infusioni calde confrontate con altre metodiche
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infusioni calde confrontate con altre metodiche
QUESITO DI RICERCA QUALI SONO I VANTAGGI E GLI SVANTAGGI DEL RISCALDAMENTO DELLE INFUSIONI ENDOVENOSE NEL MANTENIMENTO DELLA NORMOTERMIA NEL DECORSO PERIOPERATORIO, RISPETTO AD ALTRI METODI? Autore Alex Puglierin PICO Tutte le persone adulte (= età a partire dai 18 anni), di POPOLAZIONE sesso sia maschile che femminile in fase perioperatoria INTERVENTO Riscaldamento delle infusioni endovenose CONTROLLO Strategie alternative di riscaldamento OUTCOME Mantenimento della normotermia nel decorso perioperatorio Tabella I: Composizione del PICO. RICERCA SPECIFICA La ricerca specifica della letteratura è stata condotta da maggio fino agli inizi del mese di settembre 2012. Sono state consultate a questo proposito le seguenti banche dati mediche: MEDLINE – PUBMED, THE COCHRANE LIBRARY e TRIPDATABASE. Per la ricerca della letteratura specifica sono state usate le seguenti parole chiave: “Hypothermia”, “prevention”, “perioperative”, “fluid”, “fluid warming”, “warming”, “active warming”, “forced-air”, “devices”, “thermal”, “management”, “temperature”, “monitoring”, “termoregulation”, “normothermia” L’operatore booleano utilizzato per la ricerca nelle banche dati mediche è stato “AND”. BANCHE DATI PAROLE NR. ARTICOLI ARTICOLI CHIAVE TROVATI PRELEVATI 58 12 18 2 16 1 26 6 9 2 10 1 31 1 Perioperative PUBMED - AND MEDLINE hypothermia AND prevention Perioperative AND fluid* AND warm* Forced-air warming AND fluid warming Perioperative AND normothermia Intravenous AND fluid* AND warm* Thermal AND management AND perioperative Temperature AND monitoring AND perioperative AND termoregulation THE Perioperative COCHRANE hypothermia 6 2 24 2 LIBRARY Perioperative AND TRIPDATABASE hypothermia AND fluid AND warm Tabella II: Risultati della ricerca nelle banche dati mediche. 1.1.1. CRITERI DI SELEZIONE DEGLI STUDI I criteri per l’inclusione e l’esclusione degli studi sono stati definiti come segue: POPOLAZIONE La popolazione degli studi inclusi nella ricerca comprendeva tutte le persone adulte (di età pari o maggiore di 18 anni), sottoposte ad intervento chirurgico. Non sono stati presi in considerazione gli studi con una popolazione d’età inferiore. TIPO D’IPOTERMIA L’ipotermia trattata negli studi inclusi è di tipo accidentale. A questo proposito sono stati scartati gli studi che trattavano l’ipotermia terapeutica od indotta per altri motivi. ANNO DI PUBBLICAZIONE Sono stati inclusi nella ricerca gli studi pubblicati dall’anno 2008 all’anno 2012. Sono stati esclusi gli studi meno recenti, vale a dire fino al 2007 compreso. TECNICA DI RISCALDAMENTO Gli studi inclusi mettono a confronto la tecnica di riscaldamento delle infusioni endovenose con altre tecniche di riscaldamento del paziente oppure confrontano l’efficacia del riscaldamento delle infusioni endovenose con una somministrazione standard a temperatura ambiente. La ricerca nelle diverse banche dati ha prodotto un campione complessivo di 28 studi scientifici. Seguendo i criteri d’inclusione ed esclusione citati sopra, sono stati estratti 6 articoli scientifici, riportati di seguito. La ricerca ha inoltre riportato due linee guida. o National Collaborating Centre for Nursing and Supportive Care, Commissioned by the National Institute for Health and Clinical Excellence (NICE). Alexander R. et al. (2008). Clinical Practice Guideline: The management of inadvertent perioperative hypothermia in adults o Hooper V.D. et al. (2010). ASPAN’s evidence – based clinical practice guideline for the promotion of perioperative normothermia: second edition. RISULTATI Nella tabella III si riportano i risultati della ricerca: studio 1 TITOLO, AUTORE, A randomised single blind study of the administartion of pre – ANNO warmed fluid vs active fluid warming on the incidence of peri – operative hypothermia in short surgical procedures J.C. Andrzejowski, D. Turnbull, A. Nandakumar, S. Gowthaman, G. Eapen 2010 TIPO DI STUDIO RCT SCOPO Lo scopo di questo studio era di analizzare la differenza in termini di temperatura corporea centrale nei pazienti dopo somministrazione di 1 L d’infusioni endovenose riscaldate tramite “warming cabinet” a confronto con 1 L d’infusioni endovenose riscaldate tramite “in – line warmer”. Inoltre si propone di osservare le differenze nell’incidenza dell’ipotermia postopertaoria tra il gruppo che ha ricevuto i fluidi riscaldati a confronto con quello che li ha ricevuti a temperatura ambiente. CAMPIONE Il campione comprende 76 pazienti METODO Dopo l’approvazione del comitato locale di etica della ricerca, con un consenso informato scritto sono stati reclutati 82 pazienti adulti, tutti con stato fisico ASA classe I – II, candidati ad intervento chirurgico elettivo in anestesia generale di durata pari o inferiore a 30 minuti. I criteri d’esclusione erano i seguenti: Intervento in laparoscopia Intervento con uso di soluzioni d’irrigazione Intervento con perdita ematica stimata > 200 ml Uso di farmaci come ACE – inibitori, calcio – antagonisti e nitrati Degli 82 pazienti reclutati, 6 pazienti sono stati esclusi: due per l’annullamento dell’intervento, due perché è stata scelta un’anestesia regionale e due per mancanza dei fogli di raccolta dei dati. Tramite un computer, i 76 pazienti rimanenti, sono stati assegnati casualmente ad uno dei tre gruppi stabiliti a seconda del riscaldamento ottenuto: 1) “room temperature” con 25 partecipanti; 2) “in – line warmer” con 25 partecipanti; 3) “warming cabinet” con 26 partecipanti. I gruppi erano comparabili per le caratteristiche dei pazienti, per le temperature ambientali del blocco operatorio, per la temperatura centrale dei pazienti al momento dell’induzione dell’anestesia e per la durata dell’anestesia. INTERVENTI Nel primo gruppo (“room temperature”), è stato somministrato 1L di soluzioni infusionali endovenose a temperatura ambiente. I partecipanti del secondo gruppo hanno ricevuto 1L di soluzioni infusionali endovenose riscaldate a 39°C tramite un dispositivo “in – line”. Nel terzo gruppo è infine stato somministrato 1L di soluzioni infusionali endovenose preriscaldate per almeno 8 ore a 41°C in un “warming cabinet”. La temperatura corporea centrale preoperatoria e postoperatoria è stata misurata tramite un termometro timpanico. La misurazione veniva effettuata in entrambi gli orecchi ed il valore più alto era quello usato per l’analisi. Per la misurazione intraoperatoria veniva inserita a tutti i pazienti una sonda esofagea, approssimativamente a 15 cm di profondità. La temperatura centrale era misurata ad intervalli di 10 minuti per l’intera durata dell’intervento. È stata misurata anche la temperatura ambientale (del blocco operatorio). Le soluzioni endovenose sono state infuse in circa 25 minuti, usando uno spremisacca se necessario. All’arrivo del paziente nel reparto di degenza, la temperatura corporea veniva misurata nuovamente a livello timpanico. RISULTATI All’arrivo in reparto di degenza sono emerse differenze significative tra i tre gruppi in termini di temperatura corporea misurata a livello timpanico (P = 0.008); tuttavia, fra i tre gruppi non è stata rilevata alcuna differenza di temperatura esofagea al momento del termine dell’anestesia (P = 0.073). Nel reparto di degenza, le differenze significative di temperatura corporea si sono registrate fra il gruppo 3 (“warming cabinet”) ed il gruppo 1 (“room temperature”) (P = 0.006). Non sono invece state rilevate differenze statisticamente importanti tra il gruppo “in – line warmer” ed il gruppo “warming cabinet” (P = 0.769), e neanche fra il gruppo “in – line warmer” ed il gruppo “room temperature” (P = 0.15). Considerando l’ipotermia postoperatoria, la percentuale dei pazienti ipotermici (< 36°C) alla fine dell’intervento chirurgico, risultava essere minore nei due gruppi delle infusioni endovenose riscaldate (gruppo “in – line warmer”: 4 pazienti (16%); gruppo “warming cabinet”: 3 pazienti (12%)), rispetto al gruppo trattato con infusioni a temperatura ambiente (8 pazienti (32%); P = 0.03) IMPLICAZIONI PER Un calcolo matematico dimostra che la somministrazione di 1 L LA PRATICA d’infusioni endovenose a temperatura ambiente diminuisce la temperatura corporea centrale di approssimativamente 0.25°C in un adulto medio (ca. 70 kg). Il “National Institute for Health and Clinicla Excellence” (NICE) definisce clinicamente importante una diminuzione della temperatura corporea di 0.2°C. Questo studio rinforza le linee guida sulla prevenzione dell’ipotermia accidentale perioperatoria sviluppate proprio dalla NICE, sottolineando l’importanza del riscaldamento delle infusioni endovenose come strategia di prevenzione dell’ipotermia perioperatoria. Grazie a questo studio è stato possibile dimostrare, che la somministrazione di 1 L d’infusioni endovenose riscaldate in pazienti sottoposti ad intervento chirurgico di breve durata in anestesia generale, porta ad un incremento dei valori della temperatura corporea centrale nel immediato postoperatorio e ad una minore incidenza d’ipotermia perioperatoria. In questo modo, l’uso d’infusioni endovenose riscaldate può aumentare il rispetto e la conformità con le linee guide sul riscaldamento delle infusioni distribuite dalla NICE, offrendo simultaneamente potenziali risparmi economici per l’azienda sanitaria. studio 2 TITOLO, AUTORE, Prevention of Hypothermia by Infusion of Warm Fluid During ANNO Abdominal Surgery X. Hong – xia, Y. Zhi – jian, Z. Hong, L. Zhiqing 2010 TIPO DI STUDIO Studio Pilota SCOPO Data l’influenza negativa della somministrazione delle infusioni endovenose a temperatura ambiente e l’influenza positiva del riscaldamento attivo del paziente, i ricercatori hanno ipotizzato che la complicanza dell’ipotermia perioperatoria possa essere migliorata e diminuita grazie ad un trattamento con fluidi riscaldati. Lo scopo di questo studio pilota era quindi la valutazione dell’efficacia del riscaldamento dei fluidi nel mantenimento della normotermia perioperatoria e nella prevenzione dei tremori (brividi) durante il periodo postoperatorio. CAMPIONE Il campione comprendeva 30 pazienti METODO Questo studio è stato approvato dal comitato etico sulla ricerca umana ed è stato ottenuto il consenso informato da parte di ogni paziente. Sono stati reclutati 30 pazienti adulti, tutti con stato fisico ASA classe I – II, sottoposti a chirurgia addominale in anestesia generale. I criteri d’esclusione erano i seguenti: Pazienti con una storia di patologie della tiroide Pazienti con una storia di disautonomia (disfunzione autonomica) Pazienti con una storia d’ipertermia maligna I pazienti sono stati quindi suddivisi in due gruppi. L’assegnazione ad uno dei due gruppi è avvenuta secondo il metodo random. I due gruppi erano così definiti: 1) Gruppo di controllo (n = 15) e 2) Gruppo sperimentale (n = 15). I gruppi erano comparabili per età, peso, altezza, sesso e stato fisico dei pazienti, nonché per durata dell’anestesia e per quantità di fluidi intraoperatori somministrati. INTERVENTI La temperatura corporea centrale è stata misurata a livello timpanico tramite un termometro a raggi infrarossi. Per tutto l’arco dell’operazione, la misurazione è stata effettuata dalla stessa infermiera per minimizzare gli errori di procedura legati al personale. A partire dall’induzione dell’anestesia, la temperatura è stata misurata ad intervalli di 30 minuti. Dopo approssimativamente due ore veniva interrotta l’anestesia e tolto il tubo endotracheale. A questo punto terminava la misurazione della temperatura corporea. La sala operatoria era mantenuta ad una temperatura costante di 24°C con un’umidità relativa del 30% tramite flusso laminare. Nel primo gruppo (“gruppo di controllo”) i fluidi sono stati somministrati a temperatura ambiente, mentre nel secondo gruppo (“gruppo sperimentale”) tutti i fluidi intraoperatori sono stati riscaldati tramite l’“HOTLINE® IV fluid warmer” ad una temperatura di 37°C. Sul tavolo operatorio, tutti i pazienti erano sistemati in posizione supina e coperti con coperte di cotone non riscaldate. Durante l’intervento chirurgico non sono state utilizzate ulteriori apparecchiature di riscaldamento. La gestione dell’anestesia era standardizzata per tutti i pazienti. La valutazione dei tremori (brividi) durante il periodo postoperatorio è stata affidata al personale medico o infermieristico di anestesia, ignaro dello studio in corso. I tremori sono stati classificati usando una scala con quattro punti, da 0 – 3: 0 = assenza di tremori; 1 = fascicolazioni lievi di viso o collo; 2 = tremore visibile che coinvolge più di un gruppo muscolare; 3 = grave attività muscolare che coinvolge l’intero corpo. RISULTATI Durante il periodo preoperatorio, quindi prima dell’induzione dell’anestesia, la temperatura corporea tra i due gruppi non si differenziava significativamente: 37.1°C ± 0.1°C nel gruppo di controllo e 37.0°C ± 0.1°C nel gruppo sperimentale. Durante le prime tre ore d’intervento, la temperatura corporea del gruppo di controllo è diminuita fino ad arrivare a 35.5°C ± 0.3°C, stabilizzandosi alla fine dell’anestesia. Contrariamente, nel gruppo sperimentale la temperatura corporea è diminuita meno, raggiungendo un valore pari a 36.5°C ± 0.1°C dopo la prima ora d’anestesia. Durante il proseguimento dell’operazione, la temperatura ha subito un leggero ma continuo rialzo, portandosi a 36.9°C ± 0.3°C alla fine dell’anestesia. L’analisi dell’incidenza e dell’entità dei tremori (brividi) postoperatori ha condotto ai seguenti risultati: 8 pazienti (53%) del gruppo di controllo hanno sviluppato tremori del grado ≥ 2, mentre nessun paziente del gruppo sperimentale ha raggiunto un grado ≥ 2. IMPLICAZIONI PER Lo studio dimostra, che il riscaldamento dei liquidi infusionali LA PRATICA durante chirurgia addominale è una strategia efficace per mantenere i pazienti il più vicino possibile alla normotermia, prevenendo inoltre i tremori postoperatori. Inoltre, i costi aggiuntivi del dispositivo di riscaldamento dei liquidi sono ridotti. Gli autori dello studio ipotizzano però, che l’effetto preventivo sia ancora maggiore se le infusioni riscaldate vengono usate insieme ad altre tecniche di riscaldamento, per garantire un migliore controllo della temperatura corporea durante tutto il periodo perioperatorio. studio 3 TITOLO, AUTORE, Intra – operative fluid warming in elective caesarean section: a ANNO blinded randomised controlled trial M. Woolnough, J. Allam, C. Hemingway, M. Cox, S.M. Yentis 2009 TIPO DI STUDIO RCT SCOPO Al momento di questo studio, il riscaldamento attivo non era la routine durante interventi di taglio cesareo, perché ritenuto costoso e poco efficace in interventi di breve durata. Lo scopo dello studio era quindi di testare l’efficacia del riscaldamento delle infusioni endovenose, con l’outcome primario della temperatura corporea centrale a 60 minuti dall’induzione dell’anestesia. Sebbene il riscaldamento attivo tramite dispositivi ad aria forzata fosse molto efficace nel mantenimento della normotermia perioperatoria, questa tecnica non permetteva alla madre di tenere in braccio il neonato. L’ulteriore scopo dello studio era quindi anche di testare la somministrazione d’infusioni endovenose riscaldate come tecnica molto meno invadente per la paziente. Inoltre si prefissava di comparare l’efficacia della somministrazione di infusioni riscaldate con quelle a temperatura ambiente e di confrontare l’efficacia dei vari dispositivi di riscaldamento. CAMPIONE Il campione comprendeva 75 pazienti METODO Dopo l’approvazione del comitato etico, sono state invitate a partecipare allo studio donne sane con gravidanza singola oltre la 37esima settimana di gestazione, programmate per intervento cesareo in anestesia combinata spino-epidurale (CSE). Con un consenso informato scritto sono state dunque reclutate 75 pazienti. I criteri d’esclusione erano i seguenti: Pazienti con piressia Pazienti con preeclampsia o eclampsia Pazienti in terapia farmacologica (eccetto antiacidi, vitamine e minerali) Pazienti con aumentato rischio di emorragia intraoperatoria Tramite un computer i pazienti sono stati poi assegnati ad uno dei tre gruppi stabiliti secondo modalità random: 1) “Room temperature (RT)” con 25 partecipanti; 2) “Cabinet (CAB)” con 25 partecipanti; 3) “Hotline® (HL)” con 25 partecipanti. I gruppi erano comparabili per caratteristiche personali (età, peso, parità, settimana di gestazione) e non presentavano differenze statisticamente rilevanti riguardo ad anestesia ed intervento chirurgico (durata dell’intervento, quantità di fluidi somministrati, ecc.). Lo studio è stato eseguito in doppio cieco. Per mantenere la cecità dello studio, le infusioni venivano somministrate attraverso deflussori standard ed attraversavano sempre il dispositivo di riscaldamento Hotline®, il quale veniva però azionato soltanto nel gruppo Hotline®. Il ricercatore non poteva toccare le sacche infusionali o somministrare farmaci per via endovenosa. Il dispositivo Hotline® ed il gocciolatore erano coperti in modo da non permettere al ricercatore di individuare la comparsa di gocce di condensa (indizio rilevabile per riconoscere l’utilizzo dell’apparecchio). Nel caso di somministrazione di emoderivati veniva usato un secondo dispositivo Hotline®. Per denotare una significatività statistica era stato usato un valore pari a P < 0.05. INTERVENTI La misurazione della temperatura corporea centrale è iniziata già nel periodo preoperatorio, utilizzando un termometro timpanico a raggi infrarossi. La misurazione veniva eseguita sempre dallo stesso operatore usando sempre lo stesso termometro, per tutte le pazienti. La temperatura ambientale e la relativa umidita venivano misurate tramite un ulteriore termometro digitale. A partire dall’induzione dell’anestesia, la temperatura corporea e l’umidità venivano misurate ad intervalli di 15 minuti fino all’arrivo in reparto di degenza. All’arrivo in sala operatoria la paziente veniva monitorizzata (ECG, SpO2, NIBP) e venivano somministrati 10ml/kg di soluzioni infusionali in 15 minuti prima dell’induzione dell’anestesia, secondo protocollo clinico. Durante l’intervento chirurgico, nel primo gruppo (RT) tutte le soluzioni infusionali venivano prima conservate e poi somministrate a temperatura ambiente attraverso il dispositivo Hotline® spento. Nel secondo gruppo (CAB), i fluidi infusionali venivano conservati e riscaldati a 45°C in un “warming cabinet” e somministrati attraverso il dispositivo Hotline® spento e quindi senza ulteriore riscaldamento durante l’infusione. Nel terzo gruppo somministrate e (HL) le riscaldate soluzioni durante infusionali l’infusione venivano attraverso il dispositivo Hotline® acceso. In questo caso i fluidi venivano riscaldati a 42°C. Durante l’intervento chirurgico sono inoltre stati valutati tre aspetti: il comfort termico della madre, il dolore ed i tremori (brividi). Il comfort termico è stato valutato con una scala numerica, così descritta: 0 = “il peggior freddo immaginabile”, 5 = temperatura confortevole/adeguata, 10 = “caldo insopportabile”. Un valore < 4 suggeriva che la partoriente sentisse freddo ed un valore > 6 che sentisse caldo. Il dolore è stato valutato tramite VAS (Visual Analogue Scale), così descritta: 0 = “nessun dolore”, 10 = “il peggior male immaginabile”. I tremori (riferiti a torace, collo e braccia) venivano valutati direttamente dal ricercatore, seguendo questo schema: 0 = nessun tremore, 1 = tremore lieve, intermittente e 2 = tremore intenso, continuo. RISULTATI L’outcome primario ha dimostrato, che sebbene durante i primi 60 minuti dall’induzione dell’anestesia la temperatura corporea sia diminuita in tutte le pazienti, il calo maggiore è stato registrato nel gruppo RT, con una differenza di 0.4°C (P = 0.015). Non sono invece state identificate differenze tra i due gruppi con riscaldamento attivo. Per quanto riguarda la valutazione del comfort termico delle partorienti, 8 pazienti (32%) del gruppo RT hanno riferito di sentire freddo, contro le 3 pazienti (12%) del gruppo CAB e la sola paziente (4%) del gruppo HL. Al contrario, non c’è stata differenza tra i te gruppi nel numero di pazienti che sentivano caldo. L’incidenza dei tremori non ha mostrato differenze significative nei tre gruppi: 11 pazienti del gruppo RT, 9 del gruppo CAB e 7 del gruppo HL. Anche la valutazione del dolore non ha prodotto differenze importanti fra i tre gruppi. IMPLICAZIONI PER Lo studio dimostra che il riscaldamento delle soluzioni infusionali LA PRATICA endovenose diminuisce la perdita di calore in seguito all’induzione dell’anestesia e che aumenta il comfort termico percepito dal paziente. Dato che non sono emerse differenze significative tra il dispositivo Hotline® ed il “warming cabinet”, si sostiene che quest’ultimo sia il metodo più conveniente in termini di costo – efficacia per i casi di routine, in quanto una volta comperato comporta solo costi legati al consumo energetico (0.15 kW/h massimi, dati forniti dalla casa costruttrice). Comparando la tecnica del riscaldamento delle infusioni con altri metodi di riscaldamento come i sistemi ad aria forzata, gli autori sostengono che questi ultimi siano poco pratici e probabilmente anche di limitata efficacia durante interventi di taglio cesareo, in quanto sono usati per brevi periodi e coprono soltanto una piccola parte del corpo. studio 4 TITOLO, AUTORE, Effect of preoperative warming during cesarean section under ANNO spinal anesthesia S.H. Chung, B.S. Lee, H.J. Yang, K.S. Kweon, H.H. Kim, J. Song, D.W. Shin 2012 TIPO DI STUDIO RCT SCOPO Gli autori di questo studio hanno generato e testato l’ipotesi che un preriscaldamento dei pazienti tramite dispositivo di riscaldamento ad aria forzata o tramite somministrazione di infusioni endovenose riscaldate 15 minuti prima dell’induzione dell’anestesia, previene sia l’ipotermia che i tremori (brividi) durante intervento di taglio cesareo. Simultaneamente sono stati valutati gli effetti di questi metodi di preriscaldamento sul pH della veno ombelicale e sull’indice di APGAR del neonato. CAMPIONE Il campione comprendeva 45 pazienti METODO In seguito all’approvazione del comitato etico, con un consenso informato scritto sono state arruolate 45 pazienti gravide tra la 38 – 42esima settimana di gestazione, programmate per intervento di taglio cesareo in anestesia spinale. Tutte le pazienti presentavano uno stato fisico ASA classe I – II. I criteri d’esclusione erano i seguenti: Pazienti con controindicazioni all’anestesia spinale Pazienti con ipertensione gestazionale Pazienti con placenta praevia Pazienti in gravidanza gemellare Pazienti con peso corporeo < 50 kg o > 100 kg Pazienti con piressia Pazienti in terapia farmacologica (eccetto vitamine e minerali) I pazienti sono quindi stati divisi casualmente in tre gruppi: 1) Gruppo “F” (intravenous warmed fluids group) con 15 partecipanti; 2) Gruppo “A” (forced-air prewarming group) con 15 partecipanti; 3) Gruppo “C” (control group) con 15 partecipanti. I gruppi erano comparabili per caratteristiche personali (età, peso, altezza e settimana di gestazione), per caratteristiche dell’anestesia, per durata dell’intervento e per quantità ematica persa durante l’intervento. Un valore di P < 0.05 è stato definito come statisticamente significante. INTERVENTI La misurazione della temperatura corporea centrale è stata effettuata mediante termometro timpanico a raggi infrarossi. Le misurazioni avvenivano sempre nello stesso orecchio per almeno tre volte, in modo da garantire una sufficiente accuratezza. Inoltre, per evitare errori, la misurazione veniva effettuata sempre dallo stesso operatore e sempre con lo stesso termometro. Inoltre è stata misurata la temperatura cutanea del braccio con un termometro dedicato. Le misurazioni sono state eseguite prime del preriscaldamento, al termine dello stesso (dopo 15 minuti) e ad intervalli di 15 minuti dopo l’induzione dell’anestesia fino al termine dell’intervento chirurgico. Tutte le pazienti veivano monitorate durante l’intervento (ECG, FC, NIBP, SpO2). Durante i 15 minuti antecedenti l’induzione dell’anestesia, il gruppo “F” ha ricevuto un precarico di 10 ml/kg di fluidi endovenosi preriscaldati in un “warming cabinet” a 40°C. Il dispositivo di riscaldamento ad aria forzata era spento. Il gruppo “A”, durante i 15 minuti prima dell’induzione dell’anestesia, è stato trattato con un dispositivo di riscaldamento ad aria forzata per la parte superiore del corpo (tronco) a 43°C e anche questo gruppo ha ricevuto un precarico di 10 ml/kg di soluzioni endovenose, somministrate però a temperatura ambiente. Sempre nei 15 minuti antecedenti l’induzione dell’anestesia, il gruppo “C” ha ricevuto un precarico di 10 ml/kg di soluzioni endovenose somministrate a temperatura ambiente ed il dispositivo d riscaldamento ad aria forzata era spento. Ulteriori parametri, come l’incidenza ed il grado di tremori, il comfort termico, il dolore, la nausea, il vomito, la perdita ematica ed il pH della vena ombelicale (subito dopo il parto) sono stati esaminati. Un pediatra ha inoltre determinato l’indice di APGAR del neonato dopo 1 minuto dalla nascita. Per valutare i tremori durante e dopo il taglio cesareo è stata usata una scala già esistente: 0 = nessun tremore; 1 = uno o più dei seguenti sintomi senza attività muscolare visibile: erezione pilifera, vasocostrizione periferica o cianosi periferica senza altra causa; 2 = Attività muscolare visibile confinata ad un solo gruppo muscolare; 4= Attività muscolare grave che coinvolge l’intero corpo. Il comfort termico è invece stato valutato con una scala VAS: 0 mm = caldo insopportabile; 50 mm = temperatura neutra; 100 mm = “il peggior freddo immaginabile”. RISULTATI La temperatura corporea centrale a 45 minuti dal preriscaldamento (a 30 minuti dall’induzione dell’anestesia) è diminuita meno nei gruppi trattati “F” e “A”, rispetto al gruppo di controllo “C” (-0.5°C ± 0.3°C; -0.6°C ± 0.4°C; -0.9°C ± 0.4°C, rispettivamente. P = 0.004). La temperatura cutanea del braccio a 15 e 30 minuti dal preriscaldamento ha mostrato un aumento maggiore della temperatura corporea nel gruppo “A” rispetto al gruppo “F” ed al gruppo di controllo “C” (a 15 min.: 2.3°C ± 1.5°C; 1.1°C ± 0.7°C; 0.8°C ± 1.0°C, rispettivamente, P = 0.001. A 30 min.: 1.6°C ± 1.5°C; 0.7°C ± 0.6°C; 0.3°C ± 1.0°C, rispettivamente, P = 0.012). È stato dimostrato un notevole beneficio nei due gruppi trattati per quanto riguarda l’incidenza dei tremori: 8 pazienti (53.3%) del gruppo “C”, contro 3 pazienti (20%) nel gruppo “A” e contro i soli 2 pazienti (13.3%) del gruppo “F” hanno presentato tremori (P = 0.035). La valutazione del comfort termico della partoriente ha invece riportato i seguenti risultati: 59.0mm ± 12.1mm (gruppo “A”); 59.3 ± 13.2 (gruppo “F”) e 69.0 ± 15.9 (gruppo “C”). I dati raccolti non denotano però una significatività statistica (P = 0.093). Per quanto riguarda il pH della vena ombelicale e l’indice di APAGAR, lo studio non ha mostrato outcome migliori per il neonato. IMPLICAZIONI PER Lo studio dimostra, che il riscaldamento preoperatorio tramite LA PRATICA dispositivo ad aria forzata e tramite la somministrazione di infusioni endovenose riscaldate riduce significativamente l’ipotermia perioperatoria e l’incidenza dei tremori in pazienti sottoposte ad intervento di taglio cesareo in anestesia spinale. Il preriscaldamento del paziente difficilmente aumenta la temperatura corporea centrale, ma incrementa marcatamente il calore nella periferia. Ne consegue che il gradiente di temperatura tra centro e periferia è ridotto e ciò comporta una diminuita ridistribuzione del calore dopo l’induzione dell’anestesia. I risultati mostrano un’efficacia molto simile tra i due metodi di riscaldamento esaminati, ma nel caso specifico di operazioni di taglio cesareo, il riscaldamento delle infusioni endovenose risulta essere più adeguato. Questo, perché a differenza dei dispositivi ad aria forzata, il riscaldamento delle infusioni è una tecnica molto meno ingombrante, facilitando il “bonding” tra madre e figlio e non ostacolando l’operazione chirurgica. studio 5 TITOLO, AUTORE, Warming of Intravenous Fluids Prevents Hypothermia During ANNO Off-Pump Coronary Artery Bypass Graft Surgery S.M. Jeong, K.D. Hahm, Y.B. Jeong, H.S. Yang, I.C. Choi 2008 TIPO DI STUDIO RCT SCOPO Gli autori dello studio hanno generato l’ipotesi, che il riscaldamento delle infusioni convenzionali endovenose di combinato riscaldamento (aumento con altri della metodi temperatura ambientale in sala operatoria ed uso di materassi ad acqua circolante) potesse essere una strategia efficace per mantenere i pazienti normotermici. Lo scopo dello studio era quindi di testare l’efficacia di questa strategia valutando la temperatura corporea, i parametri emodinamici, la concentrazione sierica delle catecolamine, la durata della permanenza sia in terapia intensiva che in reparto di degenza. CAMPIONE Il campione comprende 40 pazienti METODO Dopo l’approvazione del comitato etico e dopo aver raccolto il consenso informato, sono stati reclutati 40 pazienti programmati per intervento di bypass coronarico a cuore battente OPCAB (Offpump coronary artery bypass) in anestesia generale. I criteri d’esclusione erano i seguenti: Pazienti che necessitano di farmaci inotropi Pazienti che necessitano cateterismo coronarico a palloncino Pazienti con temperature preoperatorie anomale (> 37°C o < 36°C) Pazienti che necessitano di byass cardio – polmonare Pazienti con patologie dermatologiche Pazienti con storia di ustioni a schiena e gambe Pazienti con qualsiasi ipersensibilità al contatto di adesivi sulla pelle nota Tramite l’assegnazione casuale i pazienti sono poi stati collocati in uno dei due gruppi precedentemente formati: 1) Gruppo sperimentale con 20 partecipanti; 2) Gruppo di controllo con 20 partecipanti. I due gruppi non presentavano differenze statisticamente rilevanti ed erano comparabili per le caratteristiche dei pazienti (età, sesso, peso, altezza) e per durata dell’anestesia e dell’intervento chirurgico. Un valore paria a P < 0.05 era considerato statisticamente significante. INTERVENTI La temperatura corporea centrale è stata misurata continuamente a partire dall’induzione dell’anestesia, registrando i valori ad intervalli di 1 ora. Per la misurazione sono stati usati vari siti: l’arteria polmonare tramite catetere di Swan – Ganz, il nasofaringe, il retto ed infine la vescica tramite catetere di Foley con trasduttore. Il gruppo sperimentale ha ricevuto le infusioni endovenose riscaldate tramite un dispositivo Hotline in combinazione con i metodi di riscaldamento convenzionali (aumento della temperatura ambientale in sala operatoria a 25°C ed uso di materassi ad acqua circolante a 38°C). I fluidi sono stati riscaldati a 41°C attraverso due dispositivi Hotline. Il gruppo di controllo è invece stato trattato secondo le pratiche istituzionali standard, che comprendevano soltanto l’aumento della temperatura ambientale in sala operatoria a 25°C e l’uso di materassi ad acqua circolante a 38°C. Per permettere una comparazione dei due gruppi, i dispositivi Hotline sono stati utilizzati soltanto durante il periodo intraoperatorio, mentre nell’immediato postoperatorio entrambi i gruppi sono stati trattati con coperte riscaldate. Parametri emodinamici come la pressione arteriosa sistemica e all’interno dell’arteria polmonare, la frequenza cardiaca, l’indice cardiaco, le resistenze vascolari sistemiche e quelle polmonari sono stati misurati e registrati ad intervalli di 1 ora dall’induzione dell’anestesia. Inoltre, subito dopo l’induzione dell’anestesia ed a 4 ore dall’incisione chirurgica, è stata misurata la concentrazione sierica delle catecolamine (epinefrina e norepinefrina). Infine sono stati registrati i seguenti dati relativi al periodo intraoperatorio: quantità di soluzioni cristalloidi somministrate, volume delle trasfusioni, diuresi, dosaggio dei farmaci somministrati. Per quanto riguarda il periodo postoperatorio sono stati valutati i livelli di CKMB e di troponina-I a 24 ore dal termine dell’operazione chirurgica, l’incidenza di complicazioni come le infezioni e la durata della permanenza in terapia intensiva e nel reparto di degenza. RISULTATI Dopo l’induzione dell’anestesia, nel gruppo di controllo la temperatura corporea centrale è diminuita significativamente da 36.3°C ± 0.47°C prima dell’incisione a 35.5°C ± 0.78°C 2 ore dopo (P < 0.05). Durante l’intervento chirurgico, il gruppo sperimentale ha mostrato valori di temperatura corporea significativamente più alti rispetto al gruppo di controllo (36.3°C ± 0.59°C prima dell’incisione e 36.6°C ± 0.32°C 4 ore dopo, P < 0.05). Le temperature nel nasofaringe, nel retto e nell’arteria polmonare hanno riportato valori simili a quelli della vescica, mostrando una diminuzione significativa della temperatura corporea nel gruppo di controllo. Non ci sono invece state differenze tra i due gruppi per quanto riguarda la quantità di cristalloidi somministrati, il volume delle trasfusioni, la diuresi, la concentrazione sierica delle catecolamine, la resistenza vascolare sistemica e polmonare, gli enzimi cardiaci e la durata della permanenza in terapia intensiva e nel reparto di degenza. IMPLICAZIONI PER I risultati di questo studio dimostrano che il riscaldamento delle LA PRATICA infusioni endovenose migliora significativamente la gestione della temperatura corporea nel periodo perioperatorio. Bisogna però tenere presente che vista la probabile insufficienza nell’uso di un solo dispositivo, in questo studio sono stati usati ben 2 dispositivi Hotline. Gli autori suggeriscono che l’uso combinato del riscaldamento delle infusioni endovenose e di altri metodi di riscaldamento (come l‘aumento della temperatura ambientale in sala operatoria e l’uso di materassi ad acqua circolante riscaldata) è una strategia efficace per mantenere normotermico il paziente nel periodo perioperatorio. studio 6 TITOLO, AUTORE, Effectiveness of strategies for the management and/or ANNO prevention of hypothermia within the adult perioperative Environment S. Moola, C. Lockwood 2011 TIPO DI STUDIO Systematic Review SCOPO Lo scopo di questa revisione era di identificare i metodi più efficaci nel trattamento e/o nella prevenzione dell’ipotermia durante il periodo sia intra- che postoperatorio. METODO È stata adottata una strategia di ricerca suddivisa in tre fasi. La prima fase consisteva in una ricerca limitata a Medline. La seconda fase consisteva in una ricerca completa in tutte le banche dati usando tutte le parole chiave identificate mentre la terza fase consisteva nella revisione della bibliografia degli articoli inclusi per trovare ulteriore letteratura e nella ricerca di letteratura grigia per articoli non pubblicati. Alcune delle banche dati usate: CINAHL, Medline, Cochrane Central Register of Controlled Trials (CENTRAL), EMBASE, Current Contents, Scopus, TRIP database, The Database of Abstracts of Reviews Effectiveness, The Networked Digital Library of Theses and Dissertations (NDLTD) and Proquest Dissertations and Theses. I criteri d’inclusione degli studi erano così definiti: Pazienti adulti ≥ 18 anni Tutti i tipi di intervento chirurgico I criteri d’esclusione erano i seguenti: Pazienti sottoposti ad interventi chirurgici con ipotermia indotta Studi che non descrivevano in modo chiaro il processo di randomizzazione Studi senza il gruppo di controllo Studi scritti in una lingua differente dall’inglese Il risultato primario d’interesse era la modificazione della temperatura corporea centrale. Per la ricerca non sono stati posti limiti di datazione. Due ricercatori indipendenti hanno infine valutato la validità metodologica dei singoli studi selezionati prima di includerli definitivamente nella revisione. I dati rilevanti sono stati estratti dagli studi inclusi nella revisione usando degli strumenti standardizzati per l’estrazione dati ed eventuali disaccordi sono stati risolti mediante una discussione. RISULTATI La ricerca ha prodotto un risultato di 130 studi potenzialmente eleggibili per l’inclusione nella revisione. Dopo un’ulteriore valutazione, sono stati identificati 19 studi che soddisfavano tutti i criteri d’inclusione prestabiliti, per un totale di 1451 pazienti. I gruppi di pazienti negli studi inclusi non presentavano differenze significative per quanto riguarda le caratteristiche personali, la durata ed il tipo di intervento chirurgico e la durata dell’anestesia. La maggior parte degli studi inclusi presentava un campione di piccole dimensioni, con meno di 100 partecipanti per gruppo. In tutti gli studi gli interventi sono stati messi in atto durante il periodo intraoperatorio, mentre soltanto in pochi studi interventi di riscaldamento sono stati messi in atto anche nel periodo pre- e postoperatorio. Il riscaldamento delle soluzioni infusionali endovenose e d’irrigazione ad una temperatura più alta di quella ambientale (a ca. 38 – 40°C) tramite diversi sistemi di riscaldamento, ha dimostrato benefici significativi per il paziente. Sono stati osservati benefici in termini di stabilità dei parametri emodinamici e di aumentata temperatura chirurgica. corporea centrale al termine dell’operazione I dispositivi di riscaldamento ad aria forzata si sono dimostrati utili e molto efficaci nel mantenimento della normotermia perioperatoria, con una marcata diminuzione di complicazioni cardiache, di tremori nel periodo postoperatorio, della richiesta di trasfusioni, dell’insorgenza di infezioni del sito chirurgico e della durata di degenza. Anche l’uso di Ulteriori dispositivi di riscaldamento attivo come gli “indumenti” riscaldati ad acqua (water garment warmer) porta un importante beneficio nel mantenimento della normotermia perioperatoria. Al contrario, i dispositivi di riscaldamento passivo si sono dimostrati inefficaci nel contrastare la perdita di calore durante il periodo perioperatorio. IMPLICAZIONI PER Questa revisione indica che i metodi di riscaldamento attivo sono LA PRATICA efficaci nella prevenzione e nel trattamento dell’ipotermia nel periodo perioperatorio. Basandosi sui risultati della revisione, sono state formulate dagli autori le seguenti raccomandazioni per la prevenzione e la gestione dell’ipotermia perioperatoria: Usare strategie di riscaldamento attivo Evitare il solo riscaldamento passivo in gruppi vulnerabili Iniziare con il riscaldamento del paziente già durante la fase preoperatoria Per interventi chirurgici di durata maggiore o con pazienti anziani, usare vari sistemi di riscaldamento attivo in combinazione Riscaldare tutti i fluidi selezionati per la somministrazione intraoperatoria Tabella III: Risultati della ricerca. DISCUSSIONE Gli articoli analizzati presentano a grandi linee risultati simili, seppur non trattassero tutti la stessa tipologia di paziente. Andrezejowski (2010) ha testato l’efficacia delle infusioni endovenose riscaldate per il mantenimento della normotermia perioperatoria in pazienti sottoposti ad intervento chirurgico di breve durata in anestesia generale. Due differenti dispositivi per il riscaldamento delle infusioni sono stati messi a confronto con la somministrazione di infusioni a temperatura ambiente. I risultati hanno mostrato un significativo aumento della temperatura corporea nei pazienti trattati con le infusioni riscaldate nel periodo postoperatorio (misurazione timpanica), mentre non è stata rilevata alcuna differenza al momento del termine dell’anestesia (misurazione esofagea). I limiti di questo studio sono emersi valutando la grandezza del campione, con soli 25 partecipanti per gruppo ed anche comparando i risultati della misurazione della temperatura corporea. Mentre nella misurazione intraoperatoria tramite sonda esofagea non sono emerse differenze significative tra i gruppi alla fine dell’intervento, nella misurazione timpanica postoperatoria si sono evidenziate differenze significative. Non è possibile comparare le temperature corporee misurate con i diversi dispositivi, perché usati in fasi differenti: la sonda esofagea soltanto nel periodo intraoperatorio ed il termometro timpanico soltanto nel periodo pre- e postoperatorio. Ciò non permette un confronto e quindi una valutazione dell’accuratezza dei dati. Anche Hong – xia (2010) ha valutato l’efficacia del riscaldamento delle infusioni endovenose a confronto con la somministrazione delle infusioni a temperatura ambiente. I pazienti reclutati per lo studio erano sottoposti ad intervento chirurgico addominale in anestesia generale. Inoltre è stata valutata l’incidenza dei tremori (brividi) nel postoperatorio. I risultati hanno mostrato un notevole aumento della temperatura corporea nel gruppo trattato con le infusioni riscaldate alla fine dell’anestesia. Questo gruppo ha inoltre avuto una marcata riduzione dell’incidenza e del grado di tremori postoperatori. Gli autori dello studio ipotizzano però che la gestione della normotermia perioperatoria sia ottimizzata se il riscaldamento delle infusioni viene utilizzato in combinazione con altri metodi di riscaldamento attivo. I limiti di questo studio si riscontrano nel disegno di studio (studio pilota) e nella grandezza del campione (soltanto 15 partecipanti per gruppo). Un ulteriore limite è dato dal metodo di misurazione della temperatura corporea. A questo proposito è stato utilizzato un termometro timpanico a raggi infrarossi, metodo definito come poco affidabile da una moltitudine di autori, nonostante l’intento di ridurre i bias di misurazione utilizzando sempre lo stesso termometro e lo stesso operatore. Così come gli autori dei due studi precedenti, anche Woolnough (2009) ha testato l’efficacia del riscaldamento delle infusioni endovenose a confronto la somministrazione di soluzioni infusionali a temperatura ambiente. Il campione di questo studio era formato da pazienti sottoposte a intervento di taglio cesareo in anestesia combinata spino – epidurale. I tremori sono stati valutati anche in questo studio e sono stati inoltre esaminati aspetti come il comfort termico ed il dolore della partoriente. I risultati di questo studio si accostano a quelli dei primi due studi, dimostrando l’efficacia del riscaldamento delle infusioni endovenose. Al contrario dei due studi precedenti però, in questo studio non ci sono state differenze significative tra i gruppi trattati con infusioni riscaldate ed il gruppo trattato con infusioni a temperatura ambiente per quanto riguarda l’incidenza dei tremori. Anche in questo studio sono emersi limiti legati alla dimensione del campione (25 pazienti per gruppo) ed alla misurazione della temperatura corporea. Come nello studio di Hong – xia (2010), anche in questo studio è stato adottato un termometro timpanico a raggi infrarossi per l’intero arco perioperatorio. Seppur utilizzato sempre dallo steso operatore, questo dispositivo è ritenuto poco affidabile da molti autori e l’uso di un solo dispositivo per la misurazione della temperatura corporea non permette il confronto con un dispositivo più affidabile per l’accertamento dell’accuratezza dei dati. Nel suo studio, Chung (2012) ha testato l’efficacia del riscaldamento già nel periodo preoperatorio in pazienti sottoposte ad intervento di taglio cesareo in anestesia spinale. Sono stati valutati due metodi di riscaldamento attivo, il riscaldamento con dispositivo ad aria forzata ed il riscaldamento delle infusioni endovenose. Entrambi sono stati messi a confronto con pazienti senza trattamento. I risultati hanno mostrato un notevole aumento della temperatura corporea nei due gruppi trattati, senza differenze significative tra i due metodi di riscaldamento. Nonostante la tipologia di pazienti analizzata negli studi di Woolnough (2009) e Chung (2012) fosse la stessa (pazienti sottoposte ad intervento di taglio cesareo), i due studi hanno riportato risultati differenti per quanto riguarda l’incidenza dei tremori ed il comfort termico della partoriente. Chung (2012) riporta una marcata diminuzione nell’incidenza dei tremori nei gruppi trattati, contrastando così i risultati dello studio di Woolnough (2009), il quale sostiene che non ci siano differenze tra il gruppo trattato e quello di controllo. Chung (2012) sottolinea inoltre che non ci siano differenze significative tra i gruppi trattati e quello di controllo per quanto riguarda il comfort termico della partoriente, mentre Woolnough (2009) afferma il contrario. I limiti di questo studio si possono riscontrare ancora una volta nel metodo usato per la misurazione della temperatura corporea: secondo una varietà di autori, il termometro timpanico a raggi infrarossi e la misurazione della temperatura cutanea sono metodi poco affidabili. Lo studio di Jeong (2008) ha voluto dimostrare che il riscaldamento delle infusioni endovenose prevenisse l’ipotermia se combinato con l’aumento della temperatura ambientale in sala operatoria e l’ utilizzo di materassi riscaldati ad acqua circolante in pazienti sottoposti ad intervento di bypass coronarico a cuore battente. Inoltre sono stati analizzati ulteriori dati come i parametri emodinamici, la concentrazione sierica delle catecolamine, l’incidenza di complicazioni postoperatorie e la durata della permanenza in terapia intensiva ed in reparto di degenza. Durante l’intervento chirurgico, il gruppo sperimentale ha mostrato valori di temperatura corporea significativamente più alti rispetto al gruppo di controllo, mentre non ci sono state differenze significative negli ulteriori dati analizzati. I limiti riportati dagli stessi autori si basano sul numero di pazienti arruolati e soprattutto sulla mancanza di una cecità nello studio. Il campione risulta essere sufficientemente ampio per paragonare la temperatura corporea tra i due gruppi, ma non per permettere una prognosi perioperatoria tra i due gruppi. La mancanza di una cecità nello studio a fatto sì che gli operatori potessero, seppur non intenzionalmente, introdurre bias nello studio. A differenza dei precedenti studi, Moola & Lockwood (2011) hanno realizzato una revisione sistematica che in quanto tale ha analizzato e confrontato vari metodi e sistemi di riscaldamento per il mantenimento della normotermia perioperatoria. Anche in questo caso, i metodi di riscaldamento attivo si sono rivelati i più efficaci. Oltre ai dispositivi ad aria forzata, i più efficaci, anche il riscaldamento delle infusioni endovenose è stato raccomandato dagli autori come strategia efficace nel mantenimento della normotermia perioperatoria, con un notevole influsso positivo sui parametri emodinamici e sulla temperatura corporea centrale al termine dell’operazione chirurgica. Riscaldamento delle infusioni endovenose: Le linee guida sviluppate dalla NICE (2008) raccomandano il riscaldamento delle infusioni endovenose (≥ 500 ml) e di tutti gli emoderivati, indipendentemente dal tipo d’intervento chirurgico. I risultati degli articoli scientifici analizzati hanno mostrato una diminuzione dell’incidenza dell’ipotermia perioperatoria. Nello studio di Andrzejowski (2010), la percentuale di pazienti ipotermici (< 36°C) in fase postoperatoria è di 3 pazienti (12%) e 4 pazienti (16%) nei due gruppi con riscaldamento delle infusioni, rispetto agli 8 pazienti (32%) trattati con infusioni a temperatura ambiente con un P = 0.03. Nel reparto di degenza si sono registrate differenze significative fra gruppo trattato con infusioni riscaldate tramite “warming cabinet” e gruppo di controllo con un P = 0.006. Nello studio di Hong – xia (2010) si è registrata una notevole differenza di temperatura corporea fra gruppo sperimentale (con infusioni riscaldate) e gruppo di controllo (infusioni somministrate a temperatura ambiente) dopo l’induzione dell’anestesia. Durante le prime tre ore d’intervento, la temperatura nel gruppo di controllo è diminuita fino ad arrivare a 35.5°C ± 0.3°C, mentre nel gruppo sperimentale la temperatura è diminuita meno: 36.5°C ± 0.1°C dopo la prima ora (lasso di tempo nel quale si registra solitamente la maggior perdita di calore) per poi subire un leggero ma continuo rialzo fino a 36.9°C ± 0.3°C alla fine dell’anestesia. Woolnough (2009) riporta una differenza di temperatura tra gruppo sperimentale (con infusioni riscaldate) e gruppo di controllo (infusioni somministrate a temperatura ambiente) di 0.4°C dopo la prima ora dall’induzione dell’anestesia, P = 0.015. Anche il preriscaldamento del paziente (15 minuti prima dell’induzione dell’anestesia) con infusioni riscaldate ha mostrato benefici nella prevenzione dell’ipotermia perioperatoria. A 30 minuti dall’induzione dell’anestesia la temperatura corporea è diminuita meno nei due gruppi trattati con riscaldamento attivo, specialmente nel gruppo trattato con infusioni riscaldate (-0.5°C ± 0.3°C), rispetto al gruppo trattato con dispositivo ad aria forzata (-0.6°C ± 0.4°C) ed al gruppo di controllo (0.9°C ± 0.4°C) con un P = 0.004. Jeong (2008) mostra un evidente miglioramento della temperatura corporea nel gruppo trattato con infusioni endovenose e materassi ad acqua circolante (gruppo sperimentale) rispetto al gruppo trattato con il solo materasso ad acqua circolante (gruppo di controllo) durante l’intervento chirurgico: 35.5°C ± 0.78°C a 2 ore dall’incisione nel gruppo di controllo contro i 36.6°C ± 0.32°C a 4 ore dall’incisione nel gruppo sperimentale. Le opinioni sull’uso di infusioni riscaldate nella prevenzione di tremori (brividi) sono discordanti. Nello studio di Hong – xia (2010), 8 pazienti (53%) del gruppo di controllo hanno sviluppato tremori del grado ≥ 2, mentre nessun paziente del gruppo sperimentale ha raggiunto un grado ≥ 2. I risultati di Chung (2012) sono simili: 8 pazienti (53,3%) del gruppo di controllo contro i soli 2 pazienti (13,3%) del gruppo sperimentale trattato con infusioni riscaldate. Cotrariamente, Woolnough (2009) non riscontra differenze tra gruppo sperimentale e gruppo di controllo. Per quanto riguarda la valutazione del comfort termico delle partorienti, Woolnough (2012) fornisce tali dati: 8 pazienti (32%) del gruppo di controllo hanno riferito di sentire freddo, contro le 3 pazienti (12%) e la sola paziente (4%) dei due gruppi trattati con riscaldamento delle infusioni endovenose. Anche Chung (2012) riporta valori di comfort termico migliori nei pazienti trattati con infusioni endovenose rispetto al gruppo di controllo, ma senza significato statistico (P = 0.093). In un ambiente complesso come la sala operatoria, la praticità di un dispositivo assume un’importanza notevole. La sola necessità di un set infusionale e di un accesso venoso, rende questa tecnica meno ingombrante rispetto ad altri metodi di riscaldamento. Inoltre, dispositivi come i sistemi ad aria forzata possono essere inefficaci in interventi chirurgici nei quali è necessario lasciare scoperta una grande quantità di superficie corporea del paziente, mentre anche in quel caso il riscaldamento delle infusioni è facilmente praticabile. Un ulteriore aspetto pratico è l’alimentazione a batteria di molti sistemi di riscaldamento delle infusioni, che permette il riscaldamento anche durante le fasi del trasferimento del paziente. L’aspetto della praticità è risultato essere particolarmente vantaggioso in interventi chirurgici come il taglio cesareo, favorendo il “bonding” (contatto) fra madre e neonato. La NICE ha implementato la sua linea guida sulla prevenzione dell’ipotermia perioperatoria con un report sui costi (2008). I costi si riferiscono alla realtà geografica inglese e vogliono essere uno spunto da implementare in altre realtà. Il costo stimato del riscaldamento di soluzioni infusionali ed emoderivati in pazienti sottoposti ad intervento chirurgico di durata superiore ai 30 minuti in anestesia generale è pari a 11.6 milioni di Sterline (ca. 14.5 milioni di euro) all’anno. Autore Alex Puglierin