25 luglio 1962 - Corso Sparviero Secondo

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25 luglio 1962 - Corso Sparviero Secondo
25 luglio 1962
Sono a Treviso da quasi un mese.
Dal IX Gruppo della Quarta Aerobrigata siamo venuti su in tre, Massimo Cerracchio,
Orazio Gentile ed io. Inizia così a concretizzarsi, anche per noi, il ciclo di addestramento
che si concluderà, tra parecchi mesi, forse tra un anno, con il passaggio sul mitico F104
Starfighter, il nuovo caccia doppiamente supersonico, che l’aeronautica militare italiana,
insieme a Germania, Olanda e Belgio ha acquistato ed è in procinto di mettere in linea.
Per noi piloti da caccia intercettori, provenienti dall’F86E, il programma addestrativo
prevede un primo ciclo di trenta ore sul velivolo “bersaglio” RT33, seguito da un altro
ciclo di altre trenta ore sul caccia intercettore “ogni tempo” F86K. Quest’ultimo è un
caccia simile a quello sul quale voliamo noi (l’F86E), ma è una versione successiva, più
sofisticata, con migliore strumentazione e con il radar da attacco che permette di
intercettare e attaccare il bersaglio nemico anche in condizioni di scarsa visibilità (senza
vederlo). L’F86K inoltre ha il postbruciatore e le alette di ipersostentazione sulle ali (gli
Slat). Tutte queste caratteristiche lo rendono più vicino al F104, e l’ufficio studi
dell’Aeronautica ritiene raccomandabile fare questo passaggio preventivo, che, anche se
molto costoso, ci porterà ad essere più maturi e tecnicamente preparati al momento
dell’addestramento sulla macchina definitiva. Il passaggio sull’F104 lo faremo infine in
Germania, nella base interforze di Jever, con un istruttore non necessariamente italiano.
F86K della 51^ Aerobrigata
T33 della 51^ Aerobrigata
Il programma è impegnativo e noi ne siamo entusiasti. Siamo i più giovani piloti italiani,
inseriti nel programma, che comprende un totale iniziale di sedici piloti da caccia.
Sappiamo che siamo stati scelti uno per uno, e siamo estremamente motivati. Per un
pilota da caccia fare il passaggio su una nuova macchina è sempre entusiasmante, ma in
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questo caso l’obiettivo finale è l’aereo da caccia più moderno e prestigioso che esista, il
nuovissimo F104 G, l’aereo che ha le prestazioni più elevate fra tutti gli aerei da caccia del
mondo!
F104 Starfighter
Ho già fatto una diecina di voli sul RT33. Sono inquadrato nella “Squadriglia Bersagli”, il
cui compito è quello di fornire appunto bersagli ai gruppi da caccia che volano sull’F86K
della 51^ Aerobrigata. Noi decolliamo dall’aeroporto di Istrana , saliamo ad una quota di
circa 30.000 piedi (9000 metri) e sotto controllo di un radar militare voliamo mantenendo
invariate prua, quota e velocità, così come farebbe un eventuale bombardiere che
dovesse attaccare l’Italia con armamento convenzionale o atomico. Dagli aeroporti di
Istrana o di Pisa, su allarme dato dal radar della difesa aerea, decolla una coppia di caccia
F86K per intercettare ed abbattere il “bombardiere nemico”.
Questa è la nostra attività operativa attuale, simuliamo di essere dei bombardieri ostili, e
gli intercettori ci attaccano e simulano di abbatterci. Talvolta non c’è necessità di
“Bersagli”,
allora
pianifichiamo
voli di navigazione
e procedure
strumentali di
avvicinamento ed atterraggio. Anche questo è un addestramento utile per il nostro
programma.
Ma abbiamo poco più di vent’anni, siamo forniti di automobile e qualche soldo in tasca,
(caratteristiche non frequenti fra i giovani dell’epoca) ed abbiamo tanta voglia di vivere.
Treviso, città di provincia, non è un terreno di caccia molto facile, ma vicino c’è la spiaggia
di Jesolo, frequentata dai turisti, ed è là che si svolgono le nostre imprese galanti. Il mio
partner abituale è Orazio, anche perché Massimo è fidanzatissimo con Angela Volpe e
quando è libero va a Napoli.. Lo scorso week-end siamo stati al lido di Venezia a trovare
Sergio Bedeschi, ed abbiamo conosciuto suo padre, è vedovo, ci parla di sua moglie
deceduta da poco. Una delle ragazze, che ci accompagnano, ne rimane particolarmente
affascinata, lo vorrebbe consolare ….
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Oggi avevo in programma una navigazione in circuito chiuso, decollo verso le 1600 e
atterraggio previsto alle 1730. Massimo mi ha chiesto di cambiare il volo con il suo: volo
bersaglio con decollo alle 2130 e durata di circa due ore. Mi dice che deve arrivare Angela
da Napoli, accompagnata dai genitori di Massimo, e così potranno andare insieme a cena.
Non ho impegni importanti e accetto; quindi decollerò in serata.
Oggi pomeriggio è arrivato da Grosseto il nostro comandante di gruppo, il Magg. De
Paolis, e mi ha portato una grande scatola di cioccolatini Perugina, omaggio dell’Aeroclub di Perugia. Il giorno 21 giugno, prima di partire per Treviso, con quattro velivoli F86E
(Tony Ferri Leader, io gregario sinistro, Massimo gregario destro ed il maresciallo Saccani
fanalino di coda) abbiamo fatto una manifestazione aerea davanti ad una grande folla
sull’aeroporto di Perugia. De Paolis ci dice che la direzione dell’Aero-club ha voluto
ringraziarci, affermando che abbiamo avuto un grande successo, siamo stati bravi e ci ha
mandato in omaggio una scatola di cioccolatini perugina per ciascuno.
Mi fa molto piacere, sia perché abitualmente non ci ringrazia mai nessuno, sia per il
giudizio lusinghiero dato da altri piloti. Sappiamo che il successo è dovuto alla bravura del
Leader, pilota di grande esperienza, già membro della pattuglia acrobatica del cavallino
rampante, ma sappiamo anche di aver contribuito bene, ciascuno per la sua parte, al
successo della manifestazione aerea.
Dopo averla aperta, lascio la scatola dei cioccolatini, integra, sulla scrivania. E’ molto
ricca, con tutti i cioccolatini della migliore produzione Perugina. La sistemerò al rientro dal
volo e, penso, la regalerò ai miei nipotini, i figli di mio fratello Sergio, morto
improvvisamente due mesi fa.
Alle 2000 sono all’aeroporto di Istrana.
Faccio il briefing meteo, il tempo è ottimo, compilo il piano di volo ed una campagnola mi
accompagna all’aeroplano. Mi aspettano due sottufficiali per assistermi alla partenza; è
quasi notte, il mio è l’ultimo volo della giornata. Faccio il controllo esterno del velivolo, è
tutto a posto; Indosso il paracadute; il sergente che mi assiste nella vestizione è
particolarmente accurato, dopo che ho chiuso le cinghie sulla pancia, mi stringe bene
l’imbracatura tra le gambe e ridendo dice “Queste cinghie è meglio stringerle bene, non si
sa mai, i gioielli vanno protetti!”
Salgo a bordo. Rimuovono la scaletta. Metto in moto, rullaggio e decollo alle 2135.
Il tempo è meraviglioso, aria calma. Salgo a 30.000 piedi, sono sotto il controllo di
“Pioppo”, il radar militare che mi assiste verso la zona di operazioni. Il mio aereo non ha
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l’autopilota, pertanto sono impegnato in un pilotaggio manuale preciso, ma il tempo non
perturbato mi permette una condotta tranquilla del volo. Tra poco arriveranno gli
intercettori, il radar me lo comunicherà ed io sarò ancora più preciso nel rispetto dei
parametri del volo.
Sono le 2220, gli intercettori hanno già fatto un attacco, io ho cambiato rotta, ora sono
sulla Toscana con rotta sud. Si accende una spia ambra che mi dice che ho esaurito il
carburante dei serbatoi sganciabili delle estremità alari. Il sistema di alimentazione
carburante provvede automaticamente a prelevare ora il cherosene dal serbatoio centrale
superiore, ma io devo disinserire le pompe dei serbatoi alari. Il radar contemporaneamente
mi comunica che inizia il nuovo attacco. Provvederò, ad attacco finito, a sistemare i
selettori e le pompe dei vari serbatoi.
In coda, di fianco, nella notte stellata, distinguo le luci fievoli dei due velivoli che si
avvicinano, sono più veloci del mio aeroplano di quasi cento nodi. Ora scompaiono
sotto la coda, tra poco, uno alla volta li vedrò ricomparire alla mia destra vicinissimi, nella
virata di scampo dopo l’attacco.
Verifico meglio gli strumenti, prua, quota, velocità, parametri motore…..
Baaaaang!!! ….
Un urto tremendo! Come se fossi investito da un treno….Seguito da fuoco, un fuoco
totale!….. Mi sembra di essere dentro un grande fiammifero nel momento che prende
fuoco……… Vibrazioni…fuoco…rumori e scosse ..…un vortice di fuoco…
”E’ arrivato il mio turno!”
.Mi sono messo istintivamente le mani sulla faccia mi
raccomando a Dio e penso a mio padre …. … “ha già perso un figlio due mesi fa”…
L’aereo non c’è più … è un relitto infuocato che sbatte incontrollato… da davanti in basso
mi viene in faccia un vortice di fuoco con un rombo come se avessi davanti al viso il getto
di un motore a reazione….
“Non sono morto!…. Mi posso lanciare!” … abbasso le mani sui braccioli….c’è la leva
del seggiolino….la tiro su…si estende il grilletto…. Tiro il grilletto!… Un boato! Una
grande botta sotto il sedere! La carica esplosiva mi proietta fuori dal velivolo.
Sono fuori dell’aereo, giro vorticosamente nel buio, … un gran turbinio…..
Ragiono….”questo paracadute non ha l’apertura automatica legata alla quota….
devo aprirlo io……devo trovare la maniglia….dove sta?…..”.
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Nel buio mi tasto sul
petto cercandola… “Ecco la maniglia!” … Un bello strappo….ora!”….Un altro grande
colpo, una grande frenata…..silenzio!!!!….
Calma assoluta!!!.....
……Silenzio!!! ….
Sono appeso al paracadute…in cielo….. nella notte!
Sotto di me vedo tutta la costa del Tirreno illuminata, le luci delle città sulla costa, più
avanti il buio del mare. Sono chiaramente sulla terraferma. Mi sembra di essere fermo nel
cielo. Sono ancora ad altissima quota. So che metterò molto tempo a scendere, almeno
mezz’ora! Nell’urto ho perso il casco e la maschera, quindi non ho l’ossigeno!…. Non
sento difficoltà a respirare, ma so che mi occorre l’ossigeno. mi ricordo chiaramente:
“prima di lanciarmi ho messo le mani in faccia ed ho toccato la faccia, quindi avevo
già perso la maschera!”….Guardo in basso e vedo che sotto le gambe pende un
tubicino…. ”E’ quello dell’ossigeno! E c’è anche la bomboletta!”….Il paracadute mi
tira verso l’alto, ma con grande sforzo, riesco a raggiungere il tubicino, lo tiro verso di me,
viene su anche la bomboletta, la apro tirando il cavo apposito, mi metto il tubicino in bocca
e respiro ossigeno puro.
“Il cielo dei piloti era già pieno di Sparvieri, … non c’era il posto per me! “
La foto mostra il lancio sperimentale di un pilota collaudatore da un T33 biposto.
L’aereo di Marco è un monoposto dello stesso tipo, con un serbatoio supplementare realizzato nello
spazio del secondo pilota. Al momento del lancio l’aereo aveva perso la coda tranciata dall’altro
aeroplano, era completamente fuori controllo ed avvolto dalle fiamme del carburante che aveva
preso fuoco.
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Faccio il punto della situazione:
non ho più la lampadina tascabile che era appesa al collo, non posso segnalare la mia
presenza, nella notte nessuno mi vede!
L’orologio da polso si è perso, anche il cosciale è volato via, le mani sono bruciate, la pelle
del dorso delle mani si è sollevata ed aperta ora è crostosa, ma le mani funzionano, il viso
è appiccicaticcio, chiaramente bruciato, copro un occhio alla volta… ci vedo da tutti e
due……le orecchie…le tocco, mi sembrano integre…..
Comincio a sentire freddo…. So che sono a temperatura molto bassa, forse a 35-40
gradi sotto zero…. Provo a proteggermi il dorso delle mani che mi fanno male: troppo
freddo! …. Non riesco neanche a raggiungere le tasche per proteggerle dal freddo.
E se provassi a chiudere il paracadute per accelerare la discesa?…. ci provo, ma ci
vuole troppa forza, non ce la faccio!
Basta!… Bisogna aspettare. ………Passa il tempo…….Sono congelato!
Sotto di me, lontano, fra le luci delle case e delle macchine, vedo due luci più brillanti,
sono due incendi, distinguo le fiamme, sono certamente i due aeroplani caduti che
bruciano.
Dopo tanto tempo….mezz’ora?….quaranta minuti?… Sento rumori di clacson. “Sto
arrivando a terra!” … mi preparo per l’urto, piego le gambe, metto le mani davanti al viso,
ho visto che sto per atterrare in una zona buia, intorno ci sono strade, non so valutare a
quanta distanza, ma sono al centro della zona buia. Le strade si allontanano, scompaiono,
un’altra gran botta, sono a terra!
Rotolo su me stesso. Mi alzo, sono ancora legato al paracadute che si è afflosciato su un
albero al mio fianco. E’ buio ma distinguo altri alberetti intorno, sono caduto in un frutteto,
mi sgancio dal paracadute, le mani mi bruciano, ho brividi di freddo, ma devo trovare
qualcuno cui chiedere aiuto.
Scendendo ho visto che intorno ci sono delle strade con auto in movimento, devo
camminare dritto fino ad incontrarne qualcuna. Cammino nei campi, trovo un viottolo, lo
seguo, ecco una casa.
“Aiuto!…C’è nessuno?… Aiuto! Aiuto!!” Niente, nessuna risposta.
Proseguo. Sento il rumore di un motore, mi sembra un trattore, vado in quella direzione
seguendo un viottolo. Vedo un fascio di luce dietro una collina, una moto viene verso di
me, mi metto in mezzo alla strada a braccia alzate… “Lo devo fermare”… “Aiuto!”
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si ferma, mi guarda sbigottito: “Cosa è successo?”
E’ un ragazzo, mi vede fumante, tutto bruciato, il viso nero, puzzo di bistecca e di
carburante. Gli spiego in due parole l’accaduto, chiedo assistenza di un dottore. Mi
accompagna ad un casale vicino, accorre gente, mi coprono con una coperta, ho un gran
freddo, tremo violentemente, ancora coperte, trovano una Fiat Seicento, andiamo a
cercare un dottore nei paesi vicini.
Dopo inutili ricerche, è quasi mezzanotte, mi portano all’Ospedale di Fucecchio. Il
medico di guardia mi libera, con le forbici, della tuta di volo, in gran parte bruciata. Mi fa
mettere alcune stufe elettriche intorno, per scaldarmi, e mi fa una iniezione. Pian piano sto
meglio. Chiedo di informare il tenente Giovanni Persico dell’aeroporto di Pisa.
E’ un mio collega del corso d’Accademia del quale sono particolarmente amico. Penserà
lui ad avvertire la mia famiglia.
Ciò che è rimasto del T33 di Marco
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La coda del T33 ritrovata a Km di distanz
Mappa dell’incidente tratta da “La Nazione del 27/5/1962
Il seggiolino eiettabile
Lo schienale è poggiato a terra e il poggiatesta è a destra.
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Fucecchio e Letizia
Sono in camera, nell’Ospedale di Fucecchio, mi hanno fatto una iniezione calmante
(morfina?), mi hanno ripulito, disinfettato e curato. Non ho più quel freddo terribile, non
sento dolore. Sto proprio bene!
E’ notte, saranno le due, ma non dormo, sono arrivati da Pisa alcuni colleghi, altri
continuano ad arrivare. Tra loro alcuni amici del corso Sparviero. C’è una atmosfera di
entusiasmo ed eccitazione.
Io racconto nei dettagli le fasi dell’incidente. Me la sono cavata! Mi guardano contenti e
partecipi, ma perplessi. Mi diranno dopo che io apparivo tutto bruciato, in gran parte
nerastro, nella stanza ed anche fuori aleggiava un forte odore di bistecca e gasolio. La mia
gran voglia di raccontare i particolari dell’incidente, la mia euforia sembrava fuori luogo e
dava l’idea che io fossi andato fuori di testa!
Da parte loro mi dicono che lo spettacolare incidente è stato visto da un gran numero di
persone, compresi alcuni di loro. Nella notte, prima il gran botto in alto, una fiammata
improvvisa nel buio del cielo, che subito si divide in due oggetti infiammati che scendono
lentamente dal cielo, ingrandendosi progressivamente fino ad essere identificati come due
aerei in fiamme privi di controllo che si avvitano fino a terra. I due aerei sono caduti ad un
paio di chilometri di distanza l’uno dall’altro, senza fare altre vittime.
Saprò poi che il mio aereo è caduto a pochi metri da una casa colonica con dentro la
famiglia Zagaglia, in località Castel del Bosco, miracolosamente senza ferire nessuno. Gli
Zagaglia, senza perdersi d’animo, hanno attaccato la motopompa ed hanno spento
l’incendio dei resti dell’aereo prima che arrivassero i vigili del fuoco. Nel mentre io ero
ancora per aria, scendendo nel buio, col mio paracadute senza che nessuno potesse
sospettarlo.
L’altro pilota, il sergente maggiore Car , mi dicono, si era lanciato anche lui, e leggermente
bruciato alle sole mani, era stato
trovato vicino alla ferrovia e ricoverato in un altro
ospedale in stato di forte shock.
Ricordo nei giorni successivi le medicazioni. Dolorosissime! Le ustioni erano estese: tutto
il viso, le mani e le braccia. Per mia fortuna da poco era stata messa a punto una nuova
pomata gialla (il Foille?) che dicevano miracolosa.
In realtà, a parte il dolore dei primi giorni, la degenza è stata breve e non ha lasciato
eccessive tracce. Ho avuto infatti solo ustioni di primo e secondo grado, una sola ustione
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di terzo (che ancora si vede), limitata alla zona del dito anulare sinistro dove portavo
l’anello d’oro del corso Sparviero, anello che evidentemente si era arroventato. A ridurre
drasticamente le conseguenze delle ustioni è stata certamente la immediata esposizione
di tutto il corpo al gran freddo della incredibile temperatura di 35-40° sotto zero, avvenuta
immediatamente dopo l’esposizione alle fiamme, a seguito del lancio a trentamila piedi di
altezza (9000 metri), freddo che ha fermato il processo di degrado delle parti lese.
Nel periodo della degenza, dall’indomani, un gran numero di visite. Per primo un tenente
colonnello medico, il dott. Durante, in servizio a Pisa. Saprò dopo che è il padre di un
amico napoletano di Letizia, amico che mi farà da testimone di nozze. Poi quelle ufficiali
del rappresentante del governo, il generale comandante della regione aerea, i colonnelli
comandanti delle due
aerobrigate coinvolte (la Quarta e la Cinquantuno)
e via via
scendendo di grado e di livello fino a tutti gli amici ed i colleghi. E’ venuto a trovarmi anche
il capitano Pitzalis, pilota del secondo aereo attaccante, mi ha raccontato quello che ha
visto dell’incidente. Lui era dietro di qualche centinaio di metri rispetto all’aereo di CAR e la
procedura di attacco gli appariva regolare, poi, improvvisamente una enorme esplosione,
una palla di fuoco che riesce ad evitare per miracolo tirando via il suo aereo con la
massima energia. Impossibile ci fossero superstiti! Lui dopo aver virato per vedere se si
vedeva traccia di paracadute, rimanendo prudentemente in quota, per non investirci,
anche su istruzione del radar, rientrava a Pisa per l’atterraggio. Era convinto che non
potessero esserci sopravissuti.
Ad assistermi sono venuti dalla Sardegna i miei fratelli Raimondo e Tina, quest’ultima si è
trattenuta per tutta la degenza.
Più importante di tutti, al terzo giorno di degenza una telefonata, è una mia vecchia amica
di quando ero allievo dell’Accademia, che, dopo anni, avevo rivisto, per caso, una
settimana prima, di passaggio a Firenze durante un mio viaggio di trasferimento diretto a
Treviso. Avevamo cenato assieme.
“Pronto… Sei Marco?… Sono Letizia. ….Come stai?…. Ho letto sul giornale….Non ci
volevo credere!….Mia mamma me lo aveva nascosto ….Abbiamo bisticciato! Voglio venire
a trovarti … Dove è Fucecchio?….Chi mi può accompagnare?… Come si chiama?….
dammi il telefono …”
Ricordo quando è arrivata in ospedale, avevo la faccia, le braccia e le mani bruciate,
coperte di pomate e garze, i capelli bruciati…. Mi avevano tolto dalla stanza ogni specchio
ed io non potevo vedermi in faccia.
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…Sentivamo alla radio una canzone in voga che faceva: ”Abat-jour che diffondi la luce blu,
di lassù
tu sospiri, chissà perché?….” e Letizia mi sfiorava con la mano il piede che
sbucava dal lenzuolo. Era l’unica affettuosità possibile in quel momento.
…. E’ tornata spesso a trovarmi, trovando non senza difficoltà un passaggio, una volta col
suo zio Mario o con altri ancora, superando le difficoltà, come da suo carattere…
Dopo la convalescenza, sono stato io ad andarla a trovare, questa volta a Napoli.
Letizia
Una gazzella elegante, bella, fremente, spontanea, sensibile, affettuosa, generosa,
intraprendente, talvolta avventata, insofferente delle regole, selvaggia.
La mia donna ideale! Aveva le carte in regola perché mi innamorassi. Un anno e due mesi
dopo univamo le nostre vite nella cappella ducale di palazzo Pitti a Firenze.
1962 Letizia e la sua acconciatura dell’epoca
Marco e Letizia neo sposi sotto l’arco delle sciabole
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Gli sposi, al centro, con i colleghi di Marco, al ricevimento di nozze all’hotel Anglo-Americano a Firenze. Si
riconoscono da sinistra Massimo Cerracchio, Fabio Colussi, Claudio Mantovanelli, Rodolfo Guerra, Gigi
Conti, Giovanni Persico, il maggiore Vitantonio Fiore (comandante del IX gruppo) Luigi Da Campo e
Giovanni Ghezzi.
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Uscita dall’Ospedale
Sono passate due settimane dalla serata
dell’incidente. Il primario dell’ospedale di
Fucecchio, ieri mi ha permesso di alzarmi dal letto, gli ho detto che voglio essere dimesso
appena possibile. Voglio riprendere, appena possibile, a volare. Ci tengo a non perdere il
mio posto nel programma dell’F104.
Ho avuto finalmente l’autorizzazione a guardarmi nello specchio, la pelle del viso e delle
mani, salvo qualche crosta ancora presente qua e là, è di colore rosa, comica,
delicatissima, mi fa pensare alla pelle di un maialetto appena nato.
I capelli, ciglia e sopraciglia, bruciati, sono cortissimi ed arricciati. Sono irriconoscibile!
Orazio Gentile, su mia richiesta, ha portato, da Treviso, la mia alfa Romeo Giulietta.
E’ carica dei miei effetti personali che, mi racconta, assieme al comandante del nostro
gruppo di volo, il maggiore De Paolis, la sera dell’incidente, aveva riunito, facendo
l’inventario e compilando un rigoroso verbale, prima che si sapesse, verso mezzanotte,
che ero sopravissuto.
Mi racconta che a quel punto c’era stata grande euforia, avevano interrotto la raccolta e la
registrazione delle mie cose e avevano brindato alla mia salute. Ci ridiamo sopra, sono il
primo dello Sparviero che se la cava dopo un incidente di volo, … e che incidente!
Qualcun altro mi ha portato alcuni reperti: il pitot (è la sonda esterna per la misurazione
della velocità) recuperata fra i rottami del mio aereo e la
bussola elettrica dell’F86K
investitore. Ho avuto anche una copia del quotidiano La Nazione di Firenze che racconta,
con qualche imprecisione, la dinamica dell’incidente. (Tutti cimeli che conservo ancora.)
Grandi saluti in ospedale, il primario di cui purtroppo non ricordo il nome, e le infermiere
per le quali ero diventato il paziente prediletto, dimostrano molto affetto. Sono un paziente
atipico, sono arrivato di notte, semi-arrostito e puzzolente di petrolio, affumicato, assai
malconcio, e dopo soli quindici giorni, rimesso in piedi, posso andarmene con le mie
gambe, con il viso, le braccia e le mani rosa come un confetto.
Certo … sono molto giovane! E sono stato molto fortunato! Ma mi hanno curato bene!
L’A.M. mi manda a prendere con un’auto di servizio, ma, comicamente è in vena di
risparmiare e con una sola auto preleva me dall’ospedale di Fucecchio, ma prima di
rientrare all’aeroporto di Pisa fa una deviazione ad un altro ospedale e preleva anche
CAR, il pilota del F86K investitore.
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L’autista è un giovane aviere di leva ed a bordo siamo noi due soli.
Non ci eravamo conosciuti prima e l’incontro mi appare un po’ teso. Per me non ce n’è
motivo e cerco di sdrammatizzare.
Certo l’Aeronautica avrebbe potuto anche spendere due lire in più coinvolgendo due
automobili o magari mandando un collega che ci conosceva entrambi capace di rendere
l’incontro più naturale e meno potenzialmente esplosivo.
Il tutto si conclude al 23° Gruppo dove troviamo riuniti tutti i piloti e si festeggia assieme,
con una bevuta, la felice conclusione del nostro incidente.
Conclusione
Due mesi dopo, passo la visita all’Istituto Medico Legale. Dopo lunga discussione col
Direttore, sono riuscito a non farmi dare un lungo periodo di riposo, come da prassi
abituale dopo un grave incidente, ottengo una idoneità con soltanto 15 giorni “a doppio
comando”.
Ho ripreso a volare il 25 settembre a Pratica di Mare col Maggiore Riccardo Musci col
quale ho fatto cinque voli a doppio comado sul T33, poi subito a Treviso per riprendere a
fare il bersaglio e completare le ore di volo previste.
Il 16 novembre decollo sul F86K a Pisa ed ora sono nuovamente Cacciatore e non più
bersaglio.
Il mio posto nel programma F104,
è stato però preso, subito dopo l’incidente, da
Franchino Parascosso che andrà al IX Gruppo (Il primo in Italia a volare sull’F104.)
Per me i tempi saranno più lunghi, ma mi hanno assicurato sarò tra i piloti del X Gruppo e
farò la “transizione” qualche mese dopo dei colleghi del IX Gruppo.
A dicembre 1963 faccio il corso a terra a Pratica di Mare, a febbraio trasferimento a Jever
dove faccio sei voli a doppio comando con un istruttore Olandese, poi finalmente il 23
aprile 1964 il mio “decollo” a Grosseto sull’F104 monoposto.
E’ veramente un aeroplano formidabile! Con prestazioni di salita e di velocità insuperabili!
Cinquantadue anni dopo
Mi ha chiamato Cesare Valenti, mi dice che ha incontrato il suo collega di corso
Pierangelo Car. Hanno parlato di me e mi ha inviato una descrizione del nostro incidente
scritta da Car, come la ha vissuta lui. Pierangelo ora ha 80 anni e vive ad Oristano.
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A mia volta mando loro alcuni appunti da me scritti qualche anno fa, con la descrizione di
fatti e sensazioni da me vissuti in quella circostanza. Cesare la fa girare fra i suoi colleghi
di corso e, mi racconta, c’è stata una forte reazione. Il racconto è piaciuto
molto e
qualcuno di loro lo vorrebbe inserire su Facebook in un sito legato ad un gruppo di piloti
che si sono lanciati a seguito di incidente. Sono dubbioso perché il mio scritto non è stato
fatto per essere letto da chiunque, ma solo per me stesso e per chi, parente o molto
amico, può essere interessato a me e alle mie sensazioni, con una certa dose di
disponibilità a sorvolare su eventuali imprecisioni o magari involontari errori che qua o la
possono esserci.
Ho deciso, prima di autorizzare la pubblicizzazione del testo, lo manderò ai miei colleghi di
corso, alcuni di loro sono qua e là citati. Gradirei commenti e critiche.
Fabio Colussi, Massimo Cerracchio, Marco Masala, Orazio Gentile, tanti anni dopo, nel giugno
2005, in visita alla base di Grosseto, dove nel 1962 volavano nel IX Gruppo, caccia intercettori.
Sullo sfondo i nuovi Typhoon che hanno sostituito gli ormai vecchissimi F104. Sulle code dei
Typhoon lo stesso stemma: il cavallino rampante di Baracca sormontato dalla corona del duca
d’Aosta.
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