Mediobanca Al lavoro sul nuovo piano Le tre aree di

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Mediobanca Al lavoro sul nuovo piano Le tre aree di
Strategie Oggi la «banca d’affari» vale il 38% dei ricavi
Mediobanca Al lavoro
sul nuovo piano
Le tre aree di crescita
Linee guida coerenti con la svolta degli ultimi anni
Triplica il retail. La spinta sull’asset management
I
n Mediobanca si apre il
«cantiere» del nuovo
piano industriale. Quello attuale si conclude il
30 giugno e l’amministratore
delegato Alberto Nagel ha
detto, presentando la semestrale nei giorni scorsi, che
l’appuntamento potrebbe essere collocato in ottobre-novembre. Con ogni probabilità
sarà un business plan in coerenza con le linee guida finora perseguite: Piazzetta Cuccia ha compiuto soprattutto
negli ultimi due anni in uno
scenario peraltro di tassi a zero o negativi) un riposizionamento che ha creato nuovi
equilibri fra i business bancari e ha archiviato il ruolo di
holding di partecipazioni.
Nuovi rapporti
Il frutto più evidente di
questi nuovi equilibri tra le
aree retail-consumer, corporate investment banking e
partecipazioni (cioè il 13,2%
detenuto in Generali), che
oggi contribuiscono ciascuna
al risultato operativo per circa un terzo, è la stabilità di ricavi e risultati. In sintesi la
definizione della nuova
«missione» del gruppo che
ha tolto volatilità ai conti è
stata raggiunta riducendo in
modo massiccio le partecipazioni, aumentando l’apporto
del retail, investendo in attività bancaria a basso assorbimento di capitale e nell’asset
management, diversificando
geograficamente il core business di banca d’affari.
La svolta è evidente se si
guarda alla Mediobanca di
una decina di anni fa, che si
presentava ancora con la
doppia anima di banca d’affari e holding al centro di un
network di partecipazioni
spesso reciproche e vincolate
in patti che costituivano una
eredità dell’era di Enrico Cuccia. Un portafoglio equity im-
ponente che portava con sè
appunto anche volatilità nei
bilanci, come è stato evidente
negli anni delle grandi svalutazioni (1,5 miliardi complessivi fra il 2009 e il 2012). Ebbene fra il 2005 e il 2010 Piazzetta Cuccia ha venduto equity per circa 3 miliardi: Fiat,
Ciment Francais, Commerzbank, Fonsai, Mediolanum,
P i n i n fa r i n a , Fe r r a r i e
Finmeccanica. Le cessioni sono riprese con il piano avviato nel 2013 e sono state realizzate per 1,4 miliardi: Gemina,
Sintonia, Pirelli, Rcs (quota
dimezzata), i cashes di Unicredit, Telco, Edipower, Santé, Saks. All’appello manca il
3% di Generali che, vendita
non obbligata dalla normativa, resta in programma con
flessibilità nella tempistica.
In portafoglio restano, oltre
al Leone il 2,7% di Atlantia, il
9,5% di Italmobiliare e il 6,2%
di Rcs MediaGroup.
La Mediobanca di dieci
anni fa, a fine giugno 2005,
chiudeva il bilancio con 1,16
miliardi di ricavi e 708 milioni di risultato operativo. Il
45% dei ricavi era realizzato
dall’area «core» di banca
d’affari (corporate investment banking), che contribuiva per oltre il 40% al red-
dito operativo; 286 erano di
pertinenza dell’area retail,
cioè Compass, la società di
credito al consumo costituita
oltre 50 anni fa, che partecipava per il 12%; 310 milioni
provenivano dalle partecipazioni comprese Generali,
quindi dalla quota parte di
utile del gruppo triestino, pari al 27% del fatturato e al
43% del risultato operativo.
Ieri & Oggi
Dieci anni dopo, al 30 giugno 2015, la ripartizione dei
ricavi, saliti a 2,04 miliardi e
del reddito operativo (666
milioni), è ben diversa. La
banca d’affari con 776 milioni
(l’aumento è del 51%) rappresenta il 38% del fatturato
e il 47% del reddito operativo;
l’area retail è triplicata a oltre
1 miliardo di ricavi, e raddoppiata al 23% come contributo
al reddito operativo; le partecipazioni (praticamente Generali) rappresentano il 12%
dei ricavi e il 36% del risultato industriale. Infine al primo
semestre dell’esercizio 20152016 il retail costituisce oltre
il 50% dei ricavi e le tre attività partecipano per un terzo
ciascuna al reddito operativo.
Nel 2005 in termini di prodotto i ricavi di Mediobanca
10 ANNI DI MEDIOBANCA
erano costituiti per il 41% dal
margine d’interesse, per il
21% da commissioni, per il
13% da trading e tesoreria e
per il 24% dal contributo di
Generali. Nel 2015 il margine
d’interesse, che fa riferimento ai crediti a famiglie e imprese, è salito al 56% e per il
73% è realizzato dall’area retail; le commissioni (che provengono dall’attività di banca
d’affari, dal private banking e
dall’asset management) sono
salite al 24%, per il 63% realizzate dal corporate investment banking; la tesoreria e
il contributo di Generali rappresentano ciascuno il 1012%.
È cambiato dunque molto
in termini di diversificazione
fra corporate e retail e di
composizione dei ricavi. Cos’è successo in questi dieci
anni, oltre alla vendita delle
partecipazioni? L’incidenza
del retail-consumer è raddoppiata grazie alla crescita
di Compass, all’acquisizione
nel credito al consumo di Linea e al lancio di Chebanca!
Fondamentale per la crescita
dei ricavi di banca d’affari è
stato lo sviluppo all’estero
con l’apertura di uffici a Parigi, New York, Madrid, Francoforte, Londra e Istanbul:
12 mesi
Giugno
2005
%
12 mesi
Giugno
2015
%
6 mesi
Dicembre
2015
%
513
44%
776
38%
317
31%
REATAIL/CONSUMER BANKING
286
25%
1.008
49%
537
53%
PARTECIPAZIONI
310
27%
254
12%
153
15%
ALTRO
48
4%
7
0%
9
1%
TOTALE
1.157
Dati in milioni di euro
RICAVI
CORPORATE INVESTMENT BANKING
RISULTATO OPERATIVO
CORPORATE INVESTMENT BANKING
2.045
1.016
292
41%
316
47%
110
30%
83
12%
156
23%
124
33%
PARTECIPAZIONI
304
43%
243
36%
149
40%
ALTRO
29,1
4%
-49
-7%
-11
-3%
TOTALE
708,1
REATAIL/CONSUMER BANKING
s.F.
DI SERGIO BOCCONI
Governance Alberto Nagel, alla guida di Mediobanca
666
372
Nota: percentuali arrotondate
oggi la quota internazionale
(pari a zero 10 anni fa) ha superato il 40% del fatturato
dell’area. Sviluppo compiuto
senza aumenti di capitale e
distribuendo in totale 2,6 miliardi di dividendi.
Campagna acquisti
Non sono ancora «visibili» nei conti i contributi dei
due recenti acquisti: Barclays
Italia e Cairn, società londinese di asset management
specializzata in fondi di credito. Si può ipotizzare che, fra
margine d’interesse e commissioni, i ricavi aggiuntivi
da queste new entry potranno aggirarsi sui 100 milioni e
che le masse gestite superino
i 40 miliardi, con i 14 «targati» Cairn e i 3 ex Barclays che
si aggiungono ai 4 di Chebanca! Masse (raddoppiate)
per metà riferibili al private
banking, il 17% al retail e il
35% a clientela istituzionale.
Risultati meno volatili, e
che hanno retto bene in un
contesto di Grande crisi (che
ha comportato per tutti rettifiche crescenti sui crediti) come dimostrano gli indici di
asset quality: il rapporto fra
sofferenze nette e impieghi
netti è aumentato dal 2007
dallo 0,3 allo 0,8% contro una
media delle banche italiane
salita dall’1,1% al 4,6%; le attività deteriorate nette rappresentano il 3,3% degli impieghi mentre in Europa siamo
al 3,5% e in Italia all’11,2%; il
rapporto fra attività deteriorate nette e Cet1 (il common
equity tier 1, pari al 12,4%) ) è
al 15% contro il 38% europeo
e il 119% nazionale.
È dunque prevedibile che
per il nuovo piano le linee
guida siano coerenti con l’impostazione che ha portato al
riposizionamento di Piazzetta Cuccia: la «svolta» è compiuta. Comincia una nuova
fase, sulla linea di una continuità strategica.
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