StilograficaMente

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StilograficaMente
StilograficaMente
Tra Emozioni e Sentimento
Prefazione:
Qualche anno fa incontrai una persona che la vita l’ha vissuta a cavallo delle due grandi guerre, e
di questo non ho mai dubitato sia per la sua profonda conoscenza degli avvenimenti storici sia per
l’emozione che trasmetteva durante l’esposizione di alcuni momenti molto coinvolgenti, il
rammarico è di non essere mai riuscito a sapere il suo nome dopo il nostro breve ma intenso
incontro.
Ho trascorso poco tempo assieme a lui ma la sua compostezza e semplicità nell’esposizione di
emozioni vissute nella vita mi hanno aperto un mondo che forse stavo perdendo e che oggi forse
abbiamo incautamente maltrattato.
Quando l’incontrai per la prima volta era un pomeriggio di Agosto molto caldo, afoso, con il mare
che lambiva la spiaggia lentamente. Mi si presentò innanzi una figura scarna, segnata dagli anni
vissuti, gli occhi chiarissimi trasmettevano vitalità e sentimento, tra le mani teneva una vecchia
penna stilografica dal pennino ormai segnato dal tempo, una Etiopia, segno della sua presenza nel
periodo coloniale, delle vecchie lettere, ed un diario.
Egli iniziò a parlare senza mai alzare lo
sguardo quasi mi conoscesse da tempo, ed
io ad ascoltarlo incredibilmente attratto e
coinvolto emozionalmente; molto confuso,
non riuscivo a dare il corretto significato alle
sue frasi così coinvolgenti e sentite ma nello
stesso tempo distanti da me, non capivo!
“Vecchio!” più volte esclamai,
“non riesco a comprendere ciò che dici!” Chi
sei e cosa vuoi ?
Sembrava non udire la mia voce
fermati! gli ripetei e fammi capire.
D’un tratto si fermò, si girò e col capo chino mi consegnò la sua penna stilografica, le lettere così
ben raccolte con un nastro azzurro ed il diario, e con un filo di voce mi sussurrò: “ prendi questi
oggetti senza tempo, e prova a spiegare alle persone che ti circondano che senza sentimento ed
emozioni siamo solo ombre di un tempo che fu ”, io ho fatto il mio tempo!
Da quel momento non lo vidi più, svanì durante un vortice di vento che sollevò una nuvola di
sabbia di diversi metri di altezza, quando finii di stropicciarmi gli occhi lui non c’era più.
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Le sensazioni e le emozioni sono un bene che l’umanità non deve dimenticare ma soprattutto non
si deve perdere quel patrimonio tangibile che sono i pensieri scritti nel momento in cui un
avvenimento ci proietta in una realtà diversa da quella vissuta fino a quel istante.
A tal fine cercherò di raccontare di come ieri le
mie sensazioni ed emozioni, fossero nascoste,
velate dall’inquietudine del tempo e dalla frenetica
vita quotidiana che non ci permette di fare
trasparire ciò che veramente noi siamo e
vorremmo essere ma che quel vecchio sapeva e
conosceva bene per aver provato e vissuto nei
suoi lunghi anni di vita raccontando e scrivendo
giorno dopo giorno i momenti che lo hanno reso
felice e chissà se altre persone
vorranno
condividere questo ritorno ad una vita meno sola
e soprattutto ancora ricca di emozioni come ho
fatto io.
La nostra generazione vive in un’epoca dove possiamo vedere le nostre immagini a migliaia di
chilometri in qualunque luogo del mondo, ascoltarci, inviarci video in tempo reale, ma in tutto
questo le emozioni dove sono? Fare “clic” e vedere la persona cara dall’altra parte del globo è una
vittoria sui confini della tecnologia ma rende ogni giorno la nostra vita un po’ più vuota, perché
siamo convinti che questo possa bastare a colmare la nostra assenza nella vita di una persona,
ma cosa abbiamo lasciato al termine della chiamata o della video chiamata? La solitudine, solo
solitudine e nient’altro.
Vorrei che alla fine di questo racconto
ognuno potesse capire che scrivere
significa lasciare un pezzo di sé al mondo,
e che cartoline, lettere e diari dovranno
ancora essere patrimonio di vita per le
generazioni future da poter sfruttare per
comprendere la vita e sentirsi meno soli.
La lettera (1° sera)
Ero seduto su un comodo scoglio in riva al mare, un luogo particolare, suggestivo a circa
venticinque chilometri dalla bellissima città dei due mari, assaporando una fragranza di tabacco
allo Cherry per pipa che il tabaccaio del paese mi
aveva procurato e rispondendo ad alcuni
messaggi
dal
mio
tablet;
quando
improvvisamente il vento di tramontana alzò la
sabbia creandomi un grosso fastidio agli occhi;
quando riuscii a rivedere mi accorsi che accanto a
me c’era un uomo, l’età era ben distinguibile dai
suoi tratti scavati, i capelli bianchi ma fitti, una
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carnagione chiara e segnata, in lui c’era qualcosa che non capivo, non riuscivo a cogliere che da
quegli occhi chiari traspariva l’emozione di tutta una vita.
“Salve” gli dissi,
“mi scusi ma non mi sono accorto del suo arrivo”.
Lui rimase in silenzio per qualche secondo, e con una voce fioca mi rispose che ci avrebbe
scommesso una “Piuma”
Perché? gli risposi e cos’è una…..Piuma
Beh… rispose lui, non importa è solo un modo di dire, era intento a lavorare con la sua tavolozza,
si chiama così vero? e non si accorto che la stavo osservando da qualche minuto.
No, mi perdoni ma è stato il vento a crearmi un forte fastidio agli occhi.
Figuriamoci! rispose lui passandosi la mano sul capo chino.
Il vento e la sabbia non l’hanno neppure sfiorata, purtroppo sono le sensazioni che in lei hanno
perso vigore.
Devo dire, con grande stupore, che quelle parole un po’ mi diedero fastidio, ma continuai ad
ascoltarlo senza interromperlo.
Il vecchio si sedette al mio fianco ed io osservai che tra le mani teneva una vecchia penna, delle
lettere dalla carta ingiallita e consumate sui bordi.
Dopo un breve silenzio mi disse, ragazzo tu sai che strumento è questo?
Gli risposi con sufficienza, una penna!
Vedi ragazzo mio,
rispose Lui
una Piuma o penna come l’hai apostrofata non
significa nulla; prese lo strumento e iniziando
quasi un rito, incominciò a svitare una parte di
essa, e più precisamente il cappuccio e quando
completò l’azione vidi con stupore un pennino
luccicante, allungato, segnato sulla punta di
quell’usura che testimoniava le molte pagine
scritte e che in seguito mi spiegò essere di un
metallo che molta discordia portò tra gli uomini
nel secolo passato.
Vedi ragazzo, questa non è una semplice penna questa è una penna stilografica e più
precisamente una Aurora Etiopia, del 1935, la comperai prima di partire per la campagna di
Etiopia, ed è rimasta con me per sempre.
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Io non sapevo neppure della sua esistenza
né cosa fosse o che importanza avesse, ma
lasciai che continuasse il suo discorso
perfezionista e come un giocatore di
scacchi fa preparando la giusta strategia di
attacco mi preparai per sferrare la mia
arringa finale; pensando che fosse la solita
persona saggia dispensatrice di pillole di
vita.
Con questa piuma, continuò lui, e con
questa carta per molte decine di anni la mia
generazione è riuscita a trasmettere le
sensazioni da una capo all’altro del mondo
cosa che voi oggi fate con molta meno fatica e tempo, ma sono veramente vere le vostre
emozioni e sensazioni?
Io risposi che le emozioni sono tali perché sono il coinvolgimento del nostro Io bambino e penso si
possa scrivere una mail, un sms, o una lettera inviandola con un “clik” sulla tastiera mantenendo
inalterato il contenuto emotivo.
Lui rimase in silenzio per qualche minuto, e poi rispose dicendomi:
probabilmente hai ragione parlando di contenuto ma ascolta, ascolta con attenzione;
“… una sera mi trovavo nella mia tenda in una terra lontana di cui poco si conosceva, desideravo
molto raccontare alla mia ragazza del cuore, che sarebbe diventata la compagna di vita al mio
rientro in Italia, cosa vedevo durante il giorno e la grande preoccupazione che avevo per averla
lasciata sola in Italia, ma mi rendevo conto che avrei dovuto aiutarla a non essere troppo
preoccupata per me; quella sera mi misi a scrivere con la mia stilografica dopo averla caricata con
delle pastiglie a secco che potei sciogliere con pochissima acqua; scrissi per quasi tutta la notte
fino ad esaurimento dell’inchiostro. Raccontai di tutto, dalle persone ai luoghi incantati di quel
bellissimo paese, cercavo di sembrare coraggioso ed impavido e devo dire che dalle parole tutto
sembrava corretto, nulla stonava ma non mi accorsi che la mia mano scriveva con tremore, segno
della paura e della fame del momento, in un attimo di sconforto cadde anche una lacrima sul foglio
che fece sbiadire l’inchiostro e ritirare la carta di riso utilizzata. Finii la lettera e la diedi al caporale
che avrebbe provveduto a mandarla al quartier generale per la procedura di spedizione.”
Il mio pensiero è sempre stato quello di non procurarle preoccupazioni eccessive, per il suo
carattere così emotivo e così feci per molti mesi fino a quando una scheggia di mortaio non mi
colpì e rientrai in Patria.
Al mio arrivo, venni congedato e sposai la donna del cuore che mi ha donato tanta felicità, e un
giorno parlando con lei di ciò che scrissi nelle lettere, lei mi disse: capii subito che ciò che scrivevi
era per non preoccuparmi, ma in fondo la paura e le preoccupazioni stavano prendendo il
sopravvento.
Io stupito risposi: scusa amore mio, ma come hai fatto? le mie parole erano semplici e non
facevano trapelare nulla;
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Sì rispose Lei, le parole sì, ma il tuo tremore e le lacrime trasmettevano una sensazione ed una
emozione differente.
Ripresi in mano una lettera e mi resi conto di quanto mi stava dicendo, aveva ragione! il mio
“modus scribendi” era impreciso, gli allunghi erano frastagliati, e poi scorsi in un angolo in fondo al
foglio la carta raggrinzita dalla lacrima caduta in un momento di forte sconforto.
Mio caro, mi disse lei
“le sensazioni non si possono celare, noi viviamo di sensazioni ed emozioni e questo mi ha fatto
capire che stavi soffrendo per me”.
Il vecchio dopo qualche minuto di silenzio, mi disse:
“ragazzo la mail arriverà subito alla persona che vuoi bene o alle persone che conosci per lavoro,
ma le tue emozioni difficilmente raggiungeranno coloro che riceveranno quanto da te scritto”.
Non dimenticarlo mai, la scrittura dovrà essere sempre il segno di una emozione forte che vorrai
trasmettere.
Il ventò si sollevò e con la sua leggerezza avvolse i vecchio che svanì dietro l’ombra del sole ormai
al tramonto.
Rimasi attonito per molto tempo, le sue parole
continuavano ad infierire sui miei pensieri, e mi
chiedevo se a questo punto tutte quelle mail e
quei SMS perentori veramente fossero stati
interpretati nel modo corretto, e soprattutto mi
chiesi se fosse quello il modo giusto anche se
veloce di rapportarsi con il prossimo, mi chiesi
soprattutto se gli amici più intimi avessero
apprezzato mai il mio sentimento espresso per un
“ Buon Compleanno, delle “ Congratulazioni”
scritte ed inviate attraverso un banale ma sempre
efficace SMS.
La cartolina ( 2° sera)
Il mattino seguente, ero ancora sopraffatto e confuso
da quanto detto da quel vecchio, mi rendevo conto
che forse nel corso degli anni avevo dimenticato
qualcosa di veramente importante. Io non conoscevo
molto quello stile di scrittura, neppure quello
strumento; e prima che arrivasse sera mi recai in un
negozio per visionare delle vecchie penne
stilografiche.
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La corriera passava in tarda mattinata, dovevo affrettarmi per non perderla, così decisi di andare in
città sfidando il gran caldo.
Arrivai trafelato in città e mi recai in una bottega che mi era stata indicata da un amico di mio
suocero che conosceva bene la parte antica della città, suggestiva a qualunque ora del giorno e
della notte, i suoi vicoli stretti e lunghi che si affacciano sui due mari sono ricchi di storia antica e
moderna. Il suono delle onde che bagnano gli scogli sembra melodia di antiche muse che si
fronteggiano ad Est e ad Ovest. Le sensazioni passeggiando per i vicoli ogni tanto vengono
sopraffatte dalle mille voci delle persone che acquistano il pesce fresco lungo il porticciolo così
bello e caratteristico.
Finalmente arrivai, bussai e quando entrai rimasi basito dalla quantità di oggetti vecchi ed antichi
esposti alla rinfusa, mi avvicinai al bancone con passo lento, perché non volevo urtare nulla; il
commesso mi chiese cosa stessi cercando ed io gli risposi che volevo vedere delle vecchie penne
stilografiche.
Venga, mi segua, l’accompagno nella stanza attigua, c’è anche un’altra persona che le sta
ammirando.
Quando varcai lo stipite della porta che ci divideva dall’ingresso negozio, con stupore mi accorsi
che accanto ad una serie infinite di penne stilografiche c’era lui, il vecchio della spiaggia.
Senza che potessi avere il tempo di dire nulla, mi esclamò: Ti stavo aspettando!
Chi dissi; Io?
Il vecchio con gli occhi puntati su una di quelle penne, si rallegrò della decisione che presi qualche
ora prima e cioè di andare a vedere le penne stilografiche.
“Ma vecchio” gli dissi;
come facevi a sapere che sarei venuto proprio qui?
Lui, accennando ad un sorriso, rispose che quella era l’unica bottega in città che trattasse
stilografiche antiche.
Quindi ragazzo, solo fortuna!!!!
Ma a me non convinceva per niente!!
Vedi ragazzo mio, ascolta attentamente, queste sono delle belle stilografiche ed ognuna di loro se
avesse la parola potrebbe raccontarti una vita o forse più.
In che senso? gli risposi.
Vedi, la stilografica al contrario di altri strumenti di scrittura può definirsi un oggetto con un’anima
nobile.
Ma come può un oggetto inanimato avere un’anima? gli risposi
La stilografica per molto tempo è stata identificata come l’estensione perfetta degli arti scriventi, la
nostra mano, l’avambraccio, sono comandati da una parte del nostro cervello che si è sviluppata
proprio grazie a questo strumento.
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Se tu ora provi a caricare una di queste bellissime penne ti accorgerai che anche il più banale
gesto riferito alla penna ha la sua storia, ad
esempio il togliere e mettere il cappuccio, a vite o
ad incastro, il sistema di caricamento; dal
semplice conta gocce al sistema a stantuffo e molti
altri tipi ancora, fino ad arrivare al cuore della
penna, il pennino, in Oro o in Acciaio, ma tutte
queste varianti nascondono in sé un epoca in cui l’uomo cercava di esprimere emozioni e
sentimenti.
E poi il materiale con la quale è realizzata, in
oro laminato le più vecchie, in celluloide, in
resina, e infine il legno che da secoli l’uomo
cerca di interpretare realizzando
dai più
piccoli monili alle grandi opere strutturali.
Osserva, mi disse; osserva attentamente
quella penna in alto, i miei occhi si posero su
una
splendida
penna
stilografica,
dall’eleganza ineguagliabile, il cappuccio era
laminato oro e il corpo in Lucite nera un
materiale particolare di cui parlerò più avanti. Questa penna aveva il pennino completamente
coperto, in seguito mi dissero che si chiamava corazzato; e a poca distanza da quella penna
giacevano delle vecchie cartoline che rappresentavano degli aviatori vicino ai loro aerei da
combattimento.
Il vecchio mi disse, sai di cosa si tratta?
Gli risposi che non ne avevo idea; allora lui incominciò a spiegarmi che quella penna che avevo
visto un attimo prima si chiamava Parker 51, un modello di spicco per la casa americana che
proprio nel 1943 fece uscire un primo modello realizzato il Lucite, una resina particolare con cui si
coibentavano i cacciabombardieri americani, naturalmente mi fece vedere le cartoline dove
venivano ritratti gli eroi volanti che scrivevano alle proprie fidanzate spiegando loro che la cartolina
era stata scritta con una rivoluzionaria penna assomigliante ad un siluro rivestita dello stesso
materiale della carlinga dell’aereo su cui loro volavano.
In quelle brevi frasi traspariva l’orgoglio di appartenere ad una grande nazione, gli Stati Uniti
d’America, si vedevano gli allunghi delle lettere smisurati e firme pompose a dimostrazione della
volontà di affermazione e vigoria fisica.
Ora ragazzo, dimmi: come riuscireste oggi a fare trapelare così tanto temperamento con una mail
e una foto di un aereo?
Capii che quello che mi stava dicendo era una lezione che non avrei dovuto più dimenticare.
Nel mentre si era fatto tardi, e la corriera del ritorno sicuramente non sarebbe rimasta a lungo ad
aspettarmi.
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Chiesi in modo frettoloso al commesso gli orari di apertura perché era mia intenzione ritornarci, mi
diede le informazioni e mi congedai di gran lena.
Il Diario (3° sera)
La giornata passata in quella bottega mi aveva profondamente segnato, e il giorno seguente presi
nuovamente la corriera di buon mattino e mi recai con passo lesto presso la bottega, arrivai e la
trovai ancora chiusa, effettivamente il commesso mi aveva detto che avrebbe aperto dopo le 10.
Mi guardai attorno e visto che mancavano
pochi minuti all’apertura volli affacciarmi su
una terrazza che dava sul mar grande, salii
le scale e quando arrivai alla meta, oh
perbacco! Esclamai; vidi il vecchio e
accanto a lui una anziano con cui stava
parlando; mi avvicinai e dissi: bella
combinazione trovarci senza appuntamento
proprio qui.
Stupiti il vecchio e l’anziano mi dissero: cosa intendi senza appuntamento?
Ma non avevamo concordato di vederci qui oggi! Dissi io;
Ragazzo ribatté l’anziano; ragazzo ascolta: ieri uscendo da quella bottega hai lasciato la
razionalità e hai dato sfogo a quelle che sono le tue emozioni, e sono proprio queste ad averci
dato l’appuntamento.
Dai ragazzi!,
risposi con tono ironico, non capisco più nulla, cosa sta succedendo?
Nulla risposero loro, nulla, sono le emozioni che stanno parlando al posto della razionalità.
Comunque mi presento sono il Guardia marina J.W ed io risposi presentandomi e stringendogli la
mano. Piacere di conoscerla Guardia marina W.
Vi conoscete? Dissi loro; il vecchio puntò lo
sguardo verso il mare grande e disse: Guardia
marina W. raccontaci la tua storia.
W. iniziò il suo racconto volgendo anche lui gli
occhi al mare ed io con lui sembrava che i nostri
tre punti di osservazione avessero creato un
unico specchio piano sull’orizzonte infinito.
“Era il 1944 ed eravamo imbarcati su di un
sommergibile della marina americana in
perlustrazione quando venimmo intercettati da
una corazzata tedesca che riuscì a metterci in
seria difficoltà e durante lo scontro a fuoco il
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capitano venne colpito, fu gravemente ferito alle mani e non riuscì più a scrivere il diario di bordo;
“ Guardia marina W.” mi disse,
sarai tu che dovrai redigere il diario di bordo al posto mio, prendi la penna dal cassetto e comincia
a scrivere quanto ti dico. Presi la penna, era una bellissima penna stilografica Parker 51, vedi
Guardia Marina W. questa è una penna rivoluzionaria, osservala attentamente e scoprirai che nei
nostri tubi di lancio ci sono dei siluri che le assomigliano, il suo sistema di caricamento aerometrico
è degno dell’alta ingegneria che ha progettato questo sommergibile. Io osservai la penna era
stupenda, brillava, il suo corpo era slanciato il suo pennino così ben corazzato era praticamente
indistruttibile, il cappuccio ad incastro scorreva sul fusto della penna e la clip una freccia dorata
che ancora oggi tiene fede alle bellissime frecce lavorate dagli indiani d’America.
Scrissi per molti giorni fino al rientro in porto; il capitano al nostro arrivo prima che venisse
trasferito all’ospedale militare mi disse, tienila questa penna ora appartiene a te, servitene ogni
qual volta tu debba raccontare qualcosa, ti aiuterà a scrivere con emozione.”
Da quel giorno la tengo sempre con me, nel mio taschino e trascrivo tutto ciò che mi dà emozione
sul mio diario.
“Bellissima storia” dissi,
ma prima che potessi dire altro il Vecchio mi disse, la tua bottega ha aperto ora puoi andare a
prendere quella penna che hai visto ieri sera.
Ma come hai fatto a capire che la desideravo? Dissi io.
Vedi ragazzo, una Parker 51 non è semplicemente una penna
che puoi trovare dovunque, se la vedi e ti brillano gli occhi
allora e solo allora la puoi possedere.
Ieri nella bottega i tuoi occhi riflettevano la stessa luce degli
occhi che il Guardia Marina W. aveva quando il capitano gli
regalò quella penna.
Ora vai, la tua penna è già pronta sul bancone, non troverai
nessun commesso ma solo un diario dove inizierai a scrivere
le tue emozioni.
Vai ragazzo e scrivi.
Io rimasi in silenzio, scesi le scale velocemente, entrai nella
bottega e feci quanto mi era stato detto.
Presi questa scatola con all’interno la stilografica unitamente al
diario ed uscii.
Arrivai alla fermata della corriera che presi al volo e tornai
verso casa.
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Lo stupore (4° sera)
Durante il viaggio di ritorno, non mi trattenni e volli aprire la scatola, ragazzi che bellezza; questa
penna luccicava, i raggi del sole che la colpivano venivano riflessi per tutta la corriera con grande
stupore delle persone che mi stavano vicino.
Arrivai a casa, salutai in modo composto tutta la famiglia e mia moglie che mi corse incontro con
grande impeto; abbracciandomi mi chiese dove ero stato tutto il giorno ed io le spiegai senza molti
dettagli cosa mi era accaduto e le feci vedere cosa avevo tra le mani.
E’ molto bella.. di valore mi chiese? io le risposi che il valore di una penna non sta nel costo della
penna stessa ma nel quantitativo di emozioni che può trasmetterti.
Lei mi guardò e con stupore mi disse, caro qualcosa in te è successo, di qualunque cosa si tratti, ti
ha cambiato profondamente, ne sono molto contenta e condividerò con te questa nostra nuova vita
fatta di emozioni e sentimento.
Iniziai da quel giorno ad apprezzare la stilografica in tutte le sue forme e colori, scrivevo su questo
diario le emozioni che provavamo durante le nostre gite, lo stupore di osservare come la mia
scrittura potesse modificarsi a seconda delle emozioni che provavo e proprio quella sera mentre
sedevo sullo scoglio in riva al mare con la mia penna stilografica, sentii il vento sollevarsi e prima
che la sabbia ricadesse sulla spiaggia salutai il vecchio.
Ciao vecchio gli dissi, ti ho sentito arrivare
Lui rispose: avrei scommesso la Piuma che mi avresti sentito.
Già! Proprio un Piuma
gli risposi; non sono più cieco come la prima volta, le mie emozioni e le sensazioni si stanno
risvegliando, sono contento di poter vedere questa parte di mondo che non conoscevo.
Il vecchio mi venne vicino, e con quegli occhi che brillavano mi disse:
ragazzo vivi la tua vita raccontando le emozioni che condividerai con la tua compagna del cuore
come ho fatto io, e riuscirai a captare e percepire quanto la vita può darti, scrivi sul tuo diario, e
non stancarti mai. Il mio compito è finito, ora tocca a te spiegare al mondo che scrivere non è
trasferire un concetto su una macchina ma è lasciare un segno che al di là del significato possa
fare trasparire emozioni e sentimento. Questo è possibile farlo solo con una penna stilografica e la
passione per essa.
Il vento non si sollevò più da quel giorno.
Il ritorno:
Le vicende dei giorni scorsi mi stavano per trasformare la vita, io non lo sapevo ancora, ma le
sensazioni che avevo ritrovato si sposavano molto poco con la vita asettica degli impegni di lavoro
ed i molteplici meeting che stavo per tornare a fare terminata la breve vacanza.
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Le abitudini di un manager, perché
di questo stiamo parlando, si
esprimono durante la giornata in
continui meeting e risposte ad
innumerevoli mail delle quali alle
volte non conosciamo neppure la
persona che ci ha messo in
indirizzo.
Non parliamo poi delle presentazioni dove i numeri fanno la parte del leone e il loro stravolgimento
farebbe invidia ad una equazione di Einstein; in 20 anni di carriera in azienda penso di aver visto lo
stesso numero scritto ed interpretato in almeno 50 modi diversi.
A parte ciò che è insito nella carriera di un manager di medio livello, sicuramente il viaggio di
ritorno verso casa fu caratterizzato da poche frasi e da un mistico silenzio tra me e Marzia; ella
aveva capito che qualcosa in me era cambiato e da lì a breve ne sarebbe stata attrice
protagonista.
Arrivammo a Torino dove io ho sempre trascorso la
mia vita e svolto gli studi universitari e dove Marzia
si era trasferita dopo la nostra unione; era già tardi
e dopo una cena leggera ci accingevamo ad
andare a dormire quando mi colse una voglia
irrefrenabile di scrivere.
La esortai ad iniziare ad andare a riposare
promettendole che l’avrei seguita da lì a breve.
Andai nello studio e cercai il cofanetto con la
splendida Parker 51 che mi venne donata nei
giorni scorsi, lo aprii e cominciai ad osservare la
penna, le sue dorature la sua pietra incastonata nel
cabochon, il fusto così nero e lucido, e tenuto
conto che il modello era del 1943 potevo proprio
ritenermi fortunato; il suo stato era impeccabile.
Mi feci coraggio e la caricai, ora detto così sembra
un’operazione da niente, ma mettetevi nelle mie
condizioni, fino a poco tempo fa l’operazione più
complicata era mettere sotto carica il telefonino o
la tavolozza.
Aprii con molta delicatezza il calmo colmo di un inchiostro di color turchese, era bellissimo, la luce
lo attraversava e lo spettro dava mille colori diversi.
Presi la penna e come mi era stato consigliato, dopo averla smontata, la immersi nella boccetta, e
iniziai quello che in seguito diventerà per me un rito, il caricamento.
Quando, dopo averla immersa schiacciai la sua pipetta, ecco che mille bollicine di diverso colore
cominciarono a salire a galla, mentre l’inchiostro saliva per una semplice legge fisica nel serbatoio,
ripetei il caricamento con colori diversi più volte a seconda di quello che desideravo descrivere.
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La tolsi dal calmo e con un panno cotonato la liberai dall’inchiostro in eccesso che aveva raccolto;
l’afferrai e dopo aver calzato il cappuccio sul retro, presi un bel foglio di carta e cominciai a
scrivere.
Che bella sensazione!, l’inchiostro scorreva libero, il suono del pennino sulla carta mi faceva venire
i brividi, e poi cominciai a scrivere quello che si era fatto durante la vacanza ad un amico di
università con cui avevo avuto fino a quel momento solo scambi di mail ed ogni tanto un aperitivo il
venerdì sera.
Cercai di omettere gli incontri avuti, limitandomi solo a spiegare le gite trascorse presso una città
chiamata Grottaglie famosa per la lavorazione e la decorazione dell’argilla e le lunghe
passeggiate sul lungo mare, descrissi le sensazioni che provavo nel possedere una penna con
delle iniziali che forse un tempo impresse le stesse emozioni che provavo io in quel momento; tra
me e me pensavo: magari questa è proprio la penna che ha siglato il trattato di pace tra due grandi
popoli che si sono fronteggiati nella seconda Guerra Mondiale.
Scrissi, scrissi per molto tempo non accorgendomi dell’ora ormai tarda, finii la lettera, la imbustai e
al mattino seguente la imbucai.
La vita nelle giornate seguenti non cambiò tranne per il fatto che nel mio taschino ora c’era una
bellissima penna stilografica e giorno dopo giorno le penne aumentavano di numero.
Qualche settimana dopo, una mail mi inquietò, era il mio amico che mi allarmava scrivendo se ero
impazzito!
Ma perché? Risposi
Ma cosa ti è capitato, mi hai scritto un poema e mi hai
descritto così intensamente la visita presso la città
dell’argilla che mi sembrava di viverla.
Potevo immaginare i colori di quelle decorazioni sui vasi
ed i monili, la loro intensità nel solo cambiamento di
pressione della tua mano con un tratto che si alternava
tra spesso e sottile in funzione delle emozioni ricevute.
Fantastico!.
Le passeggiate in riva al mare descritte con degli
allunghi delle lettere corsive così slanciati che sembrava proprio di percorrere la spiaggia
osservando il mare e il suo infinito.
Le onde erano così ben disegnate in questi occhielli corsivi che non si faceva fatica a percepire la
spuma bianca lambire la spiaggia.
Ma la cosa che mi ha colpito di più è stata la descrizione della battuta di pesca in notturna con le
polpare, l’inchiostro nero sembrava descrivere l’intenso buio che vi circondava e gli spazi bianchi
che lasciavi tra le parole indicavano le lunghe attese con la speranza che qualche polpo afferrasse
l’esca.
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E poi, il polpo catturato che per difendersi lascia il
suo ultimo segno di resa, l’inchiostro nero, l’hai
scritto con così tale intensità quasi stessi rivivendo
il momento, tantè che l’inchiostro della penna
aveva delle colature sul foglio.
Bello, Bellissimo!!!!
La sua interpretazione mi colpì e mi convinsi che
le emozioni si potevano trasmettere con la
scrittura viva, attraverso allunghi o lettere molto
grandi e pressioni diverse in funzione della forza stessa dell’emozione.
Ero contento! finalmente ero riuscito a descrivere una sensazione e a capire quanto il vecchio mi
aveva raccontato.
Il tempo passava e la mia conoscenza sulle penne stilografiche migliorava, feci degli studi sul
comportamento dell’inchiostro, durante alcune mie lezioni presso il Politecnico di Torino, convinsi
degli studenti a studiare il fenomeno della capillarità applicandolo proprio alla penna stilografica.
Ne diventai un cultore, e nel mentre continuavo la mia vita che mi stava regalando la più grande
emozione della vita dopo il matrimonio.
L’incontro:
Il culto della penna stilografica ormai era in me, sempre più la utilizzavo per i miei appunti scritti su
bellissime agende con carta di varia grana a seconda dei tipi di inchiostri usati; e la voglia di
possedere modelli antichi e nuove espressioni di questo strumento mi spingeva a girare la mia
città e altri paesi italiani ed esteri ed entrare in queste bellissime botteghe, in alcuni casi delle vere
e proprie gioiellerie per acquistarne di nuove.
Un sabato pomeriggio di Autunno, passeggiando per la bellissima Via Cernaia a Torino, venni
sopraffatto da una vetrina di una antica bottega che metteva in mostra moltissime penne, molte di
nuova realizzazione e altre antiche ma tutte riposte sfidando le regole del visual mercandising, e
cioè non dando lustro all’oggetto con luci e teatrini o forme ipnotiche ma secondo lo stile e le
emozioni che la penna poteva trasferire.
Mi fermai ad osservarle e colsi nello stile antico la volontà di chi aveva realizzato la vetrina di far si
che dovessi entrare per capire cosa celavano quelle bellissime penne.
Entrai e con grande stupore mi accorsi che la bottega era strutturata come quella che vidi in estate
nella città dei due mari naturalmente limitata ad un solo oggetto, le penne.
L’uomo che mi accolse mi fece delle semplici domande e iniziammo a parlare sottolineando la
passione che entrambe avevamo per le penne.
Discorremmo per molto tempo saltando qua e là sui materiali dei corpi delle penne, e poi sui
pennini, e poi ancora sulle clips, e via dicendo, ma sempre partendo dal presupposto che una
penna stilografica per acquistarla dovesse trasmettere delle sensazioni.
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Mentre stavamo disquisendo sulla bontà dei pennini in oro 14 K
rispetto a quelli in oro 18 K entrò un uomo molto anziano ma di una
vivacità incredibile, mi accorsi che quell’uomo di penne se ne
intendeva e prima che Ubaldo, il proprietario della bottega, mi potesse
spiegare chi fosse ci presentammo e lui scandì il nome Giacomazzi,
Giacomazzi Pier; mi si aprì un mondo! davanti a me riconobbi l’uomo
che vidi in un vecchio libro sulla storia della Città di Settimo Torinese
che dei cari amici mi regalarono per il mio compleanno, questa
cittadina dista pochi chilometri da Torino, anch’essa fortunata per
essere attraversata dal grande fiume Po. La città di Settimo ebbe e ha
tuttora una posizione importante nella storia della penna stilografica
italiana, negli anni 40 e 50 era il distretto più grande in Italia dove
venivano realizzate quasi tutte le penne
stilografiche.
Non vi dico l’emozione!, aveva nel suo taschino
una decina delle sue penne più importanti ma
non perché avessero un costo elevato ma
perché cariche di quelle emozioni e sentimenti
che avevo capito essere lo spirito di una penna
stilografica.
Una in particolare mi colpì, era una Punto
Rosso, bella ed elegante, un cappuccio
laminato oro, un corpo in celluloide marrone
anellata, il pennino corazzato in perfetto stile
fine anni 40 inizio anni 50.
La penna era proprio caratterizzata da un bellissimo punto rosso sul gripper, ovvero la
l’impugnatura della penna, e un puntino rosso distintivo sulla parte alta della clip.
Pier di penne se ne intende, siamo diventati amici, e di tanto in tanto ci facciamo delle
chiacchierate interminabili su come venivano realizzate un tempo le penne, lui oggi rappresenta la
terza generazione di Piumisti, così si chiamavano gli specialisti delle penne stilografiche e la sua
famiglia gli ha trasmesso anni di esperienza nel settore.
Oggi il distretto di Settimo ricopre un ruolo primario
non per la realizzazione in sé della penna ma per la
tecnica usata per la lavorazione dei metalli e per le
finiture superficiali. E’ possibile ancora oggi
passeggiare per il centro storico e apprezzare negli
angoli delle vie e nelle piazze delle bellissime
sculture che rappresentano le stilografiche che
hanno reso famosa la città.
Aurora:
Lasciando la città di settimo e risalendo il fiume Po per qualche chilometro incontriamo la prima
importantissima maison di penne italiane, l’Aurora.
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Ho incontrato il Dott. Verona, più volte in questi anni,
persona gradevolissima, dallo stile armonioso ed
estremamente elegante, e ricordo che la prima volta rimasi
allibito dalla sua abilità nel rendere così attraente questo
oggetto, mi accolse all’interno di questo edificio maestoso
e nello stesso tempo composto, di uno stile liberty
armonioso, nulla era fuori posto, il tempo sembrava
essersi fermato. Mi fece accompagnare da uno dei suoi
tecnici in un giro veloce dei laboratori, tutto mi sembrava
così strano, così lontano dai miei concetti di processi industriali avanzati.
Mi ricordo che una visione mi fece rimanere interdetto per qualche minuto, vedere ancora le
postazioni di lavoro a banchi sequenziati con tante signore con il grembiule adoperarsi
alacremente per il montaggio delle penne.
Vi posso dire che immagini di quel genere le avevo viste solo in alcuni frammenti di libri trovati
nelle biblioteche specializzate nel settore manifatturiero.
L’incontro con Cesare Verona non fece altro che aumentare ancora la mia voglia di penne
stilografiche, e durante la visita mi fece strada annunciandomi che mi avrebbe fatto visitare il
museo di famiglia.
Museo di famiglia? Risposi
Si, qui vengono raccolte le penne che sono state prodotte nella nostra azienda.
Ah dissi, molto interessante, non pensavo minimamente che avrei scoperto l’inimmaginabile.
Entrai in questo grandissimo salone, dove una
illuminazione perfetta e una musica da salotto
settecentesco appena udibile metteva a proprio agio
iniziando così quel percorso di rilassamento necessario
per apprezzare quanto avrei visto in seguito; dei corners
in cristallo lavorato delimitavano le epoche di produzione
e all’interno si potevano ammirare i capolavori di un’arte
che ha vissuto di luce intensa durante tutto il ‘900. Ma
sebbene oggi l’arte scrittoria possa essere vista come un
processo desueto, il quel luogo ogni penna raccontava di
sé e della storia del mondo. La dilatazione del tempo e
dello spazio erano così evidenti che un quadro di Dalì sarebbe stato meno eloquente.
Mentre mi aggiravo tra i corners apprezzando quanto i miei occhi potevano cogliere, una penna mi
colpì in modo particolare, sembrava la conoscessi, ma in verità non l’avevo mai vista, c’era
qualcosa che mi incuriosiva e nello stesso tempo non capivo, ma man mano che cercavo di
mettere a fuoco l’oggetto sentivo una serie di emozioni che crescevano dentro di me.
Mi avvicinai e lo stupore fu grande quando mi accorsi che davanti a me proprio lì innanzi c’era una
Vecchia Aurora Etiopia.
Già proprio la penna del Vecchio che vidi sulla spiaggia mesi orsono.
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Mi girai e cercai il dott. Verona per farmi dare delle informazioni sulla penna, ma ad un tratto la
luce del salone perse di intensità e quando sfiorai il vetro che proteggeva la penna vidi riflessa
sulla parete la figura del Vecchio che guardandomi mi sussurrò:
“qui è riposta la storia dell’uomo e delle sue emozioni, ogni pezzo che tu vedi è stato posseduto
da qualcuno che ha partecipato alla storia e all’evoluzione dell’umanità.”
La luce tornò a illuminare la sala, l’immagine del vecchio svanì lentamente e il dott. Verona
sopraggiunto mi diede ulteriori notizie sul museo e sulla famiglia e sul nonno paterno che creò
l’azienda.
Il tempo era passato velocemente e la mia voglia di raccontare quanto vissuto in quell’esperienza
a Marzia era grande.
Mi congedai dal Dott. Verona con promessa che sarei tornato per continuare quel giro nella storia
dell’uomo.
La visita presso lo stabilimento Aurora era stata una vera e propria emozione, colori, luci, temi tutto
sembrava realizzato per esaltare le emozioni, e naturalmente i mesi che seguirono cercai di
concentrare la mia voglia di conoscere anche sul altre case.
La mia attenzione si focalizzò sugli Illustri del settore delle penne in Italia, e naturalmente dopo
aver vissuto l’esperienza di Pier e del distretto di Settimo e il dott. Verona dell’Aurora, ho chiesto
ad altre aziende di poter visitare il luogo dove si progettano questi strumenti di emozioni e dove si
realizzano fisicamente.
L’Italia, non so se avete mai prestato la giusta attenzione, ha una serie di costruttori di penne
conosciuti in tutto il mondo per la tecnica e la maestria con cui i tecnici artigiani realizzano le
penne.
Alcune come Aurora, Montegrappa, Visconti, rispettivamente situate a Torino sotto la Basilica di
Superga, Montegrappa a Bassano del Grappa e Visconti a Firenze sono riuscite a creare ambienti
così raffinati che la visita diventa una meta dovuta per un appassionato.
Visconti:
Visconti ed il suo responsabile il Sig. Dante sono riusciti
a modellare l’insieme ambiente - stilografica con
sinestesie tra forme, e luci che sono impressionabili. La
villa cinquecentesca che ospita i tecnici Visconti riesce
a stimolare idee, sentimenti, nuovi colori con i quali la
maison riesce a creare ogni anno pezzi unici; in
particolare ricordo un luogo dove alcune penne
trovavano posto su di un piccolo tavolino disposto al
centro di una stanza, io chiesi la motivazione, mi fu
risposto che ad un ora precisa da un foro di meridiana
disposto sulla volta penetrava un raggio di luce che creava un gioco di colori perfetto per poi
scegliere e disporne la produzione proprio di quelle sfumature che uno spettrometro coglieva e
registrava. Oggi sappiamo che le più belle penne realizzate da questa maison disponibili sul
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mercato hanno colori dalle mille tonalità e proprio
queste sono frutto della perfetta integrazione tra
antico e moderno.
Passeggiando per l’antico parco, si possono cogliere
gli spostamenti delle persone che interagiscono nei
vari settori potendo cogliere quanto di meglio la natura
possa offrire.
Le penne della Visconti portano all’interno questo
sentimento e molte di loro rappresentano momenti od
opere importanti di Scrittori, Pittori e Scienziati.
Stipula:
Scendendo dalla collina fiorentina ed entrando nella città si incontra Stipula una
maison che disegna e realizza penne particolari, ne ricordo una in particolare
dedicata al grande autore Collodi e alla sua opera il Pinocchio, che tutti noi
abbiamo letto almeno una volta e mentre stavo chiacchierando con il
responsabile marketing i miei occhi si posero su una penna particolarissima:
era un esemplare di Amerigo Vespucci, realizzata con dei vecchi legni dismessi dalla marina, il suo
pennino rientrante e le rifiniture bronzee ne facevano uno spettacolo per gli occhi. I più esperti
probabilmente avrebbero da dire ma vi garantisco che non è semplice riprodurre così fedelmente
in una penna tanti tratti significativi della nostra bellissima nave scuola.
OMAS:
Risalendo l’Italia, ci fermiamo nella bellissima e affascinante
Bologna, altra città che possiede una delle maison più illustri per
quanto riguarda la scrittura la OMAS ovvero le Officine
Meccaniche Armando Simoni, che nei primi anni del ‘900 ha
iniziato la sua attività realizzando penne stilografiche di gran classe
e oggi la sua struttura di tecnici e artigiani fusi in una simbiosi
armonica ci pregia di strumenti bellissimi con lavorazioni che sono
degne dei migliori artigiani orafi.
Durante la visita di questa maison ricordo che la responsabile del
marketing mi portò a vedere una delle loro ultime creazioni la
OMAS Invisibilis.
Ragazzi, i miei occhi non potevano cogliere cosa più bella! un
oggetto senza tempo, dalla bellezza infinita, Argento, Oro, fusi
insieme per dare vita a qualcosa che viene difficile descrivere, bisogna osservarla, tenerla in
mano, avere la possibilità di tradurre tutte le scritte Maja riportate per capire quanta maestria e
tecnica ci sia all’interno di quella penna e l’alone di mistero che l’avvolge.
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Il reparto studi mi ha fatto tenere in mano una resina
particolare, definita cotonata, un materiale che se non
fosse per alcune nozioni studiate all’università definirei
volgarmente materiale plastico, invece al tatto sembra
scaldarsi e prendere la temperatura del corpo che la
mantiene, sembra viva!
L’ Officina Armando Simoni oggi è, e rappresenta
l’Italia con degli oggetti che sono esposti nei Retails
più importanti nel mondo.
Montegrappa:
Lasciando Bologna ci portiamo a Est e passando le mura antiche della città di Bassano sulle rive
del fiume Brenta incontriamo la Montegrappa, il cui titolare il Cav. Aquila ha fatto un po’ la storia
della penna in Italia.
La struttura che accoglie la maison è anch’essa
storia per il nostro paese e per la città stessa di
Bassano.
La Montegrappa la definirei un’azienda orafa più che
di “Piume”, la maestria nel lavorare la celluloide e i
metalli nobili con pietre preziose incastonate ne fa
l’eccellenza nel mondo delle penne, sia stilografiche
sia a sfera.
Ogni penna viene controllata minuziosamente e
realizzata a mano da persone molto qualificate nei vari settori.
La loro tecnica di lavorazione e controllo della celluloide è esemplare, modelli come la
Montegrappa Extra sono apprezzati in tutti i paesi del mondo, gli esemplari che sono esposti nel
loro museo sono pezzi unici che segnano i momenti storici della maison.
In Italia ci sono poi altre aziende che producono penne e ne cito alcune: Delta di Napoli, Marlene
di Caserta; Grifos della Valle d’Aosta, Parafernalia di Milano; Storia di Trento; Filcao e Punto
Rosso di Settimo, e tante altre minori, tutte sono accumunate dallo spirito di realizzare penne
molto belle e dal designe accattivante ed il mio consiglio è di contattarle per poter un giorno
apprezzare i tantissimi lavori di infinita maestria che tutti ma proprio tutti hanno realizzato e
realizzano tuttora mantenendo alta la bandiera di un grande made in Italy. Potete apprezzare la
grande maestria della Grifos nel realizzare penne con materiali ceramici e graniti della Valle
d’Aosta, presso Storia l’abilità nel lavorare il legno; presso Delta la produzione di penne con
pennini di particolare pregio; Marlene e le sue rifiniture auree.
Questa panoramica molto veloce delle principali maison mi rendo conto non rende giustizia, e
riconoscendo di non essere stato molto esauriente la mia speranza è di avervi comunque
trasmesso la voglia di poter fare da voi quanto da me descritto tra le maison più accreditate per la
produzione di penne stilografiche.
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Quel risveglio di sensazioni che il vecchio a suo tempo cercò di farmi capire mostrandomi esempi
di vita trascorsa, ebbene da quel momento ormai son passati anni e durante questo tempo ho
approfondito ciò che lega la penna stilografica all’uomo, la scrittura la sua interpretazione le sue
logiche; ma le emozioni più belle si vivono nei brevi istanti dove una firma o un semplice pensiero
possono cambiarti la vita per sempre.
Il Matrimonio:
Uno dei momenti che ho vissuto con la massima intensità e penso che tutti coloro i quali sono
sposati l’abbiano provato è la firma sul registro ecclesiastico che immortala per sempre l’unione di
due persone.
Ebbene quel giorno è per tutti momento di felicità e gioia e ricordo che studiai molto la penna come
qualunque altro accessorio per il giorno del matrimonio. Ma la penna doveva darmi qualcosa di più
perché con la stessa penna doveva firmare anche la mia Marzia e trasmetterci per sempre quella
sensazione di gioia. I giorni che precedettero il matrimonio come sempre passavano tra
concitazione e continui accorgimenti per far si che il momento del sì fosse per entrambi il giorno
più bello della vita, e così deve essere, ma alle volte dimentichiamo che il matrimonio in tutte le
religioni del mondo è in primis un atto di amore semplice, con una promessa importante di
rimanere uniti nella semplicità della vita nel bene e nel male nella gioia e nella malattia. Qui stavo
commettendo un grande errore! Ero alla ricerca di una penna che come tutto rappresentasse lo
sfarzo, il luccicare dell’oro la ricercatezza delle linee, ma stavo sbagliando tutto.
Nella settimana che precedeva l’evento feci un giro in
chiesa per capire se tutto era stato organizzato per
accogliere le persone che avevano aderito all’invito, e
girando qua e là i miei occhi si fermarono su una
bellissima pianta di ulivo, e mentre la osservavo con
intensità una figura di donna con un velo che le copriva il
capo si avvicinò e senza che potessi dire nulla, mi si
avvicinò e mi disse: “questa pianta di ulivo rappresenta
la purezza e la semplicità davanti a Dio, da esso si
raccoglie un frutto dal quale si può produrre un olio che
servirà a sciogliere i problemi della vita, apprezzalo e
fallo benedire ragazzo”.
Il momento fu così pieno di emozione che non esitai, l’idea era di arrivare al matrimonio con una
penna stilografica realizzata in legno di ulivo di Betlemme.
Mi misi in contatto con una persona che conobbi qualche
anno addietro durante i miei giri presso le maison di penne e
fui fortunato perché questo artigiano realizzava penne di
legno. Lo sentì e con grande coraggio si mise a realizzare
questa penna con del legno di ulivo di Betlemme, la penna
quando mi arrivò fu una vera emozione, via gli sfarzi aurei e
le rifiniture d’argento, ma solo la semplicità del legno di ulivo
con le sue bellissime venature, e l’inchiostro lo realizzai di
colore blu intenso con una base oleosa.
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Il giorno del matrimonio spiegai a Marzia quanto importante sarebbe stato per me avere la
possibilità di scrivere i nostri nomi con questa penna, lei accolse la notizia con stupore ma quando
vide la penna e la toccò sentì che all’interno era celato quel sentimento di purezza e semplicità che
avrebbe rappresentato tutta la nostra vita futura, una vita basata su rispetto reciproco e sulla
semplicità del vivere insieme tutte le emozioni.
L’amico ritrovato:
La vita si sa può essere dispensatrice di felicità ma alle volte sembra chiuderti le porte e metterti
alla prova, attraverso molti eventi nefasti, come le malattie, o la morte di persone care, questo
momento per una persona che conoscevo da qualche anno arrivò inaspettato un giorno mentre
stava accudendo i suoi vigneti, un malore lo colpì improvvisamente e soccorso in ospedale
l’anamnesi fu perentoria, un aneurisma celebrale aveva distrutto una parte del suo cervello,
rendendolo purtroppo privo delle facoltà logomotorie.
I giorni che seguirono andai a trovarlo e seguii attentamente il suo decorso, fatto di riabilitazione
motoria fino alla sua dimissione dalla clinica ed il rientro a casa, una bellissima abitazione sulle
colline astigiane dove si poteva osservare il vigneto di proprietà; nei nostri colloqui molto semplici
per la sua inabilità ancora accentuata nel riuscire a parlare colsi la voglia in lui di provare a
ricominciare a scrivere, io nel mentre mi ero specializzato nel recupero dei problemi di disgrafia per
bambini e quando vidi in lui questa voglia mi prestai a dargli tutto il supporto per ricominciare a
scrivere; dovevamo percorrere insieme una lunga strada perché la sua parte occipitale sinistra era
stata gravemente danneggiata, iniziammo con il supporto del fisioterapista le ginnastiche per
riabituare le mani a impugnare la penna, e dal punto di vista degli sforzi fatti tutto andava per la
giusta strada, ma mancava qualcosa, uno stimolo, una sensazione, affinché Carlo riuscisse a
superare questa difficoltà. Il tempo passava e con l’aiuto della ginnastica gli arti avevano ripreso
una certa tonicità, ma quando era ora di prendere in mano la penna non c’era verso, Carlo si
fermava, non riusciva a trovare lo stimolo giusto.
Quella sera andai via molto scoraggiato anche se cercavo di celarlo sotto un sorriso molto stentato
e una serie di “ però”, “dai” “vedrai” ecc…
Quando arrivai a casa, Marzia si accorse del mio malumore e mi chiese, intuendo che il problema
fosse Carlo, cosa c’era che non andava; le spiegai che non riuscivo a trasmettere a Carlo una
sensazione vera, genuina che potesse sentire, vedere.
“Caro” rispose,
prova a concentrarti sul lavoro della sua via, magari la soluzione è proprio li, e noi non la vediamo.
Mi si illuminarono gli occhi, la baciai, la ringraziai e come un lampo anche se era tardi uscii di casa
velocemente, montai in macchina e avvisai un maestro dell’arte della lavorazione del legno che
avevo conosciuto in una mostra; gli telefonai e lo avvisai che stavo andando da lui a Champdepraz
in Valle d’Aosta.
Quando lo sentii era con pantofole e stava per andare a dormire, gli dissi: fermati, rivestiti, ho
bisogno di un grande favore:
lasciami il tempo di arrivare e ne parliamo!
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Arrivai che erano passate le 23 e preso un caffè ci mettemmo nello studio dove iniziai a spiegargli
l’idea.
Fabrizio ho bisogno che tu venga ad Asti domattina a prelevare un ceppo di vite e questo legno
dovrai lavorarlo a forma di botte, dovremo renderlo profumato come il vino che il mio amico Carlo
produce ( Vitigno Barbera e Dolcetto di Dogliani).
Nel mentre si era fatto molto tardi, avvisai Marzia che avrei passato la notte fuori e che
all’indomani mi sarei recato nei vitigni per prelevare un ceppo.
All’indomani mattina partimmo prima dell’alba, arrivammo a Barolo e dopo la
colazione tra le fragranze dei vitigni che lo circondano scendemmo a
cercare un ceppo che andasse bene, ci furono dei problemi in quanto per
chi se ne intende i ceppi presentano molti nodi e non era semplice trovare
qualcosa che andasse bene; alla fine ne scegliemmo due li portammo
all’interno di una cascina che aveva del vino Barbera sfuso ne acquistammo
una trentina di litri e portammo tutto a Champdepraz dove Fabrizio aveva il
suo laboratorio.
Ci mettemmo a lavorare con due processi differenti, il primo prevedeva la lavorazione al tornio
prima dell’impregnatura con il vino, l’altro l’esatto contrario per verificare quale dei due processi
ottenesse il risultato migliore.
Dopo circa un mese Fabrizio mi portò la prima Grifos di Vite, la penna era meravigliosa, si
vedevano le venature di un marrone scuro dei nodi della vite ed il pennino era stato lavorato con
una forma simile ad una foglia di vite. Il cappuccio ed il corpo avevano un anello in cima ed in coda
che assomigliava ai cerchi metallici che delimitano e tengono insieme le doghe delle bottame.
La penna era molto bella ma soprattutto profumava di quella Barbera che conosciamo, asciutta ed
intensa di colore rosso rubino con questi anelli bruniti, una piccola botte nel taschino.
Il giorno dopo la portai con me da Carlo e nel momento di difficoltà, lo fermai e gli feci vedere
quanto tenevo nel taschino. Fu un trionfo, le lacrime dal suo viso scendevano come un ruscello in
montagna riesce a trovare mille strade, sentiva il profumo del suo vino, il suo legno che per tanti
anni aveva accarezzato; gli presi la mano e correttamente gliela feci impugnare, ma con stupore
mi accorsi che le dita si erano sistemate correttamente. Gli presi della carta e gli dissi, non è
ancora finita la sorpresa, prova a scrivere.
Dopo aver odorato il fusto della penna e riconosciuto il profumo della sua Barbera, pose il pennino
sul foglio e iniziò a scrivere la “C” di Carlo ma in quel momento si accorse che il colore
dell’inchiostro non era più il solito blu ma era il rosso rubino calibrato proprio come il colore della
sua ultima annata.
Alzò gli occhi e ormai senza lacrime mi strinse a sé, ringraziandomi per aver riconosciuto quali
sentimenti in lui avessero dominio in quel momento.
Nei mesi seguenti la vita riaprì le porte della felicità ed il mio amico riuscì a riprendere quasi
completamente l’uso della parola e della scrittura……. Che bellissima emozione!
Gli studenti del Politecnico:
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Ricordo un momento molto intenso legato ad una parte della mia vita, precisamente al periodo di
insegnamento presso il Politecnico di Torino dove ho condotto per quasi dieci anni il corso di
Sistemi di Produzione presso la facoltà di Ingegneria Logistica e Produzione. Durante questi anni i
miei studenti hanno potuto apprezzare le migliori tecniche sulla gestione della produzione e
soprattutto le teorie più avanzate per la riduzione degli sprechi nelle aziende. La mia esperienza di
studio e lavoro presso una nota casa automobilistica Giapponese proprio dopo la laurea è stata di
grande aiuto per capire ed insegnare le logiche della produzione snella; un anno però decisi di
cambiare rotta e di portare loro parte delle testimonianze raccolte nelle mie visite presso gli
stabilimenti di costruzione delle penne proprio perché i sistemi di produzione sono ancora molto
lontani dalle logiche di flusso teso, lavoro massivo e massimizzazione dei profitti.
Un sabato mattina mi presentai a lezione e dopo averli informati che in quella sessione avremmo
discusso e appreso le logiche per la realizzazione di un manufatto che ha fatto la storia del nostro
paese, quasi tutti rimasero poco sorpresi poiché il novanta per cento degli studenti pensò subito
alle automobili, e quindi nulla di nuovo rispetto agli anni precedenti; quando videro che aprendo la
mia valigetta estrassi una penna stilografica, rimasero interdetti e uno strano silenzio pervase
l’aula.
Dissi loro:
ragazzi sapete di cosa stiamo parlando?
Molti di questi ragazzi non avevano mai visto né tantomeno
scritto con una penna stilografica.
Uno di loro con coraggio mi rispose:
“Prof, ma non è una automobile!”
“Ebbene si, non lo è! ”risposi loro
quest’anno parleremo di come l’Italia sia importante e ben apprezzata
affascinante oggetto e delle aziende che lo producono.
all’estero per questo
Li raccolsi tutti intorno alla cattedra e con grande maestria li invitai a toccarla e a prenderla in
mano.
L’esemplare che utilizzai per
l’incontro
era
una
Aurora
Demonstrator gentilmente donata
dal Dott. Verona, persona molto
vicina al sistema universitario, in
quanto durante alcuni incontri fatti
più volte mi disse che l’università
era per lui un punto di riferimento da cui attingere per le risorse della sua azienda.
La Demonstrator è forse la penna stilografica che più si addice in un corso di questo genere in
quanto è completamente trasparente, la maestria dei tecnici Aurora ha fatto si che la penna si
possa osservare in ogni suo particolare .
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La mia gioia fu quella di vedere i ragazzi che tenevano la penna come se fosse un oggetto molto
prezioso ed il loro stupore nel vedere all’interno l’inchiostro fluire attraverso i semplici ma molto
importanti meccanismi.
Passammo tutto l’inverno a studiare le leggi che governano il moto dei fluidi nei capillari, i materiali
che posso essere utilizzati per la realizzazione, le chiusure e i sistemi di caricamento; piano piano
arrivammo alla fine del corso con un entusiasmo mai visto prima.
La prova d’esame richiesta da me fu diversa dagli anni precedenti, niente test, ma la richiesta di
lavorare in gruppo per la progettazione di una penna stilografica.
Lavorarono intensamente come mai vidi fare dagli studenti dei corsi precedenti e anche attraverso
delle visite fatte insieme presso Aurora e Omas mi presentarono dei lavori eccezionali tanté che
vennero consegnati proprio ad Aurora e ad Omas come ringraziamento per il supporto tecnico che
avevamo ricevuto.
Vi posso dire che molti di quegli studenti che all’inizio non sapevano neppure di cosa stessimo
parlando oggi sono utilizzatori convinti della stilografica e una parte di loro è diventata
collezionista, ma la cosa che li ha uniti nel lavoro e nello studio era l’aver ritrovato un oggetto che
trasmetteva a tutti delle sensazioni e passione che non avevano mai provato per null’altro.
La mia soddisfazione fu quella di vedere i miei studenti apprezzare ancora un oggetto che per loro
era sconosciuto, ma soprattutto scoprire a distanza di anni che altri docenti del Politecnico di
Torino della Facoltà di Architettura hanno voluto seguire l’esempio e scrivere un saggio sulla
penna ammirandola dal punto di vista dell’eleganza e del designe.
La Pinacoteca di Monaco:
Lo stile, già questo è un altro aspetto fondamentale
della penna stilografica, la sua stessa capacità di
essere sempre al posto giusto nel momento giusto
ne fa come per l’orologio da polso, l’accessorio per
antonomasia di entrambe i sessi.
Qualche anno fa io e mia moglie abbiamo aderito ad
un viaggio organizzato nella splendida città di
Monaco di Baviera in quanto pur non essendo dei
cultori della pittura vi era la possibilità di visitare la Pinacoteca di Monaco e ammirare i quadri di
Eduard Manet, Paul Cezanne, Vincent Van Gogh e tanti altri pittori; io, lo ammetto, sono
affascinato dai dipinti di Van Gogh soprattutto per la sua maestria nel trovare colori e sfumature
più appropriate agli oggetti che dipinge.
La mattina seguente il nostro arrivo ci raccogliemmo davanti l’ingresso dell’albergo e aspettando
l’autista del autobus iniziammo a disquisire su alcuni pittori che a breve avremmo osservato, e una
persona del gruppo asserì che oggi non vi è più la capacità di poter replicare ad opere così belle.
Io dissentì perché avevo nel taschino della giacca qualcosa che da lì a breve avrebbe fatto
ricredere tutti i sostenitori della tesi del nostro amico.
Partimmo finalmente ed in pochissimo tempo arrivammo al 29 di Barerstrasse nel quartiere di
Maxvorstadt nella zona dei grandi musei.
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Della struttura realizzata da Ludovico I di Baviera ormai non c’è più nulla la ricostruzione avvenuta
negli anni ’80 a cura di Alexander Von Branca è assolutamente moderna e bellissima.
Quando arrivammo, Mario prese nuovamente la parola cominciando a sparlare sulla struttura
troppo moderna per rappresentare quadri così complessi e tecnicamente molto strutturati, io
cominciavo a dare segni di insofferenza, avrei voluto imbavagliarlo per non sentire le assurdità
lette e riportate in modo distorto dalle testate giornalistiche di mero gossip.
Entrammo e lasciatemi dire, con una certa maestria io e Marzia prendemmo una direzione diversa
dal gruppo, e guarda caso proprio la direzione per andare ad apprezzare il quadro esposto di Van
Gogh “Il vaso con i dodici girasoli”.
Io rimasi allibito dalla freschezza del tratto, dall’ottimismo e dalla contentezza che il pittore stava
esprimendo attraverso questo gioco di colori, quando all’improvviso il silenzio si interruppe e una
voce squillante e irritante pervase la stanza.
Nooo! era Mario che non aveva mai smesso di parlare dal suo ingresso al museo.
Lasciai che si avvicinasse e quando tutte le persone del gruppo si raccogliessero intorno al
quadro, lo interruppi e come vi ho anticipato prima, tirai fuori dal taschino il mio asso.
Mi girai verso il gruppo è dissi:
Signori, Mario vi sta dicendo che non è possibile oggi replicare a così tanta maestria, ed io posso
essere d’accordo che quadri così siano unici, ma osservate ciò che sto tirando furi dalla mia tasca.
Tirai fuori una penna stilografica della Visconti proprio
una Van Gogh Sun flower, e dissi:
osservate attentamente come è stata realizzata questa
penna, perfetta sintesi tra classico e moderno, e se non
bastasse in questa penna dedicata a Van Gogh potete
ammirare e avere sempre in mano i colori del quadro che
state ammirando ora qui nel tempio della pittura, tutto ciò
grazie alla maestria dei tecnici della Visconti.
La mia penna fece il giro del gruppo e anche i più scettici
si dovettero convincere, spiegai loro che la Visconti progetta e realizza le penne prestando molta
attenzione a ricreare con passione le tonalità dei colori che la penna stessa deve trasmettere. La
Van Gogh è eccezionale, chi ne possiede una sa che può tenere nel taschino un pezzo di van
Gogh, se avete la possibilità di mettere a confronto i colori della penna con quelli dei girasoli del
quadro, noterete la perfetta somiglianza.
Non solo! questa tecnica così raffinata è calata in perfetta simbiosi con la struttura della penna
molto moderna ed è qui la vera sorpresa, la possibilità di fare convivere oggetti classici in strutture
moderne, come nel caso della penna stilografica.
Finito il giro alla meravigliosa Pinacoteca molte persone si recarono in centro a Monaco alla ricerca
di un negozio di penne per poter scegliere le penne dedicate a Rembrant e Van Gogh nei colori più
intensi e rappresentativi della collezione Pittori di Visconti.
I nipotini:
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Un momento di grande emozione che tutti i genitori conoscono bene è l’approccio alla scrittura dei
propri figli e naturalmente vedere per la prima volta inciso su di un foglio “ Mamma e papà vi voglio
bene” dai propri bambini; io e Marzia abbiamo due piccoli nipotini, una bellissima bambina di nome
Lucrezia e un maschietto di nome Edoardo, figli di mio fratello.
Edoardo è un ometto e frequenta la quarta classe della scuola elementare mentre Lucrezia il
prossimo anno dovrà frequentare la prima classe.
Sono bellissimi sempre gioiosi e quando un giorno in visita gli feci vedere una penna stilografica i
loro occhi si spalancarono come non ho mai visto prima, la sorpresa di vedere un qualcosa che
non avevano mai visto ne provato prima li rendeva ancor più vivaci.
Naturalmente Edoardo prese la penna osservandola e incuriosito chiedeva del suo funzionamento,
mentre Lucrezia ancora piccola osservava il fratello e cercava di imitare tutti i suoi movimenti.
Che bello vedere due bimbi così attenti su un oggetto che per noi è stato sempre simbolo di
crescita e maturità.
Mi ricordo che vollero sapere come scendeva l’inchiostro come si doveva impugnare affinché si
potesse scrivere e colorare, e per quell’occasione avevo portato un paio di penne molto colorate e
dalla forma insolita sia per lei sia per lui. Queste penne stilografiche della Pelikan mi furono donate
per iniziare un discorso molto importante a salvaguardia della crescita e dell’evoluzione del
bambino in età prescolare e scolare e la correzione della disgrafia un disturbo che è presente in
molti fanciulli e difficilmente identificabile; guardandoli presi un foglio di carta e gli feci vedere come
andavano scritte le lettere in corsivo maiuscolo e minuscolo con quelle penne e come avrebbero
potuto cambiare lo spessore del tratto solo giocando con la pressione del loro polso.
Iniziarono a scrivere e tracciare segni nei vari colori in quanto avevo caricato le penne di un
bellissimo blu e di un rosso molto intenso.
Il bambino prese il foglio e con abile manualità iniziò a scrivere “ Mamma e
papà vi voglio bene” e la sorellina imitava con una certa incertezza, ma alla
fine entrambi scrissero il pensiero e di corsa lo portarono a vedere ai loro
genitori, in quel momento vidi l’espressione di mio fratello e di nostra cognata
aprirsi, e sorridere per avere rivissuto quegli attimi di anni e anni fa in cui
anche loro come molti di noi hanno scritto messaggi d’amore ai genitori e alle
persone care con la penna stilografica che ci ha accompagnato e vorrebbe
accompagnarci sempre in ogni momento della nostra vita.
I momenti sono attimi che sfuggono al controllo della nostra mente, la penna stilografica è sempre
accanto a noi pronta a fissarli su un pezzo di carta sia esso uno scarabocchio o un pensiero
compiuto, lei è lì, e per questo motivo noi adulti abbiamo il dovere di vigilare sui bambini di tutto il
mondo al fine che tutti un domani abbiano la possibilità di poter scrivere correttamente per poter
essere capiti nei sentimenti.
StilograficaMente
Sono passati anni da quell’incontro con quel vecchio saggio e la stilografica e la scrittura sono
sempre presenti nella mia vita perché la passione e la reverenza che ho per questo stupendo
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oggetto mi stavano accompagnando a lasciare la mia attività di manager per dedicarmi a pieno
titolo a colei che ha immortalato con le sue possibili combinazioni di colori d’inchiostro tutti gli
avvenimenti della mia vita, belli e purtroppo anche brutti.
E così una mattina ripensando a quel bellissimo incontro
sulle spiagge della Puglia, mentre stavo indossando l’abito
per andare al lavoro, mi guardi indietro e osservando lo
specchio che rifletteva una immagine di me che non
riconoscevo più vidi quel vecchio che con espressione
sorridente mi disse:“.. la bottega ti aspetta con tutte le sue
penne e loro storie, condividi con il mondo questa splendida
attività e sappi trasmettere a tutti coloro che te lo
chiederanno quanta importanza ha la scrittura e la penna per
l’uomo.”
Tra me pensai che era giunta finalmente l’ora di fare il grande
salto e al solo pensiero di come sarebbe stato triste
girovagare per quei bellissimi mercatini delle cose antiche e
al posto di vedere antichi quaderni e cartoline e monili creati
dalle mani dell’uomo trovare solo delle vecchie tavolozze spente o non funzionanti con
l’impossibilità di poterci vedere dentro per scoprire quanto sognato, discusso e annotato, ecco tutto
ciò prevalse e stilograficamente scelsi di dedicare tutta la mia vita a questo strumento che con la
carta ci darà la possibilità tra centinaia di anni di poter ancora passeggiare per mercatini e magari
apprezzare vecchi quaderni e cartoline spedite dalle più remote parti del mondo salutando amici e
parenti lasciando un nostro segno alle generazioni future.
Ora sono qui, nella mia bottega a trasmettere le sensazioni che qualunque stilografica è in grado di
trasmettere attraverso forme e colori, a proporre alle persone un pennino al posto di un altro per
poterle fare scrivere nel modo migliore ma soprattutto a far ritrovare in tutti noi emozioni e
sensazioni che la frenesia della vita ci sta spazzando via.
Stilograficamente
Scripta Manent di Ruggero Rima
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