sentenza movimenti di terra - Studio Legale Anna Maria Vandelli

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sentenza movimenti di terra - Studio Legale Anna Maria Vandelli
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Reg. Sent.
Anno 2009
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO
463 Reg. Ric.
Anno 2004
- Sezione I-quater -
ha pronunciato la seguente
Sentenza
sul ricorso n. 463 del 2004, proposto da XX in persona dell’Amministratore unico e legale rappresentante p.t.,
rappresentata e difesa dagli Avv.ti Giuseppe Lavitola e Claudio Manzia ed elettivamente domiciliata presso lo studio
legale del primo, situato in Roma, via Costabella n. 23;
contro
il Comune di Marino, in persona del Sindaco p.t., n.c.;
per l’annullamento
previa sospensione, dell’ordinanza del Dirigente V Settore Urbanistica n. 617 del 13 ottobre 2003, notificata a mezzo
del servizio postale il 18 ottobre 2003, portante ingiunzione di ripristino dello stato dei luoghi entro novanta giorni
dalla notifica dell’atto medesimo con comminatoria, in difetto, dell’acquisizione al patrimonio del Comune delle opere
pretesamene abusive e dell’area di sedime, nonché di ogni altro atto coordinato o comunque connesso, ancorché
sconosciuto;
Visto il ricorso con la relativa documentazione;
Visti le memorie ed i documenti prodotti;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 27 novembre 2008 il Primo Referendario Antonella MANGIA; uditi, altresì, i
procuratori delle parti come da verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
Fatto
Attraverso il ricorso in epigrafe, notificato in data 17 dicembre 2003 e depositato il successivo 15 gennaio 2004, la
ricorrente impugna l’ordinanza n. 617 del 13 ottobre 2003, con la quale il Comune di Marino – accertata la
realizzazione di lavori in assenza di titolo abilitativo, “consistenti in deposito di terreno ove insiste una depressione
naturale che si sviluppa su un’area di 11.000 mq. c.ca. determinando una variazione dello stato dei luoghi da ml. 1,00
nell’area Sud-Ovest a ml. 5,00 c.ca per il versante Ovest” - le ha ingiunto il ripristino del precedente stato dei luoghi.
In particolare, espone:
- che, con comunicazione del 22 marzo 2001, dichiarava al Comune di Marino che avrebbe provveduto ad opere di
rimodellamento e riporto di terra su parte di un terreno di sua proprietà (ca. 11.000 mq.), ai fini del miglioramento
delle coltivazioni e per esigenze di sicurezza;
- di aver provveduto all’esecuzione delle opere, quotidianamente visionata dai tecnici comunali;
- che, trascorsi due anni, l’area veniva sottoposta a sequestro penale da parte della Polizia Municipale (cfr. verbale del
22.07.2003);
- che il sequestro non veniva convalidato dall’autorità giudiziaria “sul rilievo del non assoggettamento dell’intervento
in questione al regime della concessione edilizia, trattandosi di semplici opere di reinterro” e, dunque, l’area veniva
dissequestrata;
- che, nonostante la vicenda sembrasse chiusa, il Comune di Marino adottava l’ordinanza impugnata.
Avverso tale provvedimento la ricorrente deduce i seguenti motivi di impugnativa:
I- Violazione e falsa applicazione dell’art. 31 D.P.R. 06.06.2001 n. 380, di approvazione del T.U. delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia edilizia, nonché violazione dell’art. 6 stesso D.P.R. – Eccesso di potere per
errore e travisamento dei presupposti. L’opera realizzata è pienamente libera, ossia non assoggettata ad alcun titolo
abilitativo. Infatti, se l’art. 6 del D.P.R. n. 380/01 consente di effettuare liberamente opere di ricerca nel sottosuolo, a
maggior ragione debbono ritenersi “libere” le opere che rispetto agli scavi costituiscono un “minus” e, quindi, le
opere di semplice riporto di terra effettuate per la migliore utilizzazione agricola del terreno.
II - In subordine, violazione e falsa applicazione (sotto altro profilo) dell’art. 31 D.P.R. 06.06.2001 n. 380 – Violazione
degli artt. 10 e 22 stesso D.P.R., quest’ultimo come sostituito dall’art. 1 D.Lgs. 27.12.2002 n. 301 – Eccesso di potere
per errore e travisamento dei presupposti. Volendo ritenere l’intervento contestato assoggettato a titolo abilitativo,
l’Amministrazione è incorsa ugualmente in errore perché: - ha ritenuto che il titolo in questione fosse costituito da
concessione edilizia e non da DIA; - ha ignorato che l’intervento era stato comunicato all’Amministrazione con la nota
del 22 marzo 2001, avente valore sostanziale di DIA.
III - In ulteriore subordine, violazione e falsa applicazione (sotto altro profilo) dell’art. 31 D.P.R. 06.06.2001 n. 380 –
Violazione degli artt. 10, 22 e 37 stesso D.P.R. – Eccesso di potere per errore e travisamento dei presupposti.
Qualora non si intendesse attribuire alla nota del 22 marzo 2003 valore di DIA, poteva al più essere applicata la
sanzione pecuniaria prevista dall’art. 37 del T.U. citato.
IV – Violazione degli artt. 7 e 8 L. 07.08.1990 n. 241 – Eccesso di potere per vizio del procedimento.
L’Amministrazione intimata non si è costituita.
Con ordinanza n. 798/2004 il Tribunale ha accolto la domanda di provvedimento cautelare, presentata in via
incidentale da parte ricorrente.
Con memoria depositata in data 15 novembre 2008 la ricorrente ha reiterato le censure formulate.
Il ricorso è stato introitato per la decisione alla pubblica udienza del 27 novembre 2008.
Diritto
1. Il ricorso è infondato e, pertanto, va respinto.
1.1. Come esposto nella narrativa che precede, la ricorrente incardina le proprie censure essenzialmente sulla
impossibilità di ricondurre le opere realizzate nell’ambito di quelle soggette al previo rilascio del permesso di costruire
e, dunque, di quelle sanzionabili – in caso di inosservanza delle disposizioni che regolamentano la materia – mediante
l’adozione di misure ripristinatorie.
In particolare, sostiene che l’intervento edilizio contestato rientra tra quelli “che possono essere eseguiti liberamente”
o, al più, tra quelli assoggettati a denuncia di inizio attività, perseguibili – in caso di mancato rispetto della disciplina
prescritta - mediante l’applicazione della sola sanzione pecuniaria, ai sensi dell’art. 37 del D.P.R. n. 380/01.
1.2. Il Collegio – valutata meglio la questione- ritiene che la ricostruzione giuridica della fattispecie prospettata dalla
ricorrente non sia condivisibile.
Nel caso di specie, si è, infatti, in presenza di lavori – la cui realizzazione non è affatto contestata – consistenti “in
deposito di terreno ove insiste una depressione naturale che si sviluppa su un’area di 11.000 mq. c.ca determinando
una variazione dello stato dei luoghi da ml. 1,00 nell’area Sud-Ovest a ml. 5,00 c.ca per il versante Ovest”.
Orbene, appare incontestabile che l’intervento de quo – caratterizzato da dimensioni che non possono certo
qualificarsi di “modesta entità”, investendo un’area di 11.000 mq. circa – ha attuato una trasformazione urbanistica
del territorio e, perciò, rappresenta un “intervento di nuova costruzione”, assoggettato al previo rilascio del permesso
di costruire, ai sensi del combinato disposto degli artt. 3, comma 1, lett. e), e 10 del D.P.R. n. 380/01.
Di conseguenza, è da ritenere che il Comune – applicando la sanzione ripristinatoria della demolizione, ai sensi dell’art.
31 del medesimo decreto – abbia correttamente operato.
In altri termini, va rilevato che il provvedimento adottato si profila coerente con il consolidato orientamento
giurisprudenziale, secondo cui:
- la trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio comprende non le sole attività di edificazione, ma anche quelle
consistenti nella modificazione rilevante e duratura dello stato del territorio e nell’alterazione della conformazione del
suolo (cfr., tra le altre, TAR Lombardia, Milano, n. 5452/2007; TAR Veneto, n. 449/2006; TAR Sezione Autonoma per la
Provincia di Bolzano, n. 278/2000);
- non abbisognano del previo rilascio di un titolo edilizio le sole costruzioni aventi intrinseche caratteristiche di
precarietà strutturale e funzionale, cioè destinate dall’origine a soddisfare esigenze contingibili e circoscritte nel
tempo, mentre un titolo è sempre richiesto ogni volta che si sia in presenza di un intervento che attui una
trasformazione del territorio, con perdurante modifica dello stato dei luoghi (cfr., tra le altre, TAR Lombardia, Milano,
n. 438/2008).
1.3. Al fine di supportare la natura “libera” – ossia non soggetta ad alcun titolo abilitativo edilizio - dell’intervento
realizzato, la ricorrente invoca l’art. 6, comma 1, lett. c), del D.P.R. n. 380/01.
In verità, il Collegio ritiene che la richiamata disposizione sia confermativa della prospettazione giuridica di cui è stata
data evidenza.
Tale disposizione prevede, infatti, che possono essere eseguite senza titolo opere caratterizzate – appunto - dalla
“temporaneità”, dirette all’“attività di ricerca nel sottosuolo”. Appare, pertanto, evidente che si tratta di una
previsione che non sconfessa ma, anzi, è pienamente in linea con l’orientamento giurisprudenziale sopra ricordato.
Sotto il profilo sostanziale, non è, poi, possibile esimersi dal precisare che – a differenza di quanto asserito dalla
ricorrente –le opere indicate al citato art. 6, proprio in quanto “temporanee”, hanno un impatto sicuramente minore
sul territorio di quello dei lavori contestati nel provvedimento impugnato, la cui connotazione permanente appare “in
re ipsa” e, comunque, non è in alcun modo negata.
In definitiva, i lavori descritti nel provvedimento impugnato sono ben diversi da quelli contemplati all’art. 6 in
argomento né possono essere ricondotti nell’ambito di quest’ultimi in ragione di una minore rilevanza urbanistica ed
edilizia, la quale è del tutto insussistente.
1.4. In ragione di quanto rilevato, e cioè della già accertata riconducibilità dei lavori di cui trattasi nell’elenco di cui
all’art. 10 del D.P.R. n. 380/01, è, altresì, chiaro che gli stessi lavori non possono essere ritenuti soggetti a mera
denuncia di attività.
Come già detto, detti lavori – considerate l’entità e la consistenza da cui sono caratterizzati – determinano una
trasformazione urbanistica del territorio e, dunque, concretizzano un intervento di nuova costruzione.
Ciò trova conferma anche nell’impossibilità di identificare gli stessi lavori – oltre che con gli interventi di cui all’art. 3,
comma 1, lett. a e d, del D.P.R. n. 380/01 - con la tipologia di opere contemplate all’art. 3, comma 1, lett. b e c, del
medesimo D.P.R., sicuramente soggette – in base al criterio della residualità, sancito all’art. 22, comma 1, del
medesimo D.P.R. - a mera denuncia di inizio attività.
In termini più generali, va, poi, rilevato che nessuna previsione normativa prevede deroghe e/o esoneri rispetto al
regime dei titoli abilitativi edilizi sulla base di meri fini di utilizzazione agricola dei terreni (i quali, tra l’altro, non
appaiono – nel caso di specie - adeguatamente comprovati).
1.5. Stante quanto in precedenza rappresentato, è da rilevare che non emergono ragioni cui sia riconducibile un
diverso contenuto del provvedimento impugnato.
A ciò consegue l’inidoneità dei vizi di procedura – quale è la denunciata violazione degli artt. 7 e ss. della legge n.
241/90 – o di forma a determinare l’annullamento del provvedimento stesso, a norma dell’art. 21 octies della già
richiamata legge n. 241/90, nel testo innovato dalla legge n. 15/2005, da ricondurre nell’ambito delle norme di
carattere processuale o procedurale, le quali sono di immediata applicazione (cfr., tra le altre, TAR Sardegna, n. 483
del 2005; TAR Campania, Napoli, n. 3780 del 2005).
2. Per le ragioni sopra illustrate, il ricorso deve essere respinto.
Si dispone nulla per le spese di lite, attesa la mancata costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio – Sezione I quater respinge il ricorso n. 463/2004.
Nulla per le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 27 novembre 2008 con l’intervento dei seguenti magistrati:
Dr. Pio GUERRIERI – Presidente
Dr.ssa Antonella MANGIA– Primo Ref.- Relatore – Estensore
Dr.ssa Rita TRICARICO – Primo Ref.
IL PRESIDENTE
IL MAGISTRATO ESTENSORE
Ric. n. 463/2004