Una Diadora più young
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Una Diadora più young
Domenica 10 Novembre 2013 L’azienda di Caerano pronta per il volo. Il 2013 chiude a +15% Una Diadora più young La net generation è il mercato da aggredire. Intanto l’Italia raddoppia il fatturato e si prepara un nuovo ingresso in Cina e Hong Kong, dopo l’acquisto dei propri brand da Win Hanverky, gruppo asitico che li gestiva per il Far East Nella foto l’attore Marco Bocci, testimonial della linea Diadira Heritage Roberta Paolini C he cos’hanno in comune Marco Bocci, Antonio Cassano, Mika, Moreno, Emiskilla, Max Pezzali, Skin e l’associazione italiana arbitri? Domanda facile, risposta scontata: le scarpe. Meglio le Diadora. E fin qui sembrerebbe una banalissima operazione di marketing old style, testimonial famosi, sponsorizzazioni sportive. Ma le apparenze ingannano. Perché escludendo il bel protagonista delle fiction campioni di share Squadra Antimafia e Romanzo Cri- minale, che è un testimonial nel senso classico del termine, e per una linea precisa del brand Diadora, la Heritage. Scartando il filone delle sponsorizzazioni sportive, che oltre Cassano e gli arbitri vedono altri campioni dell’atletica, ciclismo e tennis. Diadora, con investimenti selezionati, e ottimo fiuto sta andando a colpire il target più difficile, i veri trend setter, i giovanissimi, dai 15 ai 18 anni. Si tratta di product placement, cioè inserimento di marchi commerciali in film e video clip (anche questa non è una novità ma fare scouting in un settore così po- poloso di star emergenti e fiction non è per niente semplice), in partnership per vari eventi (tipo quelli di Mtv). E questo mondo nuovo e inesplorato, sta dando dei risultati importanti. I vari Nesli, Alessandro Casillo, Skunk Anansie, Marco Mengoni, Cesare Cremonini, Parix, Mikael Miro’, Max Pezzali, e Moreno (trionfatore del talent Amici di Maria De Filippi), personaggi semisconosciuti per gli over 25, sono invece delle semidivinità per i teenager. Una fascia sensibile del mercato, che stimola la spesa (dei genitori!), guarda i videoclip, usa facebook e 4 Domenica 10 Novembre 2013 pinterest e posta le foto dei propri idoli con ai piedi, non solo le Nike, le Puma o le Adidas, ma anche le Diadora. E vale di più un Mengoni che corre in abito Ferragamo con Diadora ai piedi nel suo videoclip condiviso su Youtube, o Mika in “popular song” con i piedi appoggiati sul banco di scuola, e il logo in vista, la special edition di sneakers borchiate, fatte appositamente per Nesli, magari postata su facebook, di una pagina patinata su un magazine. E poi ci sono collaborazioni, come quella fatta con Mtv. Al megaconcerto sul palco i cantanti avevano le alette Diadora. E tanto basta. Poi ci sono quelli a cui le scarpe che mise anche Francesco Totti piacciono e fine. Diadora doveva raccontare una storia nuova, ma una storia vera, che colpisse generazioni che sono nate quando Baggio ha attaccato le scarpette al chiodo. Generazioni che hanno nuovi codici e per cui Diadora doveva rappresentare un’emozione autentica. Questa dei giovani è la new way del brand uscito da una ristrutturazione importante in tempi oggettivamente rapidi, circa 3 anni, considerando che la Lir ha riacciuffato nel 2009 il mitico marchio che hanno calzato l’indimenticabile Ayrton Senna, Marco Van Basten e Roberto Baggio e una miriade di campioni, dal baratro di una procedura concorsuale. In un’epoca durissima per qualsiasi settore, figurarsi per uno così esposto sui consumi. I giovanissimi dunque sono nel mirino. Ma la diversificazione è il cuore di qualsiasi impresa. E quindi subito dopo ci sono i trenta-quarantenni, che hanno ancora negli occhi le prodezze dei loro campioni nel tennis, come nel calcio, nel ciclismo come nel F1. Che nella versione heritage recuperano un senso di giovinezza e di estetica oltre il tempo. La nuova Diadora è dunque pronta. Ha inanellato all’acquisizione avvenuta nel 2010 tramite la cassaforte di Mario Moretti Polegato risultati in crescendo. E chiuderà in utile anche nel 2013. Insomma Enrico Moretti Polegato, figlio di Mr Geox, e la sua squadra di manager sono riusciti in quella che sembrava una mission impossible. Riacciuffando il brand dei grandi campioni degli anni Ottanta e Novanta da una procedura concorsuale che sembrava l’anticamera dell’inferno, per riportare Diadora in alto. Certo la sfida con i mega brand come Adidas e Nike sul piano globale è impari. Sono altre dimensioni, altri budget per la comunicazione e il marketing, che per questi player pesano più della qualità del prodotto (triste a dirsi ma è la verità). Eppure il nuovo posizionamento di Diadora, la rivisitazione del suo prodotto, il recupero di tutta l’allure di un tempo, qualche fastidio lo sta dando. E veniamo ai numeri. Nel 2013 il fat- turato consolidato, comprensivo di distributori e licenziatari, chiuderà a 240 milioni di euro (era 200 milioni l’anno scorso). La sola Diadora srl archivierà l’esercizio a 92 milioni, in crescita del 15%. E sarà in utile, come l’anno scorso. Ma il dato che fa impressiona è che nel mercato italiano il brand è raddoppiato. Già proprio l’Italia, piazza asfittica per tanti, è quella che mostra trend di crescita importanti, visto che le vendite qui sono raddoppiate. «Il turnaround è completato – dice Enrico Polegato raggiunto telefonicamente – stiamo armonizzando alcune cose, ma adesso possiamo davvero spingere, abbiamo nuove fondamenta». «Il nostro paese ci sta premiando – dice ancora Polegato - L’Italia, dice ancora ci sta premiando. È una crescita governata da que- ste nuove categorie di prodotti, dal rilancio dell’immagine dell’azienda, grazie alla collezione Heritage. Nel 2014 ci attendiamo per il mercato domestico ancora una crescita a doppia cifra». Tante linee stanno concorrendo ai risultati, la parte delle nuove collezioni, quelle tradizionali, le scarpe da running, divisione che cresce a ritmi notevoli, +20% nel 2012 sul 2011, più 30% previsto per il 2013. C’è la linea Utility, cioè le scarpe tecniche da lavoro (che nel 2012 hanno inciso per 37 milioni di euro sul consolidato). E poi ci sono i mercati internazionali. Diadora ha recentemente ha acquistato per 9,2 milioni di dollari (pari a circa 7 milioni di euro) i propri marchi per Cina, Hong Kong e Macao detenuti dal gruppo asiatico Win Hanverky, facendo tornare l’azienda totalmente italiana. Nella foto Moreno, per lui una limited edition in 60 pezzi distribuita allo store Treesse il 14 Novembre a Milano 5