è passato alla storia
della Chiesa.
DB 2,60 La prima statua di Maria Ausiliatrice
venerata a Valdocco
Questa che vediamo, in legno dorato, fu la pri­
ma statua di Maria Ausiliatrice venerata nel­
la chiesa che porta il suo nome.
A Don Cagliero Don Bosco aveva detto: «La
Madonna vuole che la onoriamo sotto il titolo
di Ausiliatrice. I tempi corrono così tristi che
abbiamo bisogno che la Vergine ci aiuti a con­
servare e a difendere la fede cristiana».
Don Bosco fu l’infaticabile apostolo della de­
vozione alla Madre di Dio sotto il titolo di Au­
siliatrice, tanto che oggi essa è detta popolar­
mente «la Madonna di Don Bosco».
La storica statua era conservata nel museo del­
le camerette. Don Renato Ziggiotti, quinto
successore di Don Bosco, dietro ripetute istan­
ze dei figli di Don Orione, l’affidò alla loro cu­
stodia quale riconoscimento del legame esi­
stente tra i Salesiani e il loro Fondatore, che
era stato allievo di Don Bosco e che è stato di­
chiarato beato da Giovanni Paolo II il 26 ot­
tobre del 1980.
DON BOSCO E IL SUO AMBIENTE
DB/2 Tutto Valdocco
LA BASILICA DI MARIA AUSILIATRICE
(Seconda unità non sonorizzata)
DB 2,1 DON BOSCO E IL SUO AMBIENTE:
Tutto Valdocco
O - LA BASILICA
DI MARIA AUSILIATRICE
DB 2,61 Prima fotografia
della chiesa di Maria Ausiliatrice
con scorcio di San Francesco
Fin dall’ottobre del 1844, con l’aumentare dei
ragazzi, Don Bosco veniva sfrattato da un po­
sto all’altro, dai prati e dalle stesse strade, e
vagava in cerca di un locale. Gli apparve la
Madonna in sembianze di una pastorella e gli
disse: «Guarda... guarda un’altra volta...». E
Don Bosco guardò di nuovo: allora vide una
stupenda e alta chiesa. Nell’interno di essa c’e­
ra una fascia bianca, su cui, a caratteri cubi­
tali, era scritto: «Hic domus mea, inde gloria
mea». Alla sua richiesta di spiegazioni: «Tu
comprenderai ogni cosa quando vedrai di fatto
quanto ora vedi con la mente».
Nel 1845 fu confortato da un’altra visione: una
grandissima chiesa, molti edifici all’intorno e
un bel monumento in mezzo. E l ’apparizione
aggiunse: «In questo luogo io voglio che Dio
sia onorato in modo specialissimo». Con atto
notarile del 20 giugno 1850, Don Bosco aveva
acquistato dal seminario il terreno che com­
prendeva una striscia di terra, da lui stesso
chiamata «campo dei sogni».
50
Una sera del 1862, verso le undici di notte, do­
po avere a lungo confessato nella chiesa di san
Francesco di Sales, scese a far cena nel picco­
lo refettorio, e al chierico Paolo Albera (il fu­
turo secondo successore) confidava: «La no­
stra chiesa è troppo piccola, non può conte­
nere tutti i giovani che vi stanno addossati l’un
l’altro. Quindi ne fabbricheremo un’altra più
bella, più grande, che sia magnifica e le dare­
mo il titolo di chiesa di Maria Ausiliatrice».
DB 2,62 La basilica e la primitiva piazza
L’impresa fu affidata al capomastro Buzzetti, su progetto dell’ing. Antonio Spezia. Nel
maggio del 1863, Don Bosco diede ordine al­
l’economo Don Savio di iniziare i lavori di sca­
vo. Ma si erano già spese 4.000 lire per la com­
pera del terreno e la provvista del legname per
la cinta. Don Savio osservò che si era comple­
tamente privi di mezzi e la chiesa era molto
grande. Don Bosco rispose con la solita sicu­
rezza: «Comincia a fare gli scavi. Quando mai
abbiamo cominciato un’opera avendo i dena­
ri pronti? Bisogna lasciar fare qualcosa alla
Provvidenza!».
Questa foto ci presenta la chiesa ultimata; con
la piazza antistante ben delimitata da muret­
ti; mentre si scorge a sinistra della facciata l’e­
dificio della tipografia.
DB 2,63 La basilica con fedeli
agli inizi del ’900
La massa di fedeli che parteciparono alla con­
sacrazione della chiesa fu imponente, e i tori­
nesi continuarono a frequentarla con assidui­
tà e fervore. Consideravano la chiesa di Don
Bosco come la loro chiesa, man mano che la
devozione a Maria Ausiliatrice si estendeva.
La foto è del primo novecento, e tra i fedeli
in costume del tempo si scorge anche una del­
le prime auto che si costruirono a Torino.
DB 2,64 La basilica col mercato sulla piazza
L’Oratorio era sorto fuori città, sperduto nei
prati della periferia, tra poche case e per lo
più malfamate. Don Bosco, come attratto da
una calamita, continuava ad aggirarsi coi suoi
ragazzi attorno al campo dei sogni che la Ma­
donna gli aveva più volte indicato.
Nella visione gli aveva mostrato tre chiese che
dovevano sorgere in quel luogo: una «piccola
e bassa» (la tettoria-cappella Pinardi, 1846);
una «assai più grande» (la chiesa di san Fran­
cesco di Sales, 1852); infine una chiesa «gran­
dissima», che sarà intitolata a Maria Ausilia­
trice (1860; cf MB 7, 333; 371; 373).
Nel 1862 Don Bosco non possedeva ancora il
terreno, non aveva il progetto di un architet­
to; ma era tanta la sua fiducia nella futura
chiesa che la descriveva come se la contemplas­
se: «Sarà una chiesa alta e stupenda» (1844);
«grandissima» (1845). A chi gli faceva notare
che era troppo grande e fuori città, e a chi gli
consigliava di temporeggiare, rispondeva con
fermezza: «Sento che il tempo stringe e che Dio
vuole la chiesa e la vuole da m e... E qui ver­
ranno molti a invocare la potenza di Maria».
La foto che vediamo ci mostra il compimento
della profezia. Allora Don Bosco ripeterà a
tutti: «Maria si è edificata da sola la sua ca­
sa... Di mio non ci ho messo proprio nulla».
La città cominciava a stringere d’assedio la cit­
tadella di Valdocco.
soprattutto dalle grazie straordinarie che Ma­
ria Ausiliatrice otteneva (cf MB 9, 240s).
Entrando dalla porta maggiore, capolavoro in
legno del torinese Oddone, la chiesa si presen­
ta con tutta la grandiosità voluta da Don
Bosco.
È a forma di croce latina. Il pavimento è alla
veneziana; i pavimenti degli altari laterali han­
no l’aspetto di mosaici. Il pulpito, addossato
al pilastro di destra, è maestoso: sculture e in­
tagli sono opera dei ragazzi artigiani dell’Oratorio. In fondo, il grande presbiterio con pa­
vimento di marmo, simile a un ricco tappeto.
Ma 0 più importante elemento della chiesa è
il grande dipinto sovrastante l’altare maggio­
re, alto metri 7,30 e largo 4, che raffigura Ma­
ria Ausiliatrice tra gli apostoli.
DB 2,66 La cappella di San Pietro
Nella crociera a destra, vi era l’altare dedica­
to a san Pietro. Era stato offerto a Don Bosco
da una matrona romana per grazia ricevuta.
Il quadro, opera dell’artista milanese Carcano, rappresentava Gesù Cristo nell’atto di
consegnare le simboliche chiavi del regno dei
cieli a Pietro, inginocchiato ai suoi piedi. A
questo altare Don Bosco celebrava volentieri
la Messa, e un giorno moltiplicò le ostie.
Dopo la canonizzazione di Don Bosco, l’alta­
re fu dedicato a lui, e quello di san Pietro ven­
ne collocato in una nuova cappella, sotto l’am­
pia sacrestia. Fu posto sotto un baldacchino
marmoreo, riccamente decorato nella volta,
ai cui lati pendono lampade votive. Dietro l’al­
tare, una vetrata a colori rappresenta il mar­
tirio di san Pietro, il quale, secondo la tradi­
zione, fu crocifisso col capo in giù per suo stes­
so desiderio.
DB 2,65 Interno della basilica
DB 2,67 La cappella di Solutore, Avventore,
Ottavio e di Sant’Anna
D giorno della consacrazione (9.6.1868) fu pre­
ceduto da una solenne novena, che vide un
grande afflusso di popolo, di vescovi e di au­
torità. La gente era attratta dalla grandiosità
delle cerimonie, dall’incanto della musica, ma
Nella cappella a destra della navata principa­
le era l’altare di sant’Anna, il più ricco per
preziosità di marmi, lavorati in Roma dall’ar­
tista Luigi Medici.
Fu inviato a compimento di promessa fatta e
51
di grazia ricevuta. Il quadro, che rappresen­
tava sant’Anna con san Gioacchino e la ver­
ginella Maria in atto di leggere, era stato ese­
guito dal pittore Fino Tornielli.
Qualche anno dopo i restauri del 1890 fu por­
tato nella cappella della Casa Salesiana di
Lombriasco, e sostituito col quadro dei Santi
Martiri Solutore, Avventore e Ottavio, e sot­
to un quadro di sant’Anna.
DB 2,68 La cappella di San Francesco di Sales
L’altare nella cappella a sinistra era dedicato
ai Sacratissimi Cuori di Gesù e di Maria. Ope­
ra dell’artista torinese Bonetti, era stato pro­
mosso da un Comitato di benemerite signore
di Torino, come testimonia la lettera circola­
re di Don Bosco del 24 maggio 1867.
Nel 1891, ricorrendo il primo cinquantenario
dell’Opera Salesiana, il santuario fu restau­
rato e decorato, e il Successore di Don Bosco
volle che questa cappella fosse dedicata a san
Francesco di Sales con un nuovo e ricco alta­
re. Il quadro è del Reffo, artista torinese. Lo
dipinse nel 1893. Il Santo è rappresentato in
ginocchio, con la penna in mano, lo sguardo
fisso al Crocifisso e all’immagine della Vergi­
ne da cui attende l’ispirazione per scrivere.
Sulle pareti laterali due affreschi: il Santo è
raffigurato mentre predica e mentre visita una
tipografia, essendo egli il protettore dei gior­
nalisti e della stampa.
La volta fu dipinta dal Rollini nel 1874: ap­
partiene adunque alla decorazione fatta per
il primo altare. Sul globo del mondo è posato
un ostensorio raggiante col SS. Sacramento;
tra una corona di angeli adoranti è rappresen­
tato l’Arcangelo Michele che scaccia e disper­
de l’errore e l’eresia.
DB 2,69 La vecchia sacrestia
Dietro l’abside ai lati del coretto erano siste­
mate le due sacrestie, le cui pareti erano rico­
perte di ex-voto che i fedeli venivano a depor­
re come segno di grazie ricevute.
Nella prima sacrestia Don Bosco aveva posto
il suo confessionale, sempre affollato di peni­
52
tenti durante le funzioni. In essa compì alcu­
ni strepitosi miracoli con la benedizione di Ma­
ria Ausiliatrice (G. B. LEMOYNE, Vita di S.
G. Bosco, II, p. 129).
DB 2,70 La chiesa di Maria Ausiliatrice
come la costruì Don Bosco
«Chiesa veramente miracolosa, questa di Ma­
ria Ausiliatrice: miracolosa per essere stata
mostrata molto tempo prima al Santo nel suo
luogo e nella sua forma; miracolosa nell’ere­
zione, perché a Don Bosco, povero e padre dei
poveri, solo mezzi provvidenziali permisero di
innalzarla; miracolosa per il fiume di grazie
che non ha cessato di scaturire da essa come
da fonte inesauribile» (E. CERIA, Annali, I,
p. 92).
Così era la struttura architettonica della chiesa
come la volle Don Bosco. Vista dal cortile e
dalle camerette, sul lato nord appariva la pa­
rete esterna dell’abside da cui sporgeva un pic­
colo coretto, dove i Salesiani al mattino face­
vano la meditazione. Ai due lati erano siste­
mate due sacrestie di servizio, una per i cele­
branti e l’altra per il piccolo clero.
DB 2,71 II capomastro Carlo Buzzetti
Carlo Buzzetti era uno di quei garzoni mura­
tori che Don Bosco aveva trovato a sonnecchia­
re sui gradini della balaustra a san Francesco
di Assisi, perché non capivano la predica. In
primavera condusse da Don Bosco anche suo
fratello. Lavorò nel 1856 alPOratorio come
semplice operaio; come capo muratore nel
1860; e fu poi il capomastro di Don Bosco per
la costruzione della chiesa di Maria Ausilia­
trice.
Ottenuta dal Municipio la licenza di costrui­
re, in autunno furono compiuti gli scavi. Sul
finir dell’aprile del 1864, per invito del capo­
mastro, Don Bosco, accompagnato dai suoi
preti e da molti allievi, scese negli scavi a get­
tarvi la prima pietra. Terminata la funzione,
per esternare la sua compiacenza, rivolto al
capomastro Buzzetti disse: «Ti voglio dar su­
bito un acconto per i grandi lavori!». Così di­
cendo tirò fuori il borsellino, l’aprì e versò nel­
le mani di Buzzetti quanto conteneva, cioè 40
centesimi. «Sta’ tranquillo — aggiunse Don
Bosco —, la Madonna penserà a provvedere
il denaro necessario per la sua chiesa». E Buz­
zetti si fidò ciecamente di Don Bosco.
DB 2,72 Statua della Immacolata sulla cupola
Nel maggio del 1867 sulla cupola fu posta la
grande statua della Madonna, modellata dall’Argenti di Novara ed eseguita dal cavalier
Ignazio Boggio di Torino. Era del suo color
naturale, cioè di rame. Don Bosco pensava di
farla indorare, e una pia e benemerita perso­
na si incaricò della spesa.
D 21 novembre l’Arcivescovo di Torino, mons.
Riccardi di Netro, la benedisse solennemen­
te. Caduto il velario, la statua rìsplendette lu­
minosa ai raggi del sole.
La statua dell’immacolata che domina sulla
cupola ricorda a tutti i Salesiani che Don Bo­
sco iniziò la sua opera con un’Ave Maria, il
giorno dell’immacolata del 1841, nel primo in­
contro con il garzone muratore Bartolomeo
Garelli.
DB 2,73 Attuale facciata
della basilica di Maria Ausiliatrice
Così vediamo oggi la facciata della basilica di
Maria Ausiliatrice, costruita in stile tardo Rinascimento. L’architettura arieggia la chiesa
di san Giorgio Maggiore, a Venezia: con due
campanili ai lati e la cupola centrale che mi­
sura 19 metri di diametro e s’innalza sopra la
parte centrale della crociera.
Sopra il portale di legno, un gruppo marmo­
reo con Gesù tra i fanciulli. Sul basamento so­
no raffigurate due scene evangeliche: la risur­
rezione del figlio della vedova di Nain e la gua­
rigione del sordomuto. Quattro colonne binate
poggiano sul basamento e sostengono il tim­
pano, sotto il quale si legge la dedica: «Maria
aiuto dei cristiani». Tra le due colonne spic­
cano due altorilievi: uno con Pio V che annun­
cia la vittoria di Lepanto; l’altro con Pio VII
che incorona Maria e decreta la festa di Ma­
ria Ausiliatrice. In alto, sopra i due altorilie­
vi, due angeli portano le date storiche dei due
avvenimenti mariani: 1571-1814. Nello sfon­
do triangolare del timpano, lo stemma della
Società Salesiana. Sul timpano dell’avancor­
po si innalzano le statue di marmo dei santi
martiri torinesi Solutore, Avventore e Otta­
vio, che bagnarono con il loro sangue queste
zolle. Sull’attico delle due fronti laterali, so­
pra gli orologi, due altre statue: di san Massi­
mo, primo vescovo di Torino, e di san Fran­
cesco di Sales, patrono della Società Salesiana.
(NB. Molte notizie di questa cartella, relative
alla basilica di Maria Ausiliatrice, sono attin­
te dall’opera di F. GIRAUDI, Il santuario di
Maria SS. Ausiliatrice, SEI, Torino 1948).
DB 2,74 I due campanili
e la cupola centrale
con la statua di Maria Immacolata
Don Bosco disse ripetutamente che ogni mat­
tone della chiesa di Maria Ausiliatrice testi­
moniava una grazia della Vergine. Ne ricor­
diamo una che riguarda proprio la costruzio­
ne della cupola.
Per la strettezza dei mezzi, pareva a molti uno
sproposito avventurarsi in una simile costru­
zione. L’architetto, d’intesa con l’economo
Don Savio, aveva sospeso i lavori, e ormai an­
che Don Bosco pareva rassegnato a sostituire
la cupola con una semplice volta a calotta ro­
vesciata (cf MB 8, 465).
Un giorno fu chiamato al letto del banchiere
Antonio Cotta, 83 anni, gravemente infermo.
Dopo averlo incoraggiato a confidare nella
Madonna gli chiese a bruciapelo: «Che cosa
farebbe se Maria Ausiliatrice le ottenesse la
grazia di guarire?». Rispose l’infermo: «Pro­
metto di fare per sei mesi consecutivi una ge­
nerosa offerta per la chiesa in Valdocco» (cf
ivi, 465s).
Tre giorni dopo si presentò a Don Bosco pie­
no di gioia a mantenere la sua promessa. La
cupola fu innalzata e coronata dalla grande
statua di Maria, solennemente benedetta il 21
Novembre 1867.
53
Sui due campanili a fianco della cupola, due
statue dorate: sono gli arcangeli Gabriele e Mi­
chele. All’esterno la cupola è circondata da tre
ringhiere e da 16 finestroni che illuminano
l’interno.
DB 2,75 La seconda cupola
eretta durante l ’ampliamento
Una sessantina di anni dopo, (’Oratorio ave­
va ormai moltiplicato gli edifici per accoglie­
re gli 800 allievi delle scuole classiche e pro­
fessionali.
Anche la città si era sviluppata attorno a que­
sti edifici. La nuova chiesa risultò ben presto
incapace di accogliere i fedeli e i devoti sem­
pre più numerosi, attratti anche dalla fama
della santità di Don Bosco.
Avvicinandosi il giorno in cui la Chiesa avreb­
be decretato a Don Bosco l’onore degli altari,
si profilò la necessità di ampliare il santuario.
Don Filippo Rinaldi, terzo successore di Don
Bosco, volle che si iniziassero gli studi per il
progetto, che fu affidato al prof. Mario Ceradini con la collaborazione dell’architetto sa­
lesiano Giulio Valotti.
I lavori di ampliamento iniziarono il 10 apri­
le 1935, alla chiusura dell’Anno Santo per il
bimillenario della redenzione, e durarono tre
anni. Fu demolita l’antica abside e ampliato
il presbiterio sul quale si innalzò la seconda
cupola, in perfetta armonia con quella eretta
da Don Bosco. Essa misura metri 12 di dia­
metro, ed è sormontata da una grande coro­
na dorata, simbolo della regalità di Maria.
La cupola eretta da Don Bosco è molto più al­
ta: arriva a 45 metri di altezza, compresa la
grande statua della Madonna sormontata da
una corona di 12 stelle.
Nell’interno, intorno a una simbolica colom­
ba con raggiera, sono scritte le parole viste in
sogno da Don Bosco: «Hic domus mea, inde
gloria mea».
Nelle 16 vetrate a occhio sono dipinte figure
di angeli recanti titoli e invocazioni con le quali
viene salutata la Vergine. Nella fascia che av­
volge il tamburo, sopra la balaustrata, folte
54
schiere di angeli stanno in adorazione del SS.
Sacramento. Nei peduncoli della cupola, quat­
tro angeli in altorilievo portano i simboli di
quattro invocazioni lauretane.
DB 2,76 Interno del santuario:
veduta generale
Chi entra oggi per la prima volta nella basili­
ca di Maria Ausiliatrice si sente immediata­
mente avvolto da una atmosfera di raccogli­
mento. L’impressione è favorita dal marmo
giallo che in tutti i toni trionfa nelle grosse co­
lonne scanalate, incornicia le lesene, riveste i
grandi altari e la balaustrate: oltre 50 tipi di­
versi di marmi policromi e pregiati. Un fre­
gio sotto il cornicione, come un’ampia fascia
dorata, reca a grandi caratteri l’antifona ma­
riana: «Sancta Maria, succurre miseris». Ro­
soni di pregevoli pitture si alternano sulle volte
e orientano lo sguardo verso 0 quadro centrale
dell’Ausiliatrice.
Durante l’ampliamento del 1935-1938, l’archi­
tetto Valotti ha incastonato il quadro tra due
lesene nelle quali si aprono 12 nicchie con sta­
tue di santi confessori e sante vergini, scelti
tra i più grandi devoti di Maria.
L’altare maggiore è staccato dalla parete di
fondo; il tabernacolo è inquadrato da piccole
lesene con pietre dure e steli bianchi su lapi­
slazzuli. Su un fondo di onice ambrata è col­
locato l’artistico crocifisso. Una fascia di ri­
quadri con 14 teste di angeli incornicia
l’altare.
DB 2,77 II quadro di Maria Ausiliatrice
Di incomparabile bellezza il quadro con l’im­
magine di Maria Ausiliatrice. Fu ideato da
Don Bosco stesso, che lo descrisse al pittore
Lorenzone, facendo stupire gli astanti per la
grandiosità del progetto (cf MB 9, 200).
In alto campeggia la Vergine tra i cori degli
angeli. Intorno, gli apostoli e i cori dei marti­
ri, dei profeti, delle vergini e dei confessori.
Ai suoi piedi, gli emblemi delle vittorie di Ma­
ria e una rappresentanza dei popoli delle va­
rie parti del mondo in atto di chiedere aiuto.
La Madonna tiene lo scettro in mano, simbo­
lo della sua sovranità come madre del Figlio
di Dio. L’occhio di Dio Padre la irradia di lu­
ce e la colomba distende le ali sul suo capo.
Gli apostoli occupano nel quadro, dopo Ma­
ria, la parte principale: fra essi primeggiano
san Pietro, con le chiavi, e san Paolo con la
spada. Dietro stanno i quattro evangelisti con
i relativi simboli. In basso compare la chiesa
di Maria Ausiliatrice, e all’orizzonte il colle
di Superga con il tempio alla Vergine.
«Ma dove troverò lo spazio —chiese il pittore
— per dipingere una tela come questa?».
Lorenzone affittò un salone del palazzo Ma­
dama per tre anni (cf MB 8,4). Quando il qua­
dro fu portato in chiesa e sollevato sopra l’al­
tare, il pittore stesso non potè trattenere la
commozione e cadde in ginocchio prorompen­
do in pianto.
DB 2,78 L ’altare di Don Bosco
Don Bosco è glorificato nella stessa chiesa da
lui eretta alla sua Ausiliatrice, con un altare
monumentale, collocato nel transetto di
destra.
E una massa imponente per la grandiosità ar­
tistica delle linee e per l’armonia policroma dei
marmi.
L’urna del Santo è posta in alto, sopra la men­
sa, ben visibile a chi è discosto dall’altare,
mentre a tutti è possibile avvicinarla passan­
do dietro l’altare. La balaustrata e i gradini
dell’altare sono di marmo giallo antico di Sie­
na; ai lati due grandi statue del Nori reggono
l’una un calice con l’ostia, l’altra un cuore
fiammeggiante: simboleggiano la fede e la ca­
rità. Sopra la mensa, il tabernacolo ricco di
lapislazzuli e pietre dure; la porticina è di ar­
gento cesellato; il cupolino è un solo blocco di
onice antica. Quattro colonne di diaspro ros­
so di Garessio incorniciano il quadro dell’al­
tare. Don Bosco è raffigurato in mezzo a un
gruppo di ragazzi, presso un trono su cui sie­
de con soave maestà l’Ausiliatrìce, mentre il
Santo invita i ragazzi a guardare fiduciosi a
lei.
Sul timpano, due angeli sorreggono lo stem­
ma della Congregazione salesiana. Due gran­
di vetrate a colori rappresentano: una l’incon­
tro con Bartolomeo Garelli nella chiesa di san
Francesco d’Assisi; l’altra Don Bosco e mam­
ma Margherita che giungono alla casa
Pinardi.
Nelle nicchie laterali sono collocate le statue
di due santi educatori della gioventù: Giovanni
Battista de la Salle, fondatore dell’istituto dei
Fratelli delle Scuole Cristiane; e, a sinistra, Fi­
lippo Neri, fondatore della Compagnia dei
Preti dell’Oratorio.
DB 2,79 Urna di Don Bosco
Una gradita sorpresa è l’artistico tempietto che
l’architetto Mario Ceradini creò dietro la men­
sa dell’altare di Don Bosco. L’urna del Santo
appare in tutto il suo religioso splendore, a
giusta altezza per essere osservata da vicino
dai moltissimi visitatori che sostano in preghie­
ra quasi a tu per tu con Don Bosco.
L’illuminazione indiretta rende ancor più sug­
gestivo questo luogo. L’urna di bronzo, con
decorazioni d’argento, racchiude la salma,
adagiata sopra un lettino di velluto rosso ri­
camato in oro. I paramenti, dono di papa Be­
nedetto XV, ricoprono realmente tutto il cor­
po del Santo, ben conservato con le carni in
perfetto stato di mummificazione. Il volto e le
mani sono maschere di cera, modellate dallo
scultore Cellini e dipinte da Carlo Cussetti.
Don Bosco sembra ancora vivo e parlante.
DB 2,80 Volto di Don Bosco
Il volto del Santo si trova all’altezza dei visi­
tatori: calmo e sereno, ispira preghiera e fi­
ducia e invita al colloquio. Mentre si sosta di­
nanzi all’urna, si parla con Don Bosco, come
se fosse ancora vivo a raccogliere confidenze
e preghiere dei fedeli, e dare coraggio a chi
lo invoca.
DB 2,81 L ’altare di san Giuseppe
L’altare di san Giuseppe si trova di fronte a
quello di Don Bosco, nel transetto di sinistra.
55
Anche dopo l’ampliamento della basilica è ri­
masto come l’ha voluto il Santo. Nei finestroni del transetto due vetrate istoriate a colori
ricordano il pio transito di san Giuseppe assi­
stito da Gesù e da Maria, e lo sposalizio di Ma­
ria con Giuseppe.
Nelle nicchie sono collocati: a sinistra, la sta­
tua del profeta Isaia, che per primo predisse
la maternità verginale di Maria; a destra,
quella del re Davide, dalla cui stirpe discen­
deva la sacra famiglia di Nazaret.
DB 2,82 Altare di San Domenico Savio
A sinistra, per chi entra nel tempio, si trova­
va la cappella dedicata a san Francesco di Sales, patrono dell’Opera Salesiana, sul cui al­
tare era un quadro con il ritratto del Santo,
dipinto dal Reffo. Dopo la canonizzazione di
Domenico Savio, sotto l’altare fu collocata
un’urna di legno dorato che contiene i resti del
corpo di questo giovane.
Sull’altare nel 1985 è stato collocato un nuo­
vo quadro di Caffaro Rore che raffigura il Sa­
vio come protettore dei giovani impegnati nello
studio, nel lavoro, nelle attività artistiche e
sportive. Una mamma innalza un sorridente
bambino, per ricordare che il Santo è invoca­
to anche come protettore della vita nascente.
Sulle pareti laterali due affreschi ricordano
che la cappella era dedicata a san Francesco
di Sales. Il Santo è raffigurato mentre predi­
ca e mentre visita una tipografia, essendo egli
il protettore dei giornalisti e della stampa.
DB 2,83 L ’altare di Santa Maria Mazzarello
A destra, presso l’ingresso principale, c’è og­
gi la cappella di santa Maria Domenica Maz­
zarello, confondatrice e prima superiora del­
l’istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice. So­
stituisce l’altare dedicato a sant’Anna.
La salma della Mazzarello fu trasportata da
Nizza Monferrato nel 1938 e collocata nell’ur­
na di bronzo sotto l’altare preparato per la sua
beatificazione.
L’immagine della Santa, nel quadro centrale
sopra l’altare, è del Crida, come pure i due
56
dipinti che ritraggono avvenimenti della sua
vita.
Nel quadro di sinistra, Don Bosco a Mornese, dopo la votazione del 15 giugno 1874, pro­
clama madre Mazzarello Superiora Genera­
le; a destra, madre Mazzarello con il primo
drappello di suore in partenza per le missio­
ni, è ai piedi del papa Pio IX, il 9 novembre
1877.
DB 2,84 L ’ampliamento sul lato destro
dell’altare maggiore
La parte nuova della chiesa armonizza felice­
mente con l’antica. AI centro, il grande pre­
sbitero si apre sulla navata centrale e sulle due
nuove cappelle laterali, ricche di colonne, di
marmi e di decorazioni, con gli scorci delle re­
lative tribune superiori. Esse sono delimitate
da snelle colonne binate di marmo verde di Issoire con capitelli riccamente ornati, e offro­
no un ambiente di preghiera raccolto, facili­
tando la partecipazione viva e attiva alla
liturgia.
Il soffitto delle cappelle è a cassettoni dorati,
e su di esse spaziano le due menzionate tribu­
ne, in una delle quali trovano posto la canto­
ria e il gigantesco organo.
Le due cappelle sono collegate verso la sacre­
stia da una elegante galleria con molte colon­
ne di marmo. Su di essa si affacciano sei cap­
pelline con altari dedicati rispettivamente: al
Crocifisso, al Cottolengo, al Cafasso, ai tre
martiri di Torino, al papa Pio V e all’Angelo
Custode.
La decorazione di tutta la chiesa fu affidata
al Cussetti, il quale profuse la sua arte parti­
colarmente nelle volte della galleria. Egli sep­
pe armonizzare elegantemente lo splendore dei
marmi con la temperata ricchezza della deco­
razione. Tema ricorrente è quello delle Lita­
nie della Madonna.
DB 2,85 Cripta-cappella dell’Apparizione
Nel piano inferiore della navata principale si
trova quella che è comunemente chiamata
«cappella delle Reliquie».
A destra c’è una cappellina dedicata alla Ver­
gine, chiamata anche «cappella dell’Apparizione».
L’iscrizione sulla parete ricorda il fatto.
DB 2,86 Luogo dove la Madonna posò il piede
«Nell’anno 1845 la santissima Vergine appar­
sa in sogno a san Giovanni Bosco nei prati di
Valdocco, in mezzo ad una turba di giovani,
gli indicava il sorgere e l’avvenire dell’Oratorio di Torino; quindi avanzando un piede e po­
sandolo su questo luogo gli diceva: “Qui, do­
ve i tre gloriosi martiri di Torino Avventore,
Solutore e Ottavio soffrirono il loro martirio,
su queste zolle che furono bagnate e santifi­
cate dal loro sangue, io voglio che Dio sia ono­
rato in modo specialissimo”».
Nell’angolo a sinistra, sul pavimento, una cro­
ce di metallo dorato precisa il luogo dove, se­
condo il sogno, la Madonna posò il piede.
DB 2,87 Altare della Madonna
e quadro dell’Apparizione
Inoltrandoci nella cappellina, scorgiamo l’im­
magine in marmo candido dell’Ausiliatrice.
Nel quadro a sinistra il pittore Dalle Ceste rie­
voca il sogno fatto da Don Bosco in una notte
dell’estate del 1845 e ricordato all’inizio. Nel
quadro si delinea maestoso, dietro la figura
della Madonna, il santuario costruito 20 anni
più tardi (cf MB 2, 299s). Nella vetrina tra il
quadro e la statua sono raccolti oggetti sacri
usati da Don Bosco, tra cui la stola che gli fu
imposta sul letto di morte, il crocifisso che stet­
te fra le sue mani per 40 anni nel sepolcro di
Valsalice, e l’abitino del Carmine che portò
durante la sua vita.
DB 2,88 Quadro del martirio di Solutore,
Avventore e Ottavio
Nel quadro a destra dell’altare, il pittore Dalle
Ceste rappresenta la scena del martirio dei tre
valorosi soldati romani della Legione Tebea.
Scampati alla strage ordinata dall’imperato­
re Massimiliano, Avventore e Ottavio furono
raggiunti a Torino e trucidati nel 300 d.C.,
mentre il compagno Solutore, più giovane e
più svelto, benché ferito da un colpo di lancia
riusciva a fuggire, come appare nel quadro,
e a rifugiarsi nella città di Ivrea. Ripreso po­
co dopo, fu decapitato, e santa Giuliana ne
portò il corpo a Torino perché fosse riunito
a quelli dei due compagni martiri. I loro resti
mortali riposano con quelli di santa Giuliana
in Torino, nella chiesa detta dei Santi Marti­
ri, in via Garibaldi.
DB 2,89 La cappèlla delle Reliquie
La cappella delle Reliquie costituisce un vero
tesoro nel suo genere.
Inaugurata il 14 settembre 1934, si presenta
come una navata unica, a croce latina, con le
volte a vela e a botte, basse e massicce, così
da ricordare, anche per i motivi ornamentali
e i simboli, le catacombe cristiane.
Le numerosissime reliquie che vi si trovano
conservate ed esposte (oltre 60.000) sono un
dono del commendatore Michele Bert, di To­
rino. Sono distribuite intorno a otto altari,
consacrati e dedicati ai santi pontefici, ai ve­
scovi e confessori, ai santi fondatori di ordini
e di congregazioni religiose, ai dottori della
Chiesa, ai santi martiri, alle sante vergini e
martiri. Quest’ultimo altare è molto ammirato
per le care e popolari figure delle sante rap­
presentate nel quadro. NeU’arcosolio della
mensa è adagiata la soave figura di santa Ce­
cilia, copia della statua del Maderno che si tro­
va nelle Catacombe di san Callisto a Roma.
DB_ 2,90 La preziosa reliquia
del legno della Croce
A metà della cappella, sulla volta, sono ripor­
tate le parole con cui la Chiesa esalta la me­
moria dei santi: «Il Signore custodisce le loro
ossa; nessuno di loro perirà e i corpi dei santi
furono sepolti in pace e i loro nomi vivranno
in eterno».
Ma il vero gioiello della cappella è l’altare
maggiore, dove sono esposte le reliquie più in­
signi. L’invito espresso dalle parole in alto
«Venite adoremus», indica la presenza delle re­
57
liquie del legno della Santa Croce e del pre­
ziosissimo sangue di Gesù. Sono contenute in
ricche teche posate sullo sfondo di alabastro
trasparente della croce sull’altare, il quale è
incorniciato da un arco tutto in mosaico do­
rato con la scritta: «Ecce lignum Crucis in quo
salus mundi pependit: venite adoremus». Il
fondo della parete è un prezioso mosaico di
meandri di vite intrecciata, con bianche co­
lombe.
La reliquia del santo legno misura cm 17 x 10,
è disposta in forma di croce ed è tra le più in­
signi dopo quelle che si conservano a Roma.
DB 2,91 II sepolcro del beato Don Rua
Uscendo dalla cappelletta dell’apparizione si
incontra subito a destra il sepolcro del primo
successore di Don Bosco, il beato Michele Rua.
Il monumento è opera pregevolissima di Galateri, che lo scolpì per la tomba di Valsalice,
dove la salma di Don Rua fu collocata dopo
la morte. Era nato a Torino il 9 giugno 1837.
Ancora ragazzino, incontrò Don Bosco e lo se­
guì. Vestì l’abito talare ai Becchi, fu tra i pri­
mi Salesiani, e divenne Rettor Maggiore del­
la Congregazione alla morte di Don Bosco, nel
1888. Morì nel 1910, e fu dichiarato beato nel
1972. La sua salma venne trasportata da Val­
salice in questa cappella. Don Rua fu un fe­
dele continuatore dello spirito e delle opere di
Don Bosco, e ne emulò la santità.
DB 2,92 La statua di Maria Ausiliatrice
Nel 1815 Pio VII, a ricordo della liberazione
dalla prigionia di Napoleone, istituì la festa di
Maria Ausiliatrice, fissandola al 24 maggio.
Nell’almanacco del «Galantuomo» del 1860,
Don Bosco per la prima volta scrive: «24 mag­
gio: Beata Vergine Ausiliatrice». L’anno suc­
cessivo scrive: «Ausiliatrice dei cristiani». Que­
sto titolo ricorreva sempre più insistente nel­
le sue parole.
Nel santuario, si incominciò a celebrare solen­
nemente la festa di Maria Ausiliatrice dal gior­
no della consacrazione della chiesa (9.6.1868).
Il fervore andò crescendo di anno in anno.
58
Questa bellissima statua solennemente porta­
ta in processione il 24 maggio, viene conser­
vata e venerata in una nicchia ai piedi della
colonna dove fu posta la prima pietra del san­
tuario.
DB 2,93 La Basilica
illuminata per la festa di Maria Ausiliatrice
Una volta alla festa di Maria Ausiliatrice il 24
maggio a Torino, la basilica veniva illumina­
ta con questa festa di colori. Era uno spetta­
colo indimenticabile. Anche oggi alla vigilia
della festa, i pellegrini affluiscono a migliaia
per partecipare alla veglia notturna. La basi­
lica rimane aperta per 48 ore consecutive; i
confessionali sono assiepati. Le manifestazio­
ni terminano con la lunga e nutrita processio­
ne della sera. La statua di Maria passa tra una
fitta folla plaudente, mentre, guidate da un
impianto di amplificazione per tutto il percor­
so, preghiere e canti si sussegguono ininter­
rottamente. La pietà dei presenti si unisce al­
la pietà dei credenti di tutto il mondo che in­
vocano con grande fiducia la Madonna di Don
Bosco.
DB 2,94 Giovannino fa scuola di catechismo
ai Becchi
A fianco della galleria, dietro l’altar maggio­
re, vi è la sacrestia del santuario: ampia, fun­
zionale e molto ordinata. Lungo due pareti so­
no esposti grandi quadri, che riproducono gli
episodi più significativi della vita di Don Bo­
sco nei primi tempi del suo apostolato tra i
giovani.
Nel quadro della lunetta sopra la porta del «la­
vabo», il pittore Crida ritrae Giovannino Bo­
sco in una di quelle riunioni domenicali che
era solito tenere presso il rustico della sua ca­
setta ai Becchi, seduto sopra una cesta e at­
torniato da un gruppo di compagni che ascol­
tano attenti. Aveva incominciato questa spe­
cie di oratorio festivo quando non aveva an­
cora dieci anni. Ai compagni ripeteva la pre­
dica udita in chiesa, con la promessa di diver­
tirli poi con giochi di prestigio. Così fece an-
che, qualche anno più tardi, alla cascina Moglia e a Moncucco.
DB 2,95 Don Bosco ascolta le confessioni
dei ragazzi dell’Oratorio
Il quadro è la riproduzione di un disegno che
11 pittore Bartolomeo Bellisio, allievo dell’Oratorio, eseguì nel 1861. Don Bosco, invitato
a posare con i suoi ragazzi, volle essere ritratto
nella posizione che il quadro ci presenta. So­
no venti figure di giovani, raccolti e stretti at­
torno a Don Bosco; altre cinque fanno appe­
na capolino. Il ragazzo che parla all’orecchio
di Don Bosco, nell’atteggiamento di chi si con­
fessa, è Paolo Albera, che sarà poi il suo se­
condo successore.
In chiesa come sul prato, in carrozza come sul
treno, per strada come in camera sua, Don Bo­
sco era sempre pronto e disponibile quando
si trattava del ministero della confessione. In­
contrando allievi di un tempo, era abilissimo
a introdurre, senza forzature, il discorso del­
la confessione.
Ai suoi preti soleva dire: «Se dovete dire due
parole in pubblico, una sia sulla confessione».
DB 2,96 Don Bosco e mamma Margherita
arrivano a Valdocco
Attraverso fortunose vicende e dure prove, il
12 aprile 1846 Don Bosco era giunto alla mè­
ta: la povera cappella allestita nella tettoia Pinardi. Affittò due stanze nel resto della casa
e prese stabile dimora in Valdocco, conducen­
do con sé la mamma (cf MB 2, 523).
Scrisse nelle sue memorie: «Mia madre fece
un grande sacrificio. In famiglia, sebbene non
fosse agiata, era tuttavia padrona di tutto,
amata da tutti e considerata come la regina
dei piccoli e degli adulti». All’invito del figlio,
aveva risposto: «Se tal cosa piace al Signore,
10 sono pronta a partire in sul momento».
Riempì un canestro di biancheria e di pochi
altri oggetti indispensabili; Don Bosco prese
11breviario, un piccolo messale, alcuni libri e
partirono.
Percorsero a piedi la strada dal colle dei Bec­
chi fino a Torino. La sera del 3 novembre 1846
giunsero nella regione dei prati di Valdocco.
H quadro rappresenta il momento del loro ar­
rivo presso la casa Pinardi.
Indicando il terreno che gli sta davanti, Don
Bosco sembra che dica: «Ecco, mamma, il
campo del nostro lavoro!».
Mamma Margherita rimase a Valdocco dieci
anni, lavorando come vera mamma disinteres­
sata non solo per 0 figlio, ma per tutti i ra­
gazzi dell’Oratorio..Morì il 25 novembre 1856
(cf MB 2, 527).
DB 2,97 L ’incontro di Don Bosco
con Bartolomeo Garelli
Don Bosco stesso narra il suo incontro con
Bartolomeo Garelli, avvenuto nella chiesa di
san Francesco d’Assisi l’8 dicembre 1841, fe­
sta dell’immacolata (cf MB 2, 70-76).
Il ragazzo, capitato per caso in sacrestia, era
stato malmenato dal sacrestano perché... non
sapeva servire la Messa. Don Bosco lo fa chia­
mare, e avviene lo storico dialogo che segna
l’inizio dell’opera del Santo.
«Gli domandai con amorevolezza:
— Hai già ascoltato la Messa?
— No.
— Vieni ad ascoltarla. Dopo ho da parlarti di
un affare che ti farà piacere.
Me lo promise».
DB 2,98 Don Bosco e Bartolomeo Garelli
(particolare)
«Celebrata la Messa, lo condussi in un coret­
to, e con faccia allegra gli parlai:
— Mio buon amico, come ti chiami?
— Bartolomeo Garelli.
— Di che paese sei?
— Di Asti.
— Che mestiere fai?
— Il muratore.
— È vivo tuo papà?
— No, è morto.
— E tua madre?
— Mia madre è anche morta.
— Quanti anni hai?
59
— Sedici.
— Sai leggere e scrivere?
— No.
— Sai cantare?
Il giovinetto, asciugandosi gli occhi, mi fissò
quasi meravigliato e rispose:
— No.
— Sai fischiare?
Bartolomeo si mise a ridere. Era ciò che vole­
vo. Cominciavamo ad essere amici».
Il pittore fissa magistralmente in questa im­
magine 0 volto sorridente di Bartolomeo or­
mai conquistato. Il dialogo continua amiche­
volmente e sereno.
— Se ti facessi il catechismo a parte, verresti
ad ascoltarlo?
— Molto volentieri!
Comincia così la prima lezione: con un’Ave
Maria e insegnandogli a fare il segno della cro­
ce. Da questo umilissimo episodio ebbe origi­
ne l’opera degli oratori, che ha reso caro il no­
me di Don Bosco ai ragazzi di tutto il mondo.
DB 2,99 Don Bosco
in mezzo ai ragazzi dell’Oratorio
Nella parte centrale della sacrestia è colloca­
to il quadro in cui Don Bosco compare in mez­
zo ai giovani che lo circondano con affetto e
10 ascoltano con venerazione. Uno si china a
baciargli la mano, un altro lo guarda sorri­
dente e quasi estatico. Un papà indica Don Bo­
sco al fìglioletto, che batte le mani in segno di
gioia.
11 gruppo è ambientato a Valdocco e lo sfon­
do del quadro è formato dal primo edificio co­
struito da Don Bosco: le finestre in alto sono
quelle delle camerette dove egli abitò per 35
anni, dal 1853 al 1888. A sinistra occhieggia­
no le finestre delle povere soffitte dove abita­
rono Don Rua, Don Cagliero e Don Francesia e all’estremità appare il campanile della
chiesa di san Francesco di Sales. E questo il
lembo di terra più glorioso dei primi tempi dell’Oratorio, conservato come una reliquia.
60
DB 2,100 San Giuseppe Cafasso
Il Santo è rappresentato mentre parla a un
gruppo di sacerdoti tra i quali è ritratto an­
che Don Bosco, che del Cafasso fu concittadi­
no e alunno. Il Cafasso nacque a Castelnuovo
(Asti) nel 1811 e morì in Torino il 23 giugno
1860.
Fu direttore del Convitto Ecclesiastico presso
la chiesa di san Francesco di Assisi ed ebbe
meritata fama di moralista insigne, alla cui
scuola si formarono tanti zelanti sacerdoti. Fu
definito la perla del clero piemontese.
Egli prodigò tutti i tesori della sua carità an­
che verso gli umili, gli infelici e specialmente
i carcerati. Fu dichiarato santo il 22 giugno
1947 da papa Pio XII, e da lui costituito pa­
trono di tutte le carceri d’Italia.
Di Don Bosco fu maestro, confessore, consi­
gliere, benefattore. Giovannino lo aveva in­
contrato la prima volta nell’ottobre del 1827
a Morialdo, durante la festa della Maternità
di Maria. Il chierico Cafasso, appoggiato alla
porta della chiesa attendeva che venisse aper­
ta. Giovannino Bosco, lo avvicinò per salutarlo
e parlargli. Tornato a casa corse dalla mam­
ma gridando: «L’ho visto, gli ho parlato! È
proprio vero che è un santo». La madre rispo­
se: «Dunque cerca di imitarlo. Il cuore mi di­
ce che un giorno potrà giovarti molto».
DB 2,101 San Giuseppe Benedetto Cottolengo
Giuseppe Benedetto Cottolengo nacque a Bra
il 3.5.1786 e morì a Chieri il 29.4.1842. Fu ca­
nonizzato il 19 marzo 1934, pochi giorni pri­
ma di Don Bosco.
Lo spunto per fondare quella che egli umil­
mente chiamò la «Piccola Casa della Divina
Provvidenza» gli fu offerto dal caso pietosis­
simo di una donna rifiutata da tutti gli ospe­
dali. Divenne il santo della carità verso i po­
veri infermi che hanno bisogno di assistenza
e di cure speciali, e richiedono il più grande
spirito di sacrifìcio.
Quando Don Bosco andò a visitare per la pri­
ma volta la «Piccola Casa», il Cottolengo strin-
gendo tra le dita le maniche della sua veste gli
disse: «Avete una veste di panno troppo sotti­
le. Procuratevene una di stoffa molto più for­
te perché i giovani possano attaccarvisi senza
strapparla. Verrà il tempo in cui vi sarà strap­
pata da tanta gente!» (cf MB 2, 65-67). E fu
profeta.
Nel quadro dell’altare del Cottolengo, un vec­
chio poverello in ginocchio implora di essere
accolto nella Piccola Casa. Dall’altra parte è
seduta una povera madre in atteggiamento di
supplica per sé e per la creatura che tiene in
braccio. È opera del pittore Dalle Ceste.
DB 2,102 II quadro di san Giuseppe
Il quadro di san Giuseppe venne solennemen­
te inaugurato da Don Bosco il 2 aprile 1874,
festa del patrocinio di san Giuseppe.
Desiderando onorare in modo speciale san
Giuseppe, che aveva scelto come compatrono
dell’Oratorio, aveva suggerito lui stesso al pit­
tore Lorenzone la composizione simbolica del
quadro.
«San Giuseppe è in piedi sopra una nuvola,
e sul braccio sinistro porta il Bambino Gesù,
il quale tiene sulle ginocchia un panierino pie­
no di rose. Il Bambino piglia le rose e le dà
a san Giuseppe, che le fa piovere sulla chiesa
di Maria Ausiliatrice che si vede di sotto e ha
per sfondo la collina di Superga. L’atteggia­
mento del Bambino è rivolto al padre putati­
vo e gli sorride con infinita dolcezza. A lato,
ritta in piedi e in bella movenza, sta la sua san­
tissima Madre, con le mani giunte, tutta ra­
pita nella contemplazione di quel dolce scam­
bio di ineffabile amorevolezza tra il suo divin
Figlio e il suo purissimo sposo» (cf MB 9,199).
DB 2,103 II quadro di Don Bosco
Il pittore Crida, di Biella, ha reso viva e po­
polare nel mondo la figura di Don Bosco, rap­
presentandolo in mezzo a un gruppo di ragazzi
presso un trono su cui siede con soave maestà
l’Ausiliatrice, che tiene ritto sulle ginocchia il
Bambino Gesù. I ragazzi, invitati dal gesto del
Santo, guardano la Madonna in devoto atteg­
giamento di preghiera.
Il Bambino stende verso di loro il braccio in
segno di protezione. Due chierichetti, in veste
bianca e cotta, sono inginocchiati accanto al
trono: uno prega col volto nascosto in un li­
bro aperto; l’altro ha gli occhi fìssi in Don Bo­
sco, che realizza così la sua missione di porta­
re i giovani a Cristo per mezzo di Maria.
DB 2,104 II quadro di San Domenico Savio
Il 25 gennaio 1985 si è inaugurato il nuovo
quadro all’altare di Domenico Savio, opera di
Caffaro Rore. Egli così ce lo presenta: «Ho vo­
luto raffigurare il Savio che, sulla porta del­
l’Oratorio di Don Bosco, attende tutti i gio­
vani a braccia aperte, col serafico sorriso,
specchio di infinita bontà. Ho voluto che
chiunque guardando la sua immagine lo veda
in ascolto accogliente, amico di tutti e dona­
tore di intima pace, di serenità e fiducia in
Dio».
I personaggi che lo circondano sono posti in
modo da mettere in risalto la figura del Santo
amico dei giovani; e tutti, compresa la mam­
ma col suo bambino, sono attratti istintiva­
mente nel gesto di ammirazione e venerazione.
II motto scritto sul gradino: «Santità è gioia»,
è l’ideale di Domenico Savio, mirabile fiore del
grande campo di Don Bosco.
DB 2,105 II sogno della zattera
In fondo alla chiesa, dove anticamente c’era
la cantoria, ai lati della bussola, ci sono due
grandi quadri del prof. Barberis che illustra­
no due sogni di Don Bosco.
Il quadro di destra rappresenta il sogno nar­
rato da Don Bosco a tutti i giovani la sera del
1° gennaio 1866. È intitolato: «Avvenire del­
la Società Salesiana e sua missione salvatrice
in mezzo alla gioventù».
Il dipinto presenta il momento più dramma­
tico di un viaggio fatto da Don Bosco su una
zattera in compagnia di molti suoi giovani at­
traverso le acque di una spaventosa inonda­
zione, durante una improvvisa e furiosa tem­
61
pesta. Molti giovani, trasgredendo i suoi or­
dini durante la pericolosa traversata, vollero
raggiungere le rive delle colline circostanti: re­
starono vittime di mostri incontrati nelle ac­
que, oppure, giunti a terra, vennero divorati
da orribili e schifosi animali o precipitati in
una vasta fornace ardente. Gli altri continua­
rono con Don Bosco, e dopo un lungo viaggio
in mezzo a mille pericoli videro apparire in cie­
lo un luminoso arcobaleno su cui erano scrit­
te a grandi caratteri le lettere:
M.E.D.O.U.M., iniziali di una frase latina che
Don Bosco interpretò: «Madre e Signora di
tutto l’Universo, Maria».
Finalmente la povera zattera toccò la riva in
un luogo amenissimo, ricco di piante e fiori,
e Don Bosco disse: «Ora siamo al sicuro, scen­
diamo». Attraverso una grande vigna con mol­
ti grappoli raggiunsero esultanti un grande
tempio a guisa di castello. Nel mezzo, sopra
una ricca base, s’innalzava una magnifica sta­
tua di Maria Ausiliatrice. Mentre i ragazzi ne
stavano ammirando la bellezza celestiale, ad
un tratto la statua parve animarsi e sorride­
re. si levò allora un grido: «La Madonna muo­
ve gli occhi!». Poco dopo risuonò un secondo
grido: «La Madonna muove le mani!». La Ver­
gine, aprendo lentamente le braccia, con le
mani solleva il manto in atto di protezione. E
ancora un terzo grido: «La Madonna muove
le labbra!». Seguì un silenzio profondo, e la
Madonna parlò: «Se voi sarete per me figli de­
voti, io sarò per voi Madre amorosa». A que­
ste parole, tutti caddero in ginocchio cantan­
do la lode: «Lodate Maria, o lingue fedeli!».
Poi il sogno svanì (cf MB 8, 275-281).
DB 2,106 II sogno delle due colonne
Durante tutta la sua vita, il Santo narrò un
gran numero di questi «sogni», che noi oggi
siamo più propensi a chiamare visioni.
Il quadro di sinistra riproduce il sogno delle
«due colonne» in mezzo al mare. Don Bosco
lo narrò pubblicamente il 30 maggio 1862. So­
gnò di trovarsi sopra un piccolo scoglio in mez­
zo al mare e di vedere, sulla vasta superficie
62
delle acque, una moltitudine di navi grandi e
piccole ordinate a battaglia. Il comandante su­
premo della nave più potente e maestosa era
il sommo Pontefice. Egli, ripetutamente e gra­
vemente ferito in una lotta violentissima, ca­
de a muore. Un altro Papa subentra, supera
ogni ostacolo e guida la sua nave vincitrice ad
ancorarsi fra due robuste colonne, di diversa
altezza e misura, che si levano dalle onde in
mezzo aU’immensa distesa del mare. La pri­
ma porta in alto, nel cielo luminoso, una gran­
de ostia, e sotto il capitello la scritta: «Salus
credentium». La seconda, più piccola, è coro­
nata dal simulacro dell’immacolata e reca la
scritta: «Auxilium Christianorum».
Commentando il sogno, Don Bosco precisa che
le navi dei nemici della Chiesa sono le perse­
cuzioni. Raccomandava caldamente ai suoi
giovani di pregare per il Papa e di coltivare
la devozione verso il SS. Sacramento e verso
Maria Immacolata, Ausiliatrice dei cristiani
(cf MB 7, 170s).
DB 2,107 II dipinto della cupola
La missione della Congregazione Salesiana
ispirata da Maria a Don Bosco è affrescata nel
catino della grande cupola. La figura di Don
Bosco ci appare in mezzo ai suoi figli, con le
opere del suo apostolato nei paesi civili e tra
i popoli selvaggi. Mons. G. Cagliero, Vicario
Apostolico della Patagonia, gli presenta un
gruppo di Patagoni, alcuni inginocchiati, uno,
di statura gigantesca, in piedi con le braccia
aperte in atteggiamento di stupore e di rico­
noscenza verso colui che mandò i missionari
per la loro redenzione. Accanto sono due suo­
re, Figlie di Maria Ausiliatrice, che nelle scuo­
le, negli asili, negli ospedali compiono la loro
missione fra le donne e le fanciulle della Pata­
gonia. Esse conducono a Don Bosco due giovanette indie redente, omaggio vivente al lo­
ro buon Padre.
A destra delle suore, due missionari salesiani
stanno catechizzando alcuni selvaggi: il primo
ha guadagnato un giovane che lo abbraccia ri­
conoscente, mentre egli con la destra tesa, gli
indica Don Bosco; il secondo con crocifìsso in
mano, cerca di vincere la fiera diffidenza dei
selvaggi, armati di lancia e di frecce, che re­
sistono ancora al suo invito. A sinistra di Don
Bosco sono raffigurati i Salesiani, con le loro
scuole nei paesi civili, per i giovani studenti
e artigiani; dietro donne e uomini si affollano
per far accogliere i loro figli nelle opere della
Congregazione salesiana.
DB 2,108 La cupola
della basilica di Maria Ausiliatrice
Don Bosco aveva tanto desiderato di vedere
decorata, prima di morire, anche la cupola
della chiesa della «sua» Madonna. Don Rua,
suo primo successore, fece iniziare i lavori nel
1889.
Il grandioso dipinto della cupola è opera del
pittore Giuseppe Rollini, che da ragazzo era
stato allievo del Santo. È uno splendido docu­
mento che testimonia la sua riconoscenza verso
Don Bosco e la devozione alla Vergine santa.
Nella parte superiore della volta è rappresen­
tato il trionfo e la gloria dell’Ausiliatrice in cie­
lo. Nella parte inferiore la missione della Chie­
sa, madre di santi, che nelPamore di Maria
trova sempre un valido aiuto per la salvezza
di popoli. Infine, sotto il trono della Madon­
na, al centro, è rappresentata la missione della
Congregazione salesiana.
È tutta una visione luminosa di paradiso.
L’Ausiliatrice, regina del cielo, ...
63
DON BOSCO E IL SUO AMBIENTE
DB/2 Tutto Valdocco
VALDOCCO STORICO
(Terza unità non sonorizzata)
DB 2,1 DON BOSCO E IL SUO AMBIENTE:
Tutto Valdocco
P - COSTRUZIONI E REALIZZAZIONI
DB 2,109 Casa Pinardi
(disegno di Bartolomeo Bellisio)
Don Bosco, invitato da Pancrazio Soave, si av­
viò per vedere il sito. «Giunto al luogo indica­
to, vidi una casupola di un solo piano colla sca­
la e col balcone di legno tarlato, attorniata da
orti, prati e campi... Io volevo salire la scala,
ma il Pinardi e il Pancrazio: — No, mi disse­
ro; il sito destinato a lei è qui dietro.
Era una tettoia prolungata che da un lato ap­
poggiava al muro, dall’altro terminava all’al­
tezza di circa un metro da terra.
— Non mi serve perché troppo bassa — dissi.
— Io la farò aggiustare come vuole —, ripi­
gliò il Pinardi. —Inteso, patto concluso» (MO
165-169).
11contratto d’affitto fu stipulato per una som­
ma di L. 320 all’anno, e comprendeva anche
la striscia di terreno adiacente per la ricrea­
zione dei ragazzi (MB 2, 436).
«La domenica seguente, solennità di Pasqua,
12 aprile, si trasportarono colà tutti gli attrezzi
di chiesa e di ricreazione e andammo a pren­
dere possesso della nuova località». Così Don
Bosco nelle sue «Memorie».
Intanto continuava ad abitare al Rifugio. In
seguito aperse trattative col Soave, e il 5 giu­
64
gno otteneva da lui tre camere attigue, al pia­
no superiore verso levante, in ragione di lire
cinque ciascuna al mese; dal 1° luglio del 1846
al 1° gennaio del 1849. E poiché quella era
purtroppo ancora una casa di disordine, si
contentò di ritirare le chiavi delle tre stanze,
dicendo che le avrebbe abitate quando potes­
se occupare tutta la casa.
Una domenica, al principio di luglio del 1846,
dopo l’estenuante fatica dell’Oratorio, ritira­
tosi nella sua cameretta al Rifugio, fu colto da
svenimento e dovette mettersi a letto. Il male,
come già abbiamo accennato, lo ridusse in ot­
to giorni agli estremi. I giovani dell’Oratorio
trepidarono, piansero, pregarono. E Don Bo­
sco guarì.
Dopo tre mesi di convalescenza passati in fa­
miglia, decise di tornare a Torino e di condur­
re con sé mamma Margherita. Era il 3 novem­
bre del 1846.
Sulla fine del 1846 affittò l’intera casa Pinar­
di, e una sera piovosa del maggio 1847 vi rac­
colse il primo ragazzo: un orfano inzuppato
di pioggia e affamato. Mamma Margherita lo
riscaldò al fuoco, lo sfamò e gli preparò un tet­
tuccio in cucina. Poi, memore di altri ospiti
di passaggio che se ne erano andati portando
via lenzuola e coperte, fece al ragazzo un sermoncino che viene considerato la prima «buo­
nanotte» salesiana. Un mese dopo, nel giugno
1847, Don Bosco presentò a mamma Marghe­
rita un altro ragazzo: «Ecco un secondo figlio
che Dio ci manda». L’aveva trovato piangen­
te appoggiato ad un vecchio olmo del corso San
Massimo. Se ne aggiunsero poco dopo alcuni
altri, raggiungendo il numero di sette. Erano
giovanetti operai.
Don Bosco desiderava acquistare la casa e il
Pinardi aveva più volte esternato il desiderio
di venderla; ma la somma che chiedeva era in­
gente.
Il pittore Bellisio di Cherasco, allievo di Don
Bosco, eseguì un disegno della casa Pinardi co­
m’era quando 0 Santo l’ebbe adattata per il
suo numeroso Oratorio. Questo disegno e la
descrizione particolareggiata, annessa agli atti
notarili di locazione e di compera, ci fornisco­
no gli elementi necessari e sicuri per una ricostruzione esatta della casa Pinardi, prima
sede dell’Oratorio, la culla dove si svolsero gli
umili inizi della Società salesiana e le vicende
liete e tristi dei primi tempi dell’Oratorio in
Valdocco.
DB 2,110 Contratto di affitto di casa Pinardi
A Roma, nell’archivio storico salesiano, si con­
servano i contratti stipulati per l’affitto e l’ac­
quisto della casa Pinardi.
Il primo contratto fu redatto in data 1.4.1846
e riguardava, come abbiamo detto, l’affitto di
tre locali della casa, più una striscia di terre­
no antistante dove i ragazzi potessero gioca­
re. Il contratto durava tre anni, e l’affitto am­
montava a lire 300 da pagarsi «in buona mo­
neta». Ma presto Don Bosco prese in affitto
anche altri locali della casa, e il costo salì a
lire 710 annue (MB 2, 427.540).
Nella pagina a destra della diapositiva vi è l’in­
ventario molto dettagliato della tettoia.
Dei tre locali affittati all’inizio, il maggiore fu
destinato a cappella, e gli altri a sacrestia e
ripostiglio. H 10 aprile Don Bosco ottenne dalla
Curia il permesso di benedire la cappella. In
quell’anno e nel seguente fece spese «pazze».
A parte la campana (lire 88,50) che gli fu do­
nata, acquistò le quattordici stazioni della Via
Crucis (lire 12) e un minuscolo organetto (li­
re 35). Si procurò anche 24 banchi e le tendi­
ne rosse per le finestre.
Però «nella cappella — dirà poi un testimone
— d’inverno e nel tempo piovoso eravamo al­
lagati, mentre d’estate eravamo soffocati dal
caldo eccessivo».
DB 2,111 Scuola in cucina (dal film)
I primi ragazzi accolti in Valdocco erano per
lo più apprendisti o bisognosi di imparare un
mestiere (più avanti vennero anche gli studen­
ti). Per loro Don Bosco deve allestire dormi­
tori, refettori, laboratori e aule scolastiche.
Per intanto non ha niente.
Egli stesso racconta: «Non potendosi avere lo­
cali per la scuola, per qualche tempo dovetti
farla in cucina o in camera mia; ma gli allie­
vi, fior di monelli, o tutto guastavano o tutto
mettevano sossopra. Si cominciarono alcune
classi in sacrestia, in coro o nelle altre parti
della chiesa; ma le voci, il canto e gli andiri­
vieni degli uni disturbavano quanto volevano
fare gli altri...».
Testimoni del tempo ricordano: «Era uno spet­
tacolo vedere alla sera le stanze illuminate, pie­
ne di ragazzi e di giovani. In piedi, dinanzi ai
cartelloni e con un libro in mano, nei banchi
intenti a scrivere, seduti per terra a scaraboc­
chiare sui quaderni le lettere grandi...» (MB
2, 347s).
Si noti quell’«in piedi dinanzi ai cartelloni».
I cartelloni erano la grande novità didattica
del tempo. Colpisce il fatto che la cucina di
mamma Margherita (a Valdocco dal 1846 al
1856, anno della sua morte), era anch’essa in­
vasa dai ragazzi e si trasformava in scuola. In
quella cucina Don Bosco portava i visitatori
dell’Oratorio, sovente pesonaggi illustri, no­
bili e ministri, e mamma Margherita conver­
sava con loro con molta semplicità.
La diapositiva, tratta dal film «Don Bosco»,
presenta un’indovinata ricostruzione di quel­
l’ambiente accogliente e popolato, che oggi sa­
rebbe definito a «pluriuso».
DB 2,112 Pianta degli edifici dell’Oratorio
negli anni 1860
Come era l’Oratorio all’incirca una ventina
d’anni dopo l’arrivo di Don Bosco a Valdoc65
co, prima che vi sorgesse la basilica di Maria
Ausiliatrice? Gli edifici da lui fatti costruire
0 adattare si allineavano su un fronte rettili­
neo che comprendeva (da sinistra a destra di
chi fosse entrato nei cortili della via della Giar­
diniera):
— la chiesa di san Francesco di Sales (costrui­
ta nel 1852);
— un fabbricato per l’ospizio, costruito nel
1856 sul posto della vecchia casa Pinardi;
— un altro fabbricato in prolungamento del
precedente, ma realizzato tre anni prima: que­
sti due fabbricati insieme vennero chiamati
«Casa Don Bosco»;
— l’edificio con le camerette di Don Bosco,
rientrante nel cortile (fu costruito in due tem­
pi: la parte sinistra nel 1853; al’altra nel 1861);
— infine la casa Filippi, acquistata nel 1860,
e restaurata l’anno successivo.
Le cinque planimetrie raffigurano (a sinistra
e dal basso): i piani sotterranei, terreno e pri­
mo; a destra, il piano secondo e terzo (o sof­
fitta).
Al piano sotterraneo erano sistemate le cuci­
ne, i refettori e le cantine.
Al piano terreno la chiesa di san Francesco di
Sales, l’ampio porticato per la ricreazione, la
sartoria e la legatoria, la falegnameria e la ti­
pografìa e un altro porticato.
Al primo piano della casa Don Bosco erano si­
tuati i vari uffici; in casa Pinardi, una came­
rata per gli studenti.
Al secondo piano della casa di Don Bosco c’e­
rano due ambienti per scuola, le camerette per
1 Salesiani, l’infermeria e, a nord, il guarda­
roba di mamma Margherita. Nelle soffitte con
abbaino avevano trovato posto i primi chieri­
ci, come Don Rua e Don Cagliero.
Nell’edificio che si prolungava a sud c’erano
la biblioteca e le camerette di Don Bosco; nel
1876, sopra un semplice portico, furono innal­
zati due piani e si ricavò la galleria in cui egli
passeggiava e confessava i ragazzi.
Così resta ancora oggi l’attuale facciata, con
le viti volute dal Santo.
In casa Filippi, chiuso un piccolo cortile in­
66
terno quadrato, si ricavarono aule scolastiche
e camerate e, al terzo piano, il grande salone
di studio.
DB 2,113 Costruzione sopra casa Pinardi
Terminata la chiesa di san Francesco, Don Bo­
sco disse: «Dopo aver preparato una casa al
Signore è necessario prepararne un’altra per
i suoi figli».
La diapositiva mostra, accanto al campanile
della chiesa di san Francesco di Sales, l’edifi­
cio costruito da Don Bosco nel 1856 sul luogo
dove un tempo sorgeva la casa Pinardi.
Don Bosco decise — forse con qualche rim­
pianto — di demolire la casa Pinardi, compre­
sa la storica tettoia che aveva costituito il pri­
mo pezzo di «terra ferma» del suo Oratorio
(MB 5,455). A quella demolizione anche i ra­
gazzi dettero una mano. Poi vennero i mura­
tori, fra i quali anche i fratelli Carlo e Giosuè
Buzzetti, che erano stati tra i primi allievi di
Don Bosco, e prolungarono l’edificio a tre pia­
ni costruito nel 1853 collegandolo al campa­
nile.
Era necessario. Infatti i ragazzi, che nel 1856
erano 170, a fine anno salirono a 200:121 stu­
denti e 78 artigiani, come troviamo scritto nei
registri.
Questa prima casa fatta innalzare da Don Bo­
sco rispecchia nello stile le case di Torino di
quel tempo, con i caratteristici abbaini che da­
vano aria e luce alle anguste stanzucce, rica­
vate sotto i tetti. Avevano anche i tipici balla­
toi che, consentendo l’accesso alle stanze dal­
l’esterno, permettevano di utilizzare al mas­
simo gli spazi interni.
Gli edifici di Don Bosco avevano pure ampi
porticati, dove i ragazzi potevano muoversi e
giocare durante il cattivo tempo. Casa Pinar­
di sorgeva lungo la via della Giardiniera, che
si perdeva in mezzo ai campi.
DB 2,114 II primo laboratorio
aperto da Don Bosco per i calzolai
Nel 1853 Don Bosco cominciò a realizzare il
suo progetto sui laboratori.
Con l’aiuto di benefattori, comprò due de­
schetti e gli attrezzi necessari, e aprì un labo­
ratorio per calzolai in una stanzetta sotto il
campanile (oggi sacrestia) della nuova cappella
Pinardi. Egli stesso ne fu il primo maestro: in­
segnò a tirare lo spago e a maneggiare la lesi­
na per rattoppare le scarpe (cf MB 4, 659).
Nel medesimo anno l’antica cucina divenne
sartoria, che vide come primi maestri mam­
ma Margherita e Don Bosco, il quale aveva
imparato a Castelnuovo, da Giovanni Rober­
to, a tagliare e cucire gli abiti. In seguito affi­
dò i sarti ad un certo Papino (cf ivi, 660).
Nei primi mesi del 1854, quasi scherzando,
aprì la legatoria sotto i portici della nuova co­
struzione a fianco della scala (oggi Libreria El­
le Di Ci). I primi lavori furono eseguiti con
un robusto ago e una colla fatta con acqua e
farina, mentre per rifilare i fogli Don Bosco
usò, tra le risate generali, la mezzaluna che
serviva a tritare le cipolle.
Verso la fine del 1865 fu iniziato il quarto la­
boratorio: la falegnameria. Anche questo, co­
me i due precedenti, si affacciava su questo
porticato (cf MB 5, 35).
DB 2,115 II refettorio dei Salesiani
Nell’anno scolastico successivo 1856-1857, le
classi riunite di prima e di seconda ginnasiale
furono affidate ad un insegnante di Foglizzo
Canavese, che prestava la sua opera gratui­
tamente.
Per accogliere altri giovani e dare ad essi un
ricovero, in modo da toglierli dalla strada, nel­
lo stretto cortile a nord di casa Pinardi eresse
una costruzione appoggiata sul muro di cinta
e ricavò tre aule. Infatti non erano più suffi­
cienti né le stanze di casa Pinardi, né quelle
della prima casa costruita nel 1853.
Al principio dell’anno scolastico 1859-1860,
Don Bosco ebbe la consolazione di avere nell’Oratorio tutte le cinque classi ginnasiali in­
terne, con più di 200 alunni.
D nuovo locale, che a pian terreno venne a tro­
varsi nel luogo dov’era la storica tettoia, fu de­
stinato a refettorio per i Salesiani. In esso Don
Bosco per molti anni sedette a mensa circon­
dato dai suoi figli; accolse amici carissimi,
umili collaboratori, benefattori insigni, ospiti
illustri come mons. Giuseppe Sarto, futuro Pio
X, e il giovane sacerdote Achille Ratti, che di­
venne Pio XI, il papa che lo glorificò.
DB 2,116 La scala che scende nello scantinato
Nella costruzione della prima parte della ca­
sa fatta nel 1853, tra le mura delle fondamen­
ta si era lasciato il terrapieno. Don Bosco non
avrebbe voluto costruire il piano sotterraneo,
ma non avendo terreno per estendere il fab­
bricato, dovette adattarsi. Infatti nel secondo
lotto di fabbricato tra la chiesa di san Fran­
cesco e la scala fece scavare subito i sotterra­
nei. La scala saliva ai piani superiori della ca­
sa, ma nella diapositiva vediamo la rampa ag­
giunta che scendeva nello scantinato dove Don
Bosco aveva collocato il refettorio dei giovani
studenti e la grande cucina.
DB 2,117 La scala
per cui scendevano gli artigiani
Nell’autunno del 1858 sotto la chiesa di san
Francesco, per tutta la lunghezza, si scavò un
sotterraneo e si rifece il pavimento. L’ampio
locale ottenuto fu destinato a refettorio degli
artigiani. Vi si accedeva scendendo una scala
accanto alla porta secondaria della chiesa, sot­
to il porticato. Il refettorio all’occorrenza ve­
niva adibito anche a teatro.
Nella diapositiva vediamo la scala oggi mura­
ta, ma ancora esistente, e si intravede anche
una gran parte del locale destinato allora a re­
fettorio.
DB 2,118 L ’edifìcio del 1853
(prima costruzione)
Nel 1852, sei anni dopo il suo arrivo a Valdocco, Don Bosco aveva già una trentina di ra­
gazzi interni. Ma continuavano a crescere di
numero, e in casa Pinardi non ci stava un let­
to in più. Così, pochi giorni dopo l’inaugura­
zione della chiesa, Don Bosco avviò i lavori per
costruire un grande edificio: quello che nella
67
diapositiva forma un angolo, a destra nella fo­
to, è il palazzo delle camerette, costruito in tre
tempi diversi: una prima parte nel 1853; la
parte non visibile nel 1861; la facciata ante­
riore nel 1876 (MB 4, 472).
Il bel palazzo a tre piani si alzava rapidamen­
te, quando la notte del 1° dicembre 1852 tut­
to rovinò con fragore, facendo accorrere molta
gente del vicinato.
Don Bosco ebbe un momento di profondo tur­
bamento. Poi si riprese, rincuorò i giovani ter­
rorizzati ma tutti salvi, e riprese da capo il la­
voro con rinnovata fiducia. L’edificio fu con­
dotto a termine nell’ottobre del 1853.
Vi trovarono ospitalità non solo i giovani che
fino a quel tempo erano stati alloggiati nella
casa Pinardi e nell’ex cappella-tettoia, ma de­
cine d’altri che ogni giorno chiedevano a Don
Bosco di essere tolti dall’isolamento e dai pe­
ricoli della strada (cf MB 4,472.508.593.657).
DB 2,119 Casa Filippi e palazzo Audisio
La diapositiva mostra due edifici aggiunti agli
altri dell’Oratorio negli anni 1860-1864.
E primo a sinistra è la casa Filippi, acquista­
ta da Don Bosco il 16 luglio 1860 per 65.000
lire. Essa comprendeva solo due piani e ospi­
tava un setifìcio. Era lunga 35 metri, e due ali
di fabbricato racchiudevano una piazzetta di
pochi metri quadrati.
Il commendator Cotta, banchiere, donò metà
dell’importo, e Don Bosco potè solo disporre
del piano superiore, che destinò a dormitorio.
Per unire le due case distanti circa sette metri
fu costruito un ponte di assi e travi. Il nuovo
edifìcio fu chiamato «Sicilia» e il passaggio lo
«stretto» (si era ai tempi della spedizione di
Garibaldi). Partiti gli inquilini, su tutta la lun­
ghezza della casa fu costruito un terzo piano
e si ricavò la grande sala-studio per 500 stu­
denti. Nei giorni di festa la sala si trasforma­
va in teatro, e ciò fino al 1894.
In questa sala fu introdotto lord Palmerston,
ministro inglese che, meravigliato della disci­
plina e del silenzio che vi regnava, ne chiese
il segreto a Don Bosco. Gli rispose: «La ragio­
68
ne, la religione e l’amorevolezza». «Avete ra­
gione: o religione o bastone! Voglio raccontar­
lo a Londra!», concluse il ministro.
L’edifìcio a destra fu costruito da Don Bosco
nel 1863-1864. Al piano terra e al primo pia­
no ospitava le scuole; al secondo piano, nuovi
dormitori. Un salesiano coadiutore, che per
anni tenne al pian terreno i magazzini dell’Oratorio, diede il suo nome all’edifìcio che, an­
cora oggi, è chiamato «Palazzo Audisio».
DB 2,120 Veduta generale
delle costruzioni ai lati delle camerette
Così si presentò per molti anni, fino al 1914,
la veduta d’insieme delle due costruzioni ai lati
delle camerette. Fa stupire come in pochi an­
ni Don Bosco, senza denari, abbia potuto rea­
lizzare opere così imponenti per i suoi ragazzi.
A sinistra, lungo la via Giardiniera, si esten­
deva la tettoia Filippi, divenuta proprietà di
Don Bosco nella primavera del 1862. Egli vi
costruì sopra un edifìcio che misurava 60 me­
tri di lunghezza, 7,20 di larghezza e 12 di al­
tezza. Vi trovarono posto una nuova portine­
ria, una sala per ricevere i parenti degli alun­
ni, il deposito di carta e la tipografia. La par­
te superiore fu destinata a dormitori (MB 7,
114). Nel suo insieme risultò una casa molto
povera, ma vi regnava un caldo clima di fa­
miglia.
DB 2,121 Casa Pinardi - Camerette Casa Filippi
Nella precedente diapositiva abbiamo visto
frontalmente il lato sud delle costruzioni ese­
guite da Don Bosco. Questa antica fotografìa
del 1910 circa, ripresa forse dalla cupola del
Santuario di Maria Ausiliatrice, presenta le
prime costruzioni realizzate da Don Bosco sul­
la vecchia «casa Pinardi», il prolungamento del
fabbricato delle «camerette» e la casa Filippi
(dopo gli adattamenti apportati nel 1863).
Sul terreno coltivato a orto, che era a nord del­
la vecchia casa Filippi, vediamo un edifìcio che
Don Rua fece costruire nel 1909 per gli stu­
denti: al secondo piano vi erano le aule, e al
terzo piano la grande sala di studio per 400
studenti, che doveva sostituire quella di casa
Filippi, ormai tutta puntellata. Più a nord,
nell’orto, vi erano magazzini e depositi vari.
La modestissima casa Pinardi rappresentò un
traguardo atteso ma provvisorio per Don Bo­
sco. In seguito vennero altre modeste costru­
zioni che costituirono il nucleo storico di Valdocco.
DB 2,122 L ’ingresso all’Oratorio
La diapositiva presenta il colpo d’occhio riser­
vato al visitatore che fosse entrato in Valdocco dalla portineria accanto alla Basilica.
Questo scenario rimase pressoché identico dal
1868, quando la Basilica fu inaugurata, fino
al 1910, quando venne demolito l’edificio (vi­
sibile sulla destra) posto in diagonale, che se­
parava il cortile detto degli artigiani da quel­
lo (completamente nascosto) degli studenti. Più
sul fondo è visibile la continuazione del palazzo
delle «camerette».
Così si presentava l’ingresso dell’Oratorio, ed
era il percorso obbligato per raggiungere la
camerette di Don Bosco.
Questo passaggio sul limite del cortile dei gio­
vani artigiani fu testimone di tante vicende del­
l’Oratorio, tra cui l’arrivo di visitatori illustri,
e soprattutto le partenze di Don Bosco e le fe­
stose accoglienze al suo ritorno. I ragazzi si
stringevano attorno a un Don Bosco di solito
stanco, ma felice di ritrovarsi tra i suoi ami­
ci. Non mancava mai qualche discorsetto di
circostanza e, da parte di Don Bosco, le pri­
me notizie sul viaggio, con l’appuntamento a
più tardi — magari alla buonanotte — per tan­
te informazioni curiose e «di famiglia».
DB 2,123 II cortile degli artigiani
Tra la costruzione lungo la via Giardiniera de­
stinata a tipografia e a camerate, e quella lun­
go la via Cottolengo destinata a magazzini, che
terminava con la nuova portineria, e il lato est
della Basilica, si trovava il cortile degli arti­
giani. I loro giochi erano i più movimentati:
talora vi partecipava Don Bosco stesso, vin­
cendo i giovani nella corsa.
Stefano Castagno, un ragazzo di quel tempo,
testimoniava: «Don Bosco era sempre il pri­
mo nei giochi, l’anima delle ricreazioni. Non
so come facesse, ma si trovava in ogni angolo
del cortile, in mezzo ad ogni gruppo di giova­
ni. Con la persona e con l’occhio ci seguiva
tutti. Noi eravamo scarmigliati, talvolta sudi­
ci, importuni, capricciosi. Ed egli provava gu­
sto a stare con i più miseri. Per i più piccoli
aveva un affetto da mamma. Spesso si bistic­
ciava, ci si pestava. E lui a dividerci. Alzava
la mano come per percuoterci, ma non pic­
chiava mai, ci tirava via a forza prendendoci
per le braccia».
DB 2,124 II cortile degli studenti
Cresciuto il numero degli studenti, Don Bo­
sco destinò a loro cortile lo spazio davanti al­
la casa Pinardi, alle sue camere e la nuova co­
struzione lungo la via Giardiniera. Questa era
ombreggiata da un filare di gelsi, tagliava in
diagonale l’Opera Salesiana di allora e servi­
va da confine alla proprietà di Don Bosco.
Sul lato dell’Oratorio la via era fiancheggiata
da un muricciolo, su cui si apriva il portone
d’ingresso con campanella, e in continuità vi
era una piccola tettoia.
Nel 1862 Don Bosco, sempre affamato di spa­
zio, sostituì alla modesta tettoia un solido edi­
ficio di due piani lungo 60 metri, che vedia­
mo a sinistra nella foto. Per mezzo secolo que­
sto edifìcio si prestò docilmente alle utilizza­
zioni più varie, finché tra il 1912 e il 1914 ven­
ne demolito. Ma allora, non appena Don Bo­
sco ebbe acquistato il vicino terreno per co­
struire la Basilica, l’edifìcio servì da separa­
zione fra il cortile destinato agli studenti (quel­
lo della diapositiva) e il cortile degli artigiani.
In quel cortile Don Bosco giocava con i suoi
ragazzi.
Finché potè, fu l’anima delle ricreazioni. I suoi
exallievi così lo ricordano: «L’aureola di bon­
tà che gli splendeva in fronte esercitava un fa­
scino irresistibile sui giovani. Bastava che egli
69
comparisse in cortile, perché tosto al primo ve­
derlo fosse un correre attorno per baciargli la
mano e stare vicino a lui, ed egli a parlare,
a ridere, a scherzare, volgendo qua e là lo
sguardo benigno e accostando l’orecchio a chi
mostrasse di aver segreti da confidargli. I gio­
vani, insomma, lo amavano e godevano di at­
testargli il loro amore».
DB 2,125 II cortile dell’Oratorio Festivo
L’Oratorio fu l’inizio e il cuore di tutta l’ope­
ra di Don Bosco, e rimane ancora oggi la me­
ravigliosa istituzione popolare a cui è partico­
larmente legato il nome del grande Apostolo
della gioventù.
L’Oratorio esterno crebbe e prosperò costan­
temente accanto all’ospizio interno popolato
di giovanetti studenti e artigiani.
Le difficoltà dovute alla ristrettezza dei locali
e dei cortili per la ricreazione da principio era­
no facilmente superate con una fraterna inte­
sa tra interni ed esterni, che formavano allo­
ra quasi una famiglia sola. Don Bosco conti­
nuò ad occuparsi di loro soprattutto collocan­
doli a lavoro presso buoni padroni. Ricorda
Giuseppe Buzzetti: «Conobbi centinaia di ra­
gazzi che venivano all’Oratorìo privi di istru­
zione e di sentimenti religiosi, e che cambia­
rono condotta in brevissimo tempo. Si affezio­
navano talmente al nostro Oratorio, che non
se ne staccavano più».
Aumentando man mano gli interni, gli oratoriani durante gli anni ’60 si videro a poco a
poco emarginati, e diminuirono di numero.
Ma una volta costruita la Basilica, la situazio­
ne migliorò e Don Bosco affidò l’Oratorio a
Don Giulio Barberis. Gli oratoriani poterono
utilizzare come loro chiesa quella di san Fran­
cesco di Sales, e per i giochi un’ampia fascia
di terreno lungo la nuova Basilica.
Nel 1880 Don Bosco acquistò per 12.000 lire
un’altra striscia di terreno, su cui sorgeva an­
che una casetta. Era la «casa Nelva», piccoli­
na, ma divenne la direzione dell’Oratorio Fe­
stivo e servì a lungo ed egregiamente allo
scopo.
70
La diapositiva presenta a destra la sacrestia
della Basilica, sul fondo la facciata della chie­
sa di san Francesco di Sales, a sinistra la nuo­
va tipografia e, al centro, lo spazio piuttosto
angusto per i giochi degli oratoriani (foto po­
steriore al 1884).
DB 2,126 Don Bosco
portato in trionfo dai giovani
(antica illustrazione)
Quanto i ragazzi dell’Oratorio Festivo voles­
sero bene a Don Bosco lo dimostra un parti­
colare che egli stesso ha raccontato nelle «Me­
morie per l’Oratorio». D brano descrive il mo­
mento dell’addio dei ragazzi alla sera della do­
menica, ai tempi eroici del primo Oratorio
(MO 178).
«Una scena singolare — ha scritto Don Bosco
— era la partenza dall’Oratorio. Usciti di chie­
sa, ciascuno dava mille volte la buona sera sen­
za punto staccarsi dai compagni. Io avevo un
bel dire: “Andate a casa perché si fa notte e
i parenti vi attendono” . Era inutile. Bisogna­
va che li lasciassi radunare, mentre sei dei più
robusti facevano con le braccia una specie di
sedia sopra cui, come sopra un trono, era gio­
coforza che io mi ponessi a sedere. Messisi
quindi in ordine in più file, portando sopra
quel palco di braccia Don Bosco —il quale così
sollevato superava i più alti di statura — pro­
cedevano cantando, ridendo e schiamazzan­
do fino al circolo detto comunemente il Rondò.
Colà si cantavano alcune lodi; fattosi poi pro­
fondo silenzio, io potevo allora augurare a tutti
buona sera e buona settimana. Tutti, con
quanta voce avevano, rispondevano: “Buona
sera!” . In quel momento io venivo deposto dal
mio trono. Ognuno andava in seno della pro­
pria famiglia, mentre alcuni dei più grandi­
celli mi accompagnavano fino a casa mezzo
morto per la stanchezza».
Fin qui Don Bosco. La diapositiva mostra elo­
quentemente la scena in una delle prime illu­
strazioni dell’Oratorio. Affermava Don Lui­
gi Nai, uno dei primi Salesiani: «Don Bosco
per noi era tutto».
DB 2,127 Giovani apprendisti in officina
I primi ragazzi di cui Don Bosco si occupò era­
no giovani operai o apprendisti, o semplicemente immigrati delle campagne in cerca di
lavoro. Procurava loro un padrone. E appe­
na potè li ospitò anche nell’Oratorìo: chi si fer­
mava qualche anno, chi qualche mese, chi tut­
ta la vita. Non li affidava al primo padrone
che capitasse, ma si informava sulla sua one­
stà e pretendeva per i suoi protetti giuste con­
dizioni di lavoro e di salario. Occorrendo, to­
glieva i suoi giovani da un posto per affidarli
a un padrone più onesto e fidato.
Non solo, ma si recava a trovare i ragazzi fin
sul lavoro. «Andavo a visitarli — ha raccon­
tato lui stesso — in mezzo ai loro lavori nelle
officine, nei cantieri. Tale cosa produceva
grande gioia ai miei giovanetti, che vedevano
un amico prendersi cura di loro; e faceva pia­
cere anche ai padroni che prendevano volen­
tieri alle loro dipendenze giovani assistiti lun­
go la settimana e nei giorni festivi».
Ben presto questi padroni impararono a co­
noscere Don Bosco e a fidarsi dei suoi ragaz­
zi: il fatto che fossero presentati da lui era una
garanzia. E si rivolgevano a lui quando ave­
vano bisogno di un apprendista, sapendo per
esperienza che i suoi raccomandati sarebbero
risultati obbedienti, onesti e laboriosi.
DB 2,128 Contratto di lavoro
Nell’archivio della Congregazione Salesiana si
conservano alcuni documenti rari: un contrat­
to di «apprendizzaggio» in carta semplice, da­
tato novembre 1851; un secondo contratto, pu­
re di «apprendizzaggio», in carta bollata da
centesimi 40, con data 8 febbraio 1852; e altri
datati intorno al 1855, già ben strutturati. Tut­
ti sono firmati dal datore di lavoro, dall’ap­
prendista e da Don Bosco.
Nella diapositiva leggiamo la «Convenzione tra
il Signor Giuseppe Bertolino, mastro minusiere (falegname), e il giovane Giuseppe Odasso... con intervento del rev. sacerdote Giovan­
ni Bosco...».
Don Bosco, che sa a quali pericoli gli appren­
disti vanno incontro, per mezzo del contratto
li difende. Ci sono padroni che utilizzano i gar­
zoni come servitori e sguatteri, e nel contrat­
to li obbliga a impiegarli solo nel loro mestie­
re. Si preoccupa della salute, del riposo festi­
vo, delle ferie annuali. Esige uno stipendio
progressivo. Più ancora, esige che il datore di
lavoro si comporti non da padrone, ma da pa­
dre, intervenendo «relativamente alla condotta
morale e civile (dell’apprendista) con quegli
opportuni salutari avvisi che darebbe un buon
padre al proprio figlio; correggendolo amore­
volmente in caso di qualche suo mancamen­
to, sempre però con parole semplici di ammo­
nizione, e mai con atto alcuno di maltratta­
mento».
I due contratti firmati da Don Bosco riman­
gono tra i più antichi conservati a Torino, e
sono la prova più autentica del suo amore ver­
so i giovani.
Don Bosco, inoltre, nel 1850 dà inizio tra i ra­
gazzi del suo Oratorio ad una «Società di mu­
tuo soccorso» di struttura semplicissima: una
cassa comune, piccole quote individuali, lar­
gizioni libere di donatori, al fine di provvede­
re i sussidi quotidiani al piccolo operaio disoc­
cupato o infermo. Sappiamo che per qualche
anno questa società fu fiorente e crebbe di
numero.
DB 2,129 I laboratori dei falegnami
e dei fabbri
Don Bosco voleva che i suoi ragazzi, prima di
arrivare alle botteghe e fabbrichette di Tori­
no, imparassero un mestiere per bene e fosse­
ro così in grado di farsi valere e rispettare dai
datori di lavoro.
Nel 1853 aveva iniziato la calzoleria e, nello
stesso anno, la sartoria. Nel 1856 aperse il la­
boratorio dei falegnami al piano terra, sotto
le camerette, oggi negozio di oggetti religiosi.
Lo popolò con i ragazzi prima messi a garzo­
ne in città e fu ben lieto di poterli preparare
all’interno delle mura sicure del suo Oratorio.
II laboratorio che più desiderava era la tipo­
71
grafia, ma per questo dovette aspettare fino
al 1861.
Nel 1862 aprì il suo sesto laboratorio: l’offici­
na dei fabbri-ferrai (da cui sarebbero poi de­
rivati i laboratori di meccanica) nell’aula del­
la scuola diurna per esterni, lungo la via Giar­
diniera. Capo d’arte dell’officina divenne pre­
sto un certo G. B. Garando, bravo cristiano
all’antica e vero artista, che preparava bene
i ragazzi, e non cessava di dire: «Benedetto il
giorno in cui Don Bosco mi accettò in casa
sua». Purtroppo morì dopo soli quattro anni,
ma ebbe tempo di preparare con i suoi ragaz­
zi tutte le ferramenta della basilica di Maria
Ausiliatrice (MB 7, 116).
In quell’anno 1862 gli artigiani interni dell’Oratorio erano circa 300, sempre troppo pochi
per i sogni di Don Bosco. La foto dei falegna­
mi e dei meccanici, le prime tramandateci che
si vedono nella diapositiva, sono molto poste­
riori.
DB 2,130 Attestati di riconoscenza dei giovani
a Don Bosco
Alla simpatia e all’affetto di Don Bosco i ra­
gazzi rispondevano con viva gratitudine. La
diapositiva presenta tre curiosi attestati di riconoscenza scritti da tre giovani al loro santo
Educatore in occasione della sua festa onoma­
stica. Uno è a forma di cuore; un secondo è
una cedola bancaria che autorizza Don Bosco
a riscuotere dal firmatario «6 mesi di buona
condotta»; la terza è una fattura libraria che
elenca buoni propositi invece di libri.
Don Bosco gradiva molto queste manifestazio­
ni di affetto, perché sosteneva che i ragazzi de­
vono accorgersi di essere amati, e lettere co­
me queste erano il segno che essi lo sentivano
e gli erano riconoscenti.
DB 2,131 La banda dell’Oratorio
«Un oratorio senza musica è un corpo senza
anima». Queste parole di Don Bosco dicono
molto circa le sue idee sull’argomento. È un
fatto che l’allegria dei ragazzi passa spesso e
volentieri attraverso la musica, e Don Bosco
72
lo sapeva bene. Voleva che i suoi ragazzi suo­
nassero, e mise nelle loro mani gli strumenti,
dai più facili ai più difficili.
D’autunno li portava in gita per le colline del
Monferrato, e la comitiva comprendeva sem­
pre una piccola banda. Mentre passavano per
i paesi, tutta la gente usciva sulle porte a ve­
dere, sentire e applaudire.
E con la musica Don Bosco otteneva lo scopo
di riempire il tempo libero. «I ragazzi — di­
ceva —bisogna tenerli occupati. Oltre la scuo­
la o il mestiere è necessario impegnarli a pren­
dere parte alla musica... La loro mente sarà
in continuo lavoro. Se non li occupiamo noi,
si occupano da sé...».
Lasciando l’internato, gli exallievi potevano
continuare a suonare nella banda dell’Oratorio festivo, e per questa banda Don Bosco com­
pilò un regolamento. Raccomandava di pre­
starsi volentieri per le occasioni religiose, ma
di non andare in giro nei teatri, e soprattutto
di aiutarsi fraternamente a vicenda.
Don Bosco voleva che i ragazzi suonassero be­
ne. Ma se per caso le esecuzioni non erano pro­
prio da conservatorio, allora ricordava ai su­
percrìtici: «La musica dei ragazzi si ascolta col
cuore!».
La diapositiva presenta la banda dell’Oratorio nell’anno 1861 (?). Accanto a Don Bosco
figurano, tra gli altri, il chierico Cagliero (poi
eccellente compositore), Giuseppe Buzzetti,
che fu a lungo direttore della banda, e il futu­
ro maestro Giuseppe Dogliani.
DB 2,132 II teatro, mezzo di educazione
Un giorno capitò all’Oratorio Giuseppe Brosio, un giovane che fin dal 1841 aveva comin­
ciato ad aiutare Don Bosco.
Vestiva sempre la divisa militare, e quindi i
giovani lo chiamavano il «bersagliere».
Con il consenso di Don Bosco, egli formò una
squadra di ginnastica con i giovani più viva­
ci. Si ottennero dal governo duecento vecchi
fucili, con un bastone al posto della canna. Il
«bersagliere» portò la sua tromba, e dopo
qualche tempo l’Oratorio aveva un piccolo
reggimento di soldatini comandati da lui.
In tutte le solennità la «milizia oratoriana» pre­
stava servizio per il buon ordine delle funzio­
ni in chiesa e nell’interno della casa, e talora
eseguiva dei saggi e delle evoluzioni così ben
fatte che servivano di lieto spettacolo e riscuo­
tevano grandi applausi.
Un altro giovane molto in gamba fu Carlo Tomatis, che dimorò all’Oratorio fino al 1861.
Con l’approvazione e il consiglio di Don Bo­
sco, incominciò a radunare i giovani in una
stanza di casa Pinardi per divertirli con pia­
cevoli scherzi improvvisati.
Il marchese Fassati regalò un giorno una bel­
la compagnia di burattini che il Tomatis, con
l’aiuto di un certo Chiapperò, faceva ballare
e recitare con burle e motti piacevolissimi
(1849-1851).
Nell’autunno del 1858, sotto la chiesa di san
Francesco di Sales, il sotterraneo che serviva
da refettorio servì anche da teatro. Il palcoscenico si preparava volta per volta, e su di
esso recitarono brillantemente le loro parti Do­
menico Bongiovanni, un vero Gianduja, Gastini, Tomatis, Cora e molti altri. Negli anni
’60 si recitò nella grande sala di studio in ca­
sa Filippi; verso la fine del secolo in un teatro
vero.
A Don Bosco stava a cuore il teatrino perché,
come scrisse nel suo «Regolamento», vedeva
in esso non solo un mezzo di divertimento, ma
prima ancora un modo piacevole per istruire
ed educare i giovani. Scrisse egli stesso alcu­
ne opere teatrali, e incoraggiò altri salesiani
a fare altrettanto, perfino con opere in lati­
no. Mediante il teatro fece conoscere e capire
il «sistema metrico decimale», introdotto al­
lora; e a questi spettacoli invitava anche per­
sonaggi illustri di Torino.
La diapositiva presenta tre libretti di teatro
scritti da Don Bosco, e un programma teatrale
in suo onore che ha per protagonista uno dei
suoi ragazzi più affezionati: Carlo Gastini, un
vero talento teatrale. Da exallievo tornava so­
vente all’Oratorio per dire a Don Bosco la sua
gratitudine nel modo che gli era più congenia­
le, cioè recitando. Si definiva ed era il «mene­
strello di Don Bosco».
DB 2,133 Scuola di canto
Don Bosco amò la musica fin da ragazzo.
Quando incominciò gli studi a Castelnuovo,
approfittando di occasioni favorevoli imparò
il canto e a suonare il pianoforte, l’organo e
anche il violino. Intuì e sperimentò il valore
educativo della musica, e volle che fosse colti­
vata in ogni casa salesiana. Il primo maestro
di musica alI’Oratorio fu lui stesso, che com­
pose anche canzoncine e lodi sacre di stile po­
polare.
Faceva scuola di canto a molti ragazzi insie­
me; questa scuola collettiva e i cori giovanili
furono allora una grande novità. Molti sacer­
doti chiedevano che questi ragazzi andassero
a cantare nelle loro chiese in occasione di fe­
ste. Il loro contegno e la loro bravura edifica­
vano i fedeli, perché Don Bosco li aveva abi­
tuati a considerare il canto sacro come auten­
tica preghiera.
AlPOratorio la musica faceva parte di quella
letizia di cui scriveva a un suo amico il chieri­
co Domenico Ruffino: «Qui sono tutti allegri,
ma di una allegria veramente celeste».
La Provvidenza regalò a Don Bosco uomini
musicalmente assai dotati, come Giovanni Cagliero e Giuseppe Dogliani. Il Cagliero, futu­
ro cardinale, a 22 anni aveva già composto set­
te romanze, divenute molto popolari. Nel
1868', per la consacrazione della chiesa di Ma­
ria Ausiliatrice, scrisse una grandiosa Messa
a quattro voci, detta di Santa Cecilia, che fu
un vero successo. Nel 1875, partendo per le
missioni d’America, lasciava nel maestro Do­
gliani un discepolo degno di sostituirlo nella
direzione della scuola di canto e di banda.
Dogliani si rese insuperabile nell’arte di istrui­
re grandi cori, e la sua banda non di rado ri­
portò vittoria in concorso con le bande più ce­
lebrate.
Anche oggi una schiera di valenti salesiani con­
tinua la gloriosa tradizione del bel canto e della
musica iniziata da Don Bosco.
73
DB 2,134 Lettere di Don Bosco ai suoi ragazzi
Anche da lontano, Don Bosco viveva con il
pensiero accanto ai suoi ragazzi non solo di To­
rino, ma di ogni casa salesiana. Li pensava,
li sognava, e scriveva loro lettere che sono un
capolavoro di patema bontà.
La diapositiva ci mostra la prima facciata di
tre lettere, indirizzate ai ragazzi di Valdocco,
di Mirabello e di Lanzo.
Dal santuario di Oropa, il 16 agosto 1863 scri­
ve ai «carissimi figlioli studenti di Valdocco».
Descrive le meraviglie del santuario, dei monti
che lo circondano, dei pellegrini che l’affolla­
no. Ad un tratto dice: «Ma in mezzo a tanta
gente il mio cuore provava un vivo rincresci­
mento. Perché? Non vedeva i miei cari gio­
vani».
E il 30 dicembre 1863: «Amati figliuoli del pic­
colo seminario di Mirabello. La grazia di
N.S.G.C. sia sempre con voi!». Poi afferma
che, non potendo tornare a fare loro visita, si
è recato più volte tra loro «a vederli con lo spi­
rito». Li ha osservati ad uno ad uno, e ora dà
opportuni consigli: perché i buoni siano inco­
raggiati a perseverare, i tiepidi procurino di
accendersi e riscaldarsi di amor di Dio e chi ne
ha bisogno si rialzi dallo stato in cui si trova.
Il 3 gennaio 1876 scrive: «Ai miei cari amici
del collegio di Lanzo. Lasciate che ve lo dica,
e niuno si offenda, voi siete tutti ladri; lo dico
e lo ripeto, voi mi avete preso tutto. Quando
10 fui a Lanzo, mi avete incantato con la vo­
stra benevolenza ed amorevolezza; mi avete le­
gate le facoltà della mente colla vostra pietà;
mi rimaneva ancora questo povero cuore, di
cui già mi avete rubati gli effetti per intiero.
Ora la vostra lettera segnata da 200 mani ami­
che e carissime hanno preso possesso di tutto
questo cuore; ivi nulla più è rimasto, se non
un vivo desiderio di amarvi nel Signore, di far­
vi del bene, salvare l’anima di tutti».
DB 2,135 Foto di Don Bosco tra i giovani
In questa foto del 1861 c’è tutto Don Bosco!
11buon padre è attorniato da un gruppo di gio­
74
vani dell’Oratorio di Valdocco: i più fortuna­
ti, che rappresentano migliaia e migliaia di ra­
gazzi di tutto il mondo.
Si stringono attorno a lui, gli fanno corona,
vanno a gara per essergli più vicino.
È il documento più bello, più reale della mis­
sione di Don Bosco: «Essere con i giovani, vi­
vere con i giovani e vivere per i giovani».
DB 2,136 Verbale di fondazione
della Congregazione Salesiana
e taccuino di Don Rua
Il 26 gennaio 1854, in una giornata di freddo
rigido, Don Bosco raduna nella sua stanza
quattro giovanotti, i migliori del suo Orato­
rio. Serio e raccolto, dice loro come leggendo
il futuro: «La Madonna vuole che iniziamo una
società. Avremo oratori vasti e spaziosi, chie­
se, case, scuole, laboratori... Ho pensato a lun­
go che nome darle. Ho deciso che ci chiamaremo SALESIANI».
Per non dimenticare quel giorno, il chierico
Rua su un piccolo taccuino scrisse: «La sera
del 26 gennaio 1854 ci radunammo nella stan­
za di Don Bosco: esso Don Bosco, Rocchietti,
Artiglia, Cagliero e Rua; e ci venne proposto
di fare con l’aiuto del Signore e di San Fran­
cesco di Sales una prova di esercizio pratico
della carità verso il prossimo, per venire poi
ad una promessa; e quindi, se sarà possibile
e conveniente, di farne un voto al Signore. Da
tale sera fu posto il nome di Salesiani a coloro
che si proposero e si proporranno tale eserci­
zio».
Quello storico documento è un piccolo taccui­
no di mm 55 x 91, con copertina di seta rossa,
che si vede a sinistra. Lo scritto occupa solo
la prima facciata. Quel primo seme impiegò
più di cinque anni a maturare. Don Bosco do­
vette risolvere molti e gravi problemi per rea­
lizzare la sua opera.
Lo sviluppo dell’Oratorio richiedeva sempre
più persone che si dedicassero ai ragazzi, a
tempo pieno. Le prestazioni occasionali di
amici e volenterosi, pur preziosissime, non ba­
stavano più. Una congregazione sarebbe sta-
ta la soluzione di ogni problema. Ma quelli
erano gli anni in cui in Italia il governo sop­
primeva le congregazioni... Eppure Don Bo­
sco osò andare contro corrente, e la spuntò.
Ne parlò con il Papa, ne stese quasi in segreto
le prime regole e il 19 dicembre 1859, ai 19
futuri salesiani riuniti nella sua camera parlò
di «costituire formalmente una Congregazio­
ne Religiosa», dei «voti di povertà, castità e ob­
bedienza». Concluse dicendo: «Vi lascio una
settimana di tempo per pensarci».
All’uscita ci fu un silenzio imbarazzato. Alcuni
borbottavano che aiutare Don Bosco era un
conto, ma «diventare frati» era un’altra cosa.
Fu allora che Cagliero uscì nella storica fra­
se: «Frate o non frate, io rimango con Don
Bosco!».
Nella parte destra della foto c’è un quaderno
di 24 p., di cm 14,7x20,3, senza copertina,
che contiene i verbali delle riunioni dal 1859
al 1869. Le prime 3 pagine contengono il ver­
bale del 18.12.1859, scritte dal eh. Ghivarel10 e firmato da Don Bosco e da Don Alasonatti.
11 documento riportato apre «Nel nome di no­
stro Signore Gesù Cristo», elenca i nomi dei
presenti alla riunione «nella camera del sacer­
dote Bosco Giovanni, alle ore nove pomeridia­
ne», e spiega: «Piacque pertanto ai medesimi
Congregati di erigersi in Società o Congrega­
zione, che ...si proponesse di promuovere la
gloria di Dio e la salute delle anime, specialmente delle più bisognose d’istruzione e di
educazione... Pregarono unanimi Lui (Don
Bosco), iniziatore e promotore, a gradire la ca­
rica di Superiore Maggiore...», e assegnaro­
no le altre cariche.
L’avventura salesiana era cominciata (MB 6,
335).
DB 2,137 Diciotto firme dei primi Salesiani
Si legge nella cronaca di Don Ruffino: «L’11
giugno abbiamo sottoscritto le regole della
Congregazione di S. Francesco di Sales per
mandarle all’Arcivescovo Fransoni; e facem­
mo tra noi promessa solenne che se per mala
ventura a cagion della tristezza dei tempi non
si potessero fare i voti, ognuno in qualunque
luogo si troverà, fossero anche tutti i nostri
compagni dispersi, non esistessero più che due
soli, non ce ne fosse più che un solo, costui si
sforzerà di promuovere questa Pia Società, e
di osservarne sempre, per quanto sarà possi­
bile, le regole». Ecco il prezioso documento,
con le loro firme.
DB 2,138 Quadro di san Francesco di Sales
Ecco un quadro di san Francesco dipinto dal
Boumont, regalato a Don Bosco da qualche be­
nefattore. Egli lo fece collocare sopra uno dei
tre altari di marmo che si trovavano nel coretto fra le due sacrestie, dietro la chiesa di
M.A. Il quadro ora si trova nel museo Ma­
riano sotto la basilica.
Don Bosco aveva scelto san Francesco di Sa­
les come patrono del suo primo oratorio.
A lui dedicò la prima povera cappella, inau­
gurata l’8 dicembre del 1844 al Rifugio. Quan­
do il 12 aprile 1846 prese possesso della tet­
toia Pinardi, benedisse il povero edificio de­
dicandolo a san Francesco di Sales, e collocò
sull’altare il quadro del santo che aveva por­
tato con sé dal Rifugio. Nella sua missione tra
i giovani si ispirò sempre al vescovo di Gine­
vra per la sua mansuetudine e dolcezza; inti­
tolò a lui la sua congregazione, mentre i suoi
primi figli spirituali nel 1854 cominciarono a
essere chiamati «Salesiani» (MB 5, 9).
DB 2,139 Manoscritto delle Regole
e prima stampa
L’elaborazione delle Regole costò a Don Bo­
sco due anni di lavoro, cominciato nel 1855.
Quale sia stato precisamente il testo primige­
nio, non è possibile determinarlo, mancando
affatto i documenti. Un testo pubblicato nel
V volume delle «memorie Biografiche», quel­
lo presentato nel 1858 a Pio IX, ha il merito
di essere il più antico da noi posseduto.
A parecchi salesiani Don Bosco narrò un col­
po mancino infertogli da satana.
Era notte inoltrata. Nell’atto che scriveva le
parole finali «Ad maiorem Dei gloriam», il ta­
75
volino sobbalza, il calamaio si rovescia e l’in­
chiostro inonda il manoscritto; poi questo vo­
la turbinosamente per la camera e si abbatte
tutto scompaginato sul pavimento.
Lo scritto restò così malamente imbrattato da
essere illeggibile, tanto che Don Bosco fu co­
stretto a rifare il lavoro da capo.
Le Regole scritte dovevano essere portate a co­
noscenza di coloro a cui sarebbe toccato di os­
servarle. Nel 1857 l’ora parve scoccata.
Aveva allora otto fra chierici e giovani studenti
ben animati.
Prese a leggere loro di tratto in tratto qual­
che parte delle Regole compilate. In un collo­
quio con Urbano Rattazzi, il ministro gli con­
sigliò di fondare una società che in faccia al
governo fosse un’associazione di liberi citta­
dini, uniti a scopo di beneficenza. Don Bosco
ebbe uno «sprazzo di luce».
Confidatosi col Cafasso, con vescovi e teolo­
gi, desiderava sentire il parere del suo arcive­
scovo, esule da sette anni a Lione. Gli scrisse,
e l’ottimo pastore gli consigliò di parlarne con
Pio IX. Partì il 18 febbraio 1858, e all’udien­
za del 9 marzo, incoraggiato dal Papa, espose
in lungo e in largo quanto faceva a Torino con
l’opera degli Oratori.
Il Papa ad un certo punto gli chiese: «Ma se
veniste a morire, che ne sarebbe dell’opera vo­
stra?». Don Bosco allora presentò la commen­
datizia di mons. Fransoni. Pio IX, scorsa la
lettera, esclamò contento: «Si vede che andia­
mo tutt’e tre d’accordo!». Lo invitò a riflette­
re e a ritornare qualche giorno dopo.
Lo ricevette con bontà paterna il 21 sera, e gli
disse: «Ho pensato al vostro progetto per il be­
ne della gioventù. Bisogna attuarlo. Perciò mi
sembra necessaria una nuova Congregazione
Religiosa: sia una Società con voti, perché sen­
za voti non si manterrebbe l’unità di spirito
e di opere; ma questi voti debbono essere
“ semplici” e da potersi facilmente sciogliere.
Le Regole siano miti e di facile osservanza, la
foggia di vestire, le pratiche di pietà non la fac­
ciano segnalare in mezzo al secolo. Studiate
il modo che ogni membro di essa in faccia al­
76
la Chiesa sia un religioso e nella civile società
sia un libero cittadino».
Allora Don Bosco gli presentò il nuovo mano­
scritto delle Regole.
In una terza e ultima udienza, il 6 aprile, Pio
IX glielo restituì con alcune note e modifica­
zioni fatte di propria mano.
Nella diapositiva si vede a sinistra la stampa
delle regole del 1860 destinata a mons. Franzoni. A destra vi è la prima pagina manoscritta
delle costituzioni.
DB 2,140 Decreto di approvazione
della Società Salesiana (1 ° marzo 1869)
Gli anni 1867-1873 videro Don Bosco ritocca­
re, modificare, correggere le Regole nell’in­
tento di renderle sempre più adeguate alle ri­
chieste dei suoi interlocutori e alle esigenze del­
lo sviluppo della Congregazione nel nuovo con­
testo politico italiano che si era creato con la
presa di Roma nel 1870. In quegli stessi anni
la Società Salesiana, oltre a un decisivo svi­
luppo di opere, ricevette l’approvazione dio­
cesana del vescovo di Casale Monferrato. Que­
sta gioia venne presto turbata dalle riserve
avanzate da altri vescovi, e in particolare dal­
l’arcivescovo di Torino, mons. Lorenzo Ga­
staldi.
La richiesta di Don Bosco di «approvazione
dell’istituto e delle Costituzioni» non venne ac­
colta dalla Sacra Congregazione di Roma.
Ulteriori sforzi chiarificatori portarono, in da­
ta 19 febbraio 1869, all’approvazione pontifi­
cia della Società, e il 1° marzo alla emissione
del relativo decreto (vedi diapositiva) scritto
dalla Curia Arcivescovile di Torino, su carta
intestata, al vicario Giuseppe Zappata.
Ma l’approvazione dell’istituto non era ancora
l’approvazione definitiva delle Costituzioni.
Don Bosco dovette più volte rielaborarne il te­
sto, tenendo conto delle osservazioni che gli ve­
nivano da Roma. Finalmente, il voto papale
del 3 aprile 1874 rendeva definitiva l’appro­
vazione delle Regole.
Dieci giorni dopo, il decreto della S. Congre-
gazione competente metteva fíne a una prati­
ca durata oltre 15 anni.
DB 2,141 Foto dei Salesiani dell'Oratorio
con Don Bosco (1870)
I bisogni delPOratorio erano cresciuti e Don
Bosco non vi poteva più attendere da solo.
II Signore gli mandava un degnissimo sacer­
dote. L’aveva incontrato e conosciuto agli
Esercizi Spirituali a Lanzo, e con lui era ri­
tornato a Torino. Poco dopo accettò il suo in­
vito: «Venga ad aiutarmi a dire il breviario!».
E Don Vittorio Alasonatti fu il primo aiutan­
te sacerdote.
Poco più tardi tra i suoi giovani uscirono i pri­
mi salesiani sacerdoti.
La foto dell’anno 1870, e presenta Don Bosco
con 18 dei suoi 102 salesiani. In prima fila, da
sinistra: Don Costamagna, Don Cagliero, Don
Durando, Don Bosco, Don Lazzero, Don Sa­
vio, eh. Pellegrini, eh. Barberis, eh. Bertello
(cf MB 10,96). Erano uomini cresciuti accanto
a lui, ben formati e temprati al sacrificio, al­
l’eroismo, e che di lì a poco si sarebbero sparsi
per il mondo per continuare la missione tra
i giovani con la parola d’ordine: «Andate e fate
come avete visto fare all’Oratorio».
In un decennio dalla fondazione la Congrega­
zione si è dunque fatto le ossa. Don Bosco ha
già aperto sei case, oltre a quella di Valdocco.
E quanti avvenimenti in quegli anni! 1855: il
chierico Rua, l’uomo che farà «a metà con Don
Bosco», emette i voti privati. 1859: è fondata
la Congregazione. 1860: Don Bosco ne scrive
la Regola. 1862: apre la prima casa fuori To­
rino, a Mirabello. 1865: la prima laurea di un
salesiano (Don Francesia). 1868: consacrazio­
ne della basilica di Maria Ausiliatrice. 1869:
a Roma approvazione definitiva della Congre­
gazione. 1870: l’exallievo Gastini fonda l’Associazione «Ex-Allievi di Don Bosco».
Due anni dopo nasceva a Mornese l’istituto
delle FMA; tre anni dopo prendevano avvio
le missioni in America Latina. Su 102 salesia­
ni, solo 61 erano già professi e in maggioran­
za chierici. Gli altri 41 erano novizi. Tempo
di germogli, tempo di primavera.
DB 2,142 Salesiani coadiutori (religiosi laici)
«La società salesiana è composta di chierici e
di laici che vivono la medesima vocazione in
fraterna complementarità» (Costituzioni, 4).
Fin dall’inizio della sua opera Don Bosco si
servì degli artigiani per le varie attività, e di­
ceva loro: «Io ho bisogno di aiutanti. Vi sono
cose che i preti e i chierici non possono fare,
e le farete voi».
Don Bosco stesso ha delineato più volte la fi­
gura del coadiutore: «Sono chiamati coadiu­
tori perché hanno per particolare ufficio di
coadiuvare i sacerdoti nell’opera di carità
cristiana».
Solo nel 1876 parlò esplicitamente di coadiu­
tori all’Oratorio dinanzi ai giovani, quando le
Missioni entusiasmavano tutti. Il catalogo di
quell’anno ne registrava già 28 professi per­
petui, 22 triennali, 28 ascritti e 25 aspiranti.
Tra questi, nomi divenuti poi famosi come Audisio, Buzzetti, Enria, Dogliani, Rossi Marcel­
lo, laboriosi, umili, fidatissimi. Sul loro esem­
pio si infittisce la schiera di abilissimi maestri
d’arte, di capi laboratorio, di tecnici specia­
lizzati che ovunque, specie nelle missioni, si
impegnano nelle mansioni più svariate.
Presentiamo alcune fotografie: Giuseppe Do­
gliani, direttore e maestro della «Schola Cantorum» e della Banda musicale dell’Oratorio.
Marcello Rossi, portinaio «provvisorio» di Val­
docco per 48 anni.
Giovanni Garbellone, una figura caratteristi­
ca, degna dei «fioretti francescani», si dedicò
all’Oratorio festivo e fu direttore della Banda.
Le altre due figure sono ancora di coadiutori
avviati all’onore degli altari: Simone Srugi, di
Nazaret, il tipo di «factotum» voluto da Don
Bosco. Era infermiere nell’ambulatorio, tra i
musulmani. Era anche chiamato il «mugnaio
di Dio», perché macinava le derrate alla po­
polazione.
Artemide Zatti, l’infermiere santo della Pa­
tagonia di Don Bosco, il parente di tutti i po­
77
veri, come lo definivano a Viedma (Argenti­
na), dove morì nel 1951.
DB 2,143 II forno del «Pane di Don Bosco»
Dal 19 novembre 1868 Don Bosco poteva far
vedere ai visitatori di Valdocco una curiosità
in più: la panetteria. La gente giovane e affa­
mata di Valdocco divorava da sei a settecento
chili di pane al giorno, e Don Bosco, per ri­
sparmiare il più possibile, trovò nei sotterra­
nei della Basilica, quasi sotto la cappella di san
Giuseppe da poco consacrata, dei locali adat­
ti per la panetteria, e trovò gli uomini esperti
del mestiere a cui affidarla. La inaugurò ap­
punto quel giorno, festa dei martiri romani So­
lutore, Avventore e Ottavio (MB 9, 391). Ai
ragazzi poveri o in particolari difficoltà assi­
curava: «Fin che Don Bosco avrà un tozzo di
pane, lo dividerà con te» (così a Brosio MB 4,
271).
Quando i giovani di IV e V ginnasiale di Vaisalice o di Lanzo venivano a trovarlo, Don Bo­
sco, dopo la conferenza o un’amabile conver­
sazione, li invitava a scendere in panetteria a
gustare il pane fresco e profumato di Val­
docco.
Anche ai visitatori faceva assaggiare il pane
fresco e diceva (queste parole sono state rac­
colte da un sacerdote): «Nella mìa casa c’è pa­
ne, e questo ce lo manda giorno per giorno la
Provvidenza; c’è lavoro, e ognuno ha da fati­
care per tre; c’è paradiso, perché chi lavora
e mangia per Dio ha diritto a un cantuccio di
paradiso» (MB 17, 251).
Il brano è un commento a uno dei più signifi­
cativi motti di Don Bosco: «Pane, lavoro e pa­
radiso». Egli esponeva questo programma so­
prattutto a coloro che invitava a far parte della
sua Congregazione: «Vieni con Don Bosco —
diceva loro —, qui troverai pane, lavoro e pa­
radiso». Al punto che tra i giovani che accet­
tavano il suo invito la frase: «Fermarsi a man­
giare il pane di Don Bosco» era diventata si­
nonimo di: «Farsi salesiani».
La panetteria sotto la Basilica prosperò a lun­
go. Poi fu superata dai tempi. Ma rimane sem­
78
pre attuale e invitante per i giovani il «fermarsi
a mangiare il pane di Don Bosco».
DB 2,144 Alla sequela di Don Bosco
Sulla scia di Don Bosco e sull’esempio dei pri­
mi salesiani, a centinaia e a migliaia i giovani
10 seguirono e lo seguono ancora oggi, affa­
scinati dall’ideale di servizio per la gioventù.
11 suo caritatevole sorriso, la sua amabile bon­
tà, la sua carità ardente, il suo cuore grande
come il mare continuano a fare echeggiare al
cuore dei giovani 0 suo motto: «Da mihi animas», che si traduceva nell’espressione: «Aiu­
tatemi a salvare le anime». Dai giovani che con
lui condivisero i primi tempi dell’Oratorio fi­
no ai giovani d’oggi, molti hanno conosciuto
i suoi strepitosi carismi e hanno vissuto i suoi
sogni profetici. Ricordiamo qualche nome: Mi­
chele Rua, che Don Bosco chiamò per «fare
a metà con lui»; Giovanni Cagliero, che ave­
va esclamato: «Frate o non frate, io resto con
Don Bosco!»; il polacco principe Augusto
Czartoryski, che aveva chiesto al Papa il per­
messo di farsi salesiano; Filippo Rinaldi, la
bontà in persona; Michele Unia, apostolo dei
lebbrosi; Luigi Versiglia e Callisto Caravario,
che coronarono la sequela di Don Bosco col
martirio; Vincenzo Cimatti, Luigi Mathias, Simone Srugi e Artemide Zatti, servi di Dio.
Migliaia di Salesiani lavorano nelle più sva­
riate parti del mondo, nelle terre di missione,
e oggi, realizzando il sogno di Don Bosco,
evangelizzano l’Africa.
DB 2,145 II porticato
e l ’edificio della tipografia
Durante gli anni ’50, mentre apriva diversi
piccoli laboratori, Don Bosco sognava già una
grande tipografia. Ma i macchinari costava­
no un occhio della testa, e dovette rinunciarvi
a lungo. Però nel 1861 ruppe gli indugi, ac­
quistò due vecchie «macchine a ruota» e un
torchio che funzionavano a mano, e installò
il tutto nelle scuole vicino alla chiesa di san
Francesco di Sales, lungo via della Giardinie­
ra. I suoi falegnami gli costruirono il banco
e le cassette per i caratteri. II31 dicembre gli
giunse dalla Prefettura della città la necessa­
ria licenza e aprì la tipografìa.
Il primo prodotto fu un libretto delle Letture
Cattoliche: «Teofilo, il giovane romito». Poi,
in cerca di migliore sistemazione, trasferì gli
impianti al pian terreno nell’edificio delle ca­
merette, e in seguito in un nuovo edificio co­
struito lungo la via della Giardiniera.
L’ultimo trapianto avvenne nel 1883, quando
Don Bosco potè finalmente offrire ai suoi ti­
pografi un edifìcio nuovo, ampio e tutto per
loro, vicino alla Basilica di Maria Ausiliatrìce. Essi sono lì ancora adesso. E proprio nel
1883, poco dopo l’inaugurazione, Don Bosco
ebbe una visita che si rivelerà storica: un gio­
vane sacerdote lombardo chiedeva di fermar­
si all’Oratorio per qualche giorno. Fu accon­
tentato, e Don Bosco lo portò a visitare la ca­
sa. Quel sacerdote non nascose la meraviglia
nel vedere la bella tipografìa modernamente
attrezzata, e si sentì rispondere: «Don Bosco
— parlava in terza persona — in queste cose
vuol essere all’avanguardia del progresso».
Un giorno del 1927 il sacerdote ricordava que­
ste parole in un discorso pubblico in cui veni­
vano riconosciute le «virtù eroiche» di Don Bo­
sco. Si chiamava Achille Ratti, ed era diven­
tato papa Pio XI.
La diapositiva presenta l’edifìcio della tipogra­
fia come appare anche oggi al fianco della Ba­
silica.
DB 2,146 La composizione e la stamperìa
Questa diapositiva presenta due interessanti
edifici della tipografia risalenti agli anni 1920:
la sala dei compositori e la sala macchine da
stampa. Oggi sono cambiate le macchine, se­
condo la tecnica, ma i saloni che le ospitano
sono ancora identici nell’architettura voluta
da Don Bosco.
Allora era solito dire: «Prima una tipografia,
poi una grande tipografìa, poi molte tipogra­
fie». E visse quanto gli bastò per veder realiz­
zato questo sogno. Le scuole grafiche salesia­
ne, al passo con i tempi, sono oggi ben 73 in
tutto il mondo, con circa 5.000 allievi.
DB 2,147 La casa Bellezza,
ultimo acquisto di Don Bosco
A parte il nome, quella casa non aveva pro­
prio nulla di bello per Don Bosco. Anzi fu per
lui una spina nel fianco fin dal 1864 quando
piantò le tende in casa Pinardi. Tra le due ca­
se, molto vicine, c’era un muro divisore che
non proteggeva certo dai canti e dagli schia­
mazzi che si facevano all’osteria. Quella ca­
sa, di proprietà della vedova Bellezza, era data
in affitto a numerosi inquilini dalla condotta
non sempre irreprensibile, tra cui una fami­
glia che vi teneva appunto una malfamata
osteria. Era l’osteria della Giardiniera, che
prendeva il nome dalla via, ed era un covo di
disordini.
Nei giorni di festa vi convenivano buontem­
poni, giocatori e beoni, che oltre tutto distur­
bavano Don Bosco e i suoi ragazzi con ogni
genere di musica da trivio (MB 2, 543-545).
Dirà il biografo enfatizzando: da una parte la
città del diavolo, dall’altra la città di Dio (MB
4, 408-615).
Don Bosco cercò di comprare la casa, ma la
proprietaria non volle venderla. Allora cercò
di affittare l’osterìa, ma ci riuscì solo nel 1853
e dovette acquistare e pagare anche tutto l’ar­
redamento: bottiglie, bicchieri, tavolini, seg­
giole e turaccioli... che mamma Margherita,
disperata, non sapeva dove mettere.
Nel 1859 Don Bosco riuscì ad affittare tutta
la casa e ad allontanare gli inquilini poco rac­
comandabili. Ci rimise un sacco di soldi. Poi,
nell’83, la proprietaria morì e gli eredi si dis­
sero pronti a vendere. La casa costò 110.000
lire, pagate per Don Bosco dal generoso con­
te Fiorito Colle di Tolone. Da allora, per 35
anni, la casa servì come lavanderìa e guarda­
roba dell’Oratorio, finché nel 1922 fu abbat­
tuta per fare spazio ai cortili dell’Oratorio fe­
stivo.
79
DB 2,148 Lettere di Don Bosco ai benefattori
Quante lettere avrà scritto Don Bosco? Il suo
epistolario in quattro grandi volumi ne rac­
coglie oltre 2800 e trattano vari argomenti.
Abbondano le lettere di ringraziamento che ha
disseminato per l’Italia, per l’Europa e anche
oltre oceano; lettere scritte per lo più di not­
te, ai benefattori che ci tenevano a ricevere il
suo autografo, e lo conservavano come caro
ricordo.
Forse si commuovevano nel vedere la sua scrit­
tura farsi, col passare degli anni, sempre più
tremola e incerta, ma per lo più ignoravano
quanta fatica richiedessero al Santo quei pic­
coli fogli.
La diapositiva presenta due di queste lettere.
Nella prima Don Bosco ringrazia dell’aiuto da­
to ai suoi missionari partenti per l’America
Latina; nella seconda ringrazia dell’aiuto da­
to nel collocare i biglietti in una delle sue lot­
terie.
DB 2,149 Benefattori e cooperatori
di Don Bosco
(i conti Callori)
La diapositiva presenta un dipinto della chie­
sa di san Francesco di Sales, eseguito nel 1960
dal pittore Crida, raffigurante i conti Federi­
co e Carlotta Callori di Vignale. Erano gene­
rosi benefattori dell’Oratorio. Don Bosco nu­
triva per loro una profonda amicizia e grati­
tudine e ricorreva a loro quando si trovava in
gravi difficoltà economiche. Chiamava la con­
tessa «la mia mamma».
Un giorno, malato, ricevette in dono da lei un
giubbotto per proteggersi durante la convale­
scenza; la ringraziò con un’arguta poesiola
(MB 10, 291s).
Come i Conti Callori, tanti altri personaggi
della nobiltà, soprattutto piemontese, si ono­
rarono di aiutare l’Oratorio; come pure figu­
re della borghesia, artigiani e gente del popo­
lo. Don Bosco aveva bisogno di tutti, e tutto
faceva servire al bene dei suoi ragazzi.
Un giorno intuì che tutte quelle forze sparse
80
potevano essere riunite in un’associazione du­
ratura. Dopo vari ripensamenti, l’idea matu­
rò nel 1876 e l’associazione prese nome di
«Unione dei Cooperatori Salesiani». Vi daran­
no la loro adesione perfino dei... papi. «I Coo­
peratori Salesiani sono destinati a fare un gran
bene alla Chiesa e alla civile società», asserì
Pio IX. E volle essere al primo posto nella lista.
Fu facile profeta. Ancora oggi i Cooperatori
sono decine di migliaia in tutto il mondo, e con
una presenza silenziosa, ma benefica, lavora­
no accanto ai figli di Don Bosco per il bene
della gioventù.
DB 2,150 Biglietto della lotterìa
Scrisse il teologo Reviglio: «La sollecitudine di
Don Bosco nell’andare questuando cresceva
col moltiplicarsi delle sue opere e dei suoi gio­
vani; e la sua vita fu tutta quanta nel provve­
derli del necessario per l’anima e per il corpo».
Dapprima si affidò alla generosità dei bene­
fattori, che risposero sempre generosamente;
ma quando i bisogni crebbero a dismisura, fe­
ce ricorso alla beneficenza pubblica con lotte­
rie. Scriveva in una circolare: «Ci parve que­
sto il mezzo più opportuno, come quello che
tende la mano alla grande e piccola beneficen­
za in qualunque misura, e ci apre la via a ri­
correre con fiducia tanto ai benemeriti nostri
concittadini, quanto alle persone agiate che di­
morano nelle altre città o paesi di provincia».
Tra grandi e piccole, Don Bosco ne organizzò
una quindicina; ma ricordiamo solo le tre
principali. Nel 1862 lo scopo era di aiutare l’O­
ratorio di san Francesco, di san Luigi a Porta
Nuova e quello di Vanchiglia. Nella diapositi­
va presentiamo il biglietto numero 72472 di
questa lotteria. Porta la sua firma, come mem­
bro della commissione.
Nel 1865, organizzò la seconda grande lotte­
ria, per l’erigenda chiesa di Maria Ausiliatrice. Interessò le autorità per ottenere i debiti
permessi. Cercò le persone del comitato orga­
nizzatore tra i membri della famiglia reale, tra
i principi, i nobili e le personalità. Stampò e
diffuse proclami; si fissarono i luoghi di rac­
colta degli oggetti, si fece l’elenco. Una com­
missione di esperti fece l’estimo dei doni e si
stabilì il numero dei biglietti in rapporto al lo­
ro valore. Don Bosco e la commissione diffu­
sero non solo biglietti singoli, ma interi bloc­
chetti, alla casa reale, alle autorità, ai vescovi
e ai vari ministeri dello Stato.
Le autorità presenziarono all’inaugurazione e
diedero il via all’estrazione, presenti i loro de­
legati.
Nel 1885, mentre a Roma erigeva la chiesa del
Sacro Cuore e annesso Ospizio, pensò a una
nuova grande lotteria nella capitale stessa. Bi­
sognava trovare 25.000 lire ogni mese. Scri­
veva ai benefattori: «Vi manderò un piccolo
numero di biglietti, spargeteli tra il popolo,
diffondeteli». Nella sua festa onomastica, ai
parroci e benefattori diceva: «Quel che vi rac­
comando è che mi aiutiate a compiere l’impre­
sa che mi fu affidata dal Sommo Pontefice
Leone XIII».
Il risultato della lotteria fu soddisfacente, e
Don Bosco in una lettera circolare ai coope­
ratori del 1886 scrisse: «I biglietti smerciati fu­
rono la più grande risorsa per continuare i la­
vori» (MB 17, 73s.542).
DB 2,151 Lo sviluppo di Valdocco,
vivente Don Bosco
Le cinque planimetrie della diapositiva presen­
tano le trasformazioni subite dall’Oratorio ne­
gli anni 1852-1888, cioè durante la vita di Don
Bosco. Esse sono ricavate dal volume L ’Ora­
torio di Don Bosco, dovuto alla penna indaga­
trice di Don Fedele Giraudi, economo gene­
rale dei Salesiani dal 1924 al 1964, che con pa­
zienza ha ricostruito, anno dopo anno, la sto­
ria di quella singolare espansione muraria.
TAV. 4 - L ’Oratorio dopo le prime costruzioni
A - Chiesa di san Francesco di Sales (1852)
B - Primo fabbricato per ospizio (1853)
C - Secondo fabbricato sul luogo della ca­
sa e cappella Pinardi (1856)
D - Scuole diurne per esterni
E - Dove Don Bosco scelse la sua cameret­
ta al secondo piano (1853).
TAV. 5 - L ’Oratorio dopo l ’acquisto della pro­
prietà Filippi (1860)
A - La nuova sacrestia (1860)
B - Scuole per interni (1859-1873)
C - La nuova portineria costruita a spese
del Cafasso (1859-1860)
D - Passaggio al nuovo dormitorio di casa
Filippi (detta allora la «Sicilia»).
TAV. 6 - L ’Oratorio dal 1861 al 1867
A - Ampliamento del fabbricato delle ca­
merette di Don Bosco (1861)
B - Portico con terrazzo
C - La casa Filippi dopo i restauri (1861)
D - Fabbricato per le scuole (1863-1864)
E - La nuova casa lungo la via Giardinie­
ra (1862)
F - La nuova portineria.
TAV. 7 - (non inclusa) L ’Oratorio nel 1868
Inaugurazione della chiesa di Maria Ausiliatrice.
TAV. 8 - L ’oratorio dal 1869 al 1880
A - Costruzione del coro e di due sacrestie
(1869-1870)
B - Fabbricato della portineria (1874-1875)
e lungo via Cottolengo
C - Acquisto del terreno e della casa Nelva (1880)
D - Sopraelevazione del terrazzo presso le
camerette di Don Bosco (1876)
E - Acquisto dell’orto (1870)
F - Ampliamento dell’orto (1870).
TAV. 9 - LIOratorio dal 1881 alla morte di Don
Bosco, 1888
A - Fabbricato della stamperia (1882-1883)
B - Laboratorio fabbri e meccanici
(1883-1884)
C - Acquisto della casa e terreno Bellezza
(1884)
D - Ampliamento dell’orto
E - Il refettorio di Don Bosco sul luogo dov’era la cappella Pinardi.
DB 2,152 Allievi ed exallievi illustri
Un altro dipinto, in San Francesco, raffigura
tre allievi di Don Bosco campioni di santità:
Savio, Magone e Besucco. Essi precedono una
81
grande schiera di giovani cresciuti nelle ope­
re salesiane.
Quanti saranno questi giovani in realtà? Og­
gi li si trova a tutte le latitudini del pianeta,
scaglionati in tutte le fasce di età e impegnati
ai vari livelli della vita sociale. Se si prendono
in considerazione tutti i ragazzi che hanno ri­
cevuto un’impronta cristiana nelle case dei Sa­
lesiani e delle FMA, compresi gli oratori e i
centri giovanili, si tratta di milioni: una valu­
tazione approssimativa li fa ammontare a sei
milioni.
Di essi una piccola parte è organizzata nell’
«Associazione Exallievi di Don Bosco», fondata
naturalmente da un exallievo: Carlo Gastini.
Un nome, un personaggio e una storia.
Don Bosco aveva incontrato Carlino nei pan­
ni di garzone di barbiere alle prime armi, e
mettendo a repentaglio la propria pelle aveva
osato farsi radere da lui. Poi lo invitò all’oratorio, e Carlino lo frequentava con profitto.
Ma rimase orfano, e Don Bosco lo prese co­
me interno. Divenne valente rilegatore, ed era
un talento teatrale. Anche quando lasciò l’Oratorio per farsi una famiglia, rimase legatis­
simo a Don Bosco. Sovente andava a trovar­
lo, e il 24 giugno 1870, giorno onomastico di
Don Bosco, gli fece una sorpresa.
Arrivò per gli auguri non da solo, ma in com­
pagnia di un gruppo di altri antichi allievi, ten­
ne un discorso, e annunciò che si erano costi­
tuiti in associazione.
Ora gli exallievi associati sono decine e deci­
ne di migliaia in tutto il mondo, con un pro­
gramma e un impegno religioso e sociale, e
fanno onore a Don Bosco.
DB 2,153 Testamento ai Salesiani:
taccuino di Don Bosco
«La nostra Congregazione ha davanti un lie­
to avvenire preparato dalla divina Provviden­
za...». Queste parole di Don Bosco si leggono
in un taccuino da lui scritto nel settembre
1884, tre anni e mezzo prima di morire. E fan­
no parte del «testamento spirituale» che egli
lasciò ai suoi figli.
82
In quel periodo Don Bosco si sentiva partico­
larmente stanco; temendo di dover lasciare
presto e per sempre i suoi figli, riempì un tac­
cuino di annotazioni, disposizioni pratiche,
consigli, sfoghi del cuore. Senza un vero pia­
no né un ordine, ma scrivendo a intervalli di
giorni, nei momenti di libertà e secondo che
l’ispirazione gli dettava. Vi si trovano parole
rivolte al suo successore, poi ai superiori del­
la Congregazione, poi ai Salesiani, alle Figlie
di Maria Ausiliatrice. Quindi considerazioni
sull’elezione del suo successore, consigli ai di­
rettori, altri consigli sui più disparati argo­
menti. Lo completò quattro mesi prima di mo­
rire, nel settembre 1887.
È con commozione che su quelle righe scritte
con grande fatica si legge:
«Miei cari ed amati figliuoli in Gesù Cristo.
10 vi lascio qui in terra, ma solo per un po’
di tempo. Spero che la infinita misericordia
di Dio farà che ci possiamo tutti trovare un
dì nella beata eternità. Colà io vi attendo...
Se mi avete amato in passato, continuate ad
amarmi in avvenire con l’esatta osservanza
delle nostre costituzioni...
Addio, o cari figliuoli, addio. Io vi attendo in
cielo. Là parleremo di Dio, di Maria Madre
e sostegno della nostra Congregazione. La no­
stra Congregazione ha davanti un lieto avve­
nire preparato dalla Divina Provvidenza, e la
sua gloria sarà duratura fino a tanto che si os­
serveranno fedelmente le nostre regole. Quan­
do cominceranno tra noi le comodità e le agia­
tezze, la nostra pia società avrà compiuto il
suo corso».
L’ultimo capitoletto si apre col titolo: «L’av­
venire», riportato nella diapositiva.
11 «testamento spirituale» si chiude con que­
ste parole (avveratesi in primo luogo per Don
Bosco): «Quando avverrà che un Salesiano
soccomba e cessi di vivere lavorando per le
anime, allora direte che la nostra Congrega­
zione ha riportato un gran trionfo, e sopra di
essa scenderanno copiose le benedizioni del
Cielo» (MB 17, 256-273).
DB 2,154 Torino: Monumento a Don Bosco
(Cellini)
Mentre si costruiva il tempio dell’Ausiliatrice, un giorno Don Bosco attraversava la piaz­
za e si fermò a contemplare la facciata. Veni­
va su bella, e non nascose la sua soddisfazio­
ne. Poi, indicando la piazza, disse a chi lo ac­
compagnava: «Qui in mezzo mi piacerebbe in­
nalzare un monumento che rappresentasse
Mosè in atto di percuotere e di far zampillare
una vena d’acqua».
Invece della statua di Mosè, su quella piazza
gli Exallievi un giorno decisero di edificare un
monumento a Don Bosco.
Avvenne nel 1911, durante il loro Congresso
Intemazionale. Essi volevano con quel monu­
mento dare a Don Bosco un segno del loro
amore e della loro riconoscenza filiale. La pri­
ma guerra mondiale ne ritardò l’inaugurazio­
ne, che avvenne solo il 23.5.1920, vigilia della
festa di Maria Ausiliatrice.
L’opera è dello scultore Gaetano Cellini. La
figura in bronzo di Don Bosco in mezzo ai fan­
ciulli domina da una base di granito di porfi­
do della Val Camonica. In basso una figura
d’uomo si curva al bacio della Croce, presen­
tata dalla fede. Nei due altorilievi del fronte
si vedono: a destra, una madre con in braccio
un bimbo che manda baci a Don Bosco; a si­
nistra, un povero lebbroso che guarda rico­
noscente il suo benefattore. Ai lati, contro le
due stele, i gruppi indicano le grandi devozioni
promosse da Don Bosco: l’Eucaristia e PAu­
siliatrice. Nel retro sono tre bassorilievi: al
centro è ritratta l’opera di assistenza agli emi­
grati; ai lati sono raffigurate le scuole salesiale, professionali e agricole.
Il monumento è un compendio dell’opera di
Don Bosco. E suo anelito balza dalle figure del
bronzo, e pare gridi al mondo intero: «Salva­
te la povera gioventù» (MB 18, 476).
DB 2,155 La missione di Don Bosco
(particolare del monumento)
La diapositiva presenta un particolare del mo­
numento di Don Bosco a Valdocco, quasi un
simbolo. Un ragazzo aggrappato al Santo, un
incontro di sguardi, il sorriso di Don Bosco che
provoca il ragazzo al sorriso. La scelta dei gio­
vani era stata ispirata dal sogno dei nove an­
ni e da altri successivi, ma Don Bosco atten­
deva un segnale. Giovane sacerdote, aveva
aperte davanti a sé molte strade, e molti gli
facevano ponti d’oro. Egli ricorse per consi­
glio al suo direttore spirituale. «In questi tempi
i bisogni sono molti — gli disse Don Cafasso
—. A quale cosa vi sentite specialmente dispo­
sto? In questo momento, che cosa occupa il vo­
stro cuore?». «In questo momento — aveva ri­
sposto Don Bosco — mi pare di trovarmi in
mezzo a una moltitudine di ragazzi che mi do­
mandano aiuto». E Don Cafasso, scartate tutte
le altre soluzioni, lo orientò definitivamente
verso la più difficile: l’apostolato fra i giovani.
L’opera redentrice di Don Bosco viene espres­
sa dal gesto, quasi disperato, del giovane che
si aggrappa con una mano alla sua talare, ed
egli tenta di sollevarlo con la sua mano. I due
sguardi si incontrano nel sorriso.
DB 2,156 Don Bosco da Torino
al mondo intero
Giovanni Bosco, ancora chierico, in un sogno
fatto al Sussambrino aveva visto nella pianu­
ra sottostante una città con tanti ragazzi: gli
sembrò che fosse Torino. Questa la città che
egli tante volte aveva non solo visto, ma an­
che visitato, quando studente a Chieri, scen­
deva a Torino con i suoi compagni nelle scam­
pagnate.
Giovane prete, la Provvidenza gli aveva asse­
gnato come campo di azione proprio quella
città.
La Torino che Don Bosco giovane sacerdote
trovò nel 1841 aveva poco in comune con l’at­
tuale Torino della diapositiva. Tra l’altro, non
c’era ancora l’aguzza Mole Antonelliana (che
con i suoi 168 metri d’altezza diventerà il più
alto edificio in muratura d’Europa).
Torino era la capitale, ma le sue periferire pul­
lulavano poco onorevolmente di ragazzi ab­
bandonati a se stessi, attirati dalla speranza
83
spesso illusoria di trovare lavoro e benessere
nella città che muoveva i primi passi verso l’in­
dustrializzazione. Don Bosco trovò in Torino
il posto giusto per «cominciare», ma di «gio­
vani poveri e abbandonati» il mondo era (e ri­
mane) pieno.
Impiantata e sviluppata la sua opera con tan­
ti interventi straordinari, nuovi sogni gli apri­
vano altri orizzonti, e il suo anelito lo spinge­
va a poco a poco a conquistare il mondo inte­
ro. Così nel 1863 Don Bosco apriva a Mira­
84
bello la sua prima opera fuori Torino, e nel
1875 si lanciava fuori Italia, in Spagna, in
Francia e in Argentina: in fondo al continen­
te americano lo attendevano gli indios della
Patagonia. Due anni più tardi mandava in
missione anche le Figlie di Maria Ausiliatrice.
Ora i figli di Don Bosco sono presenti in una
novantina di stati nei cinque continenti, con
tremile case e quasi 40.000 consacrati. Perché
i «ragazzi poveri e abbandonati» ci sono an­
cora oggi un po’ dappertutto.
DON BOSCO E IL SUO AMBIENTE
DB/2 Tutto Valdocco
APOSTOLATO E CARISMI DI DON BOSCO
(Quarta unità non sonorizzata)
Q - ITINERARI DI SALESIANITÀ:
APOSTOLATO - DEVOZIONE MARIANA
- DON BOSCO SCRITTORE
sia alla portata della sua intelligenza, che nulla
si esponga che presenti difficoltà o oscurità».
Alla base della sua predicazione ai ragazzi
metteva gli episodi, gli esempi, le domande,
i dialoghi... Parlava al cuore, e perciò la sua
predicazione era graditissima (MB 8,168). In
questo modo i ragazzi partecipavano, resta­
vano affascinati e l’avrebbero ascoltato per
delle ore. E poi ricordavano (MB 5,554-556).
DB 2,157 I pulpiti di Don Bosco
La diapositiva presena, abbinati, il pulpitino
delle «Buonanotte», che per anni era rimasto
sotto il porticato vicino alle camerette, testi­
mone di mille e mille conversazioni dì Don Bo­
sco con i suoi ragazzi. E presenta il pulpito del­
la Basilica di Maria Ausiliatrice, dei tempi di
Don Bosco, in noce, assai maestoso, collocato
in posizione strategica, in modo che da qualciasi punto della Basilica si possa vedere 0 pedicatore. Era stato fatto in casa, scolpito dai
ragazzi del laboratorio di falegnameria dell’Oratorio (MB 9, 198).
Scrisse Don Bosco alla prima Messa: «Io chiesi
ardentemente l’efficacia della parola per po­
ter fare del bene alle anime. Mi pare che il Si­
gnore abbia ascoltato le mie umili preghiere»
(MB 1, 519). E chi l’udì predicare, ne era
convinto.
Predicava volentieri e in modo semplice: «Per
me salire sul pulpito è un riposo» (MB 3, 67;
9, 219) «Io lo ripeterò le mille volte: bisogna
che il popolo capisca, che tutto ciò che si dice
DB 2,158 Foto di Don Bosco che confessa
Una «foto-messaggio» voluta da Don Bosco nel
1861: egli ci teneva a presentarsi come con­
fessore dei giovani. Lo sappiamo apostolo della
confessione, impegnato per ore e ore a con­
fessare, al mattino presto come a notte tarda,
senza badare a sacrifici, fin quando ci fosse
qualcuno da riconciliare con Dio (MB 1,268).
Sapeva preparare i ragazzi alla confessione,
li metteva in guardia dai «tre lacci» tesi dal de­
monio alle anime: il tacere i peccati, confes­
sarsi senza dolore, confessarsi senza proponi­
mento. Persuadeva alla confessione con gli ac­
corgimenti più opportuni.
Attorniato dai ragazzi, si rivolgeva a qualche
tipetto che sapeva bisognoso di ravvedersi, e
gli diceva serio: «Stamattina non ti sei lavato
la faccia!». Il ragazzo protestava offeso: «Sì,
me la sono lavata!». E Don Bosco insisteva:
«Ma nooo! Ma nooo!», con le «o» protratte a
lungo in modo significativo. Poi gli bisbiglia­
va una parolina aU’orecchio e il ragazzo fìnal-
DB 2,1 DON BOSCO E IL SUO AMBIENTE:
Tutto Valdocco
85
mente capiva. E di solito alla prima occasio­
ne provvedeva.
Confessarsi da lui era facile perché conosce­
va le parole giuste, e gliene bastavano poche
per rimettere le coscienze a posto. E poi an­
che perché — lo confermarono numerose te­
stimonianze — sapeva leggere nelle coscienze,
e ciò semplificava tutto. Era capace di dire:
«E questo peccato non lo confessi? Di quest’altro non ti ricordi più?» (MB 13, 890). Quan­
do poi la coscienza era ingarbugliata al punto
che il penitente non sapeva da dove incomin­
ciare, domandava: «Vuoi dire tu, o vuoi che
dica io?».
Confessò in tutte le situazioni: in campagna,
in chiesa come in cortile, in piazza, per stra­
da, al capezzale dei morenti, alla stazione e
persino a cassetta dei vetturini. Inculcava ai
sacerdoti: «Quando si devono dire due parole
in pulpito, una sia sulla confessione», e le rac­
comandava frequentemente ai giovani. Tene­
va la confessione come primo fondamento ri
riforma (cf MB 2, 536; 6, 829; 10, 9s).
Un giorno del 1871, mentre si trovava a Ro­
ma in udienza dal papa, Pio IX ad un tratto
gli domandò: «Siete autorizzato a confessare
anche a Roma?». «Se Sua Santità mi desse il
permesso, lo potrei fare», rispose Don Bosco.
E il Papa: «Ebbene, sì, ve lo do. Però adesso
confessate me». E si mise in ginocchio (MB 10,
12).
DB 2,159 La comunione frequente
Lo sappiamo: Don Bosco fu anche apostolo
della Comunione (MB 4,457). A questo lo pre­
parò in un certo senso già mamma Margheri­
ta, che lo portò presto dal parroco perché lo
ammettesse alla prima comunione (MB 1,
172).
I bambini non venivano avvicinati al banchetto
eucaristico prima dei 12 o 14 anni. Lo stesso
san Giuseppe Cafasso fece la comunione a 13
anni. Mamma Margherita invece insegnò per
tempo a Giovannino tutto il catechismo, e lo
preparò così bene che il parroco, dopo averci
86
pensato a lungo, lo ammise alla Comunione
a soli 10 anni e mezzo.
Quando Don Bosco diceva: «La base della vi­
ta felice di un ragazzo è la comunione», forse
parlava anche di sé. Di fatto fu il primo ad
introdurre a Torino, in un istituto maschile,
la comunione quotidina. Lo criticavano, per­
ché il giansenismo nemmeno allora era scom­
parso (MB 2, 137).
Un giorno gli fecero quest’obiezione: «Chi può
avere tali disposizioni di spirito da poter fare
ogni giorno la comunione, dal momento che
perfino san Luigi non la faceva che una volta
la settimana?». Ed egli rispose tranquillo:
«Quando si trova uno che sia fervoroso e per­
fetto come san Luigi, allora la comunione po­
trà bastargli una sola volta la settimana».
Una volta a Roma, ricevette una lettera dai
ragazzi di Valdocco in cui dicevano che al suo
ritorno gli avrebbero fatto una grande festa.
Rispose: «Fatemi dunque una festa, la più ca­
ra che io possa desiderare, cioè che tutti fac­
ciate in quel giorno la vostra santa comu­
nione».
Don Bosco vedeva la comunione come una for­
za indispensabile per i suoi ragazzi. Diceva:
«Tutti hanno bisogno della comunione: i buo­
ni per mantenersi buoni, e i cattivi per farsi
buoni» (MB 12, 567).
«La comunione frequente e la santa Messa —
assicurava — sono le colonne di un edificio
educativo» (MB 2, 355; 4, 549; 13, 827).
DB 2,160 L ’esercizio della «buona morte»
È una pratica di pietà sempre efficace se inte­
sa come occasione di salutari riflessioni, di
preghiera, di impegno rinnovato. In quei tem­
pi la morte mieteva con facilità anche tra i gio­
vani, e i funerali erano frequenti all’Oratorio.
I ragazzi di Don Bosco perciò si confrontava­
no con una certa frequenza con questa dolo­
rosa realtà. E Don Bosco non lasciava trascor­
rere inutilmente queste circostanze. Da edu­
catore esperto, sapeva ricavare dal pensiero
dell’aldilà motivi di serenità e fiducia, e sape­
va fare dell’«esercizio della buona morte» per-
fino un’occasione di gioia (MB 1, 160). Ecco
un crocifisso nelle camerette, davanti al qua­
le hanno meditato Don Bosco e i suoi giovani.
Così una volta al mese (il secondo giovedì, per
gli studenti) li raccoglieva in preghiera. Un
sermoncino sulle «verità eterne», un’invoca­
zione «pregata» e in termini di un robusto rea­
lismo, una buona confessione, un buon pro­
posito e la comunione. E, infine, per tutti quei
cuori divenuti leggeri e senza più angustie spi­
rituali, l’esplosione della festa finale.
Diceva Don Bosco ai suoi ragazzi: «Pensate
ogni sera: se doveste morire questa notte, qua­
le sarebbe la vostra sorte?». Diceva: «Bisogna
operare come se non si dovesse morire mai e
vivere come se si dovesse morire ogni giorno».
E ancora: «Quel che darà più contentezza in
punto di morte sarà il bene fatto; tutte le al­
tre cose non daranno che angustie». Ricorda­
va: «In fine della vita si raccoglie il frutto del­
le opere buone».
Così, con la morte meditata nei suoi risvolti
positivi, Don Bosco predisponeva alla gioia,
preannunciava un’allettante passeggiata e do­
po la Messa distribuiva a tutti pane e salame.
DB 2,161 Lanzo: Gli Esercizi Spirituali
Don Bosco trovò gli Esercizi Spirituali estre­
mamente efficaci per sé e li volle anche per i
suoi ragazzi.
Li fece la prima volta a vent’anni, nel 1835,
al suo ingresso nel seminario di Chieri, e ne
uscì col proposito: «Esatto adempimento dei
doveri».
Nel 1841, agli Esercizi in preparazione dell’or­
dinazione sacerdotale, i suoi propositi saliro­
no a nove, molto dettagliati, e tra essi l’impe­
gno di imitare la dolcezza di san Francesco di
Sales e dì non risparmiare sacrifici quando si
trattasse di salvare le anime.
L’anno successivo Don Cafasso lo portava con
sé agli Esercizi nel santuario di Sant’Ignazio,
che sorge isolato a 910 metri sopra Lanzo To­
rinese. (La diapositiva mostra appunto il san­
tuario).
Da allora vi tornerà ogni anno, ininterrotta­
mente, fino al 1875. E lì fece le prime conqui­
ste di collaboratori (MB 3, 245; 7, 54).
Nel 1847 però — e non era ancora trascorso
un anno dal suo arrivo a Valdocco — Don Bo­
sco organizzava gli Esercizi anche per i suoi
ragazzi (MB 3, 221-224). Ne aveva quattro o
cinque interni, e ne trovò altri 15 o 16 tra gli
oratoriani. Questi ultimi non sapeva dove al­
loggiarli, perciò la sera li rimandava a casa,
ma con mamma Margherita era riuscito a tro­
vare il modo di assicurare loro il pranzo.
L’anno successivo Don Bosco ripetè gli Eser­
cizi nella casa Pinardi, e furono predicati dal
teologo Borei. In quell’occasione capitò che
uno dei ragazzi perdesse i peccati... Li aveva
scritti tutti sopra un quaderno e lo aveva smar­
rito. Corse disperato da Don Bosco, che in­
tanto aveva trovato il quaderno e potè confor­
tarlo: «Beato te, perché senza peccati andrai
di sicuro in paradiso!».
Nel 1848 tenne degli Esercizi per prepararsi
degli aiutanti (MB 3, 418). Rimasero famosi
per i loro frutti di conversione gli Esercizi al­
la Generala nel 1855. Essi meritarono ed ot­
tennero la storica gita-premio a Stupinigi (MB
5, 219).
Negli anni seguenti Don Bosco trovò altre se­
di più accoglienti in collina, a Trofarello e nel
Seminario di Giaveno, finché anche Valdoc­
co fu in grado di ospitarli. Ma non lasciò più
i suoi ragazzi senza Esercizi. Spiegava: «Gli
Esercizi sono una serie di istruzioni e medita­
zioni fatte per muovere all’amicizia con Dio».
E a questa amicizia lui teneva troppo.
DB 2,162 Le Compagnie Religiose
Don Bosco era solito radunare i ragazzi per­
ché insieme facessero qualcosa. Lui stesso da
ragazzo, studente a Chieri, aveva fondato tra
i coetanei la «Società dell’allegria». E una volta
impiantato solidamente il suo Oratorio, dette
vita alle più svariate associazioni, comprese le
società bandistica e ginnica, e le società di mu­
tuo soccorso.
Il nome più in uso allora era «compagnia», che
serviva, per esempio, per le filodrammatiche;
87
ma c’era a valdocco anche la «Compagnia dei
tozzi di pane», che in anni di fame diffusa (at­
torno al 1851) si impegnava a non cominciare
una nuova pagnotta finché non fosse sparita
anche l’ultima briciola della pagnotta prece­
dente.
Veramente importanti furono le «Compagnie
Religiose» per i vantaggi nell’educazione, per
i loro consolanti frutti, veri focolai di carità,
gardini di virtù (MB 6, 389) e forme pratiche
di zelo per i ragazzi interni e anche per gli oratoriani. Esse offrivano agli educatori l’occa­
sione di un periodico incontro con i ragazzi
meglio disposti, per impegnarli in un sano at­
tivismo in mezzo ai compagni.
La prima, fondata da Don Bosco nel 1847, fu
la «Compagnia di San Luigi» e organizzò gli
oratoriani migliori (MB 3, 215s). Nel 1854, an­
no della proclamazione del dogma dell’imma­
colata Concezione, Domenico Savio ne fondò
una seconda, detta appunto delP«Immacolata», per i ragazzi più maturi al fianco dei loro
educatori (MB 5, 478). Nel 1857 nasceva la
«Compagnia del Santissimo» (ivi, 759); l’an­
no dopo da essa si staccava quella del «Picco­
lo Clero» (ivi, 788). Ultima, nel 1859, la «Com­
pagnia di San Giuseppe», per gli artigiani (MB
6, 190).
Queste compagnie si sono rivelate come «par­
te vitale del sistema preventivo» (Don Renato
Ziggiotti) e hanno conosciuto nelle case sale­
siane periodi di grande splendore, in Italia co­
me all’estero (MB 10, 1103). In anni recenti
di crisi per effetto delle profonde trasforma­
zioni sociali sono praticamente scomparse e
stentano ad essere sostituite da nuovi organi­
smi associativi in cui potrebbero rivivere.
Nella diapositiva un dipinto del Caffaro Rore
(Valdocco, chiesa di san Francesco di Sales)
raffigurante san Domenico Savio che pronun­
cia la promessa insieme con i soci della «Com­
pagnia deH’Immacolata».
DB 2,163 La parolina all’orecchio
Come dono di prima Messa Don Bosco aveva
chiesto al Signore quello della parola. E pare
88
che l’abbia pienamente ottenuto. L’efficacia
nelle conferenze e la vivacità nella predicazio­
ne, il consiglio in confessione e in cortile, la
parolina all’orecchio per i suoi ragazzi ne so­
no la prova.
Sempre circondato dai ragazzi, sempre pieno
di battute e trovate per tenerli allegri, ogni
tanto Don Bosco si chinava sull’uno o sull’al­
tro e mormorava qualche frase tutta per lui.
Essenziale, capace di cogliere una situazione
e di stimolare a capovolgerla (MB 6, 415).
Sono state raccolte alcune di queste «paroline
all’orecchio». Da ciascuna è facile — e sugge­
stivo — risalire alla situazione di coloro che
se la sentivano rivolgere (ivi, 416.418.420).
Per esempio: «Come stai?». E poi precisava:
«E di anima, come stai?». Oppure: «Dovresti
aiutarmi in una grande impresa. Sai quale?
Nell’impresa di farti buono!». O queste altre:
«Quando vuoi che rompiamo le corna al dia­
volo con una buona confessione?». «Il para­
diso non è fatto per i poltroni». «Non fidarti
troppo delle tue forze». «Pensa a Dio, e sarai
più buono e contento». «Ricordati bene: Dio
ti vede!». «Puoi dormire tranquillo questa not­
te? Se morissi questa notte, saresti tranquil­
lo?». «Lavoriamo, lavoriamo, ci riposeremo in
paradiso». «Coraggio, un pezzo di paradiso
aggiusta tutto!» (MB 10, 9).
Era interessante osservare le fisionomie dei ra­
gazzi subito dopo: «...alcuni apparivano sor­
ridenti, altri serissimi, altri diventavano ros­
si fino alla radice dei capelli, qualcuno si met­
teva a piangere, qualche altro si ritirava a pas­
seggiare pensieroso, alcuni gridavano di gioia
e correvano a giocare...» (MB 17, 111).
Dicono ancora i suoi biografi che le paroline
di Don Bosco all’orecchio erano come l’eco
della parola di Dio: viva, efficace e più affila­
ta di una spada a due tagli.
Nella diapositiva: particolare di un dipinto del
Crida (nella sacrestia della basilica di Maria
Ausiliatrice, a Torino). L’immagine rappre­
senta la confessione, ma anche la parolina fat­
ta risuonare nell’orecchio di un giovane men­
tre si divertiva in cortile.
In casi più gravi Don Bosco scriveva questa
parolina sopra un biglietto che poneva sotto
il cuscino del letto di un giovane.
DB 2,164 Lo sguardo di Don Bosco
Don Giovanni Francesia, uno dei primi Sale­
siani, ha raccontato che una notte, quando era
ancora ragazzo, uno dei suoi compagni freme­
va, sospirava e mordeva le lenzuola. «Che co­
s’hai?». gli domandò. «Don Bosco mi ha guar­
dato!». «E con questo?» — gli replicò France­
sia —. Cosa c’è di strano che Don Bosco ti ab­
bia guardato?». «Mi ha guardato in un certo
modo», rispose l’altro. E riprese a gemere
sconsolato (MB 6, 423; 8, 619).
«Lo sguardo suo — ricordarono i ragazzi di
Don Bosco divenuti adulti — era dolce, ma vi­
vo e penetrante, in modo che ogni volta che
il suo occhio si posava su qualcuno di noi, si
rimaneva come perplessi e in visibile soggezio­
ne, quasi che si intuisse che egli ci leggeva nel
profondo dell’anima» (MB 6, 2).
«Quel che in Don Bosco più spiccava era lo
sguardo, dolce ma penetrantissimo fino nella
profondità del cuore, a cui appena si poteva
resistere fissandolo. L’occhio suo attirava, at­
terriva, atterrava... Nel mio giro del mondo
non conobbi persona che più di lui mi s’im­
ponesse con lo sguardo. In genere nei ritratti
e nei quadri era impossibile riportare questa
singolarità» (un anziano sacerdote exallievo,
ivi).
«Spesso un suo motto, un sorriso, accompa­
gnato dallo sguardo fisso, valeva una doman­
da, una risposta, un invito, un discorso inte­
ro». I pochi scapestrateli! dell’Oratorio si sen­
tivano nei pasticci: «Alcuni ragazzi, non aven­
do il coraggio di sopportare il suo sguardo,
cercavano di sottrarsi alla presenza di Don Bo­
sco...». «Quando Don Bosco tornava da qual­
che viaggio, i ragazzi gli correvano incontro
e si stringevano a lui pieni di gioia; ma qual­
cuno restava indietro, lontano dagli altri...
Questo era segno che aveva qualcosa da na­
scondere a Don Bosco».
Ancora una testimonianza: «Lo sguardo di
Don Bosco! Quello sguardo non era soltanto
umano, aveva in sé qualcosa di soprannatu­
rale e di celestiale... Nelle poche visite che ci
faceva, quando nel cortile ci rivolgeva la pa­
rola, a noi non era necessario di far ressa per
avvicinarci a lui: ci sentivamo sotto l’influsso
di quel suo sguardo potente e suggestivo, che
tutti indistintamente carezzava. Uno sguardo
che soltanto una madre amorosa sa e può ri­
volgere alla propria creatura. Uno sguardo
che penetrava diritto fino a raggiungere l’in­
timo del cuore. Uno sguardo parlatore, pro­
prio parlatore, che sapeva interrogare la no­
stra coscienza. E non era l’impressione di un
momento; quello sguardo rimaneva fisso e so­
vrano in noi, nel nostro cuore, nel nostro ani­
mo, e non era più possibile obliarlo» (Exallie­
vo di Lanzo, MB 14, 37).
La diapositiva: particolare di un dipinto del
Caffaro Rore.
DB 2,165 I sogni di Don Bosco
C’era un’apparente contraddizione in Don Bo­
sco: uomo di estremo realismo e senso prati­
co, credeva nei sogni. Li raccontava, li com­
mentava, si affidava alle loro indicazioni. E
quanti vivevano accanto a lui, prestavano fe­
de anch’essi ai suoi sogni, li raccolsero parola
per parola, li trascrissero, li pubblicarono.
Nella sua monumentale biografia in venti vo­
lumi, ne sono raccontati almeno 135.
Il primo di essi, il famoso sogno dei «nove an­
ni», è stato considerato da Don Bosco stesso
come determinante riguardo alla sua missio­
ne. Altri sogni avevano come argomento i suoi
ragazzi, altri erano ricchi di insegnamenti mo­
rali, altri vertevano sulla sua opera nel mon­
do e sui suoi sviluppi, altri sulla Chiesa...
Don Bosco credeva nei sogni? In diverse cir­
costanze fu indotto a pronunciarsi sul proble­
ma. Dalle sue parole si può ricavare un certo
scetticismo iniziale («Non bisogna badare ai so­
gni. Li attribuivo a scherzi della fantasia»).
«Nei primi anni io andava a rilento nel pre­
stare credenza a quei sogni... Ma i fatti dava­
no ragione ai sogni, allora più non esitai a cre­
89
dere fermamente che quei sogni fossero avvi­
si del Signore» (MB 5, 376s).
Ancora un dubbio però lo assillava: faceva be­
ne a raccontarli? Si consigliò con Don Cafasso, e il suo santo confessore rispose: «Dal mo­
mento che quanto dite si avvera, potete stare
tranquillo e continuare» (MB 2, 412). Pio IX
fece di più: gli ordinò di metterli per iscritto
(MB 5, 882). Don Bosco ritenne i suoi sogni
un efficace mezzo di formazione (MB 5, 376;
10, 42).
I sogni rimangono uno degli aspetti enigmati­
ci della figura di Don Bosco. Nella diapositi­
va è raffigurato il «Sogno di Lanzo», in cui Do­
menico Savio apparve a Don Bosco nella feli­
cità del cielo (Dipinto di G. Crida nel salone
«Don Puppo» del collegio di Lanzo Torinese).
DB 2,166 La vocazione: Seminario di Giaveno
II seminario di Giaveno, presso Torino (nella
foto), è un esempio dell’impegno di Don Bo­
sco per le vocazioni. Quel seminario in tre se­
coli aveva reso ottimi servizi al clero piemon­
tese, ma ora languiva al punto che nel settem­
bre 1860 contava un solo alunno e stava per
essere assorbito dal Comune. In previsione,
era stato svuotato di mobili e attrezzature. Ul­
tima risorsa per salvarlo era ricorrere a Don
Bosco. Ed egli vi mandò i suoi Salesiani e i suoi
allievi: 150 alla fine del primo anno, 240 nel
secondo. Ormai le cose andavano bene, e Don
Bosco... fu messo da parte. Ma non ci pianse
sopra: il suo dovere verso la diocesi l’aveva
fatto.
La sua vocazione sacerdotale era stata impe­
riosa ma difficilissima da realizzare, e forse
proprio per questo egli divenne un esperto, an­
zi un appassionato di vocazioni. Visse il pro­
blema della «scelta dello stato» (come si dice­
va allora) nella sua forma più completa e ma­
tura. Cercava cioè di chiarire anzitutto quale
fosse il bene del singolo ragazzo per orientar­
lo verso la realizzazione di un suo progetto di
vita in armonia con attitudini e inclinazioni.
Di fatto suscitò e orientò un numero grandis­
simo di vocazioni sacerdotali e alla vita reli­
90
giosa. La confessione, la direzione spirituale,
il colloquio confidenziale erano i momenti de­
cisivi per trattare con i ragazzi «gli affari del­
l’anima». Nella sua esperienza quotidiana si
persuase che di fatto Dio «chiama» un nume­
ro di giovani molto elevato, e solo circostanze
esterne sbagliate impediscono a queste voca­
zioni di realizzarsi. Stimolava lo zelo per le vo­
cazioni e affermava: «...semenzaio di vocazio­
ni sono l’Oratorio e l’ospizio», tanto che le au­
torità laiche definivano malignamente l’Oratorio di Don Bosco «l’officina dei preti».
Egli diceva ai Salesiani e ai direttori: «Fate il
possibile e l’impossibile per coltivare le voca­
zioni» (MB 14,133). E per i genitori afferma­
va solennemente: «Quando un figlio abbando­
na i genitori per obbedire alla vocazione, Ge­
sù Cristo prende il suo posto nella famiglia»
(MB 9, 704).
Resta da aggiungere, per spiegare le tante vo­
cazioni da lui condotte a buoni risultati, il fa­
scino che usciva dalla sua stessa vocazione pie­
namente realizzata. Egli diventava un model­
lo da imitare; il suo modo di essere «uomo di
Dio» e «apostolo dei giovani» ha avuto un pe­
so determinante nella nascita e sviluppo di
quella realtà imponente e suggestiva — un pic­
colo pezzo di Chiesa —che oggi va sotto il no­
me di Famiglia Salesiana: i Salesiani, le Figlie
di Maria Ausiliatrice e numerose altre congre­
gazioni minori, gli istituti secolari, i Coope­
ratori Salesiani, gli Exallievi e tanti amici e
simpatizzanti dell’opera sua che vivono in stile
salesiano.
DB 2,167 La devozione e l ’amore al papa
Don Bosco fu incondizionatamente dalla par­
te del Papa. Diceva: «In fatto di religione io
sto con il Papa, e con il Papa intendo rimane­
re da buon cattolico fino alla morte» (MB 1,
12; 2, 332). Diceva: «Ogni desiderio del pa­
pa, per me è un comando» (MB 14,577). Que­
sto atteggiamento aveva in lui una motivazio­
ne teologica semplice e solida: «I vescovi ci uni­
scono al Papa e il papa ci unisce a Dio». Per-
dò il suo programma: «Tutto col Papa e aman­
do 0 Papa».
Fu sovente a Roma (19 volte) in visita ai suoi
due papi: Pio IX e Leone Xm. Negli anni bur­
rascosi del Risorgimento fu uomo di fiducia
in molte trattative fra Pio IX e il governo ita­
liano. Manifestò per lettera al Papa previsio­
ni di avvenimenti (MB 6, 481). Nel 1870 con­
sigliò Pio IX di non lasciare Roma, e a chi lo
sollecitava il Papa rispose: «Attendiamo la ri­
sposta di Don Bosco» (MB 9,923; 10,66). L’a­
more al Papa a Valdocco era tenuto desto dalle
«Letture Cattoliche» e dalla narrazione delle
vite dei Papi.
Ai suoi giovani parlava sovente del Papa, e in
un momento difficile scrisse una lettera assi­
curando al Pontefice un omaggio di comunio­
ni e di preghiera dei suoi giovani (MB 13,748).
Quando il Papa riparò a Gaeta, fece una col­
letta tra i suoi giovani e mandò al Pontefice
33 lire (MB 3, 508). Soleva dire ai suoi Sale­
siani: «Scopo principale della Società Salesia­
na è sostenere l’autorità del Papa» (MB 7,
386).
Un giornale anticlericale del tempo lo defini­
va il «Garibaldi del Vaticano», e scrisse: «In
Don Bosco l’arte di innamorare del Papa è tut­
to: in ciò vale mille maestri clericali e mille
giornalisti cattolici».
Don Bosco fu riamato dai Papi e ricambiato
con segni di delicata premura. Pio IX volle es­
sere il primo della lista dei Cooperatori, e Leo­
ne XIII nel 1884, vedendolo malfermo in sa­
lute, lo fece sedere e gli comandò di curarsi:
«Io lo voglio e ve lo comando», e dando sfogo al
sentimento gli confidò: «Io vi amo, io vi amo!».
Sul letto di morte, al cardinale Alimonda dis­
se: «Eminenza, l’ho detto a mons. Cagliero che
lo dica al Santo Padre, che i Salesiani sono per
la difesa dell’autorità del Papa dovunque la­
vorino, dovunque si trovino».
La fedeltà di Don Bosco al Papa è stata ricom­
pensata. La sua statua si trova nella basilica
di San Pietro, in una nicchia proprio sopra la
famosa statua di san Pietro raffigurata nella
diapositiva.
DB 2,168 II sistema preventivo
I ragazzi (e lo dimostra il simpatico quadro
delle camerette nella diapositiva), si ammas­
savano attorno a Don Bosco, perché egli tra
l’altro aveva escogitato il metodo giusto per
educarli. Lo chiamò «sistema preventivo». Se
ne interessarono vescovi, educatori e pedago­
gisti. Lo stesso ministro della guerra ne ave­
va chiesto informazioni (MB 7, 812), e il mi­
nistro Rattazzi, nel 1854, domandò a Don Bo­
sco se si poteva introdurre nelle scuole dello
Stato e nelle case di pena (MB 6, 265).
Nel 1877, mentre si trovava in Francia, lo pre­
garono di mettere per iscritto le sue idee, ed
egli compose un «trattatello» breve ma prezio­
so (cf MB 13, 918-923). Tra l’altro vi si legge:
«Due sono i sistemi in ogni tempo usati nell’e­
ducazione della gioventù: preventivo e repres­
sivo. Il sistema repressivo consiste nel far co­
noscere la legge ai sudditi, poi sorvegliare per
conoscere i trasgressori e infliggere, ove sia
d’uopo, il meritato castigo... Diverso, direi op­
posto, è il sistema preventivo. Esso consiste nel
far conoscere le prescrizioni e i regolamenti
di un istituto e poi sorvegliare in guisa che gli
allievi abbiano sempre sopra di loro l’occhio
vigile del direttore o degli assistenti che, co­
me padri amorosi, parlino, servano di guida
a ogni evenienza, diano consigli e amorevol­
mente correggano... Che è quanto dire: met­
tere gli allievi nell’impossibilità di commette­
re mancanze. Questo sistema si appoggia so­
pra la ragione, la religione e sopra l’amore­
volezza. D direttore, pertanto, deve essere tut­
to consacrato ai suoi educandi... Si dia ampia
libertà di saltare, correre, schiamazzare a pia­
cimento. La ginnastica, la musica, la declama­
zione, il teatrino, le passeggiate sono mezzi ef­
ficacissimi... La frequente confessione, la fre­
quente comunione, la messa quotidiana sono
le colonne che devono reggere un edifìcio edu­
cativo da cui si vuole tenere lontano la minac­
cia e la sferza... L’educatore fra gli allievi cer­
chi di farsi amare, se vuol farsi temere. In que­
sto caso la sottrazione di benevolenza è un ca91
stigo che eccita l’emulazione, dà coraggio e
non avvilisce mai. Presso ai giovanetti è casti­
go quello che si fa servire per castigo...».
Don Bosco diceva: «Che i giovani non solo sia­
no amati, ma che essi stessi conoscano di es­
sere amati» (MB 17,110; 6,302). È tipico l’e­
pisodio dei due spazzacamini che si misero a
litigare perché ognuno dei due si vantava di
essere il più amato da Don Bosco (MB 3,172).
DB 2,169 Don Bosco prega
davanti alla Madonna
Il 29.10.1935 Giovanni Bosco, vent’anni, sta­
va preparando il baule per entrare in semi­
nario. Mamma Margherita gli si avvicinò, e
dopo un attimo di esitazione: «Quando sei na­
to, ti ho consacrato alla Madonna. Quando hai
cominciato gli studi, ti ho raccomandato di vo­
ler bene a questa nostra Madre. Ora ti racco­
mando di essere tutto suo, Giovanni». E lui,
il futuro apostolo dell’Ausiliatrice: «Di queste
parole farò tesoro per tutta la vita» (MB 1,
373).
Fu davvero così. «Dopo Gesù — ha scritto il
suo biografo Don Lemoyne —, il suo tenero
amore era per la Madonna, di cui professava
una devozione filiale, che cercava di inculca­
re a tutti, nelle prediche, in confessione, nei
discorsi familiari, con una tenerezza che gli fa­
ceva trasparire dal volto il sentimento che
riempiva il suo cuore». La devozione maria­
na era in capo ai suoi pensieri (MB 2, 212).
«Non lasciava passare una sua festa senza ce­
lebrarla solennemente; nelle novene e feste
principali, come in tutto il mese di maggio,
parlava ogni sera di una virtù o prerogativa
di lei, narrava di una grazia ottenuta, consi­
gliava un atto di ossequio... (MB 1, 407; 2,
212).
Erano suoi detti: «Maria SS. fu sempre la mia
guida» (MB 5,155). «Io ho riposto in lei la mia
fiducia» (MB 1, 243). «La devozione alla Ma­
donna è la nostra salvezza» (MB 7,293). «Nul­
la si deve fare all’Oratorio fuorché nel nome
della Madonna» (MB 5, 439). «Come ci vuole
bene la Madonna!» (MB 13, 547).
92
La diapositiva presenta un quadro del Rolli­
ni, dipinto nel 1886, vivente Don Bosco, e ora
nella cappellina del Museo accanto alle «ca­
merette». Esprime assai bene l’atteggiamen­
to del Santo verso la Madre di Dio.
DB 2,170 Santuario di Oropa
Don Bosco nutriva un affetto speciale per i
santuari consacrati alla Madonna. In primo
luogo per quello della Consolata a Torino, do­
ve si recava sovente dal Convitto e da Valdocco, da solo o con i suoi giovani.
Nella foto vediamo 0 celebre santuario di Oro­
pa, un grande edificio con una devota chiesa,
fondato da sant’Eusebio fra i monti. In esso
si recava, secondo il suo costume, quando do­
veva mettere mano a un’impresa importante;
colà si ritirava alcuni giorni per invocare, con
tutta l’espansione della sua anima, il mater­
no aiuto della Madonna (MB 4,264). Nel 1863,
dovendo fondare il suo primo collegio fuori
Torino, quello di Mirabello, si recò ad Oropa
per raccomandare alla Madonna questa fon­
dazione.
Di là scrisse ai suoi ragazzi dell’Oratorio: «Se
voi, o miei cari figliuoli, vi trovaste sopra que­
sto monte ne sareste certamente commossi...
Vi è un continuo andirivieni di gente. Chi rin­
grazia la Santa Vergine per grazie da lei otte­
nute, chi domanda di essere liberato da un ma­
le spirituale o temporale, chi prega la Santa
Vergine che l’aiuti a perseverare nel bene, chi
a fare una santa morte. Giovani e vecchi, ric­
chi e poveri, contadini e signori, uomini, don­
ne, studenti si vedono continuamente in gran
numero accostarsi ai Santi Sacramenti e an­
dare ai piè d’una stupenda statua di Maria SS.
per implorare il celeste di lei aiuto.
Ma in mezzo a tanta gente il mio cuore pro­
vava un vivo rincrescimento. Perché? Non ve­
deva i miei cari giovani... perché non posso
avere i miei figli qui, condurli tutti ai piè di
Maria, offrirli a Lei, metterli tutti sotto alla
potente di Lei protezione... Per trovare un
conforto al mio cuore sono andato dinanzi al
prodigioso altare di Lei e le ho promesso che
giunto a Torino, avrei fatto quanto avrei po­
tuto per insinuare nei vostri cuori la devozio­
ne a Maria» (MB 7, 498).
DB 2,171 La benedizione di Maria Ausiliatrìce
e la medaglia della Madonna
Don Bosco fu dotato abbondantemente di do­
ni soprannaturali. AU’Oratorio, soprattutto
durante il mese di maggio, il via vai degli am­
malati e dei loro parenti era continuo; ad essi
Don Bosco riservava attenzione premurosa e
qualche volta riusciva ad ottenerne anche la
guarigione.
La diapositiva, ricavata da un disegno a car­
boncino di Carpanetto, ricorda la miracolosa
guarigione di una bambina cieca, Maria Stardero di Vinovo, di dieci-dodici anni, avvenu­
ta davanti a testimoni degni di fede. Accom­
pagnata dalla mamma, la bambina ricevette
la benedizione di Maria Ausiliatrice imparti­
tale da Don Bosco e subito «vide» tra le mani
del Santo la medaglietta che egli le presentava.
Questo e molti altri episodi testimoniano la fe­
de straordinaria di Don Bosco nella Madon­
na, e il rapporto che era riuscito a stabilire
con la Madre di Dio.
Solo il modo con cui impartiva la benedizione
impressionava gli astanti: «Pareva —testimo­
nia Don Albera — che si trasfigurasse».
Questa fama continuava a diffondersi, e la
gente veniva sempre più numerosa a ricevere
quella che egli chiamava la «benedizione di
Maria Ausiliatrice». Ma la gente aveva capi­
to bene come stavano le cose, e chiamava Ma­
ria Ausiliatrice la «Madonna di Don Bosco».
Don Bosco però non ne voleva sapere di esse­
re considerato un guaritore e avvertiva sem­
pre: «Non è da me che dovete aspettarvi la be­
nedizione ma da Dio solo, mediante il poten­
tissimo aiuto di Maria Ausiliatrice».
DB 2,172 I fioretti della Madonna ai giovani
Nell’Archivio Centrale salesiano si conserva
un singolare quaderno di Don Bosco. In for­
mato grande (cm 20x30), raccoglie dati sul­
l’andamento dell’Oratorio tra il 1853 e il ’58:
rette mensili pagate, conti saldati con i credi­
tori, voti di profitto e di condotta. Poi, come
mostra la diapositiva, ha una sezione con le
pagine in gran parte tagliate via; e la parte ri­
masta, porta in cucitura dei nomi: i nomi dei
573 fra ragazzi e adulti che allora abitavano
a Valdocco. legata a quelle pagine mutile c’è
la storia dei «fioretti della madonna» (cf MB
7, 2-10).
La vicenda occupò la mente di Don Bosco per
diversi giorni.
Una notte, volendo scrìvere il messaggio del­
la Madonna ai singoli giovani, prese questo re­
gistro (il primo quaderno che gli capitò tra le
mani) e nelle pagine bianche su ogni riga scris­
se un nome con accanto il pensiero spirituale.
La prima sera dell’anno 1862, dal pulpitino
della buona notte, in un profondo silenzio, an­
nunciò ai ragazzi «una strenna particolare,
meravigliosa, straordinaria», che avrebbe dato
a ciascuno di loro.
«La strenna che vi do non è mia — disse —.
Che ne direste se la Madonna stessa in perso­
na venisse a uno per uno di voi a dirvi una pa­
rola?... Ebbene, la cosa è appunto così. La
Madonna dà a ciascuno una strenna». E do­
po aver aggiunto altre raccomandazioni, con­
cluse: «Venite dunque in mia camera, e darò
a ciascuno il proprio biglietto». I ragazzi nei
giorni seguenti non si fecero pregare...
Sul grande quaderno, accanto ai 573 nomi si
potevano leggere «sentenze, o motti, o avvisi
che si vogliano chiamare, intorno a cose da
praticarsi, o da fuggirsi, adatti al bisogno di
ciascuno». I ragazzi tornavano con la sua stri­
sciolina di carta, alcuni felici, altri assorti e
pensierosi, qualcuno in lacrime...
Certe sentenze o avvisi contenevano tiratine
d’orecchi, e non stupisce che qualche ragazzo
discolo non abbia avuto il coraggio di presen­
tarsi a Don Bosco. Tredici striscioline sono in­
fatti rimaste attaccate al quaderno. Di altre
48 poi si è riusciti a ricuperare il contenuto.
Dice lo storico che «grandissima fu l’impres­
sione che destò questa strenna, e il bene che
produsse non si può immaginare».
93
DB 2,173 Le immagini di Maria Ausiliatrice
con giaculatoria
«Don Bosco — ha scritto il biografo Lemoyne
— portava sempre con sé delle medaglie e im­
magini di Maria Ausiliatrice, che distribuiva
largamente ai grandi e ai piccoli, raccoman­
dando di portarle addosso e di invocare ogni
giorno la protezione della Madre di Dio».
Le distribuiva ai giovani che gli servivano la
Messa (MB 10, 1346) le includeva nelle lette­
re che spediva (MB 13, 851-854) le distribui­
va abbondantemente nelle feste della Madon­
na e con esse inculcava la fiducia nella Ma­
donna (MB 9, 234).
Su queste immagini che recavano la bella ef­
figie di Maria Ausiliatrice, egli scriveva qual­
che pensiero e giaculatoria, per esempio: «Ma­
ria sia madre, maestra e guida al cielo». «O
Maria, siate la salvezza mia». «Maria sia per
te e per i tuoi aiuto in vita, soccorso nei peri­
coli, sollievo in morte, gaudio in cielo» (MB
18, 861).
Il 19.12.1887, quaranta giorni prima di mo­
rire, scrisse ancora pensieri dietro immaginette di Maria Ausiliatrice. Dopo due frasi trac­
ciate con grafia appena intelligibile si lamen­
tò con don Vignoletti che l’assisteva: «Ma sai
che non so più scrivere?». Però volle continua­
re perché, disse, «questa è l’ultima volta che
scrivo».
Il penultimo pensiero che tracciò era una
quartina popolare: «O Vergine pia, l’aiuto tuo
forte / dà all’anima mia / in punto di morte»
(MB 18, 484-486).
DB 2,174 Don Bosco scrittore al suo tavolo
Questa foto di Don Bosco seduto alla scriva­
nia mentre impugna la penna, esprime uno de­
gli apostolati che gli furono più cari. Don Bo­
sco si rivelò versatile nei generi più vari, dal­
l’articolo di giornale al libro, dalla biografia
alla storia, dall’agiografia al teatro, dalla di­
vulgazione scientifica a quella religiosa e al­
l’apologetica. E pur divorato dalle preoccupa­
94
zioni e dal lavoro, passava anche parte della
notte a scrivere.
Tutti i suoi scritti rivelano a chiare lettere i
suoi scopi di sacerdote educatore, le sue fina­
lità apostoliche, gli interessi della Società Sa­
lesiana da lui fondata. La pur minima pagina
uscita dalla sua penna ha l’unico intento di fa­
re del bene a chi legge o di istruire sulle veri­
tà della fede: una missione quindi di bontà e
di catechesi.
E fu autore molto letto, ricercato, ristampa­
to, con tutta una serie di invidiabili «best
sellers».
Come giornalista e come editore, a 34 anni ten­
tò la via del giornale (è del 1849 l’«Amico del­
la gioventù, giornale politico-religioso» dura­
to appena otto mesi). Lanciò collane e «biblio­
teche»: la «Biblioteca della gioventù», con 204
titoli, superò di molto la tiratura di un milio­
ne di volumi. Lanciò periodici come le «Let­
ture cattoliche» per istruire il popolo; per la
sua famiglia spirituale inventò l’informazio­
ne salesiana: nel 1867 avviò le «Lettere circo­
lari», e nel 1877 il «Bollettino Salesiano».
Poi da autore si trasformò in editore, con scel­
te di chiara modernità. Richiamiamo la cir­
colare del 1885 per la diffusione di buoni li­
bri: «Vi prego e vi scongiuro di non trascura­
re questa parte importantissima della nostra
missione».
La ristampa delle sue «Opere edite» compren­
de 37 grossi volumi, che raccolgono 1174 suoi
scritti di varia natura.
La sua fu una produzione enorme, ma ben fi­
nalizzata: la difesa della verità cattolica, e de­
stinata a un pubblico ben identificato: la gio­
ventù,' e i ceti popolari.
DB 2,175 La «Storia sacra»
e la «Storia ecclesiastica»
Don Bosco non era soddisfatto dei libri stori­
ci circolanti allora per i ragazzi, che trattava­
no le vicende del Popolo Eletto o le vicende del­
la Chiesa. Lamentava in loro «mancanza di
popolarità, fatti inopportuni, questioni lunghe
o fuor di tempo». Di sicuro non li trovava adat-
ti ai ragazzi del suo oratorio, alcuni «del tutto
ignari persino dell’Ave Maria». Certi fatti poi
in qualche libro erano esposti in modo da met­
tere «a pericolo la moralità dei giovanetti».
Non solo, ma sovente i testi erano pieni di «dis­
sertazioni polemiche» mentre dimenticavano
di mettere in evidenza gli aspetti positivi: le
verità della fede, il vero culto, i novissimi, i
sacramenti...
A tutte queste lacune Don Bosco pensò di
provvedere con libri suoi. Nel 1845 pubblica­
va una «Storia Ecclesiastica» (MB 2,328-334)
in vendita a lire 1,20 la copia. Il suo intento
educativo era dichiarato nella prefazione: «I
fatti... poi che mi parvero più teneri e com­
moventi, li trattai più accuratamente, notan­
done con particolarità le circostanze, affinché
non solo l’intelletto venga istruito, ma il cuo­
re resti spiritualmente commosso». L’opera fu
trovata molto adatta alla gioventù, per l’ocu­
lata scelta dei fatti, per la facilità dello stile,
per la cautela nelle espressioni. E fu largamen­
te diffusa nelle scuole.
Due anni più tardi, nel 1847, Don Bosco pub­
blicò la «Storia Sacra» (MB 2, 393-399) a lire
1,15 la copia (e dato il buon smercio, il prez­
zo nelle edizioni successive scenderà a lire
una). Per assicurarsi che il testo fosse com­
prensibile da tutti, Don Bosco aveva fatto leg­
gere il manoscritto al portinaio del Convitto
Ecclesiastico, e lo aveva opportunamente cor­
retto (MB 2, 392).
Il libro era una risposta implicita a coloro che
accusavano i cattolici di non leggere la Bib­
bia. Con la «Storia Sacra» di Don Bosco, ora
anche i ragazzi avevano una guida sicura alla
comprensione delle Scritture.
Dal 1847 per 20 anni la storia ecclesiastica fu
l’argomento delle prediche domenicali (MB 2,
433).
DB 2,176 II «Giovane Provveduto»
Il primo «best seller» di Don Bosco, pubblica­
to nel 1847, fu «Il giovane provveduto per la
pratica dei suoi doveri». L’editore Paravia ne
tirò 10.000 copie, ma subito dovette aggiun­
gere altre due tirature di cinquemila ciascu­
na. Ed era solo l’inizio del «boom», perché
presto le tirature salirono a 50.000 copie per
volta. Vivente Don Bosco si contarono 122 edi­
zioni, per oltre sei milioni di copie. Senza con­
tare le traduzioni (MB 3, 89).
Motivi del successo? In parte anche il basso
costo: lire 0,90 per l’opera «rilegata ma senza
oro sui fogli», e lire 1,30 se «a piena pelle e
pieno oro»... Ma il successo è legato alla scel­
ta indovinata delle proposte fatte da Don Bo­
sco ai giovani. Le riflessioni, i canti ecc. E in
primo luogo l’introduzione a sua firma, vero
e personalissimo messaggio ai giovani.
Nell’introduzione invitava i giovani a evitare
l’impressione sbagliata «che il servire al Signo­
re consista in una vita melanconica e lontana
da ogni divertimento e piacere. Non è così, cari
giovani. Io voglio insegnarvi un metodo di vi­
ta cristiana che vi possa nel tempo stesso ren­
dere allegri e contenti, e additarvi quali siano
i veri divertimenti...». Tale è appunto lo sco­
po di questo libretto: servire al Signore e sta­
re sempre allegri».
E concludeva: «Miei cari, io vi amo tutti di
cuore, e basta che siate giovani perché io vi
ami assai. E vi posso accertare che troverete
libri proposti da persone di gran lunga più vir­
tuose e più dotte di me, ma difficilmente po­
trete trovare chi più di me vi ami in Gesù Cri­
sto, e che più desideri la vostra vera felicità»
(OE 185, 188).
Con questi messaggi, il Giovane Provveduto
diventò carissimo a tanti ragazzi (e non solo
a quelli delle sue opere). I ragazzi andavano
in giro col libro nella tasca della giacca, an­
dando a dormire lo posavano sul comodino o
sotto il cuscino. Se ne servivano per pregare
in tutte le circostanze, perché in quelle pre­
ghiere «si ritrovavano».
Domenico Savio in punto di morte chiamò il
babbo: «Eccomi — gli rispose —. Figlio mio,
che ti abbisogna?». «Mio caro papà, è tempo.
Prendete il mio Giovane Provveduto e legge­
temi le preghiere della buona morte»...
95
DB 2,177 Vite di giovani modello:
Savio, Magone, Besucco
Tre biografie. Don Bosco avrebbe voluto scri­
verne di più, perché voleva bene ai suoi ra­
gazzi, perché quelli meritatevoli di biografia
di fatto erano numerosi, e diceva di san Lui­
gi, ce ne sono tanti anche all’Oratorio e per­
ché quei profili facevano bene agli altri
ragazzi.
Domenico Savio era morto nel 1857, e meno
di due anni dopo, aU’inizio del ’59, usciva la
sua biografia (numerose volte poi arricchita
da Don Bosco e ristampata). Era una rispo­
sta ai suoi ragazzi: «Voi mi avete più volte do­
mandato di scrivere qualcosa intorno al vostro
compagno Savio Domenico» (MB 6,143; Opere
edite p. 157).
Ed era un invito a imitarlo: «Cominciate a
trarre profitto da quanto vi verrò descriven­
do; e dite in cuor vostro ciò che diceva sant’Agostino: Si ille, cur non ego?... Davanti a
qualche cosa degna di ammirazione, non con­
tentatevi di dire: questo bello, questo mi pia­
ce. Dite piuttosto: voglio adoperarmi per fare
quelle cose che, lette di altri, mi eccitano alla
meraviglia».
Nello stesso 1859, a settembre, uscivano i
«Cenni biografici sul giovanetto Magone Mi­
chele, allievo dell’Oratorio...» (MB 6, 999). Si­
gnificativa la prefazione: «Tra quelli di voi,
giovani carissimi, che ansiosi aspettavano la
pubblicazione della vita di Savio Domenico,
eravi il giovanetto Magone Michele... Se non
che poté leggere appena alcune pagine, per­
ché il Signore ponendo fine alla sua vita mor­
tale chiamavaio... a godere la pace dei giusti
in compagnia dell’amico di cui intendeva far­
si imitatore».
E anche lui Don Bosco proponeva come mo­
dello: «Un giovanetto che abbandonato a se
stesso era in pericolo di cominciare a battere
il tristo sentiero del male, ma che il Signore
invitò a seguirlo. Ascoltò egli l’amoroso co­
mando, e costantemente corrispondendo...».
Cinque anni più tardi, nel luglio 1864, uscì la
96
terza biografia: «Il pastorello delle Alpi, ov­
vero vita del giovane Francesco Besucco» (MB
7, 684-687). In apertura portava il ritratto del
ragazzo, e un suo pensiero: «Io muoio col rin­
crescimento di non aver abbastanza amato Id­
dio come si meritava».
Nella prefazione Don Bosco si presentava ai
ragazzi come «un padre che parla di un figlio
teneramente amato; un padre che dà campo
ai paterni affetti mentre parla ai suoi amati
figli». E intendeva «istruirli nella pratica del­
le virtù, di cui Besucco si rese modello. Leg­
gete dunque, o giovani carissimi. E se nel leg­
gere vi sentirete mossi a fuggire qualche vizio
o a praticare qualche virtù, rendetene gloria
a Dio...».
Queste tre biografie, pubblicate «a cura del sa­
cerdote Bosco Giovanni» (che era poi il modo
antico di qualificarsi per autore), ebbero
straordinaria efficacia sui giovani. E ancora
oggi sono oggetto di studio, come esempio di
valida pedagogia.
Don Bosco con il «Giovane provveduto» ave­
va scrìtto per insegnare ai giovani a pregare,
con le vite dei giovani modello rivolgeva un
caldo invito a vivere secondo quei luminosi
modelli.
DB 2,178 La «Storia d ’Italia»
Certi manuali di storia che circolavano allora
nelle scuole italiane erano — secondo il giudi­
zio di Giuseppe De Maistre — «una permanen­
te congiura contro la verità». I ragazzi impa­
ravano dai testi vere calunnie contro la Chie­
sa, ed errori sui Papi fatti apparire come ne­
mici dell’Italia e una minaccia alla nazione.
Don Bosco cercò di riparare a errori e lacune
con un libro che mettesse in evidenza l’opera
civilizzatrice svolta dalla Chiesa e dai papi in
Italia. Il volume uscì nel 1856 col titolo «Sto­
ria d’Italia raccontata alla gioventù», ed eb­
be accoglienza molto favorevole (MB 5, p.
494-497).
La «Civiltà cattolica», precisato «lo scopo che
l’autore si propone, che è di insegnare la sto­
ria patria ai giovanetti italiani con facilità»,
affermava che ¡1 libro nel suo genere non ha
forse pari in Italia» (MB 6,294; 7, 250). Nico­
lò Tommaseo: «Ecco un libro modesto che gli
eruditi... degnerebbero forse appena di uno
sguardo, ma che può nelle scuole adempiere
gli uffici della storia meglio assai di certe ope­
re celebrate. L’abate Bosco... presenta la sto­
ria tutta d’Italia nei suoi fatti più memoran­
di, sa sceglierli, sa circondarli di luce assai vi­
va...» (MB 6, 291-3).
Il ministro della Pubblica Istruzione Giovan­
ni Lanza assegnò al libro un premio di lire mil­
le, e fece sapere a Don Bosco che l’avrebbe
adottato per le scuole se avesse modificato il
testo in alcuni punti. Don Bosco però non ne
volle sapere (MB 5, p. 503-505).
Il libro fu invece apertamente criticato dagli
ambienti e dai giornali anticlericali. Del resto
usciva in un periodo in cui Don Bosco era te­
nuto in sospetto, e sottoposto dalle autorità di
polizia a visite domiciliari.
Le sue prime tre edizioni furono stampate da
Paravia, poi dal 1863 nella tipografìa dell’Oratorio. In Gran Bretagna se ne fece una tra­
duzione all’insaputa dell’autore. In Italia co­
stava lire 2,50 la copia, e lire 3,50 nell’edizio­
ne regalo.
DB 2,179 Le «Letture Cattoliche»
Nel 1848 re Carlo Alberto con lo Statuto ave­
va concesso nuove libertà civili, e i nemici della
religione ne approfittarono non solo per dif­
fondere le loro idee, ma per attaccare la Chie­
sa Cattolica. Con libri e opuscoli diffamatori,
e largamente distribuiti nelle famiglie, insinua­
vano l’errore.
I cattolici, colti di sorpresa, non riuscivano a
opporsi, ma Don Bosco allora cominciò a pub­
blicare foglietti con stile semplice e chiaro, in
cui ribadiva le verità della fede, incontrando
il gusto dei lettori.
Non aveva certo peli sulla lingua. «Tutti colo­
ro che perseguitarono la Chiesa nei tempi pas­
sati — scriveva per esempio — non esistono
più; ma la Chiesa esiste tuttora. Tutti quelli
che perseguitano la Chiesa oggi, di qui a qual­
che tempo non ci saranno più; ma la Chiesa
ci sarà sempre. Dio ha impegnato la sua pa­
rola e la proteggerà fino alla fine del mondo».
Allora — era il 1853 — d’intesa col vescovo
d’Ivrea cominciò a pubblicare degli opuscoli
mensili in stile popolare e di costo molto eco­
nomico, intitolati «Letture Cattoliche» (MB 4,
532). Difendevano la verità cattolica dalle in­
sinuazioni dei nemici e andavano a ruba, e essi
se l’ebbero a male.
Cercarono di farlo smettere. Prima con offerte
in denaro. Poi con minacce. Poi con attenta­
ti: lo presero a bastonate (MB 4, 704), cerca­
rono di avvelenarlo (BB 6, 697), perfino gli
spararono un’archibugiata. Fu in quegli anni
che un misterioso cagnaccio, il Grigio, si mi­
se dalla sua parte e in varie occasioni lo salvò
dall’incontro con delinquenti prezzolati. Ma
le «Letture Cattoliche» continuarono a usci­
re. Due milioni di copie lui vivente, 9.200.000
copie al traguardo del mezzo secolo. Con quei
titolo durarono più di un secolo; poi nel 1954
furono sostituite dal mensile «Meridiano 12»
(il meridiano che passa per Roma), e ora rivi­
vono nella collana popolare «Mondo Nuovo».
DB 2,180 II «Bollettino Salesiano»
I suoi amici aumentavano sempre più di nu­
mero, e Don Bosco aveva un serio problema:
come comunicare con loro, come coordinare
le tante attività. All’inizio dell’estate 1877 egli
stava correggendo le bozze di una piccola pub­
blicazione della sua libreria intitolata «Il bi­
bliofilo cattolico», quando gli venne un’idea.
E subito la comunicò in buon piemontese al
salesiano incaricato della pubblicazione: «Vo­
glio che facciamo qualcosa d’importante!».
L’idea era di trasformare quelle poche pagi­
nette in una rivista di informazioni salesiane,
modesta ma funzionale: il Bollettino Salesia­
no. Il primo numero uscì nell’agosto, e in es­
so Don Bosco con eccezionale realismo spiegò
ai Cooperatori salesiani i suoi intenti: «Qui non
si stabilisce una confraternita, non un’associa­
zione religiosa, letteraria o scientifica, nem­
meno un giornale; ma una semplice unione di
97
benefattori dell’umanità, pronti a dedicare
non promesse ma fatti, sollecitudini, disturbi
e sacrifici per giovare al nostro simile».
Col 1878 Don Bosco sceglieva il direttore del­
la rivista tra i migliori Salesiani che avesse,
e da allora il BS si è diffuso a macchia d’olio
per il mondo. Ecco in sostanza le sue caratte­
ristiche.
Chi lo emana: Don Bosco, i suoi successori, i
loro rappresentanti.
Che cosa dice: racconta il farsi nel mondo del
progetto apostolico di Don Bosco tra la gio­
ventù e i ceti popolari (MB 13, 206).
Come è fatto: è un periodico illustrato che esce
oggi (1981) in 41 edizioni diverse e in venti lin­
gue. Tiratura di oltre un milione di copie
mensili.
98
Destinatari: la Famiglia Salesiana, e gli amici
dell’opera di Don Bosco.
Le finalità: informare, formare e animare
quanti operano all’interno del progetto sale­
siano, perché realizzino sempre meglio que­
sto progetto (MB 13, 286).
Stile: popolare. Si cerca (’àpologìà dei fatti. Va
evitata la polemica (Don Bosco scrisse un gior­
no al caustico primo direttore Don Bonetti:
«Cessa di battagliare, e scrivi parole pacifi­
che!»).
Modernità: il BS è paragonabile ai moderni
«house organ» che le grandi organizzazioni in
genere si danno, e come questi è gratuito; inol­
tre forma una «catena di riviste» a diffusione
mondiale.
DON BOSCO E IL SUO AMBIENTE
DB/2 Tutto Valdocco
VALDOCCO OGGI
1. DON BOSCO E IL SUO AMBIENTE: Tutto Valdocco
I - L’ORATORIO A VALDOCCO: IL SOGNO DIVENTA REALTÀ
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Casa Pinardi (dipinto del Crida sotto il porticato)
L’attuale Cappella Pinardi
Statua della Consolata, nella Cappella Pinardi
Mamma Margherita
Finestra attraverso la quale spararono a Don Bosco
Mappa deirOratorio dal 1847 al 1851
Disegno della casa Pinardi e delle successive costruzioni
Ala del primo fabbricato eretto accanto alla casa Pinardi
10. La fontana presso il porticato
11. Il porticato e le scritte bibliche
12. La statua di Maria Immacolata
L - LA CHIESA DI SAN FRANCESCO DI SALES
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La chiesa di San Francesco di Sales
L’interno della chiesa al tempo di Don Bosco
L’altare maggiore
La balaustra di legno
Il retro altare
Pulpito e altare della Madonna ai tempi di Don Bosco
Il pulpito in legno donato dal Cafasso
Altare della Madonna rinnovato
Altare di San Luigi
Interno della chiesa oggi
Porta secondaria, che ricorda la moltiplicazione dei pani
Chiesa di San Francesco vista dal cortile
99
M - IL PALAZZO DELLE CAMERETTE DI DON BOSCO
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Il porticato con il pulpito della «buona notte»
La lapide che ricorda il cane Grigio
Don Bosco, mamma Margherita e il cane Grigio (dipinto)
Il cane Grigio difende Don Bosco (dipinto)
Il porticato di casa Pinardi e casa di Don Bosco
Il palazzo delle camerette
Il ballatoio che porta alle camerette
Altra veduta del ballatoio
La facciata a sud del palazzo delle camerette
La statua della Madonna, sul nuovo ampliamento
Altra veduta generale del palazzo delle camerette
Veduta generale delle camerette, «cuore» di Valdocco
La prima camera abitata da Don Bosco dal 1853 al 1861
La seconda camera abitata da Don Bosco per 27 anni
Fotografia di Don Bosco nella sua seconda stanza
La stanza adibita a cappella nel gennaio 1886
La veranda dove Don Bosco passeggiava e confessava
Una finestra della veranda con grappoli d’uva
La camera dove Don Bosco morì il 31 gennaio 1888
Particolare della camera
La scrivania della camera
Divano e scrittoio mobile
Letto in cui morì Don Bosco
Seggiolone della veranda e foto di Don Bosco morto
N - IL MUSEO STORICO DI DON BOSCO, A VALDOCCO
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Il crocifisso che Don Bosco teneva in mano alla sua morte
Altare dell’estasi
Calice, messale e paramenti dell’altare
Talari e pianete usate da Don Bosco
Il confessionale di Don Bosco
Le nocciole, a ricordo delle moltiplicazioni
Portamonete di Don Bosco e otto soldi del suo tempo
Il cappello e i bastoni da viaggio
Oggetti raccolti sulla mensa dopo la morte di Don Bosco
Il suo passaporto
Le sue «Memorie»
La prima statua di Maria Ausiliatrice venerata a Valdocco
LA BASILICA DI MARIA AUSILIATRICE
O - LA BASILICA DI MARIA AUSILIATRICE
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Prima foto della chiesa di M. Ausiliatrice con scorcio di S. Francesco
La basilica e la primitiva piazza
La basilica con fedeli agli inizi del ’900
La basilica col mercato in piazza
Interno della basilica
La cappella di San Pietro
La cappella di Solutore, Avventore, Ottavio e di S. Anna
La cappella di San Francesco di Sales
La vecchia sacrestia
La chiesa di M. Ausiliatrice come la costruì Don Bosco
Il capomastro Carlo Buzzetti
Statua della Immacolata sulla cupola
Attuale facciata della basilica di M. Ausiliatrice
I due campanili e la cupola centrale con la statua di M. Immacolata
La seconda cupola eretta durante l’ampliamento
Interno del santuario: veduta generale
Quadro di Maria Ausiliatrice
L’altare di Don Bosco
Urna di Don Bosco
Volto di Don Bosco
L’altare di San Giuseppe
Altare di San Domenico Savio
L’altare di S. Maria Mazzarello
Ampliamento sul lato destro dell’altare maggiore
Cripta-cappella dell’Apparizione
Luogo dove la Madonna posò il piede
Altare della Madonna e quadro dell’apparizione
Quadro del martirio di Solutore, Avventore e Ottavio
La cappella delle Reliquie
La preziosa reliquia del legno della Croce
Il sepolcro del beato Don Rua
La statua di Maria Ausiliatrice
La basilica illuminata per la festa di Maria Ausiliatrice
Giovannino fa scuola di catechismo ai Becchi
Don Bosco ascolta le confessioni dei ragazzi dell’Oratorio
Don Bosco e mamma Margherita arrivano a Valdocco
L’incontro di Don Bosco con Bartolomeo Garelli
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Don Bosco e Bartolomeo Garelli (particolare)
Don Bosco in mezzo ai ragazzi deU’Oratorio
San Giuseppe Cafasso
San Giuseppe Benedetto Cottolengo
Il quadro di San Giuseppe
Il quadro di Don Bosco
Il quadro di San Domenico Savio
Il sogno della zattera
Il sogno delle due colonne
Il dipinto della cupola
La cupola della basilica di Maria Ausiliatrice
VALDOCCO STORICO
P - COSTRUZIONI E REALIZZAZIONI
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Casa Pinardi (disegno di Bartolomeo Bellisio)
Contratto di affitto di Casa Pinardi
Scuola in cucina (dal film)
Pianta degli edifici deH’Oratorio negli anni 1860
Costruzione sopra Casa Pinardi
Il primo laboratorio aperto da Don Bosco per i calzolai
Refettorio dei Salesiani
La scala che scende nello scantinato
La scala per cui scendevano gli artigiani
L’edificio del 1853 (prima costruzione)
Casa Filippi e palazzo Audisio
Veduta generale delle costruzioni a lato delle camerette
Casa Pinardi - Camerette - Casa Filippi
Ingresso all’Oratorio
Il cortile degli artigiani
Il cortile degli studenti
Il cortile dell’oratorio festivo
Don Bosco portato in trionfo dai giovani (antica illustrazione)
Giovani apprendisti in officina
Contratto di lavoro
I laboratori dei falegnami e dei fabbri
Attestati di riconoscenza dei giovani a Don Bosco
La banda deU’Oratorio
H teatro, mezzo di educazione
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Scuola di canto
Lettere di Don Bosco ai suoi ragazzi
Foto di Don Bosco tra i giovani
Verbale di fondazione della Congregazione Salesiana e taccuino di Don Rua
Diciotto firme dei primi Salesiani
Quadro di San Francesco di Sales
Manoscritto delle Regole e prima stampa
Decreto di approvazione della Società Salesiana (1° marzo 1869)
Foto dei Salesiani dell’Oratorio con Don Bosco (1870)
Salesiani coadiutori (religiosi laici)
Il forno del «Pane di Don Bosco»
Alla sequela di Don Bosco
Il porticato e l’edificio della tipografia
La composizione e la stamperia
La casa Bellezza, ultimo acquisto di Don Bosco
Lettere di Don Bosco ai benefattori
Benefattori e cooperatori di Don Bosco (i conti Callori)
Biglietto della lotteria
Lo sviluppo di Valdocco, vivente Don Bosco
Allievi ed ex-allievi illustri
Testamento ai Salesiani: taccuino di Don Bosco
Torino: monumento a Don Bosco (Cellini)
La missione di Don Bosco (particolare del monumento)
Don Bosco da Torino al mondo intero
APOSTOLATO E CARISMI DI DON BOSCO
Q - ITINERARI DI SALESIANITÀ:
APOSTOLATO - DEVOZIONE MARIANA - DON BOSCO SCRITTORE
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I pulpiti di Don Bosco
Foto di Don Bosco che confessa
La comunione frequente
L’esercizio della «buona morte»
Lanzo: gli esercizi spirituali
Le compagnie religiose
La parolina all’orecchio
Lo sguardo di Don Bosco
I sogni di Don Bosco
Le vocazioni: Seminario di Giaveno
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La devozione e l’amore al papa
Il sistema preventivo
Don Bosco prega davanti alla Madonna
Santuario di Oropa
Benedizione di M. Ausiliatrice e la medaglia della Madonna
Fioretti della Madonna ai giovani
Immagini di M. Ausiliatrice con giaculatoria
Don Bosco scrittore al suo tavolo
«Storia Sacra» e «Storia Ecclesiastica»
Il «Giovane Provveduto»
Vite di giovani modello: Savio, Magone, Besucco
«Storia d’Italia»
Le «Letture Cattoliche»
Il «Bollettino Salesiano»
ISBS - Castelnuovo Don Bosco (Asti) - 1986