approccio tecnologico innovativo nella produzione degli oli di semi

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approccio tecnologico innovativo nella produzione degli oli di semi
Approccio tecnologico innovativo nella
produzione degli oli di semi
M. Mozzon*
D. Pacetti
N.G. Frega
Dipartimento di Scienze Agrarie
Alimentari e Ambientali (D3A)
Università Politecnica delle Marche
Ancona
*AUTORE DI RIFERIMENTO
Prof. Massimo Mozzon
e-mail: [email protected]
Tel: +39 071 2204924
Fax: +39 071 2204980
(*) Presentato in occasione del
Convegno Nazionale “Dal 1963 al
2013, da Umberto Pallotta,
Pompeo Capella e
Edoardo Turchetto in poi: i lipidi in
50 anni di ricerca”.
(Chi non conosce la storia è costretto a
riviverla).
Progetti: PRIN 2009 e
Industria 2015 (Made in Italy).
Ancona, 10-11 Ottobre 2013
Dipartimento di Scienze Agrarie,
Alimentari ed Ambientali
Università Politecnica delle Marche
I processi industriali per la produzione di oli edibili da matrici vegetali comportano
generalmente una fase di estrazione con solvente (esano commerciale), che può essere
preceduta da metodi fisici di separazione (pressione, centrifugazione, percolamento).
L’estrazione con esano consente di ottenere rese in olio superiori al 95%, con tenori
di olio residuo nelle farine deoleate inferiori a 1%. Le crescenti attenzioni in materia
ambientale, hanno tuttavia determinato un rinnovato interesse nello sviluppo di processi
alternativi mediante l’impiego di mezzi acquosi o altri solventi a impatto ambientale nullo
e biorinnovabili (miscele idroalcoliche, fluidi supercritici).
Le possibilità di efficace industrializzazione delle tecnologie estrattive acquose sono
legate al superamento di tre limitazioni fondamentali: (1) basse rese in olio; (2) necessità
di interventi di disemulsionamento per il recupero di olio “libero”; (3) trattamento dei
volumi di effluenti prodotti.
Il presente lavoro riassume i dati pubblicati in letteratura, evidenziando i principali fattori
ostativi (tecnici, legislativi, caratteristiche dei prodotti) che limitano lo sviluppo industriale
delle tecnologie di estrazione acquosa. Sono inoltre illustrati i risultati preliminari relativi
ad uno studio sulle caratteristiche di oli di nocciola ottenuti con sistemi fisici diversi: il tipo
di tecnologia e le condizioni di processo adottate possono portare a risultati non sempre
facilmente razionalizzabili e quindi prevedibili, cioè modulabili nel senso desiderato
attraverso la scelta a priori della tecnologia e delle variabili di processo.
Innovative technological approach in the production of seed oils
Industrial processes for the extraction of edible oil from oleaginous crops generally
involve a solvent extraction step, which may or may not be preceded by pressing or other
physical methods of separation (centrifugation, Sinolea® system).
Solvent-based (commercial hexane) processes achieve oil yields in excess of 95%
with residual oil in defatted meals less than 1%. Safety implications surrounding the
use of hexane prompted attempts to develop processes based on the use of aqueous
extraction media or other biorenewable solvents (aqueous ethanol, supercritical carbon
dioxide). These environmentally clean technologies, however, have significant challenges
that have limited their commercial applications: (1) lower efficiency of oil extraction, (2)
demulsification requirements to recover oil from oil-rich emulsion fraction stabilized by
proteins and phospholipids, (3) treatment of the resulting aqueous effluent.
This article analyzes published information on aqueous extraction processes and
highlights the main limitations to the development of these technologies. It also briefly
reports on some preliminary results of a study on the characteristics of hazelnut oils
obtained with different physical systems: technology type and process conditions may
lead to results not always easily predictable.
Key words: aqueous extraction process; enzymatic demulsification; enzyme-assisted
aqueous extraction process; oil extraction; oil quality
La rivista italiana delle sostanze grasse - VOL. XCI - LUGLIO/SETTEMBRE 2014
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INTRODUZIONE
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I processi industriali per la produzione di oli edibili da
matrici vegetali comportano generalmente una fase
di estrazione con solvente, la quale può essere preceduta da metodi fisici di separazione, riconducibili
ai sistemi fondamentali della pressione, della centrifugazione e del percolamento. I processi fisici e quelli
combinati (pressione + solvente) sono tradizionalmente applicati a materie prime ad alto (superiore al
30-35%) contenuto in olio (arachide, colza, girasole,
nocciola, sesamo, cartamo, lino), al germe di mais e
ai frutti oleaginosi (oliva, palma, cocco).
Gli impianti di estrazione con solvente operano con
esano “commerciale”, una miscela di idrocarburi composta prevalentemente da n-esano (> 60%) assieme
a minori quantità di suoi isomeri (2- e 3-metilpentano,
dimetilbutani), cicloesano, metilciclopentano, pentani
ed eptani. L’industria alimentare è responsabile di un
contributo non trascurabile all’emissione globale di
composti organici volatili (COV), prevalentemente per
opera del comparto oli vegetali [1]. La sostituzione
di solventi organici con mezzi di “estrazione” a base
acquosa è stata sperimentata fin dagli anni 50 [1-3],
sulla spinta della valorizzazione nutrizionale del sottoprodotto deoleato quale importante fonte di proteine vegetali food-grade. Tuttavia, le basse rese in olio
dei metodi di estrazione acquosa (EA) hanno sempre
rappresentato un ostacolo economico pressoché
insormontabile nei confronti dell’estrazione integrale con solvente dalla matrice di partenza, anche in
considerazione del fatto che un alto contenuto di olio
residuo nel panello proteico ne limita la conservabilità
(irrancidimento ossidativo) e le possibilità d’impiego.
Le crescenti attenzioni in materia ambientale hanno
prodotto numerosi atti e provvedimenti legislativi [4, 5]
finalizzati a prevenire o quantomeno ridurre gli effetti
diretti e indiretti di COV sull’ambiente e sull’uomo, fissando limiti di emissione per tali composti e creando
opportune condizioni operative per gli impianti che
usano solventi organici. Ciò ha determinato un rinnovato interesse nello sviluppo di processi di estrazione
alternativi mediante solventi a impatto ambientale nullo e biorinnovabili quali acqua, miscele idroalcoliche
[6] e fluidi supercritici [7, 8].
Le tecnologie di EA prevedono la dispersione in acqua della materia prima opportunamente macinata,
sotto agitazione e nelle appropriate condizioni operative (Tabella I): le componenti idrosolubili e in qualche modo “solubilizzabili” della matrice diffondono
nel mezzo acquoso rendendo la fase oleosa “libera” e
separabile dalle altre (acquosa e solida) mediante sedimentazione o centrifugazione [1, 9, 10]. Più precisamente, la quota lipidica “recuperabile” della materia
prima si ripartisce tra una vera e propria fase leggera
di olio “libero”, peraltro non sempre ottenibile, e una
fase di emulsione olio in acqua (O/A), stabilizzata da
proteine e fosfatidi. Materiale proteico può essere
recuperato come “concentrato” nella fase solida, o
come “isolato” dalla fase acquosa intermedia mediante precipitazione isoelettrica [3]. Anche tecnologie di
filtrazione per membrana (ultrafiltrazione, osmosi inversa) hanno trovato impiego per la concentrazione e
il frazionamento di proteine vegetali dalle fasi acquose
ottenute da processi di EA [11-15].
Un consistente volume di letteratura riporta i risultati
sperimentali di processi di EA su un gran numero di
materie prime, con o senza l’ausilio di enzimi in fase
di estrazione vera e propria e/o di risoluzione delle
emulsioni O/A. Oli e grassi alimentari “vergini” o materiali lipidici per l’industria cosmetica sono stati ottenuti da: soia [16-25], arachide [2, 26, 28-30], palmisti
[31], cocco [32-36], girasole [37-42], colza [40, 43,
44], sesamo [45-47], cartamo [48], germe di grano
[49], di mais [50] e di riso [51-54], ma anche noci di
karité [55], semi di avocado [56-58], di cacao [59], di
senape gialla [60], di camelia [61], di Moringa [62, 63],
di cocomero [64], di alchechengio peruviano [65], di
mango africano [66].
La sostituzione di solventi organici con i più economici mezzi di estrazione a base acquosa può teoricamente presentare numerosi vantaggi in termini energetici, ambientali, impiantistici e di caratteristiche del
prodotto finito, o almeno per alcune di queste (Tabella
II). D’altra parte, esistono importanti fattori ostativi a
un vero e concreto interesse da parte dell’industria
olearia per gli oli vegetali non raffinati ottenuti con
mezzi fisici dalle rispettive materie prime, di fatto, a
oggi, ancora confinati in una ridottissima nicchia di
mercato. Ciò appare poco comprensibile, in un mo-
Tabella I - Variabili operative nei processi di EA
Caratteristiche della materia prima



dimensioni medie delle particelle
grado di rottura delle pareti cellulari
tipo di preparazione (macinazione, estrusione, laminazione)
Caratteristiche dell’enzima


composizione del preparato enzimatico
concentrazione di enzima nella sospensione acquosa della matrice
Variabili di processo






pH
temperatura
velocità e modalità di agitazione in fase di estrazione
tempo di contatto solido/acqua
rapporto di diluizione solido/acqua
numero di stadi di estrazione
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Tabella II - Estrazione acquosa vs estrazione con solventi
Limiti
Vantaggi
Aspetti ambientali
Trattamento di consistenti volumi di acque reflue
Zero emissione di componenti organici volatili (COV)
Aspetti economici
Costi per demulsificazione, rimozione di acqua dai
prodotti finali, igiene
Bassi costi di esercizio (nessuna spesa energetica per
recupero solvente)
Possibilità di produzione simultanea di olio edibile
(raffinazione non necessaria) e concentrato/isolato
proteico (detossificato)
Bassi costi di investimento: impianti semplici; nessun
investimento richiesto per controllo e monitoraggio
emissioni COV; nessun investimento in sistemi di
sicurezza
Aspetti impiantistici
Resa di estrazione
Sicurezza (assenza tossicità e rischi incendi,
esplosioni)
Formazione di emulsioni (demulsificazione necessaria
per recuperare olio limpido)
Possibilità di usare tecnologie e impianti già sul
mercato (decanter)
Minore stabilità (conservabilità) del residuo proteico
Rischio sviluppo microbico
Caratteristiche dei prodotti
Caratteri organolettici dell’olio marcati (colore, aroma)
Oli “vergini” (nessuna raffinazione)
Contemporanea degommazione dell’olio
Rimozione di componenti idrosolubili tossici e
antinutrizionali (gossipolo e altri composti simili,
tioglucosidi gozzigeni, acidi clorogenici, fitati)
Minore danneggiamento proteine
mento storico nel quale la richiesta di alimenti poco
“processati” è in continua crescita e sembra ancora
lontana da una soddisfacente risposta del mercato.
ASPETTI LEGISLATIVI
L’assenza di un quadro legislativo univoco e ben delineato in ogni suo aspetto non favorisce certo investimenti in ricerca e in tecnologia per un’efficace industrializzazione di processi solvent free.
La situazione normativa italiana è tuttora ancorata alla
Legge n. 35 del 27/1/1968, che impone la decolorazione e, di fatto, la raffinazione completa, degli “oli
di semi” destinati al consumo alimentare, includendo
nella definizione anche gli oli ottenuti “dalla pressione
meccanica di semi oleosi”. Per consentire l’immissione sul mercato di “oli ottenuti dalla sola pressione
meccanica di semi oleosi”, il Ministero dell’Agricoltura
e delle Foreste (oggi Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali) è intervenuto con una serie
di Circolari (28/02/1991, 08/02/1995 e 24/05/2000)
indicando la denominazione merceologica “oli di semi
di pressione” o “oli di semi di spremitura”, senza peraltro produrre tabelle merceologiche che consentano l’identificazione univoca della tipologia di prodotto
in oggetto e la conseguente possibilità di tutela legale. Tale grave lacuna è stata sanata dall’attività del
Gruppo di lavoro “Oli di pressione a freddo”, operante
nell’ambito della Sottocommissione Oli Vegetali della
Commissione Tecnica (CT) presso la SSOG di Mi-
lano, in seguito pubblicata come insieme di norme
raccomandate dalla Commissione Centrale Tecnica
dell’UNI (Tabella III). Per le materie prime contemplate,
le norme fanno riferimento a “procedimenti meccanici e fisici”, senza ulteriori specificazioni. Ciò apre alla
possibilità di impiegare tecnologie diverse dalla pressione (centrifugazione, trattamenti di gramolatura), di
impiegare metodiche fisiche innovative (eccitazione
meccanica attraverso sistemi a vibrazioni soniche e
ultrasoniche), di effettuare pratiche di steam washing,
blandi trattamenti di deodorazione sotto vuoto spinto
e a temperature ridotte (100-160°C), che consentono
di modulare il flavour del prodotto finito per renderlo
accettabile a un maggior numero di consumatori. Riguardo a quest’ultima possibilità, i limiti molto ristretti
imposti ai marker di intervento tecnologico (transisomeri, stigmastadieni) costituiscono, nelle intenzioni
delle norme, la garanzia di “pressione tecnologica”
strettamente adeguata allo scopo sopra indicato: la
quantità di trans isomeri che si formano durante un
procedimento classico di deodorazione è di almeno
un ordine di grandezza superiore. La stessa CT fa
peraltro osservare che, per le concentrazioni di transisomeri indicate in Tabella III, l’errore analitico può essere anche molto elevato e che condizionamenti della
materia prima diretti a ridurne l’umidità e inattivarne il
patrimonio enzimatico, possono comportare il mancato rispetto dei limiti previsti. Trattamenti termici anche molto blandi, sia sulla materia prima sia sull’olio
“vergine”, determinano anche significative variazioni
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Tabella III - Caratteristiche degli oli vegetali di spremitura ad uso alimentare
Arachide (1)
Rif. Normativi
Densità relativa a
20/20°C
Indice di rifrazione
Numero di iodio
Composizione degli
acidi grassi,
GLC (capillare), %
14:0
16:0
16:1 (2)
17:0
17:1
18:0
18:1 (2)
18:2
18:3
20:0
20:1
20:2
22:0
22:1
22:2
24:0
24:1
Σ18:1 trans
Σ18:2 trans+18:3 trans
156
Composizione degli
steroli,
GLC (capillare), %
colesterolo
brassicasterolo
TRR 0,81
24-metilencolesterolo
campesterolo
campestanolo
stigmasterolo
TRR 0,92
Δ7-campesterolo
Δ5,23stigmastadienolo
clerosterolo
β-sitosterolo
sitostanolo
Δ5-avenasterolo
Δ7,9(,11)stigmastadienolo
Δ5,24stigmastadienolo
Δ7-stigmastenolo
Δ7-avenasterolo
Stigmastadieni, mg/Kg
Contenuto in steroli,
mg/Kg
Indice di Bellier, °C
Girasole (3)
Mais (4)
Soia (5)
Vinaccioli (6)
Colza (7)
UNI 22037:1999 UNI 22058-1999 UNI 22059:1999 UNI 22060:1999 UNI 22061:1999 UNI 22072:1999
NGD Ia 017-1998 NGD Ia 019-1998 NGD Ia 020-1998 NGD Ia 021-1998 NGD Ia 022-1998 NGD Ia 018-1998
0,914-0,917
0,915-0,923
0,918-0,923
0,919-0,925
0,923-0,926
0,914-0,917
1,4680-1,4760
85-108
1,4720-1,4760
120-145
1,4700-1,4740
110-130
1,4720-1,4760
120-145
1,4720-1,4760
130-140
1,4700-1,4720
110-126
max 0,1
8,0-13,5
max 0,3
max 0,1
max 0,1
2,0-4,5
35,0-67,0
14,0-45,0
max 0,2
1,0-1,8
0,8-1,7
max 0,1
5,0-8,0
max 0,3
max 0,1
max 0,1
3,0-6,0
13,0-40,0
40,0-74,0
max 0,2
max 0,5
max 0,3
max 0,1
9,5-13,0
max 0,5
max 0,1
max 0,1
1,7-2,5
23,0-40,0
39,0-63,0
0,6-1,1
max 0,7
max 0,4
max 0,1
9,0-13,0
max 0,3
max 0,1
max 0,1
3,0-5,0
17,0-30,0
48,0-58,0
4,5-10,0
max 0,6
max 0,5
max 0,2
6,0-8,0
max 0,5
max 0,1
max 0,1
3,0-6,0
12,0-25,0
60,0-76,0
max 0,5
max 0,5
max 0,2
2,0-4,0
max 0,2
0,5-1,1
-
max 0,2
-
max 0,5
-
max 0,2
-
1,0-2,2
max 0,4
max 0,3
max 0,4
max 0,4
max 0,05
max 0,1
max 0,05
max 0,1
max 0,05
max 0,1
max 0,05
max 0,1
max 0,05
max 0,1
max 0,1
3,5-6,0
max 0,5
max 0,1
max 0,1
1,1-2,0
51,0-66,0
16,0-24,0
6,5-12,0
max 0,7
1,0-2,0
max 0,2
max 0,5
max 5,0
max 0,2
max 0,4
max 0,4
max 0,05
max 0,1
max 0,6
max 0,1
max 0,4
-
max 0,8
max 0,2
max 0,5
max 0,1
max 0,6
6,0-13,5
0,6-2,2
16,0-23,0
0,9-2,5
4,5-8,0
0,5-1,5
16,0-24,0
0,5-1,5
16,0-19,0
max 0,5
9,0-14,0
max 0,1
8,0-12,0
0,3-1,5
30,0-36,0
max 0,1
max 1,0
max 0,3
max 0,1
max 0,5
max 0,4
max 0,3
6,5-10
max 0,5
6,5-10
max 0,5
2,0-3,0
max 1,0
max 0,3
max 0,5
max 0,6
max 0,1
max 0,5
max 0,1
max 0,5
max 0,5
max 1,3
56-68
max 1,0
5,0-14,0
0,7-1,3
50,0-59,0
0,5-1,8
1,5-4,5
0,5-1,1
57,0-65,0
2,0-5,0
1,5-5,0
0,5-1,3
47,0-55,0
1,0-3,5
1,5-3,0
max 0,1
64,0-70,0
2,5-5,0
1,5-3,5
max 0,5
45,0-52,0
max 0,5
2,5-5,0
max 0,2
1,0-2,0
-
-
-
-
max 1,0
max 0,6
max 1,0
0,5-2,5
10,0-17,0
3,0-6,5
max 0,5
0,2-1,0
0,3-1,0
max 0,5
1,0-2,8
0,5-1,6
max 1,0
0,5-2,5
max 0,1
max 1,0
max 0,3
max 0,3
max 0,15
max 0,15
max 0,15
max 0,15
max 0,15
max 0,15
1500-3000
min 39,0
2500-4500
7000-18000
2500-4500
2000-5000
4500-10500
max 0,8
12,0-17,0
max 0,8
6,5-13
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Segue Tabella III
Acidità, % ac. oleico
Numero di perossidi,
meq O2/Kg
Impurità (etere di
petrolio), %
Umidità e sostanze
volatili a 105°C, %
Caratteri organolettici:
odore e sapore
Metalli, mg/Kg
ferro
rame
piombo
arsenico
Arachide (1)
Girasole (3)
Mais (4)
Soia (5)
Vinaccioli (6)
Colza (7)
max 1,0
max 1,0
max 2,0
max 1,0
max 1,0
max 1,0
max 10,0
max 10,0
max 15,0
max 10,0
max 10,0
max 10,0
max 0,1
max 0,1
max 0,1
max 0,1
max 0,1
max 0,1
max 0,2
max 0,2
max 0,2
max 0,2
max 0,2
max 0,2
no odori e sapori
anomali o
sgradevoli
no odori e sapori
anomali o
sgradevoli
max 5,0
max 0,4
max 0,1
max 0,1
max 5,0
max 0,1
max 0,1
max 0,1
no odori e sapori no odori e sapori no odori e sapori no odori e sapori
anomali o
anomali o
anomali o
anomali o
sgradevoli
sgradevoli
sgradevoli
sgradevoli
max 5,0
max 0,4
max 0,1
max 0,1
max 1,5
max 0,1
max 0,1
max 0,1
max 5,0
max 0,4
max 0,1
max 0,1
max 5,0
max 0,4
max 0,1
max 0,1
(1) olio
ottenuto dai semi di Arachis hypogea L., esclusivamente mediante procedimenti meccanici e fisici
degli isomeri di posizione che possono o no essere separati nelle condizioni di analisi
(3) olio ottenuto dai semi della varietà ad alto contenuto di acido linoleico di Heliantus annus L., esclusivamente mediante procedimenti
meccanici e fisici
(4) olio ottenuto dal germe dei semi di Zea mays L., esclusivamente mediante procedimenti meccanici e fisici
(5) olio ottenuto dai semi di Glycine max Merr, esclusivamente mediante procedimenti meccanici e fisici
(6) olio ottenuto dai semi di Vitis vinifera L., esclusivamente mediante procedimenti meccanici e fisici
(7) olio ottenuto dai semi di Brassica (Brassica napus L., Brassica campestris L., ecc) esclusivamente mediante procedimenti meccanici e fisici
(2) somma
degli indici spettrofotometrici nell’UV, che pertanto
non sono stati inclusi nelle analisi di caratterizzazione.
I valori degli indici dello stato di alterazione idrolitico
(acidità libera) e ossidativo (numero di perossidi) sono
stati differenziati per gli oli da seme e quelli da germe
(mais), in ragione del diverso patrimonio quali/quantitativo degli enzimi presenti nella materia prima.
L’introduzione di limiti sulla presenza di contaminanti
indesiderati (metalli pesanti) è la naturale conseguenza
del divieto di fatto a trattamenti chimici (raffinazione),
che comporta la possibilità per questi prodotti di essere vettori di residui potenzialmente a rischio (metalli
pesanti, ma anche pesticidi). Riguardo a quest’aspetto, l’adesione volontaria a certificazioni di agricoltura
biologica rappresenta qualcosa di ben più importante
di una semplice operazione di marketing.
ASPETTI TECNOLOGICI
Nell’estrazione con esano commerciale, rese superiori a 95% e contenuti di olio residuo nelle farine deoleate inferiori a 1% costituiscono la norma. I recuperi
tipici nella EA si collocano invece nell’intervallo 5065%: l’incremento delle rese di estrazione ad almeno
il 90% è il primo passo per rendere praticabile l’industrializzazione dei processi aquosi.
Le riserve lipidiche contenute nei tessuti cotiledonali
dei semi e nelle cellule del mesocarpo dei frutti oleaginosi formano complessi, denominati oleosomi o
sferosomi, costituiti da un nucleo trigliceridico circon-
dato da un monostrato fosfolipidico, di dimensioni
medie intorno al micron nei semi, dieci volte più grandi nei tessuti del mesocarpo [67-70]. I corpi lipidici si
trovano inglobati nelle strutture reticolari citoplasmatiche di natura prevalentemente proteica [67, 71] e,
nei semi, sono circondati da abbondanti quantità di
proteine (oleosine) con importanti funzioni stabilizzanti
[68, 72-74]. Si tratta tipicamente di proteine a basso
peso molecolare (15.000 – 26.000 Da), caratterizzate
da una sequenza centrale di amminoacidi con gruppi
R non polari (idrofobici) immersa nella matrice trigliceridica, una regione anfipatica all’estremità carbossilica che interagisce con la superficie del monostrato
fosfolipidico, una regione anfipatica all’estremità amminica che costituisce la superficie esterna del corpo
lipidico [1, 75, 76]. Nei frutti oleaginosi, le strutture
sferosomiche, oltre che molto più grandi, possiedono
quantità molto scarse di oleosina: le emulsioni naturali
O/A tendono a essere molto meno stabili se comparate con quelle ottenute nella EA dai semi e facilmente risolvibili con mezzi fisici, eventualmente coadiuvati
da azioni meccaniche di gramolatura.
Le criticità che condizionano la resa della EA sono
riconducibili all’efficienza del contatto olio/mezzo
“estraente”, che determina la quota di olio nelle fasi
solida (proteico-cellulosica) e liquida (a prevalente
composizione proteica), e alla stabilità dell’emulsione O/A, che determina l’efficacia della separazione
di fase: in relazione al tipo di trattamenti preliminari
(meccanici, termici) subiti dalla materia prima [10], la
quota di olio non recuperabile è presente in emulsio-
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158
ne nella fase acquosa proteica e nel residuo solido
nelle forme di oleosomi intatti in cellule integre, di
gocce da coalescenza troppo grosse perché permeino attraverso le microstrutture tissutali della matrice,
di corpi lipidici intrappolati in una matrice insolubile di
proteine denaturate. La mobilizzazione degli oleosomi
verso il mezzo acquoso appare quindi positivamente
correlata al grado di suddivisione delle gocce oleose
ed è favorita da tutte le condizioni idonee alla estrazione/solubilizzazione delle proteine: temperature al
disotto di quella limite per la denaturazione, pH del
mezzo lontano dal punto isoelettrico, impiego di più
stadi di estrazione, agitazione meccanica [1, 23]. Non
altrettanto può dirsi a proposito delle rese di disemulsionamento della fase leggera ricca in olio.
La permeabilità dei tessuti della materia prima può
essere incrementata mediante condizionamento
meccanico, termico o digestione enzimatica delle pareti cellulari. Le tecnologie di riduzione di volume (macinazione) consentono di incrementare la superficie
specifica esposta al mezzo estraente, senza tuttavia
determinare la rottura di un numero rilevante di pareti cellulari. Se un’insufficiente macinazione risulta in
perdite inaccettabili di olio con il residuo solido, l’eccessiva riduzione granulometrica delle farine lipidiche
può rivelarsi controproducente, in conseguenza della
diminuzione volumetrica delle gocce oleose e della “spalmatura” dell’olio su corpi proteici e particelle
di fibra, che determina la formazione di una fase di
emulsione O/A molto stabile e di difficile risoluzione.
Altri tipi di tecnologie sono in grado di determinare
forti stress meccanici senza la necessità di eccessive
riduzioni di dimensioni della materia prima. La laminazione del materiale, intero o molito, opportunamente
condizionato nei parametri temperatura e umidità,
è normalmente impiegata nella fase di preparazione
all’estrazione con solventi [77]. I laminatoi impiegati
sono del tipo a coppie di rulli lisci controrotanti a diverse velocità (distanze tra i rulli: 0,2-0,3 mm) e sono
in grado di impartire forti sollecitazioni di compressione e taglio determinando la rottura delle pareti di un
significativo numero di cellule [78]. Le tecnologie di
estrusione, applicabili sia a farine lipidiche di appropriata granulometria che a materiali sottoposti a laminazione [79-81], sommano forti azioni meccaniche e
rilevanti stress termici [82, 83], determinando anche
la denaturazione delle proteine stabilizzanti l’emulsione lipidica. Sono state sperimentate anche nella ricerca di incrementi di rese di estrazione mediante presse
continue a vite [84].
Trattamenti enzimatici sulla materia prima sono stati
sperimentati con successo nei tradizionali processi a
solvente [85-87], per incrementare la velocità di estrazione e ridurre di conseguenza i tempi di contatto, e
nella estrazione fisica per pressione [88-93], per aumentare le rese. Anche nei processi di EA l’impiego
di enzimi è stato oggetto di numerosi studi sperimentali [28, 29, 39], soprattutto in combinazione con le
tecnologie meccaniche viste in precedenza [79], su
farine lipidiche (da molitura), fiocchi (da laminazione),
pellet (da estrusione): l’interesse verso lo sviluppo di
tecnologie di EA enzyme-assisted sta ricevendo nuovo impulso di pari passo con lo sviluppo delle biotecnologie e la conseguente diminuzione dei costi dei
preparati enzimatici.
L’impiego di idrolasi specifiche per i carboidrati di parete (cellulasi, emicellulasi, pectinasi) incrementa la
permeabilità dei tessuti e la diffusione delle strutture
cellulari interne (corpi lipidici e proteici) nella fase acquosa, anche in relazione al livello di molitura praticato. In ragione della complessità compositiva e strutturale della parete cellulare, sono più efficaci i complessi
multienzimatici, capaci di un’azione sinergica di demolizione della struttura tissutale: le differenze compositive tra le diverse specie oleifere suggeriscono la
scelta delle combinazioni enzimatiche più appropriate
[1]. L’azione utile delle proteasi si realizza a livello del
rivestimento proteico (oleosina) dei corpi lipidici, permettendone la coalescenza, e delle strutture reticolari
citoplasmatiche nelle quali sono immerse e imprigionate le strutture cellulari interne, che risultano quindi
meno strettamente legate e più facilmente rimovibili
dalla matrice tissutale [75]. L’azione proteolitica si riflette anche nelle capacità emulsionanti dell’idrolisato
proteico, generalmente nel senso di un aumento con
il progredire dell’idrolisi, fino ad un limite oltre il quale
si registra un comportamento opposto: l’estensione
dell’azione enzimatica deve essere quindi ottimizzata
per ottenere contemporaneamente un elevato trasferimento delle strutture liposomiche nel mezzo acquoso e una bassa stabilità dell’emulsione O/A [1], anche
in considerazione del fatto che l’idrolisi della frazione
proteica ne diminuisce le rese di recupero dalla fase
acquosa mediante precipitazione isoelettrica. Più recentemente l’impiego di specifiche proteasi è stato
valutato anche riguardo l’ottenimento di idrolisati proteici con specifiche proprietà funzionali e nutrizionali
(antiossidanti, antiipertensive) [29].
La scelta della/e attività enzimatiche è determinata
dalle caratteristiche compositive dei polisaccaridi di
parete e della matrice oleaginosa nel suo complesso in termini di macrocostituenti (proteine, lipidi, carboidrati). Possono essere necessari aggiustamenti di
pH della sospensione acquosa della materia prima,
in funzione dei valori ottimali per l’attività degli enzimi
utilizzati e alla possibilità di precipitazione isoelettrica
delle proteine per favorire la separazione fisica della
fase oleosa. L’ottimizzazione delle condizioni di processo (Tabella I), può non essere di semplice soluzione, stante la stretta interdipendenza tra le variabili
operative: differenze nelle rese in olio conseguenti
all’impiego di enzimi diversi sulla stessa matrice, non
dipendono solo dalle caratteristiche degli enzimi ma
anche da tutti gli altri parametri in gioco (in particolare
grado di macinazione, pH della dispersione, temperatura e tempo di contatto).
La fase leggera risultante dalla centrifugazione della
sospensione acquosa della materia prima oleagino-
La rivista italiana delle sostanze grasse - VOL. XCI - LUGLIO/SETTEMBRE 2014
sa è generalmente costituita da un’emulsione stabile
O/A, anche se in alcuni casi [16] è possibile un certo
recupero diretto di olio “libero”, comunque con rese
molto basse.
Nei sistemi dispersi l’equilibrio termodinamico corrisponde al raggiungimento della separazione completa delle fasi coinvolte: la stabilità di tali sistemi è quindi in relazione alla velocità, o meglio alla “lentezza”,
con la quale si raggiungono le condizioni di equilibrio
(processo a controllo cinetico). La destabilizzazione
dell’emulsione O/A, e la conseguente accelerazione
della separazione di fase, si realizza agendo opportunamente su qualunque parametro possa favorire
la coalescenza delle micro gocce lipidiche, così da
poterle affiorare con velocità apprezzabile. L’identificazione e l’ottimizzazione di sistemi e tecniche atti a
destabilizzare l’emulsione O/A ha contribuito a dare
nuova spinta ai processi estrattivi acquosi, consentendo di poter competere in termini di resa con i processi a solvente [94-96].
La stabilità dell’emulsione e la conseguente resa di
disemulsionamento sono strettamente dipendenti
dalle modalità di preparazione della materia prima
(molitura, laminazione, estrusione) e dal tipo di enzimi
impiegato in fase di “estrazione” [16]: modificazioni
fisiche (denaturazione) e chimiche (idrolisi) delle proteine determinano il profilo compositivo dei peptidi
estratti e di conseguenza le loro capacità emulsionanti, oltre a modificare l’estraibilità di altri componenti (fosfolipidi) che possono influenzare la stabilità
dell’emulsione. Le strategie di disemulsificazione
sperimentate sono riconducibili alle seguenti tipologie: inversione di fase, mediante azione meccanica
previa aggiunta di olio chiarificato fino a ridurre il contenuto d’acqua dell’emulsione al disotto di un valore
soglia [3, 97-99]; precipitazione isoelettrica della
parte proteica, mediante opportune modificazioni di
pH [94, 96, 100-102]; destabilizzazione mediante
variazioni di temperatura (raffreddamento/riscaldamento; congelamento/scongelamento) [1, 2, 99,
103], azioni meccaniche di rimescolamento [27, 43,
104] o aggiunta di alcol isopropilico [105]. Il disemulsionamento enzimatico, con proteasi e/o fosfolipasi
aggiunte alla fase “crema” separata per centrifugazione dalla fase solida e dall’eventuale fase olio libero
[16, 98-102, 106-110], è risultato economicamente
più conveniente rispetto ai metodi fisici citati, che
richiedono rilevanti impegni energetici in termini di
calore (variazioni di temperatura) e di lavoro meccanico (rimescolamento).
I processi più avanzati di EA prevedono sistemi in più
stadi in controcorrente e l’integrazione dell’assistenza enzimatica nelle fasi di estrazione e disemulsionamento, attraverso il riciclo agli stadi di estrazione delle
fasi acquose ricche di enzimi risultanti dal disemulsionamento [107, 111-114]. Nuovi e interessanti sviluppi
dei processi di EA prevedono l’ausilio di ultrasuoni
[115] e microonde [116, 117], l’impiego di acqua in
condizioni subcritiche [118], l’utilizzo di particolari
tensioattivi [119].
CARATTERISTICHE DEI PRODOTTI
Alcune materie prime oleaginose sono considerate
anche fonte di proteine vegetali di buona qualità (soia
[16, 18, 97], girasole [37, 39], arachide [29]). L’accettabilità e l’impiegabilità di farine proteiche deoleate
food-grade nelle preparazioni e formulazioni alimentari sono in relazione alle caratteristiche organolettiche e nutrizionali. I processi a solvente comportano rilevanti innalzamenti di temperatura, nelle fasi di
condizionamento della materia prima e di desolventizzazione delle farine esaurite, ed anche l’impiego di
presse continue a vite determina forti riscaldamenti
del materiale. Il conseguente innesco della reazione
di Maillard ha ripercussioni negative sull’accettabilità
organolettica del materiale proteico (colore) e sulle
sue caratteristiche nutrizionali: le interazioni irreversibili proteina-zuccheri riducono la biodisponibilità di
amminoacidi essenziali (lisina in particolare), e di conseguenza il valore biologico complessivo del materiale proteico, e riducono la digeribilità delle proteine. I
processi di EA, caratterizzati da un impatto termico
trascurabile, possono quindi costituire interessanti
alternative tecnologiche nella valorizzazione economica del prodotto proteico. Desiderabili risultano le
riduzioni, ottenibili con mezzi acquosi, del contenuto
di polifenoli imbrunenti (derivati dell’acido benzoico
e cinnamico) e amari (acidi clorogenici) [37, 39] e di
componenti tossici o antinutrizionali caratteristici di
alcune materie prime (gossipolo e altri composti simili, tioglucosidi gozzigeni, fitati) [1].
I dati disponibili in letteratura [1] non riportano significative differenze tra oli ottenuti dalla stessa materia prima attraverso processi a solvente e con mezzi
acquosi. Gli oli di semi di pressione non raffinati si
contraddistinguono per una spiccata “presenza” organolettica della materia prima, con caratteri spesso
troppo pronunciati per l’impiego quotidiano in cucina
o comunque tali da limitarne fortemente il range di
Tabella IV - Parametri di qualità di oli di nocciola ottenuti mediante pressione e centrifugazione da materia prima fresca e tostata
Acidità libera [% ac. oleico]
Numero di perossidi [meq O/Kg]
Tocoferoli totali [mg/100 g]
CMP totali [mg ac. gallico equivalenti/Kg]
Fresche/Pressione
Fresche/Centrifuga
Tostate/Pressione
Tostate/Centrifuga
1,82
9,0
1,70
9,7
0,85
22,3
0,82
21,8
39
85
38
52
41
258
45
198
La rivista italiana delle sostanze grasse - VOL. XCI - LUGLIO/SETTEMBRE 2014
159
nm
Tempo di induzione [ore]
Tempo di induzione [ore]
desiderato attraverso la scelta a priori della tecnologia
e delle variabili di processo. I risultati preliminari di uno
studio condotto su oli di nocciola separati dalla stessa
22
pasta mediante pressa verticale discontinua a gabbia
20
e centrifugazione in batch, in quest’ultimo caso senza
18
aggiunta di una fase acquosa, possono costituire un
16
esempio in tal senso: la stabilità ossidativa, valutata
14
mediante test di ossidazione accelerata, ha fornito ri12
sultati migliori per gli oli di pressione rispetto a quelli
10
8
di centrifuga, comportamento risultato omogeneo sia
6
per la materia prima fresca che per quella tostata. In
422
relazione al tipo di materia prima, inaspettatamente si
Tostata
220
sono ottenuti oli potenzialmente più resistenti al dan0
Fresca
no ossidativo (più conservabili) dalle nocciole tostate,
18
Pressione
indipendentemente dal metodo fisico di separazione
16
Centrifugazione
(Figura 1). Se è lecito aspettarsi differenti caratteristi14
12
che dei prodotti ottenuti da materie prime diverse,
10
Figura 1 - Resistenza all’ossidazione forzata (Rancimat test) non altrettanto può dirsi in relazione alla variabile “tec8
di oli di nocciole fresche e tostate ottenuti mediante pressione nologia” di estrazione.
6
La Tabella IV riporta i valori dei parametri analitici core centrifugazione
dalla stessa pasta
4
relabili alla stabilità ossidativa: é noto che la resistenTostata
2
za al danno ossidativo dipende dalla presenza quali/
0
Fresca
impieghi possibili nelle abituali pratiche culinarie,
an- quantitativa di molecole normalmente definite antiosPressione
che con un qualche
tipo di
deodorazione. L’impiego sidanti, prettamente lipolosubili (tocoferoli) o con caCentrifugazione
di mezzi acquosi
in
fase
di
estrazione
potrebbe con- ratteristiche di solubilità intermedie (polifenoli), e da
340.00
A
tribuire ad320.00
attenuare i caratteri aromatici estendendo quello che è lo stato di alterazione “pregresso” della
l’accettabilità
del prodotto
a un maggior
numero test)
di sostanza grassa, non solo riguardo all’aspetto pretFigura 1 300.00
- Resistenza
all’ossidazione
forzata (Rancimat
280.00
potenziali
consumatori.
di oli di nocciole
fresche e tostate ottenuti mediante pressione tamente ossidativo, ma anche a quello idrolitico. Esi260.00di metodi fisici di recupero dell’olio, il tipo
Nell’impiego
ste, infatti, uno stretto collegamento tra acidità libera
e centrifugazione
dalla stessa pasta
240.00
di tecnologia
e le condizioni di processo adottate pos- e resistenza all’ossidazione, attribuibile a un effetto in
220.00
sono portare a risultati non sempre facilmente raziona- qualche modo catalitico dei gruppi carbossilici liberi
0.00
1.00
2.00
3.00
4.00
5.00
6.00
7.00
8.00
9.00
10.00
lizzabili e quindi
prevedibili, cioè modulabili nel senso [120].
340.00
B
320.00
340.00
300.00
nm
nm
300.00
260.00
280.00
240.00
260.00
220.00
240.00
0.00
220.00
340.00
1.00
C
0.00
X1
320.00
B
300.00
X2
280.00
2.00
1.00
X3
nm
160
A
320.00
280.00
3.00
4.00
5.00
Minutes
6.00
7.00
8.00
9.00
10.00
2.00
X5
3.00
4.00
5.00
6.00
7.00
8.00
9.00
10.00
2.00
3.00
4.00
5.00
Minutes
6.00
7.00
8.00
9.00
10.00
D
X4
260.00
240.00
220.00
0.00
1.00
C
Figura 2 - Separazione UPLC-DAD della frazione dei componenti minori polari (CMP) di olio di oliva vergine (A) e di nocciola
D
X5
X2
(B). CromatogrammaX1a 280 nm dei CMP di olio di nocciola (C) e spettro di assorbimento del componente X2 (D).
X3
X4
Figura 2 - Separazione UPLC-DAD della frazione dei componenti minori polari (CMP) di olio di oliva vergine (A) e di nocciola
(B). Cromatogramma a 280 nm dei CMP di olio di nocciola (C) e spettro di assorbimento del componente X2 (D).
La rivista italiana delle sostanze grasse - VOL. XCI - LUGLIO/SETTEMBRE 2014
Il controllo dei parametri chimici acidità e numero di
perossidi non ha rivelato particolari anomalie sia nel
valore degli indici sia nelle differenze osservate, essenzialmente correlabili al tipo di materia prima più
che alla tecnologia di estrazione: è lecito attendersi
un’idrolisi più avanzata nella materia prima fresca,
come conseguenza del suo contenuto in acqua e della virtuale integrità del patrimonio enzimatico, come
pure un numero di perossidi più alto nell’olio estratto
da nocciole tostate. Indici di più profonda alterazione
ossidativa (numero di p-anisidina; quantità e qualità di
idrossiacidi) non hanno mostrato variazioni significative ai fini della razionalizzazione delle differenze osservate nelle stabilità ossidative, come pure il contenuto
di antiossidanti liposolubili (tocoferoli).
La frazione dei componenti minori polari (CMP) è
quella che ha presentato le maggiori differenze quantitative tra i campioni studiati (Tabella IV). I CMP caratteristici degli oli di oliva vergini sono stati ben caratterizzati e risultano costituiti da una miscela eterogenea
di composti, la maggior parte dei quali riconducibili a
intermedi biosintetici o prodotti di demolizione e degradazione dei due maggiori costituenti fenolici del
frutto dell’oliva, oleoeuropeina e ligstroside. Prevalgono quantitativamente i secoiridoidi, in particolare
gli agliconi dell’oleoeuropeina e del ligstroside nelle
varie forme, e i lignani, pinoresinolo e acetossipinoresinolo. Acidi fenolici (derivati degli acidi idrossibenzoico e cinnamico), derivati dell’alcol feniletilico e flavonoidi contribuiscono in maniera molto ridotta alla
composizione della frazione [121]. La frazione polare
dell’olio di nocciola invece è poco nota: nelle stesse
condiziono analitiche i componenti polari dell’olio di
nocciola compaiono con ritenzioni cromatografiche
corrispondenti a una porzione di cromatogramma libera dai principali costituenti (secoiridoidi) polari tipici
degli oli di oliva vergini. I componenti principali sono
caratterizzati da massimi di assorbimento a 294 o
285 nm (Figura 2). Tali caratteristiche spettrali erano
già state evidenziate da Gordon et al. [122] e lasciano
ipotizzare un sistema π più esteso di quello normalmente presente nei polifenoli semplici caratteristici
degli oli vergini di oliva, probabilmente un carbonile
o altro piccolo aggruppamento capace di coniugare
con l’anello benzenico.
Il tipo di azione fisica utilizzato per separare la fase
oleosa (pressione, centrifugazione) determina importanti differenze nelle caratteristiche negli oli ottenuti
(contenuto CMP): il fenomeno riscontrato appare di
difficile razionalizzazione, rendendo particolarmente
problematica la scelta della tecnologia e delle variabili
di processo più idonee al risultato desiderato.
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