Dossier - STORIA - Guida allo studio

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Dossier - STORIA - Guida allo studio
Dossier per la prima provai
DOSSIER PER LA STESURA DI UN “SAGGIO BREVE”
O DI UN “ARTICOLO DI GIORNALE” DI AMBITO STORICO-POLITICO
Volume 3 - Sezione IIII
Consegne
STORIA © 2009 De Agostini Scuola SpA – Novara – Pagina fotocopiabile e scaricabile dal sito www.scuola.com
Sviluppa l’argomento in forma di “saggio breve” o di “articolo di giornale”, utilizzando i documenti e i dati che lo corredano. Se scegli la forma del “saggio breve”, interpreta e confronta i documenti e i dati forniti e su questa base: svolgi, argomentandola, la tua trattazione, anche con
opportuni riferimenti alle tue conoscenze ed esperienze di studio. Da’ al saggio un titolo coerente
con la tua trattazione e ipotizzane una destinazione editoriale (rivista specialistica, fascicolo scolastico di ricerca e documentazione, rassegna di argomento culturale, altro).
Se lo ritieni opportuno, organizza la trattazione suddividendola in paragrafi cui potrai dare eventualmente uno specifico titolo.
Se scegli la forma dell’”articolo di giornale”, individua nei documenti e nei dati forniti uno o più
elementi che ti sembrano rilevanti e costruisci su di essi il tuo “pezzo”. Da’ all’articolo un titolo
appropriato e indica il tipo di giornale sul quale ne ipotizzi la pubblicazione (quotidiano, rivista
divulgativa, giornale scolastico, altro). Per attualizzare l’argomento, puoi riferirti a circostanze
immaginarie o reali (mostre, anniversari, convegni o eventi di rilievo). Per entrambe le forme di
scrittura non superare le quattro o cinque colonne di metà di foglio protocollo.
Argomento
La crisi economica “globale” contemporanea e le ricorrenti crisi
della storia: sintomi e contromisure adottate nel tempo
Documenti
1. La crisi del Trecento
L’inizio del XIV secolo coincide con la fine del periodo d’espansione dell’economia medievale.
[...] Nei primi anni del XIV secolo il movimento economico registrò non un declino, ma un vero e
proprio arresto e se non giunse al punto di indietreggiare, certamente cessò di avanzare. L’Europa visse di rendita, contenta delle posizioni acquisite; il fronte economico si stabilizzò. [...]
Una prova, anzitutto, dell’arresto della spinta economica è data dal fatto che il commercio non
tendeva più ad allargare la sua area di espansione [...], ormai si viveva sul passato, senza tentare
di spingersi oltre i limiti raggiunti. [...] È anche il momento in cui l’incremento demografico si ferma, e tale arresto costituisce il sintomo più significativo di una stabilizzazione delle condizioni di
una società, di una evoluzione giunta al punto culminante. Bisogna aggiungere, a questo punto,
che responsabili dell’arresto del progresso del XIV secolo furono in gran parte le catastrofi naturali abbattutesi sull’Europa in quel periodo. [...]
A queste calamità naturali la politica ne aggiunse altre, non meno crudeli. [...] Il numero dei consumatori si restrinse. Il mercato perse una parte del suo potere d’assorbimento. Simili calamità
contribuirono notevolmente a inasprire quei disordini sociali, che fanno del XIV un secolo tanto
diverso dal XIII. Ma la causa principale della nuova situazione va ricercata nella stessa organizzazione economica, la quale era giunta a un tal punto di disfunzione da provocare uno scontento
evidente sia tra le popolazioni urbane sia tra quelle rurali.
(Henri Pirenne, Storia economica e sociale del Medioevo, Garzanti, Milano 1967)
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La grande crisi e l’età dei totalitarismi
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2. La recessione spagnola del Seicento
[L’aumento dei prezzi] è il risultato dell’abbondanza di moneta, dell’oro e dell’argento, e questo
allorché mancano le cose necessarie alla vita umana, cose la cui mancanza in un regno fa fallire
questo regno nella vera ricchezza. [...]
Mai come oggi vi sono stati sudditi ricchi, eppure mai vi è stata fra di loro altrettanta miseria, mai
vi è stato un re [Carlo V] così potente e padrone di tante ricchezze, e mai fino ad ora un re è salito sul trono con un pari impoverimento e un pari indebitamento dei suoi stati. E ciò che ha impedito alla ricchezza di mettere radici deriva dal fatto che essa è rimasta e rimane in aria, fatta com’è di carta, contratti, censi, lettere di cambio, moneta, argento, oro, e non invece in beni capaci
di fruttificare e di attrarre a sé, come cose più degne, le ricchezze dei paesi stranieri, sostenendo
così quelle del paese. [...]
Tutto il male deriva dall’aver disdegnato ciò che costituisce il sostegno naturale dell’uomo e dall’aver adottato questo atteggiamento distruggitore di ogni repubblica: credere che la ricchezza
sia soltanto nel denaro e nell’interesse del denaro. I titoli di rendita che riportano questo interesse hanno fatto cadere, come una peste universale, questo paese nel più profondo grado della
miseria; perché tutti gli spagnoli, o la maggior parte di loro, hanno desiderato vivere di questi titoli e dei loro redditi, senza cercare di approfondire da dove potrebbero far uscire i mezzi per sostenere un simile modo di vivere. [...] Il fatto è che quando il mercante, per l’illusione del profitto
assicurato che riportano i titoli, abbandona i suoi affari, e l’artigiano il suo mestiere, e il coltivatore il suo campo, e il pastore il suo gregge, quando il nobile vende le sue terre per scambiare il
cento che esse valgono contro cinquecento in titoli di rendita, essi non si accorgono che se tutti
fanno la stessa cosa il reddito reale dei patrimoni si esaurisce, e tutto il denaro se ne va in fumo.
(M.G. de Cellorigo, Memorial (Valladolid, 1600), in P. Vilar, Une histoire en construction,
Gallimard-Ed. du Seuil, Paris 1982, pp. 241-242 e 261)
3. La grande depressione
Negli ultimi tre mesi io, Oscar Ameringer di Oklahoma City, ho visitato, come ho detto, una ventina di stati di questo Paese, meravigliosamente ricco e bello. Ecco alcune delle cose che ho sentito e visto. Diversi contadini del Montana mi hanno detto di aver lasciato ingenti quantità di grano nei campi senza raccoglierlo, perché il suo prezzo è ribassato tanto che pagherebbe a stento
le spese della mietitura. Nell’Oregon ho visto migliaia di chili di mele marcire nei frutteti. Si vendevano solo le mele assolutamente impeccabili, e costavano dai 40 ai 50 centesimi per ogni cassetta di 200 pezzi. Intanto ci sono milioni di bambini che, per l’estrema miseria dei loro genitori,
non potranno mangiare neppure una mela quest’inverno. Mentre mi trovavo nell’Oregon [...] ho
parlato con un allevatore. Mi ha spiegato che aveva fatto uccidere 3.000 pecore quest’autunno e
le aveva fatte buttare giù nel canyon, perché il trasporto di una pecora costava un dollaro e dieci,
mentre non avrebbe ricavato neppure un dollaro dalla vendita della bestia. Non poteva permettersi di dar da mangiare alle sue numerosissime pecore ma non voleva lasciarle morire di fame,
perciò le aveva sgozzate una dopo l’altra e le aveva buttate nel canyon.
Le strade dell’Ovest e del Sud-ovest brulicano di autostoppisti affamati. I fuochi degli accampamenti dei senzatetto si vedono lungo tutte le linee ferroviarie. Ho visto uomini, donne e bambini in
marcia lungo le strade statali.
Il contadino è impoverito dalla miseria industriale e la popolazione industriale è impoverita dalla
miseria del contadino. Nessuno dei due ha il denaro per comprare i prodotti dell’altro; perciò abbiamo contemporaneamente nello stesso paese sovrap-produzione e sottoconsumo.
(O. Ameringer, La disoccupazione negli Stati Uniti. Udienze del sottocomitato per il lavoro, Camera dei rappresentanti, 1932)
4. Il punto di vista fascista sulla crisi del 1929
Avendovi abituati al mio linguaggio duro, preciso, senza eufemismi e reticenze, non stupirete se
vi dico che la situazione dall’ottobre è notevolmente peggiorata in tutto il mondo e quindi anche
in Italia. È infatti dell’ottobre del ’29 lo scoppio, – potrebbe dirsi ad alto esplosivo, – della crisi
americana. [...]
Per quanto concerne l’Italia, quattro indici indiscutibili caratterizzano il fenomeno nella sua attuale fase: il numero dei protesti cambiari [rifiuti di onorare le cambiali]; il numero dei dissesti o falli2
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menti; la minore occupazione operaia; la contrazione nelle entrate dello Stato. Va da sé che il Governo non assiste da spettatore impassibile allo svolgersi del fenomeno, né fa soltanto assegnamento sulle forze equilibratrici e riparatrici della natura. Invece come è suo diritto e dovere interviene con misure di ordine generale [...].
L’azione del Regime, – positiva e negativa, ausiliatrice e punitrice, – è in atto; si svolge giorno per
giorno come ognuno di voi sa e può constatare. Nessuno che sia intelligente e galantuomo può
attendere dei prodigi: sino a oggi, non li ha fatti nemmeno Hoover, che è l’uomo più potente del
mondo nel Paese più ricco del mondo. Si tratta di eliminare le punte di maggiore disagio, di facilitare l’opera delle forze riparatrici, di bonificare il morale dei produttori, poiché anche il morale ha
la sua importanza nello svolgimento dei fenomeni economici.
(Benito Mussolini, La crisi economica mondiale, 1° ottobre 1930, in E. e D. Susmel (a cura di),
Opera omnia, vol. I, p. 258, La Fenice, Firenze 1951)
5. Il New Deal di Roosevelt
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Voglio parlare un paio di minuti con il popolo degli Stati Uniti a proposito del sistema bancario:
con i pochi, relativamente, che comprendono i meccanismi bancari ma più specificamente con la
stragrande maggioranza che usa le banche per fare depositi e incassare assegni. Voglio dirvi
quello che è stato fatto negli ultimi giorni, perché è stato fatto e quali saranno i prossimi passi.
[...] So che quando comprenderete quello che abbiamo fatto a Washington potrò continuare a
contare sulla vostra cooperazione come ho potuto contare sulla vostra comprensione e sul vostro aiuto la settimana scorsa.
Per prima cosa, lasciatemi ricordare il semplice fatto che quando voi depositate del denaro in
banca la banca non mette il denaro in una cassaforte, bensì investe il vostro denaro in molte differenti forme di fondi obbligazionali, cambiali finanziarie, mutui e molti altri tipi di prestiti. In altre
parole, la banca investe il vostro denaro per permettere alla ruota dell’agricoltura di continuare a
girare. Solo una parte relativamente piccola del denaro che voi depositate in banca viene mantenuto come contante – una parte che in circostanze normali basta senza problemi a coprire i bisogni di liquidità del cittadino medio. In altre parole, l’ammontare totale di tutto il contante presente
nel Paese è solo una piccola frazione del totale dei depositi di tutte le banche.
E allora, che cosa è successo negli ultimi giorni di febbraio e nei primi giorni di marzo? È successo che poiché era stata minata la fiducia di una parte dei cittadini, c’è stata una corsa generale di
una larga fetta della popolazione alla conversione dei depositi bancari in contante o in oro. Una
corsa così imponente che persino le banche più solide non riuscivano a procurarsi abbastanza
contante per soddisfare la richiesta. [...]
Una domanda che voi porrete sarà questa: perché non è prevista la riapertura di tutte le banche
in una volta sola? La risposta è semplice. Il vostro Governo non intende permettere che si ripeta
la storia degli ultimi anni. Noi non vogliamo e non avremo un’altra epidemia di fallimenti bancari.
Infatti, c’è un elemento del risanamento del nostro sistema finanziario che è più importante del
contante, più importante dell’oro, ed è la fiducia della gente. [...] Insieme non possiamo fallire.
(F.D. Roosevelt, Il discorso radiofonico originale può essere letto e ascoltato all’indirizzo:
http://millercenter.org/scripps/archive/speeches/detail/3298)
6. Le cause della crisi del ’29
Quali sono, dunque, le cause plausibili della depressione? [...]
La cattiva distribuzione del reddito. [...] Questa distribuzione del reddito estremamente diseguale
significava che l’economia era basata su un alto livello d’investimenti o su un altro livello di spese
in oggetti di consumo di lusso, o su entrambi. I ricchi non possono comprare grandi quantità di
cibo. [...]
La cattiva struttura bancaria. Benché i banchieri non fossero nel 1929 insolitamente avventati, la
struttura bancaria era intrinsecamente debole. La debolezza era implicita nel gran numero di unità indipendenti. Quando una banca falliva, le disponibilità di altre venivano congelate [...]: così un
fallimento ne tirava altri, e il movimento si diffondeva con un effetto domino. [...]
Lo stato dubbio della bilancia dei pagamenti. È una storia nota. Durante la prima guerra mondiale, gli Stati Uniti divennero un paese creditore nei conti internazionali. [...] Ciò significava che [gli
altri paesi] erano costretti o ad aumentare le esportazioni verso gli Stati Uniti o a ridurre le impor3
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tazioni e a venir meno agli obblighi derivanti dai prestiti del passato. Il presidente Hoover e il
Congresso provvidero immediatamente a eliminare la prima possibilità [...] con un marcato aumento delle tariffe doganali. Di conseguenza i debiti, inclusi i debiti di guerra, non vennero più
pagati e si verificò una precipitosa flessione nelle esportazioni americane [...] [che] pesò in modo
particolarmente grave sugli agricoltori.
(J.K. Galbraith, Il grande crollo, Boringhieri, 1972)
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7. La crisi economica contemporanea: sarà la più lunga di tutte?
“Dr. Doom”1 non ha cambiato idea, gli Stati Uniti sono in crisi e ci resteranno a lungo, almeno fino alla prossima estate: «Anche se il piano del Tesoro da 700 miliardi di dollari verrà messo in atto correttamente, e ho buoni motivi per dubitarne, questo non eviterà la crisi bancaria e la recessione. Il treno della recessione è già partito, ha lasciato la stazione nel primo trimestre di quest’anno e il suo viaggio durerà almeno 18 mesi». “Dottor Recessione” è il soprannome che Nouriel Roubini, economista, professore alla Stern School of Business della New York University si è
conquistato prevedendo con largo anticipo lo scoppio della bolla immobiliare, il crollo della fiducia dei consumatori e dei mercati finanziari e una profonda recessione. Il piano del Tesoro americano, a cui non risparmia aspre critiche, «non servirà a salvare il sistema finanziario dalla crisi ma
potrà evitare una recessione lunga un decennio come quella del Giappone». [...] Ieri mattina “Dr.
Doom” ha tenuto una delle sue conference call con i lettori che ha in tutto il mondo, il cui titolo
non lasciva spazio a dubbi: “Crisi finanziaria e recessione profonda: il peggio deve ancora venire”. La sua idea è che questa recessione sarà peggiore di quelle che l’hanno preceduta negli ultimi vent’anni perché «siamo di fronte alla peggior crisi immobiliare, bancaria e finanziaria dai tempi della Grande Depressione».
«Sei mesi fa [...] sembrava che sarebbero stati soltanto gli Stati Uniti ad entrare in crisi e si poteva sperare che sarebbe stato il resto del mondo a soccorrere l’America, invece ora stiamo vedendo rallentamenti ovunque e non si può più parlare di recessione o crisi finanziaria americana
ma sta diventando una recessione e una crisi di tutte le economia avanzate». [...] La conclusione
di Roubini è letteraria, per descrivere il futuro dell’America e di Wall Street, costrette a sperare
che i cinesi non chiudano i rubinetti, si affida alle parole di Tennessee Williams, quelle pronunciate da Blanche la protagonista di Un tram chiamato Desiderio: «Mi sono sempre affidata alla bontà degli estranei».
(Mario Calabresi, Roubini: «È la crisi più lunga», “La Repubblica”, 25 settembre 2008, p. 20)
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Letteralmente “Dottor Destino”, in italiano tuttavia il titolo è stato adattato in “Dottor Recessione”.
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