Agorà - Carta Intestata NEW

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Si è tenuto il 24 aprile, presso la Aula A Silos di Ponente - Santa Marta, Università degli Studi di Verona, il
convegno “Est Veronese - Azioni di sistema per la conciliazione territoriale finalizzata alla nascita di
nuove imprese”. L’obiettivo dell’incontro: presentare i risultati dell’attività di ricerca condotta nell’ambito
del progetto, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Economiche dell’Università di Verona.
«Il rapporto tra Lavoro e Famiglia può essere tanto conflittuale quanto positivo e sostenibile. Ciò dipende
sia dalle caratteristiche del lavoro, dell’organizzazione e da fattori personali e familiari.» ha introdotto il
prof. Federico Perali, … «Sempre più aziende si sono impegnate nell’attuazione di un’efficace conciliazione
tra lavoro e famiglia attraverso iniziative organizzative “family friendly”, ovvero di supporto nei confronti
dell’esigenza dei dipendenti di soddisfare nel contempo responsabilità lavorative e familiari».
Tuttavia, la crisi economica e finanziaria globale in corso oggi frena queste politiche di welfare ed in un
contesto economico e sociale come questo nel quale si vuole mantenere la famiglia al centro del sistema
sociale, le premesse conducono a immaginare uno scenario di riduzione del ruolo pubblico nella fornitura di
servizi alle persone e conseguentemente restituisce a famiglie e imprese il compito di prendersi cura dei
soggetti più deboli.
«Sulla scia di tali considerazioni, si è deciso di svolgere un’indagine volta ad analizzare l’attuale stato del
rapporto famiglia-lavoro nel territorio dell’Est Veronese, caratterizzato dalla dislocazione di aziende per lo
più di piccole dimensioni» ha dichiarato Maikol Furlani «L’obiettivo: individuare le principali determinanti
del conflitto tra le attività lavorative e impegni/obblighi familiari, nonché indagare le soluzioni adottate
dalle imprese presenti sul territorio al fine di favorire la conciliazione tra lavoro e famiglia».
Come ha poi spiegato Mirko Meneghelli: «I dati sono stati raccolti attraverso due differenti questionari
auto-compilativi, veicolati nell’arco di sei mesi di ricerca: il primo questionario rivolto ai singoli lavoratori; il
secondo ai titolari/rappresentanti legali delle aziende».
«Il campione analizzato è costituito da 198 persone, di cui 113 donne e 85 uomini, residenti per il 69% nel
comune dell’est veronese. In media, gli intervistati hanno 1,75 figli a testa» ha illustrato Sara Anselmi.
Agli intervistati è stato chiesto di indicare il loro titolo di studio, e ne è emerso che le donne hanno un
livello di formazione superiore rispetto a quello degli uomini: in particolare i soggetti in possesso di una
laurea (triennale o magistrale) sono per lo più donne.
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Tuttavia, a ciò non corrisponde un’adeguata posizione professionale, in quanto i ruoli dirigenziali sono
affidati in maggioranza agli uomini.
Si è poi voluto indagare la limitazione della carriera dovuta all’appartenenza di genere. Degli intervistati che
hanno risposto a questa domanda, il 74% ha dichiarato di non aver subito rallentamenti a causa del proprio
genere, ma il 9% ha risposto di aver subito limitazioni e questa percentuale è costituita nella totalità da
donne. «Significative in merito sono state le dichiarazioni che hanno voluto rilasciare le intervistate. Ne cito
alcune: “lavorare in un ambiente quasi completamente maschili non aiuta l’emergere delle competenze
femminili”; “sono stata maltrattata quando ho dichiarato di essere in gravidanza e, nel caso del secondo
figlio, non sono più stata assunta a tempo indeterminato”; “con la maternità la mia carriera ha subito un
arresto e svolgo da anni la stessa mansione”; “nella suddivisione dei compiti in ambito familiare io, in
quanto donna, mi sono dedicata negli anni di nascita e crescita dei miei figli, esclusivamente alla loro
educazione, mentre mio marito si è occupato dell’aspetto economico andando a lavorare. Inoltre, in
quanto unica femmina di tre fratelli, ho dovuto assistere la mamma malata e sbrigare faccende domestiche.
La cura della madre e dei figli ha portato alla scelta di non cercare un’occupazione nei primi anni di
matrimonio”» ha precisato Sara Anselmi.
Notare che del 23% di soggetti che dichiarano di avere il part-time, il 52,3% è costituito da donne.
Si è quindi cercato di capire le ragioni di queste discordanze e incrociando i dati a disposizione, è risultato
che delle donne che usufruiscono del part-time, il 62% ha figli. Ne è stato quindi dedotta una
corrispondenza tra la maternità e la scelta di un part-time e la conseguente mancanza di crescita
professionale.
«È bene notare che sono ben il 18% le donne che usufruiscono di aspettative per motivi familiari e il 10% di
permessi per seguire i figli» aggiunge Mirko Meneghelli. Si è quindi chiesto se il lavoro sia stato rallentato
dalla nascita dei figli: il 25% delle donne ha dichiarato di essere stata ‘molto’ rallentata da questo evento,
mentre solo il 6% ha dichiarato di essere stato ‘molto’ rallentato.
Un ruolo fondamentale in famiglia lo hanno ancora i genitori, in quanto il 38% del campione dichiara che
sono una risorsa importante nell’aiuto alla gestione delle attività domestica e nella cura dei figli.
Per quanto riguarda l’influenza del lavoro sulla famiglia, sul campione analizzato il conflitto non appare
particolarmente accentuato. La maggior parte degli intervistati, infatti, ha risposto che ‘raramente’ il lavoro
interferisce con la vita o gli impegni familiari o sul proprio livello di stanchezza. Analizzando le percentuali
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minori, tuttavia, emergono alcuni elementi di conflittualità più accentuati, considerato che al secondo
posto per maggior numero di risposte risulta il livello più negativo sulla scala utilizzata (‘a volte’).
Allo stesso modo, riguardo l’influenza della famiglia sul lavoro una parte significativa del campione dichiara
che ‘raramente’ le richieste della famiglia interferiscono con l’attività lavorativa, e ‘mai’ (in media il 50%) le
attività, le responsabilità, gli impegni o i problemi familiari condizionano in alcun modo il lavoro.
Dopo il conflitto lavoro-famiglia, si è chiesto all’intervistato di esaminare l’arricchimento lavoro-famiglia e
l’arricchimento famiglia-lavoro. La maggior parte degli intervistati ha risposto di avere ‘a volte’ o ‘spesso’
un riscontro positivo delle competenze apprese sul lavoro rispetto alla famiglia, con l’incremento di
soddisfazione personale che si rispecchia proficuamente nel rapporto con la famiglia. In egual misura, il
contributo positivo dell’esperienza familiare si rispecchia in maniera vantaggiosa sul lavoro, aiutando la
maggior parte degli intervistati ad essere più concentrati, più competitivi e più costruttivi nelle proprie
attività.
Oltre ad aver analizzato i risultati derivanti di quella che è la percezione dei lavoratori della conciliazione
lavoro-famiglia, si è cercato di capire quali sono i servizi pro conciliazione presenti sul territorio e messi a
disposizione delle aziende.
Jessica Ballarin spiega: «E stato chiesto ai titolari/rappresentanti legali di 35 imprese, localizzate in diversi
comuni dell’est veronese, di compilare un secondo questionario. Il campione rappresenta il tessuto della
micro e piccola impresa che costituisce l’ossatura del sistema produttivo locale. Il 51% delle aziende facenti
parte del campione dichiara di avere dai 10 ai 49 dipendenti. Consistente anche la presenza nel campione
di micro imprese con meno di 10 dipendenti (43%) mentre solo meno dell’1% delle imprese del campione
ha più di 50 dipendenti».
L’indagine rileva una diffusione capillare sul territorio di servizi quali asilo nido, scuola materna, centro per
gli anziani. «Il problema in questo caso non è la presenza del servizio, ma la sua accessibilità in termini di
tempo e di potere d’acquisto» commenta Meneghelli «Tempo in quanto gli orari delle strutture non sono
mai flessibili, potere d’acquisto in quanto le rette sono relativamente elevate e troppo differenziate tra
loro. Queste evidenze rispecchiano in realtà situazioni ben conosciute in gran parte del Veneto. La crisi
economica ha infatti reso meno efficaci i forti investimenti compiuti nell’offerta di servizi sociali per l’età
evolutiva».
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L’indagine ha anche cercato di approfondire il ruolo dell’azienda nell’offrire iniziative e politiche family
friendly. Ne è risultata una diffusione nulla nel campione del Job Sharing, mentre sono più utilizzate forme
di conciliazione tradizioni quali part-time e orario flessibile.
«Con riferimento agli squilibri di genere nelle attività di cura all’interno della famiglia, l’indagine sulle
imprese conferma la scarsa diffusione del congedo parentale per il genitore maschio. E’ pur vero che
nessuna delle aziende interpellate ha dichiarato di aver svolto specifica attività di informazione e
incentivazione al riguardo» conclude Jessica Ballarin.
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