E` sbocciata la primavera marocchina

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E` sbocciata la primavera marocchina
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03/28/11 - E' sbocciata la primavera marocchina
Il Marocco democratico ha risposto in massa all'appello lanciato dal Movimento 20 febbraio:
migliaia di manifestanti, in tutte le città del regno, sono scesi in strada nel "giorno della dignità"
(domenica 20 marzo, ndr) per ribadire alle autorità che è ormai finito il tempo dell'autocrazia e del
dispotismo. "Il popolo vuole far cadere il regime", "makhzen (l'apparato tentacolare con cui la
monarchia impone il suo controllo assoluto, ndr) vattene! Dissoluzione del governo e del
parlamento!", gli slogan che riecheggiano da Tangeri a Laayoune fino alle piazze della capitale.
Difficile disporre al momento delle cifre complessive che hanno segnato una giornata storica per
tutti i democratici marocchini, pronti a continuare le dimostrazioni fino a che la loro piattaforma
non verrà accolta (tra le rivendicazioni, il riconoscimento della sovranità popolare e
dell'uguaglianza tra tutti i cittadini e l'instaurazione di una monarchia parlamentare): mamfakinch!,
"fino in fondo!", dicono apertamente i cartelli esposti dai manifestanti. Di certo la partecipazione è
stata ancor più numerosa rispetto alla prima giornata di protesta, domenica 20 febbraio, quando il
Movimento era riuscito a mobilitare circa 300 mila persone in cinquantatre località del paese. I
primi dati parlano di oltre 50 mila presenze a Casablanca, 10 mila a Rabat, Tangeri, Agadir, Fes e
Chefchaouen (una documentazione video è disponibile su YouTube e sul sito
www.mamfakinch.com), mentre gli organizzatori attendono ancora i riscontri dalle città e dai
villaggi delle regioni interne (Rif, Medio e Alto Altlante, Orientale e Souss).
Il silenzio dei media ufficiali in merito all'iniziativa è rotto soltanto da una breve nota diffusa nella
serata di ieri dalla MAP (l'agenzia stampa nazionale) secondo cui "le manifestazioni hanno
coinvolto in totale 35 mila persone che hanno scandito slogan contro l'aumento del costo della
vita e per il miglioramento delle condizioni sociali". Se la gran parte dei giornali ha ottemperato
alle direttive di Palazzo, ignorando o minimizzando la portata delle dimostrazioni e la vera natura
del malcontento popolare, il secondo canale della televisione pubblica, 2M, è andato ancora più
in là, accusando direttamente l'associazione islamica Giustizia e Carità di essere la vera artefice
della protesta e presentando il movimento guidato da shaykh Yassine come un'organizzazione
"illegale ed estremista". Pronta la risposta di Nadia Yassine, una dei membri di spicco
dell'associazione e figlia del fondatore Abdessalam: "sosteniamo la necessità di una nuova
dinamica sociale propositiva e innovatrice, di cui Giustizia e Carità, movimento non violento e
pragmatico, rappresenta solo una parte al fianco delle altre realtà, che non vogliamo
assolutamente prevaricare. Non abbiamo certo intenzione di gettare il Marocco nel caos, come
qualcuno vorrebbe far credere in questo momento".
In tutte le città le manifestazioni si sono svolte in maniera pacifica; la polizia, pur presente in forze
nei quartieri interessati dalle marce e dai sit-in in programma, ha lasciato sfilare i cortei
rinunciando all'atteggiamento repressivo e violento che aveva contraddistinto il suo operato nelle
scorse settimane. Tra gli episodi più gravi, l'intervento brutale registrato domenica 13 marzo a
Casablanca. In quell'occasione, come ricorda un comunicato di Amnesty International, "le forze di
sicurezza hanno fatto un uso ingiustificato della forza per disperdere il sit-in organizzato dal
Movimento 20 febbraio in piazza Mohammed V", lasciandosi dietro decine di feriti e mantenendo
in stato di detenzione (per 24/48 ore) almeno centoventi persone. Un simile intervento è sintomo
di "una regressione inquietante che svuota di senso la promessa fatta qualche giorno prima dal
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sovrano del Marocco di intraprendere una riforma costituzionale di fondo e di garantire il rispetto
dei diritti umani nel paese", ha dichiarato Philip Luther, responsabile dell'ong per l'area MENA
(Nord Africa e Medio Oriente). Lo stesso Luther aveva chiesto alle autorità marocchine, nel
comunicato diffuso pochi giorni fa dall'organizzazione, "di rispettare il diritto dei manifestanti ad
esprimere le proprie opinioni e rivendicazioni in maniera pacifica" e di "permettere lo svolgimento
delle dimostrazioni previste per domenica 20 marzo".
"Se il popolo vuole vivere..."
A mezzogiorno di domenica 20 marzo, nella capitale si respira aria di primavera. La temperatura,
non solo atmosferica, si riscalda e il sole africano è già alto quando la folla radunatasi a Bab
Lhad, circa 10 mila persone, si muove lungo l'avenue Mohammed V, puntando dritto verso il
parlamento. Il centro di Rabat è invaso da un fiume colorato di striscioni e bandiere, da una selva
di manifesti e megafoni che sfila sotto lo sguardo attento della polizia e delle forze ausiliarie. E' un
corteo pacifico e festoso quello organizzato dal Movimento 20 febbraio, ma ben determinato a far
sentire la propria voce e a rilanciare le rivendicazioni che hanno animato il paese da un mese a
questa parte. "Siamo più numerosi del 20 febbraio, a Casablanca ci sono 80 mila persone in
strada", esclama con entusiasmo Nizar, uno dei giovani promotori dell'evento, che poi continua:
"le mobilitazioni stanno prendendo sempre più vigore, nonostante la repressione subita nei giorni
scorsi e le promesse, insufficienti e ormai anacronistiche, fatte da Mohammed VI per guadagnare
tempo e fiaccare la protesta". "Il popolo ha detto no alle briciole offerte dal sovrano. Dopo la
giornata di oggi non ci sono più dubbi: la frattura tra la società e l'élite che la dirige non può
essere colmata dal sistema in atto", rilancia Oussama Khalfi, altro volto noto dei dissidenti
Facebook.
Di fronte all'assise nazionale oltre ai ragazzi del Movimento 20 febbraio, che hanno lanciato la
mobilitazione attraverso il social network, sono presenti le organizzazioni (circa ottanta) della
società civile confluite all'interno del CNAM (Consiglio nazionale di appoggio al movimento). Ci
sono i partiti politici della sinistra radicale, le ong per i diritti umani con in testa l'AMDH, le
associazioni amazigh e gli attivisti del movimento islamico Giustizia e Carità, tutti uniti sotto le
stesse parole d'ordine: "Dignità, libertà e giustizia sociale", "la monarchia non deve essere sacra,
la democrazia sì!", "il popolo esige la dissoluzione della polizia politica", "la holding reale deve
essere nazionalizzata". Dalla parte opposta del viale, intanto, un drappello formato da alcune
centinaia di persone ha raggiunto il resto del corteo. Sono le famiglie dei detenuti islamici finiti in
carcere in seguito agli attentati del 16 maggio 2003 a Casablanca. Anche loro hanno deciso di
partecipare alla protesta. "Vogliamo la liberazione dei nostri figli e dei nostri mariti, torturati dai
servizi marocchini e imprigionati ingiustamente, senza prove né un processo equo", dichiara una
donna ricoperta integralmente dal nikab corvino con in mano la foto del figlio Ahmed. Sono circa
mille, attualmente, i detenuti della salafiyya (etichetta con cui vengono indicati i seguaci degli
imam più radicali, ndr) rinchiusi nelle celle del regno, condannati a pene considerevoli senza
garanzie giuridiche in seguito alla promulgazione della legge anti-terrorismo. Nessuna inchiesta
sui veri responsabili degli attentati, invece, è mai stata resa pubblica.
La "marcia della dignità" si è conclusa nelle prime ore del pomeriggio, quando i manifestanti
hanno lasciato l'avenue Mohammed V con lo stesso atteggiamento pacifico con cui vi erano
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confluiti. A nulla sono servite le provocazioni lanciate da una ventina di loyalistes, giunti sul posto
allo scemare della protesta con in mano le foto di Mohammed VI. I loro timidi slogan "viva il re,
noi amiamo il nostro re, abbasso i traditori", sono stati ignorati dalla folla che ha risposto con la
più totale indifferenza. Tra gli ultimi ad abbandonare il sit-in formatosi in maniera spontanea di
fronte al parlamento Youssef, trentenne diplomé-chomeur (come la gran parte dei suoi coetanei),
attivista nelle file dell'Associazione marocchina per i diritti umani (AMDH). Youssef ha appeso al
collo un cartello, su cui ha ricopiato alcuni versi del poeta tunisino Abou El Kacem Chebbi dal
sapore vagamente profetico: "se il popolo vuole vivere, il destino non può far altro che
assecondare il suo bisogno. Le tenebre scompariranno, gli schiavi troveranno la libertà, il
dispotismo verrà abbattuto e il popolo riuscirà a trionfare". Il popolo marocchino ha "abbattuto" il
muro della paura e sta dimostrando di "voler vivere", con estrema consapevolezza e maturità. Il
destino (o chi per lui) sarà in grado di "assecondare questo bisogno"?
Scheda: Cos'è il Movimento 20 febbraio
"Sono un semplice essere umano che crede nella democrazia e nella possibilità di una vita
dignitosa per tutti i miei compatrioti", spiega la diciannovenne Tahani, oggi portavoce del
Movimento. Corporatura minuta e riccioli neri che sfiorano le spalle, Tahani sembra avere le idee
chiare nonostante la giovane età: "la nostra protesta ha come obiettivo immediato la dissoluzione
del governo e del parlamento in carica, poiché strumenti non rappresentativi del popolo
marocchino e nocivi ai suoi stessi interessi. Il passo successivo sarà la convocazione di
un'assemblea costituente indipendente, per la redazione di una nuova costituzione finalmente
democratica e garante dei diritti e delle libertà ancora oggi negate nel paese. Nel frattempo, un
governo provvisorio formato da personalità della società civile, dei sindacati e dei partiti politici, di
riconosciuta trasparenza, assicurerà la continuità delle attività esecutive". La giovane attivista
parla poi della necessità di imminenti riforme sociali "affinché tutta la popolazione e non solo l'élite
possa usufruire di un sistema sanitario ed educativo di qualità". Interrogata su quale sarà la forma
di Stato che il Movimento 20 febbraio immagina per il Marocco del futuro, Tahani non si sbilancia:
"la forma di Stato che uscirà dalla costituente non ci riguarda adesso, potrà essere monarchica o
repubblicana, purché assicuri libertà e democrazia".
Mehdi Bouchua, studente all'università Cadi Ayyad di Marrakech, ritorna sul destino da riservare
a Mohammed VI: "il movimento, costituito da differenti gruppi di giovani apparsi su Facebook, non
ha una posizione unitaria in proposito. Le rivendicazioni più condivise propongono una monarchia
parlamentare sul modello inglese o spagnolo, una piccola minoranza chiede apertamente il
passaggio al sistema repubblicano. In ogni caso la fine del monopolio monarchico sulla vita
politica ed economica del paese è per tutti una priorità. Il re non deve governare, chi comanda
deve essere scelto dai cittadini in assoluta libertà". Anche Mehdi, ventitre anni, fa parte del
Movimento 20 febbraio, lanciato da alcuni suoi coetanei attraverso il social network durante i
primi giorni della rivolta egiziana. "Il gruppo più numeroso si chiama «Il popolo vuole il
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cambiamento» e oggi conta quasi 14 mila aderenti. In totale siamo più di 30 mila su Facebook,
compresi gli infiltrati che si iscrivono per insultarci".
La denuncia di un sistema autocratico e corrotto e la necessità immediata di un cambiamento
sembra aver superato perfino le vecchie opposizioni ed i contrasti ideologici, raccogliendo i
consensi di una rappresentanza civile e politica trasversale. Oltre alle associazioni per i diritti
umani ed agli islamisti di Giustizia e Carità, anche i partiti della sinistra radicale, esclusi dal
parlamento, hanno confermato la loro presenza in piazza domenica 20 febbraio. Al loro fianco ci
saranno gli attivisti berberi, nemici storici dei marxisti-panarabisti nei campus universitari di
Meknes, Fes e Marrakech. "Per fondare il Marocco del futuro prima di tutto bisogna dimenticare
gli attriti sterili che ci hanno diviso ed indebolito in passato", afferma con voce fiera Mounir Kejji,
militante amazigh della prima ora e co-fondatore del centro studi Tarik Ibn Zyad.
(Interventi raccolti durante la conferenza stampa del Movimento 20 febbraio tenuta il 16 febbraio
nella sede dell'Associazione marocchina per i diritti dell'uomo a Rabat)
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