universita` degli studi di pavia

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LA VALUTAZIONE DELL’EFFICACIA
DEL TRATTAMENTO CON BACLOFEN INTRATECALE
NEI BAMBINI AFFETTI DA PARALISI CEREBRALE
Relatore:
Dott. Francesco Motta
Tesi di Diploma di:
Cristina Mancini
Anno Accademico 2001-2002
INDICE
INTRODUZIONE .............................................................................................................................................1
LA PARALISI CEREBRALE INFANTILE ................................................................................. 2
Classificazione.................................................................................................................. 3
Epidemiologia................................................................................................................... 3
Eziopatogenesi.................................................................................................................. 4
Diagnosi............................................................................................................................ 5
Descrizione del Quadro Clinico........................................................................................ 5
Emiplegia ......................................................................................................................... 6
Diplegia............................................................................................................................. 7
Tetraplegia ....................................................................................................................... 8
Il Trattamento della Spasticità Nella Pci ........................................................................ 10
Il Rinforzo Muscolare..................................................................................................... 11
Il Trattamento della Paralisi Cerebrale Infantile ............................................................ 12
IL BACLOFEN ................................................................................................................... 13
Farmacologia e Azione del Baclofen.............................................................................. 13
Indicazioni e Selezione dei Pazienti ............................................................................... 16
Tecnica dell’impianto
................................................................................. 18Il Baclofen nei Bambini Distonici 19
Il Baclofen Intratecale e la Chirurgia Ortopedica........................................................... 21
LE VALUTAZIONI FUNZIONALI......................................................................................... 22
Gross Motor Function Measure (Gmfm) ....................................................................... 24
Weefim System .............................................................................................................. 25
La Valutazione Soggettiva.............................................................................................. 26
La Qualità della Vita ...................................................................................................... 26
La Gait Analysis ............................................................................................................. 27
CASISTICA ....................................................................................................................... 28
RISULTATI ..................................................................................................................................................29
Risultati della Valutazione Clinica ................................................................................. 30
Weefim e Valutazione Soggettiva .................................................................................. 31
Effetto del Baclofen sulla Deambulazione ..................................................................... 32
CASI CLINICI.................................................................................................................... 33
C.K.J., 15 anni, Diplegia Spastica .................................................................................. 33
N.D., 5 anni, Tetraplegia Spastica .................................................................................. 34
F.V.E., 6 anni, Tetraplegia Spastica ............................................................................... 35
Discussione e Conclusioni.........................................................................................................................36
Bibliografia ................................................................................................................................................38
INTRODUZIONE
La Paralisi Cerebrale Infantile è una patologia che determina difficoltà a diversi livelli. La lesione,
impairment, causa la perdita irreversibile di una struttura o di una funzione cerebrale; tale perdita
comporta la disabilità, disability, cioè l’incapacità parziale o totale a svolgere determinate funzioni;
infine, la disabilità si può ripercuotere sull’esistenza del bambino in quanto può determinare delle
difficoltà, handicap, nell’area della socialità.
L’intervento terapeutico-riabilitativo sulla Paralisi Cerebrale Infantile è possibile solo a livello di
disability ed handicap, poiché sono gli unici a poter evolvere, al contrario della lesione cerebrale che è
irreversibile.
Accanto alla Neuropsichiatria Infantile, che con la presa in carico del bambino con Paralisi Cerebrale
Infantile si occupa principalmente della stesura di un progetto riabilitativo che punta alla riorganizzazione
delle funzioni in relazione alla lesione, è emerso che in questi ultimi anni la possibilità di trattamento
farmacologico per i bambini affetti da Paralisi Cerebrale Infantile sono aumentate, specialmente per
quanto riguarda la spasticità. Un nuovo tipo d’intervento, che diventa sempre più frequente in età
evolutiva, è l’impianto di pompa al Baclofen (ITB), che rende possibile la riduzione in maniera globale
della spasticità.
La scelta del trattamento con baclofen intratecale, della terapia con tossina botulinica o della chirurgia
ortopedica, dipende dalla valutazione delle necessità e delle problematiche che ogni bambino presenta.
Tuttavia c’è un obiettivo comune ai diversi trattamenti per la Paralisi Cerebrale Infantile, che è anche
l’obiettivo principale dell’United Cerebral Palsy Association, e che si rifà al concetto di salute
dell’Organizzazione Mondiale della Sanità del 1948:
“Influenzare positivamente la Qualità della Vita dei bambini affetti da Paralisi Cerebrale Infantile”
Per raggiungere tale obiettivo si sta cercando di quantificare, tramite la stesura di scale di valutazione
funzionali e motorie, la relazione esistente fra la disabilità e il suo impatto sulla vita del bambino, sulla
sua capacità di autonomia, in quanto i soli parametri clinici (escursione articolare, spasticità, distonie, …)
non informano in modo preciso e significativo sull’effettivo miglioramento della qualità della vita del
bambino in seguito al trattamento.
Durante il periodo di tirocinio presso il reparto di Ortopedia Pediatrica dell’Ospedale dei Bambini “V.
Buzzi” mi sono occupata della valutazione dei bambini ed adolescenti con in programma un impianto di
pompa al baclofen. Gli strumenti attualmente utilizzati per la valutazione sono:
Gross Motor Function Measure
WeeFIM System
Valutazione Soggettiva
Gait Analisys
Il gruppo di pazienti che ho valutato è eterogeneo per molti aspetti, quali: quadro clinico, età, evoluzione,
storia riabilitativa, obiettivi del trattamento. Sono emersi due gruppi principali:
1. Pazienti affetti da grave tetraplegia spastica o distonica, con compromissione di quasi tutte le funzioni
motorie: all’interno di questo gruppo è da distinguere un gruppo di pazienti che utilizzano discretamente
gli arti superiori per svolgere alcune attività.
2. Pazienti con grave diplegia che camminano con l’utilizzo di ausili.
Per tale motivo non è stato sempre facile sottoporre tutti i pazienti ad una valutazione motoria complessa
come la GMFM, soprattutto nei casi molto gravi; in altri casi invece la valutazione dell’autonomia
personale (WeeFIM) si è rivelata poco sensibile per il fatto che molte volte il trattamento della spasticità
con baclofen intratecale non migliora significativamente la situazione dal punto di vista dell’autonomia,
ma dal punto di vista della fatica e della facilità con le quali vengono affrontate le normali attività della
vita quotidiana. Al contrario, si è rivelata molto utile la Valutazione Soggettiva, che documentando il
giudizio personale del bambino o della famiglia, mette in evidenza importanti cambiamenti che hanno
influenzato positivamente il modo di vivere dei bambini e delle loro famiglie.
In questo lavoro di tesi ho cercato di descrivere la mia breve esperienza nel campo delle valutazioni,
riportando i dati emersi dalla mia collaborazione col Reparto dove ho svolto il tirocinio. In particolare, ho
avuto la possibilità di seguire in maniera più accurata quattro bambini, che rappresentano l’intera
popolazione dei pazienti che hanno effettuato l’impianto di pompa al baclofen.
La conclusione che è scaturita da questo lavoro è che le scale di valutazione funzionale devono
considerare l’individuo, il gruppo clinico, il livello di gravità della patologia e gli obiettivi da raggiungere
all’interno del progetto riabilitativo, affinché possano essere uno strumento valido e attendibile per
facilitare la scelta del trattamento più efficace.
LA PARALISI CEREBRALE INFANTILE
La prima definizione di Paralisi Cerebrale Infantile si trova nei lavori di John Little, che nel 1861 ne diede
la prima descrizione e parlò di “deformità collegate a difficoltà durante il parto, asfissie o storie di
prematurità”.
Per avere una definizione soddisfacente bisogna arrivare ad Ingram, che nel 1955 descrive così questa
patologia:
“Gruppo di disordini non evolutivi che intervengono nel bambino piccolo in cui un danno cerebrale
causa un deficit della funzione motoria. Il danno della funzione motoria può esprimersi come paresi,
come movimento involontario o in coordinazione, ma disturbi motori che sono transitori o che sono il
risultato di malattie cerebrali progressive o attribuibili ad anomalie del midollo spinale sono esclusi”.
Di fronte a questa definizione, peraltro ancora dibattuta in letteratura, si può capire che ci troviamo di
fronte ad un quadro molto complesso, che può esprimersi con caratteristiche molto diverse da un bambino
all’altro. Il fatto che il disordine non sia evolutivo non significa inoltre che è immutabile: il disturbo della
funzione motoria è l’espressione dell’esito della lesione cerebrale; la lesione non peggiora ma il quadro
clinico si modifica con la crescita.
Dal punto di vista riabilitativo la Paralisi Cerebrale Infantile è definita come una turba persistente, ma non
immutabile, del movimento e della postura, dovuta ad un’alterazione delle funzioni cerebrali per cause
pre-, peri- o postnatali, o prima che si completi lo sviluppo del bambino.
CLASSIFICAZIONE
Secondo la classificazione internazionale (Hagberg, 1975) vengono considerate:
SINDROMI SPASTICHE
(piramidali)
SINDROMI ATASSICHE
(cerebellari)
SINDROMI DISCINETICHE
(extrapiramidali)
emiplegia
diplegia
tetraplegia
atassia semplice
diplegia atassica
coreoatetosiche
distoniche
Michaelis, nel 1982, ha formulato una nuova classificazione, più dettagliata. Egli mantiene le tre
sindromi ma individua all’interno delle sindromi spastiche la sindrome tetraplegica1:
1. Dominante agli arti inferiori
2. Dominante ai tre arti
3. Dominante ad un emicorpo
4. Dominante ai quattro arti
5. Tetraparesi crociata
Il limite di queste classificazioni è la mancanza di un’ottica prognostica, e sono quindi utili agli
epidemiologi ma non ai riabilitatori. A tal proposito Ferrari nel 1993 ha proposto una classificazione
funzionale, che considera la Paralisi Cerebrale Infantile come un problema di organizzazione funzionale
del bambino nella sua interazione con l’ambiente e non un’alterazione del tono o un insieme di pattern
patologici. Egli afferma che “ è molto difficile pensare che un fenomeno complesso come la Paralisi
Cerebrale Infantile possa essere analizzato esaustivamente da un solo angolo visivo; a seconda del punto
di osservazione prescelto e dei criteri classificativi adottati, lo stesso fenomeno clinico potrà apparirci
secondo contorni differenti”. 2
EPIDEMIOLOGIA
Condurre degli studi epidemiologici risulta essere molto difficoltoso, poiché la Paralisi Cerebrale Infantile
è un quadro molto complesso; tali difficoltà sono strettamente collegate a:
Il manifestarsi di un insieme di sintomi che spesso vengono valutati e classificati in modo diverso
La scarsità di dati su popolazioni geograficamente definibili.
Le divergenze sulla definizione dell’età corretta per una diagnosi attendibile (casi di bambini molto
piccoli con quadri lievi possono presentarsi solo in età tardiva, al contrario alcuni quadri diagnosticati a
12 mesi si risolvono non manifestando deficit motori in età tardiva)
L’incidenza comunque è stabilita intorno al 2-3 per mille nati vivi, anche se negli ultimi decenni, si sono
verificate in tutti i Paesi, inequivocabilmente, delle importanti variazioni dell’incidenza di questo disturbo
basate su tre parametri tra loro correlati:
1. Il tasso di nati pretermine o di basso peso
2. Il tasso di mortalità perinatale
3. la percentuale di Paralisi Cerebrale Infantile fra i sopravvissuti
Tutte le analisi epidemiologiche concordano che quanto sono più bassi l’età gestazionale e il peso alla
nascita tanto più aumenta il rischio di Paralisi Cerebrale Infantile: l’incidenza sale dal 2-3 per mille nati
vivi con peso appropriato al 40-80 per mille nei bambini con peso inferiore a 1500 grammi. Infatti, il
miglioramento delle condizioni di assistenza medica perinatale se da una parte ha ridotto la natimortalità,
dall’altra ha portato un aumento dei bambini ad alto rischio di Paralisi Cerebrale Infantile, che prima non
sopravvivevano. (Hagberg, 1982)1
Tipo di PCI
Forme spastiche
Tetraplegia
Triplegia
Diplegia
Emiplegia
monoplegia
Forme discinetiche
Forme atassiche
Forme miste
Hagberg e coll. Nelson
ed
(1989)
Ellenberg (1978)
85,3%
85%
7,4%
24%
1,9%
41,5%
32%
36,4%
29%
9,7%
5%
14%
Crothers
e Woods
Paine (1959)
(1957)
64,6%
69,5%
19%
19,4%
2,8%
40,5%
0,4%
22%
7,9%
36,6%
5,6%
11,1%
13,1%
21,1%
Tabella 1. Incidenza delle diverse forme di Paralisi Cerebrale Infantile in alcune casistiche3
EZIOPATOGENESI
Classicamente viene suddivisa in tre gruppi:
CAUSE PRENATALI: incorrono entro la 28° settimana di gestazione
Fattori ereditari e cromosomici
Fattori tossici (alcool, fumo, droga, farmaci, alterazioni metaboliche, …)
Malattie metaboliche materne (diabete, …)
Radiazioni subite dalla madre
Traumatismi durante la gravidanza
Incompatibilità Rh
Patologie dell’utero e annessi
Alterazioni presso rie, iper- o ipotensione, disturbi cardiocircolatori materni, ( pericolosi soprattutto fra
il 5° e il 6° mese, si ripercuotono sulla circolazione del feto e sono la causa principale di emiplegia
congenita )
Infezioni materne appartenenti al complesso TORC:
Toxoplasmosi. E’ un’infezione a trasmissione oro-fecale spesso proveniente da animali domestici (gatto).
Può determinare l’aborto perché causa malformazioni incompatibili con la vita, oppure porta a disturbi
come grave ritardo psicomotorio, malformazioni oculari, idrocefalo, calcificazioni intracraniche,
convulsioni.
Rosolia. E’ spesso causa di gravi quadri caratterizzati da microcefalia, sordità, lesioni oculari, deficit
intellettivo.
Citomegalovirus. E’ asintomatico nell’adulto, mentre può dare gravi problemi al feto causando gravi
encefalopatie con corioretinite e convulsioni; si trasmette per via orale o urinaria.
Inoltre le encefalopatie si possono suddividere in due gruppi secondo l’epoca in cui ha agito la noxa
patogena: si distinguono le embriopatie, se la noxa agisce entro il 3° mese di gravidanza determinando
l’arresto dello sviluppo delle parti colpite, e le fetopatie, se la noxa agisce dopo il 3° mese causando un
danno meno grave perché la lesione avviene su parti già quasi differenziate.
CAUSE PERINATALI: incorrono fra la 28° settimana di gestazione e una settimana dopo la nascita
Traumatismi connessi al parto che direttamente o indirettamente possono provocare anossia o asfissia
Primiparità in madri attempate
Parto precipitoso
Presentazioni anomale
Parto strumentale
Prematurità o immaturità
Postmaturità
Occlusioni arteriose
Il rischio al quale il bambino può andare incontro può essere di due tipi:
Danno emorragico: accade nel 40-60% dei prematuri. A seconda della fase di maturazione ci sono zone
più o meno a rischio di lesione: la zona germinativa è molto a rischio fra la 28° e la 32° settimana.
L’emorragia può invadere il ventricolo laterale a diversi livelli, secondo i quali viene determinata l’entità
della stessa:
1°grado: se coinvolge solo la zona germinativa
2°grado: se inonda meno di metà ventricolo
3°grado: se inonda più di metà ventricolo
4°grado: emorragia massiva, con coinvolgimento del parenchima
Se l’emorragia è contenuta (1° e 2° grado) il sangue coagula, si riassorbe e la prognosi è buona senza
alcun esito; se è di 3° o 4° grado ci sono conseguenze, che possono essere precoci, come la dilatazione
ventricolare che se supera due deviazioni standard può provocare un idrocefalo (gli orletti del ventricolo
sono regolari), e tardive, cioè un danno parenchimale che coinvolge le fibre della via piramidale, della
radiazione ottica e acustica.
Danno ipossico-ischemico: che può dare un quadro tipico, la leucomalacia periventricolare, cioè necrosi
di sostanza bianca nell’angolo superoesterno dei ventricoli, dove decorrono le vie piramidali, ottica e
acustica (gli orletti del ventricolo appaiono frastagliati, nell’idrocefalo si ha dilatazione ventricolare di
tipo atrofico).
Questo è il quadro tipico della diplegia spastica.
Le lesioni che danno luogo a PCI sono risultanti da un’ischemia provocata quasi sempre da un’anossia e,
meno frequentemente, da emorragie cerebrali.
L’asfissia neonatale o intrauterina è dovuta a modifiche del flusso sanguigno o a disturbi degli scambi
gassosi tra madre e feto negli ultimi giorni di gravidanza o durante il parto. Il flusso cerebrale sanguigno
varia in funzione della pressione arteriosa sistemica: un abbassamento può produrre lesioni ischemiche, e
un brusco innalzamento favorisce l’emorragia (sindrome anossico-ischemico-emorragica).
La carenza di ossigeno si rileva attraverso il monitoraggio di alcuni parametri: la bradicardia, il liquido
amniotico tinto (per emissione precoce di meconio) e Apgar<6 sono indici di sofferenza.
Si evidenziano quadri clinici diversi a seconda dell’età gestazionale e della zona in maturazione. Tra la
28° e la 32° settimana la zona periventricolare è a rischio perché sta completando la maturazione, molte
cellule, vasi, capillari si stanno formando, le pareti sono fragili e particolarmente sensibili a sbalzi
pressori e a variazioni del flusso ematico. Ci può essere un'emorragia della zona germinativa e
intraperiventricolare; oppure un'ischemia e conseguente necrosi del parenchima:
Leucomalacia periventricolare: tipico del prematuro, quadri che vanno dalla diplegia alla tetraplegia.
Leucomalacia sottocorticale: complicanza della precedente, gravi tetraplegie dei prematuri.
Necrosi neuronale selettiva: tipico del nato a termine gravemente asfittico, determina atrofia corticale
superficiale.
Danno cerebrale parasagittale: tipico del nato a termine, tetraplegia.
Danno ai gangli della base e al cervelletto: sindrome extrapiramidale.
Danno al tronco encefalico: disturbi respiratori e di tutte le funzioni neurovegetative.
CAUSE POSTNATALI: incorrono dopo la 1° settimana di vita, entro il primo anno di vita:
Meningiti, che causano trombosi attraverso un’arterite
Encefalopatie tossiche
Meningoencefaliti postesantematiche o postvaccino
Traumi cranio-cerebrali
Disidratazione acuta grave la quale provoca un collasso circolatorio
Stato di male convulsivo generalizzato
DIAGNOSI
Il monitoraggio dello sviluppo motorio permette di riconoscere se un bambino è affetto da Paralisi
Cerebrale Infantile. La maggior parte dei bambini riesce ad avere una diagnosi entro i 18 mesi, anche se
diagnosticare questa patologia non è sempre facile, perché non è detto che uno sviluppo rallentato sia
sempre associato a questo tipo di problema: l’età evolutiva è molto complessa, il bambino è un essere
psicomotorio, anche piccole difficoltà sul piano relazionale o psicologico possono rallentare
temporaneamente lo sviluppo; anche una prolungata o seria malattia dell’infanzia può causare un arresto
nello sviluppo che verrà recuperato in seguito.
Tuttavia l’evidenza di altri fattori di rischio è fondamentale per la formulazione della diagnosi, come
l’indice di Apgar, la presenza di un tono muscolare e movimenti anomali, asimmetrie di tono, di
movimento, di postura, tutti fattori che possono aver determinato un’encefalopatia pre-, peri- o postatale.
Le neuroimmagini (TAC, RMN, ecografia cerebrale,…) aiutano a identificare il tipo di lesione cerebrale.
E’ importante formulare una la diagnosi più precocemente possibile, perché più l’intervento sarà precoce
e più facilmente si vedranno dei risultati.
DESCRIZIONE DEL QUADRO CLINICO
I sintomi della Paralisi Cerebrale Infantile normalmente non sono evidenti alla nascita, tranne che per i
casi molto gravi che vengono diagnosticati precocemente.
Nel corso dei primi 18 mesi di vita il bambino dovrebbe raggiungere alcune tappe fondamentali dello
sviluppo neuropsichico; i bambini affetti da Paralisi Cerebrale Infantile raggiungono tali tappe più
lentamente o non le raggiungono affatto, a causa del deficit motorio determinato dalla lesione. Il ritardo
psicomotorio è uno dei primi sintomi riscontrabili della Paralisi Cerebrale Infantile, anche se è importante
ricordare che spesso ad uno sviluppo motorio rallentato segue una normale crescita. Ci sono importanti
segni che accompagnano il ritardo psicomotorio che rendono sempre più chiara la diagnosi; questi segni
si differenziano secondo il tipo di sindrome.
Sindromi spastiche (piramidali). E’ tipica del pretermine e si caratterizza per:
Maggiore vivacità dei riflessi osteotendinei
Aumento dell’area reflessogena
Ipertono spastico
Presenza del segno di Babinski
Clono
Deficit di forza
Inoltre i quadri clinici si caratterizzano relativamente alla topografia del deficit
Monoplegia
Emiplegia
Diplegia
Triplegia
Tetraplegia
Verranno trattate più ampiamente le forme più frequenti: emiplegia, diplegia e tetraplegia.
EMIPLEGIA 1,3
E’ la forma più frequente di Paralisi Cerebrale Infantile; si distinguono due forme, una congenita, che
costituisce la maggior parte di tutte le forme emiplegiche (70-90%), e una acquisita che rappresenta la
minoranza. 3
Hagberg (1989) colloca l’emiplegia fra le sindromi spastiche e riferendosi al bambino nato a termine,
riporta i seguenti dati:
Il 70% dei casi presenta una noxa patogena riferita all’epoca prenatale (ritardo di crescita intrauterina,
leucomalacia periventricolare ed infarti fetali)
Il 15% all’epoca perinatale (lesioni ischemiche focali)
Gli altri casi, in diminuzione, all’epoca postatale (infezioni, traumi, …)
La percentuale dei casi “criptogenetici” rimane elevata (dal 30 al 40% secondo statistiche degli anni ‘70 e
‘80), ma in via di riduzione negli anni più recenti in rapporto al miglioramento delle indagini
diagnostiche. In molti casi, infatti, si è avuta successiva conferma, mediante indagini neuroradiologiche,
di lesioni cerebrali, che probabilmente si sono sviluppate sulla base di alterazioni vascolari prenatali.
Il deficit motorio interessa l’arto superiore e inferiore dello stesso lato, l’arto superiore è più colpito di
quello inferiore1; nella maggior parte dei casi l’emisoma colpito è quello destro, l’emifaccia è raramente
interessata, e la spasticità si instaura dopo un periodo di ipotonia. Gli arti colpiti sono ipoplasici e sono
presenti numerose sincinesie.
La sintomatologia deficitaria si organizza nel tempo e quindi la diagnosi di emiplegia congenita
raramente viene fatta alla nascita, anche se una corretta osservazione della motricità spontanea e riflessa
del neonato potrebbe cogliere l’asimmetria funzionale tra i due emilati.
Solo dopo il terzo mese, cioè l’età dei primi movimenti volontari di prensione, il disturbo diventa sempre
più evidente: il bambino muove meno il braccio, mantiene il gomito flesso, e l’avambraccio pronato, il
polso deviato ulnarmente, il pugno chiuso, e usa una sola mano, caratteristica che sotto l’anno è da
considerare con sospetto. Il fatto che il bambino utilizzi una sola mano non è legato solo alla paralisi, che
in quest’epoca è generalmente modesta, ma è dovuto anche ad un disturbo della sensibilità legato allo
schema corporeo, l’emisomatoagnosia, e il bambino non ha una precisa coscienza dell’emicorpo colpito,
disturbo che tende a diminuire, se non a scomparire, col passare degli anni se riuscirà a utilizzare gli arti
in maniera appropriata. Dopo il terzo mese compare la spasticità, che col tempo favorisce lo sviluppo di
contratture a livello delle articolazioni del gomito, del polso e della spalla. Il braccio viene mantenuto
addotto, flesso ed intraruotato a livello della spalla, col gomito flesso, il polso flesso e deviato
ulnarmente, l’avambraccio pronato e il pollice addotto.
Il deficit all’arto inferiore è difficilmente valutabile nel primo anno di vita, ma diventa evidente quando il
bambino raggiunge la postura eretta e inizia a camminare, anche se alcuni segni, come l’extrarotazione
della coscia da supino, costituiscono un segno d’allarme più precoce.
Nei casi più gravi c’è un ritardo nell’acquisizione delle funzioni che richiedono un equilibrio del tronco e
l’uso di entrambe le mani per l’appoggio: l’equilibrio da seduto si sviluppa più tardi e il bambino tende a
cadere dal lato emiplegico, per mancanza di reazioni paracadute da quel lato. I pattern motori
predeambulatori possono essere normali nei casi più lievi o alterati nelle forme più gravi. La
deambulazione autonoma, generalmente, avviene in età normale o è lievemente ritardata; l’arto inferiore è
mantenuto addotto, semiflesso al ginocchio, il piede in flessione plantare con deviazione in equino-varo o
valgo. Questo atteggiamento tipico del bambino emiplegico può portare a retrazioni muscolo-tendinee e
deformità articolari; la più frequente è quella del gastrocnemio, quindi la dorsiflessione è limitata e il
bambino cammina appoggiando la punta del piede.
Tra i segni clinici non motori, vanno ricordate le frequenti disfunzioni neuropsicologiche, come i deficit
percettivi di origine corticale (discriminazione di due punti, della forma, delle caratteristiche fisiche di un
oggetto, …), l’emianopsia.
Il ritardo mentale è meno frequente e non è strettamente correlato al deficit motorio; nella maggior parte
dei casi l’intelligenza è conservata o è al limite del normale.
L’epilessia costituisce un’associazione abbastanza frequente (40% dei casi); può apparire dopo molti anni
con crisi motorie focali o secondarie generalizzate e spesso sono difficili da controllare
farmacologicamente. Dal punto di vista dell’evoluzione l’emiplegia è una sequela neurologica definitiva
ma non progressiva.
DIPLEGIA 1,3,4
Nel caso della diplegia il deficit motorio interessa i quattro arti, ma con compromissione maggiore degli
arti inferiori rispetto a quelli superiori. Allo stesso modo, il termine di diplegia viene frequentemente
usato per indicare un quadro caratterizzato da spasticità che interessa gli arti inferiori. In ogni caso, lo
sviluppo locomotorio nella forma diplegica è più compromesso della manipolazione.
Più della metà dei bambini colpiti da diplegia è nata da parto prematuro, con i conseguenti danni di
leucomalacia e emorragia periventricolare; per un buon numero la prematurità è la sola anomalia
constatata. Nei bambini diplegici nati a termine sono state segnalate cause multiple, prenatali e perinatali,
predisponenti all’asfissia, causa ultima della lesione cerebrale.
Sul piano epidemiologico, si è osservato una diminuzione dell’incidenza della diplegia spastica negli anni
’60 fino a circa metà degli anni ’70, probabilmente per il miglioramento dell’assistenza neonatale;
successivamente l’incidenza di questa patologia è nuovamente cresciuta, in relazione al progresso delle
tecniche di rianimazione neonatale, che hanno consentito la sopravvivenza di neonati di peso più basso3.
Il quadro clinico alla nascita può essere anche molto compromesso per la presenza di difficoltà di
alimentazione, alterazione della vigilanza, convulsioni. La diplegia non appare mai in modo chiaro nei
primi mesi di vita del bambino ed è preceduta da una fase ipotonica che interessa gli arti inferiori e il
tronco. Successivamente compaiono movimenti massivi involontari e aumenta il tono muscolare nel
tentativo di modificazione posturale, si cominciano a osservare iperestensione degli arti inferiori e del
tronco, atteggiamento in flessione degli arti superiori. Quando finalmente il bambino assume la postura
eretta e cammina si accentua la spasticità: la postura quindi si fissa in flessione delle anche e delle
ginocchia con lordosi compensatoria, adduzione e intrarotazione degli arti inferiori, piedi in equino-varo.
La deambulazione tuttavia è possibile sia autonomamente che con ausili nel 50%-60% dei casi. 3
Prevedere quando e se un bambino camminerà è molto utile per pianificare gli interventi terapeutici e
riabilitativi, e per informare i genitori.
Secondo uno studio prospettico del Dipartimento di Neurologia dello Sviluppo dell’Istituto Neurologico
Nazionale “C. Besta”, (1999) 4, ci sono dei fattori che condizionano la deambulazione indipendente nei
bambini affetti da Paralisi Cerebrale Infantile. Questo studio è stato condotto su un gruppo di bambini
affetti da diplegia e triplegia spastica, con età media di 41 mesi, osservati per un periodo di 11 mesi,
dall’età di 9 mesi all’età di 18 mesi, e seguiti in seguito per almeno 30 mesi. Per monitorare le
acquisizioni è stato utilizzato un protocollo di 18 items, che valuta la posizione prona, gli spostamenti
prelocomotori, la posizione seduta, e le abilità locomotorie. I controlli sono stati eseguiti e videoregistrati
ogni 6 mesi, secondo una procedura standardizzata. All’ultimo controllo 18 bambini avevano raggiunto la
deambulazione, 7 (23%) indipendentemente e 11 (35%) assistiti; 13 (42%) non camminavano. La
capacità di deambulazione viene correlata al quoziente di sviluppo e all’acuità visiva. Tutti i bambini che
sono diventati indipendenti nel cammino avevano un’acuità visiva normale e nell’86% dei casi, in
generale, un normale quoziente di sviluppo. Inoltre è emersa un’importante correlazione fra il numero di
items raggiunti e la velocità di acquisizione di tali abilità entro i 2 anni e il tipo di deambulazione fra 3 e 5
anni. La capacità di sostenersi sulle mani in posizione prona e di rotolare da supino a prono entro i 18
mesi, è significativamente correlata al cammino indipendente, mentre la capacità di mantenere la
posizione seduta senza sostegno è predittiva solo intorno ai 24 mesi d’età.
Quindi i fattori che condizionano la comparsa della deambulazione sono:
Attività motorie globali
Tipo di Paralisi Cerebrale Infantile
Acuità visiva
Quoziente di sviluppo
Tappe motorie raggiunte, in particolare:
8 rotolo a 18 mesi
8 posizione seduta senza appoggio a 24 mesi
Entro gli 8 anni il cammino dovrebbe essere raggiunto.
La deambulazione indipendente, quando raggiunta, è condizionata dalla postura patologica che, nelle fasi
più avanzate dello sviluppo, è in genere aggravata da retrazioni muscolotendinee e deformità
osteoarticolari che possono richiedere un intervento chirurgico ortopedico.
Come già affermato sono di rilevante importanza, soprattutto per la prognosi del cammino, i problemi
d’acuità visiva e cognitivi associati alla diplegia. Molto frequentemente si osserva strabismo convergente
mentre in alcuni casi, soprattutto nei prematuri, può essere osservato un deficit visivo di tipo centrale o
periferico e/o uditivo. Nella diplegia non si può parlare di difetto intellettivo, ma di profilo cognitivo
disarmonico con andamento “a forbice” per la caduta caratteristica nella scala motoria.
Crisi convulsive sono presenti nel 25% dei casi.
TETRAPLEGIA 1,3,5
Si parla di tetraplegia quando la paralisi interessa tutti e quattro gli arti e la muscolatura del tronco.
Le cause determinanti sono per lo più perinatali, asfissia intrauterina o neonatale grave; la sofferenza
cerebrale è in generale la conseguenza di una sindrome anossico-ischemica-emorragica responsabile
anche della convulsività grave nel primo anno di vita, frequentemente associata. In un minor numero di
casi è la conseguenza di eventi postnatali di diverso tipo, dalle infezioni ai traumi, all’anossia cerebrale.
Anche fattori congeniti, malformativi (disturbi della migrazione neuronale), infettivi (complesso TORC)
sono responsabili della tetraplegia.
La diagnosi può essere fatta precocemente, poiché la presenza costante di un repertorio motorio molto
povero e stereotipato, con un’attività tonica di fondo molto elevata, dà immediatamente la percezione di
un comportamento inadeguato. Prechtel (1993) parla della presenza in questi bambini di movimenti poco
eleganti, con caratteristiche particolari, che balzano subito all’occhio dell’esaminatore.
Inizialmente il bambino appare molto ipotonico, spesso con difficoltà di suzione, deglutizione e
fonazione, dovuto alla frequente associazione con una sindrome pseudobulbare. Col passare degli anni,
mentre il tronco può rimanere ipotonico1, gli arti diventano progressivamente spastici, soprattutto alle
estremità, con retrazioni muscolari a volte tanto evidenti da portare a contratture in flessione dei gomiti e
delle mani. L’ipertonia spastica condiziona gli arti inferiori in flessione oppure in estensione. Molto
difficoltoso è anche il mantenimento dell’allineamento capo-tronco.
Inoltre ogni tentativo di movimento del bimbo è disturbato non solo dalla spasticità, ma anche dalla
presenza di reazioni stereotipate: le risposte tonico-labirintica e tonico-simmetrica, legate ai movimenti
del capo, le reazioni di startle, che ostacola la reazione antigravitaria, la risposta tonico asimmetrica del
collo, che favorisce nei bambini con distonie i disallineamenti posturali e future deformità, come la
lussazione dell’anca.
La tetraplegia viene considerata la forma clinica più grave non solo per il basso livello di autonomia
motoria raggiungibile, ma anche per la frequente associazione di ritardo mentale profondo, di gravi deficit
sensoriali, visivi e uditivi, ed epilessia, come mostra lo schema seguente. Il basso livello cognitivo
condiziona negativamente anche il recupero mediante riabilitazione.
Deformità
Asimmetria posturale con colpo di vento agli arti inferiori
Lussazione dell’anca monolaterale o più frequentemente bilaterale
Valgopronazione o varosupinazione grave dei piedi
Cifoscoliosi e reclinazione del capo
Osteoporosi ed osteomalacia per immobilità ed assenza di carico
Dolore al rachide e alle grandi articolazioni per assenza di carico
Alimentazione
Masticazione assente o difficoltosa, deglutizione incompetente
Iperscialia e scialorrea
Reflusso gastro-esofageo
Stipsi ostinata
Iposomatismo marcato
Respirazione
Respirazione frequente e superficiale
Tosse inefficace, ristagno delle secrezioni, infezioni respiratorie
Sguardo
Nistagmo, sguardo erratico, paralisi di sguardo
Epilessia
Sindromi atassiche (cerebellari). Sono causate da una lesione al cervelletto che provoca un disturbo
dell’equilibrio e della coordinazione. Si manifesta precocemente, non con la presenza di schemi
patologici, ma con ipotonia associata a riflessi osteotendinei deboli o assenti soprattutto nei muscoli
antigravitari. Si caratterizza principalmente una dismetria, disturbi di direzione e di quantità di
movimento.
Sindromi discinetiche (extrapiramidali). E’ tipica del bambino nato a termine, determinata da una
lesione dei gangli della base e a volte, se è molto estesa, anche della corteccia. Sono evidenti:
Movimenti involontari di tipo coreo-atetosico o distonico
Tono muscolare fluttuante (tonus changing).
Grimaces oro-bucco-linguali e movimenti alterati degli occhi
Riflessi arcaici persistenti
I movimenti involontari diventano evidenti verso la fine del primo anno di vita, su un quadro di ipotonia
presente dalle prime settimane di vita. All’inizio i primi segni sono costituiti da movimenti involontari
della bocca e della lingua, piccoli movimenti di intrarotazione degli arti superiori e scialorrea. In seguito i
sintomi si accentuano, lo stato della tensione dei muscoli può variare molto da un momento all’altro,
spasmi tonici possono immobilizzare transitoriamente un arto in posizioni anomale, o possono comparire
tratti distonici, ipercinesia e segni piramidali anomali nel 50% dei casi. Sono coinvolti anche la faccia, la
bocca, la lingua e i muscoli faringo-laringei, da cui scialorrea, difficoltà di deglutizione e disartria.
Lo sviluppo motorio rimane di solito incompleto; molti bambini hanno un discreto livello intellettivo,
altri un’intelligenza brillante, ma difficilmente valutabile con i normali test intellettivi per le difficoltà
verbali e manipolatorie di questi bambini.
Nella Paralisi Cerebrale Infantile, oltre ai problemi motori il bambino può presentare altri disturbi
sensitivi e sensoriali che condizionano ulteriormente i problemi relativi alla postura e al movimento. Tali
problemi riguardano le gnosie correlate alla sensibilità in generale; in particolare lo schema corporeo,
l’organizzazione spaziale, la capacità di iniziativa e la programmazione motoria sono fortemente alterate.
I sintomi associati più frequentemente al deficit motorio sono:
Disprassia
Disturbi del linguaggio
Difetti mentali globali
Disturbi dell’apprendimento
Disturbi della personalità
Difetti senso-percettivi soprattutto della vista e dell’udito
E’ importante tenere presente, soprattutto ai fini terapeutici e riabilitativi, che i quadri clinici descritti in
precedenza raramente si manifestano nella normale pratica riabilitativa. Esistono pochissimi casi di forme
pure: la Paralisi Cerebrale Infantile si presenta perlopiù come forma mista con un quadro che definisce la
diagnosi, ma può manifestare caratteristiche proprie di un altro quadro. L’esempio più comune è la
tetraparesi spastico-distonica, in cui è presente una spasticità di fondo e una componente distonica, più o
meno intensa, che disturba ulteriormente l’attività motoria. Può presentarsi una diplegia atassica, in cui
una diplegia spastica è associata ad atassia cerebellare; l’incoordinazione del movimento agli arti
superiori e problemi d’equilibrio si aggiungono alla sindrome piramidale e aggravano l’handicap motorio.
Questo lascia intuire la complessità del sistema nervoso centrale, e indica che ogni specifica area corticale
è interconnessa ad altre zone, spesso con funzioni differenti.
Il normale sviluppo intellettivo, fisico e sociale viene raggiunto dal bambino attraverso il gioco e
l’esplorazione dell’ambiente. L’abilità di manipolare gli oggetti, scoprire le loro proprietà, muoversi e
comunicare con gli altri, sono attività fondamentali per la crescita di un bambino. La Paralisi Cerebrale
Infantile può limitare tali attività, ed impedire l’acquisizione di abilità motorie, la l’esplorazione
dell’ambiente e le competenze sociali. E’ importante quindi che un équipe riabilitativa segua il bambino
nella sua crescita, con obiettivo principale quello di aiutare il bambino a raggiungere tutte le tappe dello
sviluppo, dandogli la possibilità e gli strumenti utili per un’esistenza ricca e completa.
Questo aspetto è molto importante ai fini evolutivi, nella maggior parte dei casi infatti il bambino di
fronte al dolore determinato dalla presa di coscienza della sua realtà, reagisce con un meccanismo di
difesa di tipo regressivo; inconsapevolmente cercherà di mantenere più a lungo possibile le sue modalità
di funzionamento primitivo resistendo al mutamento ed alla crescita: restando piccolo e immaturo può
ancora non rispondere alle richieste che gli provengono dall’esterno ed al tempo stesso far tacere, almeno
in parte, i bisogni e i desideri che nascono dal suo mondo interno (Lanzi, 1983). 1
IL TRATTAMENTO DELLA SPASTICITÀ NELLA PCI
La spasticità è il problema più difficoltoso che la riabilitazione deve affrontare. Può ostacolare o impedire
le funzioni, causa dolore, disturba il sonno, interferisce con le attività della vita quotidiana, determina
inutili complicazioni e offre maggiori difficoltà per chi assiste il paziente.
Nel 1980, le neuroscienze definiscono così la spasticità:
“…motor disorder characterized by velocity-dependent increase in tonic stretch reflexes (“muscle tone”)
with exaggerated tendon jerks, resulting from hyperexcitability of the stretch reflex, as one component of
the upper motor neuron syndrome”. 6
(Disturbo motorio caratterizzato dall’aumento del tono muscolare e dall’esagerazione dei riflessi tendinei,
che dipende dall’ipereccitabilità dell’arco riflesso, ed è uno dei sintomi della sindrome del primo
motoneurone).
Tutti i muscoli scheletrici, anche apparentemente a riposo, sono in realtà mantenuti continuamente in un
modico grado di contrazione da una persistente attività delle loro fibre afferenti. Questa attività di fondo
prende il nome di tono muscolare ed è di natura riflessa propriocettiva. Il tono è distribuito in modo
diverso nei vari gruppi muscolari ed in genere è maggiore nei muscoli antigravitari. Il tono muscolare ha
certamente il suo fondamento nei riflessi propriocettivi ed in particolare nel riflesso miotatico, ma al suo
mantenimento partecipano anche i centri sovraspinali che controllano l’attività riflessa dei motoneuroni
spinali soprattutto per la via del sistema inibitorio γ-efferente.
L’insieme dei neuroni del sistema γ-efferente costituisce un potente dispositivo che consente ai centri
encefalici di regolare la funzione motoria del midollo spinale in tutti i suoi aspetti. 7
La fisiopatologia della spasticità sembra interessare l’inadeguata liberazione del neurotrasmettitore
inibitorio acido gamma-amminobutirrico (GABA) nel midollo spinale. Nella Paralisi Cerebrale Infantile
il danno cerebrale interrompe i neuroni inibitori discendenti che normalmente determinano la liberazione
di GABA. Il sistema afferente eccitatorio proveniente dai fusi neuromuscolari verso il midollo è intatto,
per cui c’è un eccessivo afflusso di neurotrasmettitori eccitatori, in particolare di glutammato. Il risultato
è l’eccessiva stimolazione dei motoneuroni α che determina la spasticità, che può essere ridotta o
chirurgicamente, con un Rizotomia Dorsale Selettiva, o farmacologicamente, aumentando la
concentrazione di GABA nel midollo spinale. 8,9
Il trattamento iniziale prevede l’eliminazione delle cause che peggiorano le condizioni di spasticità; la
fisioterapia è fondamentale per la correzione della postura, l’uso di ortesi, tutori, o altri rimedi come
stimolazioni elettriche.
La spasticità è stata trattata tradizionalmente dai terapisti, che tentavano di mantenere l’escursione
articolare e una certa ampiezza nei movimenti, e dalla chirurgia ortopedica per allentare le contratture.
Gli interventi riabilitativi che vengono messi in atto per cercare di ridurre la spasticità sono:
Stretching prolungato
Sistemi di postura
Facilitazioni neuromuscolari
Utilizzo di tutori
Terapia farmacologica
Chirurgia ortopedica
Neurochirurgia
Con la combinazione di questi trattamenti si ottengono migliori risultati.
Successivamente il trattamento farmacologico della spasticità si è affiancato al lavoro dei terapisti, dando
ai pazienti un maggiore beneficio. I farmaci che riducono la spasticità sono numerosi, anche se molti
hanno seri effetti collaterali
Prima dello sviluppo di un impianto di distribuzione dei farmaci, curare la spasticità era possibile solo
tramite procedure di neurochirurgia, come le rizotomie, le neuroctomie e le mielotomie, utilizzate per più
di un secolo ottenendo solo un successo marginale, e che consistono nel distruggere gli archi riflessi che
mandano l’impulso arti inferiori motoneuroni o di tagliare gli input efferenti.
La Rizotomia Dorsale Selettiva, modificata e diventata popolare negli anni Ottanta soprattutto per curare
la spasticità degli arti inferiori, è un procedimento che consiste nella selezione di una parte delle fibre
sensitive della branca afferente tra i livelli L2 e S2, con lo scopo di ridurre l’impulso della contrazione.
Questo tipo d’intervento presenta però dei rischi, come la possibilità di causare una paralisi flaccida, e dei
limiti, come il fatto di non essere reversibile. 10
Tra le terapie farmacologiche per la spasticità vengono utilizzate per la Paralisi Cerebrale Infantile il
baclofen, già trattato ampiamente nel capitolo precedente, il diazepam, il dantrolene e la tossina
botulinica. 11
Diazepam. 11,13 E’ il primo farmaco anti-spastico introdotto per uso clinico.
Il Diazepam viene assorbito dopo una dose orale, con un picco ad un’ora dopo l’assunzione. Sono però
descritti alcuni effetti collaterali, che spesso rappresentano conseguenze più evidenti rispetto alla
riduzione del tono muscolare, soprattutto nei pazienti con Paralisi Cerebrale Infantile. Il Diazepam,
infatti, produce una depressione dell’attività del Sistema Nervoso Centrale, quindi può determinare
letargia, affaticamento, incoordinazione motoria, offuscamento della memoria e riduzione dell’attività
intellettiva e dell’attenzione.
Dantrolene sodium. 11,13 Molti studi hanno dimostrato che il Dantrolene riduce la spasticità, i riflessi
tendinei, il clono, e aumenta il range di mobilità passiva, e di conseguenza si sono riscontrati dei
miglioramenti nelle performances e nella forza muscolare. Nei bambini con Paralisi Cerebrale Infantile
controlla bene la spasticità, meglio che negli adulti.
Poiché la stanchezza potrebbe essere una problematica fastidiosa in seguito all’assunzione di Dantrolene,
questo farmaco è indicato nei pazienti più forti, che però sono limitati dalla spasticità, oppure in pazienti
con una paralisi globale, per i quali la stanchezza non rappresenta un grosso problema.
Tossina botulinica. 11,12,13 Le tossine botuliniche sono una famiglia di proteine che impediscono il
rilascio di acetilcolina nella giunzione neuromuscolare. In particolare la Tossina Botulinica di tipo A
(TBA) è stata utilizzata, a partire dagli anni Ottanta, per curare lo strabismo, il blefarospasmo, la distonia
cervicale. Attualmente, la TBA è conosciuta soprattutto come farmaco usato per trattare i muscoli spastici
di pazienti in condizioni: paralisi post-ictus cerebrale, lesioni cerebrali traumatiche e Paralisi Cerebrale
Infantile.
La Tossina indebolisce il muscolo in cui viene iniettata entro 48 ore dall’inoculazione, anche se in realtà
la sua azione non ha lo scopo di ridurre la spasticità, ma a ridurre la contrazione muscolare indotta dalla
spasticità. La ripresa dagli effetti della TBA dopo alcuni mesi (da 2 a 6 mesi), è dovuta al rinnovamento
delle terminazioni presinaptiche.
La tossina ha delle funzioni molto importanti nella Paralisi Cerebrale Infantile, per esempio indica se la
riduzione della spasticità in un muscolo determina beneficio nelle funzioni motorie: nei bambini con
Paralisi Cerebrale Infantile l’utilizzo della tossina è indicato per il trattamento degli arti inferiori,
soprattutto nei bambini deambulanti, ma che accusano problemi a causa della spasticità degli adduttori,
degli ischio-crurali e del gastrocnemio. Spesso è un buon analgesico, per esempio in seguito a chirurgia
degli adduttori, che causa forti dolori e spasmi post-operatori. Infine, la terapia con TBA svolge un ruolo
essenziale nel trattamento della distonia, in situazioni in cui è utile disporre di maggiore estensibilità
muscolare, ma la chirurgia ortopedica sarebbe eccessiva.
La TBA viene utilizzata sempre più spesso per trattare la spasticità in maniera localizzata e sembra essere
il trattamento appropriato oltre che per rimandare eventuali interventi chirurgici, e verificarne l’eventuale
efficace con un trattamento reversibile come la tossina, anche per incrementare l’escursione articolare e
ridurre le irregolarità che interessano il cammino, come la sindrome adduttoria e il piede equino.
Baclofen, Diazepam e Dantrolene, i farmaci orali comunemente usati per trattare la spasticità nei bambini
con Paralisi Cerebrale Infantile, sono relativamente poco efficaci e più utili per trattare la spasticità di
medio grado. I due farmaci non orali, il baclofen intratecale e la tossina botulinica, sono sostanzialmente
più utili ed efficaci nel trattamento in caso di spasticità anche grave.
IL RINFORZO MUSCOLARE
Il deficit motorio nella Paralisi Cerebrale Infantile è rappresentato da carenza di controllo motorio
selettivo, contratture, debolezza e spasticità. Tali problemi sono tradizionalmente trattati con:
Stretching
Rinforzo muscolare
Apprendimento motorio
Tecniche combinate
Le contratture sono causate da un’insufficiente estensibilità del muscolo; secondo Tardieu, per evitare che
si formino il muscolo dovrebbe stare allungato per almeno 6 ore al giorno; inoltre i muscoli spastici non
rispondono bene all’allungamento. 14,15
Per riuscire a mantenere la lunghezza fisiologica del muscolo è necessario:
Stretching e mobilizzazione dell’articolazione
Educazione dei pazienti allo stretching e alla postura
Aumento dell’attività
Ausili, ortesi
Stimolazioni elettriche
Variazione dei disequilibri muscolari (rinforzo muscolare)
Inoltre nella Paralisi Cerebrale Infantile sono caratteristici:
Iperattività degli antagonisti (spasticità)
Squilibrio fra agonisti ed antagonisti (debolezza muscolare)
Generale inattività
Mantenimento di posture fisse o anormali
Distonie
Negli anni ’50 il rinforzo muscolare costituiva una fase importante nel trattamento precoce della Paralisi
Cerebrale Infantile (Phelps, anni ’50), ma fu abbandonato perché non dava gli stessi risultati ottenuti con i
pazienti poliomielitici, pareva che aumentasse il fenomeno della spasticità e della rigidità in bambini già
in difficoltà; inoltre il problema è a livello cerebrale, non muscolare, e gli individui affetti da Paralisi
Cerebrale Infantile non possono isolare i muscoli per poter svolgere un’attività di rinforzo muscolare.
Tuttavia si è osservato che, come in tutti bambini deboli, anche nei bambini con Paralisi Cerebrale
Infantile la funzione motoria peggiora con la crescita.
McLaughlin et al., 1998, conducono uno studio su due gruppi di bambini, il primo trattato solo con
fisioterapia e l’altro trattato con fisioterapia e sedute di rinforzo muscolare; il gruppo trattato solo con
fisioterapia è sottoposto a un trattamento più pesante rispetto al solito sui muscoli da rinforzare. 14
Da questo studio sappiamo che i bambini con Paralisi Cerebrale Infantile sono deboli e che tale debolezza
è strettamente correlata con l’attività motoria, ma è dimostrato che questi bambini possono diventare più
forti; i programmi di rinforzo muscolare possono ridurre la debolezza quasi, come succede nelle patologie
non dovute a lesioni del SNC, e permettono anche benefici funzionali. Il rinforzo muscolare inoltre non
determina un peggioramento della spasticità. 14
Nonostante ciò molti studi sulla Paralisi Cerebrale Infantile dimostrano l’inutilità del rinforzo con pesi ed
elettrostimolazioni, o ginnastica in acqua.
Per programmare un training di rinforzo muscolare, i pazienti vengono valutati con dei test per stabilire:
Carico, tipo di resistenza
Intensità (n° di esercizi al giorno)
Frequenza (n° di sedute settimanali)
Durata
Il programma viene formulato in base all’obiettivo da raggiungere.
Con i bambini con Paralisi Cerebrale Infantile bisogna tenere conto la possibilità di cambiare postura per
evitare l’insorgere di contratture, e la necessità di cominciare molto lentamente se si tratta di bambini
particolarmente inattivi.
Altri tipi di intervento pare non abbiano effetti positivi sulla forza, mentre allungamenti muscolari o
terapie antispastiche rendono ancora più efficace il rinforzo muscolare. 14
Attualmente esistono vari trattamenti utili a ridurre la spasticità e a mantenere la lunghezza dei muscoli,
che permettono alla fisioterapia di occuparsi di altri aspetti della Paralisi Cerebrale Infantile.
Il rinforzo muscolare è un’importante componente del trattamento fisioterapico che potrebbe essere
particolarmente efficace se combinato con altri tipi di intervento.
IL TRATTAMENTO DELLA PARALISI CEREBRALE INFANTILE
Il normale sviluppo intellettuale, fisico e sociale viene raggiunto dal bambino attraverso il gioco e
l’esplorazione dell’ambiente. Le abilità di manipolare gli oggetti, scoprire le loro proprietà, muoversi e
comunicare con gli altri, sono attività fondamentali per la crescita di un bambino. La Paralisi Cerebrale
Infantile può limitare tali attività, ed impedire l’acquisizione di abilità motorie, la conoscenza del mondo
e le competenze sociali. E’ importante quindi che un terapista segua il bambino durante la sua crescita.
La Paralisi Cerebrale Infantile non può essere curata, ma la disabilità determinata dalla patologia può
essere trattata con una presa in carico del bambino e della sua famiglia. Il trattamento di un bambino con
Paralisi Cerebrale Infantile dipende dalla gravità, dalla natura e dalla localizzazione del deficit e dal tipo
di problemi associati che il bambino presenta. Il trattamento ideale è quello che si occupa sia dei problemi
causati dalla patologia, sia della crescita neuropsichica del bambino che si trova ostacolata da questo tipo
di problema. L’obiettivo principale deve essere quello di aiutare il bambino a raggiungere tutte le tappe
dello sviluppo, dandogli le possibilità e gli strumenti utili per uno sviluppo globale ricco e completo.
La Paralisi Cerebrale Infantile non è un disturbo progressivo, i sintomi non dovrebbero peggiorare nel
tempo; nonostante questo, tali sintomi condizionano il bambino nei diversi momenti della crescita, e ciò
richiede una continua revisione delle strategie per il trattamento, l’adattamento e la compensazione. 1,2,5
Il trattamento neuroevolutivo (NDT) è uno dei più comuni approcci che i terapisti dell’età evolutiva
mettono in atto nel trattamento dei bambini con Paralisi Cerebrale Infantile. Il concetto principale
dell’NDT è di inibire il tono muscolare anormale e i riflessi primitivi e facilitare il movimento normale,
soprattutto attraverso tecniche di handling e di postura, che permettono al bambino di esperire la
sensazione del movimento normale. Dagli anni Quaranta, quando Karel e Berta Bobath iniziarono a
sviluppare questa tecnica, il modo di proporre la terapia è cambiata; oggi infatti si enfatizzano
maggiormente gli obiettivi funzionali, rispetto al raggiungimento di un normale sviluppo motorio. 16
Per migliorare il modo di fare terapia nella Paralisi Cerebrale Infantile è necessario guardare al futuro
dell’NDT e della terapia tradizionale, e modificare gli obiettivi per quanto riguarda la spasticità, il
controllo motorio e le funzioni svolte, e inoltre cercare di proporre una terapia che coinvolga di più il
12
bambino. L’ American Academy of Pediatrics afferma che “nessuno studio dimostra che questo tipo di
terapia determini un diretto miglioramento riguardo allo specifico problema motorio del bambino”.
I dati suggeriscono che sarebbe utile rivedere in modo obiettivo la reale efficacia di tutti i trattamenti e le
terapie da tempo in uso.14
IL BACLOFEN
Due terzi dei bambini affetti da Paralisi Cerebrale Infantile presentano spasticità, da sola o in
combinazione con altri disordini motori.
Tradizionalmente la spasticità cerebrale è stata curata dai fisioterapisti, che tentavano di mantenere una
certa ampiezza nei movimenti, e da operazioni ortopediche per evitare le contratture e ridurre il rischio
di retrazioni muscolari, tendinee e capsulo-legamentose.
Le possibilità di trattamento farmacologico per i bambini affetti da Paralisi Cerebrale Infantile sono
aumentate notevolmente in questi ultimi anni, specialmente per quanto riguarda la spasticità. La
Rizotomia Dorsale Selettiva (SDR) è stata introdotta negli anni Ottanta, la tossina botulinica negli anni
Novanta; gli effetti di questo tipo di trattamento sono diversi, con limiti e benefici. Inoltre, la
somministrazione di terapie orali, come il baclofen (Lioresal) o il valium (Diazepam), è stata utilizzata
per anni con successo limitato. In questi ultimi dieci anni le conoscenze farmacologiche sul baclofen
sono aumentate notevolmente, in particolare ha avuto molto successo la somministrazione per via
intratecale (ITB). 6,17
Come già affermato precedentemente, la fisiopatologia della spasticità interessa l’inadeguata
liberazione del neurotrasmettitore inibitorio acido gamma-amminobutirrico (GABA) nel midollo
spinale. Nella Paralisi Cerebrale Infantile il danno cerebrale interrompe i circuiti inibitori discendenti
appartenenti alle vie piramidali, che normalmente determinano la liberazione di GABA nel midollo
spinale. Il sistema afferente eccitatorio proveniente dai fusi neuromuscolari verso il midollo è intatto,
per cui c’è un eccessivo afflusso di neurotrasmettitori eccitatori, in particolare di glutammato. Il risultato
è l’eccessiva stimolazione dei motoneuroni alfa che determina la spasticità, che può essere ridotta
chirurgicamente, con un Rizotomia Dorsale Selettiva, o farmacologicamente, aumentando la
concentrazione di GABA, o affine, nel midollo spinale .
FARMACOLOGIA E AZIONE DEL BACLOFEN
Il baclofen è un agonista del neurotrasmettitore acido γ-amminobutirrico (GABA); esso agisce sui
recettori GABAB , localizzati negli strati superficiali del midollo spinale, per impedire la produzione di
neurotrasmettitori eccitatori. L’attività di tali ricettori causa degli effetti collaterali, in modo particolare
letargia. In origine fu sintetizzato come un anticonvulsivo; durante una valutazione della sua azione
antiepilettica, che si rivelò poco efficace, si notò che il baclofen riduce la spasticità. Hattab (1980)
riassunse 16 prove europee di baclofen orale su 315 pazienti con spasticità cerebrale, tra cui il 63% era
al di sotto dei 25 anni di età.
Il baclofen ridusse la spasticità nell’80% dei casi, ed in tutti gli studi sul baclofen controllò la spasticità
in modo uguale o superiore al diazepam con meno effetti collaterali e senza effetto sulla frequenza delle
crisi epilettiche nei pazienti spastici. 6,8,9
B
13
Figura 1. Azione del baclofen sul Sistema Nervoso Centrale (McLean B.N. “Intratecal Baclofen
in Severe Spasticity” Br J Hosp Med, 1993; 49: 262-267)
Il baclofen viene assorbito bene e rapidamente dopo la somministrazione orale, ma è legato da proteine
per il 30% circa e ha bassa solubilità nei lipidi, quindi attraversa male la barriera ematoencefalica. Il
livello nel siero raggiunge un picco da 2 a 3 ore dalla somministrazione orale, la sua vita media è di 2-4
ore, quindi necessita di dosi ripetute lungo tutta la giornata. Il 70%-85% circa viene escreto nelle urine
entro 24 ore.
I bambini reagiscono in modo molto vario alle dosi orali. Le dosi pediatriche iniziano da 5 a 10
mg/giorno ed aumentano fino a 20-60 mg/giorno suddivisi in tre somministrazioni. Tuttavia alcuni
bambini necessitano di un massimo di 160 mg/giorno e sono sorprendentemente capaci di tollerare tali
dosi senza effetti collaterali. Gli effetti collaterali includono sonnolenza, confusione, atassia, frequenza
urinaria, mal di capo e insonnia. Tra questi la sonnolenza è di gran lunga la più comune, gli altri si
verificano in meno del 10% dei pazienti. 9
L’uso di baclofen intratecale è basato su principi farmaco-cinetici: esso agisce sui recettori GABAB
negli strati superficiali del midollo spinale e dato che per via orale attraversa male la barriera
ematoencefalica, la sua azione si rivela più efficace nella somministrazione intratecale. Infatti i livelli di
baclofen nel liquido cerebrospinale dopo la somministrazione orale sono solitamente meno di 12 ng/ml,
la sua vita media è di circa 5 ore; con un’infusione intratecale costante di 400 μg/giorno il livello di
baclofen nel liquor sale a 380 ng/ml, vale a dire 30 volte maggiore rispetto alla somministrazione orale.
Il baclofen iniettato a livello lombare migra verso l’alto, e le concentrazioni diminuiscono
progressivamente verso l’alto lungo il Sistema Nervoso Centrale. La concentrazione cisternale è di circa
un quarto rispetto a quella lombare. Inoltre il baclofen intratecale lascia pochissime tracce nella
circolazione sistemica, a causa del volume della distribuzione rispetto alla concentrazione.
Diversi studi hanno riscontrato che il baclofen intratecale riduce la spasticità lentamente durante il primo
anno di infusione continua, mentre successivamente rimane costante. 6,8,9
Albright riporta questi risultati per le seguenti attività nei suoi pazienti trattati con baclofen:
B
Dressing
76%
14
Eating
Posture
58%
58%
Transfers
54%
Speech
38%
Walking
38%
(L. Albright - Spasticity Meeting , Minneapolis, May 1999)
Nel 1993 il National Center for Medical Rehabilitation Research (NCMRR) ha sintetizzato alcuni
concetti del nuovo sistema di classificazione del funzionamento e delle disabilità (ICIDH-2, 2000)
dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, e ha proposto un modello per la valutazione dell’efficacia di
nuovi metodi e trattamenti, che descrive gli effetti che producono su tutti gli aspetti del processo di
disabilità. 7,8
Nello schema della pagina seguente sono descritti gli effetti del baclofen intratecale secondo il modello
proposto dall’NCMRR. 6
Effetti del baclofen intratecale nel bambino affetto da Paralisi Cerebrale
I f til
15
Il baclofen intratecale riduce la
spasticità e gli spasmi nel 97%
dei casi, e spesso migliora
anche il clono. Albright
afferma che dopo un lungo
periodo di infusione continua
(circa 2 anni) anche gli arti
superiori possono avere lo
stesso beneficio degli arti
inferiori con un’infusione
lombare. Alcuni bambini
avvertono una riduzione della
forza dopo l’impianto; in realtà
si tratta dei pazienti che
sfruttano la spasticità per
rimanere in posizione eretta. Il
miglioramento dei movimenti
volontari può essere associata
alla riduzione della spasticità.
I miglioramenti riguardano la
deambulazione, gli spostamenti
con la carrozzina, la salita e
discesa delle scale e la cura
personale, che richiedono
meno tempo e fatica;
l’assistenza per i pazienti
dipendenti è meno faticosa, e
aumenta il tempo in cui il
bambino riesce a restare in
posizione seduta; migliora la
continuità nel sonno, e a volte
anche la comunicazione
verbale.
Limitazione
funzionale
Disabilità
Disfunzioni
LA PARALISI
CEREBRALE
INFANTILE E IL
TRATTAMENTO
CON BACLOFEN
INTRATECALE
Fisiopatologia
La somministrazione orale
prevede alti dosaggi che
determinano effetti collaterali
come debolezza, confusione.
Con l’infusione intratecale
vengono somministrate piccole
dosi in aree specifiche del
midollo spinale, con un buon
effetto sulla spasticità. La
terapia orale richiede un
dosaggio superiore 100 volte
rispetto al baclofen intratecale
per ottenere una
concentrazione di 1/10.
Inoltre la pompa può essere
regolata individualmente e
programmata nelle 24 ore.
Disabilità
Limitazione
sociale
E’ definita come la difficoltà di
assumere le normali funzioni e
i ruoli nella vita quotidiana a
casa, a scuola, al lavoro e in
comunità. Nessuno studio
finora è riuscito a quantificare i
miglioramenti della qualità
della vita e la riduzione della
disabilità. Resta tuttavia uno
degli obiettivi principali
dell’Organizzazione Mondiale
della Sanità, basato sul
concetto di qualità della vita,
molto complesso e variabile
nel tempo e nello spazio.
INDICAZIONI E SELEZIONE DEI PAZIENTI
16
Il baclofen intratecale è indicato per due gruppi di pazienti:
1. Bambini con diplegia o tetraplegia spastica che camminano con o senza ausili, nei quali la spasticità rende
faticosa la stazione eretta e la deambulazione e causa un indebolimento degli arti inferiori
2. Bambini con grave tetraplegia spastica, in cui lo scopo della terapia è facilitarne l’assistenza
3. Bambini con tetraparesi distonica, per migliorare la funzione motoria spesso molto disturbata dalle distonie
Il medico e il terapista valutano gli effetti positivi che potrebbe avere l’impianto di una pompa al baclofen sul
bambino. Tale valutazione prevede l’utilizzo di alcuni strumenti necessari per riuscire a comprendere il quadro
clinico del bambino e poter definire gli obiettivi raggiungibili con questo tipo di trattamento.
La valutazione del paziente comprende:
Video significativo del bambino secondo una tecnica standardizzata, che documenti la sua attività motoria
globale
Valutazione clinica di spasticità, clono, spasmi, distonie (vedi Box 2.)
Valutazione funzionale
Valutazione Soggettiva
Gait Analysis
Solo dopo la definizione degli obiettivi del trattamento il medico può proporre al bambino e alla famiglia
l’impianto della pompa, illustrando gli scopi, la tecnica, la gestione e i benefici che il baclofen intratecale può
portare sulla spasticità.
1. Scala di Ashowrth
Punteggio Grado di tono muscolare
Nessun aumento di tono
1
Leggero aumento di tono che dà un guizzo quando i
2
segmenti vengono mossi in flessione o estensione
Il tono aumenta visibilmente, ma i segmenti possono ancora
3
essere flessi o estesi
Il tono aumenta notevolmente, i movimenti passivi sono
4
difficili
I segmenti sono rigidi sia in flessione che in estensione
5
2. Scala delle distonie
Punteggio Grado di distonia
Assenza
0
Lieve, si nota occasionalmente (meno del 10% del tempo)
1
Leggera, non interferisce con le funzioni (meno del 50% del
2
tempo)
Moderata, interferisce con le funzioni (più del 50% del
3
tempo)
Severa, impedisce le funzioni (più del 50% del tempo)
4
Per occhi, bocca, collo, tronco, arti superiori e arti inferiori
3. Scala del clono
Punteggio
0
1
2
3
Quantità di clono
Assenza
Non più di 1 o 2
Moderata
Sostenuta
4. Scala degli spasmi
17
Punteggio
0
1
2
3
4
Quantità di spasmi
Assenza
Non si manifestano spontaneamente
Spasmi spontanei occasionali, ma facilmente evocabili
1-10 spasmi spontanei in un’ora
Più di 10 spasmi spontanei in un’ora
Box 2. Scale utilizzate per la valutazione clinica di spasticità, spasmi, clono e distonie.
Se si decide di applicare la pompa è necessario, prima dell’impianto per l’infusione continua, verificare le reazioni del
paziente al baclofen intratecale con delle iniezioni di prova fatte per via lombare.
Ai pazienti vengono iniettati inizialmente 25, 50 e 100 microgrammi di baclofen. Vengono monitorati i parametri
vitali per alcune ore dopo la somministrazione, per rilevare eventuali reazioni al farmaco. Il tono muscolare viene
classificato con la Scala di Aswhorth nelle estremità 2, 4, 6 e 8 ore dopo l’iniezione, possibilmente dallo stesso
esaminatore, medico o terapista. Dopo 25 microgrammi il tono muscolare medio negli arti inferiori dovrebbe
diminuire di un punto o più nella Scala di Ashworth nel 68% dei pazienti, e un altro 17% risponde a 50 o 100
microgrammi. 8,9
Se per due valutazioni consecutive il tono si riduce di un punto, la risposta al baclofen è considerata valida e non sono
necessari altri test. Se non c’è risposta, il secondo giorno si iniettano altri 50 microgrammi di baclofen, e se i test sono
ancora negativi, 100 microgrammi il terzo giorno. La mancanza di risposta al farmaco può essere dovuta a dose
insufficiente, presenza di contratture agli arti inferiori che confondono la valutazione del tono muscolare, errata
iniezione lombare, mancanza di risposta al farmaco.
Queste prove di selezione iniziale possono comportare più punture lombari al giorno, che spesso causano cefalgie,
vomito e stanchezza che confondono la valutazione dell’effetto del baclofen. Normalmente l’iniezione del bolo di
prova è costituito da una dose standard di 50 microgrammi di baclofen, senza la necessità di sedazione, ma con
l’utilizzo di un anestetico locale in crema.
Un’altra possibilità è quella di fare delle prove di iniezione di baclofen per mezzo di cateteri intratecali, inseriti per via
transcutanea attraverso degli aghi di Touhy e fatti passare sotto la pelle per parecchi centimetri prima di uscire verso
un sistema chiuso di infusione. Questo sistema evita la necessità di punture lombari multiple, ma presenta un rischio
maggiore di meningite.
La domanda più ricorrente è se in base alla reazione al bolo è possibile prevedere i risultati funzionali dopo l’impianto
della pompa al baclofen; sfortunatamente non è possibile, perché la dose del bolo causa una sostanziale riduzione della
spasticità degli arti inferiori, e non di quelli superiori, solo per alcune ore, e quindi non è possibile valutare
immediatamente un eventuale miglioramento delle funzioni. 6,9
Dopo la verifica della risposta al farmaco si programma l’intervento chirurgico per l’impianto della pompa al baclofen.
TECNICA DELL’IMPIANTO
Al momento è in commercio negli Stati Uniti una pompa programmabile: la Syncromed Pump (Medtronic Inc.
Minneapolis, MN), che misura 7,5 centimetri di diametro e 2,8 centimetri di spessore, ed è di acciaio inossidabile
all’esterno, con un’apertura sulla superficie anteriore per il riempimento per cutaneo o per rimuovere il suo contenuto.
All’interno contiene un serbatoio per il farmaco, della capacità di 18 millilitri nella pompa di misura standard, 10
millilitri nel modello pediatrico, componenti elettronici, il meccanismo della pompa stessa e una batteria al
thilliocloruro di litio che funziona per 4-5 anni, a seconda della velocità di infusione.
Le pompe vengono inserite nei bambini in una tasca sottocutanea addominale laterale, sotto anestesia generale. La
pompa infonde il baclofen nello spazio subaracnoideo attraverso un catetere silastico, che viene fissato alla pompa e
convogliato sotto la pelle fino alla regione lombare, in cui viene inserito nella sacca tecale mediante un ago di Touhy e
guidato fino a un livello che varia secondo gli obiettivi terapeutici fissati. Se il bambino presenta spasticità localizzata
principalmente agli arti inferiori il catetere sarà posizionato a T11-12; se invece la spasticità è distribuita ugualmente
sia agli arti superiori che inferiori, il catetere viene fissato un po’ più in alto, per esempio a T8-10, per aumentare la
concentrazione di baclofen nella regione cervicale.
18
La pompa viene programmata mediante un computer esterno per convogliare un bolo di farmaco che riempie il
catetere intratecale, poi a convogliare un’infusione continua di baclofen ad una dosa giornaliera costante. La dose
iniziale dell’infusione consiste in generale del doppio della dose a cui il paziente ha reagito durante il bolo. Degli
antibiotici sono somministrati durante e dopo l’intervento chirurgico per ridurre il rischio di infezione della pompa,
che ne rischierebbe la rimozione. Inoltre si consiglia al bambino di rimanere disteso per 2 o 3 giorni, per evitare che il
liquido cerebrospinale raggiunga il catetere e provochi dei rigonfiamenti sottocutanei.
Le dosi di infusione intratecale continua di baclofen vengono aumentate lentamente dopo l’intervento (10%-20%
circa), finché il tono muscolare è diminuito percettibilmente e per permettere all’organismo di abituarsi alla nuova
condizione muscolare. La riduzione della spasticità agli arti inferiori si nota da 1 a 3 giorni dopo l’intervento e negli
arti superiori dopo altri 1 o 2 giorni.
Le pompe vengono ricaricate ad intervalli di 2-3 mesi col baclofen, disponibile in concentrazioni da 500 o da 2000
microgrammi per millilitro. Il dosaggio viene modificato con lo scopo di migliorare le funzioni, sia degli arti superiori
che degli arti inferiori, facilitare la cura. Quando il volume di baclofen rimasto nella pompa scende sotto il livello di
riserva, di circa 2 ml, o quando le batterie, dopo 4 o 5 anni, sono quasi scariche, suona un allarme all’interno della
pompa. Quando le batterie sono scariche, se il paziente intende continuare la terapia, la pompa va sostituita.
Le complicazioni più comuni sono collegate al catetere intratecale, che ora è stato riprogettato con pareti più spesse.
Col catetere iniziale era possibile che si sviluppassero delle infezioni che potrebbero necessitare la rimozione della
pompa, con una frequenza del 5%.
Nel caso sia necessario rimuovere la pompa bisogna ridurre lentamente la dose fino ad azzerarla e spegnerla, per
evitare di sottoporre l’organismo un cambiamento troppo brusco. Successivamente la pompa viene svuotata e rimossa.
Insieme al rischio infettivo, le dosi possono rivelarsi eccessive causando un’ipotonia profonda, senza conseguenze
neurologiche, ma che a volte può richiedere l’assistenza respiratoria, finché il baclofen in eccesso non viene
metabolizzato.
La rapida privazione di baclofen intratecale dopo l’infusione continua può causare crisi epilettiche, psicosi,
allucinazioni e disturbi visivi. Questi sintomi sono stati osservati nei bambini, sebbene pochi avessero avuto privazioni
dopo infusioni continue.
La reversibilità e la regolabilità di questo tipo di trattamento rappresentano dei grandi vantaggi perché permettono in
qualsiasi momento al paziente e alla famiglia di decidere come procedere, o se necessario, di rimuovere la pompa.
E’ molto importante inoltre educare la famiglia e il paziente sugli studi, il sistema della pompa, la medicazione, le
procedure, il follow-up, i potenziali rischi; mostrare i miglioramenti ottenuti con videoregistrazioni; incoraggiare a
parlare con altri bambini che hanno già fatto l’impianto, chiarificare le aspettative dei genitori, individualizzare gli
obiettivi.
La prima settimana dopo l’impianto il paziente può sembrare molto diverso da spostare, soprattutto se era molto
contratto prima dell’intervento. Il terapista deve essere cauto finché le ferite non saranno completamente richiuse
(circa un mese), e perché gli schemi di movimento saranno diversi. Alcuni pazienti dovranno imparare nuove strategie
per muoversi. Inoltre i sistemi di postura, le ortesi, gli ausili e le scarpe dovranno essere riviste per determinare le
eventuali modifiche da effettuare per adattarsi alle nuove esigenze del paziente. In particolare alcuni bambini
potrebbero avere bisogno di un sostegno maggiore a causa della debolezza iniziale e del cambiamento negli schemi
motorio.
La frequenza della terapia riabilitativa dopo l’inserimento della pompa dipende dallo scopo del trattamento.
Se l’obiettivo del trattamento con baclofen intratecale è quello di migliorare lo schema della deambulazione e ridurre
la fatica è necessario programmare il rinforzo muscolare, con una frequenza di tre volte la settimana. I muscoli che
risentono molto della spasticità, non sono mai stati utilizzati in tutta la loro potenzialità, perciò sono muscoli deboli;
con la riduzione della spasticità i muscoli vengono “sbloccati”, ma è necessario rinforzarli affinché possano essere
sfruttate al massimo l’effetto del farmaco per migliorare della funzione.
Se invece si tratta di una situazione più grave, in cui l’obiettivo è quello di facilitare l’assistenza e la terapia del
bambino, la frequenza delle sedute di trattamento rimangono quelle abituali, per mantenere l’escursione articolare e
prevenire deformità.
IL BACLOFEN NEI BAMBINI DISTONICI 18,19
Lo scopo primario del baclofen intratecale nella Paralisi Cerebrale Infantile è quello di ridurre la spasticità, ma i
risultati di alcuni studi suggeriscono che la pompa è potenzialmente un trattamento valido anche per le distonie, che
possono compromettere significativamente le funzioni motorie, causare dolore, e sono molto difficili da trattare.
La distonia è una frequente, involontaria e brusca contrazione muscolare che causa posture patologiche e movimenti
ripetitivi in torsione (Fahn 1998). La forma più comune è la distonia secondaria, che si trova associata a due
19
condizioni molto frequenti, la Paralisi Cerebrale Infantile e lesioni cerebrali traumatiche; è tipicamente generalizzata e
causa disabilità, dolore e deformità. 1,5
Il trattamento spesso è difficoltoso e frustrante sia per il paziente che per il medico, ed è costituito dall’assunzione di
terapie orali come baclofen, clonazepam, trihexyphenidyl e levo-dopa, ma in generale la distonia si riduce in pochi
pazienti.
L’uso del baclofen intratecale per la distonia, fu riportata per la prima volta da Narayan e coll. nel 1991.19 Furono
trattati 18 ragazzi con distonia generalizzata e si osservarono miglioramenti con dosaggi di 825 microgrammi/giorno,
una dose piuttosto elevata rispetto a quelle normalmente utilizzate per ridurre la spasticità.
Il meccanismo di azione del baclofen nella distonia è basato sulla teoria della funzione dei gangli della base e sul fatto
che i bambini con distonia secondaria associata a Paralisi Cerebrale Infantile spesso hanno lesioni ai gangli della base,
a livello del corpo striato, solitamente nel putamen. Questo tipo di lesione può ridurre l’inibizione del globus pallidus,
mediata dal GABA, determinando un’eccessiva stimolazione della corteccia motoria. L’aumento dei livelli di GABA
potrebbe inibire questa eccessiva eccitazione.
Albright e coll. (2001) 18,19 ha condotto uno studio per valutare gli effetti del baclofen intratecale sui pazienti con
distonia generalizzata. A 86 partecipanti con età compresa fra 3 e 42 anni (età media 13 anni) con distonia
generalizzata, associata a Paralisi Cerebrale Infantile nel 71% dei casi, non responsivi alle terapie orali, viene offerto
il trattamento con baclofen intratecale. La risposta al farmaco è testata con infusione continua, 72%, e con bolo, 17%
dei partecipanti affetti anche da spasticità. Il 91% ha risposto all’infusione continua e il 93% al bolo. La pompa viene
impiantata in 77 pazienti. I punteggi della distonia, calcolati con la Bad Scale a 3, 6, 12 e 24 mesi si sono
significativamente ridotti (p < 0,005), rispetto alle valutazioni pre impianto. La distonia si è ridotta maggiormente nei
pazienti col catetere posizionato a T4 rispetto a quelli che hanno il catetere a T6. Il 92% ha mantenuto la risposta al
farmaco per circa 29 mesi. I questionari dei pazienti rivelano che la qualità della vita e la facilità dell’assistenza è
migliorata nell’86% dei casi e l’eloquio nel 33% dei casi. Sono presenti effetti collaterali nel 26% dei casi, e
complicazioni chirurgiche, dovute ad infezioni, problemi del catetere o della ferita, nel 38% dei casi.
Questi dati confermano che l’infusione continua di baclofen migliora la distonia. La ragione per la quale funziona
meglio il baclofen intratecale rispetto ad altre terapie è di ordine farmaco-dinamico. Il baclofen assunto per via orale
viene assorbito rapidamente dal tratto gastro-intestinale, ma attraversa male la barriera ematoencefalica.
Il meccanismo d’azione del baclofen nella riduzione della distonia è sconosciuto. Sono però possibili due osservazioni:
1. I pazienti con distonia non rispondono a piccole dosi di bolo (da 25 a 50 microgrammi) alle quali i pazienti
spastici rispondono.
2. Quando ricevono l’infusione continua nella regione cervicale inferiore, non rispondono subito al farmaco, ma
dopo 3 o 5 giorni, il tempo necessario al baclofen per arrivare nello spazio subarcnoideo, e soprattutto rispondono
a dosaggi molto elevati (da 500 a 660 g/giorno) rispetto ai pazienti spastici.
In base a queste due osservazioni è intuibile che il sito d’azione del baclofen è intracraniale, probabilmente a livello
corticale. 18,19
In conclusione il baclofen intratecale sembra essere il miglior trattamento per la distonia generalizzata, in particolare
per la distonia secondaria, trattata inefficacemente con terapie orali.
20
100%
90%
80%
70%
60%
50%
92%
86%
40%
30%
33%
20%
38%
26%
10%
0%
risposta
QDV
eloquio
compl.
effetti coll.
Miglioramenti
Grafico A. Risultati dello studio di Albright sui miglioramenti ottenuti col
trattamento al baclofen intratecale nei pazienti distonici; le ultime due colonne
indicano le complicanze insorte e gli effetti collaterali.
IL BACLOFEN INTRATECALE E LA CHIRURGIA ORTOPEDICA 20,21
In passato la spasticità cerebrale veniva trattata principalmente dai terapisti, nell’intento di mantenere l’escursione
articolare e migliorare le funzioni. Inoltre, i bambini affetti da Paralisi Cerebrale Infantile necessitano interventi
chirurgici agli arti inferiori, per via delle contratture, deformità scheletriche e lussazioni. La chirurgia ortopedica
comprende allungamenti e releases muscolari e osteotomie; spesso queste operazioni devono essere ripetute perché la
spasticità continua ad agire sul sistema muscolo-scheletrico causando anomalie.
La combinazione di chirurgia ortopedica e trattamenti per la riduzione della spasticità ha un importante valore
preventivo, perché potrebbe ridurre l’incidenza delle deformità ortopediche progressive, che spesso sono presenti nei
bambini con Paralisi Cerebrale Infantile di tipo spastico.
Nel 1998, Gerszten e coll. 20 conducono uno studio retrospettivo su 48 pazienti con Paralisi Cerebrale Infantile di tipo
spastico trattati con baclofen intratecale, per accertare se la chirurgia ortopedica degli arti inferiori è necessaria anche
in questi casi.
Viene impiantata la pompa in 40 pazienti (84%) affetti da tetraplegia spastica e 8 (16%) affetti da diplegia spastica.
L’età dei pazienti è compresa fra 5 e 43 anni (età media 15 anni). Il periodo di follow-up è di 53 mesi (da 24 a 94
mesi). Il dosaggio medio di baclofen è di 306 μg/giorno (25-1350 μg/giorno). Prima dell’impianto di pompa, era stata
programmata la chirurgia ortopedica per 28 pazienti (58%), ma solo 10 (21%) vi si è sottoposto. In tutti i 10 casi la
chirurgia è stata pianificata prima della valutazione iniziale per la terapia con baclofen intratecale. Negli altri 18
pazienti, che non si sono sottoposti a chirurgia ortopedica, la spasticità si è ridotta a tal punto da non essere più
indicata la chirurgia ortopedica. Inoltre, 6 pazienti che si erano sottoposti a chirurgia prima dell’impianto, non hanno
avuto bisogno di più di un intervento dopo il trattamento della spasticità con baclofen intratecale.
21
100%
90%
80%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
21%
79%
ITB e poi Chirurgia
solo ITB
Pazienti trattati
Grafico B. Risultati ottenuti da Gerszten e coll. (1998) sulla necessità di chirurgia
ortopedica dopo impianto di pompa al baclofen. Su 38 pazienti con in programma
un intervento di chirurgia ortopedica, dopo l’impianto di pompa, solo per 10
(21%) si è rivelato effettivamente necessario l’intervento chirurgico
Da questi dati si può intuire che, il trattamento della spasticità con baclofen intratecale nella Paralisi Cerebrale
Infantile di tipo spastico riduce la necessità di chirurgia ortopedica agli arti inferiori 20,21. La spasticità, così come le
contratture, deve essere trattata prima di correggere chirurgicamente anomalie che potrebbero recidivare.
Nonostante l’efficacia del baclofen intratecale, molti bambini con Paralisi Cerebrale Infantile di tipo spastico
sviluppano contratture prima che sia trattata la spasticità e devono ricorrere a chirurgia ortopedica per correggere le
deformità. Uno studio prospettico su 74 bambini con spasticità afferma che il 61% si sottopone a chirurgia ortopedica
prima degli 8 anni; fra il 10% e il 20% necessitano più di un intervento. 20
Ci sono molti fattori che condizionano la necessità di chirurgia: la gravità della spasticità, le articolazioni coinvolte e
l’età del bambino.
La prospettiva futura del trattamento con baclofen intratecale è quella di evitare gli interventi chirurgici, finché la
terapia della spasticità permette il conseguimento degli obiettivi del trattamento.
METODI E PAZIENTI
LE VALUTAZIONI FUNZIONALI
Una valutazione è un’azione esplorativa diretta da uno scopo. (Fedrizzi, 2000) 22
La scelta e l’utilizzo di uno specifico trattamento dovrebbero essere basati su una solida documentazione clinica, e la
conseguenza diretta di un intervento dovrebbe essere il miglioramento di una funzione e della disabilità.
E’ importante misurare i risultati funzionali perché aiutano a fornire prove scientifiche alla pratica clinica; tali
valutazioni documentano i risultati della cura, rispetto alla situazione del bambino prima del trattamento, e sono
necessarie per il monitoraggio del progresso e del raggiungimento degli obiettivi. Inoltre è molto significativo per il
bambino e la sua famiglia perché li aiuta a mantenere la motivazione e permette di sapere quando è necessario rivedere
il progetto riabilitativo.
A questo proposito Suzann Campbell, fisiatra e fisioterapista, afferma 23:
“Offrire al paziente il miglior trattamento possibile, richiede un’accurata valutazione delle performances motorie che
permetta di identificare i problemi specifici e di quantificare i risultati”
Si effettuano delle valutazioni con lo scopo di (Ketelaar et al., 1998) 23, 24, 25:
22
Capire qual è l’indicazione del trattamento
Facilitare la scelta del trattamento
Valutare il trattamento e verificare che gli obiettivi siano stati raggiunti
Si incontrano numerose difficoltà nel lavoro di valutazione, per questo a volte si sceglie di non valutare per varie
ragioni: non si sa cosa misurare, non si hanno scale appropriate, c’è difficoltà nello stabilire rigore metodologico,
sorgono dubbi sull’utilità clinica delle scale, mancanza di tempo o di fondi per la formazione e l’applicazione delle
stesse.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità descrive il processo del funzionamento e delle disabilità nell’ICIDH-2 (2000)
17
:
Condizione di salute
(disturbo o malattia)
Lesione
Attività
(funzione e struttura)
Partecipazione
(limitazioni delle attività)
Fattori ambientali
(restrizioni della partecipazione)
Fattori personali
“Il funzionamento e le disabilità vengono considerati un’interazione o una relazione complessa fra la condizione di
salute e i fattori contestuali (cioè i fattori ambientali e personali). Tra questi fattori c’è un’interazione dinamica: gli
interventi a livello di un elemento potrebbero modificare altri elementi correlati. Le interazioni sono specifiche e non
sono sempre in una relazione biunivoca predicabile” (ICIDH-2).
Rifacendosi a questi principi, il National Center for Medical Rehabilitation Research (NCMRR), nel 1993, formula
questo modello per valutare l’efficacia di un trattamento6:
Disfunzioni
Limitazione
funzionale
LA PERSONA
CON DISABILITÀ’
E IL PROCESSO
DI
RIABILITAZIONE
Disabilità
Fisiopatologia
Limitazione
sociale
Questo schema suggerisce che le valutazioni dovrebbero andare oltre il livello dell’espressione della lesione, che è una
valutazione passiva e non informa sulla capacità motoria volontaria e sulla possibilità di svolgere determinate
funzioni; inoltre gli obiettivi dei pazienti sono spesso correlati all’autonomia, alla partecipazione e alla qualità della
vita.
L’espressione della lesione, cioè la disfunzione, resta comunque un parametro facilmente misurabile, sia dal punto di
vista quantitativo che dal punto di vista qualitativo. Ciò che si vuole valutare è se con il trattamento di questi sintomi
(riduzione della spasticità, contratture, debolezza), si riduce anche il grado di disabilità.
23
Ci sono numerose scale che permettono di valutare questo parametro:
Scala di Ashworth & Tardieu per la spasticità (vedi Box 2.)
Scala della forza muscolare
Controllo motorio selettivo (Boyd et Al. 1999)
Test sulla qualità del movimento: Gross Motor Performance Measure (GMPM)
Quality of Upper Extremities Skills Test (QUEST)
Nell’ultimo decennio sono state formulate nuove scale, che esprimono la necessità di effettuare delle valutazioni
all’interno di una patologia complessa come la Paralisi Cerebrale Infantile, ma anche l’aumento degli obiettivi
riguardanti le attività, la partecipazione e le prospettive dei pazienti.
Ogni scala di valutazione ha uno scopo ben preciso; può essere23,24,25:
Diagnostica, per stabilire una diagnosi clinica (MRI)
Discriminativa, per raggruppare i pazienti secondo le loro caratteristiche cliniche (Ashowrth)
Descrittiva, per stabilire il livello generale di performance (WeeFIM)
Predittiva, per correlare la performance presente con quella futura (GMFCS, TIMP)
Valutativa, per monitorare i cambiamenti nel tempo o in seguito ad un intervento
Generalmente ogni scala è formulata è specifica per uno o più scopi in una particolare popolazione: non è possibile
utilizzare una scala per uno scopo o una popolazione diversi. Per esempio la GMFM è tarata per la Paralisi Cerebrale
Infantile, la TBI, e la Sindrome di Down come una scala valutativa.
Ogni strumento deve inoltre rispondere a requisiti di:
Validità, deve indicare quale livello intende misurare
Attendibilità, la misura è coerente e libera da errori
Utilità
Sensibilità, deve poter indagare anche i piccoli cambiamenti
Molto importante è la Gait Analisys che fornisce informazioni spaziali e temporali sulla deambulazione (velocità,
distanza, stabilità), sulla motilità dei segmenti corporei (cinematica), sulle forze prodotte e assorbite (cinetica) e
sull’attività muscolare (elettromiografia).
Quando si sceglie una scala di valutazione bisogna considerare alcuni fattori come la possibile stanchezza o
frustrazione del bambino e della famiglia. Bisogna tenere presente inoltre che i bambini sono degli individui in crescita
e cambiano continuamente, anche senza alcun intervento specifico, e che i parametri che si possono misurare
cambiano con l’età.
Effettuare una valutazione funzionale consiste nel mettere in relazione la funzione motoria e le attività della vita
quotidiana, l’autonomia e la socialità.
Nella Paralisi Cerebrale Infantile sono utilizzate frequentemente alcune scale per la valutazione funzionale:
Gross Motor Function Measure (GMFM)
WeeFIM System
Pediatric Evaluation of Disabilty Inventory (PEDI)
Pediatric Outcome Data Collection (PODCI), utilizzata anche per altre patologie
Valutare la funzione motoria nei bambini con Paralisi Cerebrale Infantile, come in qualsiasi altro disordine
neurologico dell’età evolutiva, è molto difficile. Mentre il bambino sta maturando dal punto di vista motorio, lo
sviluppo può essere rallentato, può arrestarsi per un periodo di tempo più o meno lungo, i movimenti possono
diventare patologici e, in situazioni particolarmente sfavorevoli il bambino può regredire.
Una scala che misuri la funzione motoria di un bambino con questo tipo di patologia, dovrebbe basarsi sul normale
sviluppo motorio per riuscire a cogliere i problemi specifici determinati dalla Paralisi Cerebrale Infantile, rispetto alla
normale maturazione del Sistema Nervoso.
Questo lavoro di tesi fa riferimento alla mia esperienza in Reparto, pertanto nella trattazione di questo capitolo
saranno approfondite solo le prime due scale indicate nella pagina precedente, e la valutazione soggettiva..
GROSS MOTOR FUNCTION MEASURE (GMFM) 23,24
La GMFM è stata formulata per la valutazione dei bambini con Paralisi Cerebrale Infantile, e può essere utilizzata sia
in ambito clinico che in ambito di ricerca. La proposta di questo strumento è di misurare il cambiamento della motilità
globale nel tempo.
Molti terapisti suggeriscono che è molto utile anche per descrivere il livello motorio raggiunto dal bambino nella
crescita, per determinare gli obiettivi del trattamento e per informare in modo semplice i genitori del progresso del loro
bambino.
24
La GMFM è utilizzata per monitorare la funzione motoria sia dal punto di vista quantitativo che dal punto di vista
qualitativo, vale a dire esamina ciò che il bambino sa fare e come lo sa fare.
E’ composta di 88 items, che valutano varie attività della funzione motoria in 5 dimensioni:
Lying and rolling
Sitting
Crawling wnd kneeling
Standing
Walking, running, jumping
Tutti gli items sono tarati su un bambino di 5 anni con normali capacità motorie.
Il normale succedersi di tappe dello sviluppo motorio sono la base delle 5 dimensioni della GMFM: esse comprendono
attività a tappeto da prono e da supino, rotolare, stare seduto, gattonare, strisciare, camminare, correre saltare. Ogni
dimensione è sensibile ai deficit che ogni bambino ha manifestato.
Alla fine di ogni prova viene assegnato un punteggio basato su una scala di 4 punti per ogni item:
0. Non esegue la prova
1. Tenta
2. La completa parzialmente
3. Completa la prova
Il bambino ha 3 prove a disposizione per ogni item e per assegnare il punteggio viene considerata la best performance
delle tre. L’incoraggiamento verbale o una dimostrazione della prova sono permessi, così come fare una “prova”; se è
necessario il bambino può essere messo in posizione di partenza.
SETTING. I materiali richiesti per la valutazione sono quelli che si trovano normalmente in un centro di riabilitazione
(tappeti, bastoni, palle, …).
L’ambiente dove si effettua la valutazione deve incoraggiare il bambino a mostrare il massimo sforzo possibile: la
stanza deve essere abbastanza ampia per accogliere il materiale, il bambino e l’esaminatore; deve essere abbastanza
calda per garantire il comfort del bambino; il pavimento deve avere una superficie regolare e solida.
Il bambino deve sentirsi a proprio agio durante il test e se opportuno deve essere accompagnato da un genitore o da
una persona che si prende cura di lui: il bambino però non deve essere aiutato nello svolgimento degli items.
L’esaminatore deve assicurarsi che le condizioni del test siano confortevoli e costanti, in modo da ridurre al minimo le
modificazioni del punteggio provocate da perturbazioni ambientali.
Il bambino deve essere vestito poco per consentire all’esaminatore un’osservazione chiara: pantaloncini e maglietta
sono l’ideale. Inoltre deve essere valutato senza scarpe.
Se il bambino utilizza ortesi o ausili, tutti gli esercizi devono essere svolti prima senza e poi con i tutori.
TEMPO. Nella Paralisi Cerebrale Infantile la funzione motoria è più o meno compromessa, perciò con alcuni bambini si
riesce a somministrare tutta la scala in un’unica seduta di circa 45 minuti, con altri è più difficile ed è necessario
suddividere la valutazione in due sedute, altre volte non è possibile completare tutte le prove perché il bambino è
molto compromesso. Ciascun bambino ha i suoi tempi di risposta alle richieste che gli vengono fatte, tempi che a volte
sono estremamente prolungati.
Molti bambini possono diventare meno collaborativi quando percepiscono che si tratta di un esercizio perciò molti
items possono essere valutati basandosi su performances spontanee osservate nell’ambiente del test, per esempio
durante dei momenti di gioco. Alcuni giocattoli o materiali possono essere usati come incentivi. Se si ritiene che il
bambino sia capace di completare un item che rifiuta di superare, si può tornare a quella prova alla fine del test. Se il
bambino non collabora e la valutazione non riflette le sue reali capacità funzionali, dovrebbe essere programmata
un’altra seduta.
WEEFIM SYSTEM 23,25
La WeeFIM System è una scala di valutazione che documenta la performance funzionale nei bambini e negli
adolescenti con disabilità congenite, progressive o acquisite. E’ applicabile in diversi ambiti: durante un ricovero, a
casa o in comunità. Questa scala permette di valutare il livello di autonomia di un singolo paziente o confrontare
gruppi di pazienti con patologie simili.
La WeeFIM è costituita da 18 item che valutano i compiti essenziali della vita quotidiana nell’ambito dei tre gruppi
nei quali gli items sono suddivisi: self-care, mobility e cognition. E’ applicabile a pazienti dai 6 mesi ai 18 anni che
presentano ritardi funzionali o dello sviluppo. Si può compilare questa scala o da un’osservazione diretta o tramite
un’intervista a un genitore o a chi si prende cura del bambino.
Per ogni item si assegna un punteggio che va da 1 a 7, secondo questi criteri:
NESSUNA ASSISTENZA (Nessuna mano sul paziente)
25
7. Completa indipendenza: tutti gli obiettivi descritti sono realizzati con sicurezza senza modifiche, ausili o
aiuti e in un tempo ragionevole.
6. Indipendenza modificata: l’attività manifesta una o più delle seguenti condizioni:
a) un ausilio
b) più del tempo ragionevole
c) c’è pericolo che si faccia male
5. Supervisione o predisposizione/adattamento: il bambino richiede un’assistenza limitata ad una presenza
esterna, a stimoli costituiti da indicazioni, suggerimenti o esortazioni, senza che vi sia contatto fisico con la
persona che assiste in caso di attività motorie, suggerimenti o indicazioni in caso di attività cognitive. Oppure
la persona che assiste deve predisporre eventuali ausili o ortesi.
ASSISTENZA (Mani sul paziente)
4. Assistenza minima: c’è soltanto un minimo contatto fisico fra il bambino e chi lo assiste durante attività
motorie, o senza significativi suggerimenti o indicazioni per attività cognitive; il bambino produce il 75%99% dello sforzo richiesto.
3. Assistenza moderata: è richiesto un aiuto superiore al semplice contatto fisico, oppure il bambino produce
uno sforzo compreso fra il 50% e il 74% dello sforzo richiesto.
2. Massima assistenza: il bambino compie meno di metà dello sforzo, ma almeno il 25% dello stesso
1. Totale assistenza: il bambino completa meno del 25% dell’attività
La scheda si compila in 15-30 minuti, dipende da chi viene intervistato, dall’età del bambino, dalla complessità del
problema e dal livello di disabilità.
La WeeFIM misura le capacità funzionali di un bambino con disabilità, così come la definisce dall’Organizzazione
Mondiale della Sanità (1980):
“La disabilità è qualsiasi restrizione incapacità di svolgere un’attività nell’ambito della cura
personale, della mobilità e della comunicazione nel modo che è considerato normale”.
Ciò è molto importante per varie ragioni: definire gli obiettivi del trattamento, valutare gli effetti del trattamento, dare
un’idea del livello di disabilità.
LA VALUTAZIONE SOGGETTIVA
E’ una scala valutativa, non standardizzata, formulata in base agli effetti del trattamento che viene considerato ed è
utile per fare delle statistiche all’interno di un gruppo specifico, per esempio i pazienti trattati con baclofen intratecale,
o quelli sottoposti a chirurgia ortopedica. Per ogni trattamento è possibile costruire una scheda che il paziente, o chi si
prende cura di lui, dovrà compilare autonomamente, esprimendo in tal modo il suo parere riguardo ai risultati ottenuti
in seguito al trattamento.
Il modello che presento in questa tesi è quello utilizzato da alcuni anni nel Reparto dell’Ospedale dei Bambini “V.
Buzzi” per il follow-up degli impianti a partire dal settembre 1998, e successivamente rivisto e corretto.
I parametri considerati sono 28 e indagano su: la situazione dell’apparato muscolo-scheletrico, la cura personale,
l’alimentazione, gli spostamenti motori, le specifiche abilità motorie, l’utilizzo degli ausili, alcune abilità legate alla
sfera cognitiva. Per ogni parametro il paziente deve indicare, con una crocetta, se è lo reputa Molto migliorato,
Migliorato, Poco migliorato, Invariato, o Peggiorato. Infine viene richiesto di esprimere il grado di soddisfazione del
trattamento ricevuto.
Solitamente la scheda viene consegnata al paziente durante il day-hospital della prima ricarica, e successivamente ogni
3-6 mesi. Il paziente può compilarla quando desidera in tutta tranquillità, ma in alcuni casi si è rivelato necessario
assistere il genitore o il bambino nella compilazione, perché alcuni pazienti incontrano delle difficoltà nell’analisi e
nella comprensione del questionario; inoltre alcune voci possono avere un significato diverso a seconda del quadro
clinico e delle abilità del bambino.
LA QUALITÀ DELLA VITA 26
Nel campo delle valutazioni è nata l’idea di quantificare la partecipazione e la Qualità della Vita nei bambini.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità e il NCMRR hanno sviluppato dei modelli teorici della disabilità che sono
stati adattati anche sui bambini.
La salute condiziona la Qualità della Vita, secondo il tipo di disturbo e l’individuo che ne è affetto; la qualità della
vita è un concetto più complesso di quello di salute, perché è estremamente soggettivo e include la vita psicologica,
sociale, economica e familiare. I fattori che interagiscono con la Qualità della Vita sono legati all’ambiente di vita e
ad altri fattori personali.
26
L’obiettivo principale della United Cerebral Palsy Association, sulla base della definizione del concetto di salute
dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, è quello di “influenzare positivamente la Qualità della Vita delle
persone affette da Paralisi Cerebrale Infantile”. Per raggiungere tale obiettivo è stato necessario riuscire a
quantificare la relazione fra la disabilità e il suo impatto sul bambino e sulla sua famiglia, in quanto i normali
parametri clinici della disabilità (ROM, spasticità, distonie, …) non informano in modo preciso e valutabile
sull’effettivo miglioramento della Qualità della Vita dei bambini.
Si definisce la Qualità della Vita positiva quando sono soddisfatti i seguenti criteri:
Buon livello di salute e mantenimento, previsione e prevenzione di problemi secondari
Buon livello nelle attività della vita quotidiana
Produttività, possibilità di avere un’occupazione e di ricevere l’educazione
Capacità emozionali, cognitive e sociali che permettono una buona vita di relazione
La misurazione dell’Health-Related Quality of Life (HRQL) può essere di diverso tipo: generica, che valuta tutti
gli aspetti relativi alla salute su tutta la popolazione, e individualizzata, che valuta una popolazione affetta da una
particolare patologia (per esempio la Paralisi Cerebrale Infantile).
Valutare dei bambini spesso risulta difficile per il fatto che aspetti come la comunicazione, l’autonomia e il livello
cognitivo sono in continua evoluzione in un bambino. Inoltre le valutazioni sono spesso compilate dai genitori o
dall’esaminatore e non dai bambini stessi, o per importanti problemi di comunicazione, o per un basso livello
cognitivo, o semplicemente perché molto piccolo. A tal proposito viene introdotto il concetto di “doing stuff”, cioè
la percezione personale della Qualità della Vita: le scale di HRQL spesso non tengono conto di quali sono per un
bambino le esperienze quotidiane. Per esempio i genitori mettono al primo posto la mobilità e la cura personale; per
chi lavora con i bambini (infermieri, medici, terapisti,…) hanno molto valore l’umore, il comportamento del
bambino, e l’integrità della famiglia rispetto alla disabilità; per il bambino invece può essere di fondamentale
importanza potere giocare da solo, senza avere vicino per forza un adulto.
Alla luce di tali osservazioni, è importante tenere conto della valutazione della Qualità della Vita prima di prendere
decisioni sul tipo di trattamento. E’ necessario porsi alcune domande riguardo a:
Cosa è importante per il bambino e la famiglia nella loro vita di ogni giorno
Previsioni sul miglioramento della HRQL in seguito agli effetti del trattamento
Quali sono i bisogni espressi dal bambino
Quanto può influire il livello economico sull’effetto del trattamento
L’utilizzo clinico di alcune scale (Guyatt et Al. 1999) ha favorito l’emergere di alcune osservazioni. 26,27:
l’interpretazione dei punteggi delle valutazioni della Qualità della Vita nell’ambito della Paralisi Cerebrale Infantile
devono tenere conto dei diversi livelli di gravità della patologia. A volte una valutazione globale non considera
questo fatto, perciò la valutazione può non essere molto utile ai fini del lavoro clinico. Anche il dolore, molto
frequente nella Paralisi Cerebrale Infantile, o per la presenza di un PEG o di un sondino, o semplicemente per la
condizione di ossa e muscoli, incide sulla Qualità della Vita di un bambino, peggiorandone le condizioni.
Gli obiettivi da raggiungere dovrebbero basarsi su ciò che il bambino e la famiglia desiderano e la terapia deve
mirare a raggiungere livelli superiori nelle diverse aree di valutazione. E’ fondamentale avere ben presenti quali
sono gli obiettivi specifici per ogni bambino.
Le scale di HRQL possono avere dei limiti: possono valutare un miglioramento in seguito allo stesso tipo di
trattamento (per esempio BTX-A) in un bambino affetto da emiplegia ma non in un tetraplegico.
In base a questi studi, l’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda che le scale di valutazione pediatriche
dell’HQRL tengano in considerazione l’individuo, l’età e siano appropriate allo sviluppo del bambino stesso.
L’OMS intende inoltre focalizzare l’attenzione sul bambino e sulla famiglia, rendendo sempre più specifica la
valutazione e il trattamento della Paralisi Cerebrale Infantile, per esempio considerando separatamente i gruppi
clinici (diplegia, tetraplegia, emiplegia, …).
In conclusione è necessario formulare delle scale che misurino la Qualità della Vita specifica dei bambini affetti da
Paralisi Cerebrale Infantile. Le scale esistenti, generiche e individualizzate, sono molto limitate, e potrebbero essere
ulteriormente sviluppate per valutare gli effetti dei diversi trattamenti della spasticità sulla Qualità della Vita nei
bambini con Paralisi Cerebrale Infantile.
LA GAIT ANALYSIS
La Gait Analysis ha giocato nell’ultimo decennio un ruolo fondamentale nello studio del cammino normale e del
bambino affetto da varie patologie neurologiche come: la Paralisi Cerebrale Infantile, la spina bifida, la distrofia
muscolare e altre patologie neuro-ortopediche che provocano difetti e disturbi del cammino. Grazie a questo esame,
si migliora e si rende sempre più preciso e razionale l’iter decisionale e terapeutico in ambito ortopedico,
specialmente nella scelta dell’intervento chirurgico più idoneo agli arti inferiori, o per il trattamento della spasticità.
Negli Stati Uniti è considerato esame indispensabile ed irrinunciabile per il trattamento e la valutazione delle
patologie del cammino in età pediatrica.
27
La Gait Analysis si svolge in un Laboratorio (Motion Analysis Lab) diretto da personale specializzato (ingegnere
biomeccanico e terapiste della riabilitazione, specialista ortopedico), e attrezzato con telecamere ad alta definizione,
una pedana dotata di piattaforma barometrica, un elettromiografo di superficie ed un computer. L’esame prevede la
durata di 1 ora circa (può variare a seconda del numero di test richiesti e dal grado di collaborazione del bambino),
non provoca dolore o fastidi, anzi, risulta divertente, anche perché viene effettuato in un ambiente “a misura di
bambino”.
Le prove del cammino possono essere inoltre ripetute più volte e, se ritenuto necessario dal Medico, sono effettuate
anche usando ortesi od ausili per testare e quantificare il loro reale vantaggio funzionale rispetto alle esigenze
motorie del bambino.
Grazie all’introduzione di questo esame, si è ridotta notevolmente il rischio di interventi ortopedici “inutili se non
addirittura dannosi”, in quanto, valutando in modo dinamico ed oggettivo (grazie a telecamere e computer) il
cammino del bambino, si è in grado di scegliere l’intervento chirurgico con maggior cura e precisione.
La Gait Analysis permette inoltre di valutare in modo obiettivo i risultati clinici ottenuti con le terapie adottate, sia di
natura farmacologica (tossina botulinica e terapia al Baclofen intratecale), che chirurgica (allungamenti muscolotendinei, osteotomie) che riabilitativa.
L’esame, una volta elaborato, viene generalmente consegnato al Medico richiedente ed al paziente qualche giorno
dopo l’esecuzione. In particolare, l’elaborazione dei dati prevede il calcolo del Normalcy Index (NI), un numero
derivato dalla Gait Analysis che rappresenta di quanto il cammino di un soggetto con Paralisi Cerebrale Infantile
devia dal profilo di un cammino normale. 28
CASISTICA
Per la mia raccolta dati ho considerato i 127 bambini che, tra il settembre 1998 e il luglio 2002 nel Reparto di
Ortopedia Pediatrica dell’Ospedale dei Bambini “V. Buzzi”, hanno ricevuto l’impianto di pompa al baclofen. L’età
media è di 13,8 anni, e il gruppo è così suddiviso fra i vari gruppi clinici:
127 Pazienti
Altro 11%
Diplegia 15%
Tetraplegia 74%
Dei 127 pazienti 94 sono affetti da tetraplegia, 19 da diplegia, e 13 pazienti non sono affetti da Paralisi Cerebrale
Infantile ma presentano spasticità dovuta a traumi, infarti cerebrali e altro. Inoltre 13 pazienti (13,6%) presentano
distonia.
In particolare, durante il periodo di tirocinio (novembre 2001-luglio 2002) ho potuto seguire in maniera più
ravvicinata i nuovi impianti.
METODO
Gli esami clinici che sono stati eseguiti prima dell’intervento sono quelli pre-operatori e di routine, e un Rx rachide
dorso-lombare; inoltre, se possibile, è stata eseguita una Gait Analisys.
La valutazione clinica comprende: la scala di Ashworth per la spasticità, la scala dei cloni e la scala degli spasmi e
la Bad Scale per le distonie (vedi Box 2.).
Tutti i soggetti hanno risposto al bolo di prova.
La valutazione funzionale è stata effettuata con un video del cammino e/o dell’motricità spontanea per i casi più
gravi e, per quanto riguarda il periodo del mio tirocinio (Novembre 2001-Luglio 2002), con GMFM, WeeFIM
System e Valutazione Soggettiva, già utilizzata dal settembre 1998.
28
COMPLICANZE
Abbiamo riscontrato delle complicanze legate a diversi fattori:
problemi derivati dal catetere
liquorragia reversibile
infezioni
8%
14,5%
7%
La liquorragia, che si verifica più spesso nei bambini piccoli, si risolve con l’aspirazione del liquido e
l’applicazione di patch venosi.
Inoltre 12 pompe sono state rimosse, delle quali 3 per insoddisfazione.
RISULTATI
La mia raccolta dati interessa la valutazione dei miglioramenti, clinici e funzionali, nei bambini affetti da Paralisi
Cerebrale Infantile dopo il trattamento con baclofen intratecale.
Per la raccolta dei dati clinici sono stati utilizzate l’Ashworth per la spasticità e le scale dei cloni e degli spasmi; per
i dati funzionali ho utilizzato la WeeFIM e la Valutazione Soggettiva; la GMFM spesso non si è potuta applicare
per la gravità della maggior parte dei casi. Inoltre, per i pazienti in grado di camminare ho potuto riportare i dati
(Normalcy Index) della Gait Analisys, come parametro di confronto oggettivo.
In una prima parte saranno riportati i dati della valutazione clinica effettuata con la scala di Ashworth per la
spasticità, la scala dei cloni e la scala degli spasmi, che documentano l’effettiva efficacia del trattamento con
baclofen intratecale nella Paralisi Cerebrale Infantile.
In una seconda parte saranno illustrati i dati relativi alla Valutazione Soggettiva di tutti i 127 pazienti che hanno
ricevuto l’impianto, e cercherò di confrontarli con i risultati ottenuti con la WeeFIM, che è stata utilizzata solo a
partire dal novembre 2001. Infatti, è possibile confrontare le due valutazioni in quanto molti dei parametri che
vengono valutati sono confrontabili fra loro:
Valutazione Soggettiva WeeFIM
Igiene perineale Igiene perineale
Abbigliamento Vestirsi dalla vita in giù/dalla vita in su
Alimentazione Nutrirsi
Spostamenti quotidiani Cammino-carrozzina-gattonamento
Controllo degli sfinteri Vescica, alvo
Mettendo in relazione i dati delle due valutazioni è possibile stabilire un confronto fra il parere dei pazienti e
delle famiglie, cioè quello espresso nella Soggettiva, che considerano fattori come la fatica e la facilità, e un dato
più oggettivo come quello della WeeFIM, che invece valuta ciò che il bambino riesce a fare effettivamente, da
solo o assistito.
In una terza parte saranno illustrati i dati relativi alla deambulazione, ottenuti dalla Valutazione Soggettiva e
dalla Gait Analisys. Anche in questo caso sono stati confrontati dati soggettivi (Soggettiva: qualità del
cammino), e dati oggettivi (Normalcy Index).
Infine presenterò tre casi clinici che ho potuto seguire in maniera più approfondita, riportando i dati di tutte le
valutazioni effettuate; sono stati scelti queste tre pazienti perché rappresentano l’intera casistica considerata nel
mio lavoro di tesi, ovvero:
1. Pazienti con diplegia o tetraplegia spastica che camminano con o senza ausili, nei quali la spasticità rende
faticosa la stazione eretta e la deambulazione e causa un indebolimento degli arti inferiori.
2. Bambini con grave tetraplegia spastica, in cui lo scopo della terapia è facilitarne l’assistenza.
3. Pazienti con diplegia o tetraplegia spastica in età da chirurgia (6-8 anni), che camminano con o senza ausili, e
che fanno l’impianto di pompa al baclofen per ridurre la necessità dell’intervento chirurgico.
29
RISULTATI DELLA VALUTAZIONE CLINICA
La scala di Ashworth per la spasticità, la scala dei cloni e la scala degli spasmi sono valutazioni ufficialmente
riconosciute per il monitoraggio della variazione dei parametri clinici nella Paralisi Cerebrale Infantile; per questo
motivo si può affermare che i dati provenienti da queste valutazioni sono la prova dell’effettiva efficacia del
trattamento con baclofen intratecale nella Paralisi Cerebrale Infantile.
Facendo riferimento ai dati clinici relativi ai 127 pazienti che hanno ricevuto l’impianto nel Reparto dove ho svolto
il tirocinio, sono stati ottenuti i seguenti risultati.
4,3
4,5
4
3,5
3
2,5
2
1,5
1
0,5
0
2,9
2,2
1,7
Ashworth arti superiori Ashworth arti inferiori
Pre ITB
Post ITB
Grafico 1. La spasticità, misurata con la scala di Ashworth, passa da una media di
2,9 a 1,7 negli arti superiori (p<0,01) e da 4,3 a 2,2 negli arti inferiori
(p< 0,01).
30
2
1,7
1,3
1,6
1,1
1,2
0,7
0,8
0,4
0
Pre ITB
Cloni
Spasmi
Post ITB
Grafico 2. I cloni e gli spasmi si sono ridotti rispettivamente da una media di 1,7 a 1,1 e da
1,3 a 0,7 con p<0,01.
WEEFIM E VALUTAZIONE SOGGETTIVA
E’ possibile confrontare i dati delle due scale perché molti dei parametri considerati sono gli stessi. Tale confronto
mette in evidenza la differenza fra la valutazione soggettiva e oggettiva (WeeFIM) dell’efficacia del trattamento
con baclofen intratecale. Le aree che mi sono sembrate fondamentali da considerare sono:
Modalità di spostamento (mobilità), che comprende tutti i tipi di trasferimento effettuati dal paziente, compresa
la deambulazione
Cura personale, cioè l’alimentazione, l’abbigliamento, l’igiene personale e il controllo degli sfinteri
Autonomia personale (solo per la Valutazione Soggettiva)
La tabella e il grafico che seguono, mostrano le percentuali dei pazienti che hanno ottenuto dei miglioramenti dopo
l’impianto di pompa, per ognuno dei parametri indicati:
WeeFIM
Soggettiva
Mobilità
19%
52%
Alimentazione
35%
Abbigliamento
0%
0%
Igiene
0%
42%
Sfinteri
0%
18%
60%
31
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
Mobilità
Alim
Abb
Igiene
Sfinteri
WeeFIM
Soggettiva
Grafico 3. Percentuali dei pazienti che hanno ottenuto dei miglioramenti dopo l’impianto di
pompa al baclofen, per ognuno dei parametri indicati.
EFFETTO DEL BACLOFEN SULLA DEAMBULAZIONE
Uno degli obiettivi raggiungibili col trattamento con baclofen intratecale è quello di migliorare la qualità e la
quantità della deambulazione nei soggetti con Paralisi Cerebrale Infantile. In letteratura, è riportato che facendo
riferimento ai livelli funzionali relativi alla deambulazione (non cammino, solo per esercizio, in casa, in comunità),
in seguito al trattamento con baclofen intratecale il cammino migliora di un livello funzionale nel 37,5% dei casi, e
secondo il parere dei pazienti e dei famigliari il cammino migliora nell’83% dei casi. (P.C. Gerszten, Ped.
Neurosurgery, 1997).
Durante la mia raccolta dati ho individuato un gruppo di 16 pazienti affetti da diplegia spastica, con età media
16,12 anni, e dosaggio medio di Baclofen di 175 μg/giorno. I dati ottenuti dalla valutazione con Valutazione
Soggettiva, WeeFIM System e Gait Analisys, sono i seguenti:
Migliorato
Invariato
Peggiorato
WeeFIM (item 12)
19%
81%
0%
Valutazione Soggettiva (qualità)
56%
44%
0%
37,5%
37%
25%
Gait Analisys (NI)
32
100%
90%
80%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
Migliorato
Invariato
Peggiorato
WeeFIM (item 12)
Valutazione Soggettiva (qualità)
Gait Analisys (NI)
Grafico 4. Confronto dei risultati con diversi tipi di valutazione: WeeFIM, Valutazione
Soggettiva, Gait Analisys.
CASI CLINICI
C.K.J., 15 ANNI, DIPLEGIA SPASTICA
J. è nata a 37 settimane di età gestazionale ed ha una diagnosi di diplegia spastica.
La ragazza, prima di affrontare l’impianto della pompa ha subito due interventi di chirurgia ortopedica di
allungamento multiplo, e un periodo intenso di rinforzo muscolare.
Analizzando la videoregistrazione della deambulazione, si nota che la ragazza ha un buon controllo del capo, del
tronco e degli arti superiori; si muove utilizzando delle stampelle, indispensabili per ampliare la base d’appoggio e
far fronte al problema dell’equilibrio, che, con quello della spasticità, condiziona in maniera evidente la
deambulazione di questa ragazza.
J. avanza molto lentamente vicina al muro, insicura e a passi piccolissimi, a causa della tensione muscolare
provocata perlopiù dalla paura di cadere che dal suo normale tono muscolare; si sentirebbe molto più sicura se
accompagnata da qualcuno. Tutto il corpo è inclinato in avanti, tanto che quasi tutto il peso è portato dalle
stampelle. Il capo controlla il movimento degli arti inferiori, le spalle sono contratte, la sinistra è leggermente
depressa, così come gli arti superiori e il tronco. Gli arti inferiori sono estesi alle anche, flessi al ginocchio e
leggermente divaricati; l’appoggio del piede è in talo, sull’avampiede.
L’escursione articolare è molto ridotta a tutte le articolazioni.
J. riesce a coprire solo brevi distanze, data l’enorme fatica e la paura di perdere l’equilibrio.
Inoltre, i passaggi posturali e i trasferimenti sono molto difficoltosi a causa della paura della ragazza che si sente
più sicura se assistita da qualcuno che stia vicino a lei e che mantenga il contatto fisico.
Le valutazioni effettuate hanno messo in evidenza i seguenti risultati:
Ashworth arti inferiori
pre ITB
post ITB (3 mesi)
2
1
33
2
1
149 (161)1
99
Ashworth arti superiori
Cloni
GMFM
WeeFIM
Soggettiva2
400,71
Gait Analisys (NI)
1
2
1
0
160(195)
100
Rigidità
Scioltezza al
risveglio
Qualità cammino
Equilibrio
380,5
Il valore fra parentesi si riferisce al punteggio ottenuto con gli ausili
Sono indicati i parametri migliorati
L’impianto di pompa ha permesso a J. di sentirsi più sicura nella deambulazione, perché è aumentata la lunghezza
del passo ed è migliorato l’equilibrio. Ora la ragazza è in grado di compiere tratti più lunghi senza assistenza ed
effettuare autonomamente semplici passaggi posturali, come alzarsi da una sedia.
N.D., 5 ANNI, TETRAPLEGIA SPASTICA
D. è nato a 8 mesi di età gestazionale, ed ha avuto un parto difficoltoso; il bambino è affetto da una grave
tetraplegia spastica; manifesta un deficit visivo di tipo centrale, ritardo dello sviluppo psico-intellettivo ed epilessia.
Il bambino è stato preso in carico non appena le sue condizioni di salute l’hanno permesso, e da allora è stato
seguito sempre dalla stessa terapista. Inoltre da due anni frequenta la scuola materna.
D. ha raggiunto solo parzialmente il controllo del capo. Normalmente sta seduto nel seggiolone o nel passeggino,
oppure utilizza la statica da prono.
Seduto nel passeggino, che è accessoriato anteriormente di un tavolino, D. è rilassato, sorride se se gli si parla o si
gioca con lui. Riesce a seguire con lo sguardo degli items ad alto contrasto sia verticalmente che orizzontalmente,
riuscendo a controllare il capo, anche se con molta difficoltà. Reagisce al contatto con oggetti morbidi ridendo e
sgambettando. Il capo è reclinato verso destra, le spalle antepulse, gli arti superiori flessi e le mani semichiuse; gli
arti inferiori sono iperestesi, anche se a volte sono presenti dei movimenti in flessione, i piedi in equino-valgo.
In posizione supina, se stimolato ed aiutato, riesce a passare sul fianco e tenta di raggiungere l’oggetto a lui
presentato.
In posizione prona tenta di sollevare il capo dal tappeto, e se messo in appoggio sugli avambracci riesce a
mantenere la posizione per diversi secondi.
D. presenta la lussazione dell’anca sinistra e una cifosi dorsale molto accentuata.
Dopo l’impianto di pompa il bambino utilizza dei tutori AFO che stabilizzano gli arti inferiori.
Le valutazioni effettuate hanno messo in evidenza i seguenti risultati:
Ashworth arti inferiori
Ashworth arti superiori
Cloni
Spasmi
WeeFIM
Soggettiva
pre ITB
5
5
3
2
133
post ITB (3 mesi)
2
3
2
0
13
Rigidità, Dolore, Spasmi
e clono, Scioltezza al
risveglio,
Controllo sfinteri, Igiene
perineale, Abbigliamento,
Alimentazione,
Fisioterapia,
Controllo del capo,
Postura seduta, Controllo
del tronco,
Uso di ausili, Rendimento
scuola/lavoro, Umore,
34
Sonno
3
Il livello cognitivo non è stato valutabile al momento della valutazione
Inoltre le videoregistrazioni post-impianto dimostrano che, tenuto conto della gravità del quadro clinico, sia dal
punto di vista motorio che psico-intellettivo i risultati dell’uso di baclofen intratecale sono coerenti con gli obiettivi
prefissati. Si è notata una riduzione della scialorrea, soprattutto nella fase iniziale, e maggiore gestibilità nelle
attività della vita quotidiana. Una diminuzione della spasticità sia assiale che distale, permette a D. di controllare
meglio il capo e di riuscire a mantenere la posizione per tempi più lunghi; è migliorata la postura seduta. La terapia
permette anche delle facilitazioni nei trattamenti rieducativi.
F.V.E., 6 ANNI, TETRAPLEGIA SPASTICA
La piccola è nata pretermine (27 settimane), con peso alla nascita di 1100 grammi, e ha una diagnosi di tetraplegia
spastica.
Dal punto di vista motorio, la bambina 6 mesi da prona riusciva a sollevare il capo, a un anno ha raggiunto il rotolo
e a 2 anni ha acquisito il controllo del tronco e la posizione seduta. 4
La bambina, attualmente, si muove autonomamente: cammina e corre con sicurezza con un walker posteriore e
utilizza dei tutori AFO che le permettono maggiore equilibrio e stabilità nel passo; è molto sicura riesce bene a
mantenere la direzione e a correggerla, se necessario.
Durante la deambulazione è leggermente inclinata in avanti col tronco, l’atteggiamento degli arti inferiori risulta in
crouch, adduzione e intrarotazione, soprattutto l’arto destro: per questo motivo l’andatura è leggermente
asimmetrica.
Il passo è molto breve, ma l’andatura è spedita perché la piccola aumenta la frequenza dei passi. Il piede è in
equino, quindi l’appoggio è sempre in punta, a destra quasi sul bordo esterno del piede.
L’escursione articolare non varia né alla tibiotarsica né al ginocchio, per via della forte spasticità sia al
gastrocnemio che agli ischio-crurali, è la lunghezza del passo è data solo dalla flessione dell’anca, peraltro
modesta.
Prima di affrontare l’impianto di pompa al baclofen, la bambina ha effettuato delle inoculazioni di tossina
botulinica agli arti inferiori, con parziali risultati limitati nel tempo. La scelta del trattamento baclofen intratecale è
dovuta al fatto che la bambina è ancora piccola e una riduzione della spasticità potrebbe ridurre la necessità di
chirurgia ortopedica, o ritardarla.
Le valutazioni effettuate hanno messo in evidenza i seguenti risultati:
Ashworth arti inferiori
Ashworth arti superiori
Cloni
Spasmi
GMFM
WeeFIM
pre ITB
3
1
1
1
122 (148)1
92
Soggettiva2
Gait Analisys (NI)
1487
post ITB (3 mesi)
2
1
0
0
137 (148)
93
Spasticità, Spasmi,
Scioltezza al risveglio,
Controllo sfinteri,
Abbigliamento,
Spostamenti
quotidiani,
Autonomia,
Fisioterapia,
Utilizzo arti superiori
1464
35
1
2
con ausili
parametri migliorati
La riduzione della spasticità ha comportato un parziale miglioramento della deambulazione: la bambina riesce,
infatti, a compiere tratti più lunghi rispetto a prima dell’impianto, ma la rapida crescita ossea di E., e alcune
retrazioni musco-tendinee presenti, hanno limitato gli effetti del baclofen.
DISCUSSIONE E CONCLUSIONI
SCOPO DEL LAVORO
Lo scopo di questo lavoro è riuscire a dimostrare l’efficacia della terapia con baclofen intratecale, in particolare
verificare che la riduzione della spasticità, condizione che comporta delle limitazioni funzionali, comporta un
miglioramento della funzione motoria, tale da rendere i soggetti affetti da Paralisi Cerebrale Infantile più efficienti
sul piano funzionale. Una particolare attenzione è stata posta anche all’autonomia che, secondo noi, dovrebbe
essere la conseguenza diretta dei miglioramenti funzionali.
Infine sono stati utilizzati diversi strumenti di valutazione, oggettivi e soggettivi, oltre che per confrontare i nostri
dati con quelli della letteratura e quindi confermare la validità del trattamento, per avere la possibilità di
confrontare i dati, e trarre alcune conclusioni sulle aspettative dei pazienti e delle famiglie, sulla reale utilità ed
applicabilità delle scale utilizzate per quanto riguarda il trattamento del baclofen intratecale.
ANALISI DEI RISULTATI
I dati della valutazione clinica (Grafici 1. e 2.) ottenuti con strumenti oggettivi come l’Ashworth e le scale degli
spasmi e dei cloni, dimostrano la spasticità si riduce in media di 1,2 punti agli arti superiori e di 1,1 agli arti
inferiori. Inoltre sia gli spasmi che i cloni si riducono in media di 0,6 punti.
Questi dati corrispondono con quelli della letteratura 6, 8, 9. Pertanto si può affermare l’efficacia del trattamento con
baclofen intratecale nella Paralisi Cerebrale Infantile.
Passando ai dati raccolti con la Valutazione Soggettiva, dei 127 pazienti considerati nella mia casistica, 121 hanno
riferito un’effettiva riduzione della spasticità. I 6 rimanenti non hanno segnalato alcun miglioramento.
I 121 pazienti nei quali la spasticità si è ridotta hanno riferito dei miglioramenti significativi per i seguenti
parametri:
Abbigliamento
Spostamenti
Autonomia
Fisioterapia
36
100%
90%
80%
70%
72%
60%
60%
52%
50%
38%
40%
30%
20%
10%
0%
Abbigliamento
Spostamenti
Autonomia
Fisioterapia
Grafico 5. Miglioramenti ottenuti in seguito al trattamento con baclofen intratecale
nei pazienti che hanno riferito un effettivo miglioramento della spasticità, registrati
nella Valutazione Soggettiva.
Analizzando i dati raccolti, si può affermare che anche per quando riguarda i dati ricavati dalla Valutazione
Soggettiva corrispondono a quelli raccolti in letteratura6, 8, 9. Tuttavia, i miglioramenti sono abbastanza evidenti per
quanto riguarda l’abbigliamento, gli spostamenti quotidiani e la fisioterapia; non altrettanto si può dire
dell’autonomia. Da ciò si può dimostrare che il miglioramento delle capacità funzionali non sempre corrisponde a
un cambiamento nell’autonomia.
A confermare ciò, sono i grafici relativi al confronto fra la valutazione soggettiva, e la WeeFIM, che registra il
livello di autonomia (Grafico 3.). Si può notare dalle colonne relative alla Soggettiva, che il trattamento con
baclofen agisce sulla spasticità determinando un miglioramento evidente nelle attività della vita quotidiana come
l’abbigliamento, l’alimentazione, l’igiene, così come negli spostamenti, compresa la deambulazione, ma questi
cambiamenti, come risulta dalle colonne relative alla WeeFIM, non determinano un miglioramento globale
dell’autonomia personale. Infatti, i cambiamenti derivati dal trattamento con baclofen intratecale riguardano la
facilità, la fatica, la rapidità con le quali vengono svolte solitamente le attività, ma non interessano il passaggio
dalla dipendenza all’autonomia. Come documentano i dati della WeeFIM, l’autonomia non migliora
significativamente, tranne per quanto riguarda la Modalità di Spostamento, nei soggetti che camminano.
Osservando i dati e considerando il lavoro svolto a contatto con i pazienti, ho potuto inoltre trarre alcune
conclusioni sull’utilizzo delle scale di valutazione funzionale nella Paralisi Cerebrale Infantile.
Come già affermato, valutare dei bambini spesso risulta difficile per il fatto che aspetti come la comunicazione,
l’autonomia e il livello cognitivo sono in continua evoluzione in un bambino. Inoltre in una patologia complessa e
variabile come la Paralisi Cerebrale Infantile non è sempre possibile applicare tutte le scale di valutazione. Per
esempio la GMFM si è potuta utilizzare con pochi pazienti, in quanto gran parte dei bambini che scelgono il
trattamento con baclofen intratecale è affetta da grave tetraplegia spastica; pochi decidono di fare l’impianto con lo
scopo di migliorare la propria deambulazione. Per quanto riguarda la WeeFIM, si è rivelata una scala poco
sensibile nel caso del trattamento con baclofen intratecale, in quanto i miglioramenti registrati non dimostrano
significativamente l’effettiva efficacia del trattamento; essa, infatti, non considera fattori come la fatica, la facilità,
la rapidità con le quali si compie un’attività, che sono i miglioramenti che si ottengono con l’impianto di pompa, e
che migliorano considerevolmente la vita di questi bambini e delle loro famiglie. Inoltre bisogna tenere conto che
anche se un bambino fosse in grado di svolgere una delle attività considerate nella WeeFIM, spesso questo
richiederebbe una quantità di tempo che supera i limiti accettabili, pertanto le famiglie decidono comunque di
assistere il bambino per una questione di comodità e di organizzazione familiare. In questo caso il livello di
autonomia risulta molto basso, perché la WeeFIM non considera questi fattori.
37
Al contrario si è rivelata molto utile, oserei dire indispensabile, la valutazione soggettiva perché registra la fatica, la
facilità nel compiere le attività della vita quotidiana, e tiene conto anche di fattori come l’umore, la soddisfazione,
considererai molto importanti per i pazienti e le famiglie.
Considerando i dati sulla deambulazione (Grafico 4.), si possono confermare le conclusioni precedenti riguardo
all’utilizzo della WeeFIM nell’ambito della terapia con baclofen intratecale, in quanto è poco sensibile alle
variazioni funzionali conseguenti al trattamento. Sono invece più omogenei e confrontabili i dati della Soggettiva e
della Gait Analisys.
Alla luce di queste osservazioni, è molto interessante notare come i pazienti e le famiglie considerano l’impianto di
pompa al baclofen.
Su 127 pazienti, dei quali il 95,7% ha riferito un miglioramento della spasticità e solo il 38% dell’autonomia, l’83%
è soddisfatto e il 74% lo rifarebbe.
100%
90%
80%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
83%
74%
Soddisfatti
Lo rifarebbero
Grafico 6. Opinione dei genitori e dei pazienti riguardo
all’impianto di pompa al baclofen. Su 127 pazienti, dei quali il
95,7% ha riferito un miglioramento della spasticità e solo il
38% dell’autonomia, l’83% è soddisfatto e il 74% lo rifarebbe.
Questi dati sono molto importanti perché indicano che comunque, anche se il miglioramento non è decisivo per
quanto riguarda l’autonomia dei bambini affetti da Paralisi Cerebrale Infantile, ci sono molti fattori che possono
determinare l’approvazione del trattamento con baclofen intratecale: il solo fatto di sentirsi un po’ più rilassato o
vedere il proprio bambino seduto meglio nel passeggino, o nella carrozzina, rende più serena la vita di molti
bambini e delle loro famiglie, e i bambini che hanno raggiunto la deambulazione sono felici di poter camminare di
più e con meno fatica.
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