GIORGIO VASARI

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GIORGIO VASARI
GIORGIO VASARI
e l’Allegoria della Pazienza
a cura di Anna Bisceglia
sillabe
GIORGIO VASARI
e l’Allegoria della Pazienza
Firenze, Palazzo Pitti
Galleria Palatina
26 novembre 2013 - 5 gennaio 2014
Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Toscana
Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze
Galleria Palatina
Soprintendente per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico
e per il Polo Museale della città di Firenze
Cristina Acidini
Direttore della Galleria Palatina
Alessandro Cecchi
Mostra e Catalogo a cura di
Anna Bisceglia
Comitato scientifico
Cristina Acidini, Barbara Agosti,
Anna Bisceglia, Stefano Casciu,
Alessandro Cecchi, Alessandra Pattanaro
Direzione della Mostra
Alessandro Cecchi
Segreteria Organizzativa
Cristina Gabbrielli con Daniela Cresti,
e Simona Mammana
con la collaborazione di Monika Kokanda
e Diana Murphy
Exhibition Registrar
Cristina Gabbrielli
Progettazione dell’allestimento e Direzione del lavori
Mauro Linari
Realizzazione dell’allestimento
Opera Laboratori Fiorentini – Civita Group
Direzione amministrativa e del personale
Silvia Sicuranza
Coordinamento tecnico
Maurizio Catolfi
Coordinamento del personale
Giulio Cocolini, Tina Gelsomino, Alessandra Sarti
Didattica e Guide
Sezione Didattica del Polo Museale della città di
Firenze
Assistenti Museali del Polo Museale Fiorentino
Comunicazione a cura di:
Opera Laboratori Fiorentini - Civita Group
Ufficio Stampa:
Opera Laboratori Fiorentini - Civita Group
Salvatore La Spina
Barbara Izzo e Arianna Diana - Civita
Coordinamento, comunicazione e relazioni esterne:
Opera Laboratori Fiorentini - Civita Group
Mariella Becherini
Saggi in catologo:
Barbara Agosti
Anna Bisceglia
Simona Mammana
Alessandra Pattanaro
Schede in catalogo
Anna Bisceglia
Alessandro Cecchi
Davide Gasparotto
Giulio Manieri Elia
Simona Mammana
Giorgio Marini
Sara Menato
Alessandra Pattanaro
Prestatori:
Firenze, Biblioteca degli Uffizi
Firenze, Biblioteca Riccardiana
Firenze, Galleria degli Uffizi
Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe
degli Uffizi
Firenze, Museo Nazionale del Bargello
Modena, Galleria Estense
Parigi, Cabinet des Dessins du Louvre
Venezia, Gallerie dell’Accademia
Referenze fotografiche:
Archivio fotografico Fondazione Cassa
di Risparmio di Cesena
Archivio Fotografico Musei Civici
Fiorentini, su concessione del
Servizio Musei Comunali, Firenze
Archivio fotografico Opera di Santa
Croce (Fondo Edifici di Culto Ministero degli Interni)
Biblioteca Nazionale Centrale di
Firenze
Biblioteca Riccardiana, Firenze
Fitzwilliam Museum, Cambridge
Gabinetto Fotografico della SPSAE
e per il Polo Museale della città di
Firenze, Sergio Garbari
Foto © Musei Vaticani
Kensington Palace, Royal Collection
Trust/© Her Majesty Queen
Elizabeth II 2012, Londra
Mosca, Museo Puškin
National Gallery of Scotland,
Edimburgo
Palacio de El Pardo, Madrid
Soprintendenza Speciale per i Beni
Archeologici di Roma
Soprintendenza Speciale per il
Patrimonio storico, artistico ed
etnoantropologico e il Polo Museale
della città di Venezia e dei comuni
della Gronda lagunare, Venezia
RMN-Grand Palais (musée du Louvre)
Soprintendenza per i Beni Storici,
Artistici ed Etnoantropologici di
Modena e Reggio Emilia
© Foto Giusti Claudio
Museo Nazionale di Capodimonte,
Napoli
Museum of Fine Arts, Budapest
The State Hermitage Museum, St.
Petersburg © The State Hermitage
Museum. Photo by Vladimir Terebenin
The Trustees of the British Museum,
Londra
Archivio privato Sara Menato
Archivio privato Anna Bisceglia
Gli Autori rimangono a disposizione di
altri eventuali aventi diritto che non è
stato possibile contattare
Garanzia di Stato
Ministero per i Beni e le Attività
Culturali, Direzione Generale per
la valorizzazione del patrimonio
culturale: Anna Maria Buzzi
Servizio I – Valorizzazione
del patrimonio Culturale,
programmazione e bilancio: Manuel
Roberto Guido, Marcello Tagliente
Ufficio Garanzia di Stato: Antonio
Piscitelli
Opificio delle Pietre Dure: Marco Ciatti,
Francesca Ciani Passeri
Istituto Superiore per la Conservazione
ed il Restauro: Gisella Capponi
con la collaborazione:
Laura D’Agostino, Maria Concetta
Laurenti, Anna Milaneschi
Ministero dell’Economia e delle
Finanze, Dipartimento Ragioneria
dello Stato, Ispettorato Generale del
Bilancio, Ufficio XI: Rosario Stella
Collaboratori
Sebastiano Verdesca, Carla Russo
Corte dei Conti, Ufficio di
Controllo sugli atti del Ministero
dell’Istruzione, dell’Università e
della Ricerca, del Ministero per i Beni
e le Attività Culturali, del Ministero
della Salute e del Ministero del
Lavoro e delle Politiche Sociali:
Maria Elena Raso, Lina Pace
Direzione Regionale per i Beni
Culturali e Paesaggistici della
Ragione Toscana: Isabella Lapi,
Marinella Del Buono, Maurizio
Toccafondi, Lucia Ezia Veronesi
Soprintendenza Speciale per il
Patrimonio Storico, Artistico ed
Etnoantropologico e per il Polo
Museale della città di Firenze
Segreteria: Sabrina Brogelli, Monica
Fiorini, Marco Fossi
Controllo condizioni climatiche delle
sale espositive: Roberto Boddi,
Opificio delle Pietre Dure
con la collaborazione di Maurizio
Catolfi, Galleria Palatina
Restauri:
- G. Vasari e G. Becerra, Allegoria della
Pazienza (cat. n. 1)
Restauro: Silvia Bensi
Analisi: Art Test, Firenze
- G. Vasari, Allegoria della Pazienza (cat. n. 3)
Restauro: Elena Prandi
- G. Ruscelli, Le imprese illustri (cat. n. 13)
Restauro: il Laboratorio srl
Ringraziamenti:
Si ringraziano per la collaborazione
prestata a vario titolo: Alessandro
Angelini, Michele Asolati, Alessandro
Ballarin, Renato Berzaghi, Andrea
Biotti, Giulio Bora, Lizzie Boubli,
Francesco Caglioti, Francesca
Cappelletti, Matteo Ceriana,
Marco e Françoise Chiarini, Marco
Ciatti, Ilaria Ciseri, Silvia Colucci,
Dominique Cordellier, Alessandra
Cruciani, Giovanna Damiani,
Rosanna De Gennaro, Francesca de
Luca, Claudio Di Benedetto, Marzia
Faietti, Zoltàn Kàrpati, Francesca
Gallori, Silvia Ginzburg, Andrea
Giordano, Marsel Grosso, Giovanna
Lazzi, Christophe Leribault,
Ludovico Lispi, Stefano L’Occaso,
Marialucia Menegatti, André Müller,
Antonio Natali, Angela Rensi,
Beatrice Paolozzi Strozzi, Sara
Oliviero, Serena Padovani, Giovanni
Pagliarulo, Serena Pini, Claudio
Pizzorusso, Simonetta Prosperi
Valenti Rodinò, Vittoria Romani,
Riccardo Spinelli, Dora Sallay, Marie
Salé, Barbara Savy, Carlo Sisi, Fiorella
Sricchia Santoro, Elena Svalduz,
Marilena Tamassia, Claudia Timossi,
Marcello Toffanello, Mattia Vinco
11Presentazioni
Cristina Acidini
Alessandro Cecchi
Stefano Casciu
15
Vasari e l’Allegoria della Pazienza.
Storia e fortuna di un tema iconografico
Anna Bisceglia
27
Su Vasari e Minerbetti
Barbara Agosti
35
Il modello per La Pazienza di Ercole II d’Este,
da Firenze a Ferrara, “la maraviglia e il desiderio d’averlo”
Alessandra Pattanaro
47
Tra generi e forme: declinazioni accademiche,
etiche e politiche del ‘patire’
Simona Mammana
53
catalogo
101
La Pazienza: Antologia
a cura di Simona Mammana
106
Bibliografia
L’arte di quel secolo denso, tormentato e concettoso che fu il Cinquecento – secolo a ben vedere decisivo per gli assetti a venire dell’Europa e del mondo – è come il bandolo di una matassa che, se tirato, permette uno svolgimento
di filiere non solo estetiche ma anche e forse soprattutto spirituali e morali in una concatenazione d’immagini
simboliche, di circostanze storiche, di vicende biografiche estendibile virtualmente all’infinito. è quanto è accaduto quando Anna Bisceglia, da vicedirettrice della Galleria Palatina attenta e sensibile al patrimonio custodito in
quello straordinario scrigno nel cuore della regia di Pitti, ha rivolto la sua attenzione al dipinto di Giorgio Vasari
raffigurante l’Allegoria della Pazienza.
Il dipinto, apprezzato e fortunato a livello di copie e di riprese, mette in figura la personificazione di una virtù
particolarmente necessaria nella vita pubblica e specialmente in una corte dell’Ancien régime (compresa la Curia
romana), presentata nelle sembianze di una donna avvenente e seminuda, piena espressione di quel manierismo
tosco-romano, all’interno del quale il quadro ha ricevuto diverse attribuzioni. Immagine affascinante e contraddittoria, della quale il restauro ha rivelato la cerebrale beltà, la Pazienza incatenata alla rupe presenta alcuni dei
requisiti che Cesare Ripa nel suo repertorio Iconologia, del 1593 (illustrato nel 1603), avrebbe attribuito a ben
quattro distinte versioni d’essa. “… mani legate da un paro di manette di ferro, e a canto vi sarà uno Scoglio”, ha
un’affinità con il ceppo e la catena che trattengono la caviglia della bella prigioniera. E l’inclinazione sofferente e
remissiva del busto, coronato dal mesto volto di profilo, presume il peso di un invisibile giogo sulle spalle, secondo
quanto il Ripa avrebbe reso didascalicamente evidente: “Il Giogo è significativo della Patienza, la quale, come si è
detto, si essercita solo nel tolerare le avversità, con animo costante, e tranquillo. Et in questo proposito disse Cristo
Signor Nostro, che il suo giogo era soave…” Alla Pazienza si era ispirato Giovanni de’ Medici, papa col nome di
Leone X, nello scegliere per emblema il giogo col motto SVAVE, forse rievocando le peripezie giovanili seguite alla
cacciata della famiglia da Firenze nel 1494.
Al patimento – giusta la radice di pathos e patior – allude anche il gesto delle braccia incrociate sotto i seni, a
contenere e lenire la pena interiore smorzando ogni moto di ribellione o spunto di resistenza. Nel linguaggio del
corpo, qualche tratto di affinità si ritrova nella Madonna del Giudizio Universale di Michelangelo nella Cappella
Sistina secondo il Vasari: “Nostra Donna che, ristrettasi nel manto, ode e vede tanta rovina”, e che rivela il suo
doloroso rammarico nel portare al collo le mani incrociate. Ad un patimento fisico anziché morale, il medesimo
gesto qui assegnato alla Pazienza allude in due statue del Manierismo fiorentino, l’Appennino-Gennaio dell’Ammannati nel Vivaio della Villa Medicea di Castello e l’Inverno di Taddeo Landini sul Ponte a Santa Trinita,
entrambi rabbrividenti per il freddo nella loro nudità matura o senile. Ma soprattutto, tornando a Michelangelo,
nella posa della nostra Pazienza si rispecchia quella del misterioso grande incappucciato nella Crocifissione di
San Pietro nella Cappella Paolina, che scende con le braccia conserte, da alcuni ritenuto un autoritratto. La sua
postura introspettiva suggerisce l’uscita di scena di un testimone, addolorato e riflessivo: è interessante il fatto che
nel 1773 William Blake lo prendesse a modello per il suo San Giuseppe d’Arimatea fra le rocce di Albione.
Ecco soltanto alcune della associazioni concettuali e visive che questa restaurata Pazienza mette in moto, premiando la competenza e la perseveranza di Anna Bisceglia, che oltre a promuovere e a dirigere il restauro ha curato
la mostra e questo catalogo, di grande ricchezza in termini di argomenti e d’immagini, per il quale sono grata
all’editore Sillabe.
Come spesso accade, la storia dell’arte si sviluppa e conquista i propri spazi avvalendosi delle occasioni più varie
e degli strumenti più diversi. Anche dedicare amorose e curiose attenzioni a un’opera d’arte permanentemente
esposta e quindi sotto gli occhi di tutti in un museo può dare, come dimostra l’iniziativa dedicata alla Pazienza,
i risultati positivi di un restauro ben condotto e di una ricerca esemplare.
Cristina Acidini
Soprintendente per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico
e per il Polo Museale della città di Firenze
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Vasari e l’allegoria della Pazienza.
Storia e fortuna
di un tema iconografico
Anna Bisceglia
“Imperò conoscendomi povero e abbandonato, mi resolvei, che la Pazienza mi dovesse
condurre a questo grado, el quale merciè di Jesu tengo con molto contento”
In queste righe, indirizzate al Vasari nell’autunno del 1551, il vescovo aretino Bernardetto Minerbetti
sintetizzava la storia della sua vita, giustificando il proposito di vederla condensata in un’immagine esemplare della virtù della pazienza, che gli aveva permesso di superare i disagi di una gioventù
faticosa al servizio di uno zio “avaro, collerico e ignorante” ma nondimeno disponibile a lasciargli
sostanze e titoli, consentendogli un’esistenza tutto sommato assai soddisfacente1. Il dipinto voluto
dal Minerbetti, è oggi conservato nella Sala di Prometeo della Galleria Palatina, spostato dalla Sala
della Giustizia dove era stato accolto sin dal primo allestimento pubblico del museo, inaugurato
dall’amministrazione lorenese (cat. n. 1). Le circostanze della sua commissione, insieme alla fortuna
e alla diffusione del particolare motivo iconografico, sono al centro della mostra e del catalogo che
l’accompagna. Essi fondano su un filone di studi avviato da un celebre articolo di Rudolf Wittkower,
che inquadrava il contesto entro il quale Vasari elaborò la Pazienza, allargando poi il campo alle derivazioni pubbliche e politiche che essa aveva sortito nella Ferrara estense. A questi temi fu dedicata una
piccola sezione della mostra vasariana del 1981, poi ampliati e arricchiti da diverse prospettive dalle
più recenti voci critiche2. Il recente restauro ha offerto l’occasione di uno studio ravvicinato dell’opera
spingendoci a ritornare sulla questione, convocando le opere a un confronto diretto, dal quale venisse
in luce l’orizzonte composito di scambi d’idee, d’influenze di stile e di scelte di gusto che circondano
l’invenzione vasariana e la sua diffusione lungo tutta la seconda metà del XVI secolo3.
L’incarico per l’Allegoria della Pazienza nasce all’interno di un rapporto di consuetudine e di affetto,
qui indagato da Barbara Agosti, che lega lungamente Vasari al vescovo di Arezzo e che si ricostruisce
dalla lettura del carteggio vasariano. Tra ottobre e novembre 1551 Bernardetto progettava alcuni
lavori nel suo palazzo fiorentino di via Tornabuoni. Fra un affare e l’altro, non esitava a chiedere
all’amico aretino qualche suggerimento tecnico (“Vedete, se e’ non vi torna scomodo, questo mio
scombicheramento di disegno; e potendo con un poco di disegno vostro accomodatemelo in un
foglio, agiungendo di dietro al foglio el disegno delle due porte principali e delle finestre”)4, ma
soprattutto modelli grafici per pitture: e così aspettava “con desiderio quel San Giovanni di vostra
mano arotolato e ben acconcio”5, ma soprattutto un’invenzione nuova per una pazienza, sperando nel consiglio del veneratissimo Michelangelo. Nelle intenzioni di Minerbetti, il quadro doveva
15
2. Giorgio Vasari
(Arezzo, 1511- Firenze, 1574)
Gaspar Becerra
(Baeza, 1520 - Madrid, 1568)
Allegoria della Pazienza
1551-1552 ca
Olio su tela, cm 178 × 102
Firenze, Galleria Palatina, inv. 1912/399
Gaspar Becerra, Annunciazione (part.),
Astorga, Retablo Major
58
Proveniente dalla collezione del cardinale Leopoldo, nei cui
inventari (Inventario generale de’ quadri del serenissimo principe Leopoldo di Toscana e l’Inventario topografico del 1675;
Fileti Mazza 1997) figura sotto il nome del Parmigianino,
riferimento giustificato dall’accentuata morbidezza del modellato, dalla grazia capziosa della posa e dalla elegante, complicata acconciatura di trecce, nastri e perle che incornicia
il profilo femminile. Questa prima indicazione si scioglie
successivamente nel nome di Francesco Salviati, con il quale
la Pazienza figura nei cataloghi granducali (Inghirami 1828
e 1834; Bardi 1837-1842, 1937, pp. 173-174; Chiavacci
1859). Tale accostamento fu accettato in seguito dal Venturi
(1933) che cogliendo l’affinità con la versione conservata alla
Galleria Estense di Modena, attribuiva quest’ultima all’allievo di Salviati, Giuseppe Porta. Contemporaneamente una
parte della critica, anche sulla scorta della pubblicazione del
carteggio ad opera del Frey (1923-1930) collegava correttamente il dipinto al Vasari (Voss 1920, ed. 1994; Stechow
1935), secondo una lettura accolta dagli studi vasariani del
secondo Novecento (J. Kliemann, in Arezzo 1981, pp. 130133; Costamagna 1988, p. 27; Corti 1989, p. 89; Mortari
1992, pp. 121-122), nonostante una attribuzione a favore di
Girolamo Siciolante avanzata da Zeri (1951, p. 149, n. 13;
ma respinta da Hunter 1996, p. 239) sia stata accolta sia
pur dubitativamente nei cataloghi della Galleria Palatina (S.
Padovani in La Galleria Palatina 2003, II pp. 404-405). Il
dipinto è invece da riconoscersi come opera di collaborazione
tra Giorgio Vasari e lo spagnolo Gaspar Becerra come è stato
argomentato da Agosti (2010, pp. 101-102; e poi Agosti,
Bisceglia 2012, pp. 73-88) e come qui si discute (pp. 1819). Il pittore nativo di Baeza doveva essere giunto sui primi
anni quaranta a Roma, in tempi non lontani dal conterraneo
Pedro de Rubiales; Vasari da conto di questa presenza nelle
‘Vite’ di Daniele da Volterra e di Francesco Salviati nonché nella sua Autobiografia, dove rammenta che entrambi lo
avevano affiancato nell’impresa della grande Sala dei Cento
Giorni nel Palazzo della Cancelleria a Roma eseguita nell’autunno del 1546 per conto del cardinale Alessandro Farnese.
Grazie ai contatti con il Vasari e all’appoggio del potente
59