del Pozzo - Pontificia Università della Santa Croce

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TESTO PROVVISORIO
XX CONVEGNO DI STUDI – FACOLTÀ DI DIRITTO CANONICO
DIRITTO E NORMA NELLA LITURGIA
Roma, 18-19 aprile 2016
Autorità ecclesiastica e diritti dei fedeli nella liturgia
Rev. Prof. Massimo del Pozzo
Sommario: 1. Premessa. - 2. I diritti dei fedeli attinenti alla liturgia. - 2.1. L'estensione ed enumerazione dei
diritti dei fedeli. - 2.1.1. L'analitica descrizione di "Redemptionis Sacramentum". - 2.1.2. La ricostruzione della dottrina
canonistica. - 2.1.3. Un tentativo di ricostruzione personale. - 2.2. L'atteggiarsi dei diritti dei fedeli in ambito liturgico. 2.2.1. Il rapporto ministeriale. - 2.2.2. L'interdipendenza comunitaria. - 2.2.3. Il rispetto del valore intrinseco del dovuto.
- 2.3. I doveri dei fedeli (accenno). - 3. Il ruolo dell'autorità nella liturgia. - 3.1. La diffusione e specificità degli obblighi
tutori. - 3.2. L'intervento autoritativo richiesto. - 4. Conclusioni.
1. Premessa
La sensibilità costituzionalistica coltivata induce in primo luogo ad invertire i termini della
trattazione: anche in materia liturgica i diritti dei fedeli sembrano infatti logicamente antecedenti al
ruolo dell'autorità. Il compito dell'autorità (qui come altrove) in fondo non è altro che la garanzia
degli iura fidelium o del bene comune (in questo caso liturgico). La peculiarità dell'oggetto e del
rapporto considerati, come vedremo, ha però singolari incidenze e conseguenze sulla relazione di
giustizia in re sacra.
In questa sede cercheremo di affrontare pertanto prima e in maniera più ampia i diritti dei
fedeli in ambito liturgico attraverso la loro individuazione e configurazione e quindi il ruolo
dell'autorità nell'aspetto soggettivo (l'attribuzione degli obblighi tutori) e oggettivo (il contenuto
della prestazione autoritativa) per giungere ad una brevissima Conclusione.
2. I diritti dei fedeli attinenti alla liturgia
«I fedeli hanno il diritto di ricevere dai sacri Pastori gli aiuti derivanti dai beni spirituali
della Chiesa, soprattutto dalla parola di Dio e dai sacramenti». Com'è noto la disposizione del
riportato can. 213 deriva da LG 37 attraverso la formulazione della LEF1. Si tratta quindi di un
diritto fondamentale o di un caposaldo della giuridicità ecclesiale2. È stata però lamentata
l'omissione dell'avverbio abundanter presente nella fonte conciliare. Al di là dei dubbi e delle
preoccupazioni sulla giuridicità dell'espressione, la generosità pastorale funge comunque da
indubbio criterio interpretativo e da "misura" della spettanza3. Non si parla specificamente di
liturgia, il "primato della grazia" o, come piace ripetere a Papa Francesco, della misericordia divina
implica tuttavia che la celebrazione del mistero pasquale costituisca il massimo bene della
1
Cfr. P. LA TERRA, Doveri-diritti fondamentali dei fedeli e Lex Ecclesiae fundamentalis. La formalizzazione
dei doveri-diritti fondamentali dei fedeli nei progetti di LEF fino al Codice di diritto canonico del 1983, Ragusa 1995;
L. OKULIK, La condición jurídica del fiel cristiano. Contribución al estudio comparado del Codex iuris canonici y del
Codex canonum ecclesiarum orientalium, Roma 1995.
2
Cfr. il ns., L'annosa questione della "fondamentalità" e la portata dei diritti dei fedeli, «Ius Ecclesiae», 27
(2015), in corso di pubblicazione.
3
Per la nozione di misura del giusto cfr. J. Hervada, Introduzione critica al diritto Naturale, Milano 1990, pp.
88-91.
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comunione4. Il disposto del can. 213 non è solo un'affermazione di principio o una direttiva d'azione
ma il diretto e forte riconoscimento della titolarità del popolo di Dio sui beni spirituali della Chiesa
o, meglio, sulla relativa attività pastorale (fonda la ministerialità del servizio liturgico)5. La
consistenza di un diritto in senso stretto non esclude che costituisca pure un principio ispiratore
dell'ordinamento canonico. Per dare un minimo di vivacità e di concretezza al discorso si deve
rilevare ̶ con un po' di disappunto e amarezza ̶ che gli orari feriali delle Messe non favoriscono in
genere i fedeli "non pensionati o non casalinghi", anche i momenti di apertura delle chiese risultano
oggigiorno abbastanza limitativi e penalizzanti6, la previsione e la disponibilità dell'ascolto delle
Confessioni poi è un dato assai carente7, e gli esempi si potrebbero moltiplicare... Vale la pena
ribadire allora che il diritto non si risolve nella dichiarazione formale della spettanza ma nella
concreta attribuzione del dovuto8. Il diritto dei fedeli ai beni liturgici non è chiaramente illimitato e
indiscriminato, ma condizionato dalla possibilità e rispondenza del servizio sacro9. La
ragionevolezza della pretesa implica comunque delle scelte o una gerarchia di valori che
dovrebbero presiedere il governo della comunità e non sempre purtroppo vengono individuate e
sottolineate.
2.1. L'estensione ed enumerazione dei diritti dei fedeli
L'inquadramento normativo costituzionale non fa che recepire un'istanza di giustizia
primordiale, la determinazione dell'essenza del bene considerato e del rapporto di debito resta
dunque l'operazione ermeneutica decisiva10; per dare più incisività e pregnanza ad un ragionamento
che altrimenti rischia di apparire astratto e concettoso preferiamo partire dalla precisazione degli
ambiti di garanzia e tutela: quali diritti spettano in re liturgica ai fedeli?
4
«L'intima natura della Chiesa si esprime in un triplice compito: annuncio della Parola di Dio (kerygmamartyria), celebrazione dei Sacramenti (leiturgia), servizio della carità (diakonia). Sono compiti che si presuppongono
a vicenda e non possono essere separati l'uno dall'altro» (BENEDETTO XVI, enc. Deus caritas est, 25.XII.2005, n. 25).
L'espressione "primato della misericordia" compare ad es. in FRANCESCO, bol. Misericordiae vultus, 11.IV.2015, n. 17.
5
Per un inquadramento dell'iter di formazione, del fondamento, del significato e dello scopo del canone cfr.
J. PUDUMAI DOSS, Sacramenti: un diritto dei fedeli?, «Rivista Liturgica», 98 (2011), pp. 822-828 (§ 1. Un diritto dei
fedeli, recepito dal Codice).
6
Cfr. can. 937 per la venerazione dell'Eucaristia. È interessante ad es. il richiamo emerso nella XI Assemblea
Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi (2-23.X.2005) e raccolto nella Propositio 4: «I fedeli “hanno il diritto di
ricevere abbondantemente dai sacri pastori i beni spirituali della Chiesa, soprattutto gli aiuti della Parola di Dio e dei
sacramenti” (LG 37; cf. CIC can. 213; CCEO can. 16), quando il diritto non lo proibisca. A tale diritto corrisponde il
dovere dei pastori di fare ogni sforzo perché l’accesso all’Eucaristia non sia in concreto impedito, mostrando in
proposito intelligente sollecitudine e grande generosità» (EV 23, 1076).
7
«Tutti coloro cui è demandata in forza dell’ufficio la cura delle anime, sono tenuti all’obbligo di provvedere
che siano ascoltate le confessioni dei fedeli a loro affidati, che ragionevolmente lo chiedano, e che sia ad essi data
l’opportunità di accostarsi alla confessione individuale, stabiliti, per loro comodità, giorni e ore» (can. 986 § 1).
8
Le "cose giuste" non devono solo essere riconosciute ma effettivamente attribuite ai titolari. Il diritto ai
sacramenti si concreta appunto nella degna ricezione.
9
La penuria e l'anzianità del clero è il più serio problema per l'amministrazione dell'economia della grazia e
per l'adeguata formazione e crescita del popolo di Dio.
10
Parlando del "diritto alla liturgia" L. Alessio afferma opportunamente: «Se trata de un derecho-deber que
existe en las personas de los fieles antes que en las leyes de la Iglesia. Es un derecho objetivo: no es otra cosa sino
aquello que corresponde a alguien como lo suyo. El derecho objetivo es la expresión cabal del realismo jurídico: "Ius
dictum est quia iustum" (se dice derecho poque es lo justo). El derecho existe en las personas, no en las leyes» (Derecho
Litúrgico. Comentario a los cc. 2, 834-839 y 1166-1253 del CIC, Buenos Aires 1998, p. 20).
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2.1.1. L'analitica descrizione di "Redemptionis Sacramentum"
L'istr. Redempionis Sacramentum11, come vedremo in seguito, ha avuto il merito di
segnare una svolta nell'atteggiamento ecclesiale e di cercare di sradicare i non troppo infrequenti
abusi nella pietà eucaristica. In linea con gli intenti perseguiti, il documento contiene un'evidente
accentuazione dei diritti dei fedeli. Benché riferita specificamente alla Santissima Eucaristia,
Redemptionis Sacramentum può fornire tuttavia un'interessante enucleazione generale di diritti12.
È sicuramente positivo che la tutela del sacro venga ricondotta al rispetto della sfera
giuridica dei fedeli. Il tono rivendicativo e l'insistenza sui termini precettivi e normativi13 rischia
però di suscitare la sensazione di un risorgente “giuridismo” o di ingenerare pretese e aspettative,
forse eccessive o troppo ingenue14. Al di là dello stile e delle formulazioni, dalla carrellata che
precede emerge l'espressa individuazione di una serie di prerogative: 1) diritto all'azione liturgica
consueta e ordinata, 2) diritto alla verità della liturgia, 3) diritto all'adeguata regolamentazione, 4)
diritto all'attenta vigilanza del Vescovo, 5) diritto alla dignità, decoro e pulizia dei supporti e degli
elementi materiali, 6) diritto alla diligente preparazione della celebrazione, 7) diritto alla
venerazione, 8) diritto alla frequenza della celebrazione, 9) diritto alla disponibilità del sacerdote,
10) diritto di sporgere querela. In tutti questi casi titolari sono i fedeli, la comunità o il popolo
cristiano (si configurano insomma diritti dei fedeli). L'analiticità e puntualità dell'Istruzione
comporta evidenti sovrapposizioni o ripetizioni, lo spettro della rivendicazione (a nostro giudizio si
sarebbe dovuto insistere di più sulla partecipazione e responsabilità condivisa) abbraccia comunque
la configurazione, la realizzazione e la conoscenza della giustizia nel culto15 o, con altre categorie,
la predisposizione, la conservazione, la cura e la tutela del patrimonio salvifico. L'attenzione e la
minuziosità dedicata da Redemptionis Sacramentum aiuta a comprendere l'estensione della
giuridicità ma tende a confondere il piano morale e cerimoniale con quello giuridico. Il diritto,
informando dall'interno i beni della comunione, riguarda l'intero fenomeno della socialità liturgica,
ma non tutto è diritto: esiste una doverosità liturgica e morale prima che giuridica (e in molti casi
resta solo tale).
2.1.2. La ricostruzione della dottrina canonistica
La dottrina in genere non procede ad un analitico esame o descrizione dello statuto del
fedele relativo all'ambito liturgico. La dimensione giuridica della liturgia non viene normalmente
ricostruita e illustrata a partire dalle spettanze dei fedeli o dalle caratteristiche del bene cultuale ma
sulla base della disciplina canonica e quindi considerando prevalentemente il profilo autoritativo e
l'aspetto sacramentale.
Fermo restando il numero abbastanza esiguo di contributi relativi specificamente alla
materia giusliturgica16, l'ambito con maggior attinenza tematica è quello della funzione di
11
Cfr. CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO E LA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI, istr. Redemptionis
sacramentum, 25.III.2004, «AAS», 96 (2004), pp. 549-601.
12
E’ auspicabile che, fermo restando la centralità e pregnanza dell’Eucaristia, un’attenzione
metodologicamente simile venga estesa anche agli altri sacramenti e ad altri aspetti della liturgia.
13
Il termine diritto è assai ricorrente e ben 17 volte si usa l’espressione “a norma del diritto”.
14
Ad es. la prescrizione del n. 57 («È diritto della comunità dei fedeli che ci siano regolarmente, soprattutto
nella celebrazione domenicale, una adeguata e idonea musica sacra e, sempre, un altare, dei paramenti e sacri lini che
splendano, secondo le norme, per dignità, decoro e pulizia») sembra eccedere nella effettiva esigibilità. La cura della
liturgia soprattutto per quanto concerne gli aspetti materiali dovrebbe coinvolgere l'intera comunità.
15
Cfr. C.J. ERRÁZURIZ M., Il diritto e la giustizia nella Chiesa. Per una teoria fondamentale del diritto
canonico, Milano 2000, pp. 210-268.
16
Cfr., oltre al ns., La giustizia nel culto. Profili giuridici della liturgia della Chiesa, Roma 2013, ALESSIO,
Derecho Litúrgico...; J.M. HUELS, Liturgy and law. Liturgical law in the system of Roman Catholic canon law,
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santificare17 o, in maniera più definita settorialmente, del diritto sacramentale18 o del diritto
parrocchiale19. L'approccio è per lo più espositivo ed esplicativo della normativa codiciale e ne
riflette l'impostazione sistematica. In tale contesto l'attenzione dedicata preliminarmente ai diritti
dei fedeli è assai limitata, se non del tutto assente20. Non manca peraltro quasi mai un riferimento
generale al profilo creditorio e debitorio dell'economia sacramentale, richiamando il disposto dei
cann. 213, 835 e 843, senza particolari pretese fondative o ricostruttive. Un discorso analogo può
valere a maggior ragione per i testi manualistici o commentaristici. È difficile insomma incontrare
un'articolazione e un'analisi dei diritti dei fedeli in materia liturgica.
Un tema costantemente esplicitato e sottolineato è però la partecipazione liturgica21. Il
principio costituisce in un certo senso il fulcro e il perno degli insegnamenti conciliari e della
riforma liturgica22. Il riferimento al prescritto del can. 835, alla sua genesi23 e integrazione24,
fornisce almeno una base d'impostazione e di riflessione. La condizione attiva e responsabile del
fedele emerge quindi nella cooperazione al mistero celebrativo, anche se la relativa esigenza o le
conseguenze giuridiche non sono chiaramente esplicitate e formalizzate.
Senza nulla togliere ad altri criteri sistematici, un approccio più definito e indicativo,
almeno nella nostra linea di ricerca, ci sembra desumibile dagli apporti di Alessio, Rincón-Pérez e
Le Tourneau (mi astengo qui dal riportare il pensiero del prof. Errázuriz che abbiamo avuto il
Montréal 2006; D. LE TOURNEAU, La dimension juridique du sacré, Montréal 2012; T. RINCÓN-PÉREZ, La liturgia y los
sacramentos en el derecho de la Iglesia, Pamplona 20073 (ed. it. a cura di A.S. Sánchez-Gil, La liturgia e i sacramenti
nel diritto della Chiesa, Roma 2014).
17
Cfr. ad es. GRUPPO ITALIANO DOCENTI DI DIRITTO CANONICO (a cura del), La funzione di santificare della
Chiesa. XX incontro di studio, Passo della Mendola (Trento), 5 luglio - 9 luglio 1993, Milano 1995; A.G. URRU, La
funzione di santificare. I sacramenti, Roma 1991; per la disciplina orientale: L. LORUSSO, Il culto divino nel Codex
Canonum Ecclesiarum Orientalium. Commento ai singoli canoni, Bari 2008.
18
A parte l'articolo già segnalato, si possono indicare ad es. É. BESSON, La dimension juridique des
sacrements, Roma 2004; A. LONGHITANO - A. MONTAN - J. MANZANARES - V. DE PAOLIS - G. GHIRLANDA, I
sacramenti della Chiesa, Bologna 1989; M. MORGANTE, I sacramenti nel Codice di diritto canonico. Commento
giuridico pastorale, Roma 1984; B.F. PIGHIN, Diritto sacramentale, Venezia 2006; W.H. WOESTMAN, Sacraments.
initiation, penance, anointing of the sick : commentary on canons 840-1007, Ottawa 2004. Si tralasciano ovviamente
molti altri contributi più specifici sui singoli sacramenti o su aspetti particolari.
19
Cfr. ad es. L. CHIAPPETTA, Il manuale del parroco. Commento giuridico-pastorale, Roma 1997; J.
MANZANARES - A. MOSTAZA - J.L. SANTOS, Nuevo derecho parroquial, Madrid 1988; J. SAN JOSÉ PRISCO, Derecho
parroquial. Guía canónica y pastoral, Salamanca 2008.
20
Cfr. ad es. HUELS, Liturgy and law...; PIGHIN, Diritto sacramentale.
21
Cfr. ad es., a parte quanto si dirà a proposito dei testi di Rincón-Pérez e Le Tourneau, SAN JOSÉ PRISCO,
Derecho parroquial..., pp. 172-174 (2. La participación de todos); PIGHIN, Diritto sacramentale, pp. 48-51 (d. La
diversa partecipazione dei fedeli alla funzione santificante).
22
«È ardente desiderio della madre Chiesa che tutti i fedeli vengano formati a quella piena, consapevole e
attiva partecipazione alle celebrazioni liturgiche, che è richiesta dalla natura stessa della liturgia e alla quale il popolo
cristiano, "stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo acquistato" (1 Pt 2,9; cfr 2,4-5), ha diritto e dovere in
forza del battesimo» (Sacrosanctum Concilium, 14).
23
Il canone deriva dal testo preparato per la Lex Ecclesiae Fundamentalis (cfr. «Communicationes», 16
[1984], pp. 98-99).
24
Il § 4 del canone è stato aggiunto successivamente: «La historia del c. 835 subraya la importancia y el
sentido que le atribuye el legislador. Procede dal malogrado esquema de Ley Fundamental de la Iglesia, cuyos cánones
más importantes pasaron al actual Código. Sus tres primeros párrafos, dedicados respectivamente a los obispos, los
presbiteros y los diáconos, se hallaban ya, casi literalmente, en las primeras redacciones divulgadas de aquel polémico
texto. No así el párrafo cuarto, dedicado al común de los fieles; inicialmente estaba separado, al final del capitulo sobre
la función santificadora de la Iglesia, y dedicado a la vertiente extracultual de su sacerdocio real, la que se ejerce
mediante la vida y el sacrificio espiritual de cada uno. Aun siendo esto muy importante, no es único; y el texto fue
revisado para considerar en él la función directamente litúrgica, como lo exigia la misma sistematica del Código. Si la
acción litúrgica es acción de la Iglesia, toda ella está implicada y llamada a participar, aunque haya diversidad de
funciones según la condición de cada uno» (J. MANZANARES, Cuestiones generales (Función de santificar), in
MANZANARES - MOSTAZA - SANTOS, Nuevo derecho parroquial, pp. 116-117).
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piacere di ascoltare dalla sua viva voce). Manca tuttavia ancora probabilmente una teoria
fondamentale comune e condivisa dello statuto giusliturgico del fedele che funga da base
dell'ermeneutica canonica.
2.1.3. Un tentativo di ricostruzione personale
Fermo restando il valore degli schemi e degli inquadramenti proposti, ci sembra che più
che soffermarsi sull'enumerazione o sulla descrizione analitica (sempre incompleta e parziale) dei
diritti dei fedeli convenga privilegiare un'impostazione più generale e complessiva, guardando
all'esigenza stessa dell'oggetto più che alle singole pretese. La ricostruzione in pratica dei diritti a
partire dall'essenza e dalle caratteristiche del fenomeno liturgico. Se la liturgia è il centro o il
massimo valore della comunione non stupisce che possieda ed esalti tutte le proprietà del bene. La
classica individuazione dei trascendentali dell'essere (unum, verum, bonum e pulchrum) può fornire
una sicura e proficua pista di ricerca.
Fissata una sorta di quadriforme verifica di ciò che è giusto nella liturgia, anche per dare
maggior concretezza e operatività alla speculazione, conviene puntualizzare l'aspetto cronologico e
entitativo degli iura fidelium. "Quando" e "su che cosa" interviene il fattore giuridico nella liturgia?
Per quanto si riferisce al quando, considerando che il culto è sempre dinamico25, il diritto è
presente prima, durante e dopo l'azione sacra, in definitiva in tutta la realtà celebrativa. Sottrarre
invece lo svolgimento dei riti alla sfera giuridica è improprio e ingannevole. La (non infrequente)
distinzione tra diritto canonico-sacramentale e diritto liturgico, al di là dei motivi pratici e didattici,
è formalistica e artificiosa26. La netta separazione e cesura tra profilo disciplinare e cerimoniale,
oltre che difficile ed eterea, è troppo rigida e incerta. Il diritto dei fedeli riguarda anche il bonum
agere e la correttezza degli agenti, oltre che la disposizione previa e le conseguenze dell'economia
della grazia.
Per quanto concerne il quod, ribadendo che nella logiké latreía tutto è volto all'azione, lo
ius interessa anche persone e cose. La doverosità intersoggettiva si riferisce alle caratteristiche e
qualità dell'assemblea e dei diversi soggetti, ai comportamenti e alle condotte degli agenti, alle
strutture e oggetti deputati al culto. Il saggio Luoghi della celebrazione “sub specie iusti”. Altare,
tabernacolo, custodia degli oli sacri, sede, ambone, fonte battesimale, confessionale cerca di
esplicitare la rilevanza giuridica della materialità liturgica all'interno del tempio cristiano27. Un
discorso analogo potrebbe essere svolto per ciascuno degli oggetti della celebrazione (vasi sacri,
libri liturgici, paramenti e vesti liturgiche, lini e tovaglie, suppellettili, ecc.): in fin dei conti
Redemptionis Sacramentum, magari difettando di un'adeguata classificazione e graduazione, ha
25
Per un inquadramento generale della questione cfr. ad es. V. CROCE, Cristo nel tempo della Chiesa.
Teologia dell'azione liturgica, dei sacramenti e dei sacramentali, Torino 1992; L. MALDONADO ARENAS,
Sacramentalità, sacramenti e azione liturgica, Cinisello Balsamo 1997; G. TANGORRA - M. VERGOTTINI (a cura di),
Sacramento e azione. Teologia dei sacramenti e liturgia, Milano 2006.
26
«La doctrine largement majoritaire a cru pouvouir oprer un subtil distinguo à partir de ce canon 2,
affirmant une distinction entre droit canonique, contenu dans le Code, et droit liturgique, extérieur au Code et réglant les
actes liturgiques» (LE TOURNEAU, La dimension juridique..., p. 83). L'A. sostiene giudiziosamente che il diritto in
materia liturgica è parte del diritto canonico (pp. 87-90).
27
M. DEL POZZO, Luoghi della celebrazione "sub specie iusti". Altare, tabernacolo, custodia degli oli sacri,
sede, ambone, fonte battesimale, confessionale, Milano 2010. Il settenario di elementi architettonico-liturgici proposto,
ancorché costituisca solo una sintesi indicativa, analizza oggetti particolarmente significativi e caratterizzanti per lo
svolgimento dell’azione sacra: «Quali sono i luoghi privilegiati all’interno degli edifici sacri? Essi sono: l’altare, il
tabernacolo, la custodia del sacro crisma e degli altri oli sacri, la sede del Vescovo (cattedra) o del presbitero, l’ambone,
il fonte battesimale, il confessionale» (Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 246).
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cercato proprio di richiamare gli operatori alla cura del contesto e degli arredi28. Anche in questo
caso la penetrazione dell'oggetto dovuto si riverbera evidentemente sui diritti dei fedeli.
L'ultima puntualizzazione serve a scongiurare l'impressione di un rilievo totalizzante e
onnicomprensiva del profilo giuridico. L'influenza intrinseca e oggettiva dello ius, che abbiamo
cercato di esplicitare, non si traduce affatto nel "giuridismo" (rimedio che sarebbe peggiore del
male) ma nella correzione dell'antigiuridismo o piuttosto dell'agiuridismo imperante29. Il diritto (la
"relazione di giustizia" per intenderci meglio30) resta solo una dimensione integrante e perfettiva di
una realtà teologica molto più ricca e profonda della semplice doverosità intersoggettiva. Come
abbiamo già detto la giuridicità riguarda l'intero fenomeno della socialità liturgica, ma non tutto
quanto dovuto diviene automaticamente diritto. Sarebbe un grave errore considerare diritti mere
esigenze personali o rituali. Bisogna tener pertanto distinto quanto richiesto solo dalla pietà,
dall'urbanità, dall'obbedienza, dalla prudenza, ecc. Non ogni scorrettezza costituisce un'ingiustizia
né men che mai un abuso.
2.2. L'atteggiarsi dei diritti dei fedeli in ambito liturgico
Più che chiedersi "quali" sono i diritti dei fedeli in ambito liturgico, conviene dunque
chiedersi "che cosa" sono le esigenze di giustizia relative al culto. Poiché la conoscenza è spesso
influenzata o condizionata dalla forma mentis e dall'educazione degli agenti, prima di precisare
meglio alcuni tratti della relazione giusliturgica, conviene evidenziare meglio un paio di
deformazioni presenti a livello di mentalità e di costume.
Il rischio abbastanza frequente nella mentalità clericale comune31 è che si intendano i
pastori o la gerarchia come detentori di un patrimonio da distribuire o concedere graziosamente al
popolo. In realtà gli iura omnium christifidelium concernono la partecipazione al sacerdozio di
Cristo32. La liturgia è una realtà eminentemente istituzionale e, quindi, necessariamente
comunitaria, non ci sarebbe azione rituale senza fedeli33. I diritti dei fedeli in re liturgica riguardano
quindi il concorso all'edificazione della Chiesa ed hanno perciò un carattere essenzialmente
dinamico e attivo. Si dovrebbe parlare di "diritti-funzione" più che di "diritti-possesso" in quanto
mirano a disporre e aprire al dono della grazia più che a preservare un determinato stato. Gli
equivoci riguardo all'esercizio del ministerialità ecclesiale (si pensi alle incomprensioni riguardo al
28
Cfr. supra nt. 14. A proposito della custodia della chiesa il can. 1220 § 1 prescrive: «siano mantenuti
quella pulizia e quel decoro che si addicono alla casa di Dio, e che si rimuova da esse tutto ciò che è alieno dalla santità
del luogo».
29
Cfr. il ns., La dimensione giuridica della liturgia, pp. 160-169.
30
«La giuridicità non rivela una sostanza, ma una relazione. Ogniqualvolta diciamo che un qualcosa è
giuridico stiamo dando il nome ad una relazione» (J. HERVADA, Introduzione critica al diritto naturale, Milano 1990, p.
34).
31
La secolarizzazione diffusa non corregge la deformazione clericale ma semmai l'aggrava, accrescendo
sempre più lo stacco e la distanza tra sacerdozio e popolo. Il vero antidoto sarebbe la presa di coscienza della dignità
battesimale e la maturazione del sacerdozio comune dei fedeli.
32
«Col lavacro del Battesimo, difatti, i cristiani diventano, a titolo comune, membra del Mistico Corpo di
Cristo sacerdote, e, per mezzo del "carattere" che si imprime nella loro anima, sono deputati al culto divino
partecipando, così, convenientemente al loro stato, al sacerdozio di Cristo» (PIO XII, enc. Mediator Dei, 20.XI.1947,
«AAS», 39 [1947], 555).
33
Cfr. anche A. CATTANEO, Fondamenti ecclesiologici del diritto canonico, Venezia 2011, pp. 128-131 (La
differenza essenziale e la correlazione tra sacerdozio comune e ministeriale); P. RODRÍGUEZ, Sacerdozio ministeriale e
sacerdozio comune nella struttura della Chiesa, «Romana», 4 (1987), pp. 162-176; J.R. VILLAR, El sacerdocio
ministerial al servicio del sacerdocio común de los fieles, «Ius Canonicum», 51 (2011), pp. 29-41.
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diniego della Comunione ai divorziati risposati ma non solo34) derivano non di rado dal concepire
staticamente e passivamente la situazione di indisposizione35. Si confonde il supposto diritto con un
giudizio ultimativo (benevolo e accondiscendente), come se l'aiuto spirituale dovuto fosse la
certificazione di un bisogno e non la promozione di un desiderio e di un processo di conversione36. I
diritti non sono quindi una concessione o elargizione di favore ma il giusto riconoscimento della
dignità e libertà costitutiva della Chiesa. La spettanza in senso pieno e non sminuente implica
dunque assunzione di responsabilità e impegno: prendere la parte (svolgere il compito) che a
ciascuno corrisponde nella celebrazione37. I fedeli non sono in definitiva meri fruitori o
"consumatori" del patrimonio liturgico ma artefici e protagonisti dello splendor veritatis.
Una deformazione nella percezione dei diritti opposta ma in parte collegata alla precedente
è data dell'approccio soggettivistico e individualistico diffuso. La relazione giuridica liturgica è
sempre disposta a favore dell'intero popolo di Dio e coinvolge in qualche misura l'insieme dei
fedeli. L'azione sacra correttamente intesa comporta insomma suapte natura l'edificazione della
comunità salvifica. Se non si riconoscesse il valore traspersonale della celebrazione non si
comprenderebbe, come di fatto oggi accade frequentemente, il significato preclusivo dello
"scandalo"38. Non è casuale che l'indebolimento del tessuto sociale (oltre che morale) tra i cattolici,
almeno nella realtà occidentale, ha prodotto un indebolimento della responsabilità collettiva e
dell'apporto comunitario nel culto39. La celebrazione di un sacramento o di un sacramentale proprio
per il carattere festivo che riveste raramente può essere rapportata a un fatto intimistico e riservato.
La scelta solo per motivi estetici o funzionali di una chiesa diversa da quella parrocchiale (ad es. in
occasione del battesimo o del matrimonio) implica un'indebita espropriazione della comunità
d'appartenenza40. Fermo restando la relativa libertà d'elezione, anche la frequentazione domenicale
e festiva spesso non risponde a una logica pastorale e formativa coerente. Il problema comunque
non è tanto l'isolamento o la dispersione ma la preoccupante sensazione della fruibilità e del
particolarismo del rito. L'incidenza di tale fenomeno (una sorta di "indebita appropriazione
liturgica"), in maniera forse più comprensibile ma non per questo meno perniciosa, è molto spiccata
in riferimento alle esequie ecclesiastiche41. Il carattere individualistico ed esclusivistico della
pretesa tradisce l'essenza aggregante e inclusiva del culto. I diritti dei fedeli non sono mere istanze
private ed esclusive ma hanno una portata e un condizionamento sociale e comunitario. Il
34
Per altre ipotesi cfr. ad es. i ns., La richiesta del battesimo in situazioni contrarie alla dignità del
matrimonio, «Ius Ecclesiae», 24 (2012), pp. 589-608; Il riconoscimento del diritto alle esequie ecclesiastiche nella
società secolarizzata, «Annales Theologici», 29 (2015), pp. 41-72.
35
Per l'approfondimento concettuale del concetto cfr. A.S. SÁNCHEZ GIL, La pastorale dei fedeli in situazioni
di manifesta indisposizione morale, «Ius Ecclesiae» 26 (2014) 555-578.
36
Il diritto contrasta sicuramente col pregiudizio ma non implica certo l'univocità del giudizio positivo. La
verità della coscienza e la coscienza del perdono sono condizioni della misericordia (cfr. Compendio del Catechismo
della Chiesa Cattolica, n. 391).
37
La partecipazione attiva fortemente enfatizzata dal Concilio (supra nt. 22) indica la consapevole
integrazione dei battezzati nel mistero pasquale di Cristo. Anche il can. 204 § 1 afferma: «I fedeli sono coloro che,
essendo stati incorporati a Cristo mediante il battesimo, sono costituiti popolo di Dio e perciò, resi partecipi nel modo
loro proprio dell’ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, sono chiamati ad attuare, secondo la condizione
propria di ciascuno, la missione che Dio ha affidato alla Chiesa da compiere nel mondo».
38
Cfr. ad es. in riferimento alle esequie DEL POZZO, Il riconoscimento del diritto alle esequie..., pp. 60-63 (4.
Il riscontro "oggettivo" dello scandalo).
39
Nell'incremento della liturgia si nota una mancanza, in positivo, della condivisione e partecipazione diffusa
e, in negativo, della vigilanza e della correzione fraterna.
40
Verrebbe misconosciuto l'ambiente proprio di nascita e di coltura della fede (in seno ad una comunità
cristiana).
41
cfr. il ns., Il pericolo della banalizzazione delle esequie nelle società secolarizzate, in fase di ultimazione e
di prossima pubblicazione.
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TESTO PROVVISORIO
disconoscimento del rilievo pubblico e collettivo dei diritti si traduce inesorabilmente in una
parzialità o unilateralità di prospettiva e quindi in un impoverimento del bene comune liturgico.
2.2.1. Il rapporto ministeriale
Il carattere diaconale della potestà si esprime anche nell'incoraggiamento e nel sostegno nel
ricorrere all'economia salvifica. Tale spinta non si ottiene certo abbassando il livello di esigenza
(che già di per sé è minimo42) ma integrando la formazione e la preparazione degli agenti. Al di là
della generosità e dello zelo che dovrebbero caratterizzare sempre l'impegno pastorale43, la giustizia
richiede un'attenzione attiva e propositiva dei ministri sacri verso la comunità. La predisposizione e
la cura materiale e, soprattutto, spirituale dei riti costituiscono un serio obbligo del celebrante che
non sempre viene tenuto nella dovuta considerazione. L'accuratezza e la tempestività dell'estensione
della dimensione giuridica della liturgia portano a sottolineare e valorizzare proprio il momento
propedeutico e dispositivo (il prima dello svolgimento dell'azione sacra)44. La non assolutezza
dell'economia sacramentale (i sacramenti non sono un diritto in maniera illimitata e indiscriminata)
implica però che ogni eventuale diniego rappresenti e appaia come un rinvio o una dilazione45. Il
giusto rigore nella valutazione delle circostanze abilitanti non esime dalla ricerca e dal
conseguimento delle disposizioni richieste46. In genere ci si concentra solo sull'integrazione dei
presupposti del can. 834 § 1 ( 1) opportunità della richiesta, 2) dovuta disposizione e 3) assenza di
impedimenti giuridici) trascurando talora il richiamo al previo insegnamento e allenamento del
successivo § 2. La preparazione sacramentale (e in generale liturgica) è ugualmente obbligatoria e
doverosa e non riguarda solo la catechesi strutturata e organizzata (catecumenato, corsi per la prima
comunione, la cresima, il matrimonio), richiede anche un impegno e applicazione al caso singolo. Il
diritto dei fedeli giunge a configurarsi dinamicamente e fattivamente come obbligazione di mezzi e
di diligenza.
2.2.2. L'interdipendenza comunitaria
Il senso comunitario del culto è stato messo in luce e sviluppato dagli insegnamenti
conciliari47. Come ripetutamente sottolineato, l'aspetto più carente della riforma liturgica riguarda
probabilmente la stessa formazione liturgica e giuridica del popolo e dei pastori48. In questo
sintetico abbozzo dello statuto del fedele quoad liturgiam interessa sottolineare che la coscienza
42
Il massimalismo cristiano induce sempre ad additare il massimo ma impone il minimo obbligatorio.
Cfr. CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Direttorio per la vita e il ministero dei presbiteri, nn. 54-78.
44
A proposito del diritto ai sacramenti J. Manzanares parla anche di dovere di prepararsi ad essi: «Los fieles
tienen derecho a los sacramentos, pero también obligación de prepararse a recibirlos, a tenor de las normas
canónicas; y los ministros sagrados tienen obligación de administrarlos y de procurar que quienes los pidan se
preparen adecuadamente» (Cuestiones generales..., p. 124). Nella stessa linea precisa Urru: «Questo significa che, oltre
il dovere di amministrare i sacramenti, essi hanno anche il diritto-dovere di tutelare sia un'adeguata preparazione
mediante l'evangelizzazione e la catechesi, sia una degna celebrazione di essi (can. 843 § 2; cfr. Ordo Baptismi
parvulorum, praenot. gen., 7-29)» (La funzione di santificare..., p. 26).
45
Il procrastinare non è una risorsa avveduta o "diplomatica" per stemperare la durezza del rifiuto, ma
l'espressione più autentica del desiderio ecclesiale di amministrare con larghezza i mezzi salvifici. Costituisce insomma
una vera e propria sfida o sollecitazione per lo zelo del ministro in vista dell'accompagnamento spirituale e
dell'auspicabile raggiungimento delle dovute condizioni.
46
«La pastoral sacramental de la Iglesia ha de ser más pastoral de 'ofertas' que pastoral de 'exigencias'. Sería
injusto exigir unas disposiciones determinadas a quien no se les ofrece las posibilidades necesarias para tenerlas» (D.
BOROBIO, De la función de santificar de la Iglesia, «Phase», 24 [1984], p. 213).
47
Cfr. SC 27.
48
Le due linee maestre additate dagli insegnamenti conciliari per la promozione e lo sviluppo dello spirito
liturgico l’obiettivo sono la formazione liturgica (in primo luogo strettamente liturgica, oltre che teologica, biblica e
patristica) e la partecipazione attiva dei fedeli (l’adesione personale al mistero celebrato). Tali aspetti risultano tra
l’altro complementari e concorrenti.
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dell'interdipendenza comunitaria comporta un riferimento obbligatorio tanto attivo quanto passivo.
L'omissione o il grave ritardo nella celebrazione, la palese inidoneità nella scelta dei padrini,
l'ingiustificata "delocalizzazione" del rito, la sottrazione o dimenticanza del nome cristiano ̶ solo
per citare taluni diffusi abusi attuali nella disciplina battesimale ̶ non solo recano danno ai diritti
del battezzando ma nocciono e pregiudicano anche i diritti della comunità. La correttezza ha un
valore (o contrariamente un'imputabilità) di esemplarità ed edificazione ad alios. L'apporto
comunque non è solo negativo ma eminentemente positivo. La "festa della fede" richiede infatti il
contesto e l'ambiente sociale e "familiare" adeguato49. Le mancanze, la diminuzione o l'alterazione
di spirito e sensibilità comunionale tradiscono la privazione di un bene dovuto (tanto per i singoli
quanto parimenti, e forse più gravemente, per la collettività). Tale profilo si inserisce in maniera
non trascurabile nell'integrità e pienezza del linguaggio dei segni. Va osservato peraltro che anche
una malintesa invocazione del principio aggregante e cumulativo (spesso si tratta solo di una
soluzione di comodo) può ledere la spettanza dei fedeli. L'atteggiamento dilatorio o defatigatorio di
taluni pastori in riferimento all'economia sacramentale (si pensi alla celebrazione dei battesimi,
dell'unzione degli infermi o alla distribuzione dell'Eucaristia fuori della Messa) rivela un'indebita e
estremamente perniciosa sottrazione della grazia50. L'interpretazione complessiva e solidale della
lex gratiae non può che risultare armonica e congruente con il rispetto della sfera giuridica dei
christifideles.
2.2.3. Il rispetto del valore intrinseco del dovuto
L'ultima puntualizzazione riguardo alla conformazione dei diritti dei fedeli in ambito
liturgico concerna il valore intrinseco del dovuto. Nella liturgia dunque la forma è anche sostanza,
diviene così oggetto del giusto. La materialità o strumentalità delle cose e delle condotte non è mai
priva di un riferimento spirituale e simbolico. L'arte o il costume non sono un mero coronamento
tecnico o sociologico ma un dato teologico e antropologico essenziale. La perdita del senso del
sacro ha portato a un evidente abbassamento e impoverimento della compostezza e del decoro
rituale. Al di là delle radici e dei possibili rimedi del presente appannamento (che dovrebbe
interessare più la pastorale liturgica), interessa evidenziare che la relazione di giustizia non può
trascurare la portata latreutica ed educativa dei comportamenti richiesti tanto ai fedeli quanto
soprattutto ai pastori. La negligenza e la trascuratezza nella cura del patrimonio sacro si traduce in
una perdita di fulgore e attrazione del mistero. La superficialità e leggerezza nella preparazione,
l'approssimazione e lacunosità nell'esecuzione dei riti sminuiscono ̶ se non giungono addirittura a
compromettere ̶ la dignità dell'azione e quindi il dono di grazia. Vale la pena di ricordare che la
pastoralità è un "valore aggiunto" nella prestazione, non il surrogato della correttezza celebrativa
(un discorso analogo andrebbe svolto per l'autenticità e semplicità della partecipazione). I diritti dei
fedeli hanno in pratica a che fare direttamente con il ragionevole ossequio dei "veri adoratori" e
l'ars celebrandi51.
49
La "festa della fede" è il titolo di una nota opera di J. Ratzinger (Das Fest des Glaubens, Eisiedeln 1981).
La dimensione familiare della Chiesa manifesta la realtà della comune origine e appartenenza dei figli di Dio ma
dovrebbe trovare un concreto riscontro nella vita comunitaria parrocchiale o locale.
50
Come già rilevato, la preferenza per il rito comunitario non significa disconoscere la legittimità
dell'amministrazione individuale dei sacramenti. L'irrigidimento nella linea di principio o la semplice comodità talora
ritardano od ostacolano una fruttuosa pratica sacramentale.
51
La mancanza di prudenza e di pietà non si trasforma ipso facto in ingiustizia ma può compromettere la
bontà soggettiva e, talora, oggettiva dell'azione sacra.
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2.3. I doveri dei fedeli (accenno)
3. Il ruolo dell'autorità nella liturgia
La liturgia, come precisato, è un bene eminentemente istituzionale e intrinsecamente
gerarchico. Non si dà d'altronde autentica assemblea celebrante senza il diretto collegamento con la
capitalità di Cristo52. La necessaria preposizione indica non soltanto una imprescindibile funzione di
presidenza e rappresentanza quanto anche il compito di direzione e organizzazione del culto53. Il
ruolo dell'autorità nella relazione giusliturgica non è quindi esterno e formale ma intrinseco e
sostanziale: configura la piena ecclesialità dell'azione sacra (l'espressione della communio
hierarchica54). L'esercizio della potestà di governo assicura in pratica l'appartenenza comunitaria e
l'integrità del bene liturgico. Il rapporto di interdipendenza cui si accennava trova dunque garanzia
e riscontro nell'intervento del pastore non quale semplice arbitro o giudice ma come promotore e
regolatore della "destinazione universale" del patrimonio salvifico.
L'influenza dell'autorità non può essere concepita in maniera dialettica né disgiunta dai
diritti dei fedeli. Iura fidelium e auctoritas si pongono in termini di continuità e sinergia. Abbiamo
deliberatamente voluto anteporre l'esposizione dello statuto del christifidelis in re sacra ad indicare
la base o il nucleo della giuridicità liturgica. Un supposto rapporto conflittuale tra disciplina e
libertà risulta falso e fuorviante55. Non solo non c'è contrasto tra ordine sociale e autonomia
individuale ma si esigono e reclamano mutuamente. La potestà, rettamente intesa, mira a
riconoscere e ampliare la consapevole partecipazione dei fedeli e la responsabilità popolare.
L'apprezzamento, non di rado sottostante alla forma mentis e all'atteggiamento dei pastori, del
diritto (o piuttosto della legge) come un intralcio o una remora all'efficacia dell'esercizio del
governo tradisce un equivoco o una grave deformazione del munus pastorale. Il servizio gerarchico
invero è sintonico e funzionale alla tutela dei diritti.
Precisato l'inquadramento concettuale del ruolo autoritativo, vogliamo brevemente
affrontare l'appartenenza e la consistenza degli obblighi tutori.
3.1. La diffusione e specificità degli obblighi tutori
Fermo restando la condivisione dell'impegno, la gerarchia ha un compito istituzionale di
tutela e conservazione del patrimonio liturgico. I titolari di alcuni uffici ecclesiastici sono infatti
preposti specificamente alla difesa del culto. La responsabilità delle persone o degli organi inseriti
nell'organizzazione ecclesiastica con precise incombenze relative al munus sanctificandi Ecclesiae è
allora differenziata e qualificata rispetto all'obbligo generale che accomuna tutti i battezzati.
Conviene anzitutto illustrare i soggetti istituzionalmente preposti alla salvaguardia del culto
(nella Chiesa latina) e le relative attribuzioni e quindi tratteggiare cumulativamente lo spirito del
loro mandato.
52
L'equivoco dell'espressione "assemblea celebrante" è quello di supporre una titolarità collettiva e acefala
dell'azione cultuale (cfr. anche Sacramentum caritatis, n. 53).
53
Ciò vale sia a livello di rapporto ministeriale sia a maggior ragione a livello propriamente gerarchico
(funzione autoritativa).
54
Se il culto è "epifania della Chiesa" ne manifesta anche l'intima struttura.
55
Simile impostazione non è troppo lontana dal rilievo sminuente del fattore giuridico assunto talora
dai liturgisti, cfr. ad es. M. KUNZLER, La liturgia della Chiesa, Milano 1996, pp. 261-266 (La liturgia nel
campo di tensione tra ordinamento e libertà. Liturgia e diritto); L. DELLA TORRE, Annotazioni di diritto
liturgico (II Appendice), in C. BRAGA - F. BROVELLI - L. DELLA TORRE - J. GELINEAU - J.B. MOLIN - A.
NOCENT - S. ROSSO - D. SARTORE - G. SOBRERO - G. STEFANI, Nelle vostre assemblee. Teologia pastorale delle
celebrazioni liturgiche, I, Brescia 1986³, pp. 148-157.
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La particolare qualificazione dei soggetti preposti si concreta quindi in un aggravio di
preoccupazione e di diligenza ad promovendam liturgiam con un contenuto strettamente
obbligatorio. La consistenza essenzialmente debitoria della funzione giuridica di custodia (obbligo
coram fidelibus) non contrasta con la costituzione gerarchica della comunità e l'esercizio del potere,
manifesta piuttosto lo spirito e il fine del compito potestativo56. Anche e, forse con maggior
consapevolezza del ministro sacro, qualunque gerarca non è costituito come padrone o signore ma
come un sapiente gestore e amministratore del tesoro celeste 57. La portata pubblica e traspersonale
del bene implica che qualunque custode non agisca quale titolare proprio ma come rappresentante
del tutto liturgico e tutore del buon ordine sociale. Difesa e protezione non significano
evidentemente semplice conservazione o controllo ma anche incremento e sviluppo. In questa linea
si richiedono tanto l'iniziativa e la progettualità tanto la tempestività e sollecitudine d'intervento.
Non è casuale che al parroco che, come abbiamo visto, costituisce il primo anello della catena, si
ingiunga di evitare che si «insinuino abusi»58. L'introduzione del germe d'infezione corrisponde alla
fase iniziale e prodromica del contagio.
3.2. L'intervento autoritativo richiesto
L'incisività e consistenza degli obblighi tutori esplicita in buona parte la coscienza della
ricchezza e articolazione del culto. Come è stato ripetutamente sottolineato, la vigilanza e
l'attenzione dell'autorità integra la prestazione d'ausilio spirituale dei pastori e rientra tra i diritti
fondamentali dei fedeli59. Il diritto alla liturgia si concreta nel supporto tecnico-strumentale
necessario.
La "struttura episcopale della Chiesa" può servire a delineare il ruolo autoritativo. La
figura del Vescovo offre non solo il prototipo e il modello del pastore ma il riferimento teologico e
canonico del sistema ecclesiale. Il richiamo esemplare alla centralità della funzione episcopale
peraltro manifesta anche taluni deficit e limiti operativi attuali della pastorale liturgica quanto ai
compiti e alla mentalità.
Come riportato la normativa vigente ha sintetizzato nella moderazione, promozione e
custodia i tratti salienti dell'episkopè. Tale schematico compendio è preceduto però
dall'esplicitazione dell'esercizio in prima persona del sommo sacerdozio60: la prima e principale
forma di guida e di direzione è data allora dall'esemplarità e dalla qualità del servizio liturgico del
Vescovo61. La coincidenza tra ministerialità e capitalità induce anzi a rimarcare la liberalità e
generosità che dovrebbero sempre ispirare il ruolo potestativo. I tre aspetti indicati (moderatore,
promotore e custode) indicano la funzione di governo e d'indirizzo generale tanto nel versante, per
così dire, positivo (animare, incoraggiare, accrescere) tanto in quello negativo (vigilare, conservare,
correggere, ecc.)62. Moderare non vuol dire tanto limitare o controllare quanto soprattutto regolare e
56
Il carattere diaconale della potestà è una delle note più fortemente sottolineate dal Concilio e recepite nel
Codice (cfr. GIOVANNI PAOLO II, cost. ap. Sacrae disciplinae leges, 25.I.1983, «AAS», 75/II [1983], XII).
57
Forme di eccentricità o di protagonismo, così come segnali di pericolosa discontinuità con i predecessori,
disdicono alla logica della funzione.
58
Can. 528 § 2.
59
Cfr. can. 213, Redemptionis Sacramentum nn. 18 e 24.
60
Cfr. can. 835 § 1.
61
«In particolare, esorto a fare quanto è necessario perché le celebrazioni liturgiche svolte dal Vescovo nella
Chiesa cattedrale avvengano nel pieno rispetto dell'ars celebrandi, in modo che possano essere considerate come
modello da tutte le chiese sparse sul territorio» (Sacramentum caritatis, n. 39).
62
A rigore non è corretto dare un'accezione negativa neppure al riprendere o sanzionare. In chiave
deontologica abbiamo altrove precisato: «Il pastore logicamente è chiamato ad un ruolo promozionale di incremento, di
sviluppo e di supporto più che di repressione e di controllo. Il moderatore deve essere sapiente stimolatore e propulsore
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governare. Le espressioni suggellano insomma l'estensione e la portata del mandato, il tono
didascalico del disposto non deve però sminuirne l'incidenza precettiva. Secondo categorie forse più
rigorose si può parlare di competenze legate alla configurazione e realizzazione del giusto, a livello
quindi normativo, esecutivo e attuativo63.
Se la teoria è abbastanza chiara e consolidata, la prassi e il costume denotano talora
carenze e insufficienze. Per quanto dati e indicazioni più puntuali potranno venire dalla giornata
successiva; a dispetto del mutamento di prospettiva apportato dalla codificazione vigente64, la
regolazione del culto a livello locale sembra ancora poco praticata e matura. La legislazione
particolare in materia non solo è piuttosto rara ma spesso atecnica e confusa65. Anche
l'amministrazione relativa specificamente al settore liturgico è abbastanza ridotta e marginale. Pare
che la concentrazione sulle persone e sugli uffici distolga quasi completamente dalla cura delle cose
e dei beni sacri. La presenza e la prossimità dell'Ordinario del luogo (in occasione della visita
pastorale ma, in tanti posti, anche con maggior frequenza e immediatezza) difficilmente si concreta
in indicazioni o disposizioni di carattere materiale, logistico o cerimoniale in re liturgica come
sarebbe ragionevole e auspicabile66. Il "regime delle facoltà" (per predicare ma soprattutto per
confessare) manifesta un automatismo e un indiscutibilità che sminuisce ogni forma di verifica e di
controllo. La formazione permanente e l'aggiornamento dei chierici rappresenta spesso una meta
abbastanza illusoria e poco coltivata istituzionalmente (è lasciata per lo più all'iniziativa e alla
diligenza dei singoli). L'esistenza, qualificazione, operosità e incidenza degli organismi liturgici
consigliati (commissione liturgica diocesana, commissione per la musica sacra, commissione per
l'arte sacra) restano fronti abbastanza sguarniti e precari (si pensi alla scarsa perizia e competenza
storico-artistica). L'aspetto riprensivo e correttivo (difficilmente si giungerà nel culto al profilo
sanzionatorio, ma non si può escludere in presenza di gravi e persistenti abusi67) è ampiamente
abbandonato e trascurato, se non del tutto assente. Inutile sottolineare che l'ars celebrandi avrebbe
molto da giovarsi dell'effettiva moderazione e discernimento del Vescovo. Sarebbe bello in
del culto divino (sviluppando potenzialità e capacità, proponendo modelli positivi, incoraggiando le iniziative lodevoli,
sopperendo alle difficoltà, ecc.), oltre che amministratore, tutore e custode (conservando il patrimonio esistente,
difendendo la tradizione, correggendo gli abusi, riprendendo le deviazioni, ecc.)» (DEL POZZO, La giustizia nel culto, p.
471).
63
Cfr. supra nt. 15.
64
Basta considerare lo stacco tra il precedente can. 1257 CIC 17 («Unius Apostolicae Sedis est tum sacram
ordinare liturgiam, tum liturgicos approbare libros») e il vigente can. 838 CIC 83 («§ 1. Regolare la sacra liturgia
dipende unicamente dall’autorità della Chiesa: ciò compete propriamente alla Sede Apostolica e, a norma del diritto, al
Vescovo diocesano. § 2. È di competenza della Sede Apostolica ordinare la sacra liturgia della Chiesa universale,
pubblicare i libri liturgici e autorizzarne le versioni nelle lingue correnti, nonché vigilare perché le norme liturgiche
siano osservate fedelmente ovunque. § 3. Spetta alle Conferenze Episcopali preparare le versioni dei libri liturgici nelle
lingue correnti, dopo averle adattate convenientemente entro i limiti definiti negli stessi libri liturgici, e pubblicarle,
previa autorizzazione della Santa Sede. § 4. Al Vescovo diocesano nella Chiesa a lui affidata spetta, entro i limiti della
sua competenza, dare norme in materia liturgica, alle quali tutti sono tenuti»).
65
Si ricorre in genere a lettere pastorali più che a puntuali e specifici atti di governo.
66
L'Ordinario non è un ispettore o un guardiano ma ha il compito di confermare e riscaldare la fede vissuta
dalla comunità. Precisa Apostolorum successores in merito alla visita: «È occasione per ravvivare le energie degli
operai evangelici, lodarli, incoraggiarli e consolarli, è anche l’occasione per richiamare tutti i fedeli al rinnovamento
della propria vita cristiana e ad un’azione apostolica più intensa. La visita gli consente inoltre di valutare l’efficienza
delle strutture e degli strumenti destinati al servizio pastorale, rendendosi conto delle circostanze e difficoltà del lavoro
di evangelizzazione, per poter determinare meglio le priorità e i mezzi della pastorale organica» (n. 221).
67
È bene precisare che il dovere di supervisione e difesa del bene comune liturgico ha una finalità più reale
che personale. In presenza di abusi o disfunzioni l’oggettività prevale sull’aspetto soggettivo: non interessa tanto
l’accertamento della colpa quanto la correzione dell’errore e la riparazione dell’abuso.
12/13
TESTO PROVVISORIO
definitiva pensare all'Ordinario non come ad un gestore o "burocrate del sacro"68 ma come a un vero
e sapiente liturgo e mistagogo nello stile patristico.
Per evitare di dare un tono eccessivamente fosco e negativo all'intervento sembra utile
chiudere il punto con una nota di speranza. In un saggio a proposito degli abusi liturgici e della
tutela dei diritti dei fedeli già parlavo del passaggio «dalla logica della tolleranza e della limitazione
del danno alla cultura della promozione e del ripristino della giustizia ecclesiale»69. Tale locuzione
intendeva indicare una positiva evoluzione a livello di mentalità e d'impostazione che si coglieva
nell'ambito ecclesiale dalla passiva desolazione e sconforto di tanti pastori al positivo desiderio di
recuperare il terreno perduto e ristabilire l'ordine violato70. L'incoraggiante formulazione
ovviamente registrava una sensazione o un presagio ed esprimeva soprattutto un'aspirazione e una
brama. Chiaramente molto resta da fare per contrastare l'abusività (gli abusi liturgici sono purtroppo
tuttora all'ordine del giorno) e soprattutto per incrementare più della giustizia la pietà del culto.
Superare lo smarrimento dell'impotenza e della supina rassegnazione è solo un primo passo. Un
certo divario o disparità, in parte comprensibile, si nota però ancora tra il governo centrale e quello
locale. L'intervento autoritativo richiesto quindi in buona parte coincide proprio con il recupero
della centralità della funzione episcopale.
4. Conclusioni
L'argomentazione svolta conduce alla conclusione, già ripetutamente espressa, che il limite
attualmente più sentito nella ricezione degli insegnamenti conciliari è la carenza della formazione
liturgica dei fedeli e della formazione giuridica dei pastori71. La "duplice centralità" qui segnalata
non è distonica o dissociata: si risolve nella centralità "sostanziale" dei diritti dei fedeli e nella
centralità "strumentale" della funzione episcopale. I due profili affrontati (diritti dei fedeli e ruolo
dell'autorità) sono in pratica come due facce di una stessa medaglia e indicano la complementarità e
convergenza della communio hierarchica. L'obiettivo di una crescita organica del corpo liturgico è
rappresentata, da un canto, dalla consapevolezza, oggettività ed estensione dei diritti dei fedeli,
dall'altro, dalla presenza, solerzia e determinazione dell'intervento dell'autorità.
68
Benedetto XVI apostrofava come "burocrate sacro" l'atteggiamento ozioso e distaccato del parroco
(Incontro con il clero delle diocesi di Belluno-Feltre e Treviso, 24.VII.2007, in Insegnamenti di Benedetto XVI, III
2007/2, Città del Vaticano 2008, pp. 59-61).
69
DEL POZZO, La dimensione giuridica della liturgia, pp. 311-406 (VII. Abusi liturgici e tutela dei diritti dei
fedeli: dalla logica della tolleranza e della limitazione del danno alla cultura della promozione e del ripristino della
giustizia ecclesiale).
70
Asseriva Giovanni Paolo II riguardo alla riforma liturgica: «Il grano fu seminato: esso ha conosciuto il
rigore dell'inverno, ma il seme ha germogliato, è divenuto un albero. Si tratta, in effetti, della crescita organica di un
albero tanto più vigoroso, quanto più profondamente spinge le radici nel terreno della Tradizione» (lett. ap. Vicesimus
quintus annus, 4.XII.1988, n. 23).
71
Cfr. SC 16 e OT 16.
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