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Giornale bimensile del Liceo Scientifico Galileo Galilei An alleged degree of personhood Articoli di particolare interesse: • Nel mondo dei vegani… pagina 2 • La Fine pagina 3 • Paura di vivere pagina 4 Si Ringraziano in modo particolare L’aborto costituisce indubbiamente una tematica sensibile e suscettibile di interpretazioni opinabili formulate da questa o quella guida morale in relazione all’organizzazione per conto della quale si sta esprimendo. Fondamentalmente, gli schieramenti – così definiti ragionevolmente – possono esser ricondotti a coloro che si scagliano contro l’interruzione volontaria di gravidanza e coloro che ne sostengono l’importanza. Innanzitutto indispensabile menzionare l’opinione cattolica poiché, nonostante si sia a più riprese dimostrata totalmente inadatta ad affrontare questioni morali, continua a influenzare le menti di passate e presenti generazioni, ostacolando qualsiasi tentativo di aperto e ragionevole dialogo. La pratica dell’aborto è stata, infatti, etichettata come “cultura dello scarto” da parte degli stessi rappresentanti ecclesiastici che, sull’onda di una immotivata tendenza inquisitrice, hanno bollato come eretico e infernale l’insieme delle attività che definiamo “Educazione sessuale” – tra cui ricordiamo l’impiego di ogni metodo contraccettivo. Sostanzialmente, è anticristiano qualsiasi comportamento o azione che ostacoli il processo di formazione della vita. Dunque, cari ragazzi, l’atto masturbativo vi garantirà un accesso riservato all’Inferno perché, oltre a ridurre le possibilità di insorgenza del cancro alla prostata, equivale a scartare o, ancor meglio, uccidere milioni di potenziali vite umane. Molti, invece, ritengono il concepimento come inizio della vita propriamente detta, giacché è l’assetto genetico del concepito a determinarne l’identità; tuttavia, è bene ricordare che il prodotto dell’incontro di gameti maschili e femminili non è un essere umano e l’accostamento di un “potenzialmente” non lo eleva allo stato di persona. Un embrione (l’ultimo stadio raggiungibile che rende lecito l’aborto farmacologico o strumentale) è privo di una individualità a cui è possibile legare qualsiasi valore morale. Allo stadio intaccato dall’aborto, un embrione non possiede sufficienti componenti neurali tali da generare una benché minima traccia cosciente - definibile come la soglia minima di partenza che ci rende umanamente vivi -. D’altro canto, parliamo della stessa minima e indispensabile attività cosciente che, una volta assente a livello cerebrale, ci consente di definire un individuo morto. L’embrione, a rigor di logica, potrebbe essere paragonato ad un uomo cerebralmente morto il cui corpo, come ben sappiamo, è semplice materiale organico. Ritenere un embrione più di quel che realmente è costituisce un retaggio della nostra radicata cultura religiosa, generatrice dello strategico concetto di anima; definire un embrione “un umano in potenza” è una corretta argomentazione, ma non sufficientemente valida da rendere l’aborto un atto moralmente illecito giacché, ad oggi, un cellula epiteliale ha più possibilità di generare un essere umano di un ovulo femminile. Eppure, nessun funerale viene celebrato quando ci grattiamo. Dunque, invece di credere giusto e morale il fatto che un ovulo fecondato possa decidere del destino fisiologico di una donna, dovremmo concentrarci sul diritto all’autodeterminazione di una gestante che, come spesso capita, potrebbe anche essere una bambina di nove anni violentata dal patrigno e incinta di due gemelli (che, per la cronaca, ha ricevuto una chiara scomunica da parte della Chiesa di Roma). Ad ogni modo, la pratica dell’aborto, considerata la sua natura invasiva e determinante, non è da sottostimare; l’interruzione volontaria di gravidanza dovrebbe semplicemente essere annoverata fra le opzioni, coscienziosamente intraprese, a disposizione di una donna che, per valide motivazioni, non ha la possibilità o la volontà di divenire madre. Francesco Monaca e Marta Pitino IL GABBIANO JONATHAN LIVINGSTON Grafica del Giornale curata da Antonio Pino Adeguati. E’ quello che spesso ci sentiamo dire e che a volte facciamo: adattarci alle circostanze. Il libro di cui scrivo oggi ha da darci qualche piccola lezione in merito a ciò, perchè il protagonista “Jonathan Livingston” tutto fece meno che “adeguarsi”. Jonathan era un gabbiano che non si limitava a “sbatacchiare le ali” per andare verso le zone ricche di cibo. No, lui volava più in alto. Puntava a scoprire ed oltrepassare i propri limiti, studiando tecniche nuove per fendere l’aria più veloce d’un falco o per risparmiare energie quando necessario. Sapeva guardare oltre. Non era ben visto dal resto dello stormo perchè troppo avanti, quindi troppo diverso e infatti venne esiliato. Nonostante il trattamento dei suoi compagni fosse stato tutt’altro che riconoscente, Jonathan tornerà alla spiaggia natia per un nuovo tentativo di condurre “fuori dalla caverna” altri gabbiani e stavolta verrà considerato al pari di un dio. Con questa storia Bach ci insegna a librarci sempre più in alto, ci suggerisce di mirare alla perfezione, adeguandoci solo a ciò che noi stessi siamo: una perfetta idea di libertà. Troppo spesso agiamo in funzione di contingenze esterne, che influenzano il nostro modo di essere, anzi non essere, fermandoci solo alla superficie del nostro io, senza curarci di andare più a fondo. Siamo ingabbiati in schemi che noi stessi ci siamo creati e ci comportiamo come se la vita che viviamo non fosse realmente la nostra, perchè per superare i limiti imposti dalla società ci vuole il coraggio di essere davvero autentici. Tuttavia questa passiva accetazione dell’ esistenza porta al più completo annullamento della nostra vera natura e giorno dopo giorno ci trasciniamo verso quel lento e perpetuo suicidio che va sotto il nome di vita. Non puntiamo alla perfezione e disconosciamo il reale valore della libertà, perchè troppo occupati a rammaricarci di ciò che non sappiamo, o non possiamo fare, quando sarebbe più opportuno rimboccarci le maniche e tentare l’apparente impossibile. Lo scrittore dà alla storia un lieto fine, epilogo non sempre adattabile a quella che è la nostra realtà in quanto siamo troppo distratti dalle grida dello “stormo”, troppo occupati a litigare per l’acciuga più grassa, per scoprirci in grado di volare alto. “Chissà perchè la cosa più difficile di questo mondo è convincere un gabbiano che egli è libero?” Gaia Borrometi La Civetta Pagina 2 Nel Mondo Dei Vegani… Solo un vero vegetariano è capace di vedere le sardine come cadaveri e la loro scatola come una bara di latta; un mangiatore di carne neanche se lo chiudono nel frigorifero di una macelleria avrà la sensazione di coabitare con dei cadaveri squartati” scrive così Guido Ceronetti, e oggi in Italia sono tra i 400 e i 700 mila ad essere vegetariani (6,5%) o vegani (0,6%). Tuttavia, quella di escludere qualsiasi prodotto di origine animale è una scelta che viene ancora trovata da molti insensata ed estrema. Cerchiamo allora di chiarire i dubbi più frequenti a tal proposito. Perché una scelta così drastica? Essenzialmente per tre motivi: salute, animali, ambiente. In primo luogo, il consumo di carne, di latte e derivati, aumenta il rischio di avere a che fare con arteriosclerosi, diabete mellito, obesità e ipertensione arteriosa; in secondo luogo, chi ci dà il potere di togliere la vita a un altro essere vivente? Saremmo felici se ci servissero a cena il nostro cane cotto al forno con contorno di patate arrosto? Certamente no, e allora chi stabilisce che un cane merita di vivere e una mucca no? Questo dunque è essenzialmente un problema di eticità e di coerenza, se ci diciamo “amanti degli animali”. Infine, il trasporto e la lavorazione della carne è responsabile di circa il 20% dell’inquinamento. Da quali alimenti vegetali possiamo ricavare ferro e proteine? Il ferro è presente in tutti i legumi, in particolar modo nelle lenticchie (100 g ne contengono 3 mg) nelle piante a foglia verde come gli spinaci, nella soia, nei semi di zucca, nella melassa, nel succo di prugne, nel cioccolato fondente, nella frutta secca come le mandorle e le noci. Inoltre, l’assorbimento del ferro può essere migliorato grazie all’assunzione combinata di alimenti contenenti la vitamina C. Le proteine possono essere ricavate da alcuni derivati della soia, come il tofu e il tempeh, dai semi di canapa e da quelli di chia, dalle mandorle, dalle albicocche e dall’alga spirulina (un’alga di acqua dolce considerata un alimento completo, in quanto oltre a contenere gli amminoacidi essenziali, contiene anche omega-6, ferro, magnesio, calcio, potassio, e le vitamine B, A, C, E,). Uno sfizioso piatto vegano. Riso Venere asparagi e tofu (Ingredienti per 6 persone): 300 g di riso venere 300 g di asparagi 50 g di mandorle 3 cucchiai di capperi 50 g di tofu vellutato olio extravergine di oliva q.b sale q.b Per prima cosa cuocete il riso venere in 3 volte il suo peso di acqua sino al completo assorbimento di quest’ultima. Al termine della cottura mantecate il riso con il tofu vellutato. Nel frattempo, dopo averli mondati eliminando la parte del gambo più dura, lessate gli asparagi in abbondante acqua salata, cercando di mantenerli in verticale nella pentola con le punte rivolte verso l’alto e fuori dall’acqua in modo che si cuociano con il vapore. Tagliate le mandorle a lamelle e fatele tostare leggermente con un filo d’olio in un tegame antiaderente, unite i capperi dopo averli sciacquati leggermente sotto l’acqua fredda ed unite anche gli asparagi che avrete tagliato a rondelle. Tenete da parte qualche punta di asparago per la decorazione del piatto. Fate insaporire per alcuni minuti. Aggiungete al condimento il riso venere mantecato con il tofu cremoso e mescolate in modo da amalgamare tutti gli ingredienti. Elena Fede La filosofia e la foresta amazzonica “Se un albero cade in una foresta senza che ci siano spettatori alla scena, l’albero produce un rumore cadendo?” si chiedeva il filosofo irlandese George Berkeley, giungendo alla conclusione che esiste solo ciò che può essere percepito. Fedeli alla teoria di Berkeley, trecento anni dopo la sua formulazione, molti di noi continuano a vivere nell’isolamento del proprio campo visivo e totalmente ignari della realtà oltre i limiti dello sguardo. Così per esempio, complice il vuoto lasciato dall’informazione tradizionale, non ci siamo accorti di nulla mentre più di un quinto della foresta amazzonica andava perduto per sempre –a causa dell’intervento umano. Eppure c’è una lunga serie di ragioni per cui dovremmo riconoscerne il valore di ecosistema più prezioso sulla Terra: 1. Produce più del venti percento dell’ossigeno presente nell’atmosfera, assorbendo CO2 e rilasciando O2. Per questo la distruzione della vegetazione non solo rilascia anidride carbonica, ma riduce anche la capacità di rigenerazione dell’aria. 2. Ospita almeno la metà di tutte le specie viventi esistenti, ovvero cinque milioni tra piante, animali ed insetti. Inoltre alcune di queste hanno un’importanza particolare: ad esempio nella foresta amazzonica brasiliana -della quale rimane inviolato oggi meno del cinque percento- il 70% delle piante e 20% dei primati sono endemici, ovvero introvabili in qualsiasi altra zona del pianeta. In altre parole, la sua importanza in termini di biodiversità non ha eguali e dovrebbe perciò essere protetta ad ogni costo. 3. Circa cinquanta diversi gruppi di indigeni abitano ancora la foresta, preservando il loro stile di vita incontaminato dal contatto con il mondo moderno. E ciascuna di queste tribù custodisce l’eredità della propria tradizione, fatta oltre che di linguaggi, riti e credenze anche degli innumerevoli medicamenti basati sulle specie vegetali reperibili unicamente nella foresta. 4. Nel caso questo non fosse abbastanza convincente, potrebbe essere utile menzionare i dati di un’ultima statistica: un quarto dei farmaci prescritti e più del settanta percento dei medicinali usati dai pazienti sottoposti a cure per il cancro sono composti da elementi originari di questo stesso ambiente. Perciò per quanto lontani siate da quegli alberi che ogni minuto vengono abbattuti, diffidate da Berkeley. Aguzzate l’udito e se ancora non sentite il tonfo allora inforcate un binocolo. Ma non ignorate quale inimmaginabile ricchezza sia su questo pianeta con noi –con tutte le responsabilità che ne derivano. Vittoria Baglieri Pagina 3 La Civetta La Fine Ma cos'è davvero la fine? Il nulla più assoluto? Il non esistere più? Non poter amare, piangere, provare emozioni? C'è chi prova a dare una spiegazione ad essa. Perché viviamo se poi si deve morire? Una visione nichilista dell'esistenza dell'uomo per alcuni. Per altri la fine del mondo non è altro che la perdita di qualcosa di caro, inestimabile: la fine di una relazione, di una vita, di un'era, di una fase della propria vita. Dal titolo dell'articolo alcuni probabilmente avranno dedotto quale sarà la prima canzone ovvero The end dei The doors. La canzone, rock progressive-psichedelico, fu composta a spezzoni da Morrison durante vari live, aggiungendo verso a verso, strofa a strofa, ritoccata svariate volte prima di essere registrata e inserita nel primo album della band, l'omonimo The Doors. Il testo, forse originariamente dedicato ad una donna, è influenzato dagli studi compiuti da Morrison e dalla sua visione pessimista e decadentista del mondo. Esempio più nitido la celebre parte parlata in cui il complesso di Edipo (al tempo concetto molto trattato e ripreso precedentemente da Nietzsche che vi aveva dato molta importanza) è punto forte della canzone e ci aiuta a capire anche il contrasto con il padre, militare impegnato in Corea e Vietnam durante le guerre che impegnarono gli USA e di cui la musica dei Doors (anche la stessa The end in cui si fa riferimento ai "blue bus" usati per i trasporti delle truppe) fu al centro del movimento pacifista. Altro pezzo, altro sottogenere del rock (alternative in questo caso), altro "tipo" di fine. I know it's over dei The Smiths. Scritto da Jim Morrissey, il testo è considerato il più poetico del gruppo, che spesso utilizzò testi di questo calibro al punto che oserei definirli autori di una poesia decadente, gira attorno alla storia d'amore (ovviamente finita male) del protagonista che perde via via tutte le sue certezze e qualità ("If you're so funny" "And if you're so clever" - "If you're so very entertaining"-"If you're so very good-looking") si ritrova solo in questa notte ("Then why are you on your own tonight?") in cui rimane solo con i suoi trofei e il suo fascino ("With your triumphs and your charms"). Alla fine il protagonista ormai esasperato da un amore impossibile e non naturale si rivolge alla madre mentre sente il terreno crollargli addosso e non riesci più ad aggrapparsi a qualcosa o a qualcuno. Da sottolineare l'utilizzo dell'harmonium e della batteria che accompagnano il crescendo generale del testo e della voce. Infine "Canzone dalla fine del mondo" del celebre gruppo folk Modena City Ramblers. Attraverso il testo ci trasmettono immagini e sensazioni dal quel meraviglioso paese che è l'Irlanda. Paese che adesso è lontano dal protagonista, che può solo sognarlo mentre aspetta di poter tornare. Nell'attesa del ritorno, che sembra interminabile, resta comunque la speranza di poter rivivere le stesse emozioni di prima. This is the end Beautiful friend This is the end My only friend, the end. Andrea Guarrasi Carlo, Winnie dei Pooh e la morte di alcune corde vocali Argomento leggermente scontato del 50%: Sanremo. Non credete sia facile fare satira su un pezzo così importante della storia italiana, inoltre la musica è una cosa piuttosto soggettiva, dunque criticare le canzoni sarebbe un po’ presuntuoso. Idolatrare il Festival Della Musica Italiana è un obbligo morale! Non si tocca! Infatti quest’anno per la seconda volta abbiamo dovuto aumentare la luminosità sui teleschermi per distinguere il volto del simpaticissimo Carletto Conti, che anche in inverno con -40° riesce comunque ad essere abbronzato. Per carità, Sanremo è una cosa seria, serissima, dove l’eleganza regna sovrana, infatti il valletto di Carlino (mi riferisco sempre a Carlo Conti, non ad un cane) è nientemeno che l’attorone sex symbol tutto mascella e battute che riuscirebbero a raggelare l’Inferno Mr. Gabriel Garko, che ha recitato nelle migliori serie tv italiane e oserei dire mondiali: “L’Onore e il Rispetto “, “il Peccato e la Vergogna”. Chi ha visto anche solo 10 secondi di una puntata, anche per sbaglio nel fare zapping, sa con quale mirabolante maestria e credibilità egli interpreti i personaggi affidatigli. Ma passiamo agli illustri artisti sul palco: gli Zero Assoluto (di nome e di fatto?). Sono riusciti a rovinare la sigla di un cartone animato (Goldrake) che i nostri genitori guardavano da piccoli, rovinandogli l’infanzia: ho personalmente assistito alla scena di mia madre che ascoltava sconvolta. Poi il gruppo di Morgan, i B…qualcosa, ah si i Benagol! Ah no quello è il medicinale che doveva prendere Morgan prima di cantare, scusate, i Bluvertigo! La cosa più bella però è stata sicuramente la reunion dei Pooh, Riccardo Fogli, Winnie The e tutti gli altri che hanno cantato molte loro famose canzoni stonandole di ignoranza, come solo Roby Facchinetti, in questi ultimi anni, sa fare. D’altronde, ricordiamoci chi è suo figlio. Ci consoliamo con il terzo posto di Giovanni Caccamo e Deborah Iurato che almeno hanno portato un po’ di Modica sotto gli occhi dell’Italia. Un pensiero va a Franco Ruta, proprietario della dolceria Bonajuto, scomparso poche ore fa, il quale ha migliorato con i suoi dolci la nostra vita modicana, e sono certo che rimarrà per sempre nei nostri cuori ogni volta che assaggeremo un pezzo di quella sua straordinaria cioccolata. Grazie Franco! Ludovico Poidomani La Civetta Pagina 4 Paura di vivere Che cosa stamattina ti ha fatto svegliare stressato e incazzato? Cosa ti ha portato ad aprire gli occhi e dopo pochi secondi ti ha condotto nel vortice irrefrenabile di un quotidiano stress? E ieri? E tre giorni fa? Via, si parte alla volta di una monotona giornata: oggi, ieri, domani. Quanta infelicità? "Dario ma che succede? Hai cominciato a trastullarti in una leopardiana giostra ahah?" Beh, forse è vero, io non lo credo, tu? Avete mai pensato di essere voi stessi gli artefici della vostra infelicità? Tutti abbiamo provato almeno una volta l'incontenibile gioia di qualche secondo, minuto, ora di orgasmica felicità; sei davvero sicuro di volerla rivivere? La felicità ci fa paura amico, infatti quando questa passa precipitiamo rovinosamente come colombe abbattute dal cacciatore, la realtà. Così ci sottomettiamo ad una vita mediocre: senza troppi rischi, senza tante voglie, senza follie, senza curiosità e senza forti emozioni, alle quali prende il posto un costante "che sarà mai"; ristrutturiamo le nostre montagne russe, per trasformarle in autostrade. Oh beh, quelle le costruiamo davvero bene, faremmo invidia ai giapponesi, capaci di costruirne centinaia di chilometri in pochi giorni. Ma non solo siamo bravi nel costruirle, la vera maestria sta nel criticarle: denunciamo con furore una vita piatta, uguale, noi costruttori dell'autostrada non la abbattiamo, fingiamo solo di disprezzarla stuzzicandola con parole vuote. Ci siamo armati fino ai denti contro l'imprevedibilità della vita: intanto i giorni si assomigliano tutti; non accetteresti mai un passaggio da uno sconosciuto, dico bene? Intanto la vita ha smesso di bussare alla tua porta. Eppure sappiamo che da questi incontri imprevedibili, dal passaggio di uno sconosciuto, la nostra vita potrebbe cambiare: dal giorno alla notte. Ma tu non lo fai, hai paura, una sconcertante paura di soffrire. Hai preferito rinchiudere te stesso nella tua personalissima Guantanamo piuttosto che rischiare di vivere, non di morire: di vivere. "Ma cosa dovremmo fare allora? Rischiare una vita per qualche minuto di gloria?" Io credo di si, in fondo lo credi anche tu, lo sai perché te lo dicono i tuoi sospiri, le tue insofferenti serate con gli amici, la tua luna nera costante. La mediocrità è un tuo diritto, ma il tentare di vivere una emozionante vita un tuo dovere. Dario Lauretta << Potrebbe interessarti 1- Statisticamente, il troppo studio può essere causa di depressione e quindi di voti bassi; 2- Il nome più comune per una strada negli US è "2nd St." . Il secondo nome più comune è "Main St." . 3- Il programmatore Svedese Ludvig Strigeus, il principale sviluppatore di Spotify, è anche il programmatore che creò BitTorrentClient e µTorrent. 4- Nel Maggio 2007, una donna (Edith Rodriguez) svenne e rimase sul pavimento del pronto soccorso del Martin Luther King JR – Harbor Hospital di Los Angeles, CA, per 45 minuti, senza ricevere alcuna assistenza. Quando vomitò sangue, un inserviente pulì il pavimento attorno a lei mentre il suo ragazzo chiamava il 911 per ricevere assistenza in qualche altro ospedale, venendo rifiutata. La donna, che non ricevette alcuna assistenza, fu anche arrestata dalla polizia per aver causato scompiglio in ospedale dopo che l'infermiera chiamò la polizia. La donna morì su una barella poco dopo per una perforazione gastrointestinale e il poliziotto che la arrestò fu assolto in quanto ha dichiarato di averla arrestata perchè pensava in carcere avrebbe ricevuto l'assistenza medica negata in ospedale. Leandro Cannizzaro>> Recensione film – A Beautiful Mind Locandina A Beautiful Mind Avete mai pensato di essere impazziti a causa dello studio? Bene: non siete i soli! E il protagonista di questo film ne è un esempio. Suvvia, a parte gli scherzi... Il film di cui vogliamo parlarvi oggi riguarda uno tra i matematici più brillanti e originali del Novecento, John Nash, Premio Nobel per l’economia nel 1994. Nel 2001, Ron Howard ebbe la brillante idea di dirigere un film, “A Beautiful Mind”, ispirandosi alla vita di questo grande uomo. Nell’autunno del 1948, il giovane John Nash inizia a frequentare l’università di Princeton e si ritrova a condividere la stanza con Charles Herman, che diventerà il suo unico amico. John è alla ricerca di una teoria innovativa che gli permetta di conseguire il dottorato in matematica. Nel 1949, durante gli studi, stabilì i principi matematici della teoria dei giochi. Durante la guerra fredda, viene contattato dal “Pentagono”, che vorrebbe il suo aiuto per decodificare i messaggi inviati dai Russi. John accetta, riferendo mensilmente i risultati delle sue scoperte, attraverso delle lettere. Contemporaneamente inizia ad insegnare, e conosce Alicia, una giovane studentessa che diventerà sua moglie. La sua vita continua, funestata dalla costante presenza di William Parcher, membro del Dipartimento della Difesa, che gli affida una missione top secret. Nel frattempo John incontra Charles, che gli presenta la sua nipotina. Dopo diversi incontri, Nash si rende conto che qualcosa non va in quella bambina: sembrava non crescere mai. Ma basta spoiler: volete conoscere la vera storia di John Nash? Correte a guardarlo! Lucrezia Di Maria, Alessia Modica, Chiara Scribano Pagina 5 La Civetta Cosa c’è nella tua etichetta? E’ importante documentarsi sui prodotti che compriamo, perché con nostra sorpresa potremmo scoprire molte cose poco piacevoli. Si tende a pensare che la schiavitù sia una serie di pratiche usate secoli fa e non più attuate, ma invece continua ancora oggi. Sembra scandaloso usare nel 2016 questo termine, ma le condizioni in cui purtroppo vivono tante persone non sono diverse da quelle degli schiavi di secoli fa. Costrette a lavorare senza sosta, in condizioni disumane, a subire abusi, sono considerate poco più di oggetti. Nonostante la schiavitù sia vietata in tutti i paesi dove viene praticata e vada contro la Dichiarazione dei Diritti Umani, si conta che circa 35 milioni di persone in tutto il mondo vivono ancora come schiavi. Frequentemente le vittime sono bambini che, utilizzati come merce di scambio, privati dei diritti e di una vita normale, vengono impiegati per lavorare a tempo pieno. I paesi che ricorrono a queste pratiche sono principalmente Congo, India e Cina. Nel primo Paese vengono utilizzati prevalentemente per estrarre minerali dal sottosuolo, mentre gran parte dei prodotti, ottenuti sfruttando i minori e usati quotidianamente, provengono dagli altri due. “Per confezionare un paio di Timberland, vendute in Europa a 150 euro, nella città di Zhongshan un ragazzo di 14 anni guadagna 45 centesimi di euro. Lavora 16 ore al giorno, dorme in fabbrica, non ha ferie né assicurazione malattia, rischia l'intossicazione e vive sotto l'oppressione di padroni-aguzzini. Per fabbricare un paio di scarpe da jogging Puma una cinese riceve 90 centesimi di euro: il prezzo in Europa è 178 euro per il modello con il logo della Ferrari”.(cifr.liceoberchet.gov.it) Cosa possiamo fare allora nell’immediato per evitare di sostenere, sebbene inconsapevolmente, la pratica della schiavitù? Potremmo, per esempio, fare attenzione, quando compriamo un prodotto, non solo al modello, al prezzo, alla marca … ma anche alle norme di produzione che sono state applicate. Solo se ognuno di noi prende realmente coscienza dell’esistenza di situazioni simili e assume, di conseguenza, comportamenti responsabili, sarà possibile costringere le Multinazionali e i Paesi che attuano lo sfruttamento a rivedere la loro politica economica. Emanuele Messina