Baladin ITA - Packaging Observer
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Baladin ITA - Packaging Observer
brand identity 17 giugno 2010 www.packagingobserver.com Bottiglie parlanti per birre d’autore Vino o birra? Chi più nobile, prezioso, incline a sposalizi fruttuosi con ricette d’autore piuttosto che con piatti della tradizione? Chi dei due è più ricco di suggestioni, emozioni, stimoli sensoriali? Entrambi. Da un piccolo paese d’Italia, Teo Musso racconta storie antiche e moderne sulla birra e propone fra i due un matrimonio inconsueto. A Piozzo, un antico paesino di collina in provincia di Cuneo, il piccolo Teo è affascinato dalla cantina di casa, dove suo padre conserva il vino prodotto dalla vigna di famiglia. Ogni tanto prende una sedia, sale in piedi e sporge la testa dalla piccola finestra ritagliata sulla porta di legno. Quell’antro lo attira, sa di mistero, nasconde qualcosa. In una terra che dà origine ad alcuni dei vini più antichi e famosi del mondo, una cantina non è una rarità, non suscita curiosità nei bambini, ma in Teo sì. Passa qualche anno e il piccolo piemontese scopre il parente povero del vino: la birra. E se ne innamora. Come? Un amante della birra nella terra del Barolo, del Nebbiolo, del Dolcetto, del Moscato e dell’Asti Spumante? Eppure la birra ha tanto da raccontare: al naso, agli occhi, al palato, a tavola e non a tavola. E poi sono così tante e differenti le varianti, P Ristorante Casa Baladin come per i vini. Ma l’eresia, si sa, è caparbia. Quel ragazzo di collina guarda ora con occhi diversi i vini dalla finestrella della cantina e si chiede “Perché il vino è considerato bevanda nobile mentre la birra no?”. Teo vuol raccontare agli altri tutte le emozioni che una birra speciale è in grado di regalare a lui. Interrompe gli studi e alla fine degli anni ’80 apre un locale in paese. In meno di quattro anni, costruisce un’offerta di 250 birre artigianali d’importazione, diventa importatore e distributore e si sente pronto per un salto nel vuoto, in quel vuoto d’offerta di birre artigianali che si riscontra in Italia e in tutti i paesi del sud Europa: realizza il primo impianto produttivo artigianale d’Italia nella cantina del locale e nel ’95 inizia a proporre al mercato, oltre alla sua selezione, le sue birre. Birra da gourmet Visita i migliori ristoranti italiani, presenta le birre come alternative ai vini in abbinamento ai piatti. Qualcosa si muove, ma non come vorrebbe lui: i ristoratori non se la sentono di portare in tavola una bottiglia di birra, però gliene ordinano parecchie per il loro consumo personale. “C’è qualcosa che funziona e qualcosa no - riflette Teo – Se piace ai miei clienti, dovrebbe piacere anche ai loro clienti”. Qual è allora il punto critico? L’immagine! Teo ha oramai acquisito una cultura rara e approfondita sulla birra, dalla scelta delle materie prime alle formulazioni, dal controllo del processo produttivo alla maturazione, dal confezionamento al servizio in tavola, oltre ovviamente alla degustazione e alla capacità di riconoscere tutti gli elementi organolettici dei prodotti. Gli manca quella parola: immagine! L’evoluzione del concept A metà degli anni ’80, ai tempi del suo primo locale, passava spesso per quelle colline il Cirque Bidon, un piccolo spettacolo itinerante che viaggiava su vecchi carrozzoni trainati da cavalli e che con momenti di abilità circense ma anche di poesia, faceva sognare più che stupire. Teo, allora, aveva fatto amicizia con il proprietario, Francois Bidon, e aveva compreso che “immagine” significa spettacolo, emozione, atmosfera, sogno. Cominciò allora l’abitudine a domandare a un ipotetico interlocutore “Quando bevi a cosa pensi? Cosa ascolti, quali emozioni provi, quale bicchiere scegli, con chi sei o con chi vorresti essere?” Ben presto comprese che il bere è un fatto sociale, che bere è incontrare qualcuno o qualcosa ed essere disponibile a far parte del suo mondo. Teo iniziò a costruire un piccolo mondo nuovo. Chiese ai francesi un vecchio telone da circo che, opportunamente modificato e integrato con una serie di elementi grafici, pittorici e scultorei creati dal suo staff, cambiò il volto della Birreria Baladin. A partire dal 1997 il concept iniziò la sua metamorfosi, ed è ancor oggi in evoluzione. Il nome Baladin è un antico termine piemontese che designa un cantastorie itinerante. Che storie racconta Teo? Soprattutto quelle delle sue birre, i cui protagonisti sono acqua, malto, luppolo, spezie e frutta, selezionati da terre piemontesi (il 60% del malto viene da qui) e da coltivazioni attente al rispetto della natura e della tradizione. Ne nascono decine e decine di varianti, ognuna con una propria identità. La naturale conseguenza di questa generazione continua di varietà richiama con forza gli abbinamenti, ed ecco che il locale non è più birreria, crota M Birreria "Le Baladin", Piozzo. piemonteisa, beer garten o pub, ma qualcosa di inafferrabile e non classificabile, dove arte, musica, suono, colori e luci creano un’atmosfera dove si parla di terra, di sapore, di convivio, di tradizione, di sensi: per esempio, le appliques alle pareti sono tableaux retroilluminati che accennano ai temi del vedere, dell’ascoltare, del sogno, della pace. In questo locale il tempo trascorre a modo suo: un vecchio orologio, all’ingresso, non è appeso alla parete, ma al soffitto. L’atmosfera è fatta di oggetti, colori, iconografie, forme accostati fra loro senza uno stile apparente: in ogni elemento dell’arredo si possono riconoscere echi di stili diversi e nessuno in particolare. Si avverte il richiamo all’Arabia, al mondo dei Templari, ai writers moderni che colorano i muri delle città, al liberty, alla pop art. Un brand inusuale Contaminazione, migrazione, trasposizione di funzioni e significati degli oggetti e delle strutture sono i criteri che presiedono alla creatività di Teo Musso: non un mero esercizio stilistico, ma l’evidenza di un modo di pensare e vivere nomade, zingaro, circense, libero da schemi. Il design della bottiglia, del bicchiere per la birra, delle scatole di cartone, dei sottobicchieri, la grafica, il lettering, i colori, il marchio e tutti gli strumenti di condivisione (da Baladin non esiste il concetto di comunicazione) nascono ispirati da questa assenza di schemi. Il marchio Baladin è un brand particolare: non è un soggetto visivo forte e immediato, come si insegna a scuola di brand identity, ma un sistema di vari elementi che il cliente percepisce lentamente entrando nel mondo Baladin. L’irregolarità è la norma, la ripetizione bandita, l’immagine coordinata un fossile della comunicazione. Il punto di riferimento resta indubbiamente la bottiglia, nata dalla sua creatività e brevettata: nella forma si avvertono lontani echi della champagnotta e della borgognotta, chiara sfida alla nobiltà dei vini più blasonati, ma sigillata da un irriverente tappo corona. Il marchio in bassorilievo si vede e non si vede, ma si sente al tatto. L’etichetta rompe gli schemi sia per la forma sia per gli stilemi grafici scherzosi, non immediati da decifrare e per questo più esigenti da leggere, quasi fossero ideogrammi. La birra diventa così un mondo che richiede una sorta di iniziazione, un approccio “slow” e per questo disponibile alla degustazione, alla percezione di un sistema di valori basato sia sugli elementi organolettici del prodotto ma anche e soprattutto su ciò che rende unico il marchio Baladin: la connessione con la musica, con l’identità e i sapori di piatti della tradizione e i piatti innovativi, con le atmosfere dei locali uno diverso dall’altro, ognuno con una propria identità. In accelerazione Nel 2007 si inaugura Casa Baladin a Piozzo, un ristorante birrario con annessa hotellerie dove ogni metro quadrato dello spazio è stato costruito all’insegna della biodiversità stilistica e della contaminazione di forme, generi, colori e funzioni diversi. Ma la sfida continua: è di questi mesi il lancio di una gamma di tre bibite (analcoliche, senza coloranti e conservanti) che recuperano il gusto del passato. Nel 2008 in Marocco, a Riad, apre una struttura ricettiva sul mare, ed inizia ad ampliare l’offerta di prodotto con specialità dolci e salate (Gusto Baladin). Nel 2009 ha aperto a Roma un altro locale, Open Baladin. Nel frattempo nascono una proposta di abbigliamento, un progetto di solidarietà con il mono dei disabili, un’amicizia con il mondo della musica, rock in particolare, e con alcuni stilisti italiani. Quest’anno debutterà il progetto Cantina Baladin, la celebrazione di un matrimonio fra birra e vino: affinamento di birre in barriques dove hanno riposato molti dei grandi vini italiani, che hanno aderito al progetto di Teo contribuendo ad allestire una “nursery molto particolare. Infine, il mondo delle bibite: da una ricerca storica sugli ingredienti nascono in bottiglia da 25 cl il Ginger, con scorza di Arancia Amara e Dolce del Gargano IGP; la Cedrata, con infuso di Cedro Diamante calabrese; la Spuma Nera, con infuso di scorze di arancia, rabarbaro cinese frazione rosa, spezie e vaniglia. Il packaging? E’ una nuova bottiglia, di Teo naturalmente. -