I Gas e i Subacquei
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I Gas e i Subacquei
I GAS E I SUBACQUEI di Stefano Ruia Il termine “gas” fu una felice intuizione di Jan Baptista Van Helmont, che all’inizio del 1600 preparò e individuò una sostanza gassosa diversa dall’aria: il “gas silvestre”. Derivò il termine “gas” dal greco caos, nel senso di materia iniziale, che non ha forma ed è il massimo del disordine. Van Helmont ricavò il “gas silvestre” dalla combustione del legno. Oggi abbiamo abbandonato questo nome e lo chiamiamo, molto meno poeticamente, biossido di carbonio (in passato anidride carbonica). Comunque la scoperta del “gas silvestre” aprì le porte allo studio della chimica dei gas. Evangelista Torricelli, per fare un esempio noto a tutti, dimostrò che l’aria aveva un peso e ne misurò la pressione. Nel 1622 Robert Boyle introdusse la legge che porta il suo nome (e quello del francese Mariotte, arrivato allo stesso risultato per vie indipendenti qualche anno dopo). Certo le prime relazioni scientifiche presentavano qualche aspetto fantasioso. Cavendish fu in grado di produrre idrogeno, che, per via dell’alta infiammabilità, pensò essere il “flogisto”, sostanzialmente un “generatore di fuoco” (pensate che singolare contrappasso: il nome “idrogeno” significa “generatore di acqua”!). Priestley, riscaldando dell’ossido di mercurio, ottenne un gas che si poteva respirare, al contrario del flogisto di Cavendish. Poiché il suo comportamento era opposto a quello del flogisto (non bruciava ma favoriva la combustione di altre sostanze) egli ritenne di avere prodotto dell’aria “deflogisticata”, cioè senza flogisto, che poteva aiutare le altre sostanze a espellere il gas generatore di fuoco, facendole bruciare. Fu solo grazie all’opera di Antoine Lavoisier, il padre della chimica moderna (“Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma!”), che l’aria deflogistificata assunse il moderno nome di ossigeno, cioè “generatore di acidi”. Anche Lavoisier, quindi, commise un errore, in quanto ritenne che l’ossigeno fosse presente in tutti gli acidi. A lui va comunque il grande merito di avere individuato che l’aria era composta di due gas. Fu sempre lui a comprendere il nesso fra combustione e respirazione, rilevando con misure persino la mancata trasformazione di tutto l’ossigeno scomparso nell’aria espirata dall’uomo. Segno evidente che una parte di questo gas è trattenuta nel corpo. Ma l’importanza dell’opera del geniale francese per noi subacquei non termina qui. Fu sempre lui infatti a denominare “idrogeno” il gas di Cavendish, perché dalla sua combustione si originava acqua. Lavoisier capì quindi che l’acqua non poteva essere un elemento base, come fino ad allora creduto, ma un composto di idrogeno e ossigeno. Scusate se … è poco! L’ossigeno Come scopri Lavoisier, senza ossigeno non potremmo respirare. Ma abbiamo grosse difficoltà anche quando la sua pressione parziale diminuisce solamente. Come ha potuto allora il nostro Meissner scalare tutte le cime oltre gli ottomila metri senza respirare dalle bombole di ossigeno, come hanno fatto gli alpinisti prima di lui? In questo consiste proprio l’eccezionalità della sua impresa! Gli enti aeronautici internazionali si sono interessati del problema in quanto, a causa di un cedimento improvviso della struttura di un aeromobile, la depressurizzazione rapida porterebbe a un calo della pressione parziale di ossigeno (oltre che a possibili eventi embolici). Hanno poi stabilito che il tempo di reazione dei piloti è in media di 15 secondi. Purtroppo in condizioni anossiche (assenza di ossigeno) il tempo a disposizione prima che l'ipossia si sviluppi varia fra 9 e 12 secondi. Per questo motivo nel 1960 la Francia obbligò i piloti a indossare sempre la maschera d'ossigeno. Per lo stesso motivo oggi le maschere dell'ossigeno calano automaticamente in caso di emergenza. Quello che però le hostess non dicono nel briefing iniziale è che, in caso di depressurizzazione rapida, avete solo 10-15 secondi per indossarle. Tenete comunque presente che persone in stato ipossico si sono riprese altrettanto rapidamente appena posta la maschera sul viso. Per questo motivo le istruzioni di sicurezza richiedono che indossiate voi la maschera prima di aiutare il vostro bambino a indossarla. Per lui potrebbe essere difficile aiutare voi! Non crediate che un basso livello di ossigeno sia poco importante. In passato ha stravolto la vita sul nostro pianeta. Recenti studi geologici hanno dimostrato come, fra 275 e 175 milioni di anni fa, ci fu un ancora inspiegabile calo di ossigeno nell’atmosfera. Praticamente la pressione parziale di questo gas al livello del mare diventò come quella che si trova a 4.000 metri di altitudine. Ci furono inoltre due minimi del valore di questa pressione (la percentuale di ossigeno nell’aria si ridusse fino al 12%). Il primo si ebbe 250 milioni di anni fa, alla fine del Permiano, e comportò la scomparsa del 90% delle specie allora viventi! Il secondo si ebbe 200 milioni di anni fa, alla fine del Triassico, e fece sparire il 50% delle specie che popolavano il pianeta! I dinosauri si adattarono con una specifica conformazione polmonare (senza diaframma e riuscirono a sopravvivere. I loro eredi diretti, gli uccelli, ancora oggi mantengono questa caratteristica e si possono permettere di volare a quote assolutamente strabilianti (per esempio alcune anatre incontrate a 10.000 metri di altezza!). ma ritorniamo ai subacquei e al problema più sentito, nonché opposto all’ipossia: quello della pressione parziale di ossigeno troppo alta. Non a caso Hannes Keller, uno dei primi sperimentatori delle miscele iperossigenate attribuiva all’ossigeno il titolo di “principessa”. È uno dei pochissimi gas che presenta per noi due limiti: uno inferiore e uno superiore. Ci deve essere, ma non ce ne deve essere né troppo né troppo poco. Fu il medico Paul Bert, nel 1878, il primo a dimostrare che l'ossigeno puro ad alta pressione (iperossia) è tossico per l'uomo e altri animali. La crisi convulsiva che si può generare è talvolta tanto violenta che può avere come conseguenza la rottura di qualche osso per trauma. A parte questo, la crisi di per sé è poco pericolosa in ambiente terrestre: al suo risveglio l'infortunato si riprende e ricorda bene solo i momenti precedenti la crisi. Tuttavia sott'acqua essa può condurre all'annegamento dell'infortunato. Ovvio quindi che gli enti che utilizzano subacquei abbiano posto dei limiti all’esposizione iperossica, onde prevenire l'insorgenza della crisi. I limiti inizialmente stabiliti dalla U.S. Navy per l'ARO, a ossigeno puro, sono stati drasticamente ridotti dal NOAA per le esposizioni eccezionali e, successivamente, ancora di più per le esposizioni normali (standard). Per inciso la Marina Francese (i GERS) trovò che i limiti U.S. Navy erano già troppo restrittivi! Oggi la maggiore parte delle agenzie didattiche concorda nel ridurre ulteriormente la pressione parziale di ossigeno a quella massime di 1,4 bar per la miscela di fondo e 1,6 bar durante la decompressione. Il fatto che altri gas presenti nella miscela possano avere un effetto diluente è stato smentito dagli esperimenti pratici dei GERS e del NOAA. Per questo motivo i limiti sono riferiti solo ai dati di pressione parziale, senza considerare la percentuale di ossigeno nella miscela. A quali cause può essere attribuito questo avvelenamento prodotto dall'ossigeno sul sistema nervoso centrale? È una questione ancora poco chiara. La teoria più diffusa è che l’ossigeno provochi una vasocostrizione a livello cerebrale, tanto spinta da lasciare alcune zone senza un’appropriata irrorazione sanguigna. Questo spiega l’estrema varietà nelle risposte individuali all’esposizione. Secondo una teoria analoga, respirando ossigeno ad alta pressione parziale in breve tempo si ha un aumento del pH del sangue e quindi alcalosi (dovuta alla diminuzione della concentrazione di biossido di carbonio). Il rene non riesce a compensare questa situazione e si genera un avvelenamento da ossigeno, consistente in vari disturbi metabolici ed errori di regolazione (tra i quali diminuzione dell'irrorazione sanguigna). Nei neonati infatti una prolungata respirazione di ossigeno puro è causa di cecità. Altre teorie indicano come responsabile il biossido di carbonio. La presenza di forti quantità di ossigeno nel sangue limiterebbe in qualche modo l'eliminazione del biossido di carbonio. Alcuni subacquei esperti hanno affermato che le più moderne teorie dimostrano come questa limitazione sia dovuta al fatto che l'emoglobina resti satura di ossigeno e non possa trasportare il biossido di carbonio; a questo punto di vista i fisiologi rispondono che ciò non è possibile in quanto è l'enzima anidrasi carbonica a sostenere l'eliminazione con il plasma e non l'emoglobina. Pertanto possiamo prendere come valido quanto scritto in un libro: «Il meccanismo esatto di questo effetto tossico dell'ossigeno è ancora poco conosciuto, nonostante il gran numero di teorie e ricerche in merito (almeno dieci al momento): troppa anidride carbonica nei tessuti per diminuita capacità di trasporto del sangue? Ipossia locale dovuta a spasmo delle arterie? Il danno sembra sia da attribuirsi principalmente a un deterioramento delle strutture cellulari: formazione di legami a doppia molecola di zolfo dai gruppi sulfidrili, di perossidi (in particolare lipoperossidi) che bloccano l'attività cellulare». Questo quanto scritto nel libro "La Plongée", edito da Arthaud nel lontano 1967! Anche il Nitrox ha una lunga storia. Fu Jack (in realtà John Burdon Sandersen) Haldane, il figlio del più famoso John Scott Haldane, il primo che sperimentò praticamente, nel 1943, la possibilità di svolgere immersioni respirando Nitrox al posto dell’aria. Le sue prove pratiche lo portarono a determinare che la durata totale della decompressione da un’immersione a 21 metri poteva essere ridotta da 47 a 2 minuti. La miscela fu quindi usata dai commandos che nel 1944, con lo sbarco in Normandia, sminarono i porti occupati. Per inciso un grande successo bellico ebbero anche gli incredibili esperimenti sull’intossicazione da ossigeno, in cui Haldane svolse il ruolo di ricercatore ma anche quello di “cavia”. Eseguirono più di mille immersioni (in camera) con ossigeno puro a 27 metri. I risultati aprirono la via al fortunato attacco contro la nave Tirpitz. L’ingratitudine dell’apparato militare britannico risulta evidente se si considera che - citiamo Trevor Norton nel suo fantastico libro “I pionieri degli abissi”, edizioni Piemme - «il solo onore toccato a Haldane per tutto questo lavoro in campo militare fu l’inserimento del suo nome nella lista nazista delle persone da arrestare nel caso in cui l’Inghilterra fosse stata invasa.» L’azoto L’azoto è il diluente dell’ossigeno che ci permette di vivere. Se noi respirassimo ossigeno puro a una atmosfera di pressione (quindi con pressione parziale pari a 1 atm), ogni minuto accumuleremmo una UPTD (o OTU). È una unità fittizia, che serve a prevenire un altro pericoloso effetto dell’ossigeno: l’avvelenamento polmonare. In sostanza si calcolano le UPTD moltiplicando la pressione parziale di ossigeno per i minuti. Quindi se si passano 6 minuti respirando una miscela con pressione parziale di ossigeno pari a 0,5 atm si accumulano 3 UPTD, che è quanto si accumulerebbe respirando anche per un minuto e mezzo una miscela con una pressione parziale di ossigeno pari a 2 atm o per 1 minuto una miscela con una pressione parziale di ossigeno pari a 3 atm. A livello del mare (quindi con pressione parziale di ossigeno pari a 0,295 atm) in 24 ore (1.440 minuti) accumuliamo circa 425 UPTD e viviamo benissimo. Man mano che le UPTD crescono intervengono fenomeni dannosi: la capacità vitale polmonare si riduce significativamente e occorrono poi diverse ore in condizioni normossiche per riportarla ai valori normali, mentre nei casi più estremi si possono riportare danni permanenti. Già a 615 UPTD la capacità vitale si riduce del 2%, per salire al 10% a 1.425 UPTD, al 15% a 1.815 UPTD e al 20% a 2.190 UPTD, ma siamo già a valori ben oltre i limiti raccomandati. L’azoto quindi non è un gas inutile: senza il suo effetto diluente la nostra capacità vitale si ridurrebbe (come avviene nelle lunghe esposizioni all’ossigeno puro) e il nostro gas vitale diventerebbe per noi un veleno. Purtroppo, come tutti i subacquei sanno, l’azoto ha anche un effetto narcotico. Ma non vi tedieremo con discorsi che sono facilmente reperibili sulle pagine di qualunque manuale didattico. È invece divertente (e più adatto al clima vacanziero di agosto) sapere che l’effetto narcotico dell’azoto fu sfruttato praticamente, a scopo anestetico, per la prima volta da un dentista americano, il dott. Horace Wells. Per anestetizzare i suoi pazienti egli usava protossido d’azoto, che aveva tuttavia effetti esilaranti. Anche se lo subiamo in scala ridotta, noi subacquei conosciamo bene il fenomeno, tanto da definire la narcosi anche “ebbrezza di profondità”. Per inciso il tentativo del Dott. Wells di dimostrare a una commissione di medici di Boston la validità del suo trattamento andò male. Onde evitare che il paziente ridesse, evento certo non consono a una commissione medica, egli usò poco protossido d’azoto. Il risultato fu che il paziente si lamentò per il dolore e il Dott. Wells dovette lasciare l’Università! L’elio L’elio entrò in gioco nell’attività non professionale solo con l’avvento della “subacquea tecnica”. Ma in realtà le miscele con questo gas esistono già da molto tempo. Probabilmente fu il già citato Haldane figlio a sperimentare per primo le miscele di elio e ossigeno, nel 1943, quando una società americana che produceva gas dichiarò che queste miscele offrivano una minore probabilità di contrarre l’embolia. Il fatto che durante gli esperimenti egli si procurò una bolla di elio nel midollo spinale lo rese giustamente scettico nei confronti «dell’arte di vendere degli americani». Peraltro è da notare che già nella seconda metà degli anni ’40 del secolo scorso, Zetterstrom si immerse fino a 147 metri utilizzando una miscela di elio e ossigeno e decomprimendosi con nitrox. Purtroppo morì di ipossia ed embolia quando fu tirato in superficie troppo presto da un assistente. L’elio è stato introdotto nell’attività subacquea solo per ridurre il potenziale narcotico della miscela respirata. Infatti se scendendo in profondità la pressione parziale dell’azoto aumenta oltre un certo limite questo diluente “ideale” non è più tale per via dei suoi effetti narcotici. D’altra parte non possiamo aumentare la percentuale di ossigeno, altrimenti andremmo in iperossia. Dobbiamo quindi aggiungere un altro gas, come diluente, che abbia effetti narcotici minimi. Da questa considerazione sono nate le miscele con elio, uno dei gas che meglio si prestano allo scopo, a parte il non piccolo difetto di costare tanto. Successivamente, secondo alcune moderne teorie decompressive, l’utilizzo di elio è oggi da qualcuno visto, in netta antitesi con il passato, anche come un modo per ridurre la durata totale della decompressione. Ma questo è un argomento troppo complesso per il clima vacanziero di agosto; magari ne parleremo durante il prossimo inverno. Per il momento… buone immersioni! COME È NATA L’ARIA? L’atmosfera primordiale del nostro pianeta era, per noi, del tutto irrespirabile. C’era l’azoto, come oggi, il vapore acqueo e molto biossido di carbonio. Mancava però il nostro gas vitale: l’ossigeno. Secondo molti scienziati le forme di vita che producevano metano, definite per questo motivo “metanogeni”, dominavano la Terra. Circa 2,3 miliardi di anni fa, tuttavia, iniziò il fenomeno che nel mondo anglosassone è conosciuto come “The Great Oxydation Event”, la “grande ossidazione”. Improvvisamente (in tempi geologici) l’ossigeno superò il valore di soglia, permettendo anche la formazione dello strato di ozono (una molecola particolare costituita da tre atomi di ossigeno invece dei consueti due) che protegge la superficie terrestre dalla penetrazione di radiazioni ultraviolette ad alta energia. Chi generò questo ossigeno, rendendo possibile l’evoluzione della vita come la conosciamo oggi? Furono altre forme di vita, quelle che oggi chiamiamo “cianobatteri”. L’ossigeno da loro prodotto è infatti letale per i metanogeni. Grazie a questa potente “arma chimica” i cianobatteri poterono conquistare la superficie del nostro pianeta, relegando i metanogeni, che pure costituiscono quasi la metà di tutti gli Archaea (uno dei tre regni degli organismi viventi) a sopravvivere oggi solo in pochi ambienti, privi di ossigeno. GAS E NARCOSI Sebbene non sia ancora del tutto certo quale causa produca la narcosi da gas inerte, esperimenti sul campo – come quelli condotti da Jack Haldane - hanno da tempo provato l’efficacia di riduzione degli effetti narcotici prodotta dall’introduzione di alcuni gas nella miscela respirata. Secondo l’ipotesi di Myer-Overton sulla narcosi di azoto ciò avviene per la correlazione fra i suoi effetti e la solubilità dei gas nei lipidi. Tuttavia alcuni ricercatori hanno dato grande importanza anche alle forze di attrazione intermolecolare di Van der Waals, dovute allo squilibrio di distribuzione delle cariche (come avviene per la molecola dell’acqua che è dipolare). Se la narcosi fosse dovuta a esse anche l’ossigeno potrebbe essere considerato narcotico. L’elio ha il migliore potenziale narcotico. I suoi effetti sono pari, in via ipotetica, a meno di un quarto di quelli dell’azoto. Il suo unico problema è il costo alto, per via della scarsa reperibilità (sul nostro pianeta, mentre è uno dei due elementi più diffusi nell’Universo … sigh!). Al suo posto andrebbe altrettanto bene il neon, con un potenziale narcotico pari a poco meno del 30% di quello dell’aria e un comportamento simile all’elio ai fini decompressivi. Tuttavia anche il neon costa moltissimo e quindi si preferisce usare l’elio. L’idrogeno è un ottimo gas respiratorio per alte profondità, sebbene teoricamente il suo potenziale narcotico sia la metà dell’aria. Tuttavia il suo grande inconveniente è che una sua miscela con percentuale di ossigeno superiore al 4% è esplosiva. L’utilizzo di idrogeno quindi è limitato a pochi casi e … con molte precauzioni! L’argon invece è del tutto sconsigliabile come gas respiratorio, in quanto il suo potenziale narcotico è più che doppio rispetto all’aria. Il fatto che delle volte vengano utilizzate nelle miscele gas che qui abbiamo citato come “sconsigliati” non deve trarre in inganno: per abbreviare i tempi della decompressione conviene cambiare miscele respiratorie. In immersioni estreme può diventare necessario quindi utilizzare, nei loro limiti di sicurezza, anche gas generalmente “sconsigliabili”. LA PUREZZA DEI GAS Nella realtà pratica non esistono ancora norme dello Stato Italiano che definiscono le miscele respiratorie per “uso subacqueo”. Ce ne sono per la medicina, la farmaceutica, l’aeronautica, ecc., ma noi subacquei (lasciatemi aggiungere “per fortuna” visto quello che accade con le normative europee!) siamo ancora esclusi. Tuttavia dovremmo avere dei riferimenti generali. Potremmo quindi adottare quelli denominati STANAG NATO 1079, che sembra siano utilizzati anche dalla nostra Marina Militare. Di seguito riportiamo, per i gas più importanti, i principali standard di purezza indicati in queste norme. ARIA Ossigeno: fra il 20% e il 22%. Biossido di carbonio: max 0,05% (500 ppm). Monossido di carbonio: max 0,001% (10 ppm). Vapori di olio: max 2 mg/mc. Altri fattori: libera da polvere e altri inquinanti. Contenuto di acqua a 1 atm e 15 °C: max 0,05 g/mc OSSIGENO Ossigeno: min 99,5%. Biossido di carbonio: max 0,03% (300 ppm). Altri fattori: libero da polvere e altri inquinanti. Contenuto di acqua a 1 atm e 15 °C: max 0,02 g/mc. ELIO Elio: min 99,997%. Ossigeno: max 0,0003% (3 ppm). Neon: max 0,0023% (23 ppm). Azoto e Argon (in totale): max 0,0005% (5 ppm). Idrogeno: max 0,0001% (1 ppm). Idrocarburi: max 0,0001% (1 ppm). Vapori di olio: max 2 mg/mc. Acqua: max 0,0009% (9 ppm). Altri fattori: punto di rugiada non più alto di -61 °C. TABELLA 1 Limiti temporali (in minuti) di esposizione alla pressione parziale di ossigeno PO2 U.S. Navy (1960) NOAA eccezionale (1990) NOAA standard (1990) 0,51 - 0,60 - - 720 0,61 - 0,70 - - 570 0,71 - 0,80 - - 450 0,81 - 0,90 - - 360 0,91 - 1,00 - - 300 1,01 - 1,10 - - 240 1,11 - 1,20 - - 210 1,21 - 1,30 - 240 180 1,31 - 1,40 - 180 150 1,41 - 1,50 - 150 120 1,51 - 1,60 - 120 45 1,61 - 1,70 420 75 non permesso 1,71 - 1,80 180 60 non permesso 1,81 - 1,90 50 45 non permesso 1,91 - 2,00 50 30 non permesso 2,01 - 3,00 30 non permesso non permesso 3,00 - 3,50 10 non permesso non permesso