Identità ed identità sistemica - ex Azienda per l`Assistenza Sanitaria

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Identità ed identità sistemica - ex Azienda per l`Assistenza Sanitaria
ATTI DEL CONVEGNO RESIDENZIALE 2012
INTRODUZIONE
IDENTITÀ ED IDENTITÀ SISTEMICA
I livelli dell'identità secondo l'Ottica Sistemica
È ormai un dato acquisito e convalidato da Autori appartenenti alle più svariate discipline
psicologiche e neuropsicologiche, che l'identità, la nostra identità, e la risultante della continua
interazione/calibrazione/negoziazione tra il nostro hardware (corpo e sistema nervoso) e l'ambiente
in cui viviamo (Watzlawich P. 1967, Bateson G. 1972, Maturana E. Varela F. 1980, Morin E. 1980,
Guidano V. 1987, Liotti G. 1993, 1994, Cronen e coll. 1983., Fonagy, P. Target M. 1997, Daniel J.
Siegel 2001, Damasio A. 2012). L'Ottica Sistemica ha da sempre sostenuto questa ipotesi che, si
potrebbe dire, è nel suo DNA. Essa ha esplorato a diversi livelli il tema dell'identità. Più spesso tale
esplorazione è stata indiretta in quanto si è considerato un tema di secondo piano essendo l'identità
del singolo subordinata all'organizzazione del sistema e funzione di essa. Tuttavia nel tempo e
soprattutto con la Cibernetica di Secondo Ordine, tale tema ha acquistato sempre maggiore
rilevanza (Boscolo L. Bertrando P. 1996, Ugazio V. 1998, Visani E. Solfaroli Camillocci D. 2001)
traendo vantaggio anche dall'integrazione con quanto poteva derivare da altre ottiche di
psicoterapia. Vogliamo evidenziare gli aspetti principali di questo percorso. Il Quadrilatero
Sistemico, costruito sulle fasi evolutive della storia dell'Ottica Sistemica (Mosconi A. 2008), può
farci da guida per definire i diversi livelli di descrizione dell'identità.
Nella sua prima formulazione (Mosconi A. 2004, Mosconi A. 2008, Mosconi A. e coll. 2013b) tale
costrutto descriveva come l'Ottica Sistemica aveva concettualizzato la nascita di un problema ed i
quattro livelli logici interconnessi si presentavano così:
Tavola 1
Dimensione
fenomenologico
descrittiva
Dimensione dei
processi
generatori
Dimensione
individuale
Dimensione
relazionale
PROBLEMA
VISSUTO
INCONGRUENZA
COMUNICATIVA
CONFLITTO INTRA
PSICHICO
CONFLITTO
RELAZIONALE
In questo lavoro segnalavamo, altresì, come si avevano, così, a disposizione quattro livelli di
descrittivi:
− Fenomenologico Individuale (la Narrazione del problema)
− Generatore Individuale (il Funzionamento Individuale)
− Fenomenologico Relazionale (le Modalità Comunicative del sistema)
− Generatore Relazionale (la Storia e le evoluzioni del Sistema)
Ai fini, tuttavia, del tema che vogliamo affrontare in questo lavoro è necessario considerare tali
polarità ad un livello logico di astrazione più elevato e cioè al livello di descrizione cui ognuna di
esse si colloca. Il Quadrilatero, allora, si presenta così:
Tavola 2
Dimensione
fenomenologico
descrittiva
Dimensione dei
processi
generatori
Dimensione
individuale
Dimensione
relazionale
NARRAZIONE
COMUNICAZIONE
(PROBLEMA VISSUTO)
PERSONA
(CONFLITTO
INTRA-PSICHICO)
(INCONGRUENZA
COMUNICATIVA)
RELAZIONI
(CONFLITTO RELAZIONALE)
Questi quattro livelli ci possono guidare nella descrizione di differenti aspetti dell'identità illuminati
dall'ottica sistemica.
1) Livello Fenomenologico Individuale la NARRAZIONE: Questo livello dell'identità inizialmente
è stato lasciato un po' in secondo piano dagli autori sistemici. Nella Pragmatica della
Comunicazione umana la NARRAZIONE, intesa sia come linguaggio verbale che non-verbale,
viene presa in considerazione soprattutto per come essa definisce le regole della relazione tra i
partecipanti. Particolare attenzione, infatti, viene data a come essa veicola conferme e disconferme,
simmetrie e complementarietà, ma non di più. Le connessioni della NARRAZIONE con l'identità vi
sono ma restano implicite e riassumibili in due aspetti: 1) l'affermare che la “conferma nella
relazione è probabilmente il più importante fattore di stabilità psichica” (Watzlawick P. 1967). Tale
affermazione mette, si, in stretta correlazione intrapsichico e relazionale, ma è poi il secondo
versante ad essere maggiormente considerato. 2) il fatto che il linguaggio verbale è poi esaminato
come parte del 3° Assioma e cioè considerato dal punto di vista della “punteggiatura dei fatti” che
esso sottende. Anche in questo caso si afferma, poi, che tale punteggiatura rende più stabile la
definizione di relazione. Questo coglie la correlazione della Narrazione/punteggiatura con le
premesse individuali che la guidano, ma poi l'analisi si ferma lì.
Per tornare a valorizzare la NARRAZIONE verbale dal punto di vista semantico/linguistico e le sue
correlazioni con l'identità bisognerà arrivare alla Cibernetica di Secondo Ordine ed al lavoro di
Cronen W.B. E coll. (1983), Foster H. von (1987), Ugazio V. (1998) e molti altri. Il lavoro di questi
ricercatori sistemici rimetterà, infatti, in posizione centrale il linguaggio come punto di contatto tra
l'individuo ed il sistema. Di lì si tornerà a connettersi a due filoni che alla NARRAZIONE
attribuiscono un valore primario: 1) la tradizione Ericksoniana che sottolineava la necessità di
“ricalcare” il linguaggio del paziente per connettersi con la sua identità inconscia (Erickson M.H.,
Rossi E.L. 1979, Bandler R., Grinder J. 1984) e 2) la tradizione Cognitivista che lo considera
veicolo centrale per le correlazioni con le problematiche dell'Attaccamento (Guidano V.F. 1987,
Liotti G.1994).
La componente non-verbale della NARRAZIONE, invece, resta per lungo tempo considerata solo
come potente definitore delle regole di relazione. La sua funzione come parte integrante
dell'identità e, quindi, come porta di accesso per il lavoro sull'identità stessa si potrebbe dire che è
recuperata solo nell'importanza che nella tradizione della terapia sistemica viene data ai rituali ed
alle prescrizioni. Solo recentemente pare che si venga ad affermare un nuovo filone di interesse nel
campo della valorizzazione del linguaggio non-verbale nel lavoro terapeutico (Caillè Ph. Rey Y.
2005, Canevaro A. 2012, Mosconi A. e coll. 2006, Mosconi A. e coll. 2012). Il punto di
connessione che sollecita il tornare a valorizzare questo versante della Narrazione, viene da due
filoni: 1) le nuove acquisizioni in neuropsicologia che evidenziano come il pensiero sia
primariamente guidato dalle emozioni ed illustra la validità di nuove terapie basate sul corpo (F osha
D. e coll. 2012) la terapia con i bambini (Mosconi A. e coll. 2012).
In realtà il primo modo con cui noi ci presentiamo agli altri e gli altri si presentano a noi sono le
nostre ed altrui NARRAZIONI. Esse sono la punta emergente, l'aspetto fenomenologico, di quel
“Sistema Coordinato di Storie” (SCS), così la definiremo più avanti, che è la nostra identità. La
NARRAZIONE è un insieme coordinato di: pensieri, parole, azioni, emozioni che testimoniano,
nella loro struttura, tutto il lavoro di coordinamento che è stato compiuto e si sta compiendo in quel
momento in cui avviene l'interazione. La loro costruzione nasce da un continuo dialogo tra un Sè
che esperisce ed agisce ed un Sè che confronta e riflette sull'esperienza fatta e le attribuisce un
significato relativamente alla necessità di sopravvivenza del nostro sistema nell'ambiente. Si può
ipotizzare che sia la risultante di quel “cogito ergo computo” segnalato da Morin (1980) come parte
costitutiva dell'identità e ricordata da Gembillo nella sua relazione presente in questo libro. Essa
richiede l'accesso alla simbolizzazione. Tale passaggio è ed è stato in senso filogenetico,
fondamentale per attribuire significato sia ad un comportamento (linguaggio non-verbale) che per
la nascita della parola (linguaggio verbale). È l'accesso alla simbolizzazione che segna il più grande
passaggio evolutivo della specie umana (Lupoi S. 2001). Esso permette all'uomo di descrivere e
categorizzare rendendo possibile la formazione e la gestione della mappatura delle interazioni
sociali (Ceccarelli M. 2001) dando l'accesso a quel coordinamento di descrizioni di cui si è parlato
più sopra. Tale cambiamento sarà così radicale e potente da cambiare progressivamente lo stesso
hardware (Donald M. 1991) tanto da poter ipotizzare “una coevoluzione tra lo sviluppo della
comunicazione simbolica, lo sviluppo cognitivo della mappa sociale, lo sviluppo neocorticale e lo
sviluppo dell'organizzazione sociale” (Caccarelli M. 2001).
Una conferma a ciò viene da Merciai S.A. e Cannella B. che nel loro lavoro “Psicoanalisi delle terre
di confine”(2009) riportano in modo magistralmente critico i maggiori contributi attuali nel campo
della neuropsicologia. Tali contributi sono estremamente utili ad una maggiore comprensione degli
eventi psichici. Questi Autori proprio a proposito del liguaggio e delle sue correlazioni con i
“neuroni mirror” ci ricordano che:
“Ampie popolazioni di neuroni mirror sono state identificate nella cosiddetta area di
Broca, notoriamente implicate nella produzione del linguaggio”
e che secondo le ricerche del gruppo di Parma (in collaborazione con Michel A. Arbib) a proposito
di un'origine incarnata del linguaggio, si è formulata la “neural exploitation hipothesis” che
prevede che:
“le medesime strutture nervose che presiedono all'organizzazione dell'esecuzione
motoria svolgano un ruolo anche nella comprensione semantica delle espressioni
linguistiche che le descrivono.”
In questa direzione si esprime anche nel suo lavoro “Il sé viene alla mente” Damasio (2012), uno
dei più importanti neuropsicologi attuali, segnalando che le strutture che presiedono alle attività di
Coordinamento del nostro hardware sono potentemente implicate nella costruzione della coscienza
autobiografica che, a sua volta, fa larghissimo affidamento sul linguaggio.
Un rinforzo a tutto questo ci viene ovviamente, da un punto di vista fenomenologico ed in un
campo molto più vicino all'ottica sistemica, dalla Teoria della Gestione Coordinata dei Significati
(CMM) (W. B. Pearce e V. E. Cronen 1983).
La considerazione conclusiva di tutto ciò è che i pensieri, parole, azioni ed emozioni che
costituiscono la NARRAZIONE, sono il sistema emergente che sintetizza ed esprime tutto il lavoro
di coordinamento dell'autonarrazione delle nostre interazioni con il mondo ed i nostri consimili che
costruisce la nostra identità. Essa può, quindi, a buon diritto essere pensata non solo come un
“Sistema Coordinato di Storie” (SCS), intese in senso della vita vissuta ed agita, ma come un
“Sistema Coordinato di Narrazioni” (SCN). Questo livello dell'identità si presenta così
potentemente come la porta di entrata ed uscita, via di accesso privilegiata ed inevitabile della
connessione della mente nostra con quella degli altri.
Quale grande attenzione, allora, dobbiamo avere come Terapeuti, ancor più se Sistemici, alla
NARRAZIONE dei nostri clienti ed al linguaggio che la costruisce.
Sintesi: Per questo primo livello dell'identità gli aspetti cui porre attenzione sono:
1. pensieri
2. parole
3. azioni
4. emozioni
tipiche della Narrazione
2) Livello Generatore Individuale la PERSONA: Questo il secondo livello è direttamente correlato
con il primo. Il funzionamento interno della persona è stato notoriamente considerato come parte
della “scatola nera” e, quindi non preso in considerazione. Ancora una volta solo con l'avvento della
Cibernetica di Secondo Ordine, di torna a valorizzare questo aspetto. In realtà il lavoro di Bateson
illustra ampiamente il modo di funzionare della mente. Il modello di mente proposto dall'ottica
sistemica è quello di un elaboratore di informazioni/differenze che vengono dalla relazione. Tali
informazioni (definizione della relazione, chi è up e chi down, permessi e divieti, regole, ecc..)
verrebbero immagazzinate secondo la teoria dei tipi logici in insiemi omogenei e connesse tra loro,
a livelli di complessità progressivamente più elevata, al fine di costruire la propria identità e
trovare, così, il proprio posto/funzione nelle relazioni (Mosconi A. 2008). Essa si costruisce come
un sistema alla ricerca, fin dalla sua nascita, di un accoppiamento strutturale con l'ambiente. La
ricerca di un equilibrio interno al sistema secondo una dinamica autopoietica e ricorsiva è, come per
ogni sistema, una delle sue funzioni caratterizzanti (Maturana U. Varela F. 1980). Senza che si
possa generare tale evento il SISTEMA IDENTITÀ non potrebbe esistere. Saranno possibili solo
gli accoppiamenti che permetteranno il mantenimento o il recupero di tale equilibrio, in un'infinita
circolarità. Essendo, tuttavia, sistema strutturalmente e funzionalmente aperto, tale equilibrio sarà
continuamente sottoposto ad adattamenti che, stante quanto detto sopra, si compieranno in modo
compatibile con l'organizzazione stessa del sistema e con le differenti strutture che il sistema
assumerà. È ancora Damasio (2012) che ci ricorda che sono le strutture di coordinamento e
confronto tra le esperienze registrate dal nostro hardware a svolgere una parte fondamentale nella
costruzione del Sè e dell'Identità. In tutto questo processo viene generata e poi ne diviene una
funzione fondamentale la continua, stretta e ricorsiva connessione tra quei livelli che abbiamo
cosiderato nelle narrazioni: pensiero, linguaggio, azione, esperienza ed emozione. Le riflessioni di
Bateson sulla teoria dei tipi logici e le categorie logiche dell'apprendimento (Bateson G. 1972) e la
scala tra Forma e Processo (Bateson G. 1979), offrono una buona ipotesi su quale sia il percorso
seguito da tale progressione costruttiva. L'identità è quindi un sistema di storie di interazione legate
da denominatori comuni che costituiscono le premesse autoreferenziali di tutte le storie possibili
per quella organizzazione, finchè non si introduca “una differenza che faccia differenza” (Bateson
G. 1979). Possiamo, quindi, anche a questo secondo livello considerarla un “Sistema Coordinato di
Storie” (SCS). È come se fosse l'insieme delle risposte date nell'interazione con l'ambiente alle
famose quattro domande presenti nella Pragmatica della Comunicazione: 1) Come vedo me nella
relazione con te? 2) Come vedo te nella relazione con me? 3) Come penso che tu veda me nella
relazione con te? 4) Come penso che tu veda te nella relazione con me? (Watzlawick P. e coll.
1967). L'accesso alla funzione riflessiva ed i processi di mentalizzazione (Fonagy, P. Target M.
1997) costituiranno un passaggio intermedio di fondamentale importanza per dare risposta a queste
domande.
“Secondo Peter Fonagy e Mary Target ….. la «funzione riflessiva», è «l’acquisizione
evolutiva che permette al bambino di rispondere non solo al comportamento degli altri,
ma anche alla sua concezione dei loro sentimenti, credenze, speranze, aspettative,
progetti, ecc.», cioè che «permette al bambino di leggere la mente delle persone»
(Fonagy, P., Target, M., 1997, p. 101, 102). La funzione riflessiva costituisce quindi una
sorta di mediatore tra i fatti e le risposte dell’individuo a questi. Possedere una «teoria
della mente» permette di lavorare nell’ambito della credenza, della rappresentazione
mentale, e di costruire modelli di causalità più complessi per spiegare ciò che accade
intorno a noi.”(Bologna L. Mosconi A. 2010, 2013a).
In questo percorso costruttivo la forza trainante, secondo l'ottica sistemica, sarà la ricerca della
conferma nella relazione considerata, come detto, “il più forte fattore di stabilità psichica”.
Cecchin amava dire che: “il bisogno fondamentale dell'uomo è quello di essere visto nella
relazione con gli altri” (Peruzzi P. 2005). Le vicende, quindi, della conferma/disconferma sono alla
base della costruzione del Sè e quindi dell'identità. Il capire che posto occupiamo nella relazione
con gli altri è per l'Ottica Sistemica l'esigenza fondamentale della mente, ed avere la sensazione di
trovarlo è in grado di farci sperimentare quel senso di stabilità interna che, come detto sopra, la
nostra mente, intesa a sua volta come sistema, cerca e che identifica come stato di benessere. Al
contrario, il non capirlo è fonte di instabilità e di sofferenza. I nomi dati nel tempo alle
configurazioni relazionali capaci di generare questa sensazione sono a tutti noti: doppio legame
(Watzlawick P. 1967. Bateson G. 1972), circuito ricorsivo bizzarro (Cronen V.E. e coll 1982),
imbroglio relazionale (Selvini Palazzoli M. e coll 1988). Comunque sia è la sensazione della
incongruenza/discrepanza tra quanto di pensava di essere e quanto ci si accorge di essere nella
relazione che svolge la parte centrale nel fuzionamento interno della PERSONA. L’incongruenza
dei livelli verbale e non verbale, vissuti nella relazione, creerebbe una difficoltà della tipizzazione
logica dei messaggi e quindi un’indecidibilità dei processi mentali e dell’identità stessa. In questo
senso l'ottica sistemica offre un modello abbastanza semplificato della struttura interna del
funzionamento della PERSONA. Gli approfondimenti che sono stati fatti successivamente sono
relativi soprattutto alle aree relazionali maggiormente soggette a disconferma correlate con la
gravità del sintomo ed alle aree o premesse semantiche significative del sistema correlate con il
senso di Sè e con la semantica del sintomo (Sluski C. 1978, Selvini Palazzoli e coll. 1988, Malagoli
Togliatti M. e Telfener U. 1991, Casagrande G., Mosconi A. 2006). Centrale, tuttavia, in tutte
queste ricerche resta la disconferma/incongruenza/discrepanza nei messaggi ricevuti quale
meccanismo esplicativo della destrutturazioe dell'identità della PERSONA. Si ha l'impressione che
resti invariato quel: “il doppio legame come fattore patogeno universale” messo da Sluski come
titolo del suo famoso articolo di molti anni orsono (1978). L'incongruenza alimenterebbe il disagio
e sosterrebbe la nascita del sintomo, la semantica del sistema gli darebbe la forma. La PERSONA
sceglierebbe il sintomo maggiormente coordinato con le premesse semantiche del suo sistema. Tale
semplificazione decisa dall'ottica sistemica, tuttavia, è, a mio avviso, un punto di forza in quanto si
pone ad un livello meta. Esso permette di includere anche quanto evidenziato nei modelli di
funzionamento della PERSONA proposti da altre ottiche nell'ambito della psicoterapia, non
contraddicendole, ma ponendosi in continuità con esse. Infatti a ben pensarci non esiste poi grande
differenza tra l'ipotesi di un Conflitto Edipico irrisolto, proposto dalla Psicoanalisi, ed un Triangolo
Perverso. Sfido, infatti, qualunque figlio ad identificarsi, superando così il Coflitto Edipico, con un
genitore in conflitto con l'altro e perciò ostile al figlio stesso. Di queste due ipotesi, a mio avviso,
l'una esplora gli aspetti affettivi e di identificazione, l'altra le dinamiche comunicative e relazionali
che li permettono. Parimenti non è poi così diverso un Attaccamento Insicuro, di matrice
Cognitivista, da un Doppio Legame. L'uno descrive gli aspetti riguardanti il Sistema di
Attaccamento e l'altra la dinamica comunicativa che lo caratterizza. E cosa analoga di può dire
riguardo alle caratteristiche della relazione genitore – figlio che permette l'avviarsi dei processi di
metalizzazione. Infatti sono tre gli aspetti fondamentali che devono essere presenti nella relazione
genitore-bambino per un adeguato sviluppo della mentalizzazione:
il genitore deve vedere il bambino come essere “pensante”;
 deve essere in grado di “sintonizzarsi affettivamente” con lui;
 deve stabilire con il bambino una relazione di “attaccamento sicuro”.
(Fonagy P., Target M., 1997)
Utilizzando un linguaggio sistemico, potremmo dire che, perché la funzione riflessiva si sviluppi in

modo adeguato, è fondamentale un atteggiamento genitoriale di conferma del sé del bambino
(Bologna L. Mosconi A. 2010, 2013a).
Le domande, quindi, che ognuno dei terapeuti appartenenti a questi indirizzi si farebbe riguardo ai
meccanismi costruttori dell'identità ed al funzionamento interno della PERSONA sono differenti in
quanto si porrebbero ad un livello differente. Per ognuno di essi, infatti, risultano interessanti le
variabili ritenute centrali per il proprio modello di mente. Esse potrebbero essere così riassunte:
Lo Psicodinamico:
− In quale fase dello sviluppo affettivo si trova il paziente?
− Quali i meccanismi di difesa e la struttura dell'Io?
Nell'ottica psicoanalitica, infatti, sono le funzioni dell'Io a svolgere la parte centrale (Luoni G.
2001)
Il Terapeuta Cognitivo-Comportamentale:
−
−
−
−
Quale relazione di Attaccamento ha avuto il paziente?
Quali Modelli Operativi Interni vengono attivati
Quale l'idea di Sè e del mondo?
Quali aspetti dell'idea di sé sono maggiormente compromessi (p.es. autoefficacia,
autovalutazione, ecc....)?
Le domande chiave, invece, per un terapeuta sistemico al fine di capire il funzionamento interno
della PERSONA /paziente, invece, sono:
−
−
−
Da chi si aspettava di essere confermato/visto maggiormente il paziente?
Quali disconferme sono state più importanti per lui?
Quali effetti hanno avuto sulla sua modalità di definirsi nelle relazioni?
Ma la questione che si pone, a mio avviso è: “Sono poi tanto differenti gli aspetti investigati”.
Come cominciamo ad intravvedere e vedremo più chiaramente alla fine di questo lavoro, tutti questi
aspetti possono essere messi in collegamento l'uno con l'altro e sono spesso complementari
Infatti si può considerare che ognuno descriva ad un livello logico differente il funzionamento di
una unica entità: la PERSONA.
Riassumendo, allora, si può dire che: funzioni dell'Io, idea di Sè e del mondo, Modelli Operativi
Interni, ed effetti di tutto ciò sul modo di definirsi nelle relazioni, si pongono in una stretta
consequenzialità.
Giova, infatti, per questo livello dell'identità integrare le nostre descrizioni con quelle derivate da
altre ottiche (Mosconi A. e coll. 2013b).
Sintesi: Per questo secondo livello dell'identità gli aspetti cui porre attenzione sono molti:
1. l'idea di Sè che la persona ha nelle relazioni con il mondo
2. quanto profondamente invalida il proprio senso di autovalore
3. quanto compromesse sono le sue capacità cognitive
4. la semantica e le parole chiave con cui esprime tutto ciò
5. da chi si aspettava maggiore conferme
6. i gesti tipici con cui commenta i momenti chiave della propria Narrazione
3) Livello Fenomenologico Relazionale la COMUNICAZIONE: Questo livello dell'identità è
relativamente più facile da definire essendo quello su cui l'Ottica Sistemica si è imperniata. È stato,
infatti, il primo aspetto di cui si è occupata la Pragmatica della Comunicazione. Tra tutti gli Assiomi
quello che, a mio avviso, riveste maggiore importanza è il Secondo. È, infatti, l'aspetto di
definizione della relazione a contribuire maggiormmente alla costruzione delle regole del sistema.
Come si è detto più sopra, quindi, tutto il “Sistema Coordinato di Storie” (SCS) ed il “Sistema
Coordinato delle Narrazioni” (SCN) che costruisce la nostra identità, si esprimerebbe
fenomenologicamente in una variabile critica emergente: IL NOSTRO MODO DI DEFINIRCI
NELLA RELAZIONE. Anche qui l'ottica sistemica ci offre una mirabile sintesi dei tanti modi
possibili di descrivere questo aspetto dell'identità. Altre ottiche sono molto più variegate. L'ottica
sistemica no! Essa sintetizza i tanti possibili modi di porsi in due categorie: tendi a definirti UP o
DOWN? Come se ognuno di noi mutuasse dalla storia di interazione un “Pattern Critico” (PC) che
caratterizza di fondo questo aspetto. La questione che si può porre è: “Ma in quali situazioni si
evidenzia maggiormente questo pattern?”. La risposta non sembra difficile. Se, come detto nei
livelli precedenti, “la ricerca di un equilibrio interno al sistema secondo una dinamica
autopoietica e ricorsiva è, come per ogni sistema, una delle sue funzioni caratterizzanti” e se “Il
capire che posto occupiamo nella relazione con gli altri è per l'Ottica Sistemica l'esigenza
fondamentale della mente, ed avere la sensazione di trovarlo è in grado di farci sperimentare quel
senso di stabilità interna che la nostra mente, intesa a sua volta come sistema, cerca e che
identifica come stato di benessere e se al contrario, il non capirlo è fonte di instabilità e di
sofferenza” allora se ne può dedurre che le situazioni in cui maggiormente si evidenzia il “Pattern
Critico” (PC) di ognuno di noi sono le situazioni in cui o ci pare di avere trovato chi ci conferma o
è messa a rischio l'idea di noi stessi e quindi la nostra stabilità. Queste situazioni sono
presumibilmente: 1) relazioni nuove, 2) i conflitti, 3) gli innamoramenti, 4) gli abbandoni. Si può
ipotizzare che il “Pattern Critico” (PC) emerga tanto più quanto più la relazione in cui si verificano
questi eventi è significativa per il soggetto. Dobbiamo, quindi, porre particolare attenzione a tali
situazioni, nostre ed altrui per focalizzare questo livello dell'identità che possiamo definire il
“Pattern Relazionale Prevalente” (PRP).
Sintesi: Per questo terzo livello dell'identità gli aspetti cui porre attenzione sono:
1.
qual'è il “Pattern Critico” (PC) della Persona se UP o DOWN
2.
quali sono le situazioni critiche in cui emerge di più
3.
qual'è il “Pattern Relazionale Prevalente” (PRP) di queste situazioni: conflitto, abbandono,
innamoramento, ecc...e con chi
4) Livello Generatore Relazionale le RELAZIONI: Anche questo secondo livello relazionale è
centrale per l'Ottica Sistemica anche se non è stato trattato dal punto di vista dell'identità. Perchè il
nostro “Pattern Critico”si stabilizzi è necessario che: 1) la relazione nella quale facciamo la scelta di
assumere quella modalità relazionale sia significativa, 2) l'esperienza si ripeta nel tempo. Vi è una
progressione nella ripetizione di un'esperienza relazionale che va dal singolo pattern comunicativo
fino alla relazione. Essa potrebbe essere raffigurata nella sequenza:
LIVELLI DELLA RELAZIONE

Messaggio – singola unità di comunicazione (parole, azioni, ecc) che propone una
possibilità di regola di relazione

Interazione – serie di messaggi scambiati tra persone tendenti a definire regole di
relazione

Ridondanze – ripetitività di serie di messaggi scambiati tra persone che iniziano a definire
una regola di relazione

Regole di relazione – ridondanze che divengono regolarità preminenti della relazione

Modelli di relazione – insiemi di regole di relazioni, tra gli elementi di un sistema,
collegate in ripetitività di livello più complessivo

“Gioco Familiare” - insieme di modelli di interazione, tra appartenenti a livelli diversi nel
sistema, collegati tra loro in regolarità tendenti ad un fine
In questa progressione che va dal singolo messaggio inteso come proposta di relazione al “Gioco
Familiare” (Selvini Palazzoli M. e coll. 1988) e che coinvolge gli appartenenti ad un sistema nel
definire la natura delle loro relazioni, ognuno assume un “FUNZIONE”nel Gioco del sistema. Il
concetto di funzione viene trattato fin dall'inizio nella Pragmatica per rendere chiaro come, divenuti
sistema, i comportamenti di ognuno sono inscindibilmente correlati a quelli degli altri ed ognuno
tende a stabilizzare e permettere i comportamenti altrui. L'organizzazione progressiva di questi
livelli della relazione non avviene secondo un processo cosciente, ma spesso per deuteroapprendimento indotto da aspetti della relazione di cui non siamo coscienti. Ciò significa che
ognuno, senza saperlo, ridurrà il “range” delle scelte possibili e nel processo di calibrazione
assumerà premesse, pensieri e modi di definirsi nella relazione parte della FUNZIONE che egli
svolge nel sistema. Questo è espresso molto chiaramente dalla metafora della “Strategia dell'attore
nel Gioco Familiare” (Selvini Palazzoli M. e coll. 1988). Ora anche per questo livello dell'identità
la domanda più rilevante per le nostre riflessioni ci sembra essere: “Quali relazioni o aspetti del
Gioco Familiare influenzano in modo più incisivo le scelte della definizione di relazione?”. Ancora
una volta la risposta sembra essere: “le relazioni che assumono un significato vitale per il soggetto e
le situazioni relazionali di maggior impatto per la sicurezza del Sè”. Quindi delle tante funzioni che
ognuno di noi può assumere nel suo sistema in tanti differenti momenti della vita, le più interessanti
e correlate al “Pattern Critico” (PC) saranno: le funzioni assunte nelle appartenenze, abbandoni,
conflitti con e tra le figure con cui si hanno le relazioni vitali. Da questo si può dedurre quale
importanza assume il tema dell'Ipotesi, tanto centrale per il Milan Model (Selvini Palazzoli M. e
coll. 1980). È difficile, a nostro avviso, cogliere con precisione tutto quanto stiamo dicendo se di
essa viene fatta una costruzione approssimativa e non costruita insieme con gli interessati, guidati e
sostenuti da una sincera curiosità (Cecchin G.F. 1987). Questo è il motivo più profondo per cui
abbiamo più volte insistito sulla necessità di approfondire con cura tutti i temi dell'Ipotesi
considerandoli dei veri “PILASTRI” portanti di un'Ipotesi plausibile (Gonzo M. e coll. 1999,
Mosconi A. e coll. 2013b). Essi, giova ricordarlo, sono:
1.
Composizione del Sistema
2.
Storia del problema e suo effetto pragmatico sulle relazioni nel Sistema
3.
Storia Trigenerazionale
4.
Caratteri e Relazioni
5.
Loro ipotesi ed aspettative verso la terapia
6.
Non-verbale
La trattazione sistematica di tutti questi temi è in grado di fornire tutte le informazioni utili alla
definizione di tutti i livelli dell'identità.
Sintesi: Per questo quarto livello dell'identità gli aspetti cui porre attenzione sono:
1.
quali sono gli eventi critici che hanno caratterizzato la vita del sistema
2.
quale funzione la Persona ha assunto in tali situazioni
3.
come questa può essere correlata con il “Pattern Critico” (PC) ed il “Pattern Relazionale
Prevalente” (PRP) delle situazioni critiche in cui è emerso di più il problema
Sintetizzando ora i LIVELLI DELL'IDENTITÀ, scandedoli sul Quadrilatero e collegandoli
anche con i contributi delle altre ottiche, la tavola 2 viene integrata come segue:
Tavola 3
Dimensione
fenomenologico
descrittiva
Dimensione dei
processi
generatori
Dimensione
individuale
Dimensione
relazionale
NARRAZIONE
(PROBLEMA
VISSUTO)
PENSIERI PAROLE
AZIONI EMOZIONI
COMUNICAZIONE
(INCONGRUENZA
COMUNICATIVA)
“PATTERN CRITICO”
INDIVIDUALE (PC)
“PATTERN
RELAZIONALE
PREVALENTE” (PRP)
DELLE SITUAZIONI
CRITICHE
PERSONA
(CONFLITTO
INTRA
PSICHICO)
FUNZIONI DELL'IO
IDEA DI SÈ E M.O.I.
AUTOVALORE,
CAPACITÀ
COGNITIVE,
SEMANTICA E
PAROLE CHIAVE,
DA CHI SI
ASPETTAVA
CONFERME, GESTI
TIPICI
RELAZIONI
(CONFLITTO
RELAZIONALE)
FUNZIONE ASSUNTA
NELLE SITUAZIONI
CRITICHE DEL
SISTEMA E LORO
CORRELAZIONE CON
“PC” E “PRP”
La connessione con altre Ottiche
L'ultima riflessione può essere fatta relativamente alla connessione tra tutti questi livelli ed al
contributo che ci può venire dalle altre ottiche di psicoterapia. Abbiamo già avuto modo di dire più
sopra riteniamo che, a nostro avviso, le differenti definizioni del Sè sono integrabili come desrizioni
a differenti livelli di un'unica entità: la PERSONA. Riteniano questa una riflessione importante per
favorire a vantaggio dei pazienti una maggiore integrazione tra i modelli utilizzati dai terapeuti.
Spesso ci troviamo a collaborare con colleghi di ottica differente e giova avere un'idea unificante. I
pazienti si trovano, infatti spesso in questa situazione:
Tavola 4
UN DIALOGO TRA TERAPEUTI ?
PSICHIATRA
ECC.....
FENOMENOLOGO
GESTALTICO
SISTEMICO
PSICODINAMICO
PAZIENTE
IPNOTISTA
COGNITIVO
COMPORT.
EMDR
Ciò che più lo può disorientare è che ognuno gli rifletta un'idea differente del suo Sè e dei metodi di
cura con un comprensibile aumento di confusione:
Tavola 5
UN DIALOGO TRA TERAPEUTI ?
DSM
ECC.....
MODO DI
ESSERE
DEFINIZIONE
NELLA
RELAZIONE
FUNZIONI
DELL'IO
PAZIENTE
MENTE
INCONSCIA
TRAUMI
IDEA DI SÈ
DEL MONDO
M.O.I.
Richiamandoci, invece, alla famosa scala tra FORMA e PROCESSO proposta da Bateson in Mente
e Natura, a nostro avviso, si potrebbe dire che tutte le descrizioni proposte potrebbero essere poste
ad un livello differente:
Tavola 6
LIVELLI DELL'IDENTITÀ
FORMA
PROCESSO
SISTEMICO
Funzione nel Gioco Familiare
COMUNICAZIONE/RELAZIONE
Modo di definirsi nella ralazione
EMOZIONE/AZIONE
Modelli Operativi Interni
COGNIZIONE
idea di Sè e del mondo
PSICODINAMICO
Funzioni dell'io
Meccanismi di difesa
NARRAZIONE
pensieri, parole, azioni, emozioni
La Narrazione è il primo livello fenomenologico sul piano della FORMA in cui ci rappresentiamo.
Il soggetto costruisce la forma della Narrazione e si muove all'interno di essa mettendo in relazione
i personaggi e tutti gli elementi secondo le proprie premesse e costruendo il racconto e ricostruendo
al tempo stesso la propria identità. Il racconto costruisce l'identità dei personaggi, ma al tempo
stesso, in ogni sua parte come detto, esso è l'identità narrativa del soggetto narrante (Visani E.
2001). Sul piano del PROCESSO possiamo riconoscere il modo di operare di tutte le funzioni
dell'io che sceglierà i vocaboli, la semantica, rimuoverà le parti del discorso, trasformerà, sposterà,
opererà proiezioni, ecc....secondo quelle dinamiche che la Psicoanalisi ha approfondito il modo
mirabile. Tutto questo modo di operare si può considerare abbia un suo punto di uscita e sintesi
nella FORMA che assumerà l'idea di Sè e della propria relazione con il mondo che il soggetto
esprime. A sua volta tale livello sarà rivelatore, sul piano del PROCESSO, dei Modelli Operativi
Interni attivati dal soggetto nella Narrazione. È questo il livello approfondito dai ricercatori di
matrice Cognitivista. Ma l'idea di Sè e del mondo prende a sua volta FORMA nel modo di definirsi
nella relazione, categoria come si è detto di matrice sistemica. Ma, come abbiamo visto, sul piano
del PROCESSO, cioè del modo di agire nel mondo, questo è connesso alla funzione che il soggetto
assume nel sistema.
Visti in questa prospettiva i differenti livelli dell'identità non mostrerebbero soluzioni di continuo ed
i terapeuti anche di differente indirizzo potrebbero conversare approfondendo il modo di essere dei
loro pazienti integrando i saperi anziché contrapponendoli (Mosconi A. 2013a, 2013b)
L'Identità Sistemica
Si può a questo punto chiedersi: “Quali premesse potremmo mettere alla base dell'Identità di un
Terapeuta Sistemico? Quale Narrazione/Modo di operare dentro di Sè/Modo di definirsi nella
relazione con il mondo/Funzione nella relazione con gli altri può essere tipica dell'Ottica Sistemica?
La domanda è rilevante proprio perchè è alla base del lavoro che ha promosso il Congresso
“IDENTITÀ SISTEMICHE” che è contenuto in questo libro. La domanda è cruciale altresì perchè
siamo una scuola di Formazione (Mosconi A. 2011).
Proviamo a sintetizzarle come segue:
1) visione contestuale
capacità, cioè, di mantenere un doppio livello di attenzione sull'Individuo e sul Sistema e sul Gioco
di tutto l' insieme. Come spesso amava dire Cecchin qualunque sia il problema portato o il
comportamento agito, la Narrazione di un Sistemico parte dalla domanda: “Da chi vuole essere
vista questa persona per fare quello che sta facendo?” e continuava:”allora vai a cercare un padre
una madre, un cane, si anche un cane può essere importante.....” (Peruzzi P. 2005) insomma vai a
costruire il sistema significativo per quella persona e per quel comportamento. Come sappiamo la
accezione di sistema significativo è mutata nel tempo e si è passati dal “Sistema con storia” al
“Sistema dei conviventi” al “Sistema creato dal problema” (Gonzo M. e coll. 1999), ma il punto
centrale resta questo: ogni comportamento è permesso da un insieme di altri comportamenti che a
sua volta rinforza. Vale a dire: un comportamento non è comprensibile se non nel suo contesto
(Watzlawich P. 1967)
2) visione interattiva e pragmatica
la premessa è che ogni comportamento è un messaggio atto a definire le regole della relazione. Ne
conseguono alcune altre premesse:




capacità di non venire sedotti dalla mente “dentro” ma vedere l'interazione “tra”. Ora
possiamo aggiungere anche che è necessario padroneggiare a tal punto questa premessa da
riuscire a vedere la mente “dentro” e tutte le sue espressioni (pensieri, parole, azioni,
emozioni) come parte della ricerca di trovare, come detto, un posto nelle relazioni e tenere
tutto presente per sapere cogliere le connessioni
passare dalle intenzioni, pensieri, azioni, emozioni alle regole di relazione. Come si è visto
questa sembra essere la chiave di passaggio per una visione sistemica e relazionale
passare dal benessere individuale alla buona organizzazione del sistema. Questo significa
credere che lavorando sulle regole della relazione, cioè “tra”, si arriva inevitabilmente a
modificare la mente “dentro”
passare dalle qualità individuali alla funzione svolta nel sistema. Questo concetto sintetizza,
come si è visto, molti dei livelli dell'identità individuale ed un sistemico deve sapere parlare
alle persone che gli portano un problema e gli narrano la propria vita, di come la funzione
svolta nel proprio sistema abbia improntato le premesse di quanto essi dicono
3) visione circolare
Dalla causalità lineare (causa, colpa) alla circolarità (feed – back reciproco). Non si insisterà mai
abbastanza su questo punto in quanto è una premessa che ristruttura radicalmente il modo lineare di
pensare di tutti noi soprattutto quando sentendoci feriti e/o disconfermati ci accaniamo ad incolpare
gli altri della nostra infelicità. Un terapeuta che utilizza una premessa circolare spontaneamente
diviene neutrale rispetto a tutti i componenti di un sistema. Pensa “come gli altri hanno permesso
che Tizio facesse così....” ma anche “come Tizio è stato al gioco ed ha permesso che loro facessero
così con lui”. Come si può capire questo introduce una visione attiva, positiva e responsabilizzante
delle persone che sono viste come “attori patecipi delle proprie scelte di vita”. È una fortissima
conferma nella relazione che diamo a chi ci chiede aiuto.
4) visione non reificante e descrittiva
È la passione e l'interesse per le storie di relazione che muove un Terapeuta Sistemico non, certo, la
voglia di etichettare. Queste storie in cui non vi è mai una fine, se non dove fittiziamente la si vuole
mettere, dove ogni fatto rimanda ad un altro ed ogni cosa trova il suo senso e non è mai accaduta
per nulla. Bateson (1979) diceva che la Natura (con la N maiuscola) non commette mai errori e,
aggiungiamo noi, non può che permettere che accada ciò che può accadere. A noi scoprire solo il
“come”. Ma non basta sapere costruire queste storie per essere terapeutici il bello è condividerle!
Ed ecco allora la parola magica e fin troppo abusata che, tuttavia, suggerisce un'altra premessa
importantissima: “co-costruzione”. La si è ripetuta così tanto che a volte viene il timore che non vi
si ponga tutta l'attenzione che merita. Suggerisce un profondo interesse per ogni aspetto della
Narrazione dell'altro e la premessa paradossale di chiedere alla persona che ci chiede aiuto di essere
attiva e partecipe della costruzione di questo aiuto. In qualche modo è chiedere al nostro “paziente”
(in questo caso chi ha la pazienza di seguirci) di essere il “consulente” ed a volte il “supervisore”
delle nostre ipotesi e dei percorsi narrativi che gli proponiamo. Sapere che: nulla è veramente
conosciuto se non è condiviso.
Una storia, inoltre, include la premessa cara a Sluski di restituire dinamismo e senso ai
comportamenti (1992). Nessuno sembra folle se se ne capiscono le ragioni. Ed ecco che vi è un
modo sicuro di depatologizzare: “storicizzare” e “contestualizzare”. La premessa, quindi, è:
dall'essere al comportarsi in un certo momento ed in risposta a...e così via. È più facile così passare
dal giudizio al punto di vista o all'idea che ci si era fatti o magari al pregiudizio avuto a sua volta
per dei buoni motivi.
Nell'argomentare tutto ciò sentiamo crescere la sensazione di sollievo e apertura connessa all'ultima
premessa che chiude e completa queste nostre riflessioni
5) visione positiva
A nostro avviso essa coinvolge e sostiene tutti i livelli di questa IDENTITÀ SISTEMICA che
stiamo cercando di delineare. La sola idea che un problema ed il sintomo stesso nasca dal desiderio
di cercare una soluzione ai dilemmi relazionali che incontriamo nel corso della nostra vita ci
permette di alzare la testa e sentirci sempre con lo sguardo rivolto proprio a questo: passare dal
problema alla ricerca di soluzioni. Erickson amava dire “se hai saputo inventare un sintomo saprai
anche inventare la soluzione” (1984). Quale grande sollecitazione ad attivare le proprie risorse
interne, a rievocare o prendere in considerazione idee positive su di sé che possano permettere
nuovi apprendimenti. La nostra impressione è che questo attivi, in tempo reale, una vera esperienza
emozionale correttiva a chi si rivolge a noi. E non è forse questo il senso più profondo della
psicoterapia? Di ogni psicoterapia?
Conclusione
Abbiamo cercato di delineare alcuni aspetti che si possono articolare attorno al tema dell'identità.
Restano ancora molte cose da dire ed il problema che si pone soprattutto per una Scuola di
formazione è riflettere ancora una volta su quali siano i precorsi formativi più addatti a sollecitare le
premesse cui si è fatto cenno. Ma anche questa è una Narrazione che deve essere costruita con gli
allievi stessi. Proprio a questo avevamo pensato con Pio Peruzzi, Co-direttore del Centro Padovano
di Terapia della Famiglia e caro amico recentemente scomparso, quando si è iniziato a pensare a
questo Convegno: avere la possibilità di riflettere a come mantenere nei più differenti contesti e di
fronte ai problemi più disparati un' IDENTITÀ SISTEMICA.
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