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GIOCANDO A FAR SUL SERIO
GIOCARE A NASCONDINO: scegli un posto
tranquillo dove nessuno ti vede, aspetti nel buio il
momento più adatto in cui ingannare la guardia di
turno, arrivato il momento giusto corri a perdifiato
per toccare il muro della conta gridando libero me.
GIOCARE A CAMPANA: lanciare un sassolino in
piccole aree delineate in precedenza, la
conquista dello spazio deve avvenire in modo
progressivo facendo attenzione a seguire con i
piedi una serie di movimenti senza uscire dagli spazi
delimitati, vince chi per primo riesce a finire il
percorso stabilito.
GIOCARE A MORA CINESE: una serie di gesti
simboleggia tre oggetti (sasso, foglia, forbice) la
foglia vince sul sasso, la forbice vince sulla foglia, il
sasso vince sulla forbice. Ognuno dei due
partipanti dopo aver contato fino a tre simula con
la mano uno dei tre oggetti, le combinazioni
assegnano il punto a chi mette giù l'oggetto più
forte.
GIOCARE CON IL TRENINO: sintesi del nascondino,
della campana e della mora cinese. Dopo aver
trascorso nell'ombra molti anni decidi che è il
momento di fare il tuo scatto, di correre per vincere
un turno. Attento a non invadere gli spazi che non ti
sono stati assegnati chiedi a tutti il permesso di
realizzare un'idea e ti muovi passo dopo passo per
conquistare il tuo piccolo spazio. L'idea è semplice:
portare la musica su due vagoni delle ferrovia sud
est, un viaggio danzante intorno al Salento. Due
fermate una a Gagliano e l'altra a Zollino con
concerti e degustazione di prodotti tipici, ritorno a
Lecce e una grande festa finale. Butti giù la foglia
perché scegli che questo treno è anche
l'occasione per informare sulla prevenzione degli
incendi boschivi e la gente è felice, alcuni ti danno
del pioniere, altri dicono finalmente.
Qualcuno però ha barato e ha scelto di tagliare la
foglia buttando giù la forbice. Troppo facile se
conosci già la mossa dell'altro partecipante.
Niente treno, gioco finito.
Alla fine ti senti come quando giochi a pallone e il
vicino di casa brutto e grosso ti fora il pallone, ti senti
una merda come quando vai in gita con la scuola
e sul pullman bevi un casino di cocacola, poi
scendi all'autogrill ti dimentichi di pisciare e
quando riparti dopo tre chilometri sei costretto a
chiedere all'autista di fermarsi in una piazzola e poi
quando dopo dieci anni incontri un tuo ex
compagno e sai che mentre parlate lui pensa a te
come a il Piscione. Perdi la faccia, la stima,
l'entusiasmo e le staffe.
Non poteva che aprirsi così questo numero
dedicato agli emergenti. Dopo un esordio fallito
cronaca di piccoli e grandi successi, giovani artisti
e prime opere. Dario ci scrive della nuova
letteratura, ha chiaccherato con Christian Raimo
giovane e curatore della raccolta La qualità
dell'aria e ci ha regalato la seconda parte delle sue
speciali ricette. Rossano ha intrervistato Wu Ming 2
a lecce per presentare il suo bellissimo Guerra agli
umani. Giovani scrittori ma anche alcuni giovani
musicisti segnalati, un' intervista
a Raiz (ex
Almamegretta) per il suo esordio da solista e poi il
cinema con gli emergenti, Cannes, segnalazioni e
recensioni.
Buona lettura.
Osvaldo
(Nella foto Raiz in Brecht Dance)
GR
AT
UI
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EMERGENTI
Musica
Televisione
La riemersione del lavoro vero.
Alcuni pensieri sulla televisione senza una forma di articolo
Quando le mie amiche piangono di
fronte alla televisione le mie reazioni
sono due: “ma sei pazza” oppure “questi
sono dei geni”. Nulla da dire, nulla da
fare. La televisione di oggi è fatta per
mettere in piazza sentimenti e sensazioni.
Altro che teleromanzi e fiction la realtà o
la finzione pilotata della reality
televisione sbaraglia Beautiful e Quando
si ama, Anche i ricchi piangono e
Dancin' days. Negli anni '80 e '90 le nostre
mamme, zie e anche noi piangevano
con le patinate storie d'amore di personaggi impossibili. Oggi si
piange e ci si dispera con le patinate storie d'amore di
personaggi possibilissimi. Il segreto è tutto qui? No, credo che ci
sia un'altra parola chiave. Emergere è il verbo categorico della
nuova televisione italiana. Da sempre chi si muove nel mondo
dell'arte, anche se chiamarla così mi fa ridere, sogna di avere
successo e cosa c'è di meglio che andare in televisione? Molti
scrivono solo per accomodarsi nel salotto di Maurizio Costanzo e
mi fanno ridere quelli che fanno i personaggi misteriosi nelle
trasmissioni tipo Harem di Caterine Spak e quando escono allo
scoperto rimangono misteriosi per la maggior parte dei
telespettatori. La televisione ha imparato con gli anni a vendere
fumo. Prendi i telequiz che un tempo erano terreno fertile per i
cervelloni che si preparavano nelle discipline più disparate e
riuscivano a conquistare i milioni di un tempo grazie allo studio.
Insomma adesso l'imperativo è emergere e la televisione
diviene il modo migliore per tentare di
avere successo nonostante siano
scarse le proprie attitudini allo
spettacolo. Non serve saper fare
qualcosa ma bisogna essere televisivi.
Saranno Famosi (poi trasformato in
Amici), Destinazione Sanremo,
Operazione Trionfo, Veline, Velone
sono una fucina di ospiti televisivi.
Trasmissioni Mediaset (ma non solo) si
reggono sui fuoriusciti di questa
sindrome del famoso ad ogni costo.
Coatti, nane ballerine, fusti e fustoni,
vaccone e disadattati di ogni tipo si
incontrano in case dove bisogna fare di tutto per essere notati.
Ma nell'ultimo anno prima L'isola dei famosi e poi La talpa, Music
Farm e La Fattoria hanno fatto fare alla televisione il salto di
qualità (all'indietro). I protagonisti non più emergenti ma
riemergenti. Cantanti, attorucoli, ex presentatrici e vallette che
sperano di venire fuori dal pantano della non notorietà
sfidandosi nelle imprese più complicate. Alle comodità e alle
coccole dei meno famosi viene sostituita la fatica e
l'umanizzazione del vip o del quasi vip o del sip (self important
person). Una tristezza infinita alla ricerca del famoso perduto. E
poi esiste un motivo per corteggiare una donna (a volte
neanche stravolgente) e mettersi in ridicolo davanti a milioni di
persone? Esiste un motivo per preferire una scuola di danza o di
canto essendo ripresi per ore dalle telecamere? Ed esiste un
valido motivo al mondo per essere sbeffeggiati da un pubblico
urlante che pare non fare altro che spiarti per tutta la settimana
solo per dire con i microfoni che il ragazzo o la ragazza in
questione è stata penalizzata perché “poco visibile” in tv?
Questa corsa alla televisione fa
perdere di vista la preparazione
che l'arte richiede. Questa
corsa alle poltroncine da
salotto elimina il sudore dalle
tempie dei futuri attori e
cantanti, ballerini e illusionisti.
Prima o poi questa sindrome da
perdente dovrà svanire. La
riemersione del lavoro vero
dovrebbe essere imposta per
legge. Ma si ma no ma su ma
dai.
Pierpaolo
Dall’alto:
Sodastream
Maximilian Hecker
Alex Lloyd
Ed Harcurt
Hawksley Workman
Benjamon Biolay
Devendra Banhart
Quando sei solo è sempre più difficile, così è nella
vita come nella musica. La carriera solista, il
prendere una chitarra in mano e cantarsela e
suonarsela da solo è un mestiere vecchio più del
rock. Dai tempi del Greenwhich Village, passando
per gli anni '70 molto è cambiato nella musica dei
cantautori. Rispetto all'impegno politico di autori
come Bob Dylan la nuova canzone d'autore
comincia a rivolgersi all'intimità, all'io e allarga i
propri temi non solo nei testi ma anche
nell'approccio musicale. La nuova musica
cantautoriale attinge un po' dai generi e gli stili e si
fonde con il pop, il jazz, si avvicina al blues, ma cosa
più importante, si avvicina alla gente. E così
dall'America all'Europa, con differenze di stile e
background, i cantautori conquistano il pubblico.
Questi ultimi anni hanno visto riemergere l'interesse
verso la musica d'autore. Grandi artisti del passato
sono stati ripubblicati, nuove edizioni, special price,
remastering, best of, altri artisti nuovi e giovanissimi
lanciati sul mercato. Caratteristica delle nuove
produzioni è l'assenza quasi completa di una
matrice, se prima si poteva parlare con precisione
di scuola californiana, canadese, di suono inglese,
o di movimento francese, oggi diventa più difficile
riuscire distinguere suoni e stili in una sorta di melting
pot sonoro che unisce e butta tutti in un grande
calderone. Basta pensare alla nuova scena nord
europea che in questi ultimi anni ha visto una sfilza di
gruppi rock'n'roll, electropop, cantautori tutti di
altissimo livello (vedi Sondre Lerche su CoolClub.it di
maggio). Anche la Germania non è più solo kraut e
la Francia sempre legata alle sue tradizioni, si
ripropone nel mondo con nuovi chanteur figli di
Gainsbourg (basta pensare al giovanissimo
Benjamin Biolay e al suo bellissimo Négatif) ma amici
dei Sonic Youth. Globalizzazione della musica
direbbe qualcuno, ma solo fino a un certo punto. Il
riferimento alla tradizione e alle radici rimane
comunque il tratto distintivo di tutte le nuove
personalità musicali. Ecco allora che capita di
sentire canzoni e suoni che sembrano usciti
direttamente dagli anni '60, vedi Damien Rice, i
Sodastream che paiono riprendere e portare avanti
il discorso cominciato da Nick Drake, le infatuazioni
anni '80 dell'intensissimo Maximilian Hecker, le
eleganti e un po' barocche galoppate di Hawksley
Workman, la vicinanza all'indie di band come i
Radiohead ad opera di Ben Christopher o Ed
Harcurt e la fusione tra elettronica e acustica di
artisti come Alex Loyd e il David Gray di White
Ladder oppure ancora il prewar folk di Devendra
Banhart. E si potrebbe continuare all'infinito
chiamando in causa Ben e Jason e il loro folk pop, il
blues soul pop di Ron Sexsmith, la bella voce
dell'irlandese David Kitt e tutto questo senza
neanche sfiorare il gentil sesso. Anche in Italia il
fenomeno sembra risvegliarsi vivacemente grazie
ad artisti come Bugo, di cui in questi giorni è uscito il
nuovo album doppio(Golia e Melchiorre), Riccardo
Sinigallia (di cui abbiamo scritto nello scorso
numero), Morgan con il suo splendido debut album,
Paolo Benvegnù, Pippo Pollina, Pinomarino,
Amerigo Verardi, Andrea Chimenti, Cristina Donà,
Marco Parente solo per citarne alcuni. Questo
solipsismo è certo figlio del tempo, ciclicamente le
cose ritornano e questo accade anche nella
musica, dopo anni in cui era necessario gridare per
farsi sentire, dopo dischi in cui l'uomo spariva per
diventare un alieno o un ragno proveniente da
marte, dopo le orchestre che suonano il rock e le
150 battute al minuto, c'è forse bisogno (come
direbbe Battisti) di ritrovar se stessi, di sussurrare per
arrivare direttamente al cuore delle persone e di
ritrovare nell'intimità l'essenza della musica.
Osvaldo
Cinema
I maestri che hanno segnato nel bene e nel male il cinema dal secondo dopoguerra in
poi sembrano ormai alla fine di un lungo percorso, vuoi per sopraggiunti limiti d'età,
vuoi per carenza di idee e un agguerrito gruppo di nuove leve è pronto a sostituirli. In
Italia possiamo contare su Marco Ponti, fresco del successo di A/R-Andata+Ritorno e
su altri promettenti videomakers come Roberto Andò (“Sotto falso nome”), Matteo
Garrone (“Primo amore”), Alessandro Colizzi (“Fino a farti male”) e il salentino Edoardo
Winspeare. Anche fuori dal nostro Paese sono molti i registi emergenti che fanno
discutere grazie a sceneggiature mai banali e a una carica di originalità sempre
presente nei primi lavori di un artista. Se in Europa i fenomeni sono Michael
Winterbottom (Codice 46), inglese da un po' di anni sulla scena, lo spagnolo
Amenabar (“The others”) e il russo Andrey Zvyagintsev (“Il ritorno”), negli USA abbiamo
Paul T. Anderson (“Ubriaco d' amore”), Patty Jenkins, Jane Campion, Alexander Payne
e il fenomeno mediatico Michael Moore. Anche in Asia e Sudamerica giovani autori
sono in fermento e negli ultimi tempi sono usciti fuori nomi come il messicano Alejandro
G. Inarritu (“21 grammi”) e il cinese Wong Kar-Way (“2046”) che fanno presagire un
futuro filmico sempre più variegato e qualitativamente alto. Non ci resta che
attendere e vedere se fra un po' di anni questi giovani rampanti avranno mantenuto le
promesse. Nel frattempo possiamo consolarci con quella che sembra essere una
nouvelle vague fatta di cinema indipendente che finalmente è riuscito a venire allo
scoperto, con buona pace degli appassionati. Perché se c'è una globalizzazione
della quale abbiamo veramente bisogno, è quella della comunicazione e delle idee.
C. Michele Pierri
Libri
Pincio
Capossela, Jovanotti, Ligabue, Enrico Ruggeri, Guccini, Vecchioni, eccetera eccetera. Una
compilation di musica italiana? Niente affatto. Si tratta della nuova offerta narrativa
dell'editoria italiana. Quella grossa, quella che vende. Quella che trovate in libreria sullo scaffale
“I più venduti”. I libri che è fico avere e non importa se li leggi perché tanto non c'è niente di
importante dentro. A questi aggiungiamo i vari pseudoquindicenni dalle morbose fantasie
sessuali, o i diari personali di yuppies in ritardo di vent'anni, le traduzioni (fatte male) di libri che
oltreoceano hanno un grande successo perché (è quasi sempre così) hanno fatto scandalo. Se
ci fermassimo qui potremmo ben dire che la narrativa italiana e tutta l'offerta editoriale del bel
paese non sta certo passando un bel momento. Fortunatamente non è così.
I lettori più attenti e purtroppo non sono molti e neanche molto coccolati sanno bene che in
Italia esistono alcune realtà (case editrici o singoli scrittori) che meritano di essere seguiti con
attenzione. Spesso purtroppo problemi di distribuzione, soprattutto al sud, mancanza di
pubblicità e, va detto, mancanza di sensibilità anche dai parte dei librai, a volte, fanno sì che sia
molto difficile trovarsi per caso di fronte a un libro delle piccole e valide case editrici
italiane.
Senza far torto a nessuno se fossi un libraio relegherei quasi tutta la produzione di
Feltrinelli, Rizzoli, Garzanti, buona parte di Mondadori, Fandango, anche Einaudi, nel
seminterrato e mi sperticherei per riuscire ad avere tutte le uscite di Minimum Fax,
Fernandel, Sironi, Stampa Alternativa. Probabilmente chiuderei dopo sei mesi per
mancanza di clienti, ma sono sicuro che quei quattro o cinque lettori attenti sarebbero
ben felici di entrare nella mia libreria.
Scherzi a parte, c'è in Italia una situazione letteraria molto interessante, che vede il
proliferare di giovani scrittori con lo sguardo rivolto alla situazione politica e sociale, pur
non facendo direttamente letteratura cosiddetta civile. C'è una consapevolezza
maggiore rispetto ai decenni passati della qualità dello scrivere. Un bisogno di
letteratura tout court che abbracci tutti i campi del vivere. Non più solo quindi una
lallazione privata e chiusa nell'intimo ma una narrativa di respiro più ampio che tocchi
tematiche di tutti i tipi: sociali, culturali, etiche, scientifiche.
Personalmente quando trovo un buon libro in libreria e ce ne sono nonostante alcuni librai li
nascondano appositamente penso di essere fortunato a vivere in una stagione letteraria che
presenta buoni frutti. Maturi nonostante la giovane età.
L'elenco è lungo anche se non infinito e come tutti gli elenchi rischia di non essere esaustivo, ma
proverò comunque a indicare cinque scrittori che secondo me hanno dato con i loro libri un
apporto interessante alla letteratura italiana di inizio millennio.
Tommaso Pincio. Criticato da molti, amato da molti quasi sempre per lo stesso motivo.
È evidente la sua simpatia per la letteratura americana. Perfino nel nome, che
italianizza quello di uno dei più grandi maestri della letteratura mondiale, Thomas
Pinchon. Autore di tre romanzi: M. per Cronopio, Lo spazio sfinito per Fanucci e Un
amore dell'altro mondo per Einaudi.
Nicola Lagioia. Curatore della collana Nichel per la casa editrice romana Minimum
Fax. Autore di Tre modi per sbarazzarsi di Tolstoj (senza risparmiare se stessi) divertente
e scanzonato ma anche ricco di spunti interessanti su questioni anche “pesanti”.
Gianluca Morozzi. Il suo romanzo d'esordio Despero, storia di un gruppo musicale
scalcinato e povero, aveva un'aria fresca ma non giovanilistica e un modo originale di
raccontare i trent'anni nell'Italia di oggi. Autore poi di altri romanzi sempre per
Fernandel Luglio, agosto, settembre nero, Dieci cose che ho fatto ma che non posso
credere di aver fatto, però le ho fatte, Accecati dalla luce, e di Germi per Libro Italiano.
Wu Ming. Non uno scrittore singolo ma un collettivo di scrittori. Non un vero e proprio esordiente
con già alle spalle numerosi “successi” editoriali. L'erede spirituale e non solo del collettivo Luther
Blisset, porta avanti campagne serie e condivisibili sulla salvaguardia del pianeta e per la lotta al
diritto d'autore.
Christian Raimo. Vent'otto anni e due raccolte di racconti alle spalle, Raimo è una voce
interessantissima nel panorama letterario. Colto, intelligente, simpatico affronta nei suoi
racconti una scrittura lucida e pulita, senza sbavature ed è sempre attento ad aderire alle
cose. Ha pubblicato le raccolte di racconti Latte e Dove eri tu quando le stelle del mattino
gioivano in coro?
dario
La guerra agli Umani di Wu Ming 2
La qualità della scrittura
Intervista a Christian Raimo
Mi presento a Christian Raimo una mezz'oretta prima che inizi la
presentazione del suo libro Dov'eri tu quando le stelle del mattino gioivano
in coro? Uscito in questo mese da Minimum Fax.
Accetta di fare l'intervista “anche se - mi dice mi
dovrai perdonare una possibile dislessia dovuta alla
stanchezza. Ma sono sicuro che farai delle domande
intelligenti e compenserai tu le mie mancanze”.
Ovviamente sorride e quindi non lo uccido. Scherzi a
parte chiacchierare con lui è estremamente
piacevole. Christian è un ragazzo simpatico e
davvero preparato. Parliamo diffusamente della
situazione letteraria italiana e della piccola editoria
che, come nel caso di Minimum fax, è l'unica a volte
a produrre cose buone.
Che aria tira nel panorama letterario italiano
contemporaneo, qual è “la qualità dell'aria” letteraria che si respira oggi in
Italia?
Stiamo assistendo alla nascita di autori giovani che sviluppano piuttosto
presto una notevole consapevolezza stilistica, che spesso sfocia in una sorta
di disincanto. Stiamo assistendo al declino delle scritture giovanilistiche che
stanno cedendo il passo ad una presa di coscienza della situazione politicosociale non rosea che stiamo vivendo.
Negli anni '80 c'era una prevalenza forte della parabola personale, la
scrittura dell'Io. Penso a scrittori come Tondelli, Palandri e a romanzi
importanti come quelli di Aldo Busi. C'era netta una riscoperta del romanzo
di formazione dell'esperienza personale. Negli anni '90 invece abbiamo
assistito ad un tipo di narrazione disimpegnata. Nei romanzi venivano
accolte suggestioni cinematografiche, ludiche, si introducevano linguaggi
non meramente letterari ma presi dal mondo dei videogiochi, per esempio,
dalle tecnologie sempre più invasive.
Oggi la forza letteraria di un giovane scrittore non si esaurisce a mio avviso
nella novità dello sguardo. Oggi quello che è interessante notare è come
uno scrittore di appena 25 anni riesca ad avere una lucidità e una capacità
di comprensione della realtà alle volte stupefacente.
Al Salone del libro di Torino Minimum Fax offriva birra e libri scontati.
Marcello Baraghini sul sito di Stampa alternativa ha definito questo:
“bagarre provocata dai quattro goliardi di Minimum Fax che nello stand di
fronte al nostro urlavano scompostamente al microfono, offrendo birra e i
libri (libri?) scontati del cinquanta per cento. A significare che questa è
l'“offerta” della tanto conclamata nuova piccola editoria italiana: birra e
svendita”. Come gli rispondi?
Non ho letto questa nota di Marcello Baraghini. Devo dire che lui è sempre
molto arguto. Anche quando se la prende con noi è una coscienza critica
molto importante in Italia. Comunque io penso che ci sia un momento per
l'editoria alternativa. In Italia è molto difficile fare editoria indipendente, sei
schiacciato dalle grosse case editrici. Io penso che se produci libri di qualità,
con una cura particolare nel prodotto in tutte le sue fasi, dalla scelta dei titoli
da pubblicare, al lavoro di editing, di revisione eccetera, allora è giusto
autopromuoversi. A volte essere troppo intransigenti vuol dire essere
autolesionisti.
Edoardo Sanguineti recentemente ha dichiarato che il ruolo
dell'intellettuale oggi deve essere quello di restituire la coscienza di classe
al proletariato.
Non ha tutti i torti. Dico che oltre alla coscienza di classe forse bisogna
restituire anche il senso della responsabilità individuale se parliamo in termini
laici e il senso del peccato se parliamo in termini
religiosi. Però mi associo a Sanguineti.
Tre libri imprescindibili per Christian Raimo.
Sicuramente Infinite jest di David F. Wallace.
Secondo me è un libro incredibile, il migliore degli
ultimi anni. E lui è un autore coltissimo e ti permette
veramente di avere una visione dell'oggi completa e
originale. È uno scrittore che scrive di tutto, dalle
problematiche della televisione, a saggi sul rap, sulle
crociere. Secondo me ogni persona intelligente,
ogni docente universitario dovrebbe leggerlo.
Un altro libro estremamente significativo è Il territorio
del diavolo di Flannery Connor. Lei ha uno sguardo di
una lucidità a volte impressionante.
E poi un libro che ogni scrittore dovrebbe leggere e consultare
quotidianamente è il Devoto-Oli, il vocabolario della lingua italiana. Ci sono
un sacco di scrittori conclamati che non sanno scrivere in italiano. Secondo
me il problema principale della narrativa italiana è proprio la scarsa
capacità di usare la lingua.
Dario
Sabato 22 maggio, Wu Ming, il collettivo letterario più
dirompente presente nella scena editoriale italiana, è giunto a
Lecce, dopo quasi tre anni di assenza, per presentare il romanzo
solista di Wu Ming 2, Guerra agli Umani. Erano presenti Wu Ming 2,
autore del romanzo, e Wu Ming 1, che a ottobre pubblicherà il
suo romanzo solista New Thing. Prima dell'inizio della
presentazione (più di cento persone assiepate nell'ex Convento
dei Teatini), ho scambiato quattro chiacchiere con l'autore del
romanzo.
Come è nata l'idea di Guerra agli Umani?
L'idea è venuta da un manuale di sopravvivenza scoperto su una
bancarella di libri usati. Un volumetto che insegna l'arte
dell'autosufficienza 'alle soglie del crollo della civiltà
tecnologica'. Sono partito da lì per inventare un personaggio
Marco 'Walden', supereroe troglodita che vuole mollare tutto e
abitare in una grotta sui monti dell'Appennino, cibandosi di
bacche e radici, non solo per 'chiamarsi fuori' dal collasso
planetario, quanto soprattutto per scampare al proprio collasso
personale. Marco è ormai consapevole di essere un paria, uno
che non merita nulla destino che accomuna sempre più
persone, anche in Occidente ma ha deciso che il gioco non
vale la candela, che anche chi vince, in quel gioco, ha ben
poco di cui essere soddisfatto. Smette di giocare, allora, convinto
che si possa essere disperati ma felici, a patto di mettere una
pietra sopra alla speranza e di scommettere tutto sull'autonomia,
su un qui ed ora costruttivo invece di un domani che è sempre più
minaccia e sempre meno promessa.
Con lo scatenarsi della vicenda, Marco capisce che il 'fuori' che
cercava non
esiste, che non
c i s i p u ò
staccare dal
mondo, perché
il mondo ce lo
portiamo dietro
ovunque e
ovunque è lì per
aspettarci,
anche in un
p a e s i n o
sperduto degli
Appennini,
coinvolto dagli
scavi mortiferi
dell'Alta Velocità, ammorbato dalla presenza di un pugno di
criminali dediti all'organizzazione di combattimenti clandestini
tra animali, terrorizzato da alcuni sgangherati ecoterroristi.
Quando Marco si troverà addosso tutto questo, non tarderà
molto a capire che l'autonomia di cui sopra dev'essere di molto
allargata, che anche al singolo individuo occorre 'salvarsi il culo
il più collettivamente possibile.'
Il collettivo Wu Ming, sin dalla sua nascita nel 2000, ma anche in
precedenza con l'esperienza di Luther Blisset e il successo
straordinario del romanzo Q, è sempre stato profondamente
attento al clima politico, sia nazionale che internazionale. Qual è
il punto di vista di Wu Ming 2 attorno alla situazione politica,
tuttora irresoluta, presente in Iraq?
Riassumendo molto direi che non si doveva andare e che non
bisogna restare. Il discorso che andarsene adesso sarebbe
criminale, perché invece bisogna aiutare gli irakeni a costruire la
democrazia mi sa tanto di 'fardello dell'uomo bianco', di quei
razzisti che sostenevano la necessità del colonialismo con
l'arretratezza dei 'boveri negri' e il dono di civiltà che gli europei
erano chiamati a portare in quelle terre. Non fosse per il petrolio e
i soldi della ricostruzione, gli iracheni potrebber sgozzarsi tra loro
com'è successo in Rwanda, senza che nessuno si senta chiamato
in causa.
Ci allontaniamo dai toni tristemente seri delle vicende in Iraq.
Cosa mi dici del Salento? Ci sei mai stato?
Ci sono stato una volta soltanto, ospite di amici. Qualche ora a
Lecce, poi Santa Maria di Leuca e un paio di puntate a Otranto e
Gallipoli. Però considera che Bologna è forse la seconda città
salentina del mondo, credo ci siano più concerti e corsi di pizzica
all'ombra delle due torri che non a Galatina. Talmente tanti che
tra un po' i bolognesi sapranno ballare la taranta meglio del liscio
e della filuzzi. Beh, poi ho un pusher di ricotta scante che mi
rifornisce diverse volte all'anno, ma non posso dire altro...
Rossano Astremo
(pubblicata anche dal Nuovo Quotidiano di Puglia)
Phoenix
Alphabetical
Rodney Hunter
Hunter Files
G-Stone - 2004
Rodney Hunter appare sul mercato con il
suo primo album Hunter Files. In realtà
intorno alla metà degli anni '90, come molti
dj era in un gruppo chiamato Uptight.
Hunter fa parte della “cricca” di Vienna,
tra i suoi remix da sottolineare i lavori per
Tosca e Peace Orchestra. Hunter Files è il
risultato di due anni di lavoro, attento e
ricercato dai suoni raffinati.
Il confronto rispetto ai precedenti lavori
come Uptight è quello di ampliare tutte le
oscillazioni possibili all'interno di un genere
ben delineato. “L'album” afferma il dj “
raccoglie tante sensazioni differenti.
Sonorità tranquille a ritmi dance”. Una vera
foto della vita di Vienna, dove si può
suonare dub, electro, drum'm'bass.
Patrizio Longo
Chi ha troppo successo con il primo disco rischia alla seconda prova di
deludere discografica e pubblico. Chi ha troppo successo con un singolo
rischia di essere ricordato solo per quella canzone. Rischiavano doppio i
Phoenix con questo Alphabetical nuova prova dopo il fortunatissimo
United e la suonatissima If I ever feel better (Tobia si ostina a metterla
ancora durante le sue feste). Passano l'esame i francesi se pur con
qualche riserva. Cresce la loro musica, l'attitudine elettronica accennata
nel primo disco si delinea maggiormente senza diventare invadente, le
canzoni buone ci sono e oltre al singolo Run run run colpiscono nel segno
anche I'm an actor e Love for granted. Tutto bene finché rimaniamo su
toni sostenuti, finché il clima è quello in stile “te la suono danzereccia ma
elegante perché anche se canto in inglese son pur sempre francese”. Il
problema arriva quando i toni si rilassano e si parte con le ballate,
decisamente più deboli sullo slow i Phoenix rischiano di diventare noiosi. Il
disco comunque vale il suo special price. Inserito nel movimento
cosiddetto french touch i phoenix non son certo la next big thing della
musica d'oltralpe ma rimangono comunque un onesto diversivo e una
manciata di brani di pop da dance floor.
Osvaldo
Doctor Rockit
The Unnecessary History of Doctor Rockit
Accidental - 2004
Tutto il meglio della produzione del mitico Herbert con il nick di Dr. Rockit.
The Unnecessary History of Doctor Rockit è un documento che ha richiesto dieci anni di
lavoro. Si trovano contaminazioni prese da vinile, da soundtracks, da campioni di suono
della vita quotidiana.
Qualche tempo fa Herbert inviò una mail a tutti gli addetti ai lavori chiedendo
registrare
Foto:diAlice
Pedroletti
il suono nei fast food e di inviare una mail con file e descrizione del locale.
Sublime la tecnica con un preciso gusto per la sperimentazione. Il suo nuovo lavoro
incontra nelle tracce tutte le sfaccettature della dance, house, nu-jazz, electro-funk, etc.
Scheletri elettronici, strutture minimali che sostengono questo nuovo lavoro. Il suono che si
contrappone ad altro con uno stile inconfondibile. A volte si ha l'impressione che gli stessi
suoni casualmente incontrino le strutture ritmiche. Il mitico Herbert alla fine degli anni
novanta cercava un link fra il ritmo degli oggetti e quello del corpo umano… era
precursore dei nostri tempi.
Cafè De Flore, titolo dato alla registrazione nel mitico bar durante la colazione, cosa
dire: un'icona del nostro tempo…
Nella creatività di Herbert il 12" The Many and the Few, su Accidental, che contiene il
capolavoro: l'orchestrale Goodbye Swingtime.
Patrizio Longo
Nicky Nicolai
Tutto Passa
Virgin 2004
Dimitri From Paris
Crusing Attitude
Discograph - 2004
La prima volta che ho ascoltato Nicky Nicolai
ho subito avuto la sensazione di ascoltare la
grande Mina degli anni sessanta. Forse
potrebbe sembrare un paragone troppo
sbilanciato ma vi assicuro che non sono stato il
solo. Il primo album Tutto passa è un disco in cui
Nicky esalta tutte le sfaccettature della sua
meravigliosa voce, con sfumature della
migliore scuola jazz italiana. Le canzoni sono
scritte da Aldo Romano. Nicky Nicolai nasce a
Roma, da subito presenta una spiccata
sensibilità per la musica. Dopo una serie di
percorsi e di collaborazioni musicali nel 2002
partecipa alla Rassegna “Le Signore del Jazz”
del Teatro dell'Opera di Roma, reinterpreta E
se domani. È insegnante di Canto al Centro St.
Louis di Roma.
Patrizio Longo
Dimitri From Paris questa volta
decide di uscire sul mercato del Sol
levante. Il suo nuovo lavoro Crusing
Attitude è presente nel mercato
giapponese da qualche tempo in
stampa Victor Entertainment. Molti di voi lo ricordano con il
lavoro ormai di culto Sacrebleu, fantastico cocktail tra lounge
ed house dei primi anni '90, che esce nel mercato nipponico
nel 2003 ma nessuno se ne rende conto in un mercato
fagocitante di produzioni interessanti. Grazie a Discograph
Dimitri ritorna in patria. Il nuovo album una mistura di lounge,
easy listening, house, soul, jazz.
Attenta e sempre molto raffinata la grafica utilizzata in
copertina, ricorderete in Sacrebleu il fumetto del supereroe
che sfreccia nello spazio. Meno di ricerca questo suo nuovo
progetto che vanta la collaborazione di veri musicisti, “guest
start”. Non manca la traccia dal gusto easy e con uno
splendido cantato giapponese di Kisen Horino.
Lo si può definire come una delle colonne sonore dell'estate.
Patrizio Longo
Arto Lindsay:
Salt
Righteous Babe/Edel
Arto Lindsay, ecco uno che arriva da lontano: New York fine '70 primi '80, i DNA messi insieme a
Ikue Mori, i “più accessibili” Ambitious Lovers e l'impagabile cricca della 'Mela Negativa' che
all'epoca comprendeva, accanto a Brian Eno, anche i Lounge Lizards del vecchio amico
John Lurie. Giorni (ma soprattutto notti) di jazz infettato di noise (altra relazione pericolosa,
quella con il fulminato John Zorn), poi la riscoperta delle radici brasiliane, elemento che
caratterizza da alcuni anni a questa parte la produzione del nostro in veste di solista. Non fa
eccezione Salt, raccolta di dieci brani per un totale di 43' e 17” all'insegna di un sound che
mescola tropicalismo e impressioni funk, rime che quasi sconfinano nel rap (Jardim da alma) e
inserti rumoristici. Lavoro da instancabile cosmopolita: da un lato San Paolo, il Carnevale,
l'amicizia con Caetano Veloso, Marisa Monte, Vinicius Cantuaria, dall'altro una N.Y. evocata
dai passaggi più nervosi di un album insolitamente aperto dalle quiete Habite em mim e Kamo
(dark stripe). La scrittura è bella, figlia di un'anima capace di raggiungere picchi romantici
senza lasciare fastidiose tracce di caramello. Idee chiare, crooning sofisticato e meravigliosi
intrecci di chitarra, percussioni, pianoforte. Funziona a pieno regime il team messo insieme a
Melvin Gibbs, Kassin e Berna Ceppas, già collaudato nei precedenti (e fortunatissimi) Prize e Invoke.
Strepitosa Personagem, sostenuta da un arrangiamento di fiati a dir poco perfetto. Lunare e
sensualissima Twins, rafforzata da congas e suggestivi passaggi elettronici minimali.
Chi è Arto Lindsay, allora? Ai frequentatori del wine-bar più sprezzantemente ultrachic in città
potreste puntualizzare: uno che insieme all'artista Matthew Barney (quello della serie video
Cremaster, prima ancora che il compagno di Björk) ha presentato al carnevale di Bahia di
quest'anno un carro-mostro figlio della mitologia candomblé. Il carro avanzava minaccioso tra la
folla, accompagnato da una band che comprendeva quaranta poderosi drummers del Cortejo
Afro. Messaggio: attenti alle foreste, deficienti! Titolo dell'operazione: De Lama Lâmina (dal fango
armi), lo stesso della traccia numero 7 di Salt.
Nino G. D'Attis
Last days of April
If you lose it
Bad Taste Records
Jolie Holland
Escondida
Anti
Ascoltando Jolie Holland si potrebbe pensare
di avere tra le mani un disco del passato, senza
però riuscire a collocarlo nel tempo. Il folk, il
country, il blues e il jazz, si fondono in questa
miscela tenue ed ammaliante. Per Jolie
Holland questo è il secondo disco, il
precedente Catalpa riscosse successo e
secondo Tom Waits fu uno dei migliori dischi
del 2003.
Escondida a differenza di Catalpa non è un
disco casalingo perché è stato registrato in
studio, e non improvvisando occasionalmente
a casa di amici. L'atmosfera vintage rimane
comunque la stessa, basta sentire la prima
delle dodici tracce, Sascha per capire che
Jolie Holland non avrebbe sfigurato in un
fumoso night degli anni venti con la sua
miscela jazz folk. Le atmosfere, ricreate dalla
batteria spazzolata dal veterano del jazz Dave
Mihaly e dalla leggerezza dei fiati, portano
fuori dal tempo, lontano dal tappeto sonoro
che solitamente ci circonda. Holland ha voglia
di riproporre la musica statunitense in tutte le
sue sfaccettature passando dalle sonorità dei
nativi americani fino ad arrivare al blues
morbido della sua voce che a tratti sembra
essere intrappolata. Un'artista eclettica che
vorrebbe suonare con una band di metal
gotico e che avrebbe piacerebbe nel
partecipare ad un'opera hip-hop. Una
“chanteuse” tutta da scoprire insomma!
Augusto Maiorano
Nuova uscita per il gruppo emo pop
svedese. Non cambia la formula dei nostri
ma questa volta si opta per un piglio più
diretto e rock che già aveva fatto capolino
nel precedente “Ascends the sky”.
Arrangiamenti schietti e canzoni che
scivolano via tra malinconie agrodolci e riff
senza troppi fronzoli. Al terzo album però la
formula inizia a risultare un po' lisa ripetendo
stancamente atmosfere e progressioni che
già abbiamo imparato ad apprezzare nei
precedenti lavori, con il rischio che i pezzi
soffrano di non eccessiva originalità e
freschezza (senza contare che la voce di Karl
Larsonn si sta avvicinando pericolosamente
a quella di Brian Molko). Ci mancano un po' i
L.d.o.a. di “Angel Youth”, di quel magnifico
album di canzoni perfette, malinconiche,
prodotte ad arte e dal sapore un po'
adolescente; e per un attimo ci facevano
ricordare che essere adolescenti non era poi
così male.
Gianpiero Chionna
Urban Lillo
Progettortica
Non capita spesso di ascoltare note che
provengono dalla strada, note e suoni che
compongono melodie che si fondono
nell'ambiente senza disturbare chi lo vive. Le
musiche di Urban Lillo nascono così:
“suonicchiando” qua e là in un'atmosfera
amica di una Roma caotica; questo primo
lavoro è un CD completamente
autoprodotto e autodisribuito. Le nove
tracce strumentali del disco, fatta eccezione
per una ghost track cantata da una
simpatica e dispettosa voce di Paulo
Fasciano, sono urban, a tratti d'n'b, dub,
spesso decisamente art-funky mescolato a
ritmiche hip hop e tribali che colpiscono per
freschezza ed estro. Miky e Paulo Fasciano
creano queste nuove basi con l'inserimento
di suoni sperimentali mentre Andrea Fiorillo
(Lillo) suona la sua tromba nel cuore di una
Roma notturna che sembra incredibilmente
desolata.
È preferibile ascoltare Urban Lillo dopo il
tramonto, quando la giornata lentamente si
trasforma in un quieto e pacifico meditare;
scegliete una luce tiepida, un drink leggero
ed una buona compagnia. Urban Lillo è uno
dei primi progetti che interessano una
gamma sempre più vasta di gusti musicali, di
artisti, di gruppi che compongono e
cooperano per dare vita a questo progetto
che si auto espande. Il CD purtroppo è
difficile da reperire ed è ancor più difficile
ascoltarlo dal vivo. Per avere queste ed altre
informazioni potete visitare il sito:
www.progettortica.altervista.org o scrivere a
[email protected] [email protected]
Pepe
Pilot Jazou
Wonderful morning
Disturbance
Ugo De Crescenzo alias Pilot Jazou. In
questo disco l'elettronica passa
attraverso eleganti suoni jazz e
bossanova. Punto fermo dell'album è
“your crime” (anche nelle versioni rmx di
Dati, Appetizer e Table), traccia usata
nella colonna sonora del film di Sergio
Rubini L'Amore ritorna. Ugo De
Crescenzo pianista e produttore
presente già da tempo nella scena elettro-trip-hop italiana: fa parte dei
Soul mio ed insieme a Leziero Rescigno
(batterista dei La Crus) ha creato i
Gone.
L'intenzione di mettere in primo piano il
jazz è evidente, ma la voglia di renderlo
semplice anche ai non cultori è
sicuramente riuscita in pieno, senza mai
perdere l'eleganza che lo distingue.
Augusto Maiorano
Vegetable g
A perfect spring
Minus habens records
Vegetable g, ovvero Giorgio Spada.
Sicuramente una bella produzione
elettronica che spazia da piccole
schegge di rock a micro-beats per
arrivare ad atmosfere jazzy. La
melodia nelle undici tracce ha
sempre il sopravvento su tutto il resto
e nonostante sia comunque forte la
componente elettronica (data
anche da una surreale voce
robotica), le strumentazioni classica
come il violino o il pianoforte si
fondono perfettamente nel
contesto beat. A Perfect spring
scorre davvero come una
primavera perfetta, senza scossoni,
tutto con estrema semplicità. Il
paragone anche se può sembrare
azzardato potrebbe essere fatto
con i Radiohead di Kid a.
Augusto Maiorano
ROY PACI
WEI-WU-WEI
ETNAGIGANTE 2004
Piano Magic
The troubled sleep of Piano Magic
Green Ufos
Incantano i Piano Magic con questo che
sembra essere il loro ultimo disco. Non è
dato sapere se la notizia risponda a verità,
ma in ogni caso sarebbe il congedo
migliore per la band di Glen Johnson.
Canzoni eteree, notturne minimali,
mescola di post rock, bozzetti di chitarra
profonda, carica di delay, aperture alla
Cure, atmosfere dark wave di eredità 4ad
e delicati tribalismi (“I am the teacher's
son”). Una summa di certo mood anni '80,
densa di oscurità appena rischiarata
dalla luna, di sconfitta e di dolore; ma al
contempo rifugio o canto a cui
abbandonarsi perché a tutti capita, a
volte, di smarrirsi nella notte.
Gianpiero Chionna
Dati
Tous le soirs
Disturbance
Dati, ovvero Alberto Dati. Secondo album per l'artista
pugliese, il primo disco risale al 2001: “Italy by Dati”
prodotto dalla Disturbance, una divisione dell'etichetta
barese Minus Habens Records.
Un'elettronica morbida quella di Dati fatta di influenze
soul, jazz e sonorità minimali che rendono l'opera
sicuramente interessante.
Il tarantino Alberto Dati è conosciuto anche con lo
pseudonimo Appetizer.
Nel suo curriculum figura il progetto Saldosuolo, suoni
elettronici per installazioni artistiche, creato a Firenze con
la collaborazione di Amleto Elia. Escono
successivamente Saldosuolo.1 e Saldosuolo.3,
quest'ultimo pubblicato da Navysky (1999), agenzia
fiorentina di moda e comunicazione.
Augusto Maiorano
Roy Paci, uno degli artisti più eclettici e vulcanici
del panorama jazzistico italiano. Uno di quelli
artisti che nn si riesce a identificare in un genere
perché stanno un po ovunque, e con la forte
personalità e carisma fanno bene in tutti i
progetti. L'ultima prova è con i CORLEONE
formazione nata nel 2004 e con cui Roy propone
e riscopre una certa tradizione forte della sua
Sicilia, ovviamente passando dal jazz. Il disco si
chiama Wu-Wei-Wu.
La lunga storia di Roy Paci parte da Augusta in
Sicilia, sua città natale dove già all'età di dieci
anni inizia a suonare la tromba passando per le
più importanti big bands sicule. La sua storia
continua girando il mondo alla continua ricerca
di sperimentazioni nuove, si identifica con
l'avanguardia jazz ma anche con le sonorità
etniche balcanico-kletzmer. Ha prodotto le
colonne sonore dal vivo per alcuni film muti e Bmovie, come per esempio per “Tetsuo” del
giapponese Sukamoto. Ha collaborato con il
mondo del teatro insieme ad Ivano Fossati per lo
spettacolo “Scambi pressochè telepatici”.
Il 1999 è un anno importante per Roy Paci perché
fonda l'etichetta Etnagigante e inizia il viaggio
con la “famiglia” degli Aretuska.
Successivamente incontra Manu Chao con il
quale suonerà dal vivo e nel disco “Proxima
estation…esperanza”.
Nel 2000 esce il primo album di Roy Paci &
Aretuska dal titolo “Baciamo le mani”, e
prendono parte nello stesso anno a vari festival
europei. Il 2001 Roy Paci lo trascorre girando il
mondo in tourné con Manu Chao e la carovana
di Radio Bemba. Nello stesso anno continua un
altro progetto parallelo di world music con la
banda ionica “Matri mia”, nel quale figurano
collaborazioni prestigiose del calibro di Vinicio
Capossela.
Non tarda ad arrivare il secondo album di Roy
Paci & Aretuska dal titolo “Tuttapposto” nel quale
calypso, swing, rock-steady e sonorità
caraibiche si fondono a perfezione. Sempre nel
2003 c'è la consacrazione al grande pubblico
con la partecipazione al Festivalbar, e la
collaborazione per il film “Il paradiso
all'improvviso” di Pieraccioni, con il
riarrangiamento di “Besame Mucho”.
Fin poi ad arrivare al 2004 con l'uscita di “Wu-WeiWu” nell'ambito del nuovo progetto Corleone,
del quale fanno parte musicisti dalla grande
propensione all'improvvisazione tanto amata da
Roy Paci.
Augusto Maiorano (EXTRANET)
www.patriziolongo.com
Prince
Musicology
Npg Music Club/ Sony
Alcuni sostengono che quello che ha fatto Prince negli anni 80 si avvicina a livello artistico a
quello che ha fatto Beck nei 90. Ci si riferisce a quella capacità, presente in entrambi, di ingoiare
musica a quintali riuscendo ad assimilarla e tradurla in modo originale, se possibile. Onnivori e
pionieri Prince e Beck sono comunque due personaggi molto diversi. Prince in particolare è un
artista veramente complesso, un uomo capace di scrivere capolavori come Purple rain, The
cross, Kiss, di sparire per non sentirsi più vittima del mercato o slave come scriveva sul suo viso, di
pubblicare un album completamente strumentale. Un grandissimo musicista, un simbol, che ha
usato la sua immagine e la sua non immagine per comunicare oltre le canzoni. Questo
Musicology non rivoluziona il percorso dell'artista anzi in un certo senso sembra ripercorrerlo al
contrario, segnare traccia dopo traccia generi e decadi toccate biologicamente e
artisticamente. C'è il funky dello splendido singolo e una carrellata di generi che arriva fino al
rock. Il tutto come al solito suonato e arrangiato con un impeccabile cura e un'eleganza rara.
Chi cerca Prince non resterà deluso, il disco è bello si lascia ascoltare ma non decolla quasi
mai…un grande esercizio di stile e il signorino in questione ne ha da vendere.
Osvaldo
Michel Camilo
Morrisey
You are the querry
Attack Records
Era dai primi anni '90 che Morrisey non produceva
niente. L'ex-cantante degli Smiths o l'icona del pop
da cameretta o il mito del pop anni '80 o il sogno
erotico di tanti ragazzi… troppe definizioni e troppi
collocamenti per un personaggio che ha segnato il
percorso musicale di tanti artisti, ma ha anche colpito
in fondo al cuore dei suoi ascoltatori. “Moz” (suo
soprannome) è ritornato. Senza pretese, oserei dire.
Torna nella sua forma migliore, quella di cantante
pop, senza mascherare i suoi 50 anni, senza fare finta
di essere teen ager, ma con la stessa carica e
malinconia di un tempo. Non si è dimenticato del suo
essere pungente e a volte cinico nei testi, come in I
have forgiven Jesus. Non si è dimenticato di essere
inglese, nonostante abiti a Los Angeles da dieci anni.
Non si è dimenticato e non fa finta di vedere la
politica di soffocamento e a volte razzista della sua
madre patria e della terra che lo ospita (America is
not the world, Irish blood, english heart). Come non si è
dimenticato di essere un inguaribile romantico (Let me kiss you),
e come ci fa capire da chi si sono ispirate tante band (Suede,
Gene, etc) degli anni '90 (First of the gang to die, You know i
couldn't last). Inutile immaginare delle chitarre senza riverbero,
e aspettarsi un cambio di rotta o una innovazione nelle linee
melodiche, ma è questa la sua forza e la sua maturità. Poi, a
volte, per un disco bastano solo belle canzoni perché diventi
uno dei tuoi preferiti dell'anno. Personalmente mi permetto di
dargli anche la lode perché, nonostante gli anni, il suo ciuffo
svetta sempre in alto. Che invidia…
Tobia
L’ Attico
Bed & Breakfast
Zona centro
Camere - Rooms - Zimmer
Piazza Mazzini, 56 73100 - Lecce
Tel: 338 7098107 - 338 3647039 - 347 6509397
On line: www.lattico.it [email protected]
L'aggettivo “latino-americano”, ove ci si riferisca
ad ambiti musicali, viene spesso travisato per
superficialità o per mancanza di una adeguata
preparazione culturale: è per questo motivo che
nella mente della maggior parte dei lettori, in
relazione a tale aggettivo, si saranno senz'altro
prefigurate immagini di ballerine seminude, di
balere o di scuole in cui si insegnano ipnotici balli
di gruppo. Personalmente preferisco invece
riferire l'aggettivo in questione a quell'area
geografica, localizzata approssimativamente
intorno a Cuba, che fortunatamente non si è
fatta colonizzare musicalmente dagli invasori
europei. Michel Camilo, pianista nato a Santo
Domingo nel 1954 e trasferitosi nel 1979 a New
York, sta riuscendo a mio avviso nel difficile
compito di traghettare le istanze musicali di
quell'area nel nuovo millennio, rinfrescandole
tramite la contaminazione con le migliori
caratteristiche della tradizione jazzistica. Ciò che
balza subito all'orecchio a proposito di questo
prodigioso musicista è la fusione del gusto
armonico, della dolcezza, della sensibilità di
tocco di grandi pianisti puramente jazz come Bill
Evans, con l'istrionica padronanza ritmica degli
archetipi percussivi di matrice latina, tipica
invece di “rumberi” come il pianista Eddie
Palmieri; tale abile miscela dà luogo ad un
prodotto musicale di elevatissima qualità, ma
che può essere fruito senza necessariamente
aver studiato jazz per decenni: difatti, la valente
perizia ritmica di
Camilo spinge al ballo
e all'oscillazione
sensuale delle proprie
chiappe anche il più
p r o f a n o
e
recalcitrante degli
ascoltatori, poiché
nelle sue dita ci sono
millenni di storia di
popoli che Cristoforo
Colombo e i suoi
successori hanno
cercato invano di cancellare. Probabilmente è
anche per questo motivo che il Presidente della
Repubblica Dominicana ha pensato bene di
conferirgli, nel novembre del 2001, la più alta
onorificenza della Repubblica, ovvero la Croce
d'Argento dell'Ordine di Duarte, Sanchez &
Mella.
Marcello Zappatore
Ricomincio da Wop
Con gli almamegretta ha
cambiato gli anni 90, ha portato
il dub a trovare la musica
popolare nei vicoli di Napoli, ha
esplorato oriente e occidente
unendoli in un suono che
ancora oggi fa scuola. Oggi
torna da debuttante con un
nuovo album solista del titolo
Wop. È Raiz, musicista, attore e
amico del Salento.
Questo numero di Coolclub.it è
dedicato agli emergenti, anche
se questo tuo disco arriva dopo
più di dieci anni di carriera è
comunque un esordio, esordio
solista appunto, come ti senti in
questo nuova veste?
La sensazione è quella di un
uccello che spicca il suo primo
volo fuori dallo stormo. E' una cosa che ha fatto mille volte ma che gli
sembra nuova…ha paura ma la situazione lo eccita, gli sembra di
dover imparare tutto da capo e per questo gli serve tanta umiltà,
voglia di confrontarsi e non dare niente per scontato. Una bella sfida
insomma…
Ti senti un po' un Cane Sciolto (ndr sciuoglie u cane è il titolo dell'ultimo
album degli Almamegretta), anche il titolo del tuo disco, sigla usata
sui passaporti degli immigrati in america per indicare without
passaport, sembra sottolinearlo, come senti la tua musica e la musica
in generale?
E' paradossale il fatto che io abbia pensato, ad un certo punto della
lavorazione del mio disco che un titolo alternativo a “WOP” avrebbe
potuto essere “Cane Sciolto”…e questo mesi prima di aver ascoltato il
lavoro degli Alma o di avere parlato con Gennaro o Stefano
dell'argomento. Segno che la pensiamo esattamente allo stesso
modo riguardo la musica: senza frontiere, culturali e creative…
Coolclub incontra RAIZ
esperienza e dal continuo confronto con Salvatore Tramacere
(regista dello spettacolo) e i miei colleghi di compagnia.
Qual è il tuo rapporto con Lecce e il Salento? Koreja, la Notte della
Taranta, ormai sei ospite quasi fisso della nostra terra…
In un altra vita devo essere stato salentino, probabilmente di uno dei
paesi del capo di Leuca. Fin da quando sono venuto per la prima
volta da voi, ormai si parla di quindici anni fa, ho sentito
un'attrazione particolare. Chissà…
Domanda di rito, il tuo allontanamento dagli Almamegretta, è stata
una separazione consensuale, avete imboccato due strade
diverse, pensi a un riavvicinamento?
Come dicevo prima, è nel bene o nel male lo stormo nel quale e dal
quale ho imparato a volare. Come si potrebbe non pensare, prima
o poi, ad un “ritorno a casa”?
Anni fa Napoli è esplosa con il fenomeno delle Posse, cosa ricordi di
quel periodo e come vedi la nuova scena, 24 grana, Polina…
Vivo a Roma da qualche anno, dunque non sono in grado di tastare
il polso della situazione come prima. Tuttavia penso che il momento
in cui siamo venuti fuori noi era uno speciale periodo per Napoli in
cui la musica non era che una parte del processo in atto…questo è
stato un ottimo trampolino di lancio per noi tutti. Oggi è diverso, i
riflettori si sono spenti e chi fa musica deve lavorare sodo per
costruire una scena credibile, soprattutto dopo quello che
abbiamo combinato noi.
I miei preferiti? Senz'altro i 24 grana…
Cosa ascolta Raiz, i dischi che girano nel tuo lettore?
Salsa, samba, musica italiana degli anni 50/60, hip hop , reggae.
Niente elettronica o roba troppo sperimentale…
Quando di nuovo a Lecce?
Spero presto per una tappa del “WOP” tour che comincia a
luglio, o semplicemente per venire a trovare i tanti amici che ho
nel Salento…
Osvaldo
Parlaci un po' di Wop.
Avete presente il titolo di uno dei nostri vecchi album, “4/4”?
Significava l'unità di quattro entità diverse, ovvero i diversi
componenti il nostro collettivo. Ebbene, “WOP” è l'esaltazione di uno
quegli elementi, quello vocale. Il disco di un cantante, pop per
vocazione, alla ricerca della canzone mediterranea “globale”…
Raiz non solo cantante, tante collaborazioni, e una carriera da
emergente nel cinema e nel teatro, ci parli un po' delle tue esperienze
trasversali?
Mi hanno sempre interessato i diversi modi di stare su un palco…il fatto
di aver sempre “teatralizzato” i miei spettacoli musicali ha fatto forse
venire in mente a qualcuno che oltre a cantare avrei potuto fare altro.
Così è nata la splendida collaborazione tra me e i Cantieri Teatrali
Koreja, dove da supervisore della colonna sonora di “Brecht's
Dance” sono diventato anche attore. Ho imparato molto da questa
Ringraziamo per le Foto i Cantieri teatrali Koreja
CoolClub
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Culicchia, Nove, Moccia e Pellegrini
Segnaliamo qui alcuni libri di scrittori
italiani che per un motivo o per l'altro
vale la pena acquistare e leggere.
Giuseppe Culicchia torna con Il paese
delle meraviglie, un libro che racconta
un'amicizia adolescenziale con sullo
sfondo l'Italia del 1977. Un paese delle
meraviglie che non c'è, sospeso tra
l'ilarità e la violenza. Un libro
politicamente scorretto che coglie il
volto e l'anima di un'intera
generazione. Il secondo autore di cui parliamo è Aldo Nove, uno dei più
apprezzati della generazione dei quarantenni. Dopo la saga dei
Woobinda e il riuscitissimo Amore mio infinito (lo consiglio caldamente),
esce per Einuadi La più grande balena morta della Lombardia, raccolta di
personaggi e storie di Viggiù. Un libro scritto in una quindicina d'anni che
racconta della fanciullezza e della vita intera di Nove, una serie di
fotografie letterarie che (forse) compongono l'album dell'autore. Terza
menzione per Federico Moccia. Dal punto di vista letterario è un
esordiente anche lui (tema ricorrente in questo numero del giornale).
Nonostante la non giovanissima età (40 anni) Tre metri sopra il cielo è il
primo romanzo di Moccia, sceneggiatore cinematografico e autore
televisivo. Ma, come avviene di tanto in
tanto nella letteratura italiana, il suo libro è
divenuto un vero e proprio caso. Una storia
d'amore classica tra una brava ragazza
Babi e un cattivo ragazzo Step. Prima
stampato “clandestinamente” a Roma ha
poi raggiunto il grande pubblico grazie al
coraggio della Feltrinelli. Luca Lucini ne ha
fatto un film che ha avuto un discreto
successo. Chiudiamo questa carrellata di
segnalazioni con un libro che mi ha colpito
particolarmente. Si tratta di Dimissioni di
Michele Pellegrini edito dalla Fernandel. La
malattia e la “paranoia” che da essa
consegue perseguita il protagonista che in
questo modo perde la moglie esasperata.
Così, come da tradizione, il malato fugge
da tutto e da tutti scappando dalla sua
realtà e lasciando numerosi interrogativi
negli amici che un anno dopo si ritrovano e discutono della misteriosa
fuga. Un intreccio di presente e passato con la dimissione che contagia un
po' tutti. Tutto sommato fuggire non sarebbe poi così male. Arrivederci
viaggiatori
Jack Finney
Indietro nel tempo
Marcos y Marcos, 2004
Simon Morley, un illustratore che lavora per un'agenzia pubblicitaria,
viene scelto, per alcune sue caratteristiche specifiche, per viaggiare
nel tempo seguendo le coordinate di un progetto segretissimo delle
strutture militari americane. Stanco del suo lavoro, insoddisfatto per
la sua vita in generale, il giovane pubblicitario decide di accettare
l'incarico a scatola chiusa e si ritrova proiettato nella New York di un
secolo prima.
Lo scrittore è abilissimo nel descrivere la Grande Mela del 1882
con dovizia di particolari che può, a volte,
sembrare maniacale e rischiare di annoiare. Ma
la trama avvincente e intricata, le situazioni
sempre nuove in cui protagonista e lettori si
vengono a trovare fanno di questo romanzo di
oltre quattrocento pagine una lettura mozzafiato
e mai scontata.
L'autore (1911-1995), celebre per avere scritto
L'invasione degli ultracorpi, ci regala con questo
Indietro nel tempo, pubblicato da Marcos y
Marcos, un'altra storia ricca di suggestioni e di
spunti sulla storia dell'umanità, sulla sua
corruzione e soprattutto sulla sua fallibilità.
Dario Goffredo
JIM De ROGATIS
“FIRMATO LESTER BANGS”
ARCANA MUSICA 2000
Lester Bangs è una figura fondamentale nella storia
del rock'n'roll. Se i suoi scritti fossero più facilmente
reperibili si ascolterebbero meno cazzate in giro e
capiremmo molte cose sull'industria musicale; senza di
lui non avremmo termini come punk o heavy metal;
ma Lester morì nell'82, a 33 anni, per overdose di
farmaci o, più semplicemente, per inadeguatezza al
mondo musicale e non che gli stava attorno. Bangs
non fu solo un critico musicale coerente e generoso
(oltre che alcolista e cazzone), che diede dignità
letteraria a questa professione, ma anche un vero e
proprio scrittore moderno, il punto di congiunzione tra
beat e giornalismo gonzo. Per questo gli andava
stretta la patinata Rolling Stone e per questo rese
grande Creem.
“Firmato Lester Bangs” è tutto in ciò che ho scritto
sopra… Se ho tanta voglia di spiegare chi era Lester ci
sarà una ragione. De Rogatis è un ottimo biografo,
all'inizio si ferma molto (come da tradizione USA) sulla
biografia della famiglia Bangs, ma poi parte con un
vero e proprio romanzo di formazione, ricco di
interventi diretti di amici, parenti e rockstar; con tutte
le contraddizioni dei personaggi, le loro evoluzioni, le
esaltazioni e le cadute. Lester non ebbe paura a
denunciare la mitizzazione delle rockstar,
denunciando il fatto che anche gli stessi musicisti suoi
amici come Patti Smith e Lou Reed (memorabili le
interviste all'ex Velvet) con la notorietà assumessero
pericolose pose da divi… Lester sapeva essere contro,
dissacrare, e De Rogatis (che da ragazzo conobbe
Lester) trascrive quest'esperienza in tutto e per tutto. Lo
spirito critico dell'avventura, letteraria e di vita di
Lester, è trasferito quasi perfettamente nel libro da De
Rogatis. Esperienza letteraria e di vita appunto,
perché come in ogni romanzo di bildung che si rispetti
l'arte è gemellata con la vita; l'artista non ne può
prescindere, e per Lester l'arte era sia la musica che la
sua scrittura… Quando all'inizio degli anni '80 questi
mondi vennero inquinati definitivamente dall'industria
musicale, Lester non poteva più appartenere a questo
sistema.
De Rogatis scrive ricalcando quindi la lezione di Bangs:
raccontare in maniera umana, quasi filantropa, un
uomo in tutti i suoi lati, schifosi o dignitosi, così come
Lester descriveva il rock'n'roll in tutte le sue
incoerenze… Se un fan accanito dei Sex Pistols
leggesse questo libro o gli scritti di Bangs, non
troverebbe dei miti, ma delle persone, degli uomini
capaci di essere dei geni o dei porci schifosi, a
seconda della quantità di droga ingerita (o di Romilar
bevuto da Lester…).
Piccola postilla: la versione italiana di questo libro è
tradotta chiaramente da una persona molto
assonnata. Ci sono strafalcioni storici, grammaticali e
chi più ne ha più ne metta… Ma come dicevo all'inizio,
in Italia soprattutto non è molto facile reperire notizie o
scritti di/su Bangs, quindi questo libro ha poca
concorrenza… E nonostante la pessima traduzione lo
spirito dell'opera arriva comunque al lettore… Però
che peccato.
Marco
Cesare Battisti
Avenida Revolucion
Nuovi mondi media
Jenny Fabian e Jonnhy Byrne
Groupies
Arcana
Un personaggio controverso come Cesare Battisti ha
incontrato diverse difficoltà a farsi pubblicare in Italia.
Un'esitazione che l'editoria del nostro paese sta
pagando a caro prezzo: col timore di maneggiare un
materiale troppo rovente si finirà per non avvicinare al
pubblico un grande scrittore che, al di là del suo
passato, va assolutamente valorizzato e conosciuto.
Fortunatamente il romanzo Avenida Revolucion, grazie
alla coraggiosa e neonata casa editrice Nuovi Mondi
Media, è finalmente acquistabile anche da noi
all'onesto prezzo di 13 euro.
Cesare Battisti è molto famoso in Francia come autore di noir, ma con Avenida
Revolucion il senso di mistero che avvolge i suoi romanzi compie un passo in più,
facendo sì che da un intreccio inquietante si dipani un senso più ampio di
riflessione sulla vita e sul susseguirsi infinito dei suoi eventi. Antonio Casagrande è
un anonimo quanto solitario contabile di Milano. Un aspirante scrittore che
conduce una vita grigia come le abitudini e i rimpianti.
L'incontro vero con la vita avviene quasi per caso e quasi per destino: la vittoria
con un concorso postale di un viaggio premio tra Messico e America del nord.
Comincia così il racconto di un viaggio che diventa subito un turbolento
susseguirsi di avventure. In un crescendo di onirismo e trasfigurazione, che solo
una potente immaginazione può concepire, Antonio parte su un camper,
incontra donne ambigue e affascinanti, è vittima di un uragano, rimane
incatenato in uno scambio di personalità con un presunto scrittore dal nome
Luigi Trombetta, è ossessivamente perseguitato da uno-tanti sergente Gomez H,
per ritrovarsi nella paralisi della città di Tijuana, che è simbolo di un Messico
magico, quanto rifiutato dal resto del mondo.
Avenida Rivolucion è un romanzo che ti risucchia per poi risputarti nella
quotidianità esausto e confuso. E' un romanzo tanto travolgente da togliere
l'energia. Battisti, in questo, è paragonato a Kafka: l'aspetto surreale e
banalmente concreto della vicenda umana di Casagrande ha, infatti, tutti i
tratti dell'angoscia kafkiana, dello scarto tra essenza e realtà. Non solo:
l'assurdità del mondo, l'impotenza e il paradosso ricordano vagamente
l'Autodafè di Canetti. Una complessità quindi che si dipana in un romanzo
apparentemente semplice e poi sempre più sfaccettato fino all'inglobare un
altro romanzo nel romanzo. Ne emerge così un intreccio enigmatico, visionario,
pieno di baratri e muri che dividono storia vissuta e percezione individuale, in cui
trovano spazio il miraggio del sesso e dell'amore, la frustrazione della banalità,
l'istinto di sopravvivenza, il sapore tragicomico di una vita normale.
Elisa De Portu
Léo Malet
Chilometri di Sudari
Fazi Editore - 2004
Questo mese andiamo a far visita ai nostri cugini transalpini e parliamo
di un autore poco noto in Italia ma che è considerato uno dei
principali esponenti del noir francese del dopoguerra. Nasce dalla
penna di questo maestro Nestor Burma: le numerose avventure del
titolare dell'agenzia investigativa Fiat Lux, sono ambientate a Parigi,
nel periodo tra l'occupazione nazista e gli anni cinquanta, e sono
racchiuse in una serie di romanzi dedicati ai quartieri della capitale
francese.
Tutto inizia con una visita dal passato: Alice, ora Esther, una passione
mai ricambiata ma anche amante di un suo amico, Moreno, lo
ingaggia perché è convinta che il suo amore di un tempo sia tornato
per vendicarsi di suo fratello, che durante la guerra la costrinse a
troncare bruscamente la loro relazione. Burma trova molto strana
questa conversazione e si chiede subito il perché di tanta sicurezza
poiché Moreno è morto anni prima in Spagna fucilato dai franchisti;
accetta l'incarico e si ritroverà implicato in complicatissimi intrighi
familiari alimentati dall'odio di Esther per il fratello, che a sua volta si
trova ad essere ricattato a causa di un mostruoso segreto legato alla
sorella. Scoprire questo segreto sarà compito dell'agenzia Fiat Lux. I
personaggi legati in qualche modo alla scoperta del mistero di Esther
sono numerosi ed eterogenei: una prostituta, il proprietario di un
giornale scandalistico, un poliziotto corrotto in pensione, un politico,
tutti protagonisti di storie diverse che si intrecciano e sovrappongono,
senza mai interrompere la scorrevolezza della narrazione, in un
incessante serie di omicidi che culmineranno in un finale amaro.
Leggermente cinico, di buon cuore, riflessivo, con un debole per le
belle donne e un personalissimo senso di giustizia, Nestor Burma è
considerato una dei maggiori personaggi del genere poliziesco
francese; questo simpatico investigatore privato vanta una
lunghissima carriera, è protagonista di libri, fumetti e serie televisive,
che lo rende una piacevole alternativa al più noto belga Maigret.
Bubu
Unisci tre tra le cose che più mi piacciono ( la musica, i
pettegolezzi e il sesso) ed ecco Groupie. Preziosissimo
romanzo scritto da Jenny Fabian insieme a Johnny Byrne nel
1969, un'autobiografia di una delle fidanzate della musica
più famose che diventa, nella minuzia e nella varietà dei
personaggi e delle band raccontate, un altro, nuovo e
piccante spaccato sulla Londra della fine degli anni 60. Un
libro che quando fu pubblicato fece scandalo e che riletto
oggi, da poco ripubblicato da Arcana, è ancora capace di
sorprendere. Intriso di un linguaggio che segnò una
generazione, di neologismi che dipingono un'epoca, un libro
che è anche una raccolta di aneddoti e cambiamenti di
costume, piccoli forse ai nostri occhi abituati alle pagine di
Welsh ma grandi per l'epoca. La scoperta della musica e del
sesso, la sperimentazione su se stessi a 360°, scoprirsi liberi di
poter fare e osare. Giusto per fare un po' di ordine per chi non
lo sapesse le groupies sono le accompagnatrici dei gruppi,
ragazze appassionate di musica e musicisti che pur di entrare
di diritto in un backstage di un concerto si ficcavano di
prepotenza sotto le lenzuola del musicista di turno. E nel
carnet di Jenny, appena diciannovenne all'epoca, troviamo
nomi di tutto rispetto (Syd Barrett dei Pink Floyd, Andy
Summers dei Police, Animals, Soft Machine e Jimi Hendrix
Experience). A metà strada tra un romanzo di musica e un
romanzo erotico, Groupies è anche un romanzo di
formazione, di iniziazione alla vita della sua protagonista.
Ecco allora che la scoperta dell'orgasmo o del sesso saffico
ha lo stesso valore, per chi legge, della scoperta dell'amore, il
tutto vissuto con un'innocenza, un coraggio e un entusiasmo
di cui ci sarebbe bisogno anche oggi. C'è infatti in tutte le
avventure narrate una predisposizione riassumibile nella
formula droga sesso e rock'n'roll che rende tutto
un'avventura bella da vivere e buttare giù in un sorso. E
proprio in un sorso, vabbhè forse due, va giù questo libro che
fa riemergere l'hippy che è in ognuno di noi e ci fa pensare a
quante volte rendiamo complicate cose che fanno rima
semplicemente con i desideri.
Osvaldo
€business in Iraq.
Dall'esportazione delle
democrazia ai subappalti
Usa
interventi di M. Dinucci e
V.Parlato
Manni 2004
Fresco di stampa giunge in redazione
l'ultimo nato in casa Manni,casa
editrice che è affermata come una
delle migliori realtà della piccola
editoria nazionale. I libri sono sempre
ben curati, con edizioni gradevoli e
comode. Questo €business in Iraq
indaga sulle guerre nel golfo e
soprattutto offre interessanti spunti e
motivi per essere sempre più incazzati
e sempre più pacifisti pur senza essere
talebani. Dopo un lungo articolo di
Manlio Dinucci il libro presenta saggi
apparsi su giornali e riviste nazionali e
internazionali. Gli articoli sono di Naomi
Klein, Elio Veltri e Paolo Sylos Labini,
Miguel Martinez e molti altri. Nei
capitoli 3, 4 e 5 il curatore Giancarlo
Greco ricostruisce attraverso atti,
documenti ufficiali e cifre gli interessi
che hanno scatenato la guerra e i
profitti dei paesi partecipanti. In
conclusione una lettera all'editore
Piero Manni di Valentino Parlato, una
delle anime pensanti del Manifesto. Un
volume utile che spiega passo passo
l'altra guerra, quella che non viene
raccontata dai giornali e dalle
televisioni “ufficiali” e che i politici
continuano a smentire, raccontando
che le guerre ormai sono fatte solo per
esportare la democrazia. Qui invece
c'è puzza di benzina.
Pierpaolo
Il tatic ruiz un vescovo tra gli
indios del chiapas
Manni Editori
Samuel Ruiz si presenza semplice e
umile è il Vescovo-simbolo di San
Cristòbal de las Casas (capitale del
Chiapas). Chiamato dal suo popolo
solo “don” (affettuosamente Tatic) è
uno dei precursori della Teologia della
Liberazione che ha scelto ormai da
anni di svolgere la propria missione
nelle comunità indigene più povere
del Chiapas tra gli esiliati, gli esclusi e i
rifugiati del sud del mondo. Qualificato
dalla destra come il "Vescovo Rosso",
lo si accusa di essere il vero capo
dell'Esercito Zapatista di Liberazione
Nazionale, ma durante i suoi 40 anni di
lavoro, don Samuel ha
“solo”costantemente promosso e
sostenuto i diritti umani, la tolleranza e il
pluralismo come base prioritaria del
dialogo ecumenico, non solo religioso
ma soprattutto culturale tra i popoli,
assumendo dal '94 anche un ruolo
fondamentale nella mediazione del
conflitto tra l'EZLN e il governo federale
del Messico. Sullo sfondo i movimenti
indigenisti, il neocolonialismo USA e i
processi di globalizzazione selvaggia.
Un libro che forse non aggiunge molto
alla “ricerca” ma certamente utile
come utile è qualsiasi forma di
controinformazione su quel mondo
“scomparso” che è il Chiapas.
Marta Vignola
I film che allieteranno le nostre prime giornate di sole a giugno sono pochi
ma buoni e attingono a piene mani da Cannes (vedi l'articolo) e da una
folta schiera di emergenti a volte giovani, a volte più in la con gli anni, che
senza molte pretese non disdegnano di proporre i loro lavori in estate. Dopo
il blockbuster Harry Potter e il prigioniero di Azkaban (nelle sale dal 4
giugno), si parte con Garage days, commedia musicale australiana che
racconta le vicende di una band di ragazzi e delle loro traversie per
diventare “famosi”, diretta da Alex Proyas, regista dell'indimenticato Il
Corvo. Completano il quadro l'ultimo film dei Coen, The ladykillers, Torque
un thriller del giovane Joseph Kahn ambientato nel mondo delle corse e
una piacevole conferma italiana, Alessandro Colizzi, con la sua seconda
opera, Fino a farti male, piena di classe e garbo.
57mo Festival de Cannes
2004
Si è chiusa da poco la kermesse
cinematografica più importante a livello
europeo e porta con se, come sempre,
uno strascico di vincitori, vinti, delusi, e
quant' altro. Sulla Croisette, sempre più
succursale di Hollywood, si è assistito ad
un festival all'insegna della qualità, come
raramente si era visto negli ultimi anni.
Madrina della manifestazione la nostra
Laura Morante sorretta da un presidente
della giuria d'eccezione come Quentin
Tarantino e dalla "first lady" Sofia
Coppola. Il festival si è aperto con l'ultimo
film di Pedro Almodovar, "Mala
education" e ha visto trionfare "Fahrenheit 9/11" di Michael Moore ("Bowling for
Columbine") sino all' ultimo testa a testa con "2046" di Wong Kar-Wai. Il regista
americano, che da tempo porta avanti una personale campagna anti-Bush,
racconta nel suo scomodo documentario degli errori di questa amministrazione
e del suo presidente, reo di aver voluto a tutti i costi, e per fini meramente
personali, l'entrata in guerra degli States. La giuria ha assegnato il premio per la
sezione "Un certain regard" al film senegalese "Moonlade" di Ousmane
Sembene, nel quale si racconta la ribellione di alcune donne alla pratica dell'
infibulazione. Premiati anche l' uruguaiano "Whisky" di J. Pablo Rebella e Pablo
Stoll per lo "sguardo originale" e l'afghano "Terra e cenere" di Atiq Rahimi per lo
"sguardo verso l' avvenire". Nella "Semaine de la critique", chiusa da "Sotto falso
nome" di Roberto Andò, premiato "Atash" (Israele-Palestina) di Tawfik Abu Wael.
A "Trafic" del rumeno Catalin Mitulescu, Palma d'oro per il miglior
cortometraggio, mentre il "Grand Prix" va ad "Old boy". Il premio speciale della
Giuria va pari merito a "Tropical malady" del thailandese Weerasethakul e a
Irma P. Hall in "Ladykillers (remake del celebre "La signora omicidi") dei fratelli
Coen. Miglior sceneggiatura ad Agnes Jaoui e Jean-Pierre Bacri per "Comme
une image", mentre la miglior regia va a Tony Gatlif per "Exils". Infine, migliore
attrice Maggie Cheung ("Clean"), miglior attore il sorprendente dodicenne
Yagira Yuya. Un ultimo omaggio è andato a Nanni Moretti, che alla "Quinzaine
des realisateurs" ha ricevuto la Carrozza d'oro (l'anno scorso andata a Clint
Eastwood), prestigioso premio assegnato dagli stessi registi a loro colleghi che si
sono distinti per impegno e qualità. I delusi della manifestazione sono senza
dubbio Emir Kusturica e Salles, autori di due film godibili, ma sottovalutati.
Potranno rifarsi l' anno prossimo, anche se si spera di vedere maggiormente
protagonista il cinema italiano, per ora tagliato fuori, nonostante sia in lento
miglioramento e faccia ben sperare per il futuro.
C. Michele Pierri
Troy
Wolfgang Petersen
Warner Bros.
Che gli americani avessero una strana propensione a
interpretare a modo loro tutto ciò che gli passa per le mani
non lo scopro certo io, ma signori miei questa volta siamo
davvero davanti a una farsa, manco a dirlo, dai risvolti epici.
In un periodo caratterizzato dal più becero revisionismo
storico, Wolfgang Petersen ("La storia fantastica”, "La
tempesta perfetta"), coadiuvato da David Benioff
(adattamento cinematografico de "La 25ma ora") rivolta il
mito e ne fa un circo di effetti speciali. Una guerra durata anni
viene risolta in pochi giorni, personaggi chiave vengono
ridotti a comparse (Enea...) o addirittura eliminati (gli dei, Ecuba...) e quel che ne
viene fuori è una soap opera mitologica dai risvolti tragicomici. Ma se dell'Iliade
resta poco o niente, neanche lo spettacolo risulta indimenticabile come ci si
sarebbe aspettato. Protagonista indiscusso è il bel Brad Pitt-Achille accerchiato
da un cast che può contare su diverse stelle di Hollywood e nel quale l' unica nota
positiva è rappresentata dall' inossidabile Peter O'Toole nelle vesti di Priamo. In un
crescendo di colpi di scena (per chi conosce come sono andati i fatti) il casino
scatenato dai fuggiaschi Paride ed Elena si risolve come sappiamo e si chiude con
la fuga di Enea che a quanto pare, Dio o chi per lui ce ne scampi, sarà il
protagonista di un sequel già in fase di progettazione. Sarà che a parlare è un
nostalgico o che davvero i tempi sono cambiati, ma c' è qualcosa che non va. In
fondo in cuor mio spero che questo film sia un pò come Omero. Probabilmente
non è mai esistito.
C. Michele Pierri
L'altra vita nel vortice dell'asilo politico:
le cortovisioni di San Cesario
La scelta non è stata semplice perché il livello
dei cortometraggi in concorso era molto
elevato. Alla fine la giuria del primo festival di
Cortometraggi e arti visive Cortovisione (San
Cesario di Lecce 26/28 maggio) presieduta da
Citto Maselli ha premiato L'altra vita del salentino Mattia Soranzo, nella sezione
Refractory Desease, e Asilo Politico del perugino Fabio Roberti nella sezione
Short Movie. Il premio Cortovisione, assegnato dalla direzione artistica della
Secara Production, è andato invece a Vortice di Marzio Mirabella e Massimo
Stella. Una menzione speciale della giuria, con la consegna di attestati di
partecipazione, è andata anche agli altri corti finalisti: All'immagine che ho di
te di Valerio Musilli, Lalla di Mirko Di Lorenzo, Muro di Aldo Saracino, Liturgia di
Andrea Ditadi, Camera di confine di Milo Busanelli, Italia vecchia di Michela
Carmazzi. Questa prima edizione del festival organizzato dal circolo Arci Zei ha
sorpreso tutti per la qualità dei corti in concorso e per il ricco programma che
prevedeva anche incontri, retrospettive, installazioni artistiche, mostre. Non a
caso gli organizzatori alla fine era tanto stanchi quanto soddisfatti: “La
manifestazione è andata bene e siamo molto contenti”, dice Gabrielle
Buscicchio, direttore artistico. “Per tre giorni le sale sono state piene e la gente
ha seguito con interesse non solo le proiezioni ma anche tutto ciò che avevamo
organizzato di contorno alla manifestazione: mostre di quadri, video
installazioni, performance. Speriamo di giungere alla seconda edizione di
Cortovisione cercando di perfezionare e di portare l'anno prossimo il festival a
livelli ancora più elevati”, conclude Buscicchio. “Al di là di tutto due sono le
cose fondamentali secondo me”, sottolinea Andrea Serra, del circolo arci Zei di
Lecce. “La prima è di aver mantenuto il carattere nazionale della
manifestazione con concorrenti provenienti da tutte le parti d'Italia. La
seconda è il livello elevato dei corti partecipanti. Il presidente Citto Maselli e
tutti i componenti della giuria si sono complimentanti con noi per la qualità dei
corti in concorso e per la selezione delle proiezioni fuori concorso. Lavori che
meriterebbero di stare in concorsi più importanti, lavori seri e
cinematograficamente interessanti”. Non resta che dare l'appuntamento alla
seconda edizione. Che Cortovisione abbia lunga vita.
I diari della motocicletta
Walter Salles
Entro in sala con la netta sensazione
che vedrò un film che non mi piacerà.
Infatti non mi è piaciuto. Però un merito
il film di Walter Salles, c'è l'ha, ed è
quello di non aver cercato di mitizzare
una figura difficile da rendere come
Ernesto Che Guevara. Si poteva
cadere nella trappola nostalgica,
invece lo si è evitato accuratamente. E
meno male. Perché così almeno il film è
godibile e si lascia guardare
tranquillamente. Lontano dall'intensità
con cui Salles ha girato, per ora il suo
film migliore, Central Do Brasil, questo
lungometraviaggio on the road ispirato
dai due libri autobiografici, uno del
Che Latinoamericana e l'altro del suo
amico Granado Un gitano sedentario,
è potenzialmente pieno e stracolmo di
“aspettative” che piano piano si
sciolgono lasciando un po' l'amaro in
bocca. Si doveva osare di più. Non vi
racconto la trama, basta che digitiate il titolo del film in qualsiasi motore di
ricerca su internet, è avrete in pochi minuti “pacchi interi” di sinossi. Ma vi
racconto quello che a me ha colpito di più. Innanzitutto un consiglio: non vi
alzate dalle poltrone del cinema durante i titoli di coda, le foto dei due
protagonisti, documenti veri del viaggio in America Latina, sono veramente
suggestive e meritano di essere “visionate”; poi innamoratevi (in senso
cinematografico!) di Gael Garcìa Bernal (l'attore) e andatevi a recuperare le
sue interpretazioni sia in Amores Perros di Alejandro Gonzales Inarritu, che in Y tu
mama tambien di Alfonso Cuaron, appassionanti (diventerà qualcuno…); poi
quest'estate se avete tra i 23 e i 30 anni e vi va ancora di pensare che la vita
vada vissuta appieno, noleggiate la vostra “poderosa”, portate su con voi dei
libri, un sacco a pelo e una tenda, e partite con il vostro migliore amico. Chissà
mai che qualcuno di voi, non diventi il nuovo Che post-moderno. Ihihihih.
Scusate queste digressioni, torniamo al film. Matrioske con puntatine nostrane:
Robert Redford è il produttore esecutivo; Gianni Minà supervisore creativo del
progetto, aveva dei diritti di proprietà su entrambi i diari li concede e collabora
per la sceneggiatura, e in più realizza un documentario In viaggio con Che
Guevara, presentato all'ultima Berlinale e al Sundance Festival; Ernesto
Granado (quello vero!) che oggi ha 81 anni ha visitato il set durante le riprese
del film svolgendo il ruolo di “consulente speciale” ( e chi meglio di lui); Ettore
Scola ha dato suggerimenti eccellenti a Welles.
Più interessante la pre e post realizzazione, che non il film stesso
probabilmente. Ma son sicura che qualcuno (solo qualcuno?) lo riterrà un
buon film, non un capolavoro, ma un film discreto con un mito per la prima
volta umanizzato, che oltre a salvare il mondo aveva anche tanta voglia di
fare l'amore e guardare il mare…
Paola Volante
L'Attacco dei Morti Viventi
La geniale trovata di Romero generò, dopo La notte dei morti
viventi e soprattutto dopo il posteriore Zombie, una nutritissima
filmografia emula di quelle atmosfere. Tracciare una storia del
cinema degli zombi in America è però cosa ardua e non
basterebbero dieci numeri di Coolclub perché appaia esaustiva,
tanto vasta è stata la produzione variando dal puro trash
homemade (“The incredibly strange creatures who stopped living
and became crazy mixed-up zombies” di Ray Dennis Steckler '64) al
ripetersi delle tipiche atmosfere claustrofobiche (la trilogia de “Il
ritorno dei morti viventi”, spesso venati di ironia, dove assistiamo per
la prima volta a zombie ipercinetici) e più raramente venati di
messaggi sociali (“I drink your blood”di David Durston reazionario
film anti hippies) che invece hanno caratterizzato la trilogia di
Romero. Stesso discorso vale per il Giappone terra in cui gli zombi
alimentano varie vicende a base di gore e demenzialità. L'Italia
vede invece uscire un pugno di film assai interessanti. Merito del
genio di Lucio Fulci il cui estro visionario ci regala capolavori, alcuni
di stampo romeriano (“Zombie 2”), alcuni barocchi ed eccessivi
(“Paura nella città dei morti viventi”), altri onirici e trasognati
(“L'aldilà”) Sul fronte trash è impossibile dimenticarsi di “Zombie
Horror” “capolavoro” di Andrea Bianchi estremamente splatter e
degno di essere riscoperto dagli amanti del cinema
splendidamente brutto mentre “Non si deve profanare il sonno dei
morti” di Jorge Grau, coproduzione spagnola, ricalca la struttura
de “La notte dei morti viventi” accennando una timida morale
ecologista, ma dimostrandosi comunque film solido e ben girato.
Personalissimo invece il discorso dello spagnolo Amando De Osorio,
creatore di tre film plumbei e opprimenti (“La cavalcata dei morti
senza occhi”, “Le tombe dei resuscitati ciechi” e “La nave
maledetta”), in cui i morti viventi sono dei templari mummificati e
dagli occhi cavi che pretendono giovani vittime per placare la loro
ira. E quante battaglie sono state combattute in Messico da El
Santo, el mascarado de plata, lottatore messicano realmente
esistito e protagonista di innumerevoli films, idolatrato dalle folle,
contro orde di zombi che minacciano l'incolumità della razza
umana. E per finire, francamente, non oso pensare a quali perle è
stato capace di regalarci l'incredibile cinema turco….
Gianpiero Chionna
Monster
Patty Jenkins
Lee batte le strade e si prostituisce per pochi
dollari con uomini che la maltrattano e la
umiliano. La vita è stata dura con lei. Violentata
da bambina, picchiata dal padre, arriva al punto
di volerla fare finita. Ma proprio quella sera, in un
bar, incontra Selby una ragazza lesbica insicura e
introversa che prima allontana, ma che pian
piano finisce per diventare sua amica. In poco
tempo se ne innamora e decide di fuggire via,
lontano e di portarla con se. Per farlo ha però
bisogno di soldi che pensa di guadagnare nell'
unico modo che conosce. Fra i tanti incontra però
un cliente misogino e psicopatico che la violenta
brutalmente. Innescherà in lei una follia omicida
che insanguinerà l'America con 7 cadaveri.
Basato sulla vera storia di Aileen Carol Wuornos,
condannata a morte nell' ottobre del 2002,
Monster è una storia di violenza e di abbandono,
di incomprensione e di indifferenza. Nonostante
queste premesse, il film non da mai l' idea di poter
decollare e la Jenkins, che pure si trova a suo agio
nel gestire il lato sentimentale della vicenda,
mostra tutti i suoi limiti di esordiente. Il racconto
viene così consegnato in mano alle due
protagoniste che non sembrano affatto
cavarsela male; da un lato la Theron ("L' avvocato
del diavolo") ingrassata di 13 kg. e pesantemente
imbruttita (sforzo che le è valso l' Oscar come
miglior attrice protagonista), dall' altro Christina
Ricci ("Anything else") talentuosa e totalmente
immedesimata nella parte. L' opera, che
soprattutto nella seconda parte risente di un
generale appiattimento, ricalca però alla
perfezione quelle che sono le caratteristiche del
nuovo cinema indipendente made in USA con un
linguaggio semplice ma duro e una fotografia e
delle musiche che rendono magnificamente il
volto dell' "altra America". Perché il "mostro", come
ci suggerisce la regista, non ha un solo nome e
molto spesso si annida nella società, o addirittura
nella famiglia. Un film che prende allo stomaco
per una storia che ci fa sentire tutti colpevoli. In un
modo o nell' altro.
C. .Michele Pierri
L'ALBA DEI MORTI VIVENTI
Zack Snyder
In un periodo in cui il ricicalggio delle
idee del passato sembra essere un
imperativo (Non aprite quella porta
ha già avuto il suo bel remake), non
stupisce il rifacimento di un classico
quale Zombie di Romero. Il rigirare
un film che tanto ha dato al cinema
horror e non, però, ci fa ovviamente
accostare al nuovo prodotto con una dose di doverosa diffidenza. Nell'era del
politically correct, era immaginabile che nulla o quasi sarebbe rimasto dell'impronta
politica che Romero aveva utilizzato per il suo film. E nessuna traccia c'è, infatti, delle
sottili metafore romeriane dell'uomo che cannibalizza se stesso, dell'individuo
ridotto ad ameba deambulante, del supermercato visto come icona consumistica
e qui invece mero luogo di rifugio, preso pari pari dal suo predecessore. Eppure il film
di Zack Snyder non fa strocere completamente il naso, perchè si tratta di un
prodotto dignitosissimo, non privo di qualche buona idea (il folgornate inizio
apocalittico, l'inquilino della casa di fronte che comunica con i nostri tarmite dei
cartelli), capace di creare discreti momenti di tensione e di condurre con mestiere
la vicenda. Un film di genere, scevro di ogni connotazione socio-politica; nè più, nè
meno. Certo non mancano cadute di tono (il burbero che si redime dando la vita
per i suoi compagni, l'evitabile parto del bambino zombi), ma nel complesso il gioco
regge bene, merito anche della scelta di rendere i morti viventi vigorosissimi e
assatanati, terrorizzanti perchè poco spazio lasciano alla vittima, e di una fotografia
livida che ben si accorda con lo scenario degradato dell'invasione; tanto da far
pensare che con un po' di originalità in più si sarebbe potuta imbastire un'ottima
storia inedita senza scomodare i mostri ( è il caso di dirlo!) sacri. Eppure guardando
l'ultima scena in cui il poliziotto si allontana con tanto di bandiera americana
svolazzante sullo sfondo mi fa venire un dubbio? E' davvero così privo di sgnificati
politici questo remake? Eh si perchè ripensando ai titoli di testa non si può non notare
un montaggio fatto ad arte che compara scene di invasione degli zombi, ad altre di
preghiera musulmana, o a lotte contro i no global tanto da assumere un retrogusto
vagamente reazionario. Hai capito Zack Snyder?
Gianpiero Chionna
Phone
Byeong-ki Ahn
Continua, nel mondo fatto di ologrammi cinematografici, la serie di film-sintomo
che traducono in fotogrammi le paure dell´uomo contemporaneo. Dopo
Independence Day e film simili che rispecchiavano la paura degli americani di
essere attaccati (e poi l´11 settembre è arrivato davvero), è uscito Phone, una
telefonata misteriosa arriva a un telefono cellulare. Il numero non può essere
visualizzato e coloro che rispondono cadranno in uno stato improvviso di terrore e
infine moriranno... Come "The Ring" (Una leggenda metropolitana
narra la storia di una videocassetta, contenenti immagini da
incubo, la cui visione porta alla morte in esattamente sette giorni.
La reporter Rachel Keller, scettica all'inizio, si ricrede quando viene
a sapere che quattro ragazzi sono morti esattamente una
settimana dopo la visione della misteriosa cassetta. Così rintraccia
la cassetta e la guarda: ha esattamente una settimana per riuscire
a salvarsi...), anche questo film parte dalle nostre realtà e realizza
nella trama le nostre paure.
Chi di noi non ha mai avuto paura del piccolo schermo? (O del
grande?). Chi di noi non ha mai avuto paura della potenziale
catarsi indotta dalla visione di un film, la paura che la visione di un
qualcosa ritenuto lontano dai nostri schemi mentali potesse
cambiare il nostro modo di vedere le cose? E così la paura di
modificare le nostre routines fa apparire come mostri i capolavori
del cinema che hanno logiche che non appartengono a mondi
razionali, come l´Esorcista. Dicevano prima che lo vedessi "Non
vederlo, quelli sono film che ti cambiano". Ecco lo spunto per "The
Ring", lo stesso a mio parere di "Phone": partire da oggetti semplici di
uso quotidiano come la Tv o il cellulare che hanno rivoluzionato il
nostro modo di vivere, e semplificato la nostra vita, e renderli partecipi e padri degli
incubi. E così la paura di non poter comandare la tecnologia, nasce in teoria dalla
mancata assimilazione dell´oggetto tecnologico nel nostro modello mentale di
"oggetto utile e nostro amico", l´oggetto che sconvolge le nostre abitudini, invece
che essere visto come semplificatore, viene considerato come nemico, perché fa
crollare tutte le certezze che fino a quel momento si avevano.
Phone traduce così il nostro stato d´animo agitato di quando ad esempio arriva sul
nostro display uno squillo anonimo... chi sarà mai? Così negli individui più sensibili il
quotidiano fa scattare la molla dell´istinto di autoconservazione, che genera la
paura di scomparire, di essere inghiottiti dalla tecnologia e di non contare più nulla
come individui pensanti e tanto meno capaci di fare qualcosa di intelligente e
senza errori. Ecco la motivazione di chi fa e di chi va a vedere questi film, che a mio
parere dopo il boom dei cellulari non avranno l´effetto terrifico che hanno adesso. I
cellulari diventano sempre più mostruosi, siamo arrivati a certi modelli in commercio
che contengono 32Mb di memoria e che tutto fanno oltre che telefonare: impianto
hi-fi, telecamera e macchina fotografica... e io che sono una femminuccia, che sto
a dire: mannaggia loro, mettono tutto in questi cellulari tranne che lo specchio x
vedere se i capelli stanno a posto!
Laura Lamarina
appuntamenti
18/20 giugno
Imola
Heineken Jammin Festival
Ogni Sabato
Zuma / Lecce
On The Rocks
Settima edizione e nomi sempre più strepitosi per
l'Heineken Jammin Festival. Tre giorni assolutamente da
non perdere per gli amanti della musica. Sul mega
palco dell'autodromo di Imola suoneranno Massive
Attack, FatboySlim, Pj Harvey, Pixies, Cure, Ben Harper,
Lenny Kravitz e tanti altri ospiti italiani e internazionali.
Partite dunque se potete e crogiolatevi al sole e alla
musica. Per info: www.heineken.it/hjf.
Aperitivo e musica. Dal 15 Maggio ogni
sabato allo Zuma Tob Lamare e Postman
Ultrachic accarezzeranno le vostre orecchie
con le loro selezioni musicali (Funky,
boogaloo, indie, '80s, bossa,
electrolounge…). A partire dalle 20:00
l'aperitivo più smart di Lecce vi
accompagnerà nel vostro sabato sera. Ogni
Sabato un ospite diverso.
19/21 giugno
Lecce
Salento Negroamaro / Festa Europea della Musica
È una ricorrenza ormai da qualche anno. 21 giugno, festa europea della musica, in
molte città e da quest'anno anche a Lecce. Per tre giorni, dal 19 al 21 giugno il
mondo decide di incontrarsi nel bel sud di un'appendice d'Italia, e di parlare il
linguaggio della musica e dell'arte di strada. Il mondo si, perché questa prima
edizione della festa europea della musica a Lecce vedrà la partecipazione di artisti
provenienti dai cinque continenti. Come un giro del mondo attraverso la musica,
alla scoperta di nuove sonorità, di strumenti fantasiosi, della storia di un paese
raccontata in note. Questa festa si prospetta come un'esplosione di energia nella
suggestiva cornice del centro storico leccese.
La città si risveglia e offre alla spontaneità dell'arte di strada un contesto a dir poco
perfetto. Ed è magia che si aggiunge a magia. La scelta di dedicare la festa all'arte
di strada è motivata dal fatto che essa è per lo più improvvisazione, un divenire
continuo davanti agli occhi dello spettatore, è interazione con una platea attenta e
coinvolta, è comunione e scambio di emozione. La musica ne è protagonista, la
musica che a volte accarezza come nelle struggenti esibizioni del tango, e che a
volte, invece, attraversa chi assiste alla sua esecuzione come nelle performance dei
musicisti sudamericani. La musica che è contagiosa gaiezza nelle scatenate
esibizioni dei gruppi inglesi, la musica di strada che è celebrazione dell'incontro fra
artista e spettatore. Questi e molti altri gruppi si esibiranno all'interno di un
contenitore eccezionale e prestigioso, e il tutto fa pensare a un appuntamento da
non perdere. Cos'altro aggiungere, allora, se non consigliarvi di cambiare idea e di
rimanere in città se per il weekend dal 19 al 21 giugno contavate di andar da
qualche altra parte: datemi retta, rimanete a Lecce.
Paola Fresa
26 giugno
San Donato
Salento Negroamaro / Villa Ada Sound
System
I Sud Sound System presentano la prima delle
Boom Blast Summer Nights che fino al 24 luglio
accompagneranno salentini e turisti. Cinque
notti al ritmo reggae con ospiti italiani e
internazionali presso gli impianti sportivi di San
Donato. Il primo appuntamento è con Villa Ada
Sound System di Roma. Ingresso gratuito
2 luglio
Live Contest
San Cesario
Sul Palco presso il campo sportivo di
San Cesario, quattro band
salentine, si alterneranno
Evagarde, Psycho Sun, Creme,
Superpartner. In chiusura il dj set
INSINTESI, tra drum 'n bass, trip hop,
jungle, ben noto al pubblico
salentino.
Ingresso 5€ - Start 22
19 giugno
The Yellow Party
Marina di Salve
La Meltin' Pot compie dieci anni con una notte di
musica eccezionale (qui non si spreca questo
aggettivo) in una delle più belle spiagge del Salento.
The Yellow Party si celebrerà su 2 km di sabbia bianca e
alberi selvatici a Lido Venere, Marina di Salve, con
varietà musicale difficile da rintracciare da queste
parti: dalla dance all'electro rock nazionale ed
internazionale. Dal tramonto all'alba con la possibilità
di nuotare e ballare. Due palchi dove si alterneranno
live set e dj set. Nello stage A dalle 20.30 il produttore
inglese Adrian Sherwood ospiterà nel suo live incursioni
indiane con tanto di tablas del multistrumentista e guru
del movimento asian Talvin Singh, per passare ad altre
mescolanze sud americane non lontane
dall'elettronica del combo Barxino. A mezzanotte sul
palco salirà il pugliese Nicola Conte e a seguire il dj,
produttore, remixer Joe Claussel e Alex Neri, dei Planet
Funk. Nello stage B da mezzanotte il suono funky, hip
hop e trip hop di Andy Smith, dj dei Portishead. A
chiudere la notte prima la superstar della jungle e della
drum'n'bass, Goldie, seguito da Agatha, il punto di
riferimento della club culture e della dance
italiana di qualità. Per informazioni 0833302365
[email protected];
www.lidovenere.com.
3 luglio
NoAIDSalento / Assalti frontali
Melpignano
Il Salento scende nuovamente in piazza contro l'Aids. La Lila di
Lecce, il Comune di Melpignano e Big Sur presentano la seconda
edizione di NoAIDSalento. Il 31 maggio del 2003 migliaia di persone
ballarono in piazza San Giorgio a Melpignano per testimoniare
contro la malattia e contro i pregiudizi. La campagna di
sensibilizzazione della Lila provinciale, guidata da Paola Maggiore
e Simona Cleopazzo, prosegue con una giornata che si chiuderà
con il concerto di Manigold e Assalti Frontali. Inoltre saranno allestiti
banchetti informativi, mostre, uno stand con degustazione di
prodotti africani per rilanciare l'attenzione su un continente che
pare ormai dimenticato. Sarà presentato infine “Musica per la lotta
contro l'Aids”, un cd (in vendita a 5 euro) che contiene otto brani di
Opa Cupa, Tax Free, RadioDervish e Nidi d'Arac.
Sabato 3 Luglio 2004
Jestrai rock festival
h21.30 Ingresso Gratuito
Campo Sportivo di Macaversa
Karnea + Tbh in concerto, Kantieri presenta JESTRAIROCK,
concerto dal vivo dei gruppi Karnea e Tbh, della famosa
etichetta Jestrai gruppi ospiti della serata saranno inoltre
Bruise Violet + Zener . E' un appuntamento della rassegna
PROPAGAZIONI, ideata da Kantieri e che ha portato dal
vivo nel Salento gruppi come Banda Bassotti e Giardini di
Mirò. Unica data nel Sud Italia per il Festival Jestrairock.
Tutte le info sull'evento alla pagina
www.kantieri.it/propagazioni/jestrai.asp (informazioni e gli
aggiornamenti sull'evento: programma, comunicati, info e
contatti, schede dei gruppi ospiti,, foto, download brani e
video, etc).L'evento è una produzione KANTIERI
INFO E CONTATTI KANTIERI Tel. 339 5873825Sito:
www.kantieri.it Email: [email protected]
appuntamenti
Giovedì 8 Luglio
Dillinger Escare Plane + Browbeat + Ciaff
Chalet dei Pini Provinciale Lecce Arnesano
Dopo il tour europeo coi System Of A Down, l'incredibile
disco con Mike Patton (Faith No More, Fantomas,
Tomahawk, Mr. Bungle...) uscito sulla mitica Epitaph
records e due album su Relapse records (all'attivo lavori di
Neurosis, Suffocation, Converge, Dying Fetus...) arrivano
nel Salento del New Jersey i Dillinger Escape Plan, autori di
un allucinante e ipertecnico incrocio tra metal estremo,
jazz-fusion e post-hardcore che può ricordare bands
come Cynic, Meshuggah, Converge, Paco de Lucia e Allan Holdsworth frullati
insieme! Assieme a loro, da Modena i BROWBEAT e il loro assalto metalcore che
gli ha valso un importante contratto con l'etichetta inglese Copro records
(EarthTone9 tra gli altri), da Napoli i CIAFF e il loro hardcore in stile Newyorkese,
featuring Enrico degli Undertakers alla voce, e un quarto gruppo ancora
segreto...
Il concerto è all'interno di un evento che partirà dalle 16 del pomeriggio, con
una Tattoo convention con i migliori tatuatori italiani e uno Skate contest a
premi. Ingresso 10 euro, per info: [email protected] - 328/6177083 340/0519032
Sabato 10 luglio 2004
The SKATALITES
40th anniversary tour !
Alberobello (Bari) - piazza Indipendenza
Gli Skatalites rappresentano la vera "foundation" di tutta la
musica giamaicana. Il nucleo di questa band tuttora attivissima
con tour mondiali e uscite discografiche, è composto dagli stessi
uomini che mezzo secolo fà si trovarono al centro di un
rinnovamento musicale che dalla Giamaica avrebbe conquistato
il mondo.
Il nuovo suono della gioventù giamaicana all'inizio degli anni '60 si
chiamò ska, e successivamente diventò rocksteady per poi
mutare ancora in reggae. I veri artefici di queste creazioni furono
una abbastanza ristretta cerchia di geniali musicisti, alcuni dei
quali cominciarono a chiamarsi Ska-talites nel 1964, guidati dal
grande produttore Coxone Dodd (recentemente scomparso) a
Studio One.
Il gruppo originale era dominato dal carisma del leggendario
trombonista Don Drummond, ma ognuno dei componenti era
dotato di una grande personalità musicale: parliamo di nomi
come Tommy McCook, Rolando Alphonso, Johnny Moore, Lester
Sterling, Lloyd Knibb, Lloyd Brevett e Jackie Mittoo, che hanno
lasciato un'eredità musicale immensa nel corso dei decenni.
Alcuni di loro oggi non ci sono più, ma hanno continuato a
suonare e creare fino all'ultimo dei loro giorni, ed il nome
Skatalites continua ad entusiasmare masse di giovanissimi fans in
tutto il mondo.
I musicisti originali ancora nella band attualmente sono Lloyd
Brevett (basso), Lloyd Knibb (batteria), Doreen Shaffer (voce) e
Lester Sterling (tromba). Completano l'ensemble per il "40th
anniversary Tour": Karl "Cannonball" Bryan (sax alto e tenore) Vin
Gordon (trombone), Kevin Batchelor (tromba) Devon James
(chitarra), Ken Stewart (tastiere)
Apriranno il concerto i salentini CUCUWAWA.
Inizio ore 21:00 - [email protected] - 0805533307
Ticket: 12 euro in prevendita - 15 euro al botteghino
L'ESTATE DEI FESTIVAL
date e contatti per sapere tutto o quasi tutto sui raduni in musica di
questa estate.
dal 12 giugno al 28 luglio, Roma, Centrale del Tennis
Info: 06 8073026
FIESTA, Roma dal 12 giugno al 29 Luglio, Ipp. Capannelle.
www.fiesta.it
FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL JAZZ, dal 12 al 15 agosto, Villa Celimontana
Roma / www.romajazz.com
VENETO JAZZ FESTIVAL, dal 15 giugno al 13 agosto(comuni del Veneto)
www.venetojazz.com
NEAPOLIS FESTIVAL, dal 16 giugno al 9 luglio Napoli
JAZZ'IN'IT VIGNOLA, (Mo) dal 18 al 20 giugno (Piazza Contrari)
info: 059 777706
ROMA INCONTRA IL MONDO, dal 20 giugno al 7 agosto (Roma) Villa Ada
www.villaada.org
FESTIVAL DELLE COLLINE, dal 23 giugno al 16 luglio (Prato e provincia)
info:05745317
JESTRAI ROCK, dal 24 al 27 giugno- Bergamo (città alta)
www.jestrai.com
SESTANTE SESTO D'ESTATE, dal 25 giugno all'1 settembre, Sesto fiorentino
(fi) www.sestoestate.com
SUMMER SOUND, dal 29 giugno al 9 luglio Bergamo
www.giovani.bg.it
WOMAD, dall'1 al 4 luglio Taormina (Me) Teatro greco
www.womad.org
FOLKEST 2004, dall'1 al 25 luglio Friuli Veneto Istria
www.folkest.com
SHERWOOD FESTIVAL,dall'1 al 31 luglio Padova (stadio euganeo)
I SUONI DELLE DOLOMITI, dall'1 luglio al 22 agosto varie località
ROTOTOMSUNSPLASH, dal 2 luglio al 10 luglio Osoppo (Ud) parco del
Rivellino www.rototomsunsplash.com
AREZZO WAVE,dal 6 al 11 luglio Arezzo
www.arezzowave.com
FREAKOUT ,7 e 8 luglio Napoli Arena flegrea
info 081 8822687
INDIPENDENT DAYS, 4 e 5 settembre Bologna Arena Parco Nord
Www.indipendente.com
FORUM ESTATE
Nuove ricette capitali
CoolClub.it
Anno 1 Numero 5
Iscritto al registro della stampa
del tribunale di Lecce il
15.01.2004 al n.844
Direttore responsabile
Dario Quarta
Collettivo redazionale
Osvaldo Piliego, Dario Goffredo,
Pierpaolo Lala
Collaboratori:
Valentina Cataldo, Gianpiero
Chionna, Cesare Liaci, Sergio
Chiari, Maurizia Calò, Marcello
Zappatore, Davide Castrignanò,
Amedeo Savino, Patrizio Longo,
Augusto Maiorano, Antonio
Iovane, Rossano Astremo, Rita
Miglietta, Marta Vignola, Daniele
Lala, Elisa De Portu, Daniele Rollo,
Marco Daretti, Marco Leone,
Fulvio Totaro, Stefano Toma,
Federico Vaglio, Michele Pierri,
Lorenzo Coppola, Paola Volante
Per le foto si ringrazia
Alice Pedroletti
Coop. Koreja (Raiz)
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Ricette golose
Un cioccolatino prima di cena non c'entra. Ma è buono e con i pistacchi. Lo mangio. Ne mangio un
altro tanto che fa? Sono buoni davvero vengono dalla Sicilia. Prendine, prendine anche tu, non fare
complimenti. E devono essere rimaste delle patatine. Come aperitivo prima di cena sono perfette. Le
classiche, ma dovrei avere anche le rustiche. Permettimi di consigliarti due patatine, in mezzo una
fettina di salame calabrese, il tutto tra due fette di pane di Matera, mi sembra perfetto. C'era del
formaggio buono, da dove veniva? Forse dall'Abruzzo, lo vuoi assaggiare? Un'altro pezzetto, stavolta
col pane. Nel frigo c'è anche del tonno. Prima di cena ho sempre un sacco di fame, tu no? Questo
tonno è buono davvero. Lo fa un pescatore di Leuca, lo regala ogni anno a mio padre. Mia madre
invece fa la marmellata d'arance che quasi quasi ne mettiamo un po' su 'sto pane buonissimo. Ma
forse adesso dovremmo pensare alla cena. Ci sono due polpette avanzate ma queste ce le
mangiamo adesso al volo. Che buono il sugo col pane. Non vuoi inzupparne un po'?
Per cena che ne dici se ci mangiamo un po' di mozzarella con l'insalata? Meglio tenersi leggeri la sera.
Ricette iraconde
Come? Non ti piace? Ma come ti permetti? L'ho preparato apposta per te! Ti rendi conto che mi sono
alzato stamattina presto per cucinare? Che sei stato tu che hai insistito che volevi venire a cena da
me? Che volevi assaggiare le cose che cucino io! E adesso te ne esci che non mangi il riso? Me lo
potevi pure dire che non mangi il riso, no? E come facevo a saperlo io? Ci conosciamo da tanto
tempo dici? Sì ma questa è la prima volta che vieni a cena da me! E guarda penso proprio che sia
anche l'ultima. Hai cominciato proprio male. Davvero guarda sto cercando di rimanere calmo, ma se
c'è una cosa che non sopporto, che mi fa proprio saltare i nervi è la maleducazione. Ma insomma non
ti hanno insegnato che quando vai a cena a casa di qualcuno devi rispettarlo? Che devi mangiare
tutto quello che ti offrono? Anzi sai che ti dico? Che mi hai fatto passare l'appetito. Io me ne vado. Tu
fai che vuoi, ma una cosa è certa: io a cena non ti invito più.
Ricette invidiose
Come l'hai presa tu la pizza? Prosciutto e funghi? Ma prosciutto crudo o cotto? Cotto, il mio preferito,
bravo. E i funghi sono quelli freschi, tagliati a fettine o quelli sott'olio? Quelli freschi? Mamma mia mi
fanno impazzire. Mannaggia, io ho preso questa margherita che non sa di niente. Uffa! No, no, figurati,
non ti preoccupare. Mangiala tu, non è il caso di fare a cambio. Ho preso questa e questa mangio.
Senti, e la tua com'è? Bella croccante o umida? Croccante? Proprio come piace a me. La mia invece
è tutta molliccia, umida, e poi c'ha un sacco di olio. La tua no? Davvero? Come sei fortunato, cavoli.
L'ho sempre detto io che sei nato con la camicia. Sei sempre stato migliore di me. Anche quando si
tratta di mangiare la pizza va meglio a te che a me. Ma è proprio ben cotta la tua vero? La mia è tutta
cruda, vedi a me piace quando i bordi sono un po' bruciacchiati, qui c'è tutta la farina che è rimasta
bianca. Mi fa senso. Davvero vuoi fare a cambio? Ma non è che lo dici solo per farmi piacere?
Davvero preferisci la mia? Va bene allora se è per te ci sto. Tieni ecco la mia. Grazie grazie davvero la
tua pizza è proprio squisita. Certo che a vederti come mangi con gusto quella margherita, fai proprio
invidia. Non è che me la faresti assaggiare no? Così per curiosità.
Ricette avare
Cento grammi di pasta per due bastano vero? Tu di solito ne mangi cento grammi da solo? Ma sei
pazzo? Guarda che la pasta fa malissimo. Se continui così nel giro di qualche anno diventi un bel
grassone. Credimi: cinquanta grammi di pasta sono più che sufficienti. Ti conviene darmi retta sai?
Con un filo d'olio ti piace la pasta? La preferivi col sugo? Mi dispiace ma proprio non ne ho, ti dovrai
accontentare di un po' d'olio. E poi scusa che male c'è a mangiare la pasta con l'olio? A me piace un
sacco. E l'olio è un alimento sano, completo e pregiatissimo. Ma lo sai quanto costa un litro d'olio? Che
ormai quando uno va a fare la spesa non sa più come fare per non finire sul lastrico appena si muove
fra gli scaffali del supermercato. Da quando hanno fatto la moneta unica che doveva portare chissà
quali vantaggi io so solo che non ci si può fare i conti in tasca c'è da impazzire. Con uno stipendio
dignitoso non ce la fai ad arrivare a fine mese. E questo qui viene e schifa la pasta con l'olio.
Scommetto che ci volevi pure il parmigiano, non è vero? E non ce l'ho il parmigiano. Ti rendi conto che
costa quanto l'oro il parmigiano? Roba da pazzi. Dai vedi che se la mangi ti piace. Scusami se mi sono
arrabbiato. Il fatto è che mi hanno insegnato a non sputare nel piatto in cui mangio. Ogni cosa che
mangio è un lusso per me. Così mi hanno insegnato. Lo vedi che ti piace la pasta fatta così? E poi è
pure leggera, non ti appesantisce. Se poi di olio ne metti poco, non è nemmeno troppo unta che se no
poi stanca troppo unta. Io sono proprio sazio, ma se vuoi ancora qualcosa ci dovrebbero essere delle
polpette avanzate da pranzo. Anzi sai che ti dico? Mangiamole, perché non vorrei che andassero a
male. Mi dispiace proprio buttare il cibo.
dario