Obblighi di servizio pubblico ed equilibri di impresa

Transcript

Obblighi di servizio pubblico ed equilibri di impresa
4/2009
Note e Studi
Obblighi di servizio pubblico ed equilibri di impresa
Innocenzo Cipolletta
Relazione al Convegno Assonime-LUISS
“Le società pubbliche tra Stato e mercato:
alcune proposte di razionalizzazione della disciplina”
Roma, 13 maggio 2009
Obblighi di servizio pubblico ed equilibri di impresa
4 / 2009
Servizio pubblico e servizio universale
Al di la di tutte le definizioni di servizio pubblico e servizio universale, giova ricordare, in
questa sede, come in Italia, analogamente che negli altri paesi, i servizi pubblici erano
gestiti dalla Pubblica Amministrazione (nazionale o locale) direttamente o attraverso
enti o aziende specializzate direttamente controllate dalla Amministrazione Pubblica a
cui facevano riferimento, in un regime di monopolio legale.
A quell’epoca importava poco capire i legami tra politica che dettava gli indirizzi
generali, l’amministrazione che li traduceva in atti di gestione, gli enti e le aziende
pubbliche che fornivano il servizio ai cittadini, genericamente definiti utenti, quasi a
sottolineare la loro funzione meramente di beneficiari dei servizi senza voce in capitolo.
A sua volta, la remunerazione dei servizi era gestita in modo fiscale. Se il servizio
considerato di lusso, allora il costo per l’utente poteva anche superare di molto il valore
del servizio stesso, perché era una tassa implicita volta a finanziare altri obiettivi. Se
invece aveva caratteristiche popolari, il servizio era fornito a prezzi politici, ossia ad un
prezzo ben inferiore al valore del servizio stesso. Inoltre, erano frequenti casi di
attenzione sociale, attraverso la differenziazione delle tariffe a seconda del reddito,
dello stato di famiglia, ecc..
Tutto questo mondo oggi non c’è più. O almeno esso è molto ridotto e per i grandi
servizi nazionali e locali valgono, o dovrebbero valere, i principi europei, come messo
in evidenza dal Rapporto dell’Assonime. L’Italia ha fatto, come altri paesi, dei grossi
passi in avanti quando ha intrapreso la strada della trasformazione degli enti in società
per azioni ed ha avviato il processo delle privatizzazioni. Oggi ci troviamo a dover fare
l’ultimo, o meglio, gli ultimi passi.
È ovvio che, all’epoca dei servizi pubblici gestiti direttamente dalla Pubblica
Amministrazione, la definizione di quale dovesse essere il servizio da offrire al cittadino
sotto forma di prestazione universale era cosa decisa di concerto tra ente a
amministrazione. Di fatto, poiché le competenze nella gestione dei servizi erano
allocate per lo più in capo all’ente che forniva i servizi, era quest’ultimo che definiva,
d’accordo con la politica, tipologia, qualità e tariffe dei servizi da offrire a tutta la
popolazione.
Con l’avvio della fase della concorrenza e con l’affermarsi di nuove tecnologie che
hanno infranto molte barriere tra i servizi, si è posto il problema di definire con
precisione quali servizi fossero da considerare di natura pubblica o universali da
2
Obblighi di servizio pubblico ed equilibri di impresa
4 / 2009
erogare in regime di monopolio e quali invece andavano considerati essere in
concorrenza. Basti pensare ai casi delle telecomunicazioni, a quello delle trasmissioni
radiotelevisive, ai trasporti, alle poste e così via.
Non v’è dubbio che, all’inizio, vi sia stata una fase di ambiguità, nella quale sono state
le aziende pubbliche o ex-pubbliche che hanno teso a definire, secondo i propri schemi
di ragionamento, quali aree fossero da considerare di mercato e quali a carattere
universale. Poiché i servizi a carattere universale erano generalmente finanziati
attraverso i guadagni conseguiti nel settori potenzialmente di mercato, e poiché le
competenze erano tutte in capo alle vecchie aziende pubbliche, questa fase di
ambiguità, in cui c’è stata una certa dominanza da parte degli ex-monopolisti, è stata
necessaria per definire un terreno di possibile competizione e per acquisire
competenze più diffuse.
Oggi questa fase sembra essersi completata per molti dei mercati che sono stati aperti
alla concorrenza, ed appare quindi opportuno che la politica e l’amministrazione si
riapproprino completamente della competenza e della responsabilità a definire i confini
e le specifiche del servizio pubblico. La scelta dei servizi da fornire sotto un regime
pubblico, spesso con un finanziamento di natura fiscale e con caratteristiche di
universalità, è un atto politico che attiene ai rapporti tra i cittadini elettori e gli
amministratori eletti. Se la politica decide di investire molto o poco su specifici servizi (i
trasporti locali o nazionali a prezzi non remunerativi, la consegna della corrispondenza
in tutti i luoghi, l’accessibilità all’informazione ed ai mezzi televisivi, la raccolta dei rifiuti,
ecc) questa è una responsabilità politica che i cittadini devono conoscere
completamente, sia per premiare con il loro voto favorevole le scelte condivise, sia per
segnalare il loro disagio con voti contrari.
Questa funzione non può più essere lasciata alle aziende che devono invece fornire un
servizio che sia di qualità almeno pari alle specifiche del servizio pubblico come
definito dalla politica. È evidente che questa assunzione di responsabilità da parte della
politica non riduce affatto la responsabilità dell’azienda che fornisce il servizio. Essa
sarà giudicata direttamente per i servizi a mercato da parte dei clienti, che si
rivolgeranno alla concorrenza se non soddisfatti. Verrà inoltre giudicata
dall’amministrazione per il servizio pubblico sia sulla base della corrispondenza tra
servizio fornito e specifiche richieste, sia sulla base dell’apprezzamento degli utenti
3
Obblighi di servizio pubblico ed equilibri di impresa
4 / 2009
Contratti di servizio pubblico
Discende, da quanto detto, la necessità che il rapporto tra Amministrazione e azienda
sia gestito attraverso un vero e proprio contratto di servizio, liberamente sottoscritto
dalle due parti, anche e soprattutto con riferimento alle imprese a capitale pubblico che
erano titolari del servizio. In assenza di tale contratto, l’azienda, che è una SpA, non
può essere tenuta a fornire alcun servizio. Più in particolare, non può essere
considerata colpevole di interruzione di servizio pubblico se, alla scadenza di un
contratto che non viene rinnovato ne prorogato, dovesse interrompere il servizio o
apportare quelle modifiche che ritiene necessarie per adeguare i costi ai presunti ricavi.
Ovvero, l’azienda può essere obbligata a continuare nella prestazione del servizio per
questioni di ordine pubblico, ma dovrà essere adeguatamente rimborsata dei costi
sostenuti.
La lunga prassi di un rapporto di commistione tra amministrazione e gestione dei
servizi, ha fatto si che spesso i contratti di servizio siano approssimativi e siano
rinnovati con ritardo. Poiché l’azienda pubblica gestisce anche servizi di mercato con i
quali finanziava in parte o tutto il servizio pubblico, questa commistione ha finito per far
tollerare a lungo situazioni di monopolio dove la carenza di tutela del servizio pubblico
veniva risarcita con una monopolio nel servizio di mercato. Questa è una situazione
molto presente nei paesi dell’Europa dell’Est che stanno adeguandosi alle normative
europee. Ma è una situazione che a volte si è presentata anche nel nostro paese e che
oggi non è più possibile anche per l’apertura completa alla concorrenza dei settori di
mercato.
Il contratto di servizio deve essere redatto dal committente e contenere tutte le
specifiche necessarie, ivi inclusi le opportune efficienze nei costi, onde evitare aree di
discrezionalità nelle quali non è poi possibile individuare le responsabilità specifiche.
Va da se che tale contratto deve essere liberamente sottoscritto da entrambe le parti e
deve essere rispettato sia da parte dell’azienda che fornisce i servizi che da parte del
committente.
Queste sembrano considerazioni ovvie, ma non sempre vengono rispettate. Le
frequenti difficoltà di natura finanziaria da parte delle amministrazioni che richiedono e
finanziano i servizi pubblici, hanno spesso indotto soluzioni ambigue. Formule
contrattuali dove non c’è la certezza del corrispettivo; pratiche di dilazione lunghissima
dei pagamenti con effetti distruttivi sui conti dell’azienda fornitrice; fenomeni di
proroghe surrettizie di contratti che vengono di fatto definiti dopo la prestazione dei
4
Obblighi di servizio pubblico ed equilibri di impresa
4 / 2009
servizi. A loro volta, le aziende fornitrici di tali servizi hanno finito per accettare queste
ambiguità o per ragioni politiche (improprie con riferimento alle aziende, ma possibili
con un sistema di nomina degli amministratori da parte di organi politici), o per
garantirsi la continuità della gestione del servizio, ovvero per non interrompere un
servizio pubblico ed incorrere perciò in un reato.
Aspetto decisivo in questa materia è l’arco temporale del contratto e quello ad esso
connesso, dell’allineamento tra gli impegni economici e quelli finanziari che il
committente pubblico sottoscrive. I contratti devono avere una durata sufficiente per
poter ammortizzare gli investimenti previsti. Un caso particolare è quello dei contratti
con lo Stato. La brevità dell’arco di tempo coperto dal bilancio pluriennale dello Stato
(tre esercizi) non copre la durata fisiologica dei contratti di servizio e comunque le
risorse stanziate nel bilancio pluriennale possono essere ridotte dalle leggi finanziarie
successive. Si registra una curiosa asimmetria rispetto ad altre obbligazioni assunte
dallo Stato che prevedono la possibilità di impegni di bilancio sugli stanziamenti
annuali: lo Stato si sente giuridicamente vincolato da un contratto di affitto o da un
contratto di lavoro ma è riluttante ad assumere un comportamento analogo in un
contratto di servizio.
Queste situazioni devono essere sanate e bisogna passare definitivamente al sistema
dei contratti rispettabili e rispettati da entrambe le parti.
La via più idonea per avere contratti di servizio pubblico rispettabili e rispettati resta
quella della gara pubblica. In una gara, il committente è costretto a specificare con
precisione il servizio che desidera e l’ammontare di risorse che intende investire,
mentre i cittadini potranno sapere per tempo cosa la loro amministrazione si appresta a
fornire. A loro volta, le aziende che gareggiano per l’aggiudicazione del servizio
dovranno sottoporre offerte con diverse caratteristiche per battere la concorrenza, ciò
che può portare ad un miglioramento sensibile del servizio, a parità di costo, o un
risparmio di costo a parità di servizio.
La gestione di simili gare non è agevole ed occorre evitare che esse si svolgano solo al
massimo ribasso, se si vuole che il servizio sia adeguato e affidabile. Esistono ormai
diverse procedure nei vari paesi europei per garantire l’esecuzione di gare performanti.
Ovviamente, la gara non è l’unica via per l’assegnazione dei contratti di servizio
pubblico. La stessa Commissione Europea, nel caso delle Ferrovie, indica la possibilità
di assegnazione per via diretta, stante la carenza di soggetti capaci di fornire certi
servizi.
5
Obblighi di servizio pubblico ed equilibri di impresa
4 / 2009
Da sottolineare che nel nostro paese la via dell’assegnazione diretta del contratto di
servizio è stata seguita essenzialmente per interesse del committente (Stato e
Regioni). Quest’ultimo, se avesse dovuto effettuare le gare, sarebbe andato incontro a
molti inconvenienti. Avrebbe impiegato molto tempo (mentre spesso l’amministrazione
arriva impreparata alla scadenza). Avrebbe dovuto impegnare risorse finanziarie
adeguate ai servizi richiesti per consentire a più soggetti di partecipare effettivamente
alla gara (mentre oggi si annunciano servizi corrispondenti alle esigenze ma si
impegnano risorse finanziarie inadeguate). Avrebbe dovuto rispettare i termini del
contratto con riferimento al pagamento effettivo degli impegni finanziari assunti (cosa
che non sempre avviene).
La presenza o meno di una gara pubblica non inficia la necessità di avere un contratto
ben definito, che deve essere conosciuto dai cittadini, affinché si possa poi controllare
la reale corrispondenza degli impegni assunti da tutte le parti.
Controllo e gestione dei contratti
Il rispetto degli impegni del contratto deve essere continuamente monitorato. Questa è
una garanzia, non solo per i cittadini utenti del servizio pubblico, ma anche per il
committente che impegna risorse pubbliche e per le aziende che vedono premiate la
concorrenza e la qualità dei servizi.
Il primo controllo deve riguardare il contratto di servizio che deve esser compilato in
modo chiaro, non equivoco e applicabile. Se il contratto è redatto bene, sono tutelati
sia il committente che l’azienda. Per garantire questa correttezza di contratto, la via
può essere quella di una autorità che sappia vagliare i contratti e che acquisisca
competenze in materia attraverso la trattazione della diversa contrattualistica relativa ai
servizi pubblici.
In Italia vi è un numero estremamente rilevante di contratti di servizio pubblico, da
parte sia dello Stato che degli enti locali. Mettere assieme questa competenza
all’interno di un corpo al servizio delle amministrazioni e a garanzia delle imprese che
si apprestano a partecipare ad una gara, potrebbe essere la via per far nascere
tipologie di contratti di servizio adeguati alla loro funzione e capaci di essere monitorati
nella loro esecuzione.
6
Obblighi di servizio pubblico ed equilibri di impresa
4 / 2009
Quanto al controllo della loro applicazione, questa funzione dovrebbe essere prevista
nei contratti stessi ed affidata a soggetti specializzati, con capacità professionali capaci
di verificare l’effettiva erogazione dei servizi, il rispetto degli accordi contrattuali, la
rispondenza alle esigenze del pubblico, le eventuali modifiche da contrattare.
Questa funzione di controllo non deve servire solo a verificare la corrispondenza tra
servizio prestato e impegni di contratto. Essa è funzionale anche e soprattutto a
ristabilire un rapporto tra utenti, amministrazione e aziende di servizio pubblico al fine
di migliorare la qualità del servizio e la sua rispondenza agli effettivi bisogni dei
cittadini.
Conclusioni
A conclusione di queste riflessioni, vorrei ricordare che il rapporto dell’Assonime, che
abbiamo contribuito ad elaborare, mira, non solo a mettere le società pubbliche su un
piano giuridico equivalente a quello delle imprese private, ma anche a far si che la
qualità delle produzioni di servizi pubblici siano di livello adeguato a quelle che sono le
esigenze del paese.
Senza questo obiettivo, il riordino del quadro giuridico delle società pubbliche sarebbe
una operazione monca. Se poi tale riequilibrio si accompagnasse ad un peggioramento
della qualità dei servizi, allora avremmo fatto un passo indietro.
Sono invece convinto che i suggerimenti presenti nel rapporto e quelli che ho
sottolineato in questo mio intervento, vadano nella direzione di favorire migliori servizi,
ciò che a sua volta favorirà il consolidamento di un quadro giuridico non squilibrato tra
imprese pubblico e imprese private.
7