Laterizio, materia di Luce e coLore

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Laterizio, materia di Luce e coLore
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Laterizio, materia di luce
e colore
L
a materia laterizia è una di quelle che
maggiormente danno espressività
all’architettura in termini di vibrazione,
colore, calore, effetti chiaro-scurali.
«Mi chiedono di dire qualcosa sul cotto. La
prima cosa che mi viene in mente è che è un
materiale antico ed anche moderno; può
rendere soffice o tagliente la luce, colorarla,
assorbirla, rifletterla, rifrangerla...». Sono
queste le parole che con estrema sintesi e
grande profondità De Carlo utilizzava per
parlare del laterizio e della sua mirabile qualità
di “giocare” con la luce.
Ed è probabilmente vero che la materia
laterizia è una di quelle che meglio incarnano
questa dote di esprimersi attraverso le
vibrazioni di colore e luce. La sua superficie
corrugata, non liscia, porosa, discontinua,
ruvida permette alla luce di insinuarsi nelle sue
pieghe, nelle sue porosità per schiarirsi,
scurirsi, vibrare. In più direi che il suo colore
varia in relazione alla luce, alle condizioni
atmosferiche, alla pioggia e crea alternanze di
luce ed ombra molto suggestive.
Sono queste le potenzialità del laterizio che
hanno saputo descrivere alcuni tra i relatori
del Convegno Materia, Colore, Luce alla Casa
dell’Architettura di Roma lo scorso 29 novembre. Materia, Colore e Luce sono i tre componenti essenziali che definiscono lo spazio
architettonico e certamente costituiscono la
cifra attraverso cui si cimentano gli architetti
nel loro percorso progettuale, come osserva
Marcello Balzani, moderatore del convegno.
Fra gli esponenti dell’architettura contemporanea Massimo Carmassi è quello che forse
meglio ha saputo cogliere ed esaltare le
caratteristiche del laterizio, declinandole in
una infinita gamma di soluzioni progettuali. Le
sue opere vengono così esaltate dalla tipica
caratterizzazione materica dell’argilla cotta e
dal suo colore. Attraverso la giustapposizione
di un elemento sempre identico a se stesso, il
progettista può sperimentare una infinita
gamma di tessiture a costituire volte, muri,
pavimentazioni, elementi costruttivi originali
Davide Desiderio
Centro polifunzionale
a Gallarate (VA)
Progettista
arch. Mario Botta,
Lugano (CH)
Fotografo
Margherita Garavana
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attraverso i quali creare rapporti sempre articolati tra esterno e interno,
tra pubblico e privato. Il laterizio è quindi il materiale che meglio
sorregge questa la personale visione artistica di Massimo Carmassi,
elemento privilegiato per quelle caratteristiche di flessibilità, solidità ed
espressività che esso è in grado di imprimere agli edifici. «Il laterizio è
uno degli strumenti che adopero: mi affascina la sua povertà. Il fatto
che sia terra-cotta. È un elemento prefabbricato molto flessibile
nell’uso e al tempo stesso anche economico; è un materiale essenziale
e forse per questo molto espressivo».
Ma la materia si mostra nella sua consistenza e nel suo colore attraverso la luce, ci fa notare Mario Nanni, vale a dire che le diverse
condizioni di luce, le situazioni atmosferiche, l’alternarsi del giorno e
della notte, delle stagioni, dell’umidità dell’aria… tutto questo contribuisce a farci vedere differente la materia, che come qualcosa di fluttuante ci si mostra continuamente diversa da se stessa. Anche nell’esperienza di Multari la materia, la luce, il colore e lo spazio trasmettono
emozioni fortissime e per questo offrono continue indicazioni operative
al progetto di restauro e ai nuovi interventi.
Dall’importanza di queste relazioni che si sono succedute durante il
convegno (si ricorda anche l’interessante relazione di Franco Purini)
nasce l’idea di creare degli appuntamenti di formazione che possano
riuscire a trasmettere alla platea tecnica (architetti, designer, ingegneri
e geometri), in maniera accessibile e strumentalmente operativa, il
grande valore di queste componenti che spesso vengono incomprese,
banalizzate, acquisite come ambito specialistico e nella maggioranza
dei casi solo settorialmente.
Da qui l’idea di riproporre questo format anche per il 2011 in altre città
italiane incontrando altre esperienze e sensibilità.
MATERIA COLORE LUCE
L’
importante convegno si è svolto lo scorso 29 novembre a Roma,
presso la Casa dell’Architettura, sede dell’Ordine degli Architetti di
Roma, che, insieme all’IN/ARCH (Istituto Nazionale di Architettura
- Lazio), lo ha promosso, con il patrocinio dell’Ordine degli Ingegneri della
provincia di Roma.
SanMarco, nell’ambito dei suoi programmi di sostegno al dibattito architettonico contemporaneo, ha fattivamente contribuito alla realizzazione di questo format, che proseguirà anche quest’anno in altre città italiane e che si
pone come obiettivo quello di trasmettere ad una platea tecnica in maniera
accessibile e strumentalmente operativa il valore delle componenti Materia, Colore e Luce nel percorso progettuale del progetto architettonico.
Moderato e coordinato da Marcello Balzani, docente della Facoltà di
Architettura dell’Università di Ferrara e direttore editoriale di Paesaggio
Urbano, il convegno ha sviluppato, attraverso una serie di interessanti
relazioni e presentazioni di casi studio, le tematiche concettuali e
pratiche legate alle tre principali componenti dell’architettura (materia,
colore e luce, appunto), capaci di definire ogni intervento progettuale,
come afferma lo stesso Balzani: «Se la materia, il colore e la luce sono
ingredienti coerenti capaci di alimentare il percorso progettuale dello
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Oltre 400 architetti,
ingegneri, designer
e progettisti hanno
affollato la casa
dell’architettura
di roma per il
convegno materia,
colore, luce sulle
tematiche legate
alle tre principali
componenti della
progettazione
architettonica,
organizzato con
il contributo
di SanMarco
Terreal Italia
spazio architettonico è anche vero che il loro potere si esprime
nell’interrelazione, nella combinazione, nella capacità di saper
governare molte regole del gioco che sono sia di ordine teorico, ma
anche tecnico e tecnologico».
Dopo il saluto da parte del padrone di casa, l’architetto Amedeo
Schiattarella, Presidente dell’Ordine architetti di Roma, e dell’ingegner Francesco Duilio Rossi, Presidente dell’Ordine degli Ingegneri
della Provincia di Roma, si sono via via succeduti sul palco alcuni fra
i più autorevoli progettisti italiani, che hanno relazionato sull’importanza della correlazione tra colore, materia e luce, elementi imprescindibili per la costruzione dello spazio architettonico.
Dall’architetto Giovanni Multari (Studio Corvino+Multari, Napoli),
all’architetto Massimo Carmassi (Studio Carmassi, Firenze), passando attraverso le esperienze accademiche e professionali del
professor Franco Purini, docente di Composizione Architettonica e
Scuola internazionale
a Chieri TO
Progettista
Baietto – Battiato – Bianco
architetti associati, Torino
Fotografo
Beppe Giardino
Urbana alla Facoltà di Architettura
“Valle Giulia” dell’Università La Sapienza di Roma, ed a quelle progettuali
di Mario Nanni.
Il convegno si è chiuso dopo le conclusioni affidate all’architetto Livio Sacchi,
Presidente di IN/ARCH Istituto Nazionale di Architettura - Lazio con un
aperitivo nelle logge superiori di un
Acquario Romano, gioiello di architettura ottocentesca riportato, dopo i
restauri del 1984, al suo originario
splendore.
Conclude Davide Desiderio, Image and
Communication Manager SanMarco: «Il
successo di questo evento è evidente,
ma in particolare mi preme sottolineare
l’importanza di questa prestigiosa
location dove il flusso dei pensieri, per
quanto selezionati e coordinati anticipatamente, ha trovato un luogo perfetto:
storie, racconti, vicende che intrecciano
il modo di “fare architettura”, attraverso
le componenti di Materia, Colore e
Luce, hanno qui, nell’Acquario Romano,
trovato idonea ed alta espressione».
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di Marcello Balzani
S
ono tre componenti essenziali per la definizione dello spazio architettonico. Sono
anche tre concetti, o forse meglio tre significanti fluttuanti, che permettono di aprire
nuove porte per entrare attraverso un triplice passe-partout in diversi livelli (naturali,
artificiali, astratti, comportamentali...).
Questa combinazione di termini appare, quindi, come un potente mediatore tra i
codici che impone violentemente la sua capacità di “esercizio al pensiero simbolico”,
Materia, Colore, Luce
per elaborare linguaggi e per trans-formare e fras-durre oggetti e luoghi, superfici e
ambienti, nella realtà dell’esperienza come nella costituzione del ricordo, dell’immagine
che nella memoria si condensa per essere poi successivamente utilizzata. Sono tre
compagni di viaggio della nostra vita sul pianeta che stimolano continuante i nostri sensi ma che dimostrano anche
l’incessante funzione di adattamento che ha strutturato nel tempo le migliori capacità e potenzialità umane. Noi
siamo fotosensibili, vediamo a colori, assumiamo continuamente scelte indotti da percezioni aptiche e sinestetiche
che le materie stimolano o negano. Crediamo che lo spazio risulti una struttura confinata all’interno di una logica
soprattutto dimensionale, cartesiana, invece ad ogni passo nella vita (fin da piccoli) ci rendiamo conto che intorno a
noi lo spazio si dilata, accoglie, riscalda, raffredda, allontana, divide in tanti modi e molto diversamente a seconda
del potere (o sarebbe meglio dire dei poteri) che la materia, il colore e la luce assumono.
E non è neppure un percorso a senso unico. I tre mediatori agiscono su di noi ma avviene anche il contrario. La
nostra capacità di selezione è indotta da scelte che privilegiano, certi percorsi nella memoria, nel ricordo delle
esperienze, nel consolidato culturale e attraverso questi filtri semplificatori (che sono anche fortemente emozionali)
precostituiamo una realtà, modelliamo uno spazio, immaginiamo le situazioni. Insomma è uno straordinario sistema
di interrelazione che opera sul piano psicofisico, dinamico, cinematico, prossemico, ecc. Ma se la materia, il colore
di Mario Nanni
C
La luce genera il colore
roce e delizia di chiunque progetti per immagini, il colore è una delle componenti maggiormente difficili da gestire
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e comprendere e tutte le teorie sul colore sono legate alla spiegazione della natura fisica della luce. Sulla natura del
colore si può dire che si tratta di una percezione visiva, è il nostro cervello a codificare come colori le sensazioni che riceve
quando la luce colpisce i nostri occhi.
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Già Lucrezio nel De Rerum Natura aveva chiaro come il colore fosse una sensazione, ma
per una formulazione scientifica della relazione tra lo stimolo della luce e la percezione
del colore si deve arrivare al Seicento. E precisamente nel 1666, quando Newton fece
un esperimento entrato nella storia: quello sulla dispersione della luce. Newton scoprì
che un fascio di luce bianca – priva quindi di colore – quando attraversa un prisma di
vetro viene scomposta in uno spettro di luci, ossia ogni componente cromatica subisce
una rifrazione diversa dalle altre componenti. Riuscì anche a compiere il processo
inverso cioè ricompose la luce bianca, facendo passare i diversi fasci colorati in un
secondo prisma rovesciato. Newton distinse sette colori fra i quali l’indaco, compreso
tra l’azzurro e il violetto, anche se in realtà la percezione visiva dell’occhio umano
comprende milioni di colori riconducibili a sei famiglie di colori dell’iride: rosso,
arancione, giallo, verde, azzurro e violetto. Milioni di colori perché mai nessun oggetto
emana un colore uguale a se stesso con costanza nell’arco della giornata: le nuvole e
e la luce sono ingredienti coerenti capaci di alimentare il percorso progettuale dello spazio architettonico è anche vero che
il loro potere si esprime nell’interrelazione, nella combinazione, nella capacità di saper governare molte regole del gioco
che sono sia di ordine teorico, ma anche tecnico e tecnologico.
L’esigenza del dialogo col mondo progettuale
Da questa premessa nasce l’idea di creare degli appuntamenti di formazione che possano riuscire a trasmettere alla platea
tecnica (architetti, ingegneri e geometri), in maniera accessibile e strumentalmente operativa, il grande valore di queste
componenti che spesso vengono incomprese, banalizzate, acquisite come ambito specialistico e nella maggioranza dei casi
solo settorialmente e mani in una logica di integrazione. Come se il processo dovesse seguire una stratificazione progressiva
che vede definire lo spazio per forme, deciderne i materiali componenti, poi operare scelte cromatiche (o nella maggior
parte acromatiche per far prima) e infine mettere delle fonti di illuminazione. È un processo esclusivamente temporale ma
non logico-progettuale, che produce spesso soluzioni incoerenti, energivore, disturbanti e poco confortevoli. Se poi il campo
di applicazione è un luogo di lavoro, di studio o di cura i risultati sono ancora più disastrosi in termine di effetti negativi sulle
persone e sulle loro capacità lavorative,
di concentrazione o di recupero.
L’esigenza è ancora più forte oggi, dove
le industrie stanno trasferendo molti
condensati di ricerca nella creazione
di superfici, componenti, applicazioni
impiantistiche,
avendo
spesso
la
Nuova stazione di porta
a Pioltello (MI)
Progettista
studio Monestiroli
Architetti Associati, Milano
Fotografo
Max Bonfanti
difficoltà di riuscire a comunicare
efficacemente lo sforzo e i potenziali di
•
innovazione tecnologica.
il sole, l’inverno e l’estate, il negozio e
la strada ci rimandano agli occhi colori
di volta in volta diversi per lo stesso
oggetto.
Noi facciamo di questa volubilità
strumento di progettazione, stimolo
per conoscere e far conoscere la magia
della creazione della luce; anche se
artificiale, mai uguale a se stessa. Le diverse gradazioni della luce creano sfumature, la sua intensità cambia e trascina con sé
gli oggetti che avvolge. La luce attraverso i corpi che illumina modifica i colori. Di giorno caldi, di notte freddi i colori sono in
balia della fonte che li illumina. Tutte le cose, a prescindere dal loro colore diurno, in assenza di luce diventano nere. L’oscurità
fa scomparire i colori; al buio i colori cessano di esistere perché il colore è luce. È la luce che dà ad ogni oggetto il suo colore.
Il bravo progettista di luce riesce a individuare la lampada migliore, con l’indice di resa cromatica più adatto e lo spettro più
vicino agli oggetti (siano essi volumi architettonici di materiali diversi o capi d’abbigliamento) che deve andare a illuminare. Nei
negozi di alta moda, in cui è richiesta un’illuminazione che faccia risaltare la cura nel dettaglio e persino nelle cuciture dei capi,
abbiamo scelto di utilizzare solo lampade alogene con indice di resa cromatica ra=100; a favore dell’effetto finale si è anche
penalizzato il consumo. Infatti l’indice di resa cromatica ha una diretta corrispondenza con il consumo; ma è indispensabile che
la signora maria non abbia dubbi sul colore del maglione che sta acquistando! Non deve essere costretta ad uscire in strada a
controllare se l’articolo è proprio del rosso che vuole lei, anche se forse non sa che anche il sole a volte la tradisce, in funzione
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di Giovanni Multari
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architettura è progetto e il progetto è un atto di crescita sociale, civile e culturale
Colore e materia
nella costruzione dell’architettura
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che afferma l’identità di un popolo, di un luogo, di una città. I nostri progetti sono
innanzitutto conoscenza delle storie, dei contesti, dei luoghi. I luoghi sono l’anima del
progetto, un’anima che emoziona, che suscita curiosità, che fa riflettere, che scatena
discussioni fino al momento in cui senti che sta nascendo qualcosa, che la soluzione si
fa sintesi dell’intero processo creativo. Consideriamo l’architettura come un processo
aperto, dove niente è scontato o precostituito, dove il luogo, pur avendo una propria specificità, non determina
necessariamente un regionalismo per l’architettura. In tale ottica siamo particolarmente interessati al rapporto
tra contemporaneità e centri storici, al conseguimento di una modernità propria di ogni tempo. Guardiamo ai
committenti capaci di programmare il proprio sviluppo, capaci di predisporre una domanda di qualità e di gestire
il processo di trasformazione. In particolare, l’azione del Sindaco di Cosenza Giacomo Mancini, ci permise,
attraverso la partecipazione a due concorsi, di mettere in campo le nostre prime sperimentazioni e costruire un
metodo di lavoro attraverso i nostri primi progetti pubblici: piazza dei Bruzi e il Programma Integrato di Interventi
nell’area dell’ex mercato ortofrutticolo. Queste sono state le prime occasioni di confronto con l’architettura
ed i contesti del moderno italiano. Progetti alla scala urbana, fatti di soluzioni essenziali, minime, rigorose,
fortemente contenute e ricche di significati. Successivamente, la Torre delle Nazioni alla Mostra d’Oltremare
di Napoli e Palazzo della Regione Lombardia, negli spazi del Grattacielo Pirelli di Milano, hanno allargato il
confronto ai contenuti e alle tecniche che hanno fatto di quegli edifici delle icone dell’architettura del Novecento.
Il lavoro di Venturino Ventura a Napoli e di Giò Ponti a Milano, rappresentano due incontri ravvicinati, due
esperienze fondamentali, due progetti dove la materia, la luce, il colore e lo spazio trasmettono emozioni
fortissime e per questo offrono continue indicazioni operative al progetto di restauro e ai nuovi interventi. Da
qui abbiamo riflettuto sul tema della qualità dello spazio, imparando a sentire che non esiste una così netta
della condizione climatica (il sole diurno ha 5300-5800K,il cielo coperto
piazza rossa delle luci fredde e dentro delle
6400- 6900K, il cielo sereno blu intenso 10000-25000K, la luna 4100K, una
luci calde, mentre a San Paolo per la stessa
lampadina fluorescente a luce bianca calda 3000K, a luce bianca 4000K,
tipologia di negozio abbiamo utilizzato luci
a luce diurna 6500K, una lampadina a incandescenza da 40 W 2800K, da
fredde all’interno: lo scopo era esaltare
500W 2960K). Le temperature di colore, insieme agli indici di resa cromatica,
la facciata con una luce più consona alle
descrivono le proprietà cromatiche di una sorgente luminosa.
sue caratteristiche ambientali e climatiche,
La temperatura di colore di una sorgente luminosa è una misura numerica
ma al contempo invogliare le persone ad
della sua appartenenza cromatica; si basa sul principio che qualunque
entrare in un ambiente con un’atmosfera
oggetto, se riscaldato ad una temperatura sufficientemente elevata, emette
opposta rispetto a quella esterna; trovare il
luce e il colore di quella luce varierà in modo prevedibile man mano che la
tepore a Mosca e il fresco a San Paolo. La
temperatura aumenta. Con l’aumentare della temperatura un corpo nero
luce e i suoi colori sono anche evocazione.
riscaldato passa gradualmente dal rosso all’arancio, al giallo al bianco, fino
E quando si parla di colore non si intende
al giallo azzurrognolo.
una luce colorata, bensì una luce capace di
Lavorare sugli indici di resa cromatica può diventare anche mezzo di
esaltare i naturali colori che la circondano,
comunicazione, perché i colori sono capaci di destare emozioni e sensazioni;
si agisce senza snaturare la luce, senza
seguendo questo principio a Mosca abbiamo posto fuori dal negozio nella
snaturare le superfici. Il nostro modo di
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distinzione tra spazio interno e spazio esterno. Il progetto è un processo unico e complesso, fatto di corrispondenze e di
specificità, una pellicola dove ogni fotogramma è unito all’altro, la costruzione di spazi e di luoghi per la realizzazione
di un’idea. La costruzione del progetto, infatti, rappresenta l’esperienza più grande per un architetto, l’idea architettonica
diventa materia, il disegno dell’architettura dettaglia il sistema costruttivo, le superfici, i sistemi di funzionamento. È una
ricerca continua, paziente, dove soluzioni nuove si sovrappongono a soluzioni consolidate in un processo di crescita continuo.
Fare architettura significa osservare, ascoltare, comprendere, per poi esprimere concretamente le proprie idee. Non c’è
un approccio precostituito. Tutto è legato da un sottile filo rosso: il valore della “storia” come comune scenario, e il valore
del “progetto” come opportunità per stabilire con questa scena rapporti nuovi, sensibili, intimi, particolari. Non è più solo
questione legata agli aspetti materiali ma soprattutto alle dinamiche dei luoghi percorsi da flussi intensi di persone ma
anche di usi legati ad un cambiamento continuo della vita collettiva. Questa è oggi la vera ricchezza. Sempre più spesso
diciamo che si tratta di “nuovi paesaggi”, dove paesaggio non è più il semplice elemento naturale che connota un’area
urbana, ma paesaggio significa un’insieme di questioni, situazioni, uno stato dell’anima della città, una sua particolare
atmosfera ed è lì che noi guardiamo con grande attenzione nel momento in cui decidiamo di produrre un processo creativo
per quella determinata area. E così a Pontecagnano davanti al meraviglioso tabacchificio, una struttura che poteva apparire
poco significativa, troviamo le ragioni stesse del progetto perché sentiamo quelle colonne come anime che trasudano la
presenza in quello spazio, sentiamo il tabacco ancora appeso ai soffitti. Capiamo che i grandi piazzali esterni erano il luogo
delle grandi manovre, di aree che cambiavano e scambiavano continuamente il
sistema industriale, luoghi della flessibilità, delle dinamiche umane. E da queste
scene e dal contesto di riferimento, proviamo ad immaginarne nuove scene che
potranno abitare questi spazi, decidiamo di sospendere nuovi volumi trasparenti
lì dove erano appese le foglie all’interno del tabacchificio, oppure liberiamo
totalmente il piazzale creando un contesto sotterraneo che fa diventare la
Chiesa di Santa Maria
in Zivido a San Giuliano
Milanese MI
Progettista
Isolarchitetti, Torino
Fotografo
Saverio Lombardi Vallauri
memoria industriale presenza ed emblema di questa riqualificazione. Quindi la
storia è presente e si lavora a sovrascrivere l’esistente, non è mai una scrittura
approcciarci alla luce e ai colori ci spinge ad un uso controllato di tutto
ciò che è colore artificiale: può essere concepito solo come sfumatura, tono
su tono come quello di una luce blu nella notte. Giocare con il colore non
vuol dire usarlo, ma enfatizzarlo: esaltare la nuda facciata in calcestruzzo
di Tadao Ando con una luce a 4000 gradi kelvin, quella calda di Aldo
Rossi con una luce a 3000 gradi kelvin. È bello giocare con i colori. È bello
perdere del tempo soffermandosi ad osservare come il medesimo oggetto
acquisti diverse sfumature nell’arco della giornata a seconda della luce che
lo colpisce: il colore, l’intensità, l’essenza variano. La nostra pagina è bianca
soltanto nel momento in cui è colpita dalla luce bianca, è blu se la luce è blu,
è di volta in volta del colore che ci illumina. A tale proposito è necessario
aiutare il progettista nel suo percorso di comprensione degli spettri delle
lampadine, strumento indispensabile per stravolgere o esaltare la natura
delle cose. Paradossalmente la luce è in grado di dare vita ad un corpo
inanimato irradiandolo con la sua virtù, il suo potere. E il colore è la forma
più immediata di questo tipo di vita.
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bidimensionale bensì tridimensionale, perché contiene delle questioni che
vanno al di là della materia ed alle quali noi non possiamo sfuggire. Nuove
socialità, nuove strutture relazionali, nuovi modi di abitare, modi spesso
non codificati ma che vengono configurati attraverso lo spazio stesso in
un continuo processo di simbiosi che non si esaurisce con il progetto ma
continua. È questo oggi, in parte, il tema del contemporaneo.
Ci sono progetti, come il caso del restauro del Grattacielo Pirelli, che
hanno l’esigenza di mettere in campo un processo di conoscenza lento e
sistematico, quasi come nell’archeologia, che in questo caso hanno svelato
le tracce, la memoria, il pensiero straordinario di Giò Ponti che non poteva
essere cancellato. Un edificio che era il simbolo del fare architettura, della
grande sofferenza insita nel processo architettonico, punta avanzata della
ricerca in un momento storico in cui la società stessa chiedeva dei simboli
per il proprio progresso economico e sociale. L’edificio, ancora oggi, è
essenziale e semplice a tal punto da sembrare appena realizzato, quindi ancora attualissimo. Quest’attualità del progetto
ci ha colpito profondamente, ben più del suo valore materico, facendoci capire che ci trovavamo dinanzi ad un progetto
da conservare, da restaurare, da innovare e sovrascrivere solo in quelle parti che potessero aggiornare le dinamiche
ed i luoghi pubblici del complesso. Restaurando le facciate, attraverso il tema della luce e della trasparenza, è stata
riscoperta la vita dell’edificio, del suo basamento, riscoprendo i luoghi del grattacielo ed astenendoci da qualunque
azione che in qualche modo potesse compromettere il valore riconosciuto dell’edificio. Oggi guardiamo al progetto in
maniera ancora più intrigante, avendo la consapevolezza ed allo stesso tempo il dubbio del fare, di ipotizzare i percorsi
possibili, osservando vicende e luoghi diversi, paesaggi e città di sempre, in una condizione di scrittura contemporanea
che dà forma ad un’idea dell’architettura che deve far emergere le questioni rilevanti in un processo che si fa sintesi,
che non ha l’ambizione di risolvere la complessità, ma di confrontarsi con essa, attraverso un progetto
semplice e allo stesso tempo strategico. Tutti i progetti hanno un tempo di gestazione molto rapido,
l’idea nasce da momenti di profondo disagio e difficoltà. Sono proprio i dubbi, le incertezze che, in un
percorso consapevole, alimentano la discussione e determinano un concept generale e strategico per
un programma adeguato. In fondo la storia dei nostri progetti coincide con la nostra storia di vita:
vivere e lavorare pensando sempre per due, mai con una sola testa.
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di Massimo Carmassi
«Le opere presentate illustrano un metodo compositivo fondato
nella combinazione di muri e volumi elementari disposti tra
loro per ottenere spazi complessi. L’uso appropriato di pochi
materiali resistenti, selezionati attraverso una lunga esperienza
consente di produrre opere destinate a durare nel tempo.
Nel settore del restauro tecniche tradizionali e materiali
contemporanei prolungano la vita degli edifici antichi senza
vistose discontinuità».
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