Scheda di lettura del Centro Storico

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Scheda di lettura del Centro Storico
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Scheda di lettura del Centro Storico
Docente: Amalia De Angelis
Tel: 338-1936663
E.mail: [email protected]
Istituto: Liceo Scientifico Statale “N.Cortese”
Via: Starza, 24
Tel.:0823407200
Città: Maddaloni, 81024. Prov: CE
Fax: 0823408564
Sito web:liceoscientificocortese.gov.it
Denominazione e localizzazione del centro storico
Piedimonte di Casolla
Breve descrizione
Il borgo di Piedimonte di Casolla è il più piccolo dei casali di Caserta tanto che attualmente conta solo un
centinaio di anime; le maggiori attrattive sono rappresentate dalle Chiese di S. Rufo e S. Pietro ad Montes.
Si parla, in effetti, di Piedimonte di Casolla in tutti i documenti che si riferiscono all’Abbazia di S. Pietro ad
Montes, ospitato in questo sito. Anzi la presenza proprio di questa imponente Chiesa, la cui costruzione si fa
risalire tra la fine dell’XI e l’inizio del XII secolo, ed il fatto che il villaggio sorgesse sull’asse viario per Casa
Hirta, sede comitale e del Vescovo, diedero un incremento significativo alla popolazione, per cui anche
l’architettura locale ebbe un discreto impulso. Infatti come tutti i villaggi, formatisi per il progressivo
trasferimento verso valle di piccoli nuclei familiari che abbandonavano le mura protettive della “Civitas”,
divenute limitative per la nuova ripresa del lavoro e del commercio, per le vie impervie e per il fatto che i conti
guerrieri erano spesso lontani a combattere per questo o quel signore, anche Piedimonte di Casolla ebbe
momenti di crescita ed altri di carenza demografica.
Contesto territoriale
Il borgo si trova sull’asse viario che conduce a Casertavecchia (Casa Hirta), in una zona un tempo (intorno
all’anno Mille) ricca d’acqua e di vegetazione (querce, olmi, gelsi). Figura 1 – vista satellitare del territorio
attuale 1; Figura 2 mappa dei casali (successivamente frazioni di comuni) del periodo storico; Figura 3: regione
d’interesse inserita nei percorsi dei pellegrini, che da Sant’Angelo in Formis (nord-ovest) transitavano verso est
alla volta della valle caudina per poi raggiungere le puglie, ed imbarcarsi per la terra santa.
Notizie storiche
Secondo la tradizione il sito era frequentato per il culto di Giove tifatino, a cui era dedicato un tempio, ma di
questo non c’è alcuna evidenza documentaria. Certamente intorno al Mille, all’ombra del possente castello di
Casa Hirta, dove si trovavano campi da coltivare, Casolla registrò un notevole sviluppo economico e
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demografico. Il periodo di maggiore splendore del casale è legato al nome della famiglia Alois che nel
Cinquecento contribuirono ad animarla dal punto di vista culturale. Al XVI sec. risale Palazzo Cocozza di
Montanara (l’edificio originario risale alla fine del Quattrocento). Nel Seicento, purtroppo, la peste che
imperversava anche nel Meridione d’Italia, ne decimò la popolazione. Finché il sistema economico locale era
essenzialmente basato su attività agricole, i casali sopravvissero come sistema di comunità collegate ad un centro
organizzativo e difensivo, ovvero il castello feudale/signorile. Con la rivoluzione industriale, la conversione
dell’economia, portò inesorabilmente ad uno spopolamento delle località, e conseguente abbandono. Tali località
sopravvivono oggi come frazioni di comuni e località essenzialmente residenziali con un alto fabbisogno di
riqualificazione e recupero urbano.
Dati geo-morfologici e geografici (orografia, clima, estensione, densità abitativa)
La regione in oggetto è posta al limite nord-est della Piana Campana, graben tra i più estesi d’Italia, ubicato su
massicci carbonatici dei Monti Tifatini, facenti parte del sistema dell’antiappennino campano, con rilievo
massimo alto 602m. Il massiccio carbonatico è di origine del Mesozoico, successivamente rimodellati
soprattutto nel Qaternario da intensi fenomeni tettonici. La depressione strutturale formatasi, lungo direttrici
nord-ovest nord-est, è stata successivamente riempita dal materiale piroclastico delle attività fulaniche esplosive
del vulcano di Roccamonfina e di quello dei Campi Flegrei e Somma-Vesuvio (formazioni risalenti ad attività
eruttive di otrle 30.000 anni fa. Complessivamente, i terreni cono carbonatici, quindi argilloso arencei,
priclastici e detritico-alluvionale. Tale composizione ha determinato il diffusissimo utilizzo della pietra di tufo
quale materiale edile, fin dagli albori, e condizionato i siti di comunicazione ed insediamento. La compattezza
geologica dei terreni è quindi determinata anche dalle fasi di “riempimento” della depressione che ha dato
origine alla piana campana. Come apprezzabile nella Figura 1-vista satellitare, la regione d’interesse è piccola
(circa 2 kmq), presenta un nucleo con discreata densità abitativa, rapidamente degradante al di fuori del nuclo
stesso di Casolla. L’esposizione alla ventilazione prevalentemente dai quadranti da sud, e la protezione fornita
dalla catena dei monti Tifatini a nord, rende la zona mediamente non fredda ed umida; non esistono serie
storiche sul clima della regione specifica. La demografia della zona d’interesse, quale frazione di Caserta, non è
distintaente censita.
Sistema viario, piazze
L’antico centro è costituito da poche abitazioni che si rincorrono lungo la strada comunemente nota come via
Parrocchia che sale dalla vicina Casolla. Il piccolo borgo ha conservato la sua struttura medioevale e le stradine
finiscono nei campi agricoli; non ci sono piazze ma solo incroci e slarghi. La viabilità originaria non è cambiata:
è possibile ripercorrere le antiche stradine che si inerpicano seguendo il naturale andamento orografico, gli
incroci dove si trovano le caratteristiche case a corte.
Sistema edilizio
Il sistema abitativo è interessante e abbastanza ben conservato: le case sono fatte in tufo secondo la tipologia a
corte rurale che spesso assumono l’aspetto di palazzo con cortili che si aprono verso la pianura, portali ad arco,
scale, ballatoi.
Sistema difensivo e recinti
II nucleo abitativo originario è costituito dal castello di Casa Hirta, che nasce a scopo difensivo ed anche come
dimora feudale fortificata. Ciò comporta che nel tempo, il sistema abitativo che cresce intorno al castello, che
non si trova nel punto più elevato (torre d'avvistamento:Torre Lupara), diventa necessariamente centro di
organizzazione del territorio.
Dalla figura 2 è possibile evincere la caratteristica distribuzione dei casali intorno al castrum arroccato e
fortificato di Casertavecchia. Questi nascono per esigenze pratiche lungo vie di collegamento disagevoli che
collegano poderi sparsi sul territorio e luoghi di lavoro legati ad attività agricole; proprio la dificoltà di
collegamento fa nascere l'esigenza di insediamenti stabili che diventano nel tempo casali. Questi sono situati
frequentemente sulle pendici del Monte Tifata, ma anche sui rilievi e nel fondovalle, in punti porticolari del
sistema viario come crocicchi o bivi, o in prossimità dei monasteri (Benedettini e Agostiniani).
La posizione centrale dei casali rispetto al sistema viario ne garantì la sopravvivenza nel tempo. La
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localizzazione dei casali intorno alla città può essere interpretata anche come organizzazione territoriale
dominata da un castrum, in cui la popolazione si concentra e cerca la protezione di un signore. Comunque le
condizioni economiche di questi insediamenti non subirono modifiche di rilievo per interi secoli, fin quando il
lavoro agricolo restò la fonte principale di sostentamento. I casali non ebbero sostanziali incrementi edilizi o
episodi architettonici di un certo rilievo, a parte qualche eccezione, e la loro struttura urbana si è cosi conservata
per secoli in tutte le sue caratteristiche di estrema semplicità.
Le funzioni insediate:
L’andamento socio-demografico (spopolamento, cambiamento di tipologie di insediati,…)
Antichi insediamenti rurali nati lungo vie di collegamento tra poderi, per la pratica esigenza di raggiungere le
terre coltivate e riparare il bestiame ed il raccolto, i casali sono sopravvissuti funzionalmente e dunque come
Civitas fino a quando la trasformazione del sistema di produzione economica non ha comportato lo spostamente
delle forze lavoro verso le fabbriche ovvero, le città, con conseguente spopolamento dei siti rurali remoti. A ciò
ha contribuito anche la trasformazione del sistema difensivo, conseguente alla trasformazione delle modalità
operative dell’arte bellica e dei sistemi offensivi; infatti, il sistema del castrum fortificato e delle mura ha
progressivamente perso la funzione di difesa, e quindi anche di organizzazione del sistema sociale del territorio
in cui insiste.
Fonti e documentazione di riferimento:
-Architessi caserta: Bimestrale dlel’Ordine delgi Architetti di Caserta, luglio 1993, numero 2, a cura di
arch. Francesco Pistilli.
- http://sit.comune.caserta.it/progettobuonarroti/01_san_rufo.htm;
http://sit.comune.caserta.it/progettobuonarroti/01_san_pietro_ad_montes.htm ; Sistema Informativo Città
di Caserta, Ufficio di Piano
I valori espressi (architettonico, ambientale urbano e ambientale paesistico)
Archietettonico, storico ed artistico, anche in riferimento alla presenza sul territorio della chiesa di San Rufo e di
San Pietro ad Montes. Dai documenti e dalle origini, appare piuttosto evidente, un forte legame, tra centri
longobardi e successione normanna. Infatti, l’abbazia di Cassino fu fondata dall’Abate Desiderio, longobardo; lo
stesso fondò Sant’Angelo in Formis, quindi il Borgo di Casertantica e San Pietro ad Montes.
Qui si insinua una tesi, ovviamente con il suo buon grado di fantasia, di una connessione stretta tra i centri della
fede, e quindi, di un percorso che li unisse. E possiamo anche pensare che pellegrini e crociati percorressero le
rotte passanti per Sant’Angelo in Formis e per il Borgo, lungo la via Francigena del sud, adiacente all'antica Via
Appia, regina viarum, che costruita nel sec. IV a. C. per collegare Roma con Benevento e successivamente
prolungata fino al porto di Brindisi, per dare imbarco alle crociate, ancora oggi ci fornisce importanti tracce del
passato e ha in Capua un centro fondamentale di transito.
Nelle mappe dei secoli XI – XIV, dopo la bolla di Sennetis (vescovo metropolita di Capua Sennete) del 1113,
ritroviamo un percorso che sembra legare Sant’Angelo in Formis al Borgo, passando per centri come Sala,
Puccianiello e San Pietro ad Montes.
Chiesa di San Rufo (Figura 4).
Una leggenda riporta che, nel periodo paleocristiano, nella zona si rifugiò un santo predicatore di Ravenna, di
nome Rufo, che, scoperto dai sacerdoti del tempio, fu messo a morte; più tardi, però, gli abitanti del luogo lo
ricordarono dedicandogli la chiesa.
Alla chiesa, risalente all’XI sec., si accede attraverso una scalinata; l'esterno è semplice e disadorno ma solido
nella sua struttura. La robustezza del corpo di fabbrica, assieme alla totale assenza di elementi decorativi, fa
pensare ad una produzione tipicamente campana. Si parla di San Rufo nella bolla dell’Arcivescovo di Capua
Sennete del 1113 e nel privilegio concesso dal Papa Alessandro III al Vescovo Porfirio, sulle Chiese casertane e
sulle loro rendite presenti e future. Alla fine di una stradina, alla sommità di una scalinata, si apre il sagrato della
Chiesa di S. Rufo. La facciata, nella parte inferiore, presenta il portale principale in legno intagliato e decorato
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con stelle e motivi circolari, di fattura artigianale campana del XIV secolo. Immediatamente sopra al portale si
trovano due piccole aperture circolari, che con quella del timpano sono le uniche che si trovano in facciata. Il
timpano è semplice e retto da peducci in marmo scolpito, i più antichi dei quali risalgono all'epoca
dell'edificazione della chiesa, altri sono stati sostituiti successivamente. Il campanile che affianca la chiesa,
anch'esso disadorno, presenta una piccola finestra nella parte bassa che è più larga e massiccia della cella
campanaria. Questa, infatti, è più stretta del corpo di fabbrica sottostante e presenta due piccole aperture ad arco
nelle quali sono collocate le campane. Anche la torre si conclude con un timpano triangolare, in analogia con
quello della facciata. La chiesa di San Rufo è ad un'unica navata con cappelle laterali ed abside terminale. Sia la
navata che l'abside conservano resti di affreschi, ancora visibili nonostante lo stato di degrado, che risalgono per
la maggior parte al 1776, anno in cui il parroco Gabriele Iannelli li commissionò ad artisti ignoti. Del ciclo
pittorico si conservano lungo la navata centrale, tre ovali raffiguranti rispettivamente San Rocco con San
Lazzaro, la Nascita di Cristo, Sant'Apollonia con Santa Matrona, tutti di maestranze meridionali. Al lato destro
della navata vi sono altri frammenti di affreschi: il ciclo di San Giorgio, danneggiato dall'apertura di una
cappella laterale nel corso del Seicento, periodo in cui la chiesa divenne anche parrocchia, la Madonna in trono
con il Bambino e Dio Padre con angeli e due sante non ben identificate. Anche la zona absidale conserva
frammenti di affreschi, frutto di sovrapposizioni dell'apparato pittorico. Su un affresco del XII secolo
raffigurante l’Ascensione, di cui rimangono alcune teste di Apostoli e, parzialmente, la figura del Cristo, si va a
sovrapporre l'Eterno Padre e un Angelo con mitra del XVIII secolo. Lo stato di pittura è molto spesso ed
impastato, tanto da far pensare ad una tempera stesa su intonaco già consolidato. L'altare maggiore, in marmi
policromi a commesso, è datato sul gradino a sinistra «1772»,opera di maestranze campane ed è abbellito da una
statua in cartapesta di San Rufo, alta 160 centimetri, anch'essa di produzione artigianale campana, ma del XX
secolo. Ai lati della navata ci sono le cappelle laterali, dove ancora si conserva il pavimento in terracotta
maiolicata aggiunto nella metà del Settecento, prodotto dalla bottega Massa di Maddaloni. La cappella laterale
sinistra conserva due frammenti di pavimento, decorati con una testa muliebre e con una giada fiorita. La
cappella sulla destra reca, invece, data e iscrizione. Una lapide in marmo bianco, ai lati dell'altare, ricorda
Francesco Alois: scolpita da maestranze campane è datata «1556» con l'epigrafe e con lo stemma gentilizio degli
Alois. Si ritrova lo stemma della famiglia Alois anche nella prima cappella a destra sulla lastra tombale in
marmo bianco del XVIII secolo. La cantoria è in legno dorato a finto marmo, con organo in legno dipinto e
metallo di ambito meridionale della fine del XVIII secolo; è ora inaccessibile (Figura 4).
San Pietro ad Montes (Figura 5).
L’Abbazia con annesso monastero si trova sul versante orientale delmonte Tifata, proprio lungo la strada che
conduceva alla Civita, in una posizione periferica tipica degli insediamenti benedettini. Secondo la tradizione
sarebbe sorta sui resti di un tempio dedicato a Giove, come si evince dalla Tabula Peutigeriana del IV sec.d.C. e
più dalla ricostruzione del Pratilli(1745), ma entrambe le fonti sono considerate non attendibili.
La Chiesa, fondata alla fine dell’XI sec., che fu costruita con materiale di spoglio, mostra una struttura con tre
navate e tre absidi senza transetto; le 12 colonne che suddividono le tre navate sono di diversa misura nel
diametro e con i capitelli di ordini diversi. Dalla facciata è possibile intuire la diversa quota dello spazio interno:
quella inferiore con porticoo e porta di accesso, quella superiore con frontone e tre monofore. Affreschi risalenti
all’XI-XIII sec. sono appena visibili all’interno della Chiesa. Il complesso ha subito modifiche nel corso degli
anni per cui ad esempio le bifore del campanile, di lato alla costruzione, sono state chiuse come anche le feritoie
nelle pareti, che attestano il ruolo forse difensivo o di avvistamento, poiché girando intorno alla Chiesa vi era un
passaggio che conduceva direttamente sulla strada per Casa Hirta. A sud-ovest del complesso vi è un corpo di
fabbrica a tre livelli che, essendo posto frontalmente nell'abbazia, la occulta completamente. La presenza di
intonaco alle pareti non consente analisi visive, tranne che nel primo livello dove sono evidenti tracce di una
muratura di antica data. È su questa originaria muratura che si è poi addossato un corpo edilizio, cresciuto in
altezza successivamente. Il corpo di nord-ovest risulta essere, ad un primo sguardo, il più recente. In seguito alla
legge del 7 luglio 1866, che soppresse i monasteri ed incamerò allo Stato i beni ecclesiastici, il complesso
abbaziale di San Pietro ad Montes passò al demanio. Tra vicende alterne si arriva all'ultima guerra, quando il
convento fu occupato dagli sfollati del fronte di Cassino, i quali danneggiarono i locali e la chiesa.
Successivamente la chiesa è stata restaurata, mentre i locali del monastero sono stati occupati, fino al giugno del
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1990, dalle Suore Oblate del Sacro Cuore, con un collegio per bambini. Il campanile, a pianta quadrata, fu
costruito come fortezza nell'XI secolo. E costruito nella parte inferiore con pietre squadrate tratte dall'antico
tempio di Giove Tifatino, nella parte superiore in laterizio (materiale di spoglio venne usato anche in altri
campanili campani, come in quello del duomo di Capua e in quello della Basilica di Sant'Angelo in Formis,
entrambi dell'XI secolo). La presenza di una membratura di legno a mo' di architrave nella muratura della chiesa
corrispondente all'ingresso del campanile, fa supporre l'esistenza di un collegamento diretto tra la chiesa e il
campanile, usato come torre difensiva. Le bifore nella cella campanaria risultano chiuse, e la presenza di due
feritoie nella facciata a nord-est e di piccole monofore nelle altre facciate, eliminate negli ultimi restauri,
testimoniano il suo ruolo di postazione difensiva e di controllo della strada che conduceva alla civitas. Tutto il
complesso, che comunque in passato è stato oggetto di restauri, è attualmente in uno stato di abbandono (Figura
5).
I rischi di alterazione
Legati essenzialmente all’azione di agenti atmosferici (umidità) ed all’incuria, che da più parti e spesso sono
stati denunciati, sia da esperti che da associazioni culturali.
Le motivazioni della scelta
Il borgo ed in modo particolare S. Pietro ad Montes meritano una particolare attenzione perché possono
rappresentare un importante tappa all’interno di un progetto di valorizzazione dei Borghi per un turismo
culturale, ma anche quale tappa di un percorso lungo i sentieri della fede.
Azioni svolte a tutela (condizione vincolistica; strumenti urbanistici)
Ad oggi risultano poche azioni di tutela effettiva, piuttosto tante denunce sullo stato di abbandono. In passato vi
sono state manifestazioni culturali per la sensibilizzazione, tuttavia senza risultati concreti in termini di
manutenzione/restauro, valorizzazione e di possibile riuso specifico (in riferimento in particolare al complesso di
S.Pietro)
Eventuali proposte di valorizzazione
-Sostegno a progetti di recupero e restauro
-Progetti fattivi per un possible riuso specifico
-Inserimento dei luoghi in possibili percorsi turistici; progetti scolastici;organizzazione di eventi culturali
Risultati raggiunti
Immagini allegate:
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Figura 1 – Mappa dei casali rurali circondanti il castrum fortificato di Casa Hirta (Casertavecchia)????????????
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Figura 2 – Mappa degli antichi casali, tra cui Casolla e Piedimonte a Casolla
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Figura 3 – Percorsi presunti dei pellegrini: da Sant’Angelo in Formis verso est passando per i monti Tifatini
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Figura 4 – Chiesa di San Rufo
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Figura 5- San Pietro ad Montes
Maddaloni 29/2/2016
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