Comuni, via libera ai nuovi standard per 1,1 miliardi nel 2017

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Comuni, via libera ai nuovi standard per 1,1 miliardi nel 2017
Comuni, via libera ai nuovi
standard per 1,1 miliardi nel 2017
di Gianni Trovati
Via libera all'unanimità in commissione tecnica ai nuovi fabbisogni standard per
i Comuni, che nell'incrocio con le «capacità fiscali» saranno chiamati a
distribuire fra gli enti l'anno prossimo 1,13 miliardi di euro di fondo di
solidarietà. L'intesa tecnica è il passaggio chiave, in vista dell'iter politico del
provvedimento che sarà avviato dal prossimo consiglio dei ministri e dovrà
chiudersi in poche settimane: l'obiettivo del governo è infatti quello di definire
entro l'anno i numeri dei fondi Comune per Comune, per evitare proroghe
ulteriori alla scadenza già annunciata del 28 febbraio per la chiusura dei
preventivi 2017. «Il calendario - sottolinea Luigi Marattin, consigliere economico
di Palazzo Chigi e presidente della commissione tecnica sui fabbisogni - è
fondamentale per mettere i Comuni in condizione di fare davvero gli
investimenti: senza i bilanci approvati gli investimenti non si fanno, e l'addio al
Patto di stabilità sarebbe stato inutile».
Il meccanismo di calcolo della «spesa efficiente»
Ma oltre che sui tempi e sulle cifre in gioco, che mettono gli enti locali insieme
alle università in prima fila nell'abbandono della "spesa storica" rimasto invece
teoria negli altri settori pubblici, le novità sono soprattutto nel merito del
meccanismo che vuole misurare la «spesa efficiente» nelle amministrazioni
locali. In pratica, i fabbisogni servono a misurare il «costo giusto» dei servizi
locali, in funzione della loro intensità e del loro livello qualitativo, e il lavoro
della commissione composta da esponenti di governo, Istat e amministrazioni
locali ha puntato ad abbandonare il più possibile la «funzione di spesa», che
valuta le spese ma non l'erogazione dei servizi finendo per "premiare" chi spende
meno perché non garantisce il servizio, in favore della «funzione di costo» che
abbraccia invece entrambi i fattori. Questo secondo metodo, più avanzato, è
stato utilizzato finora solo per asili nido e istruzione e verrà esteso alla raccolta e
smaltimento dei rifiuti, e passi in questa direzione riguardano anche trasporto
pubblico e servizi sociali: in quest'ultimo settore, poi, i numeri saranno filtrati
anche in base a un «indice di deprivazione» che misura problemi
(disoccupazione, bassi redditi e così via) ed esigenze del territorio. Nel pacchetto
approvato ieri entra poi la semplificazione dei questionari per la raccolta dei
nuovi dati, che saranno inviati ai Comuni in autunno e serviranno a costruire gli
standard per il 2018.
Il fondo di solidarietà comunale
Al netto di sorprese in manovra, per ora non preventivate, il criterio della
differenza fra le capacità fiscali, in pratica il gettito standard dei tributi locali
(l'aggiornamento è atteso alla prossima Stato-Città), e i nuovi fabbisogni
standard dovrà guidare la distribuzione del 40% del fondo di solidarietà
comunale, ovviamente al netto delle compensazioni Imu-Tasi che si basano sulle
entrate perse da ogni ente per effetto della manovra 2016. A livello complessivo,
quindi, l'effetto «non è un taglio - sottolinea Marattin - ma una convergenza
verso i livelli di spesa efficiente». In questo quadro, la macchina dei calcoli
produrrà notizie buone per alcuni Comuni e cattive per altri, e sul punto in
particolare l'Anci ha ottenuto di accompagnare l'approvazione con una
"raccomandazione" al governo di tenerne conto nelle scelte su fisco e
perequazione che andranno fatte in manovra. «Se ci sono variazioni di risorse
troppo brusche si possono valutare correttivi - conferma Marattin -, ma il
processo non si può fermare né annacquare: non si fanno i fabbisogni standard
con l'obiettivo di non cambiare nulla».
Anche quest'anno, del resto, un paracadute si è aperto per circa 2.700 Comuni
che avrebbero subito un taglio superiore al 6,5% nelle risorse di base rispetto al
2014, e le prime elaborazioni Ifel sulle prospettive sembrano incoraggianti; in
assenza di altre variabili, il «correttivo statistico» potrebbe riguardare il
prossimo anno una platea più piccola, intorno ai 1.500 enti.
Cinque controlli sui bilanci
preventivi da inviare alla banca
dati della Pa
di Patrizia Ruffini
La trasmissione alla banca dati amministrazioni pubbliche (Bdap) dei preventivi
2016 e 2017 richiede agli enti locali la registrazione al portale e la richiesta delle
credenziali necessarie per effettuare le operazioni di invio e visualizzazione dei
dati, possibile a partire dal mese di settembre. Il bilancio di previsione 20162018 dovrà essere trasmesso entro il 31 dicembre 2016, mentre per il bilancio di
previsione 2017-2019 la scadenza è entro 30 giorni dall'approvazione.
Successivamente, a partire dal 1° febbraio 2017, il sistema permetterà
l'acquisizione del rendiconto 2016, da effettuarsi entro 30 giorni
dall'approvazione e, a partire dal 1° marzo 2017, il sistema permetterà
l'acquisizione del bilancio consolidato 2016, entro 30 giorni dall'approvazione (il
cui termine di approvazione è il 30 settembre 2017). La scaletta delle nuove
attività, le relative scadenze e le modalità tecniche di esecuzione (tassonomie) è
contenuta nel nuovo allegato tecnico di trasmissione dei dati pubblicato dalla
Ragioneria generale dello Stato nel portale Bdap, in attuazione di quanto
previsto dall'articolo 5 del decreto dell'Economia del 12 maggio scorso.
Nuovi confini dell'adempimento
Gli enti territoriali e i loro enti strumentali in contabilità finanziaria sono tenuti
alla trasmissione del bilancio di previsione, del rendiconto della gestione e del
bilancio consolidato entro 30 giorni dall'approvazione, compresi i relativi
allegati, il piano degli indicatori e dei risultati attesi di bilancio, e i dati di
previsione e di rendiconto secondo la struttura del piano dei conti integrato.
Mentre gli enti strumentali degli enti territoriali in contabilità economico
patrimoniale sono tenuti a trasmettere il budget economico e il bilancio di
esercizio, sempre entro 30 giorni dall'approvazione. Di recente il Dl 113/2016
(articolo 9, comma 1-quinquies) ha inserito la sanzione del divieto di assumere
personale a qualsiasi titolo, sia nell'ipotesi di ritardo nell'approvazione del
bilancio di previsione, del rendiconto e del bilancio consolidato (per le regioni e
le province autonome la sanzione si riferisce all'approvazione in giunta dello
schema di rendiconto ai fini della parifica), sia nell'ipotesi di ritardo nell'invio
dei dati alla Bdap. La sanzione si aggiunge, per gli enti locali, alla procedura
prevista dall'articolo 141 del Tuel. L'elenco dei codici Bdap attribuito agli enti
tenuti alla trasmissione dei propri bilanci e dei dati contabili, come prevede il
decreto del 12 maggio, è pubblicato sul portale Bdap. Qualora l'ente sia tenuto
all'invio ma non sia censito nell'anagrafica Bdap, dovrà richiedere il proprio
codice ente. Gli enti dovranno produrre e trasmettere al sistema, oltre agli
schemi di bilancio, anche i dati contabili analitici a livello di piano dei conti
integrato che sono alla base dei bilanci stessi e il piano degli indicatori e dei
risultati.
I controlli
L'utilizzo di Xbrl per la trasmissione alla banca dati delle amministrazioni
pubbliche dei bilanci armonizzati degli enti rappresenta la prima applicazione su
vasta scala dell'Xbrl al settore pubblico in Italia e una delle prime, di questa
portata, a livello internazionale. Uno degli obiettivi primari del sistema consiste
nell'esigenza di acquisire i rendiconti e i dati analitici di consuntivo non appena
questi siano disponibili, anche nel caso non abbiano ancora completato l'iter di
approvazione interno all'ente. Pertanto nel trasmettere i bilanci occorre indicare
il relativo «stato di approvazione», ossia la condizione nella quale si trova il
documento di bilancio che si sta trasmettendo rispetto all'iter di approvazione. I
documenti contabili inviati alla Bdap dagli enti saranno sottoposti a una serie di
controlli per la verifica sulla qualità e sulla coerenza dei dati trasmessi. Sono
state individuate cinque tipologie di controlli che si possono differenziare in
controlli bloccanti e controlli non bloccanti; questi ultimi, a loro volta, sono
distinti in controlli di validità, di quadratura, di coerenza e di natura
amministrativo-contabile (warning)
Il pareggio di bilancio aggiorna il
Dup
di Anna Guiducci
Il cantiere della programmazione per il 2017 e gli anni successivi è avviato. Lo
schema del documento unico di programmazione, presentato entro il 31 luglio
dalla giunta al consiglio, declina infatti in missioni e programmi le principali
linee di indirizzo su politica tariffaria e tributaria, investimenti e gestione dei
servizi locali. In questo documento deve darsi conto anche della sostenibilità del
debito, del raggiungimento degli equilibri di bilancio e degli obiettivi di finanza
pubblica. L'eventuale nota di aggiornamento al Dup deve essere presentata
all'organo consiliare entro il 15 novembre (termine da intendersi prorogato in
caso di slittamento oltre il 31 dicembre della scadenza per l'approvazione del
bilancio di previsione).
Nuove norme e nuovi obblighi
Il varo della legge che modifica le norme sul pareggio di bilancio comporta
l'obbligo di verificare la previsione di indebitamento contenuta nello schema di
Dup approvato dalla giunta. La vecchia disciplina (articolo 10 della legge
243/2012) prevedeva infatti la possibilità per ciascun ente territoriale di
ricorrere all'indebitamento nel limite delle spese per rimborso di prestiti iscritti
nel proprio bilancio di previsione. Con le modifiche introdotte dalla legge
164/2016, le operazioni di indebitamento e gli investimenti realizzati con
l'utilizzo dei risultati di amministrazione dovranno invece essere effettuate sulla
base di intese regionali o, in subordine, dei patti di solidarietà nazionali. Poiché
lo scopo della norma è quello di garantire il raggiungimento degli obiettivi
consolidati di finanza pubblica, le intese dovrebbero definire il riparto degli spazi
finanziari solo fra gli enti che necessitano di maggiori margini di spesa, da
finanziare con avanzi di amministrazione o nuovo debito.
La politica degli investimenti
Occorre poi attendere la legge statale di bilancio per mettere a punto la politica
degli investimenti. È infatti stabilito che, per gli anni 2017/2019, il fondo
pluriennale vincolato di entrata e di uscita potrà essere conteggiato nel saldo
rilevante solo se previsto e compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica
su base triennale. Sul punto, la prospettiva concordata con il governo parla di
una replica della dote da 660 milioni, come avvenuto quest'anno, ma serve
appunto l'intervento della manovra. Dal 2020 invece il Fondo entrerà a regime
tra le voci rilevanti concorrendo definitivamente al rispetto degli obiettivi di
pareggio di bilancio, a condizione però che sia finanziato da entrate finali (quindi
non dovrà essere generato da entrate da indebitamento o avanzi di
amministrazione).
Le entrate tributarie
Maggiori certezze dovrebbero giungere dal fronte delle entrate tributarie.
L'articolo 1, comma 26, della legge 208/2015 stabiliva solo per il 2016 la
sospensione dell'efficacia delle deliberazioni degli enti locali che prevedevano
aumenti dei tributi (eccetto la Tari) e delle addizionali rispetto ai livelli di
aliquote o tariffe applicabili per l'anno precedente. La sospensione
dell'autonomia tributaria non si è applicata agli enti in dissesto o predissesto.
Riscossione dei tributi
Resta ancora da sciogliere il nodo della riscossione delle entrate locali. L'articolo
18 del Dl 113/2016 dispone infatti l'ennesima proroga (al 31 dicembre 2016)
della concessione dei servizi di riscossione a favore di Equitalia, in attesa della
definizione di un organico riordino dell'intera disciplina.
Il personale
Sulla spesa di personale, l'articolo 16 del Dl 13/2016 prevede la possibilità di
riattivare le procedure di mobilità nelle regioni in cui sia stato ricollocato il 90
per cento del personale soprannumerario delle province. Viene inoltre
specificato che le assunzioni a tempo determinato regolate dall'articolo 110,
comma 1 del Tuel non rientrano nei limiti del lavoro flessibile.
Per gli anni 2016/18, i Comuni possono inoltre procedere ad un piano triennale
straordinario di assunzioni a tempo indeterminato di personale insegnante ed
educativo necessario per consentire il mantenimento dei livelli di offerta
formativa, nei limiti delle disponibilità di organico e della spesa di personale
sostenuta per assicurare i relativi servizi nell'anno educativo e scolastico
2015/2016.
Incentivi alla progettazione,
accantonamento legittimo in attesa
del nuovo regolamento
di Marco Rossi
Anche in assenza dell'apposito regolamento, e nelle more della sua
predisposizione, gli enti locali possono legittimamente accantonare le risorse
destinate al finanziamento dell'incentivo progettazione in misura pari al 2%
dell'importo a base di gara, senza tuttavia procedere alla ripartizione tra i
beneficiari prima dell'approvazione dell'atto.
È l'indicazione che arriva dalla Sezione Regionale di Controllo del Veneto della
Corte dei conti (con il parere n. 353/2016) e che affronta una questione
transitoria legata all'introduzione del nuovo codice dei contratti, che ha
modificato il quadro normativo precedente relativo all'incentivo progettazione,
contenuto nell'articolo 93 del Dlgs 163/2006 come novellato dalla legge
114/2014.
Le regole
Come noto, la disciplina attuale stabilisce che l'incentivo spettante per lo
svolgimento delle funzioni tecniche svolte dai dipendenti pubblici (ad esempio
per l'attività di programmazione della spesa per investimenti, per la verifica
preventiva dei progetti, per la direzione dei lavori eccetera) possa essere
determinato entro il limite massimo del 2%, delle risorse finanziarie stanziate
per la realizzazione dei singoli lavori.
L'importo effettivamente individuato, a sua volta, deve essere destinato, per
l'80%, al responsabile unico del procedimento e ai soggetti che abbiano svolto le
summenzionate «funzioni tecniche» e i loro collaboratori, e, per il restante 20%,
all'impiego per l'acquisito di beni, strumentazioni e tecnologie funzionali al
miglioramento e l'innovazione tecnologica.
Per la ripartizione della quota spettante ai dipendenti, poi, si fa esplicito rinvio
alle modalità e ai criteri previsti in sede di contrattazione decentrata integrativa
del personale, sulla base di un apposito regolamento adottato dalle
amministrazioni secondo i rispettivi ordinamenti, che – conseguentemente –
costituisce un presupposto indefettibile per la legittima distribuzione e
attribuzione.
La decisione
Nondimeno, la preventiva approvazione dello stesso regolamento – secondo la
Corte dei Conti del Veneto – non rappresenta di per sé un requisito
indispensabile per operare il "semplice" accantonamento delle risorse:
quest'ultimo, infatti, può essere eseguito nelle more della sua predisposizione
ovviamente entro i limiti massimi stabiliti dall'articolo 113 del Dlgs 50/2016.
Naturalmente, qualora il regolamento successivamente adottato dall'ente
dovesse individuare una percentuale inferiore a quella già stabilita dall'ente, la
parte dell'accantonamento non utilizzata dovrà essere portata a "economia",
concorrendo così alla generazione (e determinazione) del risultato di
amministrazione.
Secondo la stessa pronuncia, invece, l'ente locale non potrebbe ora adottare un
regolamento comunale, avente effetto retroattivo, destinato a disciplinare
l'erogazione degli incentivi che erano riconosciuti in favore del personale tecnico
sulla base della normativa precedentemente contenuta nel Dlgs 163/2006.
A impedire tale possibilità, in particolare, rileva il principio dell'irretroattività
degli atti amministrativi a contenuto normativo, che impone di disporre solo per
l'avvenire e che può essere derogato esclusivamente sulla base di una specifica e
puntuale disposizione di legge che – tuttavia – non sussiste in relazione alla
fattispecie considerata.
Silenzio assenso, il passare del
tempo non impedisce alla Pa di
agire in autotutela
di Lorenzo Camarda
Nell’ambito della formazione dell’istituto del silenzio assenso, in edilizia, non
basta il decorso del tempo per impedire alla Pa di procedere in autotutela
allorquando si registri la sussistenza di una violazione normativa posta a tutela
del pubblico interesse. Fermo restando che l’azione riparatrice avvenga nei
termini stabiliti dalla legge. È quanto si ricava dalla sentenza della quarta
sezione del Consiglio di Stato n. 3805 del 5 settembre 2016.
Fatto
Alcuni privati hanno impugnato dinnanzi al Consiglio di Stato una sentenza del
Tar Campania-Salerno che ha ritenuto legittimo il provvedimento del Comune di
Battipaglia mirato a rimuovere, in via di autotutela, il silenzio assenso formatosi
sull’istanza del permesso di costruire, su un’area destinata a strade e parcheggi
(su cui gravano i vincoli di inedificabilità assoluta). A sostegno della propria tesi
il Comune ha evidenziato che è trascorso un breve lasso di tempo (tre mesi) dalla
formazione del silenzio assenso nel corso del quale non si è verificato neppure
l’avvio dei lavori. Pertanto, secondo il Comune, sussistevano le ragioni di
interesse pubblico per poter ricorrere all’annullamento per autotutela.
Al contrario gli appellanti hanno sostenuto, e sostengono dinnanzi al Consiglio
di Stato, che il provvedimento di rimozione del silenzio assenso viola l’articolo
20 del Dpr n. 380/2001 (Tu Edilizia) con riferimento all’articolo 21-nonies della
legge n. 241/1990 in quanto: “allorquando il termine per provvedere sia
decorso, affinché l’amministrazione possa porre nel nulla l’atto di assenso
tacito (…) occorre che sussista una speciale e stringente individuazione
dell’interesse pubblico concreto sotteso alla rimozione”.
Diritto
Innanzitutto va ricordato che la ratio dell’istituto del silenzio assenso è quella di
semplificare l’iter amministrativo al fine di consentire al cittadino il
raggiungimento, in tempi celeri, di quanto desiderato. Sicché il decorso del
tempo risulta fondamentale perché si formi l’istituto del silenzio assenso. Fermo
restando che resta in capo alla Pa l’obbligo di assicurare il rispetto della
normativa che disciplina la materia, anche ricorrendo all’annullamento dello
stesso silenzio assenso allorquando il medesimo si configuri come un
provvedimento illegittimo in quanto in contrasto con le disposizioni urbanistiche
vigenti. Non potendosi ammettere che, attraverso l’inerzia della Pa, si pervenga
al consolidamento di posizioni soggettive non conformi al modello normativo
(Consiglio di Stato, sez. V, 12 marzo 2012, n. 1364). Così come dispongono gli
articoli 21-quinques e 21-nonies, comma 3, della legge n. 241/1990, secondo i
quali la Pa, in caso di formazione del silenzio assenso, può assumere
determinazioni di annullamento dei propri provvedimenti. Inoltre, in materia
edilizia, vale l’articolo 20, comma 8, del Dpr n. 380/2001 che prevede che,
allorquando sussistano vincoli relativi all’assetto idrogeologico, ambientale,
paesaggistico o culturale, la Pa possa (debba) procedere ad un’attività di
autotutela.
Poiché la fattispecie all’esame si riferisce a un’area assoggettata a vincoli di
inedificabilità assoluta, la cui salvaguardia si configura come ragione di pubblico
interesse, il Comune di Battipaglia risulta legittimato a provvedere per
autotutela all’annullamento della formazione del silenzio assenso.
Conclusioni
Alla luce della normativa e della giurisprudenza sopra richiamata, i giudici di
Palazzo Spada respingono l’appello contro il provvedimento di autotutela del
Comune di Battipaglia. Colgono, inoltre, l’occasione per specificare che l’istituto
del silenzio assenso è applicabile al settore dell’edilizia, essendo ipotizzabile la
formazione di un permesso di costruire formato per silentium, per altro verso, la
Pa può (deve) una volta formatosi in tal modo detto provvedimento, intervenire
in via di autotutela, laddove non sussistano le condizioni per il rilascio di tale
provvedimento.
Anagrafe nazionale, Assosoftware
chiede più tempo per i Comuni in
ritardo con il monitoraggio
di Roberta Giuliani
Si avvicina la scadenza del 16 settembre per inviare la scheda di monitoraggio
che definirà il piano di subentro dei Comuni nell'anagrafe nazionale della
popolazione residente (Anpr) e le aziende fornitrici di software e servizi
chiedono più tempo al Viminale per dare informazioni agli enti locali che sono in
ritardo con la richiesta di chiarimenti.
L'Associazione nazionale produttori di software gestionale e fiscale
(AssoSoftware) ha scritto una lettera al capo dipartimento per gli Affari interni e
territoriali del ministero dell'Interno per sollecitare «una maggiore flessibilità
nella raccolta delle informazioni» considerato «l'esiguo numero di richieste che
ci sono pervenute finora» dagli enti locali probabilmente a causa della pausa
estiva e della concomitanza di altre attività degli uffici anagrafici. L'associazione,
impegnata da molti mesi nello sviluppo e sperimentazione del progetto Anpr,
segnala che i Comuni avrebbero dovuto interpellare i propri fornitori di software
per poter compilare la scheda di monitoraggio ma che fino ad ora pochi enti
hanno inviato delle richieste. AssoSoftware dunque ravvisando che non si sono
«verificate le condizioni per raccogliere tutte le risposte entro il termine del 16
settembre previsto dalla circolare (n. 13/2016, ndr)» ritiene necessario allungare
i tempi per raccogliere le informazioni richieste.
Le istruzioni del Viminale
Con la circolare dei servizi demografici del 27 luglio 2016 n. 13 sono state dettate
le istruzioni per la compilazione della scheda di monitoraggio che servirà al
ministero dell'Interno per predisporre il piano di subentro e assegnare a ogni
Comune la data a partire dalla quale potrà iniziare a svolgere primi passi in
Anpr. Il Viminale sollecitava quindi gli enti ad accelerare sulla scelta delle
modalità di accesso all'Anpr: web application (WA) e web application integrata o
web service (WS) e per aiutare i Comuni nella valutazione della soluzione più
idonea alle proprie esigenze segnalava la Guida predisposta e rintracciabile sul
portale informativo di Anprcon le informazioni sulle caratteristiche di ciascuna
modalità.
Le prime risposte ai Comuni
Per quanto riguarda il contenuto tecnico della scheda di monitoraggio, con la
lettera l'associazione coglie l'occasione per dare le prime risposte ai Comuni e in
particolare riepilogare la posizione della aziende associate su tre questioni: la
tipologia di soluzione adottata, i tempi di completamento delle attività
dell'applicativo gestionale attualmente in uso per le soluzioni WA integrata e WS
e
la
data
di
disponibilità
ad
avviare
le
attività
di
test.
Per il primo punto AssoSoftware sostiene la soluzione WS in quanto «risponde
alle esigenze di efficienza ed efficacia per la gestione della banca dati unica
ANPR», mentre per il completamento del progetto ricorda che «l'attività di
adeguamento dei sistemi gestionali è stata valutata in circa 4 anni/uomo» e
dunque si stima «che alla data sia stato completato circa il 70% dell'intero
progetto». In ultimo per quanto riguarda la diponibilità ad avviare i test,
l'Associazione ritiene che una volta concluse le prove con i Comuni
sperimentatori l'attività «potrà essere effettuata in modo celere» con tutti gli
altri enti locali. Le aziende sono comunque pronte a valutare con i propri clienti
modalità e tempi per iniziare i test e il conseguente subentro.
No alla variante urbanistica per i
centri commerciali se danneggiano
i piccoli esercizi
di Mauro Calabrese
Nell’adottare le proprie determinazioni discrezionali in merito all’approvazione
della variante urbanistica per la trasformazione di un’area industrial necessaria
alla realizzazione di un grande centro commerciale, il Comune può tenere conto
delle più ampie e complessive ragioni urbanistiche, sociali oltre che politiche,
contrarie alla realizzazione dell’opera, anche per gli effetti negativi che
impatterebbero sul piccolo commercio locale, cedendo l’aspettativa del privato
rispetto alle superiori valutazione degli interessi pubblici generali.
La decisione
Accogliendo l’appello del Comune di Fano contro la decisione di primo grado del
Tar Marche, il Consiglio di Stato, sezione IV, con la sentenza 5 settembre 2016,
n. 3806, ha ribadito la natura discrezione e insindacabile delle valutazioni e delle
scelte adottate dall’Amministrazione riguardo alla pianificazione urbanistica del
territorio comunale, che tengano conto delle ragioni complessive, ritenendo
legittimo il diniego della richiesta di variante al Prg per la trasformazione
dell’area industriale dell’ex zuccherificio di Fano in un grande centro
commerciale, che avrebbe avuto effetti negativi sul piccolo commercio locale.
In primo grado, con la sentenza annullata dalla sentenza in commento, il
Tribunale regionale marchigiano aveva, invece, accolto il ricorso della società
proprietaria dell’area verso il provvedimento di diniego della variante richiesta
per la classificazione della stessa da «zone per attività produttive» a «zone per
attività commerciali e/o direzionali», ritenendo generiche e indimostrate, se non
dilatorie, le motivazioni della delibera adottata dal Comune e manifestate con il
voto di sostegno del Consiglio comunale, a fronte del complessivo iter
procedimentale, compresa la procedura di Vas, concluso con pareri favorevoli
con prescrizioni, da parte di tutte le autorità locali competenti.
Riesame complessivo
Come ribadito dal voto consiliare, l’Amministrazione comunale fondava il
proprio parere negativo sulla necessità di procedere a un più approfondito e
complessivo riesame dell’intero assetto urbanistico della città e non soltanto
dell’area interessata, nell’ambito di una variante più organica, riconsiderando
anche la pianificazione commerciale della zona e tenendo conto di più ampie
considerazioni politiche, sociali e urbanistiche, a favore dell’intera collettività
cittadina e non solo degli interessi economici della società proprietaria.
Pianificazione urbanistica
Nell’accogliere i motivi di appello, il Collegio rileva come le motivazioni addotte
dal Comune riguardano il merito di valutazioni e scelte politiche di
pianificazione territoriale di natura discrezionale, sottratte al sindacato
giurisdizionale amministrativo, salvo i casi di manifesta illogicità ed
irragionevolezza, in quanto il potere in materia di pianificazione urbanistica non
attiene esclusivamente alla «disciplina coordinata della edificazione dei suoli» e
al «ordinato sviluppo edilizio del territorio» riguardo alle singole tipologie di
edifici, ma riguarda anche il complessivo perseguimento degli obiettivi
economico- sociali della comunità locale, frutto di valori costituzionalmente
garantiti, da mettere in relazione con quelli delle altre comunità territoriali
confinanti.
Posizione strategica
Rilevano i giudici amministrativi, che la variante urbanistica richiesta,
finalizzata alla realizzazione di un importante struttura commerciale,
interesserebbe una ampia zona, «particolarmente sensibile per la gestione
dell’intero territorio comunale», data la vicinanza al mare e l’alta valenza
ambientale del luogo, con effetti sulla pianificazione urbanistica della città,
legittimando una più generale revisione del «più complessivo disegno di governo
del territorio da parte dell’ente locale», fondata su una adeguata motivazione,
come quella espressa nel provvedimento, improntata ai criteri della «sufficienza
e congruità», cedendo gli interessi puramente economici del privato, seppure
meritevoli di apprezzamento.
Motivazione politiche
Nell'adottare il provvedimento di diniego il Comune, supportato dal voto del
Consiglio comunale, ha richiamato la necessità e la volontà di provvedere a una
più ampia riconsiderazione della intera pianificazione urbanistica dell’area
interessata, tenendo conto delle istanze politiche e sociali interessate a una più
complessivo e armonioso sviluppo del territorio comunale, secondo le linee
programmatiche che privilegiano le forme di commercio cd «di vicinato»
rispetto ai grandi centri commerciali.
Variante al regolamento
urbanistico: legittima la
partecipazione del terzo
proprietario confinante
di Solveig Cogliani
Se il piano di lottizzazione persegue l’obiettivo della riduzione del consumo di
suolo o di mantenimento delle aree verdi, il mutamento radicale (da inedificabile
ad edificabile) di un’area costituisce una modifica tale da rendere necessaria la
riapertura della fase istruttoria, per mezzo della ripubblicazione del documento e
della conseguente riattivazione dell'interlocuzione con i soggetti interessati. È
quanto afferma il Tar Parma, Sezione I, con la sentenza 26 agosto 2016, n. 250.
Il caso
Il Tar Parma si è pronunciato sul ricorso proposto dai proprietari di un’area, ove
essi avevano realizzato le loro abitazioni e lo studio professionale, avverso la
delibera del Consiglio comunale, recante l’ approvazione di una variante al
Regolamento urbanistico, nella parte in cui essa ha parzialmente accolto
l'osservazione proposta dalle proprietarie dell’area confinante alla loro proprietà,
classificando l’area per una metà come edificabile (così capovolgendo quanto
statuito in sede di adozione della variante nella quale era stata confermata la
destinazione a verde, parco urbano e sub-urbano, che l’area già aveva in
precedenza).
Il Tribunale amministrativo, evidenziando il primo motivo di ricorso, con cui si
deduceva che l’area in questione avrebbe dovuto essere ceduta dai proprietari al
Comune già nel 1957, sottolinea anche il concreto e duraturo utilizzo - senza
alcuna opposizione delle formali proprietarie - dell’uso pubblico dell’area a verde
attrezzato, facendone discendere la possibilità per il Comune di instaurare un
giudizio per fare valere comunque l’usucapione a seguito del possesso
ultraventennale dell’area, oppure la possibilità del verificarsi della fattispecie
della cosiddetta dicatio ad patriam ( cioè il comportamento del proprietario che
mette volontariamente e con continuità il proprio bene a disposizione della
collettività).
La decisione
Il Tar, pertanto, giunge alla conclusione che nella fattispecie esaminata la
modifica essenziale apportata all’area rispetto ai criteri ispiratori del Piano
avrebbe dovuto comportare la ripubblicazione al fine di consentire la
partecipazione anche dei soggetti terzi, comunque incisi.
Il disegno del territorio e la motivazione delle scelte
La giurisprudenza amministrativa è consolidata nell’affermare che le scelte
urbanistiche richiedono una motivazione più o meno puntuale, a seconda che si
tratti di previsioni interessanti la pianificazione in generale ovvero un’area
determinata, ovvero qualora incidano su aree specifiche, ledendo legittime
aspettative; così come mentre richiede una motivazione specifica una variante
che interessi aree determinate del Prg, per le quali quest’ultimo prevedeva
diversa destinazione (a maggior ragione in presenza di legittime aspettative dei
privati), non altrettanto può dirsi allorché la destinazione di un’area muta per
effetto dell’adozione di un nuovo strumento urbanistico generale, che provveda
ad una nuova e complessiva definizione del territorio comunale.
Conclusioni
La particolarità della pronuncia sta nell’aver ribadito tale principio non con
riguardo alla «aspettativa edificatoria» del proprietario, quanto alla posizione
del terzo rispetto ad una destinazione a favore della collettività dell’area.
Va ribadito, in ogni caso, che il potere di pianificazione urbanistica, a maggior
ragione in considerazione della sua ampia portata in relazione agli interessi
pubblici e privati coinvolti, così come ogni potere discrezionale, non è sottratto
al sindacato giurisdizionale, dovendo la Pubblica amministrazione dare conto,
sia pure con motivazione di carattere generale, degli obiettivi che essa, attraverso
lo strumento di pianificazione, intende perseguire e, quindi, della coerenza delle
scelte in concreto effettuate con i detti obiettivi ed interessi pubblici agli stessi
immanenti (si veda anche Consiglio di Stato, Sezione IV, sentenza 10 maggio
2012, n. 2710).
La Cassazione conferma: la
riforma Fornero dell'articolo 18
non si applica al pubblico impiego
di Andrea Alberto Moramarco
Le modifiche apportate dalla riforma Fornero all'articolo 18 dello Statuto dei
Lavoratori non si applicano ai rapporti di pubblico impiego privatizzato. Di
conseguenza, in caso di licenziamento illegittimo intimato al dipendente
pubblico in data successiva all'entrata in vigore della legge 92/2012, la tutela
applicabile rimane quella risultante dal testo antecedente la riforma. A ribadire il
concetto è la Sezione lavoro della Cassazione con la sentenza n. 17965 depositata
ieri, che conferma, dunque, quanto già statuito con la precedente pronuncia n.
11868.
La vicenda
La controversia prende le mosse da un licenziamento intimato a una dipendente
dell'Azienda ospedaliera ordine mauriziano di Torino «per non aver provveduto
nel corso di un'assenza per malattia al rientro da un periodo di comando presso
la Asl di Rieti, a comunicare il proprio domicilio presso il comune di Torino».
Accertata l'illegittimità della massima sanzione disciplinare comminata, la
questione affrontata dai giudici era quella relativa all'individuazione della
fattispecie sanzionatoria ed al tipo di tutela applicabile: per la dipendente, la
tutela reale ex articolo 18, comma 4, della legge 300/1970 nella formulazione
introdotta dalla legge 92/2012, con conseguente reintegrazione nel posto di
lavoro; per l'Azienda - e così anche per i giudici di merito - la tutela obbligatoria
di cui al comma 5 della medesima disposizione, con conseguente pagamento di
un'indennità pari a 12 mensilità dell'ultima retribuzione percepita.
La decisione
In Cassazione la questione però cambia. I giudici nell'esercizio del potere di
qualificazione spostano l'attenzione sulla natura giuridica dell'Azienda
ospedaliera. Questa, infatti, è stata istituita con legge regionale ed è dotata di
personalità giuridica pubblica e di autonomia organizzativa, amministrativa,
patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica. Di conseguenza, il rapporto di
lavoro del personale di tale Azienda ospedaliera è assoggettato alla disciplina
dettata dal Codice del Pubblico impiego, ovvero il Dlgs 165/2001, e, più
esattamente, rientra «nell'ambito dei rapporti di diritto pubblico c.d.
contrattualizzato», ai sensi degli articoli 40 e seguenti del testo unico.
Ciò posto, i giudici di legittimità ritengono di dover dare continuità al principio
affermato con la sentenza n. 11868 del 9 giugno, ai sensi della quale ai
dipendenti pubblici, il cui rapporto di lavoro è disciplinato dal Dlgs 165/2001,
non si applicano le modifiche apportate dalla riforma Fornero all'articolo 18
della legge 300/1970. Pertanto, in caso di licenziamento illegittimo – come nella
fattispecie – pur intimato dopo l'entrata in vigore della legge 92/2012, la tutela
per il dipendente pubblico resta quella prevista dal vecchio testo dell'articolo 18.
Privacy, «no» al controllo
indiscriminato su email e internet
dei dipendenti
di Daniela Casciola
Verifiche indiscriminate sulla posta elettronica e sulla navigazione nella rete del
personale sono in contrasto con il Codice della privacy e con lo Statuto dei
lavoratori. Questa la decisione adottata dal Garante della privacy con il parere n.
5408460/2016che ha vietato a un'università il monitoraggio massivo delle
attività in internet dei propri dipendenti.
La vicenda
Il caso nasce dalla denuncia del personale tecnico-amministrativo e docente che
lamentava la violazione della propria privacy per il controllo a distanza posto in
essere dall'Ateneo che aveva raccolto e conservato in modo «massivo» dati dei
dipendenti per un periodo di 5 anni. Una platea che comprendeva i docenti, i
ricercatori, il personale tecnico amministrativo e bibliotecario, gli studenti, i
dottorandi, gli specializzandi e gli assegnisti di ricerca, ma anche professori a
contratto e visiting professors.
L'istruttoria del Garante ha evidenziato che i dati raccolti erano chiaramente
riconducibili ai singoli utenti, anche grazie al tracciamento puntuale degli
indirizzi Ip (indirizzo Internet) e dei Mac Address (identificativo hardware) dei
pc assegnati ai dipendenti. L'infrastruttura adottata dall'Ateneo consentiva
inoltre la verifica costante e indiscriminata degli accessi degli utenti alla rete e
all'email, utilizzando sistemi e software che non possono essere considerati, in
base alla normativa, «strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la
prestazione lavorativa». Tali software, infatti, non erano necessari per lo
svolgimento dell'attività e operavano, peraltro, in background, con modalità non
percepibili dall'utente.
La decisione
Nel provvedimento, il Garante ha denunciato la violazione non solo delle norme
del Codice per la tutela dei dati personali ma dello stesso statuto dei lavoratori anche nella nuova versione modificata dal cosiddetto "Jobs Act" – che in caso di
controllo a distanza prevede l'adozione di specifiche garanzie per il lavoratore.
L'Università avrebbe dovuto privilegiare misure graduali che rendessero
assolutamente residuali i controlli più invasivi, legittimati solo in caso di
individuazione di specifiche anomalie, come la rilevata presenza di virus. In ogni
caso, si sarebbero dovute prima adottare misure meno limitative per i diritti dei
lavoratori.
L'Autorità ha anche riscontrato che l'Università non aveva fornito agli
utilizzatori della rete un'idonea informativa privacy, tale non potendosi ritenere
la mera comunicazione al personale del Regolamento relativo al corretto utilizzo
degli strumenti elettronici, violando così il principio di liceità alla base del
trattamento dei dati personali.
L'Autorità ha quindi dichiarato illecito il trattamento dei dati personali così
raccolti e ne ha vietato l'ulteriore uso, imponendo comunque la loro
conservazione per consentirne l'eventuale acquisizione da parte della
magistratura.
Mercati e fiere: al via i bandi
comunali per il commercio in aree
pubbliche
di Pippo Sciscioli
Tutto pronto o quasi in vista della concreta attuazione della riforma di mercati e
fiere. Con un nuovo documento unitario, del 3 agosto scorso - l'ultimo in ordine
di tempo dopo quello di luglio 2012 e gennaio 2013 - la Conferenza delle Regioni
e delle Province autonome approva i facsimile dei bandi che i Comuni dovranno
emanare per l'assegnazione dei posteggi per il commercio su aree
pubbliche, alias mercati e fiere.
Criteri e valutazione delle domande
Con lo stesso atto, la Conferenza fornisce ulteriori chiarimenti ai Comuni sui
criteri e parametri da includere nei bandi per la valutazione delle domande
presentate dagli operatori commerciali, in vista della scadenza fissata a maggio e
luglio 2017 entro la quale i Comuni dovranno "resettare" completamente il
commercio su aree pubbliche- tipologia A (cioè con posteggio fisso) sul prorpio
territorio, concludendo le procedure selettive e rilasciando le concessioni del
suolo, con validità non superiore a dodici anni, e le relative autorizzazioni per lo
svolgimento dell'attività.
Infine, la Conferenza indica le diverse finestre temporali per l'avvio e la
conclusione delle procedure di selezione, da attuarsi con congruo anticipo
rispetto alla scadenza fissata al fine di evitare situazioni di impasse. Per quanto
concerne i mercati, l'intesa stabilisce una griglia di criteri per l'esame delle
domande degli operatori interessati, a partire da quello della maggiore
professionalità dell'impresa acquisita nel settore, comprovata dall'iscrizione
quale impresa attiva e dalla durata dell'iscrizione, nel registro imprese della
Camera di commercio, che dà diritto fino a 60 punti, in caso di iscrizione oltre i
dieci anni.
Nell'ambito di tale criterio rientra, con un ulteriore punteggio di 40 punti, anche
l'anzianità dell'operatore acquisita nel posteggio messo a bando.
Anzianità professionale
Sul punto, il documento del 3 agosto 2016, recepito già da alcune Regioni e in via
di recepimento da parte delle altre, chiarisce che ha diritto ai 40 punti il titolare
della concessione/autorizzazione a titolo originario o per subingresso, purché
operi su quel mercato al momento del bando, ovvero il titolare della concessione
che, avendo concesso in affitto il posteggio, prima della partecipazione alla
selezione ne rientri nella piena titolarità e operi effettivamente. Sul punto,
chiarisce ancora la Conferenza, l'anzianità di impresa e dunque la maggiore
professionalità acquisita sono riferite all'operatore del mercato che presenti la
domanda di partecipazione al bando comunale, cumulata eventualmente con
quella del titolare del medesimo posteggio che glielo ha venduto o affittato. Il
cumulo, invece, è bene precisarlo, non può spingersi a ritroso richiamando le
anzianità di eventuali ulteriori titolari pregressi.
Durc regolare
Quanto poi all'altro criterio previsto dall'intesa raggiunta, e cioè il Durc
attestante la regolarità contributiva della posizione d'impresa, esso va riferito
soltanto all'operatore che partecipa alla selezione e dà diritto all'attribuzione di 3
punti. Ciascun operatore partecipante alla selezione potrà concorrere, per i
mercati fino a cento posteggi, per due concessioni per il settore alimentare e per
due per quello non alimentare, per un totale di 4, mentre per i mercati con oltre
cento posteggi il numero delle concessioni ottenibili cresce di una unità per
ciascun settore.
Fiere
Per quanto attiene invece le fiere, relativamente all'anzianità maturata nel
posteggio, ai fini dell'assegnazione del 40 punti, i Comuni potranno fare
riferimento alle graduatorie approvate negli ultimi 5 anni in base alle quali è
stato assegnato all'operatore un posteggio.
Modello unico di bando
Per uniformare a livello nazionale le procedure selettive, la Conferenza ha
approvato e messo a disposizione dei Comuni un modello unico di bando per
mercati e fiere, con relativi facsimili di domande. Infine, tenendo conto
dell'assoluta novità della disciplina e dell'imminenza dell'applicazione (maggio
2017), nonchè delle eventuali difficoltà operative in cui potrebbero ritrovarsi i
Comuni nella gestione delle procedure di evidenza pubblica, il Documento
suggerisce la seguente sequenza temporale per adottare gli atti necessari e cioè:
• tra il 1° ottobre e il 31 dicembre 2016: pubbblicazione del Bando da parte del
Comune,
• tra il 1° novembre 2016 e il 31 gennaio 2017: presentazione delle domande
degli operatori,
• tra il 1° gennaio e il 31 marzo 2017: esame delle domande da parte del Comune
con redazione della graduatoria provvisoria,
• tra il 15 marzo e il 15 aprile 2017: presentazione integrazioni o chiarimenti da
parte degli operatori,
• tra il 1° e il 30 aprile 2017: approvazione graduatoria finale,
• tra il 15 aprile e il 7 maggio 2017: rilascio concessioni di posteggio e
autorizzazioni per l'attività.
Trasparenza e accesso civico, i
nuovi limiti in attesa delle linee
guida Anac
di Marco Bertocchi e Luca Bisio
Il Dlgs 97/2016, se da un lato ha esteso in modo significativo l’oggetto ed il
perimetro della trasparenza nelle Pa, soprattutto mediante la riforma
dell’accesso civico, dall’altro non ha dimenticato di definirne esclusioni e limiti,
per assicurare la tutela di altri diritti costituzionalmente garantiti (come, per
esempio, la privacy) oppure per favorire le amministrazioni nel concreto
adempimento degli obblighi.
Tuttavia, per assicurare la concreta operatività della nuova disciplina, un ruolo
importante sarà giocato dall’Anac che, secondo quanto previsto dal Pna 2016,
entro dicembre dovrà emanare linee guida aventi per oggetto, rispettivamente:
- l’aggiornamento della Delibera Civit n. 50/13, in merito all’ambito soggettivo e
oggettivo degli obblighi di pubblicazione, alla luce delle modifiche apportate dal
Dlgs 97/16;
- le indicazioni operative per l’attuazione dell’accesso civico “generalizzato”.
Queste ultime linee guida dovranno essere emanate d’intesa con il Garante per la
protezione dei dati personali e sentita la Conferenza Unificata Stato, Regioni
Autonomie locali.
Per comprendere al meglio il quadro delle esclusioni e dei limiti posti dal
legislatore in materia di trasparenza e accesso civico, occorre ricordare come
l’articolo 5 del Dlgs 33/13 declini in modo netto due casistiche:
- al comma 1, documenti, informazioni o dati oggetto di pubblicazione
obbligatoria nella sezione “Amministrazione Trasparente”;
- al comma 2, dati e documenti detenuti dalle Pa ulteriori rispetto a quelli
oggetto di pubblicazione.
Chiarito ciò, si nota come ci si trovi di fronte a limitazioni puntualmente riferibili
a ciascuna delle due fattispecie richiamate.
Limiti agli obblighi di pubblicazione
L’articolo 7 del Dlgs 97/16 introduce l’articolo 7-bis del Dlgs 33/13, riproducendo
sostanzialmente il contenuto dell’articolo 4 (ora abrogato). Tale articolo va
riferito esclusivamente alla trasparenza attuata mediante la pubblicazione
obbligatoria, e ne fissa i relativi limiti.
Il comma 1, infatti, prevede la possibilità che i dati pubblicati (diversi dai dati
sensibili e giudiziari) siano potenzialmente oggetto di diffusione attraverso i siti
istituzionali, nonché di trattamento con modalità che ne consentano
l’indicizzazione, la rintracciabilità tramite i motori di ricerca web ed il loro
riutilizzo nel rispetto dei principi sul trattamento dei dati personali.
Nei casi in cui norme di legge o regolamentari prevedano l’obbligo di
pubblicazione di atti o documenti, le Pa provvedono, inoltre, a rendere non
intelligibili i dati personali non pertinenti o, se sensibili o giudiziari, non
indispensabili rispetto alle specifiche finalità di trasparenza della pubblicazione
(comma 4).
Restano fermi, come richiamato dal comma 6, i limiti all'accesso e alla diffusione
di quelle informazioni che la normativa europea o quella nazionale considerino
idonee alla rivelazione di dati circa lo stato di salute e la vita sessuale.
Altre disposizioni dell’articolo 7-bis intervengono sul delicato rapporto tra diritto
alla trasparenza e tutela della privacy per i soggetti che ricoprono funzioni
pubbliche.
Il comma 2, in particolare, chiarisce che la pubblicazione nei siti istituzionali di
dati relativi a titolari di organi di indirizzo politico e di uffici o incarichi di diretta
collaborazione, nonché a dirigenti titolari degli organi amministrativi, nel
rispetto delle disposizioni del Dlgs 33/13, è finalizzata alla realizzazione della
trasparenza pubblica, ed integra una finalità di rilevante interesse pubblico nel
rispetto della disciplina in materia di protezione dei dati personali. Ciò spiega,
per esempio, le limitazioni che vengono poste dall’art. 14, c. 2 alla durata
dell’obbligo di pubblicazione delle informazioni inerenti tali soggetti, e in
particolare
di
quelle
relative
alla
situazione
patrimoniale.
In ogni caso le notizie concernenti lo svolgimento delle prestazioni di chiunque
sia addetto a una funzione pubblica e la relativa valutazione sono rese accessibili
dall'amministrazione di appartenenza. Non sono invece ostensibili, se non nei
casi previsti dalla legge, le notizie concernenti la natura delle infermità e degli
impedimenti personali o familiari che causino l'astensione dal lavoro, nonché le
componenti della valutazione o le notizie concernenti il rapporto di lavoro tra il
dipendente e l'amministrazione idonee a rivelare dati “sensibili” (comma 5).
Infine, sempre per quanto riguarda i documenti, le informazioni e i dati oggetto
di pubblicazione obbligatoria il Dlgs 97/16 detta alcuni limiti introducendo i
commi 1-bise 1-ter dell’art. 3 del D.Lgs. 33/13. In tali commi il Legislatore
prevede che l’Anac:
- sentito il Garante per la protezione dei dati personali, può identificare i dati, le
informazioni e i documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria per i quali la
pubblicazione in forma integrale è sostituita con quella di informazioni
riassuntive (comma 1-bis);
- può precisare nel Pna gli obblighi di pubblicazione e le relative modalità di
attuazione, in relazione alla natura dei soggetti, alla loro dimensione
organizzativa e alle attività svolte, prevedendo in particolare modalità
semplificate per i comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti, per gli
ordini e collegi professionali (comma 1-ter).
In merito a quest’ultimo punto, va detto che il Pna 2016, pur dedicando un
approfondimento specifico ai “piccoli comuni” (con popolazione inferiore a
15.000 abitanti), non ha dettato disposizioni di semplificazione in materia di
trasparenza. Per gli ordini e collegi professionali, invece, il Pna effettua un rinvio
a specifiche linee guida che dovranno essere emanate in materia.
Il comma 3 dell’art. 7-bis, infine, prevede che le Pa possano disporre la
pubblicazione di dati ulteriori su cui non gravi l’obbligo di pubblicazione ai sensi
del Dlgs 33/13 o di altre leggi e regolamenti: a tal fine è necessario che le
medesime Pa provvedano a indicare in forma anonima i dati personali
eventualmente presenti. Tale disposizione era già presente nel Dlgs 33/13: ogni
amministrazione, infatti, poteva già disporre a propria discrezione la
pubblicazione di documenti che non aveva obbligo di pubblicare. Nella nuova
versione introdotta dal Dlgs 97/16, la facoltà di pubblicare dati, documenti e
informazioni ulteriori rispetto a quelli obbligatori è sottoposta ai medesimi limiti
previsti dall’art. 5-bis per il nuovo accesso civico.
Limiti all’accesso civico
L’art. 5-bis del D.Lgs. 33/13 introduce una prima importante limitazione al
nuovo accesso civico “generalizzato”, chiarendo che è possibile rifiutare l’istanza
del richiedente accesso civico se necessario per evitare un pregiudizio concreto
alla tutela di uno degli interessi pubblici inerenti a:
- sicurezza pubblica e ordine pubblico;
- sicurezza nazionale;
- difesa e questioni militari;
- relazioni internazionali;
- politica e stabilità finanziaria ed economica dello Stato;
- conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento;
- regolare svolgimento di attività ispettive (comma 1).
L’accesso è altresì rifiutato al fine della tutela di uno dei seguenti interessi
privati:
- protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in
materia;
- libertà e segretezza della corrispondenza;
- interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi
compresi la proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali
(comma 2).
Il diritto è al pari escluso nei casi di segreto di Stato e negli altri casi di divieti di
accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l’accesso è
subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità
o limiti (comma 3), inclusi quelli di cui all’articolo 24, c. 1, Legge 241/90
(rubricato “Esclusione dal diritto d’accesso”) con riferimento, nello specifico, ai
procedimenti tributari, all’attività normativa, amministrativa generale, di
pianificazione e di programmazione delle Pa nonché ai procedimenti selettivi,
nei confronti dei documenti amministrativi contenenti informazioni di carattere
psicoattitudinale relativi a terzi.
Il Legislatore ha peraltro sancito al comma 6 che, con riferimento ad esclusioni e
limiti all’accesso civico “generalizzato”, verranno adottate dall’Anac delle linee
guida recanti indicazioni operative, d’intesa con il Garante per la protezione dei
dati personali e sentita la Conferenza Unificata di cui all’art. 8, Dlgs 281/97.
La necessità di specificare con ulteriore dettaglio i limiti al ricorso all’accesso
civico “generalizzato” era stata messa in luce anche dal Consiglio di Stato nel
proprio parere consultivo allo schema di decreto (Parere Sez. Consultiva n.
515/16). Il parere evidenzia, infatti, che le numerose e non sempre puntuali
eccezioni previste a tutela di interessi pubblici e privati, seppur evidentemente
contrassegnate da finalità compensative a fronte della potenziale ampiezza degli
ambiti dell’accesso civico, possono ragionevolmente aumentare le perplessità
circa la concreta efficacia di tale istituto. In mancanza di criteri più dettagliati
[…] le amministrazioni, infatti, potrebbero essere indotte ad utilizzare la propria
discrezionalità nella maniera più ampia, al fine di estendere gli ambiti non aperti
alla trasparenza.
Da ultimo i commi 4 e 5 hanno definito deroghe ai limiti sanciti dai precedenti
commi 1 e 2. In particolare:
- se i limiti di cui ai commi 1 e 2 riguardano soltanto alcuni dati o alcune parti del
documento richiesto, deve essere consentito l’accesso agli altri dati o alle altre
parti;
- detti limiti si applicano unicamente per il periodo nel quale la protezione è
giustificata in relazione alla natura del dato. Ciò comporta che l’accesso civico
non possa essere negato laddove sia sufficiente fare ricorso al potere di
differimento.
Tra i limiti alle deroghe di diffusione dei dati e delle informazioni possono essere
ricordate anche le disposizioni del neo-introdotto art. 5 ter che prevede la
possibilità che il Sistema Statistico Nazionale (SI.STA.N.) fornisca l’accesso per
fini scientifici ai dati elementari raccolti per finalità statistiche. Questo può
avvenire se:
· da un lato, il SI.STA.N. medesimo garantisce l’eliminazione di ogni riferimento
che
permetta
l’identificazione
diretta
dell’unità
statistica;
· dall’altro, se la richiesta di accesso avviene da determinati soggetti (università,
centri di ricerca, …) dietro la presentazione di idonee garanzie di riservatezza e
delle metodologie di utilizzo e lavorazione dei dati, atte a tutelare
la privacy delle unità statistiche, che devono rispettare appositi protocolli.
Reati contro la Pa, arresti
domiciliari anche se il sindaco è
ormai «ex»
di Paola Rossi
La fitta rete di relazioni personali con esponenti della politica e operatori locali
può giustificare la permanenza della misura cautelare degli arresti domiciliari
anche per l'ex sindaco in relazione a reati connessi alla carica elettiva ormai non
più rivestita. Così la Corte di cassazione con la sentenza n. 38224/16, depositata
ieri, ha confermato la decisione del tribunale del riesame che aveva rigettato il
ricorso dell'ex sindaco di un Comune potentino coinvolto nello scandalo delle
estrazioni petrolifere.
La difesa
Gli arresti domiciliari non sono stati ritenuti una misura cautelare eccesiva
neanche a fronte della circostanza sottolineata dalla ricorrente - accusata di
concussione, peculato, induzione indebita e corruzione propria - del decorso di
un ampio lasso di tempo tra la condotta contestata e l'applicazione della misura.
Sottolineando che in tale periodo non vi sarebbero stati episodi di reiterazione
del reato. E, ancor meno è valso alla difesa sottolineare la circostanza
dell'avvenuta dismissione della carica elettiva.
Le esigenze cautelari confermate
La Cassazione chiarisce che - anche tenuto conto della legge 47/2015 - per la
valutazione della pericolosità sociale dell'incolpato non serve che sussista
l'imminenza del pericolo di reiterazione del reato, ma che è sufficiente che il
giudice giunga a una prognosi sfavorevole all'indagato di possibile commissione
di delitti analoghi. Ossia il rischio di condotte antigiuridiche aventi lo stesso
rilievo e offensive della stessa categoria di beni e valori relativi al reato
commesso. Inoltre, non rileva l'essere ex sindaco, piuttosto che in carica, in
quanto nella congerie dei rapporti instaurati dalla ricorrente in ambienti
politico-istituzionali e dalla sua accertata capacità di influenza su diversi soggetti
non è escluso non solo il rischio di reiterazione di reati contro la pubblica
amministrazione, ma neanche quello di inquinamento delle prove.
Acquisti elettronici, ecco come
cambiano le procedure
di Antonio Capitano
Vanno segnalate alcune significative novità presenti sul portale «Acquisti in
rete»; nell'ambito del Mepa viene istituita la possibilità di utilizzare una nuova
procedura per eseguire l'affidamento.
Oltre all'ordine diretto e alla richiesta di offerta, gli utenti delle pubbliche
amministrazioni potranno selezionare nel carrello degli acquisti la «trattativa
diretta».
La trattativa diretta si configura infatti come una modalità di negoziazione,
semplificata rispetto alla tradizionale richiesta di offerta, rivolta a un unico
operatore economico.
Come la richiesta di offerta, la trattativa diretta può essere avviata da un'offerta a
catalogo o da un oggetto generico di fornitura (metaprodotto) presente nella
vetrina della specifica iniziativa merceologica. Non dovendo garantire pluralità
di partecipazione, la trattativa diretta non ne presenta le tipiche richieste
informative (criterio di aggiudicazione, parametri di peso/punteggio, invito dei
fornitori, gestione dei chiarimenti, gestione delle Buste di Offerta, fasi di
aggiudicazione). Viene indirizzata a un unico fornitore, e risponde a due precise
fattispecie normative:
• Affidamento diretto, con procedura negoziata (articolo 36, comma 2, lettera a)
del Dlgs 50/2016
• Procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando, con un solo
operatore economico (articolo 63 del Dlgs 50/2016 per importi fino al limite
della soglia comunitaria nel caso di beni e servizi, per importi fino a un milione
di euro nel caso di lavori di manutenzione).
Gli oggetti di fornitura richiesti possono appartenere anche a bandi diversi, in tal
caso il Fornitore dovrà essere abilitato a tutti i bandi oggetto della trattativa per
poter sottomettere la propria offerta.
Abilitazione e rinnovo dei dati
Come per la richiesta di offerta, anche nella trattativa diretta le operazioni di
trasmissione della richiesta, di risposta del fornitore e dell'eventuale
formalizzazione del contratto, vanno effettuate a sistema secondo le consuete
modalità di formalizzazione (caricamento a sistema dei documenti firmati
digitalmente).
Altre novità nell'ambito della piattaforma di e-procurement di Acquisti in Rete
riguardano, in primo luogo, l'abilitazione e rinnovo dati di impresa sia per MePA
sia per il sistema dinamico di acquisizione; in particolare, sono stati modificati i
testi delle schermate per rendere i relativi file .pdf di abilitazione/ammissione
conformi alla nuova direttiva sugli appalti pubblici (Dlgs 50/2016). Le stesse
variazioni sono state apportate nella procedura «modifica/rinnova dati
impresa», al fine di adeguare l'impatto della nuova normativa sulle questioni più
operative.
Nella parte relativa alle negoziazioni, invece, su tutte le procedure che prevedono
il criterio di aggiudicazione al prezzo più basso, è stato introdotto il meccanismo
automatico di sorteggio casuale dei cinque criteri di calcolo della soglia di
anomalia come previsto dall'articolo 97 del Dlgs 50/2016. Di questo sorteggio è
data evidenza immediata attraverso la piattaforma a tutti gli offerenti. L'accesso
alla funzione, sia per le amministrazioni sia - in visualizzazione - per le imprese,
avviene dalla voce del menù «Offerte presentate e sorteggio» disponibile
all'interno del dettaglio della singola negoziazione, dopo la scadenza dei termini
per la presentazione delle offerte. Gli algoritmi, che in automatico calcoleranno
tale soglia per ciascun criterio previsto, saranno introdotti successivamente.
La richiesta di offerta
Nuovo scenario anche per la richiesta di offerta del mercato elettronico;
all'interno della nuova funzione «Offerte presentate e sorteggio» è possibile
procedere anche al sorteggio, ai fini del controllo sul possesso dei requisiti di
capacità economico-finanziaria e tecnico-professionale, previsto all'articolo 58
comma 3 del Dlgs 50/2016. Di questo sorteggio è data evidenza immediata
attraverso la piattaforma a tutti gli offerenti. L'accesso alla funzione, sia per le
amministrazioni sia - in visualizzazione - per le imprese, avviene dalla voce del
menù «Offerte presentate e sorteggio» disponibile all'interno del dettaglio della
singola negoziazione, dopo la scadenza dei termini per la presentazione delle
offerte. È stato inserito, nel passo «articoli» della procedura di creazione della
richiesta di offerta, il campo per l'inserimento degli oneri della sicurezza non
soggetti a ribasso.
Infine, completa il quadro delle novità la realizzazione della nuova funzione
«Gestione permessi e commissione di gara» che consente la profilazione dei
ruoli di una commissione di gara (Presidente di commissione e membri di
commissione) nell'ambito delle richieste di offerta del MePA. Il punto ordinante
che utilizza questa funzione trasferisce integralmente le attività di esame delle
offerte al Presidente di commissione. Si evidenzia, al riguardo, che i membri di
commissione hanno, invece, una mera funzione di visualizzazione.
Programma Horizon, il 2017 vale
8,5 miliardi
di Maria Adele Cerizza
Nei prossimi mesi andranno a scadenza gli ultimi inviti a presentare progetti
relativi al 2016 e – grazie alla pubblicazione da parte della Commissione europea
della versione definitiva della annualità 2017 del programma di lavoro Horizon
2020 - sono ai nastri di partenza i nuovi inviti per il prossimo anno, dotati di un
budget complessivo pari a 8,5 miliardi di euro. Con l'approvazione della versione
aggiornata del Programma di lavoro 2017 è disponibile lo schema degli inviti e i
rispettivi importi assegnati relativi ai tre i pilastri del programma: eccellenza
scientifica, leadership industriale, sfide della società.
Come è noto i destinatari dei finanziamenti Horizon 2020 sono in linea
prioritaria imprese, istituti di ricerca, università, enti nazionali e locali e ad un
progetto devono partecipare almeno tre persone giuridiche indipendenti stabilite
in tre diversi Stati Ue o in un Paese associato in partenariato tra di loro. Le
modalità di finanziamento rimborsano rispettivamente il 100% per progetti di
ricerca e innovazione (Ria) ed il 70% (Ia) per azioni innovative.
Sfide della società
Nell'ambito del pilastro "sfide della società" di grande attualità il tema "salute,
benessere e cambiamento demografico" che finanzierà progetti relativi alla
medicina personalizzata, con l'obiettivo di aiutare l'Europa ad affrontare
l'invecchiamento della popolazione e tutti i problemi sociali che derivano dalle
malattie croniche. Nell'ambito del tema "società inclusive, innovative e
riflessive", l'obiettivo prioritario è quello di ridurre le disuguaglianze, puntare ad
una crescita più inclusiva e a promuovere uno spazio pubblico e culturale
europeo.
Sempre quadro del pilastro "sfide della società" per i temi "energia sicura, pulita
ed efficiente" verranno finanziati progetti nel campo dell'energia a bassa
emissione di carbonio e delle città intelligenti e sostenibili. Per quanto riguarda
l'"azione per il clima, ambiente, efficienza delle risorse e materie prime" le
tematiche prioritarie riguardano l'economia verde e industria 2020
nell'economia circolare. Tra le priorità per il 2017 figurano soluzioni innovative
nel settore dell'acqua; sviluppo di batterie al litio di nuova generazione; più
flessibilità della rete energetica per integrare una quota crescente delle fonti
rinnovabili.
Leadership industriale
Gli inviti di prossima apertura nel quadro del pilastro "leadership industriale"
per i settori "tecnologie dell'informazione e comunicazione (Ict)" riguarderanno
una ampia rosa di tematiche: la robotica, agli appalti elettronici e internet degli
oggetti. Il settore "nanotecnologie, materiali avanzati, biotecnologie, tecnologie
produttive avanzate (Nmbp)" si occuperà in particolare degli edifici ad alta
efficienza energetica.
Il programma Horizon 2020 continuerà anche il prossimo anno ad erogare grazie allo strumento per le Pmi (Sme Instrument) - 438 milioni di euro a
beneficio
di
piccole
e
medie
imprese
altamente
innovative.
Per ottenere finanziamenti da questo strumento è richiesta la partecipazione di
una sola persona giuridica stabilita in uno Stato Ue o in un Paese associato.
Gestito
in
maniera
centralizzata
dall'Easme
(agenzia
per
le
Pmi,http://ec.europa.eu/easme/en/horizons-2020-sme-instrument)
lo
strumento si rivolge esclusivamente alle imprese innovative che mostrano una
forte
ambizione
a
svilupparsi,
crescere
ed
internazionalizzarsi.
I Punti di contatto nazionali (Ncp) offrono un servizio, a titolo gratuito, di
informazione e assistenza su le priorità tematiche o i programmi di ricerca; gli
strumenti finanziari; le procedure amministrative; la preparazione della
proposta (incluso il pre-screening). L'Agenzia per la promozione della ricerca
europea (Apre) ospita i Punti di contatto nazionale (Ncp) di Horizon 2020 in
Italia.
Per quanto riguarda le Pmi, oltre all'Ncp di riferimento è disponibile il supporto
della rete Enterprise Europe Network (http://een.ec.europa.eu/index_it.htm).
Nuovo Codice
dell'amministrazione digitale in
vigore da oggi: cittadini e Pa
comunicano via Pec
di Alessandro Mastromatteo e Benedetto Santacroce
È in vigore da oggi il nuovo Cad – Codice dell'amministrazione digitale come
modificato ed integrato dal Dlgs 179/2016, pubblicato nella Gazzetta ufficiale di
ieri. Il testo finale del decreto risulta in parte modificato rispetto allo schema
approvato in via preliminare dal Governo. Di assoluta rilevanza sono comunque
le novità dettate in materia di domicilio e identità digitale, documenti
informatici, firme e pagamenti elettronici. L'articolo 61 del decreto n. 179 delega
per questo a un apposito decreto del ministro per la Semplificazione, da
adottarsi entro quattro mesi e cioè entro il 14 gennaio 2017, l'aggiornamento e il
coordinamento con il nuovo testo normativo delle regole tecniche a oggi vigenti,
le quali comunque restano in vigore sino all'adozione del regolamento
ministeriale. Risulta perciò espressamente sospeso l'obbligo per le Pa di
adeguare i propri sistemi di gestione informatica dei documenti alle regole del
Dpcm 13 novembre 2014, operative dal 12 agosto 2016, ma è fatta salva la facoltà
delle amministrazioni di adeguarsi anteriormente al decreto, come accaduto per
le Entrate con l'adeguamento disposto con nota n. 129255 dell'8 agosto 2016.
Il domicilio digitale
La digitalizzazione dei rapporti tra amministrazioni e cittadini si fonda
innanzitutto sull'elemento del domicilio digitale definito, dalla nuova lettera nter) dell'articolo 1 del Cad, come l'indirizzo di posta elettronica certificata o altro
servizio elettronico di recapito certificato qualificato a norma eIdas che consente
la prova del momento di ricezione. Il nuovo articolo 3-bis riconosce infatti ai
cittadini la possibilità di indicare, al Comune di residenza, un domicilio digitale
che costituisce il mezzo esclusivo di comunicazione da parte delle Pa.
A differenza di quanto previsto per imprese e professionisti, la titolarità di una
casella di Pec non costituisce un obbligo per i cittadini. Un domicilio digitale
sarà comunque messo a disposizione degli iscritti all'Anpr, secondo modalità
individuate con decreto ministeriale.
Documenti e firma elettronica
Per digitalizzare i procedimenti, formazione, gestione e conservazione dei
documenti devono avvenire in modalità informatica. Lo schema di decreto,
modificando l'articolo 21 del Cad, riteneva soddisfatto il requisito della forma
scritta di un documento informatico quando sottoscritto con firma elettronica, a
prescindere dalla tipologia avanzata, qualificata o digitale utilizzata.
Il nuovo testo del Cad sembra fare sul punto un passo indietro reintroducendo il
previgente comma 1 dell'articolo 21 secondo cui il documento informatico, cui è
apposta una firma elettronica, soddisfa il requisito della forma scritta ma resta
liberamente valutabile in giudizio.
Inoltre ai sensi del comma 2, quando il documento viene sottoscritto con firma
elettronica avanza, qualificata o digitale lo stesso ha l'efficacia prevista
dall'articolo 2702 del Codice civile e quindi forma piena prova sino a querela di
falso.
Infine, rispetto al testo dello schema del Cad, non è stata più recepita
l'integrazione all'articolo 22, comma 3: non potevano infatti essere disconosciute
le copie per immagine su supporto informatico di documenti originali analogici
quando realizzate mediante processi e strumenti tali da assicurare contenuto e
forma
identici
previo
raffronto
o
certificazione
di
processo.
Il nuovo testo dell'articolo 29 del Cad dispone su qualificazione ed
accreditamento di prestatori di servizi fiduciari, gestori di posta certificata e
conservatori, demandando a un apposito Dpcm l'individuazione di appositi
requisiti, quali un capitale sociale graduato, in ragione dei livelli di servizi offerti,
entro il limite massimo di cinque milioni di euro.