infusioni calde confrontate con altre metodiche

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infusioni calde confrontate con altre metodiche
QUESITO DI RICERCA
QUALI SONO I VANTAGGI E GLI SVANTAGGI DEL
RISCALDAMENTO DELLE INFUSIONI ENDOVENOSE
NEL MANTENIMENTO DELLA NORMOTERMIA NEL
DECORSO PERIOPERATORIO, RISPETTO AD ALTRI
METODI?
Autore Alex Puglierin
PICO
Tutte le persone adulte (= età a partire dai 18 anni), di
POPOLAZIONE
sesso
sia
maschile
che
femminile
in
fase
perioperatoria
INTERVENTO
Riscaldamento delle infusioni endovenose
CONTROLLO
Strategie alternative di riscaldamento
OUTCOME
Mantenimento
della
normotermia
nel
decorso
perioperatorio
Tabella I: Composizione del PICO.
RICERCA SPECIFICA
La ricerca specifica della letteratura è stata condotta da maggio fino agli inizi del mese di
settembre 2012. Sono state consultate a questo proposito le seguenti banche dati
mediche: MEDLINE – PUBMED, THE COCHRANE LIBRARY e TRIPDATABASE. Per la
ricerca della letteratura specifica sono state usate le seguenti parole chiave:
“Hypothermia”, “prevention”, “perioperative”, “fluid”, “fluid warming”, “warming”, “active
warming”, “forced-air”, “devices”, “thermal”, “management”, “temperature”, “monitoring”,
“termoregulation”, “normothermia”
L’operatore booleano utilizzato per la ricerca nelle banche dati mediche è stato “AND”.
BANCHE DATI
PAROLE
NR. ARTICOLI
ARTICOLI
CHIAVE
TROVATI
PRELEVATI
58
12
18
2
16
1
26
6
9
2
10
1
31
1
Perioperative
PUBMED -
AND
MEDLINE
hypothermia
AND prevention
Perioperative
AND fluid* AND
warm*
Forced-air
warming
AND
fluid warming
Perioperative
AND
normothermia
Intravenous AND
fluid* AND warm*
Thermal
AND
management
AND
perioperative
Temperature
AND
monitoring
AND
perioperative
AND
termoregulation
THE
Perioperative
COCHRANE
hypothermia
6
2
24
2
LIBRARY
Perioperative
AND
TRIPDATABASE hypothermia
AND fluid AND
warm
Tabella II: Risultati della ricerca nelle banche dati mediche.
1.1.1. CRITERI DI SELEZIONE DEGLI STUDI
I criteri per l’inclusione e l’esclusione degli studi sono stati definiti come segue:
POPOLAZIONE
La popolazione degli studi inclusi nella ricerca comprendeva tutte le persone adulte (di età
pari o maggiore di 18 anni), sottoposte ad intervento chirurgico. Non sono stati presi in
considerazione gli studi con una popolazione d’età inferiore.
TIPO D’IPOTERMIA
L’ipotermia trattata negli studi inclusi è di tipo accidentale. A questo proposito sono stati
scartati gli studi che trattavano l’ipotermia terapeutica od indotta per altri motivi.
ANNO DI PUBBLICAZIONE
Sono stati inclusi nella ricerca gli studi pubblicati dall’anno 2008 all’anno 2012. Sono stati
esclusi gli studi meno recenti, vale a dire fino al 2007 compreso.
TECNICA DI RISCALDAMENTO
Gli studi inclusi mettono a confronto la tecnica di riscaldamento delle infusioni
endovenose con altre tecniche di riscaldamento del paziente oppure confrontano l’efficacia
del riscaldamento delle infusioni endovenose con una somministrazione standard a
temperatura ambiente.
La ricerca nelle diverse banche dati ha prodotto un campione complessivo di 28 studi
scientifici. Seguendo i criteri d’inclusione ed esclusione citati sopra, sono stati estratti 6
articoli scientifici, riportati di seguito. La ricerca ha inoltre riportato due linee guida.
o National Collaborating Centre for Nursing and Supportive Care, Commissioned
by the National Institute for Health and Clinical Excellence (NICE). Alexander R.
et al. (2008). Clinical Practice Guideline: The management of inadvertent
perioperative hypothermia in adults
o Hooper V.D. et al. (2010). ASPAN’s evidence – based clinical practice guideline
for the promotion of perioperative normothermia: second edition.
RISULTATI
Nella tabella III si riportano i risultati della ricerca:
studio 1
TITOLO, AUTORE, A randomised single blind study of the administartion of pre –
ANNO
warmed fluid vs active fluid warming on the incidence of peri –
operative hypothermia in short surgical procedures
J.C. Andrzejowski, D. Turnbull, A. Nandakumar, S. Gowthaman, G.
Eapen
2010
TIPO DI STUDIO
RCT
SCOPO
Lo scopo di questo studio era di analizzare la differenza in termini
di
temperatura
corporea
centrale
nei
pazienti
dopo
somministrazione di 1 L d’infusioni endovenose riscaldate tramite
“warming cabinet” a confronto con 1 L d’infusioni endovenose
riscaldate tramite “in – line warmer”. Inoltre si propone di osservare
le differenze nell’incidenza dell’ipotermia postopertaoria tra il
gruppo che ha ricevuto i fluidi riscaldati a confronto con quello che li
ha ricevuti a temperatura ambiente.
CAMPIONE
Il campione comprende 76 pazienti
METODO
Dopo l’approvazione del comitato locale di etica della ricerca, con
un consenso informato scritto sono stati reclutati 82 pazienti adulti,
tutti con stato fisico ASA classe I – II, candidati ad intervento
chirurgico elettivo in anestesia generale di durata pari o inferiore a
30 minuti. I criteri d’esclusione erano i seguenti:
 Intervento in laparoscopia
 Intervento con uso di soluzioni d’irrigazione
 Intervento con perdita ematica stimata > 200 ml
 Uso di farmaci come ACE – inibitori, calcio – antagonisti e
nitrati
Degli 82 pazienti reclutati, 6 pazienti sono stati esclusi: due per
l’annullamento
dell’intervento,
due
perché
è
stata
scelta
un’anestesia regionale e due per mancanza dei fogli di raccolta dei
dati.
Tramite un computer, i 76 pazienti rimanenti, sono stati assegnati
casualmente ad uno dei tre gruppi stabiliti a seconda del
riscaldamento ottenuto: 1) “room temperature” con 25 partecipanti;
2) “in – line warmer” con 25 partecipanti; 3) “warming cabinet” con
26 partecipanti. I gruppi erano comparabili per le caratteristiche dei
pazienti, per le temperature ambientali del blocco operatorio, per la
temperatura centrale dei pazienti al momento dell’induzione
dell’anestesia e per la durata dell’anestesia.
INTERVENTI
Nel primo gruppo (“room temperature”), è stato somministrato 1L di
soluzioni infusionali endovenose a temperatura ambiente. I
partecipanti del secondo gruppo hanno ricevuto 1L di soluzioni
infusionali endovenose riscaldate a 39°C tramite un dispositivo “in
– line”. Nel terzo gruppo è infine stato somministrato 1L di soluzioni
infusionali endovenose preriscaldate per almeno 8 ore a 41°C in un
“warming cabinet”.
La temperatura corporea centrale preoperatoria e postoperatoria è
stata misurata tramite un termometro timpanico. La misurazione
veniva effettuata in entrambi gli orecchi ed il valore più alto era
quello usato per l’analisi. Per la misurazione intraoperatoria veniva
inserita a tutti i pazienti una sonda esofagea, approssimativamente
a 15 cm di profondità. La temperatura centrale era misurata ad
intervalli di 10 minuti per l’intera durata dell’intervento. È stata
misurata anche la temperatura ambientale (del blocco operatorio).
Le soluzioni endovenose sono state infuse in circa 25 minuti,
usando uno spremisacca se necessario.
All’arrivo del paziente nel reparto di degenza, la temperatura
corporea veniva misurata nuovamente a livello timpanico.
RISULTATI
All’arrivo in reparto di degenza sono emerse differenze significative
tra i tre gruppi in termini di temperatura corporea misurata a livello
timpanico (P = 0.008); tuttavia, fra i tre gruppi non è stata rilevata
alcuna differenza di temperatura esofagea al momento del termine
dell’anestesia (P = 0.073). Nel reparto di degenza, le differenze
significative di temperatura corporea si sono registrate fra il gruppo
3 (“warming cabinet”) ed il gruppo 1 (“room temperature”) (P =
0.006). Non sono invece state rilevate differenze statisticamente
importanti tra il gruppo “in – line warmer” ed il gruppo “warming
cabinet” (P = 0.769), e neanche fra il gruppo “in – line warmer” ed il
gruppo “room temperature” (P = 0.15).
Considerando l’ipotermia postoperatoria, la percentuale dei pazienti
ipotermici (< 36°C) alla fine dell’intervento chirurgico, risultava
essere minore nei due gruppi delle infusioni endovenose riscaldate
(gruppo “in – line warmer”: 4 pazienti (16%); gruppo “warming
cabinet”: 3 pazienti (12%)), rispetto al gruppo trattato con infusioni
a temperatura ambiente (8 pazienti (32%); P = 0.03)
IMPLICAZIONI PER Un calcolo matematico dimostra che la somministrazione di 1 L
LA PRATICA
d’infusioni endovenose a temperatura ambiente diminuisce la
temperatura corporea centrale di approssimativamente 0.25°C in
un adulto medio (ca. 70 kg). Il “National Institute for Health and
Clinicla Excellence” (NICE) definisce clinicamente importante una
diminuzione della temperatura corporea di 0.2°C. Questo studio
rinforza le linee guida sulla prevenzione dell’ipotermia accidentale
perioperatoria
sviluppate
proprio
dalla
NICE,
sottolineando
l’importanza del riscaldamento delle infusioni endovenose come
strategia di prevenzione dell’ipotermia perioperatoria.
Grazie a questo studio è stato possibile dimostrare, che la
somministrazione di 1 L d’infusioni endovenose riscaldate in
pazienti sottoposti ad intervento chirurgico di breve durata in
anestesia generale, porta ad un incremento dei valori della
temperatura corporea centrale nel immediato postoperatorio e ad
una minore incidenza d’ipotermia perioperatoria.
In questo modo, l’uso d’infusioni endovenose riscaldate può
aumentare il rispetto e la conformità con le linee guide sul
riscaldamento delle infusioni distribuite dalla NICE, offrendo
simultaneamente potenziali risparmi economici per l’azienda
sanitaria.
studio 2
TITOLO, AUTORE, Prevention of Hypothermia by Infusion of Warm Fluid During
ANNO
Abdominal Surgery
X. Hong – xia, Y. Zhi – jian, Z. Hong, L. Zhiqing
2010
TIPO DI STUDIO
Studio Pilota
SCOPO
Data l’influenza negativa della somministrazione delle infusioni
endovenose a temperatura ambiente e l’influenza positiva del
riscaldamento attivo del paziente, i ricercatori hanno ipotizzato che
la
complicanza
dell’ipotermia
perioperatoria
possa
essere
migliorata e diminuita grazie ad un trattamento con fluidi riscaldati.
Lo scopo di questo studio pilota era quindi la valutazione
dell’efficacia del riscaldamento dei fluidi nel mantenimento della
normotermia perioperatoria e nella prevenzione dei tremori (brividi)
durante il periodo postoperatorio.
CAMPIONE
Il campione comprendeva 30 pazienti
METODO
Questo studio è stato approvato dal comitato etico sulla ricerca
umana ed è stato ottenuto il consenso informato da parte di ogni
paziente. Sono stati reclutati 30 pazienti adulti, tutti con stato fisico
ASA classe I – II, sottoposti a chirurgia addominale in anestesia
generale. I criteri d’esclusione erano i seguenti:
 Pazienti con una storia di patologie della tiroide
 Pazienti con una storia di disautonomia (disfunzione
autonomica)
 Pazienti con una storia d’ipertermia maligna
I pazienti sono stati quindi suddivisi in due gruppi. L’assegnazione
ad uno dei due gruppi è avvenuta secondo il metodo random. I due
gruppi erano così definiti: 1) Gruppo di controllo (n = 15) e 2)
Gruppo sperimentale (n = 15).
I gruppi erano comparabili per età, peso, altezza, sesso e stato
fisico dei pazienti, nonché per durata dell’anestesia e per quantità
di fluidi intraoperatori somministrati.
INTERVENTI
La temperatura corporea centrale è stata misurata a livello
timpanico tramite un termometro a raggi infrarossi. Per tutto l’arco
dell’operazione, la misurazione è stata effettuata dalla stessa
infermiera per minimizzare gli errori di procedura legati al
personale. A partire dall’induzione dell’anestesia, la temperatura è
stata misurata ad intervalli di 30 minuti. Dopo approssimativamente
due ore veniva interrotta l’anestesia e tolto il tubo endotracheale. A
questo punto terminava la misurazione della temperatura corporea.
La sala operatoria era mantenuta ad una temperatura costante di
24°C con un’umidità relativa del 30% tramite flusso laminare.
Nel primo gruppo (“gruppo di controllo”) i fluidi sono stati
somministrati a temperatura ambiente, mentre nel secondo gruppo
(“gruppo sperimentale”) tutti i fluidi intraoperatori sono stati
riscaldati tramite l’“HOTLINE® IV fluid warmer” ad una temperatura
di 37°C.
Sul tavolo operatorio, tutti i pazienti erano sistemati in posizione
supina e coperti con coperte di cotone non riscaldate. Durante
l’intervento
chirurgico
non
sono
state
utilizzate
ulteriori
apparecchiature di riscaldamento.
La gestione dell’anestesia era standardizzata per tutti i pazienti.
La valutazione dei tremori (brividi) durante il periodo postoperatorio
è stata affidata al personale medico o infermieristico di anestesia,
ignaro dello studio in corso. I tremori sono stati classificati usando
una scala con quattro punti, da 0 – 3: 0 = assenza di tremori; 1 =
fascicolazioni lievi di viso o collo; 2 = tremore visibile che coinvolge
più di un gruppo muscolare; 3 = grave attività muscolare che
coinvolge l’intero corpo.
RISULTATI
Durante il periodo preoperatorio, quindi prima dell’induzione
dell’anestesia, la temperatura corporea tra i due gruppi non si
differenziava significativamente: 37.1°C ± 0.1°C nel gruppo di
controllo e 37.0°C ± 0.1°C nel gruppo sperimentale. Durante le
prime tre ore d’intervento, la temperatura corporea del gruppo di
controllo è diminuita fino ad arrivare a 35.5°C ± 0.3°C,
stabilizzandosi alla fine dell’anestesia. Contrariamente, nel gruppo
sperimentale
la
temperatura
corporea
è
diminuita
meno,
raggiungendo un valore pari a 36.5°C ± 0.1°C dopo la prima ora
d’anestesia.
Durante
il
proseguimento
dell’operazione,
la
temperatura ha subito un leggero ma continuo rialzo, portandosi a
36.9°C ± 0.3°C alla fine dell’anestesia.
L’analisi dell’incidenza e dell’entità dei tremori (brividi) postoperatori
ha condotto ai seguenti risultati: 8 pazienti (53%) del gruppo di
controllo hanno sviluppato tremori del grado ≥ 2, mentre nessun
paziente del gruppo sperimentale ha raggiunto un grado ≥ 2.
IMPLICAZIONI PER Lo studio dimostra, che il riscaldamento dei liquidi infusionali
LA PRATICA
durante chirurgia addominale è una strategia efficace per
mantenere i pazienti il più vicino possibile alla normotermia,
prevenendo inoltre i tremori postoperatori. Inoltre, i costi aggiuntivi
del dispositivo di riscaldamento dei liquidi sono ridotti. Gli autori
dello studio ipotizzano però, che l’effetto preventivo sia ancora
maggiore se le infusioni riscaldate vengono usate insieme ad altre
tecniche di riscaldamento, per garantire un migliore controllo della
temperatura corporea durante tutto il periodo perioperatorio.
studio 3
TITOLO, AUTORE, Intra – operative fluid warming in elective caesarean section: a
ANNO
blinded randomised controlled trial
M. Woolnough, J. Allam, C. Hemingway, M. Cox, S.M. Yentis
2009
TIPO DI STUDIO
RCT
SCOPO
Al momento di questo studio, il riscaldamento attivo non era la
routine durante interventi di taglio cesareo, perché ritenuto costoso
e poco efficace in interventi di breve durata. Lo scopo dello studio
era quindi di testare l’efficacia del riscaldamento delle infusioni
endovenose, con l’outcome primario della temperatura corporea
centrale a 60 minuti dall’induzione dell’anestesia.
Sebbene il riscaldamento attivo tramite dispositivi ad aria forzata
fosse
molto
efficace
nel
mantenimento
della
normotermia
perioperatoria, questa tecnica non permetteva alla madre di tenere
in braccio il neonato. L’ulteriore scopo dello studio era quindi anche
di testare la somministrazione d’infusioni endovenose riscaldate
come tecnica molto meno invadente per la paziente. Inoltre si
prefissava di comparare l’efficacia della somministrazione di
infusioni riscaldate con quelle a temperatura ambiente e di
confrontare l’efficacia dei vari dispositivi di riscaldamento.
CAMPIONE
Il campione comprendeva 75 pazienti
METODO
Dopo l’approvazione del comitato etico, sono state invitate a
partecipare allo studio donne sane con gravidanza singola oltre la
37esima settimana di gestazione, programmate per intervento
cesareo in anestesia combinata spino-epidurale (CSE). Con un
consenso informato scritto sono state dunque reclutate 75 pazienti.
I criteri d’esclusione erano i seguenti:
 Pazienti con piressia
 Pazienti con preeclampsia o eclampsia
 Pazienti in terapia farmacologica (eccetto antiacidi, vitamine
e minerali)
 Pazienti con aumentato rischio di emorragia intraoperatoria
Tramite un computer i pazienti sono stati poi assegnati ad uno dei
tre gruppi stabiliti secondo modalità random:
1) “Room temperature (RT)” con 25 partecipanti; 2) “Cabinet
(CAB)” con 25 partecipanti; 3) “Hotline® (HL)” con 25 partecipanti. I
gruppi erano comparabili per caratteristiche personali (età, peso,
parità, settimana di gestazione) e non presentavano differenze
statisticamente rilevanti riguardo ad anestesia ed intervento
chirurgico (durata dell’intervento, quantità di fluidi somministrati,
ecc.). Lo studio è stato eseguito in doppio cieco. Per mantenere la
cecità dello studio, le infusioni venivano somministrate attraverso
deflussori standard ed attraversavano sempre il dispositivo di
riscaldamento Hotline®, il quale veniva però azionato soltanto nel
gruppo Hotline®. Il ricercatore non poteva toccare le sacche
infusionali o somministrare farmaci per via endovenosa. Il
dispositivo Hotline® ed il gocciolatore erano coperti in modo da non
permettere al ricercatore di individuare la comparsa di gocce di
condensa
(indizio
rilevabile
per
riconoscere
l’utilizzo
dell’apparecchio). Nel caso di somministrazione di emoderivati
veniva usato un secondo dispositivo Hotline®.
Per denotare una significatività statistica era stato usato un valore
pari a P < 0.05.
INTERVENTI
La misurazione della temperatura corporea centrale è iniziata già
nel periodo preoperatorio, utilizzando un termometro timpanico a
raggi infrarossi. La misurazione veniva eseguita sempre dallo
stesso operatore usando sempre lo stesso termometro, per tutte le
pazienti. La temperatura ambientale e la relativa umidita venivano
misurate tramite un ulteriore termometro digitale. A partire
dall’induzione dell’anestesia, la temperatura corporea e l’umidità
venivano misurate ad intervalli di 15 minuti fino all’arrivo in reparto
di degenza.
All’arrivo in sala operatoria la paziente veniva monitorizzata (ECG,
SpO2, NIBP) e venivano somministrati 10ml/kg di soluzioni
infusionali in 15 minuti prima dell’induzione dell’anestesia, secondo
protocollo clinico.
Durante l’intervento chirurgico, nel primo gruppo (RT) tutte le
soluzioni infusionali venivano prima conservate e poi somministrate
a temperatura ambiente attraverso il dispositivo Hotline® spento.
Nel secondo gruppo (CAB), i fluidi infusionali venivano conservati e
riscaldati a 45°C in un “warming cabinet” e somministrati attraverso
il dispositivo Hotline® spento e quindi senza ulteriore riscaldamento
durante l’infusione.
Nel
terzo
gruppo
somministrate
e
(HL)
le
riscaldate
soluzioni
durante
infusionali
l’infusione
venivano
attraverso
il
dispositivo Hotline® acceso. In questo caso i fluidi venivano
riscaldati a 42°C.
Durante l’intervento chirurgico sono inoltre stati valutati tre aspetti: il
comfort termico della madre, il dolore ed i tremori (brividi). Il comfort
termico è stato valutato con una scala numerica, così descritta: 0 =
“il
peggior
freddo
immaginabile”,
5
=
temperatura
confortevole/adeguata, 10 = “caldo insopportabile”. Un valore < 4
suggeriva che la partoriente sentisse freddo ed un valore > 6 che
sentisse caldo. Il dolore è stato valutato tramite VAS (Visual
Analogue Scale), così descritta: 0 = “nessun dolore”, 10 = “il
peggior male immaginabile”. I tremori (riferiti a torace, collo e
braccia) venivano valutati direttamente dal ricercatore, seguendo
questo schema: 0 = nessun tremore, 1 = tremore lieve,
intermittente e 2 = tremore intenso, continuo.
RISULTATI
L’outcome primario ha dimostrato, che sebbene durante i primi 60
minuti dall’induzione dell’anestesia la temperatura corporea sia
diminuita in tutte le pazienti, il calo maggiore è stato registrato nel
gruppo RT, con una differenza di 0.4°C (P = 0.015). Non sono
invece
state
identificate
differenze
tra
i
due
gruppi
con
riscaldamento attivo.
Per quanto riguarda la valutazione del comfort termico delle
partorienti, 8 pazienti (32%) del gruppo RT hanno riferito di sentire
freddo, contro le 3 pazienti (12%) del gruppo CAB e la sola
paziente (4%) del gruppo HL. Al contrario, non c’è stata differenza
tra i te gruppi nel numero di pazienti che sentivano caldo.
L’incidenza dei tremori non ha mostrato differenze significative nei
tre gruppi: 11 pazienti del gruppo RT, 9 del gruppo CAB e 7 del
gruppo HL. Anche la valutazione del dolore non ha prodotto
differenze importanti fra i tre gruppi.
IMPLICAZIONI PER Lo studio dimostra che il riscaldamento delle soluzioni infusionali
LA PRATICA
endovenose diminuisce la perdita di calore in seguito all’induzione
dell’anestesia e che aumenta il comfort termico percepito dal
paziente.
Dato che non sono emerse differenze significative tra il dispositivo
Hotline® ed il “warming cabinet”, si sostiene che quest’ultimo sia il
metodo più conveniente in termini di costo – efficacia per i casi di
routine, in quanto una volta comperato comporta solo costi legati al
consumo energetico (0.15 kW/h massimi, dati forniti dalla casa
costruttrice).
Comparando la tecnica del riscaldamento delle infusioni con altri
metodi di riscaldamento come i sistemi ad aria forzata, gli autori
sostengono che questi ultimi siano poco pratici e probabilmente
anche di limitata efficacia durante interventi di taglio cesareo, in
quanto sono usati per brevi periodi e coprono soltanto una piccola
parte del corpo.
studio 4
TITOLO, AUTORE, Effect of preoperative warming during cesarean section under
ANNO
spinal anesthesia
S.H. Chung, B.S. Lee, H.J. Yang, K.S. Kweon, H.H. Kim, J. Song,
D.W. Shin
2012
TIPO DI STUDIO
RCT
SCOPO
Gli autori di questo studio hanno generato e testato l’ipotesi che un
preriscaldamento dei pazienti tramite dispositivo di riscaldamento
ad aria forzata o tramite somministrazione di infusioni endovenose
riscaldate 15 minuti prima dell’induzione dell’anestesia, previene
sia l’ipotermia che i tremori (brividi) durante intervento di taglio
cesareo. Simultaneamente sono stati valutati gli effetti di questi
metodi di preriscaldamento sul pH della veno ombelicale e
sull’indice di APGAR del neonato.
CAMPIONE
Il campione comprendeva 45 pazienti
METODO
In seguito all’approvazione del comitato etico, con un consenso
informato scritto sono state arruolate 45 pazienti gravide tra la 38 –
42esima settimana di gestazione, programmate per intervento di
taglio cesareo in anestesia spinale. Tutte le pazienti presentavano
uno stato fisico ASA classe I – II. I criteri d’esclusione erano i
seguenti:
 Pazienti con controindicazioni all’anestesia spinale
 Pazienti con ipertensione gestazionale
 Pazienti con placenta praevia
 Pazienti in gravidanza gemellare
 Pazienti con peso corporeo < 50 kg o > 100 kg
 Pazienti con piressia
 Pazienti in terapia farmacologica (eccetto vitamine e
minerali)
I pazienti sono quindi stati divisi casualmente in tre gruppi: 1)
Gruppo “F” (intravenous warmed fluids group) con 15 partecipanti;
2) Gruppo “A” (forced-air prewarming group) con 15 partecipanti; 3)
Gruppo “C” (control group) con 15 partecipanti. I gruppi erano
comparabili per caratteristiche personali (età, peso, altezza e
settimana di gestazione), per caratteristiche dell’anestesia, per
durata dell’intervento e per quantità ematica persa durante
l’intervento.
Un valore di P < 0.05 è stato definito come statisticamente
significante.
INTERVENTI
La misurazione della temperatura corporea centrale è stata
effettuata mediante termometro timpanico a raggi infrarossi. Le
misurazioni avvenivano sempre nello stesso orecchio per almeno
tre volte, in modo da garantire una sufficiente accuratezza. Inoltre,
per evitare errori, la misurazione veniva effettuata sempre dallo
stesso operatore e sempre con lo stesso termometro. Inoltre è
stata misurata la temperatura cutanea del braccio con un
termometro dedicato. Le misurazioni sono state eseguite prime del
preriscaldamento, al termine dello stesso (dopo 15 minuti) e ad
intervalli di 15 minuti dopo l’induzione dell’anestesia fino al termine
dell’intervento chirurgico.
Tutte le pazienti veivano monitorate durante l’intervento (ECG, FC,
NIBP, SpO2).
Durante i 15 minuti antecedenti l’induzione dell’anestesia, il gruppo
“F” ha ricevuto un precarico di 10 ml/kg di fluidi endovenosi
preriscaldati in un “warming cabinet” a 40°C. Il dispositivo di
riscaldamento ad aria forzata era spento.
Il
gruppo
“A”,
durante
i
15
minuti
prima
dell’induzione
dell’anestesia, è stato trattato con un dispositivo di riscaldamento
ad aria forzata per la parte superiore del corpo (tronco) a 43°C e
anche questo gruppo ha ricevuto un precarico di 10 ml/kg di
soluzioni endovenose, somministrate però a temperatura ambiente.
Sempre nei 15 minuti antecedenti l’induzione dell’anestesia, il
gruppo “C” ha ricevuto un precarico di 10 ml/kg di soluzioni
endovenose somministrate a temperatura ambiente ed il dispositivo
d riscaldamento ad aria forzata era spento.
Ulteriori parametri, come l’incidenza ed il grado di tremori, il comfort
termico, il dolore, la nausea, il vomito, la perdita ematica ed il pH
della vena ombelicale (subito dopo il parto) sono stati esaminati. Un
pediatra ha inoltre determinato l’indice di APGAR del neonato dopo
1 minuto dalla nascita. Per valutare i tremori durante e dopo il taglio
cesareo è stata usata una scala già esistente: 0 = nessun tremore;
1 = uno o più dei seguenti sintomi senza attività muscolare visibile:
erezione pilifera, vasocostrizione periferica o cianosi periferica
senza altra causa; 2 = Attività muscolare visibile confinata ad un
solo gruppo muscolare; 4= Attività muscolare grave che coinvolge
l’intero corpo. Il comfort termico è invece stato valutato con una
scala VAS: 0 mm = caldo insopportabile; 50 mm = temperatura
neutra; 100 mm = “il peggior freddo immaginabile”.
RISULTATI
La temperatura corporea centrale a 45 minuti dal preriscaldamento
(a 30 minuti dall’induzione dell’anestesia) è diminuita meno nei
gruppi trattati “F” e “A”, rispetto al gruppo di controllo “C” (-0.5°C ±
0.3°C; -0.6°C ± 0.4°C; -0.9°C ± 0.4°C, rispettivamente. P = 0.004).
La temperatura cutanea del braccio a 15 e 30 minuti dal
preriscaldamento
ha mostrato
un aumento maggiore
della
temperatura corporea nel gruppo “A” rispetto al gruppo “F” ed al
gruppo di controllo “C” (a 15 min.: 2.3°C ± 1.5°C; 1.1°C ± 0.7°C;
0.8°C ± 1.0°C, rispettivamente, P = 0.001. A 30 min.: 1.6°C ±
1.5°C; 0.7°C ± 0.6°C; 0.3°C ± 1.0°C, rispettivamente, P = 0.012).
È stato dimostrato un notevole beneficio nei due gruppi trattati per
quanto riguarda l’incidenza dei tremori: 8 pazienti (53.3%) del
gruppo “C”, contro 3 pazienti (20%) nel gruppo “A” e contro i soli 2
pazienti (13.3%) del gruppo “F” hanno presentato tremori (P =
0.035).
La valutazione del comfort termico della partoriente ha invece
riportato i seguenti risultati: 59.0mm ± 12.1mm (gruppo “A”); 59.3 ±
13.2 (gruppo “F”) e 69.0 ± 15.9 (gruppo “C”). I dati raccolti non
denotano però una significatività statistica (P = 0.093).
Per quanto riguarda il pH della vena ombelicale e l’indice di
APAGAR, lo studio non ha mostrato outcome migliori per il
neonato.
IMPLICAZIONI PER Lo studio dimostra, che il riscaldamento preoperatorio tramite
LA PRATICA
dispositivo ad aria forzata e tramite la somministrazione di infusioni
endovenose
riscaldate
riduce
significativamente
l’ipotermia
perioperatoria e l’incidenza dei tremori in pazienti sottoposte ad
intervento di taglio cesareo in anestesia spinale.
Il
preriscaldamento
del
paziente
difficilmente
aumenta
la
temperatura corporea centrale, ma incrementa marcatamente il
calore nella periferia. Ne consegue che il gradiente di temperatura
tra centro e periferia è ridotto e ciò comporta una diminuita
ridistribuzione del calore dopo l’induzione dell’anestesia. I risultati
mostrano un’efficacia molto simile tra i due metodi di riscaldamento
esaminati, ma nel caso specifico di operazioni di taglio cesareo, il
riscaldamento delle infusioni endovenose risulta essere più
adeguato. Questo, perché a differenza dei dispositivi ad aria
forzata, il riscaldamento delle infusioni è una tecnica molto meno
ingombrante, facilitando il “bonding” tra madre e figlio e non
ostacolando l’operazione chirurgica.
studio 5
TITOLO, AUTORE, Warming of Intravenous Fluids Prevents Hypothermia During
ANNO
Off-Pump Coronary Artery Bypass Graft Surgery
S.M. Jeong, K.D. Hahm, Y.B. Jeong, H.S. Yang, I.C. Choi
2008
TIPO DI STUDIO
RCT
SCOPO
Gli autori dello studio hanno generato l’ipotesi, che il riscaldamento
delle
infusioni
convenzionali
endovenose
di
combinato
riscaldamento
(aumento
con
altri
della
metodi
temperatura
ambientale in sala operatoria ed uso di materassi ad acqua
circolante) potesse essere una strategia efficace per mantenere i
pazienti normotermici.
Lo scopo dello studio era quindi di testare l’efficacia di questa
strategia
valutando
la
temperatura
corporea,
i
parametri
emodinamici, la concentrazione sierica delle catecolamine, la
durata della permanenza sia in terapia intensiva che in reparto di
degenza.
CAMPIONE
Il campione comprende 40 pazienti
METODO
Dopo l’approvazione del comitato etico e dopo aver raccolto il
consenso informato, sono stati reclutati 40 pazienti programmati
per intervento di bypass coronarico a cuore battente OPCAB (Offpump coronary artery bypass) in anestesia generale. I criteri
d’esclusione erano i seguenti:
 Pazienti che necessitano di farmaci inotropi
 Pazienti
che
necessitano
cateterismo
coronarico
a
palloncino
 Pazienti con temperature preoperatorie anomale (> 37°C o <
36°C)
 Pazienti che necessitano di byass cardio – polmonare
 Pazienti con patologie dermatologiche
 Pazienti con storia di ustioni a schiena e gambe
 Pazienti con qualsiasi ipersensibilità al contatto di adesivi
sulla pelle nota
Tramite l’assegnazione casuale i pazienti sono poi stati collocati in
uno
dei
due
gruppi
precedentemente
formati:
1)
Gruppo
sperimentale con 20 partecipanti; 2) Gruppo di controllo con 20
partecipanti.
I due gruppi non presentavano differenze statisticamente rilevanti
ed erano comparabili per le caratteristiche dei pazienti (età, sesso,
peso, altezza) e per durata dell’anestesia e dell’intervento
chirurgico.
Un valore paria a P < 0.05 era considerato statisticamente
significante.
INTERVENTI
La temperatura corporea centrale è stata misurata continuamente a
partire dall’induzione dell’anestesia, registrando i valori ad intervalli
di 1 ora. Per la misurazione sono stati usati vari siti: l’arteria
polmonare tramite catetere di Swan – Ganz, il nasofaringe, il retto
ed infine la vescica tramite catetere di Foley con trasduttore. Il
gruppo sperimentale ha ricevuto le infusioni endovenose riscaldate
tramite un dispositivo Hotline in combinazione con i metodi di
riscaldamento
convenzionali
(aumento
della
temperatura
ambientale in sala operatoria a 25°C ed uso di materassi ad acqua
circolante a 38°C). I fluidi sono stati riscaldati a 41°C attraverso due
dispositivi Hotline. Il gruppo di controllo è invece stato trattato
secondo le pratiche istituzionali standard, che comprendevano
soltanto l’aumento della temperatura ambientale in sala operatoria
a 25°C e l’uso di materassi ad acqua circolante a 38°C.
Per permettere una comparazione dei due gruppi, i dispositivi
Hotline
sono
stati
utilizzati
soltanto
durante
il
periodo
intraoperatorio, mentre nell’immediato postoperatorio entrambi i
gruppi sono stati trattati con coperte riscaldate.
Parametri emodinamici come la pressione arteriosa sistemica e
all’interno dell’arteria polmonare, la frequenza cardiaca, l’indice
cardiaco, le resistenze vascolari sistemiche e quelle polmonari
sono stati misurati e registrati ad intervalli di 1 ora dall’induzione
dell’anestesia. Inoltre, subito dopo l’induzione dell’anestesia ed a 4
ore dall’incisione chirurgica, è stata misurata la concentrazione
sierica delle catecolamine (epinefrina e norepinefrina). Infine sono
stati registrati i seguenti dati relativi al periodo intraoperatorio:
quantità di soluzioni cristalloidi somministrate, volume delle
trasfusioni, diuresi, dosaggio dei farmaci somministrati. Per quanto
riguarda il periodo postoperatorio sono stati valutati i livelli di CKMB e di troponina-I a 24 ore dal termine dell’operazione chirurgica,
l’incidenza di complicazioni come le infezioni e la durata della
permanenza in terapia intensiva e nel reparto di degenza.
RISULTATI
Dopo l’induzione dell’anestesia, nel gruppo di controllo la
temperatura corporea centrale è diminuita significativamente da
36.3°C ± 0.47°C prima dell’incisione a 35.5°C ± 0.78°C 2 ore dopo
(P < 0.05). Durante l’intervento chirurgico, il gruppo sperimentale
ha mostrato valori di temperatura corporea significativamente più
alti rispetto al gruppo di controllo (36.3°C ± 0.59°C prima
dell’incisione e 36.6°C ± 0.32°C 4 ore dopo, P < 0.05). Le
temperature nel nasofaringe, nel retto e nell’arteria polmonare
hanno riportato valori simili a quelli della vescica, mostrando una
diminuzione significativa della temperatura corporea nel gruppo di
controllo.
Non ci sono invece state differenze tra i due gruppi per quanto
riguarda la quantità di cristalloidi somministrati, il volume delle
trasfusioni, la diuresi, la concentrazione sierica delle catecolamine,
la resistenza vascolare sistemica e polmonare, gli enzimi cardiaci e
la durata della permanenza in terapia intensiva e nel reparto di
degenza.
IMPLICAZIONI PER I risultati di questo studio dimostrano che il riscaldamento delle
LA PRATICA
infusioni endovenose migliora significativamente la gestione della
temperatura corporea nel periodo perioperatorio. Bisogna però
tenere presente che vista la probabile insufficienza nell’uso di un
solo dispositivo, in questo studio sono stati usati ben 2 dispositivi
Hotline.
Gli
autori
suggeriscono
che
l’uso
combinato
del
riscaldamento delle infusioni endovenose e di altri metodi di
riscaldamento (come l‘aumento della temperatura ambientale in
sala operatoria e l’uso di materassi ad acqua circolante riscaldata)
è una strategia efficace per mantenere normotermico il paziente nel
periodo perioperatorio.
studio 6
TITOLO, AUTORE, Effectiveness of strategies for the management and/or
ANNO
prevention of hypothermia within the adult perioperative
Environment
S. Moola, C. Lockwood
2011
TIPO DI STUDIO
Systematic Review
SCOPO
Lo scopo di questa revisione era di identificare i metodi più efficaci
nel trattamento e/o nella prevenzione dell’ipotermia durante il
periodo sia intra- che postoperatorio.
METODO
È stata adottata una strategia di ricerca suddivisa in tre fasi. La
prima fase consisteva in una ricerca limitata a Medline. La seconda
fase consisteva in una ricerca completa in tutte le banche dati
usando tutte le parole chiave identificate mentre la terza fase
consisteva nella revisione della bibliografia degli articoli inclusi per
trovare ulteriore letteratura e nella ricerca di letteratura grigia per
articoli non pubblicati. Alcune delle banche dati usate: CINAHL,
Medline,
Cochrane
Central
Register
of
Controlled
Trials
(CENTRAL), EMBASE, Current Contents, Scopus, TRIP database,
The Database of Abstracts of Reviews Effectiveness, The
Networked Digital Library of Theses and Dissertations (NDLTD)
and Proquest Dissertations and Theses.
I criteri d’inclusione degli studi erano così definiti:
 Pazienti adulti ≥ 18 anni
 Tutti i tipi di intervento chirurgico
I criteri d’esclusione erano i seguenti:
 Pazienti sottoposti ad interventi chirurgici con ipotermia
indotta
 Studi che non descrivevano in modo chiaro il processo di
randomizzazione
 Studi senza il gruppo di controllo
 Studi scritti in una lingua differente dall’inglese
Il
risultato
primario
d’interesse
era
la
modificazione
della
temperatura corporea centrale. Per la ricerca non sono stati posti
limiti di datazione.
Due ricercatori indipendenti hanno infine valutato la validità
metodologica dei singoli studi selezionati prima di includerli
definitivamente nella revisione. I dati rilevanti sono stati estratti
dagli
studi
inclusi
nella
revisione
usando
degli
strumenti
standardizzati per l’estrazione dati ed eventuali disaccordi sono
stati risolti mediante una discussione.
RISULTATI
La ricerca ha prodotto un risultato di 130 studi potenzialmente
eleggibili per l’inclusione
nella
revisione.
Dopo un’ulteriore
valutazione, sono stati identificati 19 studi che soddisfavano tutti i
criteri d’inclusione prestabiliti, per un totale di 1451 pazienti. I
gruppi di pazienti negli studi inclusi non presentavano differenze
significative per quanto riguarda le caratteristiche personali, la
durata ed il tipo di intervento chirurgico e la durata dell’anestesia.
La maggior parte degli studi inclusi presentava un campione di
piccole dimensioni, con meno di 100 partecipanti per gruppo. In tutti
gli studi gli interventi sono stati messi in atto durante il periodo
intraoperatorio, mentre soltanto in pochi studi interventi di
riscaldamento sono stati messi in atto anche nel periodo pre- e
postoperatorio.
Il
riscaldamento
delle
soluzioni
infusionali
endovenose
e
d’irrigazione ad una temperatura più alta di quella ambientale (a ca.
38 – 40°C) tramite diversi sistemi di riscaldamento, ha dimostrato
benefici significativi per il paziente. Sono stati osservati benefici in
termini di stabilità dei parametri emodinamici e di aumentata
temperatura
chirurgica.
corporea
centrale
al
termine
dell’operazione
I dispositivi di riscaldamento ad aria forzata si sono dimostrati utili e
molto efficaci nel mantenimento della normotermia perioperatoria,
con una marcata diminuzione di complicazioni cardiache, di tremori
nel
periodo
postoperatorio,
della
richiesta
di
trasfusioni,
dell’insorgenza di infezioni del sito chirurgico e della durata di
degenza.
Anche l’uso di Ulteriori dispositivi di riscaldamento attivo come gli
“indumenti” riscaldati ad acqua (water garment warmer) porta un
importante
beneficio
nel
mantenimento
della
normotermia
perioperatoria.
Al contrario, i dispositivi di riscaldamento passivo si sono dimostrati
inefficaci nel contrastare la perdita di calore durante il periodo
perioperatorio.
IMPLICAZIONI PER Questa revisione indica che i metodi di riscaldamento attivo sono
LA PRATICA
efficaci nella prevenzione e nel trattamento dell’ipotermia nel
periodo perioperatorio. Basandosi sui risultati della revisione, sono
state formulate dagli autori le seguenti raccomandazioni per la
prevenzione e la gestione dell’ipotermia perioperatoria:
 Usare strategie di riscaldamento attivo
 Evitare il solo riscaldamento passivo in gruppi vulnerabili
 Iniziare con il riscaldamento del paziente già durante la fase
preoperatoria
 Per interventi chirurgici di durata maggiore o con pazienti
anziani, usare vari sistemi di riscaldamento attivo in
combinazione
 Riscaldare tutti i fluidi selezionati per la somministrazione
intraoperatoria
Tabella III: Risultati della ricerca.
DISCUSSIONE
Gli articoli analizzati presentano a grandi linee risultati simili, seppur non trattassero tutti la
stessa tipologia di paziente.
Andrezejowski (2010) ha testato l’efficacia delle infusioni endovenose riscaldate per il
mantenimento della normotermia perioperatoria in pazienti sottoposti ad intervento
chirurgico di breve durata in anestesia generale. Due differenti dispositivi per il
riscaldamento delle infusioni sono stati messi a confronto con la somministrazione di
infusioni a temperatura ambiente. I risultati hanno mostrato un significativo aumento della
temperatura corporea nei pazienti trattati con le infusioni riscaldate nel periodo
postoperatorio (misurazione timpanica), mentre non è stata rilevata alcuna differenza al
momento del termine dell’anestesia (misurazione esofagea). I limiti di questo studio sono
emersi valutando la grandezza del campione, con soli 25 partecipanti per gruppo ed anche
comparando i risultati della misurazione della temperatura corporea. Mentre nella
misurazione intraoperatoria tramite sonda esofagea non sono emerse differenze
significative tra i gruppi alla fine dell’intervento, nella misurazione timpanica postoperatoria
si sono evidenziate differenze significative. Non è possibile comparare le temperature
corporee misurate con i diversi dispositivi, perché usati in fasi differenti: la sonda esofagea
soltanto nel periodo intraoperatorio ed il termometro timpanico soltanto nel periodo pre- e
postoperatorio. Ciò non permette un confronto e quindi una valutazione dell’accuratezza
dei dati.
Anche Hong – xia (2010) ha valutato l’efficacia del riscaldamento delle infusioni
endovenose a confronto con la somministrazione delle infusioni a temperatura ambiente. I
pazienti reclutati per lo studio erano sottoposti ad intervento chirurgico addominale in
anestesia generale. Inoltre è stata valutata l’incidenza dei tremori (brividi) nel
postoperatorio. I risultati hanno mostrato un notevole aumento della temperatura corporea
nel gruppo trattato con le infusioni riscaldate alla fine dell’anestesia. Questo gruppo ha
inoltre avuto una marcata riduzione dell’incidenza e del grado di tremori postoperatori. Gli
autori dello studio ipotizzano però che la gestione della normotermia perioperatoria sia
ottimizzata se il riscaldamento delle infusioni viene utilizzato in combinazione con altri
metodi di riscaldamento attivo. I limiti di questo studio si riscontrano nel disegno di studio
(studio pilota) e nella grandezza del campione (soltanto 15 partecipanti per gruppo). Un
ulteriore limite è dato dal metodo di misurazione della temperatura corporea. A questo
proposito è stato utilizzato un termometro timpanico a raggi infrarossi, metodo definito
come poco affidabile da una moltitudine di autori, nonostante l’intento di ridurre i bias di
misurazione utilizzando sempre lo stesso termometro e lo stesso operatore.
Così come gli autori dei due studi precedenti, anche Woolnough (2009) ha testato
l’efficacia del riscaldamento delle infusioni endovenose a confronto la somministrazione di
soluzioni infusionali a temperatura ambiente. Il campione di questo studio era formato da
pazienti sottoposte a intervento di taglio cesareo in anestesia combinata spino – epidurale.
I tremori sono stati valutati anche in questo studio e sono stati inoltre esaminati aspetti
come il comfort termico ed il dolore della partoriente. I risultati di questo studio si
accostano a quelli dei primi due studi, dimostrando l’efficacia del riscaldamento delle
infusioni endovenose. Al contrario dei due studi precedenti però, in questo studio non ci
sono state differenze significative tra i gruppi trattati con infusioni riscaldate ed il gruppo
trattato con infusioni a temperatura ambiente per quanto riguarda l’incidenza dei tremori.
Anche in questo studio sono emersi limiti legati alla dimensione del campione (25 pazienti
per gruppo) ed alla misurazione della temperatura corporea. Come nello studio di Hong –
xia (2010), anche in questo studio è stato adottato un termometro timpanico a raggi
infrarossi per l’intero arco perioperatorio. Seppur utilizzato sempre dallo steso operatore,
questo dispositivo è ritenuto poco affidabile da molti autori e l’uso di un solo dispositivo per
la misurazione della temperatura corporea non permette il confronto con un dispositivo più
affidabile per l’accertamento dell’accuratezza dei dati.
Nel suo studio, Chung (2012) ha testato l’efficacia del riscaldamento già nel periodo
preoperatorio in pazienti sottoposte ad intervento di taglio cesareo in anestesia spinale.
Sono stati valutati due metodi di riscaldamento attivo, il riscaldamento con dispositivo ad
aria forzata ed il riscaldamento delle infusioni endovenose. Entrambi sono stati messi a
confronto con pazienti senza trattamento. I risultati hanno mostrato un notevole aumento
della temperatura corporea nei due gruppi trattati, senza differenze significative tra i due
metodi di riscaldamento. Nonostante la tipologia di pazienti analizzata negli studi di
Woolnough (2009) e Chung (2012) fosse la stessa (pazienti sottoposte ad intervento di
taglio cesareo), i due studi hanno riportato risultati differenti per quanto riguarda
l’incidenza dei tremori ed il comfort termico della partoriente. Chung (2012) riporta una
marcata diminuzione nell’incidenza dei tremori nei gruppi trattati, contrastando così i
risultati dello studio di Woolnough (2009), il quale sostiene che non ci siano differenze tra il
gruppo trattato e quello di controllo. Chung (2012) sottolinea inoltre che non ci siano
differenze significative tra i gruppi trattati e quello di controllo per quanto riguarda il comfort
termico della partoriente, mentre Woolnough (2009) afferma il contrario. I limiti di questo
studio si possono riscontrare ancora una volta nel metodo usato per la misurazione della
temperatura corporea: secondo una varietà di autori, il termometro timpanico a raggi
infrarossi e la misurazione della temperatura cutanea sono metodi poco affidabili.
Lo studio di Jeong (2008) ha voluto dimostrare che il riscaldamento delle infusioni
endovenose prevenisse l’ipotermia se combinato con l’aumento della temperatura
ambientale in sala operatoria e l’ utilizzo di materassi riscaldati ad acqua circolante in
pazienti sottoposti ad intervento di bypass coronarico a cuore battente. Inoltre sono stati
analizzati ulteriori dati come i parametri emodinamici, la concentrazione sierica delle
catecolamine, l’incidenza di complicazioni postoperatorie e la durata della permanenza in
terapia intensiva ed in reparto di degenza. Durante l’intervento chirurgico, il gruppo
sperimentale ha mostrato valori di temperatura corporea significativamente più alti rispetto
al gruppo di controllo, mentre non ci sono state differenze significative negli ulteriori dati
analizzati. I limiti riportati dagli stessi autori si basano sul numero di pazienti arruolati e
soprattutto sulla mancanza di una cecità nello studio. Il campione risulta essere
sufficientemente ampio per paragonare la temperatura corporea tra i due gruppi, ma non
per permettere una prognosi perioperatoria tra i due gruppi. La mancanza di una cecità
nello studio a fatto sì che gli operatori potessero, seppur non intenzionalmente, introdurre
bias nello studio.
A differenza dei precedenti studi, Moola & Lockwood (2011) hanno realizzato una
revisione sistematica che in quanto tale ha analizzato e confrontato vari metodi e sistemi
di riscaldamento per il mantenimento della normotermia perioperatoria. Anche in questo
caso, i metodi di riscaldamento attivo si sono rivelati i più efficaci. Oltre ai dispositivi ad
aria forzata, i più efficaci, anche il riscaldamento delle infusioni endovenose è stato
raccomandato dagli autori come strategia efficace nel mantenimento della normotermia
perioperatoria, con un notevole influsso positivo sui parametri emodinamici e sulla
temperatura corporea centrale al termine dell’operazione chirurgica.
Riscaldamento delle infusioni endovenose:
Le linee guida sviluppate dalla NICE (2008) raccomandano il riscaldamento delle infusioni
endovenose (≥ 500 ml) e di tutti gli emoderivati, indipendentemente dal tipo d’intervento
chirurgico.
I risultati degli articoli scientifici analizzati hanno mostrato una diminuzione dell’incidenza
dell’ipotermia perioperatoria. Nello studio di Andrzejowski (2010), la percentuale di pazienti
ipotermici (< 36°C) in fase postoperatoria è di 3 pazienti (12%) e 4 pazienti (16%) nei due
gruppi con riscaldamento delle infusioni, rispetto agli 8 pazienti (32%) trattati con infusioni
a temperatura ambiente con un P = 0.03. Nel reparto di degenza si sono registrate
differenze significative fra gruppo trattato con infusioni riscaldate tramite “warming cabinet”
e gruppo di controllo con un P = 0.006. Nello studio di Hong – xia (2010) si è registrata
una notevole differenza di temperatura corporea fra gruppo sperimentale (con infusioni
riscaldate) e gruppo di controllo (infusioni somministrate a temperatura ambiente) dopo
l’induzione dell’anestesia. Durante le prime tre ore d’intervento, la temperatura nel gruppo
di controllo è diminuita fino ad arrivare a 35.5°C ± 0.3°C, mentre nel gruppo sperimentale
la temperatura è diminuita meno: 36.5°C ± 0.1°C dopo la prima ora (lasso di tempo nel
quale si registra solitamente la maggior perdita di calore) per poi subire un leggero ma
continuo rialzo fino a 36.9°C ± 0.3°C alla fine dell’anestesia. Woolnough (2009) riporta una
differenza di temperatura tra gruppo sperimentale (con infusioni riscaldate) e gruppo di
controllo (infusioni somministrate a temperatura ambiente) di 0.4°C dopo la prima ora
dall’induzione dell’anestesia, P = 0.015. Anche il preriscaldamento del paziente (15 minuti
prima dell’induzione dell’anestesia) con infusioni riscaldate ha mostrato benefici nella
prevenzione dell’ipotermia perioperatoria. A 30 minuti dall’induzione dell’anestesia la
temperatura corporea è diminuita meno nei due gruppi trattati con riscaldamento attivo,
specialmente nel gruppo trattato con infusioni riscaldate (-0.5°C ± 0.3°C), rispetto al
gruppo trattato con dispositivo ad aria forzata (-0.6°C ± 0.4°C) ed al gruppo di controllo (0.9°C ± 0.4°C) con un P = 0.004. Jeong (2008) mostra un evidente miglioramento della
temperatura corporea nel gruppo trattato con infusioni endovenose e materassi ad acqua
circolante (gruppo sperimentale) rispetto al gruppo trattato con il solo materasso ad acqua
circolante (gruppo di controllo) durante l’intervento chirurgico: 35.5°C ± 0.78°C a 2 ore
dall’incisione nel gruppo di controllo contro i 36.6°C ± 0.32°C a 4 ore dall’incisione nel
gruppo sperimentale.
Le opinioni sull’uso di infusioni riscaldate nella prevenzione di tremori (brividi) sono
discordanti. Nello studio di Hong – xia (2010), 8 pazienti (53%) del gruppo di controllo
hanno sviluppato tremori del grado ≥ 2, mentre nessun paziente del gruppo sperimentale
ha raggiunto un grado ≥ 2. I risultati di Chung (2012) sono simili: 8 pazienti (53,3%) del
gruppo di controllo contro i soli 2 pazienti (13,3%) del gruppo sperimentale trattato con
infusioni riscaldate. Cotrariamente, Woolnough (2009) non riscontra differenze tra gruppo
sperimentale e gruppo di controllo.
Per quanto riguarda la valutazione del comfort termico delle partorienti, Woolnough (2012)
fornisce tali dati: 8 pazienti (32%) del gruppo di controllo hanno riferito di sentire freddo,
contro le 3 pazienti (12%) e la sola paziente (4%) dei due gruppi trattati con riscaldamento
delle infusioni endovenose. Anche Chung (2012) riporta valori di comfort termico migliori
nei pazienti trattati con infusioni endovenose rispetto al gruppo di controllo, ma senza
significato statistico (P = 0.093).
In un ambiente complesso come la sala operatoria, la praticità di un dispositivo assume
un’importanza notevole. La sola necessità di un set infusionale e di un accesso venoso,
rende questa tecnica meno ingombrante rispetto ad altri metodi di riscaldamento. Inoltre,
dispositivi come i sistemi ad aria forzata possono essere inefficaci in interventi chirurgici
nei quali è necessario lasciare scoperta una grande quantità di superficie corporea del
paziente, mentre anche in quel caso il riscaldamento delle infusioni è facilmente
praticabile. Un ulteriore aspetto pratico è l’alimentazione a batteria di molti sistemi di
riscaldamento delle infusioni, che permette il riscaldamento anche durante le fasi del
trasferimento del paziente. L’aspetto della praticità è risultato essere particolarmente
vantaggioso in interventi chirurgici come il taglio cesareo, favorendo il “bonding” (contatto)
fra madre e neonato.
La NICE ha implementato la sua linea guida sulla prevenzione dell’ipotermia
perioperatoria con un report sui costi (2008). I costi si riferiscono alla realtà geografica
inglese e vogliono essere uno spunto da implementare in altre realtà. Il costo stimato del
riscaldamento di soluzioni infusionali ed emoderivati in pazienti sottoposti ad intervento
chirurgico di durata superiore ai 30 minuti in anestesia generale è pari a 11.6 milioni di
Sterline (ca. 14.5 milioni di euro) all’anno.
Autore Alex Puglierin