PER REGISTRARSI

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PER REGISTRARSI
IN QUESTO NUMERO:
La Commissione decide
riguardo a un aiuto italiano a
favore della promozione e
della pubblicità di prodotti
agricoli in Sicilia.
ISTITUZIONI
25 Paesi in “devolution”.
Dati in tema di “europee”.
POLITICHE E PROGRAMMI
Nuovo appello delle
Regioni Ue per la
sussidiarietà.
La Russia e l’allargamento.
Le nuove tecnologie
dell’informazione e della
comunicazione (NICT).
ALTRE NOTIZIE
La Commissione propone
un partenariato più forte per
le Regioni ultraperiferiche.
Regime Doganale
Allargato.
Agricoltura biologica: piano
d’azione atteso a metà
giugno.
APPUNTAMENTI ED
EVENTI
Le conferenze, gli incontri, i
seminari e le giornate
informative in Europa.
IN ALLEGATO:
BANDI E RICHIESTE DI
PARTENARIATO
La Commissione decide riguardo a un aiuto italiano a favore
della promozione e della pubblicità di prodotti agricoli in
Sicilia.
La Commissione europea ha deciso di chiudere il procedimento di
indagine formale in merito agli aiuti a favore della promozione e della
pubblicità di prodotti agricoli in Sicilia, adottando una decisione
parzialmente positiva per quanto riguarda l’aiuto a favore della
promozione e una decisione parzialmente negativa per quanto riguarda
l’aiuto a favore della pubblicità con rimborso degli aiuti eventualmente già
accordati.
Le misure di aiuto riguardano la partecipazione a manifestazioni
fieristiche, l’organizzazione di workshop a livello internazionale e la
pubblicità di prodotti agricoli tramite i mass media.
Sulla base della normativa in materia di aiuti di Stato attualmente
applicata a questo tipo di aiuti, la Commissione è giunta alla
conclusione che gli aiuti a favore della promozione sono compatibili
con il mercato comune, mentre gli aiuti a favore della pubblicità sono
incompatibili e non si può, quindi, dar loro esecuzione.
La Commissione ha, pertanto, deciso che gli aiuti a favore della
pubblicità debbano essere modificati conformemente alla normativa
in materia di aiuti di Stato e, qualora siano già stati accordati,
debbano essere rimborsati dai loro beneficiari.
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25 Paesi in “devolution”.
L’allargamento a 10 nuovi Paesi ha evidentemente accentuato le diversità esistenti all’interno
dell’Unione europea. Per evitare che le differenze tra gli Stati membri rappresentino un ostacolo a
un’Europa unita e pienamente integrata, va, anzitutto, realizzata una comprensione reciproca della
cultura e delle tradizioni di ciascun Paese membro, come pure dell’organizzazione politica e
istituzionale.
Riteniamo, quindi, particolarmente importante illustrare le tendenze in atto nei diversi Stati membri in
materia di “devolution”, per offrire un quadro completo dei ruoli svolti dai vari soggetti pubblici operanti
a livello sub-nazionale, soprattutto regionale e, altresì, al fine di individuare gli enti responsabili per
l’attuazione dei programmi comunitari nelle varie realtà territoriali e i destinatari di eventuali proposte di
cooperazione.
SPAGNA
In ragione delle aspirazioni delle diverse comunità territoriali dislocate sul territorio nazionale, nel 1978
è stata adottata per referendum popolare la Costituzione che consacra il principio dell’autonomia
regionale e sono state costituite 17 Comunità Autonome (corrispondenti alle nostre regioni) e due città
autonome (Ceuta e Melilla, situate sulla costa nordafricana). L’ordinamento istituzionale attuale è
quindi quello di uno Stato “quasi federale” in cui tutti gli enti di governo sono dotati di potestà legislativa
sui territori sottoposti alla loro autorità.
In sintesi, il riparto di competenza legislativa è il seguente:
COMPETENZA LEGISLATIVA DELLO STATO
L’articolo 149 della Costituzione elenca le materie in cui lo Stato ha legislazione esclusiva. Trattasi di
materie di rilievo nazionale, tra cui: relazioni internazionali; difesa; giustizia; ordinamento civile,
commerciale, del lavoro, penale; moneta, finanza e debiti di Stato; regolamentazione generale della
salute pubblica e coordinamento della legislazione regionale. Inoltre lo Stato ha legislazione nelle
materie che non sono di competenza esclusiva delle Comunità autonome e che non sono
contemplate nei rispettivi statuti (art. 149 cost. c. III ).
COMPETENZA LEGISLATIVA DELLE COMUNITÀ AUTONOME
In linea con quanto previsto dalla Costituzione, le Comunità autonome godono di un’autonomia molto
ampia. Sono competenti a legiferare in tutte le materie che non sono di competenza esclusiva dello
Stato e inoltre hanno competenza legislativa esclusiva nelle materie elencate all’articolo 148 cost.:
organizzazione delle loro istituzioni di governo; gestione del territorio; lavori pubblici, reti di trasporto ;
agricoltura, foreste, pesca, acquedotti; promozione dell’economia, cultura e ricerca; musei,
biblioteche e monumenti; turismo e sport; Stato sociale, salute e sicurezza pubblica.
L’elenco non è comunque esaustivo e la loro competenza legislativa può essere estesa ad altre
materie nei limiti stabiliti dall’art. 149 (legislazione esclusiva dello Stato).
Le Comunità autonome non godono tutte degli stessi poteri. In particolare, sono stati tracciati tre
percorsi per l’acquisto dell’autonomia in ragione del livello di integrazione sociale e politico
individuabile tra le diverse comunità territoriali:
l’articolo 151, intitolato “autonomia immediata”, ha stabilito che le “Comunità storiche”
diventassero autonome ipso facto. Queste sono la Catalogna, i Paesi Baschi, la Galizia, l’Andalusia e
godono dei poteri più ampi: oltre alla competenza loro assegnata dall’art. 148 si applica altresì l’art.
149 nella parte in cui si stabilisce che la competenza dello Stato relativamente a determinate materie
(ordinamento civile, commerciale, penale, del lavoro) deve essere esercitata nel rispetto
dell’ordinamento particolare delle Comunità in oggetto;
le Comunità autonome istituite secondo il procedimento previsto dall’art. 143 - su iniziativa
delle regioni interessate - sono quelle comprendenti province con storia, cultura e caratteristiche
economiche comuni e i territori insulari. I poteri di cui dispongono queste comunità sono quelli di cui
all’art. 148 comma I. Si tratta di Asturias, Cantabria, Rioja, Murcia, Aragona, Castilla, Valencia,
Extremadura, le Canarie e le Baleari. L’ordinamento dei due arcipelaghi corrisponde a quello delle
province;
l’art.144 prevede la possibilità che siano create altre Comunità autonome su autorizzazione
del Parlamento, ciò quando il territorio interessato non supera quello di una provincia e non ricorrono
le condizioni previste all’art. 143. In virtù dell’art. 144 sono state istituite Madrid e Castilla-Leon.
Anche in questo caso i poteri sono quelli di cui all’art. 148 comma I.
Infine, con un procedimento speciale introdotto in seguito ad una modifica costituzionale, è
stata istituita la Communidad Foral de Navarra, per la quale valgono alcune peculiarità proprie delle
“Comunità storiche” come la lingua ufficiale, concessa inoltre a Paesi Baschi, Catalogna, Galizia,
Valencia, Aragona e le Baleari. Inoltre Navarra, come pure i Paesi Baschi, la Galizia e la Catalogna,
gode di alcuni poteri normalmente esercitati a livello nazionale quali, ad esempio, quello di istituire
proprie forze di polizia.
COMPETENZE DELLE PROVINCE
Le province, in numero di 50, hanno potestà legislativa autonoma nelle materie relative alla gestione,
lo sviluppo e la tutela degli interessi delle rispettive comunità territoriali. Trattasi del coordinamento
delle amministrazioni locali d’intesa con le Comunità autonome e lo Stato; fornitura dei servizi
sovramunicipali e coordinamento di quelli municipali.
COMPETENZA DELLE MUNICIPALITÀ
Anche gli enti locali hanno potestà legislativa relativamente alle materie di interesse locale, tra cui:
sicurezza pubblica; gestione del territorio; beni culturali; protezione dell’ambiente; salute pubblica;
protezione dei consumatori; servizi sociali; fonti energetiche; trasporti pubblici. La responsabilità di
queste materie compete a tutti i livelli di governo e viene esercitata dai diversi enti in ragione del
territorio di riferimento.
Analogamente al processo in atto nel nostro Paese sul coinvolgimento delle regioni a partecipare alle
decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari, l’ordinamento spagnolo ha attribuito alle
Comunità autonome un ruolo decisivo in tal senso. Risale al 1990 l’accordo sulla partecipazione delle
Comunità autonome ai procedimenti davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione europea. Inoltre nel
1992 è stata istituita la Conferenza per gli Affari europei, un organo la cui attività è imperniata sul
dialogo e la cooperazione con gli enti regionali per il coinvolgimento degli stessi nella determinazione
a livello nazionale delle politiche comunitarie.
DANIMARCA
In Danimarca, il decentramento delle competenze ha avuto attuazione solo sul piano amministrativo.
Infatti, la potestà legislativa spetta esclusivamente allo Stato oltre alla responsabilità per la
regolamentazione di alcune materie, quali: forze di polizia, difesa e amministrazione della giustizia,
affari esteri, educazione superiore, Stato sociale, indennità di disoccupazione e ispettorato del lavoro.
La Danimarca è ripartita in 14 contee (corrispondenti alle nostre regioni) e 273 municipalità, con
l’aggiunta delle città di Frederiksberg e Copenhagen, che insieme comprendono un terzo della
popolazione danese e rivestono le competenze proprie sia delle contee che delle municipalità. Come
detto sopra, agli enti locali e regionali è rimessa solamente la gestione amministrativa delle materie
suscettibili di ottenere una migliore regolamentazione a livello subnazionale. Inoltre, tutti gli atti
amministrativi di tali enti sono sottoposti ad un controllo di legalità da parte del governo. In particolare,
le materie la cui gestione è rimessa alle contee sono: tutela della salute e ospedali, educazione
secondaria, cura dei disabili, attività culturali, trasporti pubblici regionali, piano regolatore regionale. La
responsabilità amministrativa delle municipalità concerne: tutela dell’infanzia e degli anziani,
erogazione delle pensioni di anzianità, educazione elementare, biblioteche, sport ed altre attività
culturali, agenzie di collocamento, servizi pubblici a livello locale, piano regolatore locale, accoglienza
dei rifugiati. Un’eccezione di rilievo è costituita dalla Groenlandia (comprendente 18 municipalità) e
dalle isole Faroe (50 municipalità) che, in ragione dell’autonomia loro riconosciuta rispettivamente nel
1979 e nel 1948, hanno legislazione propria e propri organi di governo.
ESTONIA
In ragione della limitata estensione del territorio e dell’esiguo numero di abitanti (1.400.000), l’Estonia è
un paese in cui la dimensione regionale non ha potuto trovare sviluppo considerevole. Pertanto, il
decentramento delle competenze ha trovato realizzazione a livello locale: la Costituzione del 1992 ha
consacrato il principio di sussidiarietà stabilendo che tutte le questioni locali devono essere affrontate e
risolte da Autorità locali autonome a meno che la legge dello Stato non disponga diversamente. La
ripartizione delle competenze avviene dunque tra lo Stato e gli enti locali ed è articolata nel seguente
modo:
lo Stato ha potestà legislativa esclusiva, oltre ad avere la responsabilità amministrativa per
le materie di interesse nazionale quali: giustizia; affari esteri; difesa; finanza pubblica; mantenimento
dell’ordine pubblico; infrastrutture; industria e commercio; istruzione; politica del lavoro; salute
pubblica. Infine spetta agli organi statali un generale potere di controllo su tutte le attività esercitate a
livello subnazionale;
a livello regionale non ci sono enti dotati di poteri autonomi. Le contee (Maakonnad) sono unità
amministrative decentrate dello Stato con a capo un governatore nominato dal governo su proposta
del Primo ministro di concerto con i rappresentanti dei governi delle municipalità rientranti in ognuna
delle 15 contee. Le materie la cui gestione è dislocata a livello regionale sono: tutela dell’ambiente;
sviluppo dell’economia e del territorio; controllo sugli atti degli enti locali autonomi; protezione civile. Le
contee rispondono del loro operato al governo centrale che organizza e coordina la loro attività.
Come detto sopra, la Costituzione ha previsto che la “Devolution” delle funzioni di governo
coinvolga esclusivamente gli enti locali. Questi pertanto dispongono di propri organi di governo, sono
autonomamente responsabili di tutte le materie di interesse locale (il Consiglio municipale è l’organo
dotato di poteri decisionali) ed hanno altresì autonomia finanziaria per l’esercizio delle loro funzioni. Le
241 municipalità, di cui 39 urbane e 202 rurali, sono responsabili in materia di: educazione primaria e
secondaria; Stato sociale; assistenza agli anziani; alloggi pubblici; fonti idriche; gestione del territorio;
strade pubbliche; trasporti pubblici; mantenimento dell’ordine pubblico; biblioteche municipali e musei;
sport.
Dal punto di vista della cooperazione internazionale, sempre per disposizione costituzionale è previsto
che gli enti locali possono partecipare ad unioni con enti locali di altri Stati. Ancora, l’Estonia è parte del
“B7 Group – Baltic sea seven islands cooperation network”. Infine, degna di menzione particolare è la
legge del 1993 sull’organizzazione dei governi locali il cui articolo 13 stabilisce che gli enti locali
possono diventare membri di organizzazioni internazionali e/o cooperare con tali organizzazioni.
LETTONIA
La Lettonia non ha ancora conosciuto un vero e proprio processo di “Devolution”. La potestà di
governo permane, infatti, in capo allo Stato che esercita altresì un controllo costante sugli enti locali e
regionali per il tramite del Ministro per lo sviluppo regionale e i governi locali. Lo Stato, quindi, ha pieni
poteri legislativi ed è responsabile delle seguenti materie: ordine pubblico, gestione del territorio (anche
a livello regionale), fonti energetiche, ordinamento della comunicazione, infrastrutture, alloggi, politica
economica, educazione superiore e ricerca, salute pubblica, stato sociale, cultura, sistema tributario,
poltica estera, difesa. Tuttavia, relativamente alle questioni di rilievo locale e regionale, il governo è
obbligato ad acquisire il parere dei rispettivi enti di governo prima di adottare qualsiasi atto che
direttamente li riguardi.
A livello regionale sono stati istituiti 26 distretti (Rajons). Il Consiglio distrettuale, composto da
rappresentanti degli enti locali, esercita le funzioni delegate da tali enti nel rispetto dell’interesse dello
Stato. La gestione a livello regionale concerne protezione civile e trasporti pubblici.
A metà tra le regioni e le municipalità stanno 7 città che godono di uno status particolare: non rientrano
in alcun distretto e rivestono le competenze proprie sia delle regioni che delle municipalità. Infine, a
livello locale, la Lettonia si compone di 535 municipalità, di cui 59 urbane e 476 rurali (Pagasts). Ad
esse spetta la responsabilità amministrativa in materia di mantenimento dell’ordine pubblico, piano
regolatore locale, ambiente, reti idriche ed elettriche, strade, sviluppo dell’economia, educazione
primaria e secondaria, salute pubblica, ospedali, stato sociale, cultura. La Lettonia ha ratificato nel
1999 la Convenzione dell’Unione europea sull’autonomia degli enti locali, tuttavia, tali enti continuano
ad operare sotto stretto controllo statale.
LITUANIA
L’avvio del processo di “Devolution” in Lituania è piuttosto recente. È, infatti, del 1994 la legge sulla
istituzione delle Unità amministrative territoriali con cui sono state create 10 contee (Apskritys) ed è
stato realizzato il decentramento a livello regionale di alcune attività amministrative. Soltanto nel 2000
è stata disposta la creazione delle regioni il cui ruolo sarà quello di enti di coordinamento delle attività
esercitate a livello locale. In particolare, verranno creati dei Consigli per lo sviluppo regionale che
saranno composti da governatori delle contee, sindaci, membri dei consigli municipali e rappresentanti
degli uffici di collocamento. Infine, di grande interesse è la legge del 25 giugno 2003 con cui è stato
sanzionato l’impegno del governo a decentrare alcune funzioni di governo. L’obiettivo prefissato è
quello di attuare una dislocazione delle competenze a livello regionale e locale in attuazione del
principio di sussidiarietà. Si tratta di interventi legislativi molto recenti, i cui effetti, pertanto, non
potranno che vedersi nel lungo periodo. Almeno per il momento, la Lituania resta uno Stato fortemente
accentrato.
La potestà legislativa spetta esclusivamente allo Stato in ogni area di intervento e a tutti i livelli. A
livello regionale al momento operano soltanto le contee, unità amministrative decentrate dello Stato
con a capo un governatore di nomina governativa. Alle contee è rimessa l’attuazione della politica
statale nelle seguenti aree: sicurezza sociale, formazione tecnica e professionale, salute pubblica,
gestione dei
gestione del territorio, tutela dell’ambiente e dei beni culturali, protezione civile, gestione dei
programmi nazionali e interregionali.
Le 60 municipalità (Savivaldybes) hanno una generale competenza amministrativa: esercitano in tal
senso tutte le funzioni che non siano espressamente riservate allo Stato. Gli atti da esse posti in
essere si dividono, in ragione del grado di autonomia loro concessa, in atti indipendenti, atti delegati ed
atti contrattuali. La responsabilità amministrativa delle municipalità è molto ampia: sviluppo locale,
piano regolatore locale, tutela dell’ambiente, trasporti pubblici, manutenzione delle autostrade,
istruzione primaria e secondaria, formazione professionale, ospedali, biblioteche, musei e centri
culturali, assistenza sociale, sicurezza pubblica, turismo.
In materia di cooperazione transfrontaliera, dopo aver ratificato nel 1996 la Convenzione europea sulla
cooperazione tra le Autorità territoriali, nel corso degli anni varie municipalità fanno adesso parte di
diverse Euroregioni.
Dati in tema di “europee”.
Il ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu, nella conferenza stampa di presentazione dei dati delle
elezioni del 12 e 13 giugno, ha annunciato che i candidati italiani al Parlamento europeo sono 1586. Di
questi, 534 sono donne. Rispettata, dunque, la ”quota rosa” del 30% prevista dalla riforma dell’art. 51
della costituzione. I rappresentanti italiani eletti con sistema elettorale proporzionale saranno 78.
Gli aventi diritto al voto sono 49.845.299 residenti in Italia, dei quali 24.000.587 uomini e 25.844.712
donne, ai quali si aggiungono 1.198.350 residenti in uno dei Paesi dell’Unione europea, dei quali
660.280 uomini e 538.070 donne.
Le sezioni elettorali sono state 61.712 in Italia e 1.042 presso i consolati degli altri 24 Paesi dell’Unione
europea.
Gli scrutini sono iniziati subito dopo la chiusura dei seggi.
Nelle 1.042 sezioni elettorali dislocate nei 24 Paesi dell’Unione europea hanno votato non solo gli
italiani residenti ma anche chi si trova in quei Paesi per lavoro o studio. Per votare, gli interessati
hanno avvertito il comune di residenza per ottenere un particolare certificato di voto o si sono rivolti al
consolato, il quale si è preoccupeto di avvertire il comune di residenza per evitare fenomeni di doppio
voto.
All'
estero, si è votato con un giorno di anticipo, ossia, dalle 17 alle 22 di venerdì 11 e dalle 7 alle 22 di
sabato 12, per consentire di riportare le schede in Italia, al fine di scrutinarle in contemporanea alle
altre.
Gli italiani residenti all'
estero hanno, inoltre, avuto la possibilità di scegliere se votare i candidati italiani
o quelli del Paese in cui risiedono.
'
'
Il dato sull'
affluenza in Italia e'uno dei più elevati in Europa e, fatto ancor più'significativo, segna una
netta inversione di tendenza rispetto alle precedenti elezioni europee'
'
. Pisanu, parlando nella sala
stampa al Viminale, è apparso soddisfatto per come si e'svolta la consultazione elettorale. '
'
La formula
dell'
election day, con l'
utilizzazione del sabato pomeriggio – ha sostenuto - si e'rivelata una scelta
decisamente felice. Non si sono registrate code significative nei seggi: è'stato fatto uno sforzo
organizzativo davvero notevole e tutto e'andato per il meglio. Si è verificato qualche inconveniente di
carattere tecnico, a cui si e'riusciti a porre rimedio rapidamente'
'
. Il ministro ha, inoltre, ricordato che si
sta sperimentando l'
impiego della carta d'
identità elettronica e lo scrutinio elettronico, che dovrebbero
concorrere a velocizzare le operazioni. L'
esperimento della carta d'
identità elettronica e'stato condotto
in questi giorni con circa 14 mila elettori su 61 seggi. '
'
Abbiamo visto - ha affermato Pisanu - che il
tempo di riconoscimento si e'ridotto da un minuto a 4 secondi'
'
.
Particolarmente buono e'il dato dell'
affluenza alle urne anche in considerazione del fatto che dall'
84 in
poi la partecipazione degli elettori era progressivamente calata. '
'
Ora, invece, - osserva il ministro risale di oltre 2 punti'
'
. E'stata del 73,1%, infatti, l'
affluenza alle urne per le elezioni europee registrata
in Italia all’orario di chiusura dei seggi elettorali. Nella precedente votazione per le elezioni del
Parlamento europeo, nel 1999, la percentuale dei votanti era stata pari al 70,8%.
In Sicilia, l’affluenza è stata del 60,5%, mentre nella precedente votazione era stata del 59,2%.
Una considerazione a parte va fatta sul voto degli italiani che hanno votato nel resto d'
Europa: il loro
numero e'calato al 10,8%: alle precedenti europee erano andati alle urne il 17,7% degli elettori. '
'
Può
darsi, però, - ha spiegato Pisanu - che molti nostri connazionali si siano avvalsi di votare sulle liste dei
paesi presso i quali si trovano'
'
.
Il dato più evidente che, tuttavia, emerge da questo voto dell'
Europa a venticinque è l'
astensionismo,
che fa segnare un nuovo record assoluto. La fotografia della realtà è stata fornita da un sondaggio
della Gallup. Solo il 44,6% degli aventi diritto si è recato alle urne: mai nelle precedenti elezioni era
stato raggiunto un tale livello di astensionismo. Rispetto alle precedenti elezioni, Francia e Germania
hanno raggiunto il loro record negativo, ma anche in Spagna la partecipazione è stata in calo. I più
restii a recarsi alle urne sono stati, però, i nuovi arrivati con un’unica eccezione: Malta.
Nuovo appello delle Regioni Ue per la sussidiarietà.
Nuovo pressing delle Regioni dell’Unione europea sulla Conferenza Intergovernativa per una
Costituzione europea che riconosca a tutti gli effetti il principio di sussidiarietà. Per dare più forza
alla loro richiesta, i membri della Commissione Affari costituzionali del Comitato delle Regioni,
l’organismo consultivo che riunisce i rappresentanti delle Regioni di tutti i Paesi dell’Unione europea,
hanno dato vita, a Berlino, nella sede del Bundesrat, la Camera alta del Parlamento, alla prima assise
sulla sussidiarietà, alla vigilia di due appuntamenti chiave per la politica europea, quali le lezioni del 13
giugno e la riunione del Consiglio europeo del 17 giugno, che potrebbe diventare una tappa decisiva
verso l’adozione di una Costituzione europea.
La scelta del Bundesrat non è stata casuale: la Costituzione tedesca contiene un implicito riferimento
al principio di sussidiarietà, che è uno dei fondamenti dell’organizzazione della Repubblica federale,
applicato nel ripartire le competenze tra Stato e Regioni.
Nei lavori della Convenzione, i rappresentanti del Comitato delle Regioni hanno fornito un importante
contributo perché il ruolo politico delle Regioni si concretizzasse, com’è accaduto, in una nuova
definizione del principio di sussidiarietà e in nuovi meccanismi di controllo.
Il Comitato delle Regioni invita, ora, i Capi di Stato e di governo a lavorare sulla base del progetto di
Costituzione, “un documento che rappresenta un incontestabile passo in avanti, soprattutto sotto il
profilo delle competenze e del principio di sussidiarietà”.
Le Regioni chiedono, tuttavia, che anche i candidati alle elezioni europee promuovano il progetto di
Costituzione così come insistono per la realizzazione di un dispositivo per la valutazione e il controllo
del principio di sussidiarietà.
La Russia e l’allargamento.
La conclusione della guerra fredda, alla fine degli anni Ottanta, ha sancito principalmente la vittoria del
sistema ad economia di mercato, dei paesi del blocco occidentale, sul sistema ad economia
collettivistica, dei paesi del blocco orientale. Tutti i paesi ad est della “cortina di ferro” hanno, così, dai
primi anni Novanta, desiderato cambiare il loro sistema politico da dittatoriale a democratico,
svincolandosi dalla lunga mano sovietica: un processo che ha portato con sé il passaggio da
un'
economia basata sui principi del socialismo ad un’economia basata sui principi del liberismo.
La maggior parte di questi paesi, in particolare la Polonia, la Repubblica Ceca, l’Ungheria, i Paesi
Baltici, dal primo maggio di quest’anno sono membri effettivi dell’Unione europea. Questa nuova
geografia, che ha spostato ad occidente quei paesi che per lungo tempo hanno affiancato la politica
sovietica, ha posto non poche problematiche nei rapporti che intercorrono tra la Russia ed i paesi
occidentali. Un esempio è il libero accesso della Russia al porto di Kaliningrad: con l’adesione
della Polonia e della Lituania all’Unione europea, la zona circostante al porto di Kaliningrad, nel Mar
Baltico, è diventata una zona di scambio europea. Questo ha comportato, per la Russia, un grosso
ostacolo nell’accedere liberamente al porto di Kaliningrad, che rimane pur sempre di sua
appartenenza territoriale.
Questo avvicinamento ad occidente non deve risultare come un “furto” degli occidentali di quei paesi
che per lungo tempo sono stati sotto l’egida della politica sovietica. E’, invece, necessario ed
imminente avviare nuove politiche di stabilità e di cooperazione tra la Russia ed i paesi
occidentali: il miglior modo rimane pur sempre quello di lavorare insieme e non ignorarsi l’un l’altro.
L’entrata dei 10 paesi vicini alla Russia nell’Unione europea determina necessariamente un forte
impatto economico sull’economia russa. E’ necessario potenziare i risvolti positivi di tale nuova
situazione. In particolare, il primo beneficio evidente è quello di aprire nuove vie di mercato
all’economia russa: gli esportatori russi potranno indirettamente usufruire di nuovi sbocchi
commerciali e i prodotti russi potranno essere esportati dal Portogallo all’Estonia.
Non dobbiamo dimenticare che la Russia rimane un paese con diverse difficoltà ed instabilità da un
punto di vista sia economico sia politico. Ricordiamo che è pur sempre un paese in fase di transizione,
che necessita ancora di importanti riforme che vanno dal settore pubblico a quello istituzionale.
Tuttavia, importanti passi sono stati fatti dai paesi dell'
Europa occidentale verso una salda
forte sostegno all’accesso della Russia nella
cooperazione. Questi ultimi hanno manifestato un forte sostegno all’accesso della Russia nella
World Trade Organization (WTO), soprattutto per quel che riguarda il settore energetico, quello delle
telecomunicazioni e quello dei servizi finanziari. E’ stato, infatti, firmato tra il commissario europeo del
Commercio, Pascal Lamy, e il ministro del Commercio e dello sviluppo economico russo, German
Gref, l’accordo che conclude i negoziati per l’entrata della Federazione Russa nel WTO. Dalle parole
del presidente della Commissione dell’Unione europea, Romano Prodi, si può facilmente dedurre la
volontà di cooperazione dell’Unione europea con la Russia. Quest’ultimo ha, infatti, così, affermato:
“L’Unione europea e la Russia rinsaldano le loro relazioni economiche e commerciali. Questo accordo
porta la Russia a un avvicinamento alla famiglia del commercio internazionale, il World Trade
Organization”.
L’accordo si è concluso con l’impegno della Federazione Russa di acquistare beni e servizi una volta
entrata nel WTO. I livelli tariffari medi che la Russia non potrà eccedere sono: il 7,6% per i beni
industriali, l’11% per i prodotti ittici e il 13% per i prodotti agricoli, per la carne e per il pollame fresco e
congelato. Queste ultime percentuali rappresentano il 15% del totale delle esportazioni agricole della
Russia per un totale di 600 milioni di euro per anno. Per quanto riguarda i servizi, la Russia si
impegnerà in diversi settori: telecomunicazioni, trasporti, servizi finanziari, postali, costruzioni,
distribuzione, ambiente, nuove agenzie e turismo.
L’accesso al WTO porterà la Russia in un sistema commerciale con regole precise e dettagliate, che
potranno garantire una maggiore trasparenza e prevedibilità dell’economia russa. Una maggiore
affidabilità nei confronti dell’economia russa da un lato attrarrà gli investimenti stranieri e dall’altro
fornirà le basi per una migliore governance economica. Si potrebbe, infatti, arrivare ad una più
completa politica concorrenziale, libera dai forti controlli statali per le esportazioni e dai limiti imposti
alla partecipazione di aziende straniere.
Come parte del processo di adesione al WTO, la Russia sta negoziando l’adesione al mercato
bilaterale con tutti i membri del WTO. L’Unione europea è il partner commerciale più grande della
Russia e l’accordo bilaterale Unione Europea – Russia è il più grande passo nel processo del WTO. La
Russia sta, inoltre, conducendo negoziati con USA, Giappone, Cina, Canada e Australia.
Le Relazioni commerciali: Unione europea – Russia.
L’Unione europea e la Russia hanno una solida relazione commerciale, che sta diventando sempre più
forte dopo l’allargamento dell’Unione europea. Da un lato, l’Unione europea è il più importante
partner commerciale della Russia, con il 50% del commercio totale. Dall’altro lato, la Russia è il
quinto partner commerciale dell’Unione europea dietro agli USA, alla Svizzera, alla Cina e al
Giappone.
Le relazioni politiche, culturali ed economiche tra l’Unione europea e la Russia sono sostanzialmente
regolate dall’Accordo di Cooperazione e Partenariato (PCA). Questo e’ stato firmato nel 1994, ma è
entrato in vigore solo nel dicembre del 1997. Sotto i termini del PCA, la Russia riceve lo status di
“Nazione più favorita”, ovvero, di nazione che non subisce alcuna limitazione quantitativa eccetto su
alcune esportazioni di alcuni prodotti di acciaio che, comunque, rappresentano solo il 4% del
commercio bilaterale. Il 27 aprile, la Russia ha esteso l’accordo PCA ai nuovi 10 membri dell’Unione
europea.
L’Unione europea e la Russia hanno aderito ad un Accordo Comune fondato sugli interessi della
Russia relativi all’allargamento e, in particolare, sui settori delle tariffe, dell’acciaio, della difesa
commerciale, dell’agricoltura, degli argomenti veterinari, dell’energia e del transito di merci da e per
l’accesso al porto di Kaliningrad.
L’allargamento dell’Unione europea ha semplificato e migliorato l’accesso degli operatori russi ai
mercati dei nuovi dieci paesi membri dell’Unione europea. La Russia, per la sua privilegiata posizione
geografica, può ottenere le migliori opportunità offerte dall’allargamento dell’Unione europea. Al
Summit Ue – Russia del maggio 2001, l’Unione europea e la Russia hanno discusso sulla necessità di
costituire uno Spazio Economico Comune. Il principale obiettivo di quest’iniziativa, che copre,
essenzialmente, tutto il commercio totale, è quello di arrivare ad una convergenza regolare attraverso
le eliminazioni delle barriere commerciali tra l’Unione europea e la Russia. Infatti, la convergenza
regolare permetterebbe agli agenti economici di operare sotto delle regole comuni in diversi settori,
ricoprendo un mercato di circa 600 milioni di consumatori.
La Russia sembra, ormai, definitivamente indirizzata verso il perseguimento di riforme economiche che
potranno, nel tempo, farla partecipare pienamente al circolo dei paesi ad economia di mercato.
Le relazioni tra i due attori Nato e Russia sembrano aver accresciuto il livello di cooperazione tra le due
parti. Queste ultime hanno dato vita al nuovo organismo “Work as equal partners in areas of
common interest”. Il nuovo organismo, presieduto dal Segretario generale della NATO, Javier Solana,
vuole essere strumento di consultazione, nonché organo preposto alla messa a punto degli schemi
d’intervento comuni definiti sulla base del consenso tra le parti.
Il processo di adesione si sta sviluppando con una “dinamica positiva”, sebbene deve ancora essere
conclusa la maggior parte delle trattative, delle riforme e dei cambiamenti strutturali. Il miglioramento
delle relazioni tra i due attori internazionali passa necessariamente attraverso un cammino di riforma
interno al paese che porta verso una maggiore liberalizzazione e una maggiore legalità economica.
L’impegno dimostrato dal governo russo per il raggiungimento dell’obiettivo che si era preposto nel
2000 e, cioè, raggiungere un tasso di crescita annuo del 5% entro il 2010, è stato ripreso lo scorso
20 febbraio dal Ministero per lo Sviluppo economico, dopo che il presidente russo Putin aveva
addirittura alzato il tiro, annunciando di voler perseguire l’obiettivo del 4,5% entro il 2005, nonché la
volontà di attuare politiche per rafforzare il settore manifatturiero e consentire una crescita fino al 7-8%
tra il 2007 e il 2015. La necessità primaria per realizzare un tale progetto è la diversificazione
dell’economia che consentirebbe di ridurre la dipendenza del paese dal settore dell’industria pesante e
dell’estrazione di materie prime.
Occorre, inoltre, un’accelerazione delle riforme non solo per ridare vigore all’economia, ma anche per
aumentare lo standard di vita della popolazione e diversificare gli investimenti. Ciò di cui si ha
veramente bisogno è, infatti, una maggiore flessibilità del processo economico.
La partecipazione al WTO e la creazione di alleanze strategiche con gli Stati Uniti e l’Unione europa
rappresentano uno dei cardini della politica estera russa. Tuttavia, Mosca è pur sempre attenta a
mantenere una certa forma di controllo sui territori che un tempo contribuivano a formare l'
Unione
Sovietica. In questo senso, è compito dell’Unione europea erigersi a guida di un saldo processo
di cooperazione, partenariato e integrazione reciproca.
CARO LETTORE,
i principali temi trasversali, ovvero, le idee ricorrenti che hanno un impatto strategico su tutte le priorità
e le misure dei fondi strutturali sono 3: sviluppo sostenibile, pari opportunità, nuove tecnologie
dell’informazione e della comunicazione. In questo numero, troverete un’ulteriore breve
presentazione del terzo tema, con l’indicazione dei documenti più importanti a cui fare riferimento.
Le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione (NICT).
TELECITIES (http://www.eurocities.org/).
Telecities è il maggiore network europeo istituito nell’ambito della “Società dell’informazione e della
conoscenza” e operante nel quadro dell’associazione Eurocities. Telecities è aperto alla partecipazione
degli organi di governo delle città europee. Attualmente, ne fanno parte più di 100 autorità locali
provenienti da 20 diversi paesi europei. Questo network, creato appositamente per promuovere la
“eCitizenship” a livello locale, è volto ad assicurare che tutti i cittadini possano beneficiare delle
opportunità offerte dalla “società dell’informazione e della conoscenza”. Per raggiungere questo
obiettivo, Telecities cerca di influenzare l’Agenda europea per fare in modo che si tengano in giusto
conto gli interessi delle città nella programmazione delle politiche comunitarie. Inoltre, promuove lo
scambio di buone prassi tra gli enti partecipanti, coinvolgendo anche i Paesi dell’Europa meridionale
per contribuire ai traguardi perseguiti dall’Unione europea con l’allargamento. Informa i membri sulle
politiche, i programmi e le iniziative dell’Unione europea che riguardano gli enti territoriali minori. Infine,
facilita e sostiene l’avvio dei progetti europei che possono costituire un’opportunità di sviluppo per gli
enti partecipanti. Quale network per lo sviluppo della ”Società dell’informazione”, Telecities è dedicato
anche all’organizzazione di conferenze, seminari, gruppi di lavoro, predisposizione di documenti e
progetti di cooperazione per il raggiungimento dei propri obiettivi: promuovere il diritto alla “eSecurity”
per tutti i cittadini europei; sviluppare un nuovo concetto di “eDemocracy” incentivando nuove forme di
partecipazione negli affari pubblici; assicurare che tutti i cittadini europei siano consapevoli della
“società della conoscenza” e ne sappiano sfruttare i benefici.
BEEP (www.beepknowledgesystem.org).
Finanziato nell’ambito del programma IST, questo sito fornisce un panorama delle migliori prassi poste
in essere attraverso l’utilizzazione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC).
Avvalendosi degli strumenti di ricerca usufruibili in rete si possono analizzare le soluzioni prospettate e
messe in pratiche dai diversi soggetti che si sono avvalsi delle TIC e trarne ispirazione.
eGOVERNMENT-VISION.TV (www.egovernment-vision.tv).
Questo sito è dedicato ad assistere le autorità locali che attuano le iniziative di modernizzazione
nell’ambito del programma eGovernment 2005. Esso fornisce documentazione dettagliata di
orientamento tecnico e metodologico in un formato facilmente fruibile ed interattivo. In particolare,
eGovernment-vision.tv tratta i seguenti argomenti: progetti nazionali; partenariati pubblico-privati;
condivisione e protezione di dati; eDemocracy; gestione delle relazioni con i cittadini; etc.
IDEA (www.idea.gov.uk).
Creato nell’aprile 1999 per aiutare i governi locali a sviluppare approcci innovativi alla gestione delle
collettività territoriali, IDeA concentra la sua azione sulle seguenti aree: servizi di eGovernment,
orientamento all’azione politica a livello locale, capacity building, promozione della cooperazione di tipo
partenariale tra attori di diversi settori (pubblico, privato, terzo settore).
La Commissione propone un partenariato più forte per le Regioni ultraperiferiche.
La Commissione europea ha proposto un partenariato più forte con le Regioni ultraperiferiche
dell’Unione europea. La nuova strategia è imperniata sui tre assi della competitività,
dell’accessibilità e dell’inserimento regionale e si iscrive nella riforma della politica europea di
coesione per il periodo 2007-2013. La Commissione ha, inoltre, formulato raccomandazioni in
merito all’attuazione di altre politiche comunitarie nelle Regioni ultraperiferiche.
Le proposte scaturiscono dal mandato conferito dal Consiglio europeo di Siviglia, che, nel giugno 2002,
invitava la Commissione ad approfondire l’attuazione dell’articolo 299, paragrafo 2, del Trattato,
relativo alle Regioni ultraperiferiche e, in particolare, nei settori dei trasporti e della riforma della politica
di coesione. Costituiscono, inoltre, la risposta al Memorandum presentato il 2 giugno 2003 dalle
autorità spagnole, francesi e portoghesi nonché dalle sette regioni ultraperiferiche (RUP).
Jacques Barrot, commissario europeo per la politica regionale, ha dichiarato: «Il rafforzamento del
partenariato per le Regioni ultraperiferiche riguarda tutte le politiche comunitarie. Esso si iscrive tanto
nelle linee d’azione della futura politica di coesione, quanto nello spirito del processo di Lisbona e
Göteborg. La nostra strategia è imperniata su tre obiettivi: il rafforzamento della coesione economica,
sociale e territoriale, lo sviluppo degli obiettivi di crescita, di competitività e della società della
conoscenza e la maggiore integrazione delle Regioni ultraperiferiche nella rispettiva zona regionale».
La comunicazione della Commissione prevede tre assi prioritari:
•
competitività: migliorare la competitività delle RUP mediante la creazione e lo sviluppo di
condizioni economiche favorevoli all’insediamento delle imprese;
• accessibilità: rafforzare l’impegno di coesione a vantaggio delle Regioni ultraperiferiche per ridurre
le difficoltà connesse alla lontananza, quali la frammentazione in arcipelago o l’isolamento in
Regioni poco accessibili. La riduzione di tali svantaggi e dei costi supplementari di produzione delle
Regioni ultraperiferiche rappresenta, infatti, una delle principali priorità dell’azione dell’Unione a
favore di tali Regioni;
• inserimento regionale: le Regioni ultraperiferiche e gli Stati terzi vicini si evolvono in un ambiente
regionale comune e, quindi, propizio allo sviluppo degli interscambi di beni e servizi. Per tale
motivo, occorre favorire l’inserimento delle RUP nell’ambiente geografico ad esse prossimo.
La comunicazione illustra gli elementi principali della futura strategia di sviluppo delle Regioni
ultraperiferiche, che sarà approfondita in una relazione che verrà presentata prossimamente alla
Commissione. La relazione, chiesta dal Consiglio europeo di Siviglia nel giugno 2002, comprenderà
inoltre, il bilancio delle misure attualmente applicabili alle RUP.
Per quanto riguarda la politica di coesione, le principali proposte della comunicazione si iscrivono nel
quadro generale della riforma di tale politica, di cui al terzo rapporto sulla coesione economica e
sociale adottato dalla Commissione il 18 febbraio 2004.
Conformemente a tale rapporto, tutte le Regioni ultraperiferiche saranno ammissibili a ciascuno degli
obiettivi della politica regionale in funzione del livello relativo di sviluppo: a titolo dell’obiettivo
«Convergenza», qualora il rispettivo PIL pro capite (misurato in standard di potere d’acquisto) non
superi il 75% della media comunitaria, oppure, negli altri casi, a titolo dell’obiettivo «Competitività
regionale e occupazione». Esse beneficeranno, inoltre, dell’obiettivo «Cooperazione territoriale
europea».
In questo ambito, la Commissione presenta due misure specifiche per consentire alle Regioni
ultraperiferiche di sviluppare tutte le loro potenzialità:
•
•
il programma specifico di compensazione degli svantaggi. Tale programma, finanziato dal
FESR per il periodo 2007-2013, è destinato a ridurre gli svantaggi specifici che si ripercuotono
sull’economia delle regioni ultraperiferiche ed elencati all’articolo 299, paragrafo 2, del trattato CE:
grande distanza, insularità, superficie ridotta, topografia e clima difficili, dipendenza economica da
pochi prodotti;
il piano d’azione «Grande vicinato», che si prefigge di ampliare lo spazio naturale d'
influenza
socioeconomica (compreso il trattamento della questione della migrazione delle popolazioni) e
culturale delle regioni ultraperiferiche. Si tratta di ridurre le barriere che limitano le possibilità di
scambi con i paesi dell’area geografica di tali regioni, molto distanti dall’Europa continentale ma
assai vicine ai mercati geografici dei Caraibi, dell’America e dell’Africa. Il piano d’azione «Grande
vicinato» prevede misure non soltanto in materia commerciale e doganale, ma anche nell’ambito
della cooperazione transnazionale e transfrontaliera.
Verranno, inoltre, attuate ulteriori misure nel quadro delle altre politiche comunitarie. La Commissione
prevede, tra l’altro, di avviare studi relativi alla valutazione dei costi supplementari che gravano sulle
Regioni ultraperiferiche nonché agli ostacoli all’accesso ai servizi di telecomunicazione. Le norme in
materia di aiuti di Stato, inoltre, verranno adeguate per consentire la maggiorazione di 10 punti
percentuali dei massimali d’intensità degli aiuti agli investimenti. Sarà confermato il carattere non
decrescente e non limitato nel tempo degli aiuti al funzionamento. Nel settore dell'
agricoltura e della
pesca, la Commissione intende mantenere il sostegno concesso alle Regioni ultraperiferiche (sostegno
specifico alle produzioni locali e azioni strutturali) per gli svantaggi di cui all’articolo 299, paragrafo 2,
del Trattato. Nel settore dei trasporti, andranno, inoltre, a vantaggio delle Regioni ultraperiferiche
modifiche relative alle procedure per introdurre gli obblighi di servizio pubblico o le regole de minimis.
Per maggiori informazioni, consultare il sito:
http://europa.eu.int/comm/regional_policy/themes/rup_it.htm
Regime Doganale Allargato.
Dal 1° maggio 2004, i 10 nuovi Paesi entrati a far parte dell’Unione europea (Cipro, Repubblica Ceca,
Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Slovenia e Slovacchia) sono entrati a far parte
anche dell’Unione Doganale Europea, con risvolti immediati sulle procedure dell’import/export.
L’Unione europea ha provveduto a ridefinire le norme doganali e dell’Iva che regolano il transito dei
beni da e verso questi nuovi Paesi.
Il Regime Doganale Allargato riguarda:
- tutti i beni non vincolati a un regime doganale nell’Unione dei Quindici o in uno dei nuovi Stati
membri al momento dell’adesione;
- i beni vincolati a un regime doganale prima dell’adesione, appurato, però, dopo l’adesione
stessa. In questo caso, tuttavia, é necessario verificare il carattere comunitario delle merci, in
modo da evitare che le merci sulle quali non sono stati pagati dazi doganali beneficino
ingiustificatamente dell’adesione.
Fanno eccezione quei beni che, alla data del 1° maggio 2004, sono vincolati a uno dei regimi doganali
sospensivi nei rapporti tra l’Italia e i nuovi Stati membri. Per questi beni si applica, infatti, un regime
transitorio definito dalla VI^ direttiva Iva, che, all’art. 28, disciplina:
- i beni entrati nell’Unione o in uno dei nuovi Stati membri prima dell’adesione e che, in quel
periodo, sono assoggettati all’ammissione temporanea con esenzione totale dai dazi
all’importazione o a uno dei regimi sospensivi citati all’art. 16 della VI^ direttiva Iva;
- le merci comunitarie vincolate, prima della data di adesione, al regime di transito comunitario o
ad altro regime di transito doganale;
- le merci che non hanno abbandonato tale regime alla data del 1° maggio 2004.
Le imprese si trovano, dunque, a dovere gestire una fase di passaggio in cui è importante individuare
la corretta procedura da seguire.
Agricoltura biologica: piano d’azione atteso a metà giugno.
E’ atteso per la metà di giugno il piano d'
azione per l'
agricoltura biologica nella sua forma definitiva che la
Commissione europea si e'impegnata a presentare al Consiglio Ue.
Il piano europeo dovrebbe rispecchiare l'
approccio messo a punto sotto la presidenza italiana dell'
Unione
europea e approvato nel dicembre 2003 dal Consiglio dei ministri europei dell'
Agricoltura.
Il Consiglio Ue si era pronunciato, secondo quanto indicato dal ministro delle Politiche agricole, Giovanni
Alemanno, per un chiaro segnale in favore dello sviluppo dell'
agricoltura biologica con regole lineari nella
produzione e nella certificazione dei prodotti.
In particolare, il testo prevedeva l'
approfondimento di alcuni aspetti importanti per il futuro sviluppo del settore, fra
i quali il rischio della contaminazione da organismi geneticamente modificati (Ogm). Su quest'
ultima questione e,
nello specifico, sulla presenza accidentale di Ogm autorizzati in sementi convenzionali o in sementi biologiche, la
Commissione europea non si e'ancora pronunciata.
Altri punti qualificanti del documento del Consiglio Ue del dicembre 2003, che dovrebbero ritrovarsi nel piano
d'
azione definitivo della Commissione europea, riguardano le iniziative per favorire il mercato dei prodotti da
agricoltura biologica, attraverso l'
informazione dei consumatori ed, eventualmente, la costituzione di un
organismo tecnico scientifico indipendente, nonché di un osservatorio economico di settore.
Il piano d'
azione dovrebbe anche favorire, come richiesto dal Consiglio Ue, una maggiore uniformità nei sistemi
dei controlli a livello europeo e la sua estensione a tutti i soggetti della filiera, compresa la distribuzione, per
aumentare le garanzia ai consumatori.
Le conferenze, gli incontri, i seminari e le giornate informative in Europa.
“In tema di innovazione”
14 – 15 giugno 2004, Dublino
European Venture Market
16 - 18 giugno 2004, Berlino
“L’innovazione nel settore pubblico”
17 – 18 giugno 2004, Dublino
"Prodotti alimentari: una nuova sfida dopo un secolo di progressi"
17 - 18 giugno 2004, Parigi
Conferenza internazionale sull'
alimentazione
17 - 18 giugno 2004, Dublino
Conferenza sull'
innovazione
20 - 24 giugno 2004, Oslo
Promuovere l'
inclusione sociale
23 - 25 giugno 2004, Le Havre - Haute-Normandie, France
Università estiva europea su innovazione e business intelligence
26 giugno - 16 luglio 2004, Cherbourg (Francia)
Conferenza internazionale di fisica nucleare
27 giugno - 2 luglio 2004, Gothenburg (Svezia)
Conferenza sul capitolo europeo per le piccole imprese
29 – 30 giugno 2004, Dublino
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