Le politiche di coesione in Italia
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Le politiche di coesione in Italia
PILLOLA 1.2 Le politiche di coesione in Italia Tutti noi vorremmo che i luoghi in cui viviamo fossero i migliori possibili. Ci piacerebbe respirare aria pulita, avere strade sicure e veloci da percorrere, spostarci con facilità nelle nostre città e nei luoghi di lavoro, avere scuole e università in grado di prepararci al meglio per il futuro, avere sempre opportunità di lavoro, vivere in un contesto economico competitivo e dinamico. Per soddisfare queste domande, spesso occorrono soluzioni complesse. Ognuno di noi può dare una mano, però molto dell’impegno per raggiungere questi obiettivi è in capo alle politiche pubbliche, che sono pensate e progettate dalle nostre istituzioni per rispondere a questo tipo di esigenze. Come? Utilizzando le risorse pubbliche, ovvero soldi che appartengono a tutti noi. Le politiche di coesione, appunto, finanziano programmi e progetti con lo scopo di cambiare qualcosa in meglio, riducendo le differenze tra i territori e aiutando chi sta più indietro, agendo soprattutto laddove le politiche ordinarie non arrivano, o non possono o non riescono ad arrivare. In sintesi, “coesione” significa: sviluppo armonioso tra le Regioni, riduzione delle differenze tra chi ha più possibilità e chi ne ha di meno, coesione economica, sociale, territoriale. Ma qual è la differenza tra le “politiche di coesione” e le “politiche ordinarie”? Le risorse pubbliche vengono impegnate e spese per attuare interventi delle diverse istituzioni pubbliche (lo Stato, la Regione, il Comune, altri enti e amministrazioni pubbliche, ma anche l'Europa) affinché tutti i cittadini siano dotati di una equa e efficiente dotazione di infrastrutture e servizi. Come è possibile questo, in Paesi – come per esempio l'Italia – in cui i territori hanno livelli di sviluppo a volte molto diversi? Proprio con lo stanziamento di risorse pubbliche dedicate, allo scopo di evitare che i territori si allontanino troppo tra loro e che vivere in alcuni posti sia più difficile rispetto ad altri. Le politiche di coesione hanno infatti come obiettivo quello di favorire l'armonia dei territori, affinché le differenze tra di essi non siano più uno svantaggio ma un'opportunità di crescita. Si inseriscono nelle politiche ordinarie con l'obiettivo di avvicinare i territori, di migliorarli, di creare infrastrutture, competenze e servizi cercando di valorizzare le specificità dei luoghi, attraverso la promozione di occasioni di avanzamento economico e l’implementazione di servizi pubblici in termini quantitativi e qualitativi. Le politiche di coesione traggono fondamento e legittimazione dalla Costituzione italiana (art. 119, comma 5 – art. 3 comma 2) e dal Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (art. 174), che richiedono appunto “interventi speciali” per promuovere uno “sviluppo armonioso” (Trattato) e per “rimuovere gli squilibri economici e sociali” (Costituzione). Gli ambiti di intervento finanziati sono davvero tanti e molto diversi tra di loro: si passa dal temi che riguardano l’agenda digitale, con la digitalizzazione dei servizi pubblici piuttosto che la diffusione della banda larga sui nostri territori, alle politiche ambientali, la competitività delle imprese, l'energia, l'inclusione sociale, l'istruzione, l'occupazione, i trasporti, la ricerca e l’innovazione per rendere le nostre imprese più competitive. Per far “convergere” territori diversi possono infatti servire cose molto diverse, in settori molto diversi tra loro. Ma quante sono le risorse dedicate alle politiche di coesione, e quanto valgono in termini economici? Innanzitutto, dobbiamo sapere che le risorse necessarie a finanziare le politiche di coesione sono sia nazionali (stanziate qui in Italia), sia europee (cioè stanziate dall’Unione Europea). L’Europa si impegna in maniera molto rilevante per le politiche di coesione: mette infatti a disposizione circa un terzo del proprio bilancio, principalmente tramite i cosiddetti Fondi Strutturali. Per usare questi fondi è però obbligatorio un cofinanziamento nazionale, ovvero ogni Stato membro deve aggiungere risorse proprie, altrimenti i soldi europei non si possono spendere. Ma l’Italia, oltre al cofinanziamento obbligatorio dei fondi europei, stanzia ulteriori risorse nazionali dedicate alle politiche di coesione, per effettuare quegli “interventi speciali” in favore di determinati territori, così come previsti dalla Costituzione. Si tratta sostanzialmente del cosiddetto Fondo di Sviluppo e Coesione e di altri fondi, la cui dotazione, però, non è fissa nel tempo come i Fondi Strutturali, ma dipende dalle decisioni che nel corso degli anni prende il Parlamento. Gli interventi nell’ambito delle politiche di coesione vengono finanziati per cicli di programmazione. Ogni ciclo della politica di coesione dura 7 anni ma le regole finanziarie comunitarie consentono di poter spendere queste risorse anche successivamente all’ultimo anno di riferimento e dunque ci può essere una sovrapposizione tra un periodo e un altro: per esempio, c’è ancora tempo fino al 2015 per concludere gli interventi del periodo 2007-2013, mentre è già iniziato il periodo 2014-2020. Il ciclo 2007-2013, che si sta per chiudere, comprende, per la parte sostenuta dalle risorse europee, 52 Programmi Operativi con interventi destinati all’intero territorio nazionale e con distinzioni specifiche tra le regioni meno sviluppate (Obiettivo Convergenza, in cui ricadono le 4 regioni di Campania, Puglia, Calabria e Sicilia) e quelle più sviluppate (Obiettivo Competitività Regionale e Occupazione). Le politiche europee di coesione si concretizzano, a livello nazionale, nei Programmi Operativi, che sono gestiti dalle Amministrazioni centrali - come i Ministeri - o dalle Regioni. I Programmi illustrano gli obiettivi generali che si vogliono raggiungere, i risultati che si vogliono ottenere e le azioni che vanno realizzate (le linee di intervento). Ciascun Programma così definito rappresenta uno schema di riferimento generale all'interno del quale vengono realizzati un grande numero di progetti, che coinvolgono tantissimi soggetti sul territorio (le imprese, altre amministrazioni, i cittadini). Ciascuno di questi progetti, per la propria parte, contribuisce al conseguimento dei risultati del Programma. Il ciclo di programmazione del periodo 2014-2020 è orientato alla crescita inclusiva, intelligente, sostenibile. L’Accordo di Partenariato per l’Italia è il documento predisposto dal nostro Paese in collaborazione con le istituzioni di livello centrale e locale e i partner economici e sociali, che definisce strategie, metodi e priorità di spesa. È stato approvato dalla Commissione Europea il 29 ottobre 2014. Sempre per il ciclo di programmazione 2014-2020, le politiche di coesione a livello europeo prevedono interventi suddivisi per tre categorie di regioni: regioni meno sviluppate, regioni in transizione, regioni più sviluppate. In Italia, fanno parte delle “Regioni meno sviluppate” la Basilicata, la Calabria, la Campania, la Puglia e la Sicilia (quindi, rispetto al 2007-2013, anche la Basilicata si aggiunge alle altre 4 regioni del Sud) . Nelle “Regioni in transizione” rientrano Abruzzo, Molise e Sardegna, mentre le restanti fanno parte delle “Regioni più sviluppate”. L’Accordo per il ciclo di programmazione 2014-2020 riguarda 4 Fondi, che prendono il nome di Fondi Strutturali e di Investimento Europei, e sono: il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, il Fondo Sociale Europeo e, quale novità rispetto al 2007-2013, il Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale e il Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e la Pesca. I Fondi sono focalizzati su questi 11 obiettivi tematici: Ricerca e innovazione, Tecnologie dell’informazione e della comunicazione, Competitività delle Piccole e Medie Imprese, Economia a basse emissioni di carbonio, Lotta ai cambiamenti climatici, Ambiente ed efficienza delle risorse, Trasporto sostenibile, Occupazione e mobilità, Inclusione sociale, Istruzione e formazione più efficaci, Amministrazione Pubblica più efficiente. Come abbiamo già detto, circa un terzo del Bilancio europeo è destinato alle politiche di coesione. In termini economici, per il periodo 2007-2013 sono stati stanziati circa 350 miliardi di risorse comunitarie per tutti i Paesi europei. Ciascuno ne riceve in quantità diversa, in base al livello di sviluppo delle proprie regioni. Per lo stesso periodo, circa 28 miliardi di e uro sono stati assegnati all’Italia direttamente dal Bilancio europeo . Per il periodo 2014-2020 l’Italia riceverà complessivamente dall’Europa circa 44 miliardi di euro, considerando anche il Fondo per lo sviluppo rurale e quello per la pesca. Queste risorse, in base alle regole vigenti, potranno essere utilizzate fino al 2023. Complessivamente, considerando tutti i diversi canali finanziari, europei e nazionali, le risorse per le politiche di coesione in essere in Italia, che hanno un orizzonte pluriennale, valgono circa 100 miliardi di euro. Ecco qualche esempio concreto di progetti realizzati con le politiche di coesione. C’è la linea della Tramvia a Firenze, che si poneva l’obiettivo di facilitare la mobilità nell’area fiorentina e tuttora sono in corso altre due linee, c’è una tramvia anche a Palermo per migliorare il sistema del trasporto pubblico locale… Ci sono corsi di formazione, come questo laboratorio cosiddetto “dal basso”, dove sono gli stessi studenti (in questo caso giovani pugliesi) che scelgono temi e insegnanti, anche esteri, con cui confrontarsi per la loro futura attività imprenditoriale… Ci sono interventi di bonifica ambientale come quello del sito dell’ex gasometro di Bari… e c’è anche il museo dell'auto a Torino, che beneficia di fondi per migliorare la sua offerta, ampliare servizi e esposizioni, e attrarre un maggior numero di visitatori, con ricadute positive sull'economia locale, o il Museo del giocattolo nel Comune di Ales in Sardegna… Si finanziano anche poli di innovazione e di ricerca in cui si studiano nuovi materiali e nuove tecnologie che possono rendere più competitiva anche l'industria locale. Un esempio sono i tecnopoli dell’Emilia Romagna, tra cui quello di Mirandola nel settore biomedicale. Anche un’opera cinematografica può essere finanziata dalle politiche di coesione: è successo per il film “Basilicata Coast to Coast”, che valorizzando e facendo conoscere questa regione al grande pubblico, aveva anche lo scopo di richiamare turisti nelle aree attraversate durante il film. I progetti finanziati dalle politiche di coesione sono molti, e spesso sono contemporaneamente finanziati anche da altre risorse (pubbliche o private). Pur intervenendo in tanti settori diversi (dai trasporti alla cultura, alla formazione, alla ricerca, all’ambiente, eccetera), hanno in comune l’intento di cambiare in meglio i luoghi in cui si realizzano. Come vediamo dagli esempi fatti, le politiche di coesione hanno una prospettiva di lungo periodo. I loro risultati sono spesso visibili solo a lungo termine. Quali strumenti abbiamo noi cittadini per capire cosa fanno queste politiche? Come possiamo informarci e sapere quali altri progetti vengono realizzati e magari cosa viene fatto proprio nella nostra città? Il portale web OpenCoesione (che significa, appunto, apertura sulle politiche di coesione) fornisce una buona parte delle informazioni disponibili negli archivi delle amministrazioni che finanziano e programmano le politiche di coesione e consente a chiunque, navigando su Internet, di capire meglio come vengono spesi questi fondi, da chi e dove, e quali sono i risultati connessi agli interventi finanziati.