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Venerdì 2 dicembre 2011
www.ilquotidianodellacalabria.it
Conferenza stampa dopo i dieci arresti. Prestipino: «A Milano il modello Reggio»
La rabbia della Boccassini
«L’antimafia è solo parlata e la ’ndrangheta è trasversale ai partiti»
IL GIORNO dopo l’operazione
anti ’ndrangheta effettuata
dall’asse investigativo Lombardia-Calabria, il pm Ilda
Boccassini, in conferenza
stampa a Milano insieme a
Bruti Liberati, Pignatone e
Prestipino, illustra con rabbia
e amarezza l’esito di un lavoro
complesso. Attaccaduramente «l’antimafia solo parlata» di
chi finge di combattere le cosche e dietro le quinte poi le sostiene e dice a chiare lettere
che la «’ndrangheta è trasversale a tutti i partiti».
Finalmente
stanno colpendo
la zona grigia
di FRANCESCO FORGIONE
FINALMENTE,
sulla
rotta Reggio CalabriaMilano non viaggiano
soltanto i boss della
’ndrangheta, i loro soldi,
i loro faccendieri e prestanome economico-imprenditoriali, ma anche
le inchieste e il lavoro
coordinato dei magistrati guidati da Giuseppe Pignatone e Ilda Boccassini. Per troppo tempo non
è stato così. L’inchiesta
milanese, che prosegue il
lavoro avviato oltre un
anno fa a Reggio Calacontinua a pagina 23
BALDESSARRO, CORDOVA
FRESCA, GALATÀ
INSERRA e VERDUCI
da pagina 4 a pagina 11
Ilda Boccassini
Giuseppe Pignatone
Omicidio di Lea Garofalo
il processo riparte da zero
Condannato per mafia
confiscati 30 milioni di beni
Quando la mafia
ANTONIO ANASTASI
ANTONIO ANASTASI e SAVERIO PUCCIO
a pagina 16
Lea Garofalo
a pagina 11
si prende pure
l’antimafia
Svolta nell’inchiesta sull’uccisione in casa, a luglio, di Isabella Raso
di FILIPPO VELTRI
QUANTO è “fico” fare
l’Antimafia! Dalla monumentale ordinanza di custodia cautelare del gip di
Milano Gennari sulla
’ndrangheta esce fuori
anche questo: uno dei colletti bianchi (diciamo così…) finiti in galera perché in combutta con le cosche lo dice chiaro e tondo al suo amico mafioso
con tanto di certificato: se
si fa un po’ di passerella
antimafiosa non fa mai
male, qualche bella solidarietà, un comunicato
continua a pagina 23
Francesco Arcuri
Morì per la rapina, 3 arresti
Un giovane di San Calogero confessa e fa prendere i complici
TRE persone sono state arrestate per l’omicidio di Isabella
Raso, avvenuto a luglio scorso a San Calogero durante una
rapina nella sua abitazione. Il
primo a essere fermato è stato
Domenico Grillo,21 anni.Durante l’interrogatorio ha confessato e ha fatto arrestare i
due complici.
Presentato il rapporto dell’Aiop
Sanità: ospedali
calabresi spreconi
E oggi sit-in
davanti al Consiglio
ALEARDO GRANDINETTI a pagina 21
GIANLUCA PRESTIA
a pagina 14
Enzo Paolini
Domenico Grillo
da pagina 49 a 58
Gioia Tauro. L’esplosione la notte scorsa. Nel mirino Pietro Spadafora, trasferito da venti giorni
Sombrero
Christa Wolf
“SOLO qui, sul limite
estremo della vita, posso
nominarlo: poiché c'è
qualcosa di ognuno dentro di me, non sono mai
stata completamente di
nessuno. In quel momento capii ciò che il Dio aveva disposto: tu dirai il vero, ma nessuno ti crederà. Eccolo quel Nessuno
che avrebbe dovuto credermi; e che non poteva
farlo, perché non credeva
assolutamente a niente.
Io resto. Il dolore ci ricorderà di noi. Grazie ad esso, dopo se ci rincontreremo, e qualora un Dopo
esista, potremo riconoscerci”. Sono folgoranti
parole di Christa Wolf,
grande scrittrice tedesca, che ieri ci ha lasciato.
Ordigno davanti alla casa dell’ispettore di polizia
INTIMIDAZIONE al sostituto
commissario di Taurianova,
Pietro Spadafora. Una bomba
è esplosa davanti alla sua abitazione a Gioia Tauro.
MICHELE ALBANESE
a pagina 15
Incidente probatorio
Bombe
a Reggio
i dubbi
dei periti
S. PAPALEO a pagina 16
11202
9
771128
022007
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
ANNO 17 - N. 332 - € 1,20
In abbinata obbligatoria con Italia Oggi.
4 Primo piano
Venerdì 2 dicembre 2011
Allarme sui rapporti trasversali dei clan con le istituzioni
L’asse Milano-Reggio
Esportata la zona grigia
«La ’ndrangheta è trasversale
alle elezioni appoggia chiunque»
Prestipino: «Modello Calabria riprodotto in Lombardia»
La Boccassini contro chi finge di combattere
le cosche e dietro le quinte le abbraccia e le sostiene
di MICHELE INSERRA
|
dia di Finanza, alla magistratura, alla politica e
alle istituzioni che tengono comportamenti non
consoni» è un qualcosa duro da digerire. Boccassini lo afferma con grinta, ma anche con la morte
nel cuore. Vedere la mafia “infiltrata” nella giustizia non è cosa da poco per chi ha fatto della lotta, concreta, alla criminalità, una ragione di vita.
«Non è la prima volta che succede, ma nonostante la mia età me ne rammarico ancora, dover constatare comportamenti superficiali, tentativi di
depistaggio da parte di appartenenti alla Gdf, alla magistratura, della politica e delle istituzioni
in generale» dice ancora.
Ed è sempre la Boccassini a tenere banco con diverse argomentazioni la conferenza stampa di ieri assieme al procuratore capo di Milano Edmondo Bruti Liberati, il sostituto procuratore milanese Paolo Storari, il procuratore di Reggio Calabria Giuseppe Pignatone, l’aggiunto Michele
Prestipino
Al palazzo di Giustizia c'erano anche i due dirigenti della squadra Mobile di Milano Alessandro Giuliani e di Reggio Calabria Renato Cortese.
Il magistrato di ferro ha poi spostato l’attenzione
sulla politica. La 'ndrangheta è «trasversale, appoggia chiunque nelle campagne elettorali politiche» e «a differenza di Cosa nostra che odiava i
comunisti e ha sempre sponsorizzato la Dc, salvo
una parentesi per il Psi».
E a chi le chiedeva quali responsabilità abbiano, anche di tipo penale, i politici che compaiono
nelle carte dell’inchiesta e su cui la 'ndrangheta
avrebbe fatto confluire i voti, Boccassini ha risposto: «La Dda di Milano nei confronti delle persone delle istituzioni come dei mafiosi agisce
quando ha le prove per affrontare un dibattimento».
Poi la Boccassini ha invitato i magistrati e i
giornalisti che credono che la 'ndrangheta sia
una realtà «parcellizzata in 'ndrine che si scontrano tra loro» a considerare invece la «visione
unitaria» di questo fenomeno.
E la Boccassini si è poi soffermata sull'importanza della «periferia» per le cosche. «Le zone periferiche sono più importanti per la 'ndrangheta
–ha spiegato –anche per l’infiltrazione nell’Expo
è più importante l’indotto, in relazione ad esempio ad infrastrutture nei comuni dell’hinterland». L’importanza della cosca Lampada a Milano è indiscutibile. La famiglia calabrese «ha cominciato a vendere panini ed è finita a fatturare
miliardi» ha aggiunto. Dalla lettura del provvedimento di custodia cautelare è emerso anche come il boss Giulio Lampada ha ricevuto l'onoreficenza vaticana di Cavaliere di San Silvestro.
Un’altra circostanza che per la Boccassini testimonia come la ‘ndrangheta sia riuscita a infiltrarsi in ogni angolo della società nazionale e internazionale.
IL PM STORARI
|
«Le ’ndrine cercano appoggi negli enti locali
Il pm Paolo Storari
REGGIO CALABRIA - Per la 'ndrangheta è «più importante e
vitale» contare sugli appoggi e
sulle candidature di figure politiche nelle realtà dell’hinterland, milanese ad esempio, che a
livello nazionale. Lo ha spiegato
il pm della Dda di Milano Paolo
Storari durante la conferenza
stampa di ieri a Milano «Avere
un candidato, anche se in un comune dell’hinterland - ha chiarito Storari – è per la 'ndrangheta vitale». Il magistrato ha ricordato che l’operazione di merco-
ledì, contro la cosca Valle-Lampada e la “zona grigia”, è strettamente connessa all’indagine Infinito del luglio 2010 (110 condanne pochi giorni fa), ricostruendo come in una «riunione
elettorale» dei presunti boss delle cosche lombarde del maggio
2009 erano presenti anche esponenti della famiglia Valle, tra
cui Leonardo Valle. Gli arrestati
in carcere su ordinanza del gip
di Milano sono stati trasferiti
nella carceri milanesi, tra cui
quello di Opera».
ste, quella di Milano e Reggio, sono accomunate da un unico personaggio, l’avvocato Minasi che
aveva lo studio legale a Palmi, Milano e Lugano. E a Lugano collaborava con il notaio Daniele Borelli. Una collaborazione che aveva portato alla creazione di società in terra straniera per sottrarre
i beni dei clan ai sequestri dello
Stato. Ma l’assalto dei magistrati
alla ‘ndrangheta sta producendo
un altro effetto. E lo hanno ben
capito anche i mafiosi. Difatti in
una delle intercettazioni che vede protagonista l’avvocato Minasi si capisce che c’è preoccupazione: le autorità svizzere parlano
con i magistrati italiani e quindi
non è più come una volta. Come
per dire bisogna cambiare rotta e
puntare sugli Stati Uniti e sui paradisi fiscali. A chiarire questo
aspetto è sempre Prestipino sottolineando che i mafiosi oggi dicono che «non possono più usare
i canali svizzeri,
perchè gli svizzeri
da un pò di tempo
dicono tutto ai magistrati, e quindi
sfruttano altri canali arrivando fino
negli Usa».
E su questo
aspetto l’aggiunto
di Reggio aveva pertanto lanciato l’allarme: «Facciamo attenzione - disse ai colleghi - le ricchezze
dei mafiosi camminano verso il
Nord con un professionista che
fa da cerniera, transitano per la
Svizzera e arrivano in America.
La nostra indagine - dice Prestipino - è una piccola parte di una
indagine più complessa (il riferimento è a “Cosa mia1” e a “Cosa
mia2” che ha duramente colpito i
clan di Palmi dei Gallico e dei
Bruzzise). Sinora soltanto su
quel territorio sono state oltre
settanta le ordinanze di custodia
cautelare emesse». Due indagini
sui reati classici della ‘ndrangheta: infiltrazioni nei lavori dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria ed estorsioni. E lo “stralcio”
che ieri ha portato al fermo di sei
persone da parte della Dda reggina è stato approfondito in separata sede: già perchè di mezzo
c’era la novità della creazione di
società off-shore con tanto di
meccanismi per il riciclaggio di
danaro sporco.
E se Milano rischia un commissariamento da parte delle cosche
questo, come ha spiegato Ilda
La Svizzera
è insicura, ora
si punta agli Usa
Ilda Boccassini durante la conferenza stampa di ieri a Milano
È caccia agli infedeli dello Stato. Notizie rivelate su indagini in corso
|
Aperta un’inchiesta sulle “talpe”
alle Procure di Catanzaro e Milano
REGGIO CALABRIA - Ci sono talpe di spessore alla Procura di Catanzaro, come in quella di Milano.
Ma le ombre più dense sono soprattutto sulla sede giudiziaria del capoluogo calabrese. E i sospetti ci
sono da tempo. A confermarlo sono anche le carte dell’ultima inchiesta della Dda di Milano.
I boss della ‘ndrangheta avrebbero amici ben introdotti negli ambienti investigativi. Traditori che
li informavano sulle inchieste fatte da diverse procure antimafia,
comunicando finanche giorno e
ora dei blitz e le generalità degli arrestati. Si tratta di una vera e propria “squadra” di infedeli, uomini
che in passato avevano giurato fedeltà alla Repubblica e alle sue leggi, e che oggi, invece baciano le mani ai mammasantissima della
‘ndrangheta. Lo si intuisce, tanto
per citare un esempio, da alcune
intercettazioni all’interno della casa di Bovalino del boss Giuseppe
Pelle. Il capocosca di San Luca fa
ben intendere di avere informatori
nelle sedi giudiziarie. C’è un’inchiesta aperta oggi, ci sono nomi
coperti da “omissis”, e c’è soprattutto la rabbia di magistrati ed
esponenti delle forze dell’ordine
fedeli allo Stato. I sostituti della
Dda di Reggio e Milano che in queste ultime settimane hanno inferto colpi durissimi ai clan calabresi
sono saltati dalla sedia quando
hanno ascoltato alcune conversazioni intercettate
Dopo gli arresti del magistrato
Vincenzo Giglio, del maresciallo
della Guardia di Finanza Luigi
Mongelli, e dell’iscrizione nel registro degli indagati del gip di Palmi
Giancarlo Giusti ci sono “lavori in
corso” a Catanzaro e a Milano sulla
possibile presenza di talpe che possano aver rivelato informazioni
agli esponenti della criminalità
organizzata. A sottolinearlo è stato stato ieri il procuratore aggiunto di Milano Ilda Boccassini, secondo la quale “di talpe probabilmente ce n'è stata più di una”. Potrebbe trattarsi di una vera e propria squadra, insomma. E anche il
gip Giuseppe Gennari, che ha firmato gli arresti di mercoledì, nella
sua ordinanza ipotizzava la presenza quantomeno di "informatori" speciali in particolare a Catanzaro. Questo, secondo il gip, in relazione a controlli su eventuali indagini in corso. «Ora - scrive ancora il Gip – viene fuori che i Lampada hanno avuto garanzie sull'
eventuale iscrizione nel registro
Michele Prestipino, Edmondo Bruti Liberati e Giuseppe Pignatone
Boccassini, è «dovuto al fatto che
questa organizzazione ormai ha
una struttura verticistica che
permette a Giulio Lampada di
muoversi in nome e per conto degli altri clan». Un concetto che
più volte ha ribadito il procuratore capo di Reggio Calabria.
È una organizzazione, secondo Giuseppe Pignatone, «che ha
il suo cuore a Reggio Calabria e
proiezioni in Lombardia e altre
regioni del nord con una “zona
grigia” che oggi definirei internazionale». E poi il procuratore
reggino ha ribadito il concetto
dell’unitarietà della ‘ndrangheta, che oggi costituisce un elemento di grande pericolosità e di
connivenze, sulla sentenza “Reale” che ha inferto un duro colpo
alla criminalità organizzata con
pesanti condanne. E ora si attende il verdetto sugli imputati
dell’operazione “Crimine” quella
che scoperchia la cupola calabrese.
Pignatone ha puntato l’accento sul valore della collaborazione
tra le due procure, una collaborazione che era partita quindici mesi fa. Difatti l’operazione di mercoledì è un seguito delle indagini
congiunte della Dda di Reggio
DON CIOTTI A COSENZA
Calabria e di Milano ma tecnicamente non può definirsi un seguito delle maxioperazioni del
luglio 2010 che portarono in carcere centinaia di persone tra Calabria e Lombardia, delineando il
quadro delle alleanze e del comando a Milano e a Reggio. Quelle due operazioni – denominate
“Crimine” e “Infinito” - scaturite
da due diverse ordinanze di custodia cautelare hanno già portato a dibattimenti (a Milano si è
concluso con pesantissime condanne una settimana fa), rinvii a
giudizio, patteggiamenti, e suggellò il rapporto di collaborazione tra i due uffici giudiziari, impegnati in prima linea nel delineare l'allargamento delle cosche mafiose calabresi fuori regione e soprattutto in Lombardia. L'operazione di mercoledì
non è altro che il seguito di quelle
indagini congiunte. «Questa sinergia sta dando ottimi risultati,
andiamo avanti così» ha assicurato Pignatone. E in pentola bolle
di certo altro materiale investigativo che nei prossimi mesi potrebbe portare dietro le sbarre altri “signori” della ‘ndrangheta
reggina.
mi.in.
|
«La legalità bandiera agitata da chi la calpesta ogni giorno»
di GIULIA FRESCA
La Procura di Catanzaro
degli indagati sia per quanto riguarda Reggio Calabria che per
quanto concerne Catanzaro». Ma
Catanzaro secondo il giudice,
«non è la sede giudiziaria del magistrato! Come ha fatto a reperire
notizie sul quel distretto? Dobbiamo immaginare che lo stesso si sia
rivolto ad altri colleghi o a soggetti
istituzionali di quel distretto? L'ipotesi – conclude il gip – non è peregrina e dovrà sicuramente essere accertata nella prosecuzione
delle indagini». Reggio e Catanzaro sarebbero “unite” dalle talpe.
Per questo non è escluso che nei
prossimi mesi possano esserci
nuovi colpi di scena.
m. i.
COSENZA - «CHE SI PARLI meno di me e
più di noi» ha detto ieri mattina don Luigi
Ciotti, alla chiusura del corso “A scuola di
antimafia - Il riutilizzo sociale dei beni confiscati” tenuto all'Università della Calabria.
«Occorre muoversi nel tempo e non contro il
tempo - ha detto don Luigi Ciotti - viviamo
sotto la dittatura del presente fatta di qui,
ora, subito, dimenticando che il presente è
vivo solo in rapporto alla memoria di un passato e di un futuro che deve essere costruito.
Se si rincorre il presente si pretendono dal
nostro agire risposte immediate. Dimentichiamo così i valori come quello della democrazia. Essa si fonda su due doni - ha continuato - giustizia e dignità umana ma non
starà mai in piedi senza la spina dorsale che
è rappresentata dalla responsabilità. Occorre dunque educarci alla responsabilità nel
senso di colui che risponde, e pertanto siamo chiamati a rispondere al bisogno del
“nostro esserci” affinché diventiamo la spina dorsale della democrazia e della Costituzione». Nessuna filosofia si nasconde dietro
le parole del presidente di Libera, ma estrema consapevolezza della realtà e concretezza nell'agire ed i riferimenti ai recenti fatti
di cronaca non potevano mancare. «La legalità è una bandiera che viene spesso agitata
anche da chi la calpesta ogni giorno. È ne-
cessario abbattere quella “zona grigia”che è canali, sostegni, alleanze, ed occorre espridi legalità malleabile: un luogo interiore più mere gratitudine al lavoro della magistrache un luogo fisico. La vera forza della mafia tura che lo ha scoperto. Ma chissà quanto alsta fuori dalla mafia e spesso ha il volto di un tro c'è. Ciò che è inquietante è l'omertà esiincensurato». «In questo senso - ha aggiun- stente al Nord dove la mafia esiste da 50 anto don Ciotti - le responsabilità della politica ni e non è più infiltrata ma insediata».
Don Ciotti ha poi aggiunto: «La mafia si
sono enormi. Serve determinazione e coenutre anche di simboli e tra i beni
renza. Lotta alla mafia significa
confiscati c'è il Cafè de Paris di
lavoro, scuola, cultura e sosteRoma, un simbolo storico dove la
gno ai territori più fragili. Non si
prossima settimana entreranno i
ottengono grandi risultati se creprodotti frutto del lavoro dei giosce lo stato penale e diminuisce
vani sulle cooperative confiscate
quello sociale. La speranza, in alai mafiosi. Quindi chi andrà a
cune parti d'Italia, si chiama giuprendere il caffè troverà il segno
stizia sociale ed ha il volto delle
del riscatto, delle positività, in
opportunità e dei progetti concontrasto con le negatività. La
creti. In Italia però abbiamo un
confisca è una realtà positiva, ma
problema di democrazia e le sue
c'è un 55% dei beni confiscati che
malattie mortali prendono il nonon può essere destinato a causa
me di delega e rassegnazione».
delle ipoteche bancarie che graFacendo riferimento al rappor- Don Ciotti all’Unical
vano su di essi. Questo è inaccetto del vicedirettore generale della
banca d'Italia, Anna Maria Tarantola, ha ri- tabile e la politica anche nei confronti delle
chiamato l'attenzione su come il «riciclag- banche deve essere molto chiara».
Apprezzamenti a don Luigi Ciotti ed all'igio è un ponte tra la criminalità e la società.
Ed i criminali che dovrebbero essere “bandi- niziativa del corso “A scuola di antimafia”
ti” dalla società si ritrovano sempre più sono giunti dal dal presidente della Comspesso seduti ai posti di comando delle pub- missione antimafia della Regione Calabria,
bliche amministrazioni. C'è un po' di smar- Salvatore Magarò e dai relatori Pietro Fanrimento - ha poi sostenuto facendo riferi- tozzi, Donatella Loprieno, Maria Annunziamento alla recente azione milanese - di fati- ta Longo, Sabrina Garofano e Fabio Regoca. Abbiamo sempre saputo della capacità lo.
delle mafie di rigenerarsi, di trovare nuovi
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REGGIO CALABRIA - L’emergenza 'ndrangheta in Lombardia è una cosa seria. Milano come
Reggio Calabria. Ma c’è di più:
l'ex capitale morale è letteralmente colonizzata dalle cosche
calabresi. Che qui hanno importato il modello Calabria, come lo
hanno tra l’altro importato nel
resto del mondo: quello che riesce a tenere uniti boss e professionisti, colletti bianchi e politici.
Tradotto: la zona grigia. Ne parla
il procuratore aggiunto della
Dda reggina Michele Prestipino
durante la conferenza ieri al palazzo di giustizia di Milano. Conferenza che arriva 24 ore dopo gli
arresti che hanno svelato gli inquietanti rapporti dei clan con le
istituzioni. Rapporti trasversali:
da Palmi a Milano, dalla Svizzera
agli Stati Uniti. Prestipino ha
spiegato che «con la struttura organizzativa della 'ndrangheta si
estendono anche le sue relazioni
esterne».
Un esempio? «Il
professionista che
lavora fianco a
fianco con la famiglia Gallico a Palmi
ha uno studio a Milano e a Como. Il
centro dei suoi interessi è in mezzo
tra le due regioni e lavora con un
professionista che è a Lugano e
che sposta i soldi negli Stati Uniti». Il caso è quello dell’avvocato
Vincenzo Minasi che cura la gestione economica e patrimoniale
dello cosche.
Il professionista è stato raggiunto da un doppio provvedimento restrittivo: è stato arrestato in esecuzione di un’ordinanza
emessa dal gip di Milano su richiesta della Dda lombarda e,
contestualmente, gli è stato notificato un provvedimento di fermo emesso nei confronti suoi e di
altre tre persone dalla Dda di
Reggio Calabria. Quest’ultimo
provvedimento fa riferimento al
seguito dell’inchiesta «Cosa
mia», condotta nel giugno dello
scorso anno contro la cosca Gallico di Palmi. Nell’inchiesta milanese Minasi è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, rivelazione di segreti d’ufficio
e intestazione fittizia di beni, reati aggravati dalla finalità di favorire l’associazione mafiosa; in
quella reggina è indagato per associazione mafiosa e intestazione fittizia di beni. E le due inchie-
«L’antimafia
solo parlata»
REGGIO CALABRIA - Quell’antimafia parlata,
con l’aggravante di essere di facciata, proprio
non va giù. Non va giù più soprattutto a chi mette
a rischio la propria pelle e che preferisce i fatti alle chiacchiere.
Ilda Boccassini è
rabbiosa e nello stesso
BRUTI LIBERATI
tempo
sconcertata
dalla facilità e dalla
sfacciataggine di chi
Non è un processo
in apparenza combatte la mafia e dietro le
ai magistrati reggini
quinte l’abbraccia. Il
magistrato ha spiegaL'OPERAZIONE di mercoledì to che gli inquirenti
«non è un processo alla magistra- sono rimasti sconcertura di Reggio Calabria, ma ad al- tati da una «campacuni magistrati». Lo ha detto in gna politica per ingraconferenza stampa il procuratore ziarsi l'antimafia, che
capo di Milano, Edmondo Bruti Li- non esiste, che è solo
berati, che ha anche chiarito che parlata». Una campanon si può «generalizzare» nem- gna proveniente «da
meno sulla chi sa che cosa significa trovare un bazooka
politica,
perchè «al- sotto casa». Il rifericuni politici mento è alle minacce
sono vitti- che nell’ottobre del
me del ten- 2010 furono messe in
tativo di in- atto nei confronti del
filtrazione». procuratore di Reggio
Il procura- Calabria, Giuseppe Pitore di Mila- gnatone. Pur senza cino ha tenu- tarlo, è apparso eviBruti Liberati
to a sottoli- dente che la Boccassineare la collaborazione nella lotta ni si riferisse a Vinalla ‘ndrangheta tra i magistrati mi- cenzo Giglio, il magilanesi e calabresi. Un impegno co- strato, noto per le sue
mune, che aveva dato frutti molto iniziative e proclami
significativi in passato e che, nelle «antimafia» talvolta di
ultime settimane, ha consentito di stampo polemico nei
stringere il cerchio sul secondo li- confronti di altri collevello, ovvero su quegli esponenti ghi di Reggio Caladel mondo politico e giudiziario, bria. Tra l’altro anche
che avrebbero favorito con le loro autore di un romanzo
rispettive attività alcuni esponenti uscito nelle librerie lo
della
‘ndrangheta. scorso anno dal titolo
«E’ un filone particolarmente signi- “Il mafioso”.
Oggi più di ieri la
ficativo e delicato per i contatti con
il mondo istituzionale» ha spiegato Boccassini non è disposta a fare sconti a
Bruti Liberati.
nessuno. E per lei è
questo «l’aspetto doloroso», probabilmente il più
doloroso, dell'inchiesta che ha portato all'arresto
di dieci persone, tra cui il giudice del tribunale di
Reggio Calabria Vincenzo Giglio, per presunti
legami con la ‘ndrangheta.
E poi anche di vedere «appartenenti alla Guar-
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6 Primo piano
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Primo piano 7
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Provvedimenti disciplinari per Giglio
L’asse Milano-Reggio
Il ministro chiede
la sospensione
da ruolo e stipendio
Cancellò dal sito personale la sua foto
con Giulio Lampada a un con convegno
Voleva eliminare
tutte le prove
Morelli temeva si scoprisse che aveva quote di tre società
Cercò di sbarazzarsene dandole a un prestanome
di GIUSEPPE BALDESSARRO
Il magistrato di Reggio Calabria Vincenzo Giglio
A sinistra il consigliere regionale del Pdl Franco Morelli
|
LA TELEFONATA
|
«Non mi preoccupo, sapevamo
che prima o poi usciva»
NON solo Franco Morelli ma anche la moglie, Ermelinda Pugliese, secondo gli inquirenti, è a conoscenza dell’attività di ricerca di
informazioni riservate, tanto da
farne esplicito riferimento al telefono. Nello stesso modo la donna
teme che possano venire fuori gli
affari con i Lampada e non si trattiene dal chiederne conto al marito. La telefonata è del 25 giugno
2010.
Ermelinda: Senti, avevo chiamato ma i tuoi numeri non sono come
sempre raggiungibili, senti sul
Quotidiano c'é…
Franco: Si lo so.. lo so.. so tutto..so tutto
Ermelinda:Ah…sai già tutto
Franco:E va be', che dice di particolare…
Ermelinda: No.. no…. niente
dice, fra l'altro dice nell'incartamento dell'inchiesta, che sia beninteso non è.. non è a carico di alcuno dei politici regionali né li vede formalmente coinvolti… ci sono una serie di tu… di intercettazioni a carico dell'imprenditore
nel…nei…nelle quali Sarra viene
citato e persino ascoltato in diretta in occasione di alcuni suoi viaggi milanesi…
Franco:Eh..
Ermelinda: Dice che tu li hai
portati negli uffici del Garante
della privacy per fargli conoscere
Chiaravalloti
Franco: Si, ma di particolare
che dice?
Ermelinda: No..niente di particolare, assolutamente niente,
comunque chi te l'ha detto?
Franco: ….e mi ha chiamato
Ciccio Barone. Sei preoccupata
per l'articolo?
Ermelinda: Ah..no.. non sono
preoccupata, lo sapevamo che
prima o poi usciva no?
Franco: Eh.. appunto, grazie a
Dio non è che abbiamo qualcosa…
Ermelinda: Ah… è uscito per
Sarra.. per Sarra è uscita la cosa di
Trematerra…non per Sarra per il
presidente per Scopelliti è uscita
la solidarietà di Foti e Trematerra
come coordinatori del Pdl
Franco: Ma quello per quanto
riguarda l'articolo di ieri però
Ermelinda: No.. per ieri no..
perché voglio dire c'è questi qua
che stanno parlando adesso..
Franco: Si ma ieri però. Ieri..
c'era la cosa come si chiama? Ieri
c'era un articolo su Scopelliti…
Ermelinda: Ah.. ah.. vabbe'…
Franco: L'articolo mi pare che
non dice niente di che… insomma..
Ermelinda: No niente di che..
Frà.. dice che non si capiscono i
rapporti di amicizia.. questo.. che
il battesimo della bambina a Roma (N.d.r. la figlia di Giulio Lampada)
Franco: ma dico ma ti preoccupa sta cosa…il tuo senso ti dice..
Ermelinda: No.. no.. ma non è
che c'è qualcosa Frà? Quell'operazione l'avete poi fatta Giulio..
Frà? (n.d.r. Giulio Lampada in riferimento all'operazione imprenditoriale dei Monopoli)
Franco:quell'operazione di polizia in generale…. quale operazione?
Ermelinda:Eh…quella che sapevamo Frà..
Franco: Seee… Vabbo.. vabbo…
Investigatore al lavoro in sala ascolto
Durissima la presa di posizione della sezione reggina di Md
«Quei rapporti e quei comportamenti
sono incompatibili con la professione»
REGGIO CALABRIA - Si sentono
traditi, umiliati e offesi i componenti della sezione reggina di Magistratura democratica. L’arresto di
Vincenzo Giglio - ex segretario di
Md oggi iscritto alla corrente - ma
ancor più i contenuti dell’ordinanza di custodia cautelare ha fatto saltare sulla sedia le toghe, che in serata hanno diramato un comunicato
durissimo. Senza se e senza ma. In
altri termini senza appello.
La nota parte con una citazione: «
“…il giudice di ogni tempo deve
essere ed apparire libero ed indipendente, e tanto può essere ed apparire ove egli stesso lo voglia e deve
volerlo per essere degno della sua
funzione e non tradire il suo mandato…”». E prosegue: «Ce lo raccomandava il compianto Rosario Livatino e non vogliamo dimenticarlo».
Da qui per dire che «a prescindere
dagli esiti giudiziari dell’indagine
della Procura della Repubblica di
Milano in merito alle condotte attribuite nell’imputazione provvisoria
ai colleghi Vincenzo Giglio e Giancarlo Giusti, gli atti noti del procedimento mettono in evidenza comportamenti, relazioni personali e
familiari, frequentazioni incompatibili per un magistrato che eserciti
funzioni giurisdizionali».
E tutto ciò «risulta ancora più intollerabile e drammatico in un contesto sociale come quello reggino,
dove la ‘ndrangheta è solita insi-
Nella “zona grigia” che aiutava i Lampada anche un maresciallo della Guardia di Finanza
di PASQUALE VIOLI
Soldi al finanziere per evitare i controlli
SIDERNO - «Giglio come ha
detto che si chiama…operazione “Tenacia”, che ci lavorava il Ros di Milano». E’
uno stralcio dell’intercettazione ambientale captata dagli investigatori in casa del
boss di San Luca Giuseppe
Pelle “Gambazza”. A parlare
il 20 marzo del 2010 erano lo
stesso mammasantissima
della Locride insieme a Giovanni Zumbo, considerato
“la talpa” delle cosche e Giovanni Ficara, esponente dei
clan di Reggio Calabria.
Nella casa di “Gambazza” a
Bovalino, come dimostrato
dalle inchieste “Reale”, le
riunioni per fare il punto
della situazione criminale e
politica della provincia reggina erano all’ordine del
giorno.
A chiedere udienza al boss
di San Luca c’erano candidati alle elezioni regionali e uomini della ‘ndrangheta in
cerca di affari e alleanze. An-
Luigi Mongelli riceveva denaro direttamente dai vertici del gruppo
e li spendeva in viaggi all’estero e acquisti in negozi di grandi firme
di GIOVANNI VERDUCI
SIDERNO - Denaro in cambio di informazioni e di protezione. Sul libro paga della
cosca Valle - Lampada c’era anche un maresciallo della Guardia di finanza in forza
al comando provinciale di Milano.
Luigi Mongelli, alias “Pinocchio”, era
dentro la “zona grigia” che proteggeva
boss e picciotti nella loro vigorosa crescita
economica all’ombra del “Pirellone”. La vicenda di corruzione che vede coinvolto il
sottufficiale delle Fiamme gialle, per i magistrati della Procura antimafia di Milano, dimostrerebbe «la spregiudicatezza
con cui i Lampada tutelano i propri investimenti, cercando di garantirsi immunità assoluta». Il gruppo criminale, specia-
lizzato nel settore delle macchinette per il
gioco elettronico, avevano molta paura dei
controlli costanti della Guardia di finanza, in particolare del gruppo di investigatori che - come notato durante le indagini aveva spesso contatti con il maresciallo
Luigi Mongelli.
La gestione contabile delle varie attività,
per gli inquirenti, era «assolutamente
anomala» ed il rischio di incorrere in pesanti sanzioni era molto elevata. Meglio,
quindi, trovare una sponda all’interno
delle forze dell’ordine e pagarla per non
avere problemi. «E’ interesse primario della famiglia - si legge nelle carte dell’inchiesta - quello di potere contare su sodali pubblici ufficiali che possano dare una mano
nei momenti di pericolo».
E “pinocchio” faceva al caso loro. Fra il
maresciallo barese ed i Lampada esisterebbe «un vero e proprio sistema corruttivo,
alimentato da sistematiche dazioni di denaro».
Le “ingenti” somme di denaro, poi, venivano consegnate mensilmente al maresciallo Mongelli “brevi manu” dagli emissari della cosca durante incontri faccia a
faccia anche nei pressi del comando della
Guardia di finanza. Gli scambi, che nelle
conversazioni assumevano nomi, sono
stati seguiti e monitorati dagli uomini della Squadra mobile.
I contatti fra i Lampada e Mongelli si intensificavano in occasione dei controlli
delle Fiamme gialle presso le attività della
cosca. Per evitare problemi i Lampada pagavano il maresciallo che, con i soldi della
corruzione, avrebbe sostenuto un tenore
di vita molto superiore alle sue reali possibilità e si sarebbe pagato diversi viaggi
all’estero, pranzi e cene al ristorante o acquisti presso negozi “grandi firme”.
Un finanziere (immagine di repertorio)
nuarsi, con speciale pervasività,
nelle reti relazionali torbide ed ambigue, perché fondate su perniciosi
rapporti obbligatori in cui – prima o
poi – il potere mafioso passa sempre
a riscuotere il conto».
«Ci avete sentito dire - aggiunge
Magistratura democratica - che è
necessaria una rivoluzione culturale della nostra società malata.
Quando siamo chiamati nelle scuole, nelle assemblee e negli interventi pubblici, invitiamo i cittadini - costretti ad affrontare (senza nessuna protezione autentica) l’aggressivo potere della ’ndrangheta - a recidere i legami relazionali, anche
quelli quotidiani, con gli uomini di
mafia o con quelli collusi con la mafia, per isolarli e renderli così più
deboli. Non smetteremo di farlo,
convinti come siamo che solo attraverso una rivoluzione culturale e
non già solo attraverso la repressione giudiziaria, si possa sconfiggere
questo germe che tenta di insinuarsi in tutti i gangli sociali, per inquinarli e piegarli ai propri infami desideri».
Md incalza affermando: «Ma da
oggi lo faremo con maggiore umiltà e con la più chiara e netta consapevolezza della nostra debolezza,
dei nostri limiti, delle nostre incapacità. Ma proprio questa presa di
coscienza ci farà essere più rigorosi
ed attenti nella gestione della nostra dimensione privata, per ribadire la credibilità di una Istituzione
che - particolarmente in questi ultimi anni - ha mostrato una speciale
efficacia nello svelare e sanzionare i
sistemi di potere della ndrangheta.
Ed infatti, anche quest’ultima indagine - insieme a quelle più recenti
condotte dalla Procura della Repubblica e valutate positivamente
dai giudici di questa città - è sintomatica della credibilità ed efficacia
dell’azione giudiziaria che sempre
più chiaramente irrompe, svela e sanziona i sistemi di potere della “area grigia”, senza farsi
scrupolo di mostrare pari rigore,
quando parti di
questi perniciosi sistemi di potere siano magistrati».
«Le recenti parole
del Presidente della
Repubblica a proposito
dell’etica
professionale e personale nella magistratura - conclude Md - ci stimolano, infine, a sollecitare un dibattito interno alla magistratura reggina, affinchè - preso atto della speciale condizione della nostra società
malata - si proceda ad analizzare stili e modelli professionali e personali, per fissare alcune condivise linee
di comportamento che debbano necessariamente caratterizzare ed
identificare il magistrato che opera
in questo difficile distretto».
«È necessario
un confronto
per stabilire
assieme
un codice»
L’Anm reggina
ai colleghi
«Serve uno stile
di vita rigoroso»
In casa Pelle “Gambazza” i padrini imbastivano le strategie
grazie alle soffiate sui blitz del magistrato Vincenzo Giglio
che Giovanni Zumbo era un
frequentatore di casa Pelle,
e in una delle sue visite a
“Gambazza” lo aveva informato di alcune indagini in
corso. A riferire a Zumbo
delle notizie sui movimenti
degli investigatori e della
Distrettuale antimafia secondo il pubblico ministero
Ilda Boccassini era inequivocabilmente il magistrato
Vincenzo Giglio. Pelle: «A
noi ci hanno sentito parlare.
Hanno le intercettazioni».
Zumbo: «Loro hanno tutto».
Pelle: «Come Patriarca».
Zumbo: «Comunque non sono in grado…». Ficara: «Come ha detto che si chiama Giglio?». Zumbo: «Questa operazione?». Ficara: «Qualche
altro pentito, Giglio dice che
si chiama “Tenacia”». Zum-
bo: «Lavorava il Ros di Milano». Ficara: «Allora quando…». Zumbo: «Sono tutte…
partono tutte da Reggio Calabria».
Le informazioni in possesso della “talpa” Giovanni
Zumbo, e già riferite agli
esponenti dei clan erano
precise, e secondo la Dda di
Milano sul fatto che a fornire queste dritte ai boss fosse
il giudice Vincenzo Giglio ci
sarebbero pochi dubbi, come
confermato in una intercettazione sempre dentro casa
Pelle a Bovalino dove a parlare erano sempre il mammasantissima “Gambazza”
e Giovanni Ficara, che si lasciò andare in una occasione ad un commento che per
la distrettuale antimafia è
cristallino. Ficara: «Lui dice
certo che se posso trovare
una parte te la faccio, Giglio
quello è un mangiatario».
Billari: «Giglio…». Ficara:
«Giglio, che era nella prevenzione». Pelle: «E che ancora è nella…».
Le informazioni che arrivavano dal Cedir erano preziose per i boss, talmente
preziose da poter addirittura delineare delle strategie
criminali cercando di organizzarsi in caso di blitz. Significativa sempre a casa di
“Gambazza” è la lezione di
Giovanni Ficara che ormai
aveva capito, secondo quanto aveva riferito Zumbo, che
una retata sarebbe stata
prossima. Ficara: «Una volta che li ho informati a tutti i
miei sentite voi altri, che io
esco con l’avvocato, cinque o
sei di noi ci facciamo latitanti, fino a che non escono gli
altri, così non lasciamo la
batteria scoperta». Pelle:
«Per non lasciare campo libero».
Dunque, una vera e propria organizzazione che era
riuscita, attraverso le soffiate del magistrato di Reggio
Calabria ha impostare le
strategie anche in caso di un
blitz. Ma quello che interessava di più ai boss erano i
provvedimenti sui beni, e
anche in questo caso le informazioni che la “talpa”
Giovanni Zumbo aveva appreso con ogni probabilità
da Vincenzo Giglio erano
precise. Già nel marzo del
2010 Zumbo sapeva di un sequestro beni a Milano che
avrebbe colpito la società
Giuseppe Pelle
“Perego strade”. «Partono
da Milano con la Perego - riferì Zumbo alla famiglia di
San Luca - perché dicono che
sia la vostra con intestazione fittizia di beni».
Le soffiate di Giglio riferite da Zumbo divennero realtà 4 mesi dopo, il 13 luglio
del 2010, con il blitz “Crimine”, scattato congiuntamente tra la Dda di Reggio
Calabria e quella di Milano.
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REGGIO CALABRIA - Franco Morelli temeva di essere coinvolto
nell’inchiesta che aveva portato in
carcere alcuni esponenti della famiglia Valle-Lampada. Il consigliere regionale viene avvertito telefonicamente da un suo collaboratore, che lo chiama per informarlo
su quanto stanno scrivendo i giornali e dicendo i Tg nazionali. Morelli è allarmato e chiede informazioni sui nomi. Il collaboratore afferma: «Dottore sono preoccupato». E lui: «A me lo dici?». Il politico
del Pdl sa di avere i carboni bagnati
e sa anche che alcuni fatti possono
essere scoperti dall’autorità giudiziaria. Il riferimento è a tre società
di cui possiede alcune quote (la
Orion, la Sagitta e la Pegasus) formate per tentare di ottenere delle
concessioni dai Monopoli di Stato.
Così, il consigliere regionale si
intrattiene prima con la moglie in
una telefonata drammatica nella
quale nega ogni suo coinvolgimento e persino i rapporti con i
Valle-Lampada. Quindi, rimuove
dal suo sito l’immagine che lo ritrae abbracciato con Giulio Lampada ad un convegno. Infine, fa di tutto per cancellare le prove dei suoi
rapporti con i boss lombardi della
‘ndrangheta. E cancellare le prove
significa sbarazzarsi delle quote
societarie in suo possesso.
Non sa Franco Morelli che ogni
sua telefonata è intercettata dagli
uomini della Squadra Mobile, che
riferiscono in tempo reale agli inquirenti. Il panico poi gli fa perdere le cautele che anche al telefono
ha sempre tentato di avere.
Una prima telefonata parte verso lo studio del notaio Francesca
Gasbarro (ovviamente all’oscuro
di tutto). La registrazione dà conto
delle sue spiegazioni alla segretaria e ad una collaboratrice del no-
taio, a cui Morelli spiega che vuole
liberarsi delle quote delle società
«perchè realmente attivate». L’interlocutrice spiega che non è possibile farlo su due piedi e che comunque le quote devono essere cedute a
terzi e non possono essere cancellate così di punto in bianco. La professionista spiega che comunque
va fatto un atto alla presenza di un
notaio di fiducia che può essere
ovunque. Da qui molto probabilmente muove l’idea di Morelli di
chiamare il notaio Stefano Camilleri (anch’esso inconsapevole) cui
chiede di preparare un atto di cessione delle copie. Cosa che avviene.
Secondo quanto scritto dai magistrati milanesi Morelli avrebbe
trovato un prestanome a cui intestare le quote delle tre società. Nella speranza che non si potesse risalire ai rapporti di affari e d’amicizia
tra lui e le famiglie mafiose con cui
invece aveva intessuto una serie di
soldi legami. Uno sforzo, evidentemente, vano.
REGGIO CALABRIA - I no novemila - ha detto ieri il
guai per Vincenzo Giglio, il presidente dell’associaziomagistrato arrestato dalla ne nazionale Magistrati LuDda di Milano, sono solo ca Palamara - e ci possono
all’inizio. Da una parte do- essere delle situazioni di ervrà vedersela con gli inqui- rore, ma di fronte a comporrenti lombardi che lo accu- tamenti scorretti dobbiamo
sano di corruzione e rivela- dare un segnale di netta ferzione di atti d’ufficio. mezza». Luca Palamara, anDall’altra dovrà anche af- ch’esso di orgini calabresi,
frontare un lungo iter per commentando l’arresto del
difendersi dai provvedi- giudice di Reggio Calabria,
menti disciplinari che gli ha aggiunto: «l’inchiesta distanno per fioccare da più mostra che quando i giudici
applicano la legge la appliparti.
Ieri, infatti, il neo mini- cano anche nei confronti destro della Giustizia Paola gli stessi magistrati». PalaSeverino, ha avviato l’azio- mara ha poi voluto esprimene disciplinare nei suoi con- re il proprio «disagio e indifronti. E intanto il Pg della gnazione» per quanto accaCassazione, Vitaliano Espo- duto.
Sulla stessa lunghezza
sito ha chiesto la sospensiod’onda la sezione
ne del magistrareggina di Anm,
to dalle funzioni
che in un docue dallo stipenmento, a firma di
dio.
Tommasina CoL’iniziativa ditroneo e Iside
sciplinare del
Russo, sottoliministro Severinea come la vino è la prima da
cenda che riquando si è inseguarda i colleghi
diata in via AreVincenzo Giglio
nula ed è stata
e Giancarlo Giunotificata alla
sti «sia sconcerSezione disciplitante e doloronare del Consisa».
glio superiore
La
Giunta
della magistraescutiva dell’Astura, che il 15 disociazione naziocembre prossinale magistratimo esaminerà la
di Reggio Calarichiesta del Pg
bria auspica «che
della Cassazione
questi fatti non
di sospendere
intacchino la creGiglio. Si tratta
dibilità dell’istiin realtà di un
tuzione giudizia«atto dovuto»,
ria e non venga
nel senso che in Paola Severino
meno la fiducia
presenza di un
provvedimento di custodia dei cittadini verso la magicautelare nei confronti di stratura reggina, da semun magistrato il «tribunale pre impegnata sul versante
dei giudici» è tenuto a proce- della legalità».
Partendo
dall’assunto
dere alla sospensione.
C’è imbarazzo tra le toghe che non compete all’assoitaliane dopo l’arresto del ciazione entrare nel merito
presidente della Corte d’As- della vicenda, «in attesa che
sise e della sezione Misure la Giustizia faccia il suo cordi Prevenzione. Imbarazzo so e venga fatta chiarezza».
che però fa il paio con la fer- La sezione dell’Anm concluma determinazione ad an- de ricordando: «E’ nostro
dare fino in fondo alla vicen- dovere, invece, richiamare
da in maniera inflessibile. l’attenzione sulla necessità
Chiedendo, tra l’altro, di evi- che il magistrato sia rigorotare generalizzazioni. Nella so nello stile di vita e nelle
sostanza dalla vicenda - che frequentazioni, perchè non
vede coinvolto anche un se- venga mai neanche appancondo magistrato, Giancar- nata l’immagine di indipenlo Giusti, in servizio al Tri- denza e di imparzialità della
bunale di Palmi - emerge magistratura né comprocertamente il male della cor- messa la trasparenza dei
ruzione anche tra gli opera- comportamenti anche pertori della giustizia, ma an- sonali dei singoli compoche il fatto che esistono ma- nenti dell’Ordine Giudiziagistrati che non fanno scon- riario. Ogni deviazione da
ti a nessuno, colleghi com- questi principi va fermamente stigmatizzata».
presi.
«In Italia i magistrati sog. bal.
8 Primo piano
Venerdì 2 dicembre 2011
Primo piano 9
Venerdì 2 dicembre 2011
Il medico incontrò il colonnello dei servizi segreti per avere informazioni
L’asse Milano-Reggio
Volevano contatti all’Aisi
Uno zio dei presunti boss impegnato
nella segreteria dell’allora consigliere
L’operazione fallì e l’ufficiale riferì del colloquio alla polizia
di CLAUDIO CORDOVA
I Lampada
legati a Sarra
espansionistiche dei due fratelli.
Mire che, necessariamente, vogliono far passare da una fitta rete di contatti.
Si scopre così che i calabresi
trapiantati in Lombardia hanno
rapporti diretti con almeno due
esponenti politici del posto. Uno è
l’assessore provinciale di Milano,
Antonio Oliverio (originario di
Pedace, in provincia di Cosenza) e
l’altro è il consigliere comunale
di Milano Armando Vagliati.
Persone ritenute dai Lampada
“amiche” e “disponibili”.
I rapporti con Sarra sono invece di natura economica, anche se
l’inchiesta fa emergere come i
Lampada «si erano spedi per Sarra, anche dal punto di vista elettorale». Rapporti, in vista di possibili futuri affari da portare a termine. Tra questi viene studiata
l’ipotesi di aprire una finanziaria
in società e comunque, di mettere
assieme le diverse competenze
per fare business. Una finanziari
da 50 milioni di euro, di cui si discute in auto. Affari leciti, sia
chiaro, dei quali peraltro i carabinieri non avrebbero rilevato alcuna traccia. Insomma, solo progetti e buone intenzioni, rimaste
sulla carta. Alla luce di quanto
accertato a suo tempo, gli inquirenti stanno approfondendo alcuni aspetti della vicenda, anche
se gli stessi magistrati scrivono
che «gli ultimi rapporti tra Sarra
e i Lampada risale al 6 febbraio
del 2008». I Lampada poi parlano
di Sarra con Morelli a cui riferiscono: «Forse gli danno l’assessorato esterno ...ho sentito dire ...
il sindaco ... (riferimento a Scopelliti)».
Cosa che si avvera realmente.
Tanto che Sarrà «sarà nominato
sottosegretario regionale alle Riforme e alla semplificazione amministrativa».
g.bal.
|
Il sottosegretario
della giunta
Scopelliti Alberto
Sarra in una
conferenza
stampa
Sotto Giuseppe
Lombardo
premiato lo
scorso anno con
la Gerbera Gialla
IL CASO
|
|
«Il padre è socio del colonnello del Ros»
REGGIO CALABRIA - Parte delle
informazioni riservate giunte alla cosca Lampada sull’inchiesta
condotta a loro carico dalla Dda di
Milano sarebbero giunte anche
da un giovane il cui padre sarebbe
stato in società con un colonnello
del Ros di Reggio Calabria. La circostanza ha il sapore della millanteria se si considera che proprio
grazie a diverse informative del
Ros calabrese la cosca Valle-Lambata è stata praticamente messa
in ginocchio. Tuttavia l’episodio è
contenuto nelle carte dell’inchiesta dei giudici milanesi, che si
compone, tra l’altro, anche di pezzi delle informative “Meta”e“Reale”, entrambe condotte dagli uomini comandati prima da Valerio
Giardina e poi da Stefano Russo.
In ogni caso il dato emerge, come accennato, dall’ordinanza del
gip di Milano che ieri ha disposto
l’arresto di 10 persone tra le quali
il presidente delle misure di prevenzione del Tribunale di Reggio
Calabria Vincenzo Giuseppe Giglio ed il il consigliere regionale
della Calabria Francesco Morelli
(Pdl).
Un aspetto, scrive il gip, «che
andrà sicuramente approfondito», dal momento che parte delle
informazioni che giungono ai
Lampada «sono particolarmente
accreditate perchè sembrano provenire da un colonnello del Ros di
Reggio». Nell’ordinanza viene riportata l’intercettazione di un colloquio avvenuto il 17 marzo 2010
tra l’avvocato Vincenzo Minasi,
arrestato anche lui ieri, Francesco Lampada e Leonardo Valle in
La frase contenuta in una intercettazione registrata tra i boss lombardi
Ma si pensa che possa trattarsi di una millanteria per nascondere la fonte
cui si parla della prima fase
dell’inchiesta milanese che porterà qualche mese dopo, nel giugno
2010, ai primi arresti.
Minasi, riferendo ciò che gli è
stato detto da Giulio Lampada, dice agli altri che un giovane ha fornito alcune notizie sull’inchiesta
e aggiunge, con una frase incompleta: «Il papà con il colonnello del
Ros».
«Allora – chiede Francesco – il
papà è in amicizia con un colonnello del Ros?». «E’ socio», risponde Minasi che poi alla successiva
domanda «chi è questo colonnello
del Ros», risponde: «e che ne
so?».
Peraltro lo stesso gip di Milano,
nell’ordinanza, parlando della
genesi dell’inchiesta, aveva sottolineato l’impulso alle indagini dato proprio dai carabinieri del Ros
di Reggio Calabria con due informative del 16 novembre 2010 e del
14 febbraio 2008. «In un’altra informativa sempre del Ros di Reggio Calabria - aggiungono i magistrati Lombardi - depositata il 16
febbraio 2009, sono poi compendiati i risultati dell’operazione
Meta dei carabinieri, coordinata
dalla Dda di Reggio
Calabria, che riguarda la cosca dei Condello».
E conclude: «Il Ros
ha anche realizzato le
LA CAMERA PENALE DI PALMI
Preoccupazione per l’uso preventivo
dello strumento intercettivo
LA CAMERA penale di Palmi «preso atto dell’avviso di garanzia e delle
perquisizioni eseguite, tra gli altri a carico di due suoi iscritti, indagati per
favoreggiamento aggravato commesso, secondo l’accusa, nell’esercizio del mandato difensivo, auspica che i colleghi possano rapidamente
dimostrare l’infondatezza degli addebiti con la speranza che la giurisdizione anche in questo caso svolga il suo compito di garanzia»: è quanto
si afferma in una nota del direttivo dell’organismo. «Segnala che nel caso – prosegue la nota – le autorizzazioni ad intercettare i colloqui degli
avvocati con i loro clienti sono state rilasciate sulla base di mere supposizioni circa il compimento di condotte illecite da parte dei difensori,
esprime seria preoccupazione circa l’utilizzo spropositato e sostanzialmente in via preventiva dello strumento intercettivo».
intercettazioni a casa del boss
Giuseppe Pelle dalle quali è emerso che un commercialista reggino con contatti con i servizi segreti, Giovanni Zumbo, riferiva notizie riservate allo stesso Pelle ed al
boss Giovanni Ficara. L’inchiesta
portò a numerosi arresti». Per
questo gli inquirenti ritengano
che si possa trattare di un’affermazione falsa, forse detta per nascondere i veri protagonisti, o
pratagonista, della soffiata.
GLI AFFARI
|
Uno 007 parla al telefono
Lampada con cui sarebbe in contatto
da diversi anni: sarebbe proprio lui,
peraltro, a introdurre, nell’abitazione del cugino, in pieno centro a Reggio Calabria, i membri del sodalizio
criminale. Almeno cinque incontri
filmati dalle telecamere degli investigatori: ulteriore elemento che ha condotto in carcere il magistrato Enzo
Giglio, presidente della Sezione Misure di Prevenzione e della Corte
d’Assise di Reggio Calabria.
E’ il 10 marzo 2010 quando il medico incontrerebbe il Colonnello Cristaudo, dopo aver fissato un incontro
il giorno prima. Un medico chirurgo
che riesce a conoscere l’identità del
capo dei servizi segreti, entrare in
contatto e prendere un appuntamento. Un fatto che, di certo, non può non
suscitare una serie di interrogativi.
Un incontro, quello tra Giglio e Cristaudo, che viene cristallizzato in
un’informativa della Squadra Mobile. Gli agenti della Polizia, peraltro,
avranno anche un colloquio con il Colonnello Cristaudo che racconterà di
aver ricevuto presso il proprio ufficio
|
quella mattina, il dottor Vincenzo Giglio, di professione medico chirurgo,
cugino dell’omonimo magistrato Enzo Giglio.
Dall’informativa della Squadra
Mobile di Reggio Calabria, diretta da
Renato Cortese si evince la deposizione dell’uomo dei servizi.
«Nel corso del colloquio il dottor
Vincenzo Giglio gli avrebbe chiesto
se vi fosse qualche attività investigativa, in corso di svolgimento, nei confronti dei fratelli Lampada Giulio
Giuseppe e Lampada Francesco. In
quell’occasione Giglio riferiva altresì, che suo figlio sarebbe impiegato in
un non meglio indicato esercizio
commerciale di Milano, ove presterebbe attività lavorativa per conto dei
citati fratelli Lampada».
Giglio andrebbe dunque dal capo
dei servizi segreti reggini per ottenere informazioni sui Lampada, per
salvaguardare l’investimento imprenditoriale del figlio, altrimenti
esposto al rischio di entrare in affari
con esponenti della ‘ndrangheta.
Un tentativo che, però, gli costerà
caro visto che il Colonnello Cristaudo
racconterà le circostanze agli agenti
della Polizia. Ancora dall’informativa della Squadra Mobile: «Inoltre, il
predetto (Vincenzo Giglio) comunicava che era stato in compagnia dei
fratelli Lampada, recatisi in quei
giorni a Reggio Calabria, ed era stato
sottoposto ad un controllo, all’uscita
del ristorante “Baylik2”, da parte di
una pattuglia della Polizia di Stato».
Una serie di informazioni preliminari, evidentemente, alla richiesta di
informazioni sul gruppo Lampada al
capo dei servizi segreti. Gli unici a
raccogliere preziose informazioni
quel giorno, però, saranno gli agenti
della Squadra Mobile. Un tentativo
piuttosto goffo, ma che da conto della
sfrontatezza con la quale si muoveva
il medico reggino, con il vizio di frequentare ‘ndranghetisti e di passare
loro informazioni utili a difendersi
da eventuali inchieste giudiziarie.
Tentativo fallito.
L’INIZIATIVA
|
Le banche a disposizione Istituzioni da bonificare
REGGIO CALABRIA - Sono arrivati a Milano con
modeste risorse finanziarie, almeno ufficiali, provento di una macelleria e di
una pizzeria gestite a Reggio Calabria. Ma nel breve
volgere di pochi anni, la famiglia Lampada «acquista
una disponibilità economica e finanziaria milionaria,
assolutamente sproporzionata rispetto alla precedente situazione». Ed in questo
contesto «non possono
mancare, così come si era
verificato per il
ramo Valle della
famiglia, rapporti privilegiati
con funzionari
di istituti di credito». A rilevarlo
è il gip di Milano
Giuseppe Gennari che afferma
come la famiglia avesse, «a
disposizione l’amicizia di
un direttore di banca che
consentì di fare operazioni
che agli altri clienti non sarebbero consentite e consente di accedere con più
facilità ai crediti».
I Lampada, al riguardo,
seguivano sempre uno
stesso modus operandi,
che era quello tipico anche
dei Valle. «Tutte le iniziative ufficiali – è scritto
nell’ordinanza di custodia
cautelare – vengono effettuate con finanziamenti
bancari, nonostante la famiglia disponga di liquidi-
tà notevolissime». Il gip
cerca anche di darsi una
spiegazione a tutto ciò e
giunge alla conclusione
che «tale accortezza evita
evidentemente sospetti e
interrogativi sulla provenienza dei fondi». Nell’ordinanza si danno poi i nomi
di due funzionari che «hanno mostrato di intrattenere relazioni di speciale privilegio e compiacenza con i
Lampada»: il direttore di
un’agenzia Unicredit di
Milano e quello di un’agenzia di Paullo del
Credito Bergamasco. Da Unicredit, i Lampada avevano ottenuto un finanziamento di 300
mila euro che
doveva servire
per l’acquisizione delle concessioni dei Monopoli.
Finanziamento
concesso ma non ancora
erogato. Per tale ragione,
scrive il gip, «il funzionario
ha richiesto ai beneficiari
una nota di differimento
per mancata fruizione».
Anche col funzionario del
Credito Bergamasco, scrive il gip, «sono affiorati
rapporti che paiono anomali, tanto che il funzionario si è persino recato personalmente varie volte negli uffici dei Lampada per
garantire il proprio interessamento alle esigenze
del sodalizio».
Direttori
disponibili
a finanziare
di ROBERTA PINO
REGGIO CALABRIA - L’incursione anti ‘ndrangheta
sull’asse Milano-ReggioCalabria, che ha condotto, due
giorni fa, all’esecuzione di
dieci ordinanze cautelari,
smontando così, la cosiddetta “zona grigia”, quella, per
intenderci, in cui il confine
tra legalità e illegalità è sottile ovvero addirittura nullo, non può non essere al
centro della manifestazione
della “Gerbera Gialla”, che
ieri ha preso il via
a Palazzo Campanella, per il progetto
20112012.
Un’idea
che mira a sensibilizzare gli studenti alla «prevenzione nella
lotta alla criminalità organizzata e ad ogni
altra forma di violenza».
Un’occasione offerta ai
ragazzi delle scuole calabresi e di Messina.
A loro non è possibile celare la verità.
Lo afferma proprio l’ideatrice della Gerbera Gialla,
Adriana Musella, «oggi non
possiamo disconoscere ciò
che è avvenuto - commenta ma c’è magistratura e magistratura, politico e politico.
Dire che tutto è bianco o nero è sbagliato. E’necessario prosegue - una seria volontà
politica di bonificare, affinchè i ragazzi si abituino ad
una coscienza critica. A loro
non possiamo raccontare
favole».
Il sostituto procuratore
della Dda reggina Giuseppe
Lombardo è tra gli ospiti
della manifestazione a Palazzo Campanella. Impegnato nella lotta contro la
criminalità organizzata,
Lombardo ha subito varie
volte intimidazioni e minacce.
«Sono parte in causa in
questi arresti - commenta a
proposito del blitz che ha
sconvolto politica e magistratura- l’indagine nasce qualche anno
fa a Reggio Calabria ed è legata alla cattura di Pasquale Condello.
Da quella attività
imponente sono
emersi una serie di dati valorizzati al meglio dalla Dda di
Milano».
Riferimenti agli eccellenti arresti provengono anche
dal presidente del Consiglio
Regionale della Calabria,
Francesco Talarico.
«Occorre distinguere tra
responsabilità personali e
istituzionali - afferma circa
l'arresto del consigliere Morelli - mi auguro che possa
dimostrare la sua estraneità da i fatti, non si può, però,
screditare l’intero corpo delle assise calabresi. Sulle sue
dimissioni, attendiamo le
procedure del Ministero».
Il rammarico
di chi lavora
contro i clan
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
Raccontò
che il figlio
doveva aprire
un’attività
a Milano
Nelle carte dell’inchiesta i rapporti tra il sottosegretario
e alcune delle persone arrestate dalla Dda milanese
REGGIO CALABRIA - Alberto
Sarra, attuale sottosegretario
della Giunta regionale guidata
da Giuseppe Scopelliti, già quando le prime carte usciro nell’ambito dell’operazione Meta e, successivamente, di quella che portò
all’arresto di diversi esponenti
della cosca Valle-Lampada si era
difeso, negando qualsiasi collegamento con gli esponenti del
clan in Lombardia. All’epoca aveva spiegato che conosceva qualcuno dei Lampada, ma che con loro c’era stata solo qualche chiacchiera e qualche passaggio
dall’aeroporto di Milano fino in
città. Nulla di più. Tant’è che
quelle intercettazioni erano state
tratte da un procedimento che
«era stato abbondantemente archiviato». Insomma nessuna responsabilità.
Tuttavia, nel provvedimento
che ha portato in carcere il giudice Vincenzo Giglio, suo cugino,
un esponente della Guardia di Finanza, il consigliere regionale
Franco Morelli e alcuni presunti
affiliati e boss della cosca, il suo
nome riappare. E il Gip di Milano
Giuseppe
Gennari
dedica
all’esponente politico calabrese
un capitolo.
Una ventina di pagine nelle
quali i magistrati non vanno certo teneri e nelle quali, però, almeno ufficialmente, non gli viene
contestato nulla.
Gli inquirenti partono col
prendere atto del fatto che nella
struttura di Sarra, quando era
consigliere regionale, aveva lavorato Giovanni Zumbo, ossia lo
spione in odore di servizi pizzicato a raccontare ai boss Giuseppe
Pelle e Giovanni Latella, le inchieste della Dda di Reggio e Milano, sulle loro cosche. A questo
paragrafo i magistrati aggiungono un altro elemento. Scrivon
infatti che «I rapporti tra Sarra e i
Lampada, risalgono a diversi anni addietro. Lampada Mario, zio
dei fratelli Giulio e Francesco
Lampada, ha lavorato dal giugno
del 2005 al 30 aprile del 2007
all’interno della segreteria di Alberto sarra, con l’incarico di supporto tecnico». Si legge nelle carte: «Per diverso tempo e fino
all’intensificarsi delle indagini
che lo dipingevano come politico
vicino alla ‘ndrangheta, Sara costituirà uno dei principali punti
di riferimento politi per i Lampada».
Per gli investigatori, tra l’ex capogruppo regionale e i fratelli
Lampada ci sono ottimi rapporti
da diverso tempo.
Nell’incartamento dell’inchiesta che, sia ben inteso non è a carico di alcuno dei politici regionali ad esclusione del consigliere
Franco Morelli, ci sono tutta una
serie di intercettazioni a carico
degli imprenditori-mafiosi nelle
quali Sarra viene citato e persino
ascoltato in diretta in occasione
di alcuni suoi viaggi milanesi.
Le cimici, messe nell’auto, registrano diverse conversazioni,
dalle quali si evincono le mire
REGGIO CALABRIA - Una storia che
farebbe emergere, in tutta la loro
chiarezza, le capacità penetrative del
tessuto sociale e investigativo del medico Vincenzo Giglio, cugino omonimo del magistrato tratto in arresto su
richiesta della Dda di Milano. Una
storia contenuta nell’ordinanza firmata dal Gip di Milano Giuseppe Gennari, un’ordinanza che svela un mondo di connivenze e collusioni e che ha
portato in manette membri di spicco
del clan Lampada-Valle con i soggetti
istituzionali che ne avrebbero supportato le azioni, come il magistrato
Enzo Giglio, il maresciallo della
Guardia di Finanza Luigi
Mongelli e il consigliere regionale Franco Morelli.
In una città in cui anche i
magistrati stessi non conoscono i vertici dei servizi segreti, il medico chirurgo
Enzo Giglio vorrebbe divenire interlocutore del capo
centro dell’Aisi (L’Agenzia
Informazioni e Sicurezza
Interna), con tanto di appuntamento fissato.
Il medico Vincenzo Giglio è il cugino omonimo
del magistrato che avrebbe incontrato, in diverse occasioni, all’interno
della propria abitazione, i membri
della famiglia Lampada.
Svestito il camice, Giglio, tratto in
arresto nella stessa operazione ha
condotto in carcere il cugino, sarebbe
una vera e propria eminenza grigia.
In prima persona, Giglio riuscirebbe
a prendere contatti con il Colonnello
Antonio Cristaudo, capo centro
dell’Aisi (ex Sisde) a Reggio Calabria:
Giglio incontrerebbe Cristaudo per
avere ulteriori informazioni sulle
possibili investigazioni che inquirenti e forze dell’ordine avrebbero
messo in atto sul conto del gruppo
Lampada. Una richiesta che, evidentemente, il medico metterebbe in atto
proprio per aiutare il gruppo dei
10 Primo piano
Venerdì 2 dicembre 2011
|
L’asse Milano-Reggio
di SAVERIO PUCCIO
Alla “Zenas llc” erano stati trasferiti i terreni
dei Gallico su suggerimento dell’avvocato Minasi
L’INTERCETTAZIONE
|
Il legale batteva cassa
POLISTENA - Prima ditutto i soldi. Senza quelli “non si canta messa” o, nel caso specifico, non si seguono le cause in corso con il dovuto impegno. Le pratiche aperte
con la cosca Gallico erano impegnative el’avvocato VincenzoMinasi aveva bisogno di liquidi per
curarle come dovuto.
Il legale, così, davanti a Domenico Nasso (fidanzato con una ragazza dei Gallico), ricordava alla
cosca la necessità di avere qualche pagamento. Di lì a poco sulla
sua scrivania arriva un acconto
di tremila euro, ma è interessante
leggere lo stralcio dell’intercettazione riportata nel decreto di fermo. «Vincenzo Minasi: a parte
che sapevo com’eri combinato e
quindi l’ultima cosa che ti avrei
chiesto ti avrei chiesto soldi in
quel momento. Però… eh… ho
dormito a Roma, ho viaggiato per
andare a Roma. Però, vengo qua
al processo e vengo a spese mie,
fare colloquio oggicon Teresa sapete quant’è costato? Trecento
euro di aereo, duecento euro di
macchina affittata e sono già cinquecento euro… eh…; Domenico
Nasso: no, se… se… se la vinciamo, avvocato, non vi preoccupate
che litroviamo e ve lidiamo!; Vincenzo Minasi: ma non è questo il
problema! Non fare questi ragionamenti perché non ne faccio
cause… cioè io non è che guadagno…allora a mia moglie sai, non
le posso dire quando torno a casa:
<se vinco la causa mangiamo e ti
compro da mangiare, se perdiamo la causa mi dispiace ma…».
gio.ve.
Domenico Nasso
CATANZARO - Nel 2003 è stato uno dei protagonisti di una tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso ai danni della società
Biomasse spa, impegnata nella realizzazione di una centrale a Strongoli, spalleggiato
da Salvatore Giglio, ritenuto a capo dell'omonima cosca della cittadina Crotonese. Otto
anni dopo, con una sentenza di condanna a
tre anni di carcere passata in giudicato, per
Francesco Arcuri, 62 anni, imprenditore di
Crotone, è arrivato il decreto di confisca di beni per un valore di circa 30 milioni di euro.
Troppo evidenti, secondo la Corte d'Appello di Catanzaro che ha accolto la richiesta della Procura generale del capoluogo calabrese,
le divergenze tra i redditi
dichiarati e i beni accumulati negli anni. Ed ancora,
troppo chiari i tentativi di
scaricarsi dei beni dopo
ogni passaggio cruciale
del processo che era scaturito per l'arresto.
Così, la Direzione investigativa antimafia di Catanzaro ha preso in esame
la mole di documenti
aziendali e personali di Arcuri, fino a chiudere il cerchio intorno alle
due società che operano nello smaltimento di
rifiuti all'interno del porto di Crotone. La
confisca ha interessato, infatti, i compendi
aziendali delle società “Arcuri Francesco impresa individuale” e “Recycling Srl”, entrambe con sede a Crotone e attive nella raccolta, imballaggio, compattazione, stoccaggio, trasporto dei rifiuti con destinazione al
recupero e allo smaltimento; 4 terreni; 11
fabbricati; 6 autovetture; 41 mezzi industriali; 12 rapporti finanziari. Tutti beni affidati al custode giudiziario Nicola Giuseppe
Bosco, nominato nel provvedimento dalla
L’uomo
fu condannato
per estorsione
mafiosa
Teresa Gallico
Le rassicurazioni di Minasi alla cosca
«A Palmi i giudici
sono più morbidi»
cialmente lei!--//; Vincenzo Minasi:
di GIOVANNI VERDUCI
chi?--//; Gesuele Misale: che esca
POLISTENA - Fare uscire dal carce- fuori lei almeno! Da qui ad un… un
re Teresa Gallico era fondamentale anno, quand’è!--//; Vincenzo Minaper la cosca di Palmi. Per raggiun- si: Perché se usciva Teresa si potegere questo obiettivo i reggenti del- va…--//; Gesuele Misale: per malatla cosca erano disposti a tutto, an- tia…e lo so!--//».
L’avvocato Minasi, però, lo stopche a sborsare un pacco di saldi.
Naturalmente la strategia difen- pa: «tua moglie, tua moglie in questo preciso momento
siva veniva studiata
non può uscire. perché?
con l’avvocato VincenPerché ci sono due Pubzo Minasi. Il legale palblici ministeri --//; Gemese, profondo conosuele Misale: Di Palma e
scitore dei meccanismi
Musarò…--//; Vincenzo
giudiziari reggini, non
Minasi: e il Gip non si
lesinava consigli a Gemette contro questi
suele Misale, il marito
qua.--//; Gesuele Misale:
di Teresa Gallico, menlo so.--//; Vincenzo Minatre le microspie piazzasi: non si mette, perché
te dalla Squadra mobile
non se la prende la renel suo ufficio registrasponsabilità…--//; Gevano tutto.
suele Misale: e lo so, lo
Per
raggiungere
so… (incomprensibil’obiettivo, secondo l’avle)... --//; Vincenzo Minavocato Minasi, era ne- Gesuele Misale
si: è chiaro! Quando incessario aspettare l’inivece una Corte d’Assizio del dibattimento per
se…».
presentare un’istanza
Riuscire a tirare fuodi scarcerazione per
ri dal carcere Teresa
motivi di salute. Il motiGallico, quindi,sarebbe
vo? presto detto, per il
stata una partita difficiprofessionista, infatti, i
le, ma l’avvocato Minasi
giudici “qui a Palmi sorassicurava i suoi interno più morbidi”.
locutori inserendo nel
La preoccupazione di
discorso la necessità di
Vincenzo Minasi era
fare effettuare delle pequella di allontanare la
rizie mediche alla donpratica il più possibile
na e, soprattutto, spiedall’ufficio del giudice
per le indagini preliminari che non gando al marito che di fronte al triandrebbe in scontro con i pubblici bunale collegiale di Palmi ci sarebministeri che sostenevano l’accusa bero potute essere più possibilità di
vittoria. «Vincenzo Minasi: … e lo
contro la cosca Gallico.
La discussione dentro lo studio so,main questomomentosai…forlegale di Palmi entra subito nel me- sequi aPalmi inTri…in Corted’Asrito della vicenda e gli operatori del- sise si può… no, io vi dico che forse
la sala ascolto hanno modo di regi- questo… qui a Palmi sono più morstrare una lunga conversazione. E’ bidi.--//; Gesuele Misale: sì?--//; Vinil marito di Teresa Gallico ad entra- cenzo Minasi: perché in dibattire subito nel merito della richiesta: mento già è diverso perché sono più
«Gesuele Misale: … dobbiamo… morbidi, più… più tranquilli. Un
dobbiamo vedere di farne uscire Giudice, capisci, non se la prende la
qualcuna… qualcuna buona! Spe- responsabilità».
Una malattia
per fare uscire
dal carcere
Teresa Gallico
Il ruolo di Alfonso Rinaldi
Prestanome
per schermare
i beni mafiosi
Alfonso Rinaldi
POLISTENA - Un insospettabile
usato per “schermare” i beni della cosca Gallico dagli accertamenti delle forze dell’ordine. Per
gli investigatori sarebbe stato
questo il compito assolto da Alfonso Rinaldi.
Sarebbe stato lui, in qualità di
procuratore speciale dei suoceri,
a curare il contratto finalizzato
alla cessione dei terreni (di fatto
di proprietà della cosca Gallico)
alla “Zenas LLC”: la società off
shore costituita in America per
sottrarre ad un eventuale sequestro i beni dei boss di Palmi.
Scrivono i magistrati della Procura antimafia nel decreto di fermo: «Alfonso Rinaldi era assolutamente consapevole del fatto
che il suocero fosse intestatario
dei terreni in questione». Sul ruolo di Alfonso Rinaldi, poi, si sarebbe soffermata anche Teresa
Gallico nel corso di uno dei tanti
colloqui intercettati dagli investigatori presso la casa circondariale di Carinola. Fra l’altro Rinaldi si sarebbe impegnato a trasferire gli input della cosca al
suocero ed a recuperare, per conto della cosca, i fondi pubblici erogati per gli uliveti.
Un gruppo di lavoro
per aggredire
i patrimoni illeciti
CATANZARO - Un gruppo di lavoro, coordinato dal sostituto procuratore generale Domenico Prestinenzi, per aggredire i patrimoni
della 'ndrangheta. Un'azione coordinata che
ha messo insieme le nove procure del distretto
della Procura generale di Catanzaro, la Procura nazionale antimafia e le forze dell'ordine, in
nome dello scambio di informazioni che possa
permettere di coordinare le attività in campo.
La strategia è stata evidenziata dal procuratore generale di Catanzaro, Santi Consolo, nel
corso della conferenza
stampa che si è svolta ieri
per illustrare i risultati dell'operazione che hanno portato alla confisca dei beni
dell'imprenditore crotonese Francesco Arcuri.
«Tutta la magistratura
requirente del distretto - ha
detto Consolo - è impegnata
per garantire alla società civile lo sviluppo sano del terPrestinenzi e Consolo ritorio, aggredendo i patrimoni illeciti che sono il cancro per la libera circolazione
deibeni eperla liberainiziativa, scevra di comportamentiestorsivi neiconfronti di persone che vogliono lavorare bene». E per raggiungere l'obiettivo, tra magistratura e forze dell'ordine è stato sottoscritto un
protocollo d'intesa che prevede una razionalizzazione
e un coordinamento delle
attività di verifica.
Il procuratore generale Consolo ha ribadito
che «le misure di prevenzione patrimoniale costituiscono la strategia di contrasto» alla criminalità organizzata. In questa direzione,
mercoledì, si è tenuto anche un vertice tra la
magistratura del distretto e le forze dell'ordine durante il quale «si è registrata armonia di
intenti che si tradurrà nella circolazione delle
comunicazioni, perchè - ha concluso Consolo con l'attività sinergica si possono realizzare
risultati soddisfacenti».
sa.pu.
Attivato
dalla Procura
generale
di Catanzaro
Gli uomini della Dia davanti alla villa confiscata
Corte d’Appello.
Secondo la Corte d'Appello di Catanzaro,
con il collegio presieduto da Palma Talerico
(Donatella Garcea relatore e Alessandro Bravin consigliere), «appaiono privi di giustificazione non solo gli acquisti immobiliari, ma
anche gli acquisti relativi ai beni mobili registrati e intestati direttamente ai coniugi Arcuri e alla ditta individuale Arcuri Francesco, nonché i beni strumentali formalmente
intestati alla società “Recycling” e che ne costituiscono il compendio aziendale». Dalle
indagini, dunque, è stato possibile appurare
che sono «privi di giustificazione i rapporti
bancari e postali intrattenuti da Arcuri o
contestati alla moglie, nonché i conti correnti intestati alla “Recycling”».
Tassello dopo tassello, gli uomini della Dia
guidati dal colonnello Antonino Cannarella
hanno potuto dimostrare, come evidenzia il
provvedimento di confisca, «l'evidente sperequazione tra la rilevata capacità reddituale annuale di Arcuri Francesco e la spesa familiare annua ritenuta necessaria», così come è stata riscontrata «l'assenza di elementi
giustificativi da cui desumere la liceità degli
acquisti effettuati». Nel provvedimento di
confisca sono finiti, dunque, anche la moglie
di Arcuri, Paola Turtoro, e i figli della coppia,
dal momento che le indagini condotte dalla
Dia hanno interessato tutti i passaggi societari e gli spostamenti di denaro compresi tra
il 1985 e il 2009. Ventiquattro anni per i quali sono stati passati al setaccio bilanci aziendali e documenti bancari, così come predisposto dal direttore della Dia, Alfonso D'Alfonso.
I risvolti dell’attività sono stati illustrati ieri nel corso della conferenza stampa che si è
svolta negli uffici della Procura generale di
Catanzaro, alla presenza del procuratore generale Santi Consolo, del sostituto procuratore generale, Domenico Prestinenzi, del responsabile della Dia di Catanzaro, Antonio
Cannarella. La confisca ai danni di Arcuri,
secondo Consolo, «è il risultato felice di
un'attività di indagine condotta con scrupolo dalla Dia, con la richiesta che ha trovato integrale accoglimento». Anche il sostituto
Prestinenzi si è soffermato sull'importanza
del risultato, sottolineando i passaggi giudiziari che hanno portato fino alla condanna
passata in giudicato nel 2009 e i vari passaggi societari nel tentativo di difendere i beni
da possibili provvedimenti di sequestro e
confisca. Dal canto suo, Cannarella ha ricordato che «l'attività è una tappa del progetto
avviati due anni fa e che mira a individuare in
maniera radicale i patrimoni illeciti, al punto
che in due anni abbiamo confiscato oltre 120
milioni di euro».
La Capitaneria di porto rinnovò le concessioni
Cambi di assetti societari
subito dopo i guai giudiziari
di ANTONIO ANASTASI
CROTONE - La strategia della dismissione non è
servita all'imprenditore Francesco Arcuri, di 62
anni, a evitare la confisca di un patrimonio aziendale di oltre 30 milioni. Per eludere la normativa
antimafia, in presenza diuna condanna definitiva, si puntava, secondo l’accusa, al riordino degli
assetti societari. Nel mirino della Procura generale, che aveva chiesto il sequestro preventivo,
sono finiti Arcuri, la moglie Paola Turtoro e la
ditta individuale Arcuri Francesco impegnata in
attività di recupero e riciclaggio di rifiuti solidi
urbani e industriali, lavori edili, stradali nonché
il capitale sociale e il compendio aziendale della
Recycling srl, attiva nel campo della raccolta, imballaggio,
compattazione, stoccaggio,
trasporto di rifiuti, progettazione di discariche, gestione di
impianti portuali, costruzione
e vendita di immobili.
I cambi di società avvengono
subito dopo i guai giudiziari.
Siamo nel 2003. Nel febbraio
scattano gli arresti nell'ambito dell'operazione Obra, che fa
luce sul racket imposto dalla
cosca Giglio di Strongoli alla
centrale a biomasse. Arcuri
verrà condannato in via definitiva a tre anni, per concorso
in tentata estorsione aggrava- Francesco Arcuri
ta del metodo mafioso al responsabile dei lavori per la realizzazione della
centrale termoelettrica, soltanto nel settembre
2009 (la sentenza di primo grado, del luglio
2005, a sua volta fu confermata in Appello nel
giugno 2008). Successivamente allo scadere della concessione del servizio di raccolta di rifiuti
concesso dalla Capitaneria di porto, nel dicembre
2004, la Recycling chiede e ottiene il rinnovo dell'attività. La concessione è stata peraltro rinnovata dal 2005 al 2012. Arcuri cede l'intero ramo
aziendale di autotrasporto di merci e trasporto di
rifiuti speciali e numerosi mezzi di lavoro. Poco
prima dellasentenza d'Appello,nell'aprile 2008,
Arcuri trasferisce alla Recycling anche il ramo
d'azienda avente ad oggetto lo stoccaggio, il recupero e lo smaltimento di rifiuti. «Ulteriori ele-
menti - è detto nel provvedimento che scaturisce
da accertamenti della Dia di Catanzaro - da cui desumere lariconducibilità dellaRecycling alladisponibilità del condannato si ricavano dal confronto dei dati concernenti il flusso reddituale e il
volume di affari». Dagli esami incrociati è emerso che a fronte di un significativo decremento del
fatturato della ditta Arcuri dopo la cessione, si registra, invece, un incremento di quello della Recycling. Da accertamenti bancari e presso l'Agenzia delle entrate sono venuti fuori elementi
sospetti come «il prezzo irrisorio» della cessione
dei rami d'azienda, la tempistica del trasferimento, la giovane età dei soci Pietro, Giovanni e Fabio
Arcuri, poco più che trentenni, i redditi «appena
sufficienti per vivere e del tutto
inidonei a giustificare il presunto acquisto». In questo contesto l'imprenditore ha sostenuto l'impegno per la costruire“Palazzo Arcuri”, sei appartamenti e un magazzino su una
superficie di 2000 metri quadrati.
Stessa strategia sarebbe stata
adottata anche da Massimiliano Arcuri, figlio di Francesco.
La Divisione Anticrimine della
Questura, in un'informativa
del gennaio 2009, evidenziava
che il 26 novembre 2008 Massimiliano Arcuri cessava dalla carica di amministratore unico
che assumeva Giovanni Arcuri.
Un cambio al vertice sempre in presenza di guai
giudiziari: l'iscrizione nel registro degli indagati per il reato di tentata estorsione, dal quale Massimiliano Arcurifu prosciolto unanno fa.I fatti?
Agosto 2008. Massimiliano Arcuri, secondo l'accusa, avrebbe avrebbe costretto la Compagnia
Impresa lavori portuali ad abbandonare la commessa ricevuta dalla Rubino Gru per il disinstallaggio, lo sbarco e lo stoccaggio in banchina di
paleeoliche peraffidarlaprimaalla dittaLogi.co
e poi alla Recycling.
Il settore portuale è cruciale per l'economia di
una città di mare come Crotone. I tentacoli della
'ndrangheta si sono spesso allungati sull'infrastruttura e a ditte del comparto sono stati revocati appalti per possibili infiltrazioni mafiose.
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
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Confisca di trenta milioni ai danni dell’imprenditore di Crotone
Beni alla società
“off shore”
Costituita
nel 2007
aveva sede
operativa
a Wilmington
AGGRESSIONE AI PATRIMONI
Sigilli ai beni di Arcuri
La strategia del clan per evitare
i sequestri voluti dai magistrati
razione, affermava in maniera inequivocabile che la
di DOMENICO GALATÀ
stessa era stata realizzata al preciso fine di eludere la
PALMI - Il sistema é tra i più collaudati: far acquisire normativa in materia di misure di prevenzione patribeni ad una società off shore per evitare che possano moniali: asseriva il legale, al riguardo, che la necesfinire in mano allo Stato. I beni in questione sono dei sità di costituire la società negli U.S.A. era dovuta al
terreni agricoli (circa sei ettari, finiti sotto sequestro) fatto che in Svizzera “per i reati di mafia” “non c’è
situati nel territorio di Palmi, riconducibili alla cosca neanche il segreto bancario”, per cui l’Autorità Elvetica avrebbe dato alle autorità italiane
Gallico, la società è la “Zenas llc”, costitui“tutto… a carte scoperte”. Di conseguenza
ta nel novembre del 2007 a Wilmington
“l’unica cosa é stata di fare la società Ame(nel Delaware, negli Stati Uniti d’Ameriricana e sapete perché? Perché qui possoca), con domicilio fiscale a Varese, e nata
no arrivare, ma qui non arrivano. Perché
dalla mente dell’avvocato Vincenzo Minanon arrivano? Perché qui non hanno il
si, fermato su richiesta della Dda di Regcertificato…capito?”, per cui “arrivano algio Calabria nell’ambito dell’inchiesta
la società, ma non al proprietario della socontro la ‘ndrangheta sull’asse Calabriacietà”.
Milano.
Di disarmante chiarezza risulta, inolSi tratta di un filone dell’attività investitre, il passaggio in cui l’Avvocato spiegava
gativa dei magistrati reggini, in cui Minaai propri clienti ratio e modalità dell’opesi assume per gli inquirenti il ruolo di
razione eseguita: “Allora perché abbiamo
«consigliori della cosca, quello che ne gefatto tutto questo? Perché: primo, non
stiva gli interessi anche dal punto di vista
dobbiamo fare atti in Italia. Secondo, non
immobiliare ed economico». Tutto iniziedobbiamo girare soldi. Terzo, se ci paga
rebbe quando Teresa Gallico, sorella del Vincenzo Minasi
estero su estero mettiamo i soldi dove voboss Domenico, riesce a scoprire, dopo opgliamo, senza dirlo a nessuno”. La gestioportune verifiche su un conto bancario
ne della Zenas era stata affidata ad un nofatto da un amico che lavora presso un istitaio italo-svizzero, Daniele Borelli, con cui
tuto di credito, che Giuseppe Surace, inteMinasi condivideva una studio legale a
statario dei terreni in questione per conto
Lugano. Il legale svizzero iniziava a didella ‘ndrina, intascava a sua insaputa i
ventare troppo costoso ed ecco quindi
fondi della comunità europea destinati al
l’ipotesi di far assumere i terreni ad un
settore olivicolo, la cosiddetta “integraziosoggetto che avrebbe dovuto fungere da
ne”.
nuovo prestanome. Un’operazione però
Per “ovviare” al problema la Gallico ne
tutt’altro che semplice: «a questo punto
avrebbe parlato a Minasi che la soluzione
Gallico Rocco e Gallico Teresa domandal’avrebbe avuta subito a portata di mano:
vano al legale se, così facendo, avrebbero
costituire una società pronta ad acquisire
eliminato i costi relativi alla gestione della
i terreni (a parlarne è la stessa donna nel
società e il Minasi rispondeva affermaticorso di una conversazione intercettata
vamente, precisando che, ovviamente, sanel carcere di Secondigliano con il fratello
Domenico, il quale avrebbe dovuto dare il “placet” rebbe spettato a loro trovare una persona di fiducia diall’operazione). A riprova di tale disegno, oltre agli at- sposta a gestirla gratuitamente o a costi modesti».
E ancora: «Poi, però, Rocco affermava che sarebbe
ti con cui Surace e la moglie cedono i terreni alla Zenas, gli inquirenti citano l’intercettazione di una con- stato rischioso fare tale operazione per la sua famiglia
versazione intercorsa tra lo stesso avvocato, Teresa giacché i suoi membri erano stati imputati e condanGallico e il fratello Rocco, in cui si parla anche nati “per reati di mafia”; il legale replicava che, in efdell’eventualità di cedere i terreni della società ad un fetti, sarebbero andati a finire nella bocca del lupo, in
nuovo prestanome. «L’avvocato Minasi Vincenzo – quanto per tali reati non opera il segreto bancario e
scrivono gli inquirenti citando alcuni passi del dialo- anche le Autorità elvetiche avrebbe consegnato la dogo - spiegando ai due fratelli i vari passaggi dell’ope- cumentazione e i soldi a quelle italiane».
Primo piano 11
Venerdì 2 dicembre 2011
Venerdì 2 dicembre 2011
24 ore
in Calabria
Si tratta di due giovani e un adulto, tutti di San Calogero. Decisivo l’esame del Dna
Limbadi
Tre fermi per un omicidio
Si barrica
nel locale
e minaccia
di darsi fuoco
Il delitto di Isabella Raso risolto dai carabinieri di Vibo e Tropea
di GIANLUCA PRESTIA
SAN CALOGERO - Un delitto
efferato per la crudeltà con cui
fu messo in atto; una rapina finita in tragedia che sconvolse
un’intera comunità. Adesso,
a distanza di poco più quattro
mesi, la Procura e i carabinieri di Vibo e Tropea sono riusciti a far luce sull’omicidio della
50enne Isabella Raso notificando tre fermi nei confronti
di due giovani ed un uomo,
tutti compaesani della vittima: Domenico Grillo 21 anni,
Luigi Zinnà, 25 anni e Francesco Todarello, 45 anni.
Ad incastrare i tre, sia l’esame del dna eseguito su un
campione di pelle rinvenuto
tra le unghie della donna, il
cui corpo fu trovato privo di vita nella sua abitazione la mattina del 17 luglio scorso, e confrontato con uno stratagemma con quello di Grillo, sia la
confessione di quest’ultimo,
torchiato nell’interrogatorio
di ieri mattina, che ha indicato i due complici.
L'attività
investigativa
coordinata dal sostituto procuratore della Repubblica di
Vibo, Vittorio Gallucci e con-
Da sinistra il 21enne Domenico Grillo, il 45enne Francesco Todarello e il 25enne Luigi Zinnà
dotta dal maggiore Vittorio
Carrara, dal capitano Francesco Di Pinto e dal marescialloNazzareno Scalzone, pur senza escludere alcuna pista,
compresa quella che portava
a soggetti extracomunitari o
comunque di nazionalità
straniera, già nell’immediatezza del fatto si era concentrata su un gruppetto di persone, tra le quali figurava proprio Grillo, solite frequenta-
Tribunale di Catanzaro
Esec. Imm. n. 28/91 R.G.E.
G.E. Dr.ssa Song Damiani
In loc. Piano Colle in agro di Cerva:
A) Terreno con annesso stabilimento industriale in corso di
realizzazione della sup. ha 4.29.80;
B) Terreno sito in Cerva loc. Piano; loc. Colle Torchia con
annesso magazzino di ca 200 mq e fabbricato di civile abitazione di ca 100 mq ed altro fabbricato di mq. 80 con
capannone di mq 600.
I suestesi immobili vengono posti in vendita in singoli lotti e
precisamente:
1) Palazzina al rustico composta da p. terra e p. primo cui si
accede con scala esterna in c.a., mq 263,12.
Prezzo base Euro 3.515,75.
2) Edificio industriale n.1 e 2 destinato a caseificio, celle
centrale termica ecc., mq 2.356,30.
Prezzo base Euro 56.804,81.
3) Edificio industriale n. 3 destinato alle pecore lattifere, mq
991,90.
Prezzo base Euro 23.899,64.
4) Edificio industriale n.4 destinato al parto, svezzamento,
rimonta ingrasso ed arieti, mq 1972,90.
Prezzo base Euro 47.523,60.
5) Edificio industriale n.5 destinato a fienile, mangimificio,
silos a torre e ricovero macchine, mq 919,60.
Prezzo base Euro 18.712,60.
I lotti sopraindicati sono serviti da: a) Zona destinata a viabilità interna, piazzali e parcheggi auto mq 4.200 complessivi;
b) Zona di verde mq 5.000 complessivi; c) Recinzione esterna ml. 690 complessivi.
6) Porzioni di terreno ricadenti nell’immobile pignorato: I castaneto da frutto, mq 2.390; II - bosco ceduo, mq 2.390;
III - castaneto da frutto, mq 3.300.
Prezzo base Euro 2.441,38.
7) P.lla 107-parte, mq 12.000. Prezzo base Euro 6.324,90.
Offerte minime in aumento in caso di gara Euro 500,00 per
ciascun lotto.
Vendita senza incanto 11.01.2012 ore 10.00 presso il
Tribunale di Catanzaro.
Nella medesima data è fissata l’udienza ex art. 569 cpc in
caso di mancanza di offerte d’acquisto.
Termine presentazione offerte entro le ore 12.00 del giorno
antecedente la vendita presso la Cancelleria del Tribunale di
Catanzaro.
Curatore Avv. Antonio Giglio con studio in via Fiume Mesina
n. 30.
Maggiori informazioni in Cancelleria,
sito www.asteannunci.it.
re, unitamente a personaggi
con precedenti penali, un bar
del paese. Gente che è stata attentamente monitorata nell'arco delle settimane successive. Appostamenti e accertamenti anche sui mancati alibi
dei sospettati hanno fatto pervenire le prime conferme. Ma
la prova regina si è avuta
quanto i laboratori della
Scientifica e del Ris di Messina hanno inchiodato Grillo
sulla scena del crimine con
l’esito positivo dell’esame dei
Dna pervenuto nei giorni
scorso. Poi, i consueti tempi
tecnici e, infine, l’arresto del
21enne i cui particolari sono
stati illustrati, unitamente
all’attività investigativa, in
una conferenza stampa alla
presenza del Procuratore capo Mario Spagnuolo, del comandante
provinciale
dell’Arma Daniele Scardec-
chia, di Carrara e Di Pinto. Fino a quel momento il fermato
non aveva ancora reso noti i
nomi dei due complici. Cosa
che è avvenuta nel primo pomeriggio. E così è stato possibile anche chiudere il cerchio
attorno a Zinnà e Todarello.
Per tutti e tre l’accusa è di omicidio aggravato in concorso.
Isabella Raso, tipo taciturno, schivo, viveva da sola e la
notte del 16 luglio era stata
sorpresa in casa dai rapinatori ai quali aveva tentato di opporre resistenza. Per questo
era stata prima legata mani e
piedi e, infine, soffocata con
un panno. La scena del crimine aveva fornito molti elementi agli esperti della Sis dell’Arma, tra cui, come detto, anche
il Dna di uno dei rapinatori
che erano riusciti a portar via
solo qualche centinaio di euro.
Nel corso delle perquisizioni di ieri mattina i carabinieri
hanno sequestrato in casa di
Grillo una pistola a salve e cartucce di fucile, mentre in quella del padre (poi arrestato ma
non collegato al delitto) una
pistola calibro 6.35, munizioni e un coltello.
Cosenza. Per gli abusi su un ragazzo disabile
Condanne pesanti
per il gruppo di “Orchi”
di ANTONIO MORCAVALLO
COSENZA - Dai cinque ai sette
anni di carcere per il gruppo
di “orchi” scoperto dai carabinieri dellastazione diCosenza
Principale lo scorso mese di
aprile e che aveva portato in
cella tredici persone. L’accusa
era di abusi sessuali di particolare efferatezza su un ragazzo con problemi psichici. Il
giudice per le udienze preliminari Salvatore Carpino, chiamato a giudicare nove imputati con la formula del rito abbreviato è andato oltre le condanne a circa 25 anni di reclusione complessivi chiesti dal
pm. Quattro anni erano stati
sollecitati per Giuseppe Santoro, 55 anni, a cui il pm ha
contestato la scarsa collaborazione e pure la particolare violenza di alcune pratiche sadomaso messe in atto nei confronti della vittima, la con-
danna per lui è stata a cinque
anni, un anno di libertà vigilata e l’interdizione perpetua dai
pubblici uffici. Tre anni erano
stati chiesti per Massimo Lo
Monaco, 39 anni, e Ferdinando Mele, 55, cui è contestata
solo la violenza semplice e non
di gruppo. Per entrambi la
condanna è stata di cinque anni, un anno di libertà vigilata e
l’interdizione perpetua dai
pubblici uffici. Così come per il
56enne Aldo De Rose per il
quale Tridico aveva chiesto
quattro anni. Il pubblico ministero aveva inoltre chiesto tre
anni e 4 mesi di carcere per Pasquale Andali, 51, Giuseppe
Pugliese, 49, Antonio Donvito, 35 Cosimo Pastorello, 46,
Vincenzo Gagliano, 59. Donvito, Andali e Gagliano sono
stati invece condannati a sei
anni di reclusione e un anno di
libertà vigilata. Pastorello è
stato condannato acinque an-
ni e quattro mesi, un anno di libertà vigilata e l’interdizione
perpetua dai pubblici uffici.
La pena più alta a Giuseppe
Pugliese, per lui sette anni di
carcere e uno di libertà vigilata. Gli imputati sono stati inoltre condannati al risarcimento danni in favore della vittimacostituitasi partecivile.Le
indagini erano partite dalla
confessione degli abusi subiti
fatta al luogotenente Cosimo
Saponangelo. Abusi consumati su Viale Parco, nei bagni
delle Calabro Lucane, nela casa abbandonata vicino all’Aci,
nella palestra aperta della
scuola di via Milelli, in certi casi anche su materassi abbandonati per la strada, delle attenzioni sessuali degli “Orchi”. Il ragazzo ha descritto ai
carabinieri ogni singolo episodio e ogni singolo luogo. Ha
detto, in sede di denuncia, come ha conosciuto i suoi “Orchi” e come questi alla fine lo
abbiano convinto a intrattenersi con loro sessualmente.
Sarebbe stato cioè costretto a
rapporti anali, orali e sadomaso. Unabuso continuoa cuiha
messo l’indagine dei carabinieri e le condanne.
Il Presidente, il Consiglio Direttivo, il Direttore ed il personale
di Confindustria Cosenza partecipano al dolore per la scomparsa del caro
ETTORE LOIZZO
collega stimato che ha ricoperto
a lungo incarichi di prestigio e di
responsabilità in seno al sistema confindustriale
Cosenza, 1 dicembre 2011
di NICOLA COSTANZO
LIMBADI - Quando ha visto l’ufficiale giudiziario,
giunto per dare esecuzione ad un’ordinanza di
sfratto, si è chiusa all’interno della sua pizzeria e,
cospargendosi di benzina, si è attaccata ad una
bombola del gas minacciando di farsi saltare in
aria. Il fatto è successo
nella piccola Badia di Limbadi, comune a ridosso
della fascia costiera del
Vibonese. Protagonista
della drammatica protesta la titolare del locale,
l’Arcobaleno, la signora
Francesca Taverniti (46
anni) per la quale il provvedimento del Tribunale
di Tropea «è ingiusto». La
sua vicenda è raccontata
dal suo legale di fiducia,
l’avvocato Giacomo Saccomanno: «La signora Taverniti, unitamente alla
propria famiglia gestisce,
questo ristorante – pizzeria da oltre 25 anni. Con
tale attività vivono dignitosamente tre nuclei familiari. La proprietaria
dell’immobile, M.M., aveva intimato un ulteriore
sfratto per presunta morosità, pur essendo a sua
conoscenza che gli importi dei canoni venivano depositati presso la Banca di
San Calogero. All’udienza
del 22 marzo scorso, il
procuratore della proprietaria dell’immobile
ha dichiarato la persistenza della morosità, pur
avendo la mia assistita ribadito il deposito bancario, indicando il numero
dei libretti e gli importi
versati. Su tale falso presupposto veniva chiesta
la convalida dello sfratto». Solo quando, ben cinque ore dopo l’inizio della
protesta, ha ricevuto assicurazione sulla sospensione del provvedimento
la donna si è arresa consentendo l’intervento dei
vigili del fuoco. La stessa è
stata soccorsa dagli operatori del 118 che l’hanno
portata all’ospedale di Vibo.
Chiara ed Ernesto d’Ippolito
piangono l’immatura scomparsa dell’Amico fraterno
Ing. Ettore Loizzo
e si stringono nel comune
dolore a Virginia, Gianni,
Fiorella, ed Ettore Jr, e alla
famiglia tutta.
Cosenza, 1 dicembre 2011
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14
Calabria 15
Pietro Spadafora, solo da 20 giorni, dopo altre minacce, era stato trasferito da Gioia Tauro
Bomba a casa di un poliziotto
Intimidazione con il tritolo al sostituto commissario di Taurianova
di MICHELE ALBANESE
GIOIA TAURO – Un boato
cupo nella notte. Schegge
impazzite, il portone che
salta , vetri di auto e di finestre in frantumi. Poi il silenzio rotto solo dalle sirene della Polizia. Il messaggio della ‘ndrangheta al sostituto commissario Pietro
Spadafora, da circa 20
giorni in servizio presso il
Commissariato di Taurianova, è arrivato con una
buona dose di tritolo, ieri
notte in via Leonardo da
Vinci a Gioia Tauro. E
quando accadono cose del
genere si ha quasi una sorta di certezza che non si
mettono in atto quantomeno senza l’avallo di gente
che conta. Non ci si avventura a compiere gesti del
genere senza che chi comanda non ne sia quantomeno a conoscenza. Perché
Gioia Tauro non è una città
normale. No! Qui, da sempre, vigono regole precise e
ferree all’interno dei gruppi criminali. Per questa ragione quanto accaduto viene ritenuto un fatto grave.
L’ordigno, potente ha provocato danni ingenti, ha divelto il portone e gli infissi
di alcune finestre e danneggiato le auto che si trovavano nelle vicinanze. E’
stato lo stesso poliziotto,
prima in servizio al Commissariato di Gioia Tauro
ad avvisare i colleghi che
sono corsi subito presso la
sua abitazione, vedendo direttamente lo squarcio terrificante che la bomba ha
provocato, ma anche i volti
tirati e carichi di paura dei
residenti . Spadafora nei
mesi scorsi era stato minacciato più volte. Qualche
settimana fa alcune scritte
ingiuriose ed intimidatorie erano comparse lungo
la Statale che collega Rosarno a Gioia Tauro e prima ancora nei pressi del
lungomare gioiese. Fatti
questi che avevano provocato la decisione dei suoi
superiori di trasferirlo per
precauzione da Gioia Tauro a Taurianova. Di quanto
avvenuto sono stati informati subito sia il Procuratore di Palmi Giuseppe
Creazzo che ha definito
quanto accaduto come un
«fatto gravissimo» che il
Questore di Reggio Calabria Carmelo Casabona che
ieri mattina si è subito recato a Gioia Tauro ed ha presieduto una riunione alla
quale hanno partecipato i
dirigenti dei due commissariati della Piana i ViceQuestori Francesco Rattà e
Andrea Ludovico. Il Questore ha imposto indagini
serrate che vengono seguite passo passo dalla Procura di Palmi .
Arruolatosi giovanissimo in Polizia Spadafora
vanta un’esperienza pluridecennale e da quando è arrivato nella Piana ha partecipato a tutte le più delicate
indagini condotte contro la
criminalità organizzata
del territorio non solo recenti: dall’operazione Tirreno che a metà degli anni
90 portò in carcere numerosi esponenti delle cosche
della Piana, a quella sulla
centrale Enel di Gioia Tauro e per ultime alle operazioni Cent’anni di Storia, ai
fatti di Rosarno del gennaio del 2010, all’operazione All Inside di Rosarno.
Un funzionario che conosce perfettamente il territorio e che ha contribuito
senza alcun risparmio di
tempo e di energia ad assestare colpi ingenti alle
‘ndrine nel triangolo Gioia
Tauro, Rizziconi, Rosarno.
Immediate le reazioni di
solidarietà al poliziotto.
Tanti i colleghi che si sono
recati a casa e tante le telefonate che lo hanno raggiunto. «Piena ed incondizionata solidarietà» gli ha
espresso il Sindaco Renato
Bellofiore e l'Amministrazione Comunale di Gioia.
«Un fatto gravissimo, scellerato, che condanniamo
senza appello - lo ha definito Bellofiore - con riferimento al quale auspichiamo che venga al più presto
fatta chiarezza». Per il sindaco: «sii tratta di un gesto
che ha colpito al cuore tutte
le istituzioni e la società ci-
vile di Gioia Tauro». Vicinanza alal Polizia e a Spadafora è arrivata dal consigliere regionale dell’Italia
dei Valori, Giuseppe Giordano, ma anche dalla Cgil
di Gioia Tauro.«La straordinaria azione della magistratura, che ieri, ha portato all’arresto di figure “eccellenti” riuscendo a colpire, la scellerata commistione fra la pessima politica e
gli interessi della criminalità organizzata, non è
,purtroppo, servita a dissuadere coloro - ha detto il
segretario della Cgil di
Gioia Tauro Calogero - che
hanno attentato alla vita di
un esponente delle forze di
polizia da sempre impegnato contro il crimine».
In Appello
Abusò
della figlia
Condannato
docente
di TIZIANA ACETO
L’abitazione del sostituto commissario con il portone divelto
COSENZA – Abusò della figlia minorenne dal 2002 al
2005, nel processo di primo grado fu condannato a
8 anni e mezzo, ieri la pena
è stata confermata dalla
Corte di Appello di Reggio
Calabria. Il docente Unical
C. P., le sue iniziali, è stato
ritenuto colpevole anche
nel giudizio di secondo
grado.
Dinanzi ai giudici della
Corte di Appello di Reggio
Calabria (Pratticò presidente) la difesa ha insistito
sull’innocenza del docente, chiedendo la sua assoluzione. Di diverso avviso il
pg Riva, che ha appunto
chiesto la conferma della
sentenza di primo grado,
che era stata emessa sempre a Reggio dal tribunale,
prima sezione penale, presieduto dal giudice Grasso. Richiesta alla quale si è
associata la parte civile,
rappresentata dall’avvocato Gianluca Bilotta, del
foro di Cosenza. I fatti contestati vanno dal 2002 al
2005. Gli abusi si sarebbero consumati tra Reggio
Calabria e Rende, dove la
giovane vittima (ora quindicenne) abita. Il tutto sarebbe avvenuto in assenza
della moglie, dal quale P. C.
era separato. La piccola sarebbe stata spogliata, baciata e accarezzata insistentemente. Attenzioni
tutt’altro che paterne. L’interavicenda èvenuta agalla nel 2005, la stessa vittima ha raccontato gli abusi
subiti alla madre. Lo ha fatto dopo aver visto in televisione papa Giovanni Paolo
II parlare deibambini vittima degli abusi. Seguì, era
il maggio del 2005, l’arresto del genitore. I carabinieri di Rende andarono a
prendere P. C. direttamente in un’aula dell’Università della Calabria, dove stava tenendo una lezione. I
militari, inborghese, siavvicinarono e, con discrezione, gli chiesero di seguirli.Il primofascicolofu
aperto dalla procura di Cosenza, nella persona del
pm Roberta Conforti (ora
in servizio a Roma), che
trasferì per competenza
gli atti alla procura di Reggio Calabria, città dove si
era verificato il primo degli
abusi sessuali. Nel corso
delle indagini si è svolto,
come di prassi, l’incidente
probatorio, con la piccola
vittima che ha ripercorso
tutti gli abusi, indicando
come responsabile il genitore. Mentre gli avvocati
difensori hanno fatto deporre diversi esperti di
neuropsichiatria infantile, che hanno cercato di far
valere la tesi che la bimba
non era credibile. «Piena
soddisfazione - ha dichiarato l’avvocato di parte civile Gianluca Bilotta - anche se nessuno potrà ripagare la giovane vittima di
quello che ha subito. Questa però rappresenta una
giusta pena per il reato
commesso».
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24ore
Venerdì 2 dicembre 2011
24 ore
Venerdì 2 dicembre 2011
Si cerca di scongiurare il rischio di scarcerazioni. Mantovano al ministro: «Il giudice resti lo stesso»
Lea, il processo riparte da zero
Il nuovo presidente della Corte d’Assise di Milano fissa un calendario serrato
di ANTONIO ANASTASI
PETILIA POLICASTRO - Il
processo sull'omicidio di
Lea Garofalo, la testimone
di giustizia di Petilia Policastro scomparsa nel nulla
nel novembre 2009 e forse
sciolta nell'acido, deve ripartire da zero. Lo ha deciso la prima Corte d'assise di
Milano, presieduta da Anna Introini, il magistrato
che ha sostituito Filippo
Grisolia, diventato capo di
gabinetto al ministero della Giustizia. E' stata accolta, dopo una breve camera
di consiglio, la richiesta
delle difese che si erano opposte al mantenimento delle prove raccolte finora nel
corso del dibattimento,
compresa la testimonianza
della figlia di Lea, Denise,
ma, come ha precisato l'avvocato Pietro Pitari, hanno
comunque «prestato il consenso all'acquisizione di
una serie di atti». Procura e
parti civili hanno poi chiesto un serrato calendario di
udienze che è stato concordato con le difese fino al
prossimo marzo. In particolare, la testimonianza di
Denise, la figlia che la testimone di giustizia uccisa ha
avuto con Carlo Cosco, imputato dell'omicidio della
donna, e che vive da tempo
sotto tutela, era stata molto
coraggiosa. La giovane è
parte civile contro i sei imputati tra i quali, oltre al padre, anche il suo ex fidanzato. Il rischio che si tenta di
scongiurare è quello della
scarcerazione di imputati
di un delitto efferato. Il
prossimo luglio, infatti,
scadono i termini di custodia cautelare e, se non dovesse intervenire la sentenza di primo grado entro
quella data, i sei sotto accusa potrebbero tornare in libertà. Denise dovrà pertanto essere riascoltata durante una delle prossime
udienze, così come gli altri
testimoni che hanno già deposto, tra cui il pentito di
Cutro Salvatore Cortese.
Sulla vicenda hanno rivolto un appello al ministro
della Giustizia, Paola Severino, affinchè il suo nuovo
capo di gabinetto possa
completare il processo in
corso a Milano, Alfredo
Mantovano e Guido Crosetto (Pdl). «E' nella prassi - sostengono i due deputati che in casi del genere vi siano effetti negativi sui giudizi in corso che segue chi è
chiamato a svolgere il nuovo incarico. Ma è nella me-
La testimone di giustizia Lea Garofalo
desima prassi, raccomandata dal Csm e dall'Anm,
che chi cambia funzione
salva le pendenze più importanti, per evitare rischi
(sussistenti nel caso specifico) di liberazione per decorrenza termini degli imputati, e comunque gravi
disagi per i testimoni». In
questa vicenda, proseguo-
no, «ciò non è accaduto.
Ben consapevoli della sensibilità della professoressa
Severino, le rivolgiamo un
appello, anche alla stregua
della esperienza istituzionale da ciascuno di noi svolta fino a qualche giorno fa,
perchè questi rischi e questi disagi, che potrebbero
essere irreparabili, siano
scongiurati; perchè, quindi, disponga che la completa assunzione del nuovo incarico da parte del dottor
Grisolia gli permetta di
completare almeno il processo in questione».
E' appena il caso di ricordare che Mantovano, ex
sottosegretario agli Interni, presiedeva la Commissione centrale che si occupava del programma di
protezione da cui la Garfoalo era fuoriuscita quando
fu attirata in una trappola.
Undici giorni prima di
scomparire nel nulla, alla
35enne fu revocato il programma. La richiesta di rinuncia alla tutela la Garofalo la fece il 9 aprile 2009,
vale a dire meno di un mese
prima di un tentativo di rapimento avvenuto a Campobasso e risalente, in particolare, al 5 maggio. Il programma di protezione era
stato revocato dopo la sentenza del Tar del Lazio del 6
febbraio 2006 perché le dichiarazioni della Garofalo
non avevano trovato riscontri. Ma il Consiglio di
Stato, il 15 luglio 2008, dispose il reintegro nel programma di protezione al
quale però successivamente la Garofalo rinunciò.
L’INCHIESTA
Patenti facili, revocati
i domiciliari di De Salvo
CATANZARO – Revoca
della misura cautelare degli arresti domiciliari per
Gaetano De Salvo e revoca
dell'obbligo di dimora per
tre delle persone coinvolte
nell'inchiesta della Procura di Lamezia Terme
“Isola felice”. Sono stati i
giudici del Tribunale del
riesame di Catanzaro a revocare alcune delle misure con le quali il 10 novembre scorso era stata fatta
luce su una presunta associazione che avrebbe
operato per il rilascio di
«patenti facili».
I giudici del riesame,
quindi, hanno rimesso in
libertà De Salvo (l'uomo è
difeso dagli avvocati
Gianni Russano e Francesco Pullano) e per il quale è
stata disposta la sola interdizione temporanea, e
precisamente per 2 mesi,
dall’esercizio di un pubblico ufficio, non ravvisando
a suo carico i gravi indizi
di colpevolezza per l’associazione a delinquere.
Revocata anche la misura dell'obbligo di dimora a carico di Andrea Cristini, Andrea Scalzo e Nicola Sola (difesi dagli avvocati Gregorio Viscomi).
Dovrebbe conoscersi oggi, invece, la decisione
sulle posizioni delle altre
persone finite ai domiciliari: Vincenzo De Sensi,
titolare di una scuola guida di Lamezia Terme, e
Achille Amendola, suo
collaboratore (difesi dall'avvocato Giuseppe Spinelli); Sebastiano Fruci,
titolare di una scuola guida a Curinga (difeso da
Massimo Carnovale); Luigi Zullo di Catanzaro (difeso dall'avvocato Piero
Mancuso) e per Francesco
Laudadio (difeso dall'avvocato Piero Chiodo) sottoposte all'obbligo di dimora.
b.a.
L’incidente probatorio davanti al gip di Catanzaro, Assunta Maiore, è slittato al 19
Bombe a Reggio, i dubbi dei periti
Accertata la parziale compatibilità del motorino di Cortese, ma non della tuta
di STEFANIA PAPALEO
CATANZARO - Nessuna impronta sul bazooka. Nessuna
traccia biologica riferibile
con certezza ad Antonio Cortese. Adesso, neanche la possibilità di comparare la tuta,
che gli era stata sequestrata,
nell'immediatezza dei fatti, a
casa, con quella, che indossava l'uomo, immortalato dalle
telecamere inazione durante
l'attentato ai magistrati reggini.
Stando alle conclusioni
tratte dal perito Michele Mininni e depositate ieri nell'aula dell'Ufficio gip-gup di
Catanzaro, in occasione dell'incidente probatorio che,
fissato per ieri mattina, è stato rinviato dal gip, Assunta
Maiore, al prossimo 19 dicembre, pare, infatti, che l'unica compatibilità, peraltro
parziale, già accertata è stata
Il filmato del posizionamento delle bomba
quella di alcune parti meccaniche del motorino in uso al
presunto esecutore materiale dell'attentato dinamitardo
ai danni della sede della Procura generale della Corte
d'appello reggina, del 2 gennaio 2010, con quello ripreso
dalle telecamere analizzate.
In maniera approfondita, in
ogni caso, se ne parlerà alla
prossima udienza, ripercorrendo le fasi convulse di quell'attentato, che aveva visto
due persone giungere davanti alla sede degli uffici a
bordo di un motorino e lasciare un pacco che esplose poco
dopo.
Per mano di Antonio Corte-
se, ritenuto l'armiere della Lo
Giudice, e Vincenzo Puntorieri, conclusero il successivo 30 settembre 2010 il procuratore della Repubblica di
Catanzaro, Vincenzo Antonio Lombardo, e il sostituto,
Salvatore Curcio, che spedirono i carabinieri di Reggio
Calabria a notificargli un avviso di garanzia emesso nell'ambito dell'indagine “Epilogo”, sfociata ad aprile di
quest'anno negli arresti dei
presunti affiliati alla cosca
Serraino in seguito alle dichiarazioni rese dal boss Antonino Lo Giudice, che, nell'autoaccusarsi di avere dato
il via alla strategia del terrore
in riva allo Stretto, per mandare dei messaggi ben precisi
e forti ad ambienti istituzionali che avrebbero tradito il
fratello Luciano, detenuto
dall'ottobre 2009, tirò in ballo lo stesso Luciano, oltre a
Cortese e Puntorieri, anche
per gli attentati compiuti
contro l'abitazionedel procuratore generale, Salvatore Di
Ladro, e le intimidazioni al
procuratore della Repubblica, Giuseppe Pignatone.
Il resto nelle carte dei magistrati del capoluogo, chiamati a portare al traguardo l'inchiesta, che vede impegnata
nel collegio della difesa gli
avvocati Aldo Casalinuovo,
Giuseppe Nardo e Domenico
Neto, e che ancora appare costellata da troppi punti interrogativi, come quello relativo alla voce dell'uomo che, da
una cabina telefonica situata
in via Cardinale Portanova,
avrebbe avvertito gli investigatori del bazooka nei pressi
del Cedir. Voce che potrebbe
non essere stata identificata
in quella di Cortese. Anche su
questo, in ogni caso, saranno
le perizie a fare chiarezza.
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16 Calabria
24 ore
Venerdì 2 dicembre 2011
Il Pg chiede l’acquisizione della sentenza della Cassazione sull’associazione per delinquere
Why not, comincia l’appello
Per Loiero e Chiaravalloti contestato il reato di abuso di ufficio
di PAOLO OROFINO
Il pg Massimo Lia
CATANZARO - Comincia il processo
d'Appello per gli imputati dell'inchiesta Why Not, giudicati in primo
grado con rito abbreviato, con sentenza emessa dal gup Abgail Mellace.
Gli imputati su cui si dovrà pronunciare la Corte d'Appello di Catanzaro sono in tutto dodici. Su tutti l'indagato chiave del caso giudiziario,
Antonio Saladino, assolto dall'accusa di associazione per delinquere e
condannato per reati minori. Come
primo atto del processo di secondo
grado la procura generale, rappresentata dai pm Massimo Lia ed Eugenio Facciolla, ieri ha chiesto l'acquisizione della sentenza della Cassazione, relativa ad alcuni proscioglimenti dal reato associativo e non direttamente collegata a questo pro-
cesso d'Appello, ma che sicuramente
avrà un peso nella prosecuzione del
dibattimento. I giudici, infatti, hanno accolto la richiesta della procura
generale accogliendo nel fascicolo
processuale le motivazioni della suddetta sentenza, con cui la Corte di
Cassazione, ha annullato una parte
sostanziale del verdetto pronunciato
dal gup Mellace. Quella parte dedicata alla negazione dell'esistenza del
reato associativo contestato agli imputati Nicola Adamo, Franco Morelli, Ennio Morrone, Dioniso Gallo,
Giancarlo Franzè e Aldo Curto, prosciolti dal reato di associazione per
delinquere al termine dell'udienza
preliminare. I sostituti pg Lia e Facciolla non avendo condiviso tale decisone del gup, ritenendo sussistente
l'associazione per delinquere, hanno presentato ricorso ai supremi
giudici. Ricorso totalmente accolto
dalla Cassazione, che ha demolito alla radice l'impianto con cui il gup
aveva motivato la cancellazione del
reato associativo, sostenendo che,
invece, che vi siano gli estremi per
contestarlo. Secondo la pubblica accusa gli effetti della sentenza della
Cassazione vanno estesi anche a quei
imputati che hanno scelto di essere
processati con rito abbreviato e che
sono assolti dal reato associativo con
la stessa motivazione. Fra questi abbiamo Saladino e Giuseppe Lillo, che,
come Franzè, hanno fatto parte del
consorzio di società Brutium finito
nell'indagine che nel 2006 fu avviata
dall'allora pm di Catanzaro Luigi de
Magistris. La procura generale ieri
ha chiesto di riformulare la sentenza
di assoluzione emessa nei confronti
dei sue ex governatori calabresi Giuseppe Chiaravalloti e Agazio Loiero e
quindi di affermare la loro penale re-
sponsabilità in ordine all'ipotisi di
abuso d'ufficio. Gli altri imputati del
processo d'Appello, la cui posizione
verrà trattata dai pm nella prossima
udienza, che si terrà il 22 dicembre,
sono Enza Bruno Bossio, Pietro Macrì, Gianfranco Luzzo, Nicola Durante, Giuseppe Fragomeni, Tomaso Loiero, Franco Nicola Cumino e
Pasquale Anastasi . Si ricorda, che il
processo abbreviato si era concluso il
2 marzo del 2010 con otto condanne e
trentaquattro assoluzioni. Infine, va
registrata la richiesta dell'avvocato
Francesco Gambardella, legale di
Saladino il quale proprio all'inizio
dell'udienza, ha chiesto al collegio
giudicante di acquisire presso la
procura ordinaria informazioni circa l'attuale posizione della superteste di Why Not, Caterina Merante,
bersagliata dal gup Mellace nelle
motivazioni della sua sentenza.
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20 Calabria
In entrambi i processi l’assoluzione di Franco Perna. Iniziate le discussioni dei legali
Missing, si riapre l’istruttoria
Accolta la richiesta dell’avvocato Santo. Acquisite le sentenze Chiappetta e Ciack
di ANTONIO MORCAVALLO
La voce non è la sua
La protesta
AL PROCESSO Missing
viene riaperta l’istruttoria
dibattimentale. Lo ha deciso la Corte di Appello di Catanzaro che ha accolto la richiesta avanzato dall’ avvocato Concetta Santo. Il legale che difende Franco
Perna, nel procedimento
sugli omicidi di mafia nel
Cosentino tra la fine degli
anni Settanta e Novanta,
ha infatti avanzato la richiesta di acquisizione la
sentenza relativa al processo sull’omicidio Chiappetta
e quella dell’operazione antiestorsioni “Ciack”.
La richiesta di Concetta
Santo è stata accolta e la documentazione è stata acquisita. Si tratta di un passaggio importante, in
quanto, dalle due sentenze
Franco Perna era uscito assolto dall’accusa di essere
stato il mandante del delitto e di una serie di estorsioni. Ieri intanto sono iniziate le discussioni dei primi
legali dei 47 imputati. Si
andrà avanti fino a gennaio, mentre la sentenza
potrebbe arrivare a fine
febbraio.
In primo grado il processo si concluse il 17 maggio
2010 con quattro condanne
all’ergastolo e
altre 32 condanne comprese tra
i 12 e i 29 anni di
reclusione e 11
assoluzioni. Il
sostituto procuratore generale
Eugenio Facciolla nell’ultima seduta aveva
presentato pesanti richieste di condanna, con conferme e aumenti di pena.
Facciolla ha chiesto il non
luogo a procedere nei confronti di Osvaldo Bonata e
Michele Bruni per morte
sopravvenuta.
Chieste, invece, le conferme dell’ergastolo per Romeo Calvano, Gianfranco
Usura
assolto
Zomparelli
I lavoratori
occupano
la clinica
IL TRIBUNALE di Cosenza in composizione collegiale (presidente Garofalo,
a latere Ferrucci e Pingitore) ha assolto per non aver
commesso il fatto Maurizio Zomparelli, difeso dall'avvocato CristianCristiano, dal reato dì usura che,
secondo l'originaria ricostruzione della Procura,
l'imputato aveva commesso, in concorso con altre
due persone, ai danni di
una donna, vicenda per la
quale l'uomo è stato detenuto in carcere per quasi
due mesi. Il Tribunale ha
accolto integralmente le richieste dell'avvocato che
ha sostenuto l'assoluta
estraneità ai fatti dell'imputato in favore del quale
erano venuti meno, già nel
corso delle indagini, i gravi indizi di colpevolezza per
come cristallizzato nell'ordinanza con lo quale lo
stesso Tribunale nello
scorso mese di dicembre
aveva disposto l'immediata scarcerazione di Zomparelli. Quest'ultimo era stato arrestato a seguito di alcune intercettazioni telefoniche. Ieri, al termine di
una lunga istruttoria durata quasi un anno, il Tribunale di Cosenza anche in
ragione della perizia redatta dal professor Romito,
perito nominato dal Gip in
sede di incidente probatorio, che aveva affermato lo
totale difformità tra la voce
dell'imputato e lo voce della persona che aveva effettuato le suddette telefonate dal contenuto illecito, ha
escluso ogni responsabilità a carico di Zomparelli.
I LAVORATORI della Casa di Cura Madonna della
Catena hanno occupato
la clinica. Il presidio si
svolgerà in maniera assolutamente civile e silenziosa dalle 19 alle 7
nelle palestre, che è il luogo più lontano dai piani
di degenza, e sarà effettuato dai lavoratori che
non prestano servizio in
quelle ore, per garantire
ai pazienti, come sempre,
l'assistenza e la riabilitazione. «Dopo cinque mesi
di amministrazione controllata - dicono i dipendenti -, a causa del disastro causato dalla precedente amministrazione,
centottanta lavoratori
sono arrivati ad avanzare
sette mensilità. Eppure la
cosa che di più affligge i
lavoratori è il loro futuro,
lo spettro di rimanere
senza un lavoro, cosa che
fino a qualche tempo fa
era inimmaginabile considerando l'alto livello di
qualità che la struttura
forniva all'utenza della
regione e non solo. Questa clinica deve continuare a vivere perché una regione come la nostra non
può permettersi di far
morire servizi sanitari
fondamentali a gente
che, sfortunatamente, si
trova in condizioni di disabilità. Noi chiediamo
alla regione di intervenire sulla questione affinché si arrivi ad una soluzione condivisa per il rilancio di Madonna della
Catena. Il presidio andrà
avanti fino a quando non
avremo risposte».
Il procuratore Eugenio Facciolla e Franco Perna
Ruà, Pasquale Pranno e
Franco Perna.
Facciolla ha poi chiesto
l’ergastolo per Giancarlo
Anselmo (in primo grado
condannato a 25 anni per
gli omicidi del piccolo Pasqualino Perri e di Carmine
Luce), Lorenzo Brescia (in
primo
grado
condannato a
27 anni per tre
omicidi), Santo
Carelli,
per
Franco
Muto
(che in primo
grado era stato
assolto), Edgardo Greco (a 25
anni per il duplice omicidio
Bartolomeo) e
Giuseppe Ruffolo (era stato
condannato a 29 anni per
quattro omicidi). Le altre
richieste avanzate dall’accusa sono per Domenico
“Micuzzu” Cicero 30 anni;
per Mario Baratta 30 anni
di reclusione; per Gianfranco Bruni 30 anni; per
Pasquale Bruni 30 anni;
per Enzo Castiglia 30 anni;
Finiscono
alla Corte
d’appello
i due verdetti
per Giulio Castiglia 30 anni, per Silvio Chiodo 30 anni; per Salvatore D’Andrea
30 anni; per Giuseppe Iirillo 30 anni, per Rinaldo
Mannarino 30 anni; per
Mario Musacco 30 anni,
per Sergio Prezio 30 anni;
per Fioravante Abbruzzese
30 anni, per Giovanni Abbruzzese 30 anni. Conferme di condanna per l’ex
boss dagli occhi
di
ghiaccio
Franco Pino (14
anni e 6 mesi).
Conferme di
pena anche per i
collaboratori di
giustizia: Aldo
Acri 15 anni e mezzo, Umile Arturi 14 anni; Nicola
Belmonte 12 anni e mezzo;
Pierluigi Berardi 12 anni;
Vincenzo Dedato 12 anni;
Franco Garofalo 14 anni e
mezzo; Dario Notargiacomo 12 anni; Giuliano Serpa
13 anni; Francesco Tedesco 13 anni e mezzo; Ferdinando, Francesco Saverio e
Giuseppe Vitelli, 12 anni e
mezzo, 19 e 18 anni e mezzo. Conferma della sentenza di primo grado e rinuncia all’Appello per Paolo
Carbone, Giuseppe Cosentino, Roberto Nesci ed Ettore Lanzino tutti assolti in
primo grado, e per Antonio
De Rose (condannato in primo grado a 16
anni), Claudio
Gabriele (16 anni), Vincenzo
Bianchino (25
anni), Francesco Pirola (23
anni). Molto folto il collegio difensivo, formato tra gli altri
dagli avvocati Luca Acciardi, Aldo Cribari, Concetta
Santo, Marcello Manna,
Nicola Rendace, Filippo
Cinnante, Cesare Badolato, Paolo Pisani, Ninì Feraco, Piergiuseppe Cutrì, Rosario Maletta, Linda Boscaglia, Rossana Cribari, Massimo Picciotto, Ernesto
Gallo.
Pesanti
le richieste
di condanna
di Facciolla
Rappresentato dall’avvocato Gullo
Ieri l’udienza preliminare
Decesso a Urologia
Ospedale citato
responsabile civile
Morì in corsia
Moglie e figli
parte civile
DURANTE l’udienza preliminare per il decesso di un uomo nel reparto di Urologia c’è stata la
costituzione del responsabile civile. L’Azienda
ospedaliera di Cosenza è stata citata come responsabile civile e verrà rappresentata dall’avvocato Luigi Gullo. Il gup del tribunale di Cosenza, Enrico Di Dedda, aveva accolto la richiesta che era stata avanzata dagli avvocati di parte civile, Pierluca Bonofiglio e Massimiliano
Lata, che rappresentano la figlia e il genero della vittima. Quest’ultima risponde al nome di
Ugo Pagliaro,il decessorisale all’11 novembre
del 2009. Le indagini eranostate aperte dal pm
Tridico a seguito della denuncia presentata dai
familiari in Questura poche ore dopo il decesso. Nel loro esposto ricordarono che Ugo Pagliaro era stato ricoverato al reparto di Urologia alle 7 dell’11 novembre del 2009 per un intervento programmato alla prostata. L’operazione iniziò alle 14 di due giorni dopo, ossia il 9
novembre, e terminò intorno alle 20. Le condizioni dopo breve tempo peggiorarono: «Alle
21.15 - dichiarò il genero in fase di denuncia ho notato che mio suocero aveva problemi respiratori. Nello stesso frangente ho notato che
da uno dei drenaggi perdeva del sangue. Le
sacche si riempivano velocemente e ho notato
che pian piano perdeva conoscenza». Seguì la
morte. Per questa vicenda la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio dei dottori Francesco
Ventura, Gaetano Rende, Giuseppe Mele e Rosario Mazza, difesi dagli avvocati De Pascale,
Bozzi, Feraco e Lucanto. L’udienza è stata rinviata per legittimo impedimento di uno degli
avvocati difensori. Si tornerà in aula il 22 febbraio 2012.
UDIENZA preliminare dinanzi al gup Enrico
Di Dedda, del tribunale di Cosenza, a carico di
due medici a loro tempo in servizio presso il reparto di Chirurgia Vascolare ed Endovascolare dell’ospedale civile dell’Annunziata chiamati in causa per la morte di un paziente, Damiano
Spadafora di Mendicino, risalente al 28 novembre del 2010. Ieri si sono costituiti parte civile la
moglie e i tre figli di Spadafora rappresentati
dagli avvocati Pierluca Bonofiglio, Brunella
Bonofiglio e Massimiliano Lata, gli stessi hanno richiestola costituzione delresponsabile civile nell’Azienda ospedaliera di Cosenza.
Per i due sanitari, Francesco Intrieri e Salvatore Tarsitano, rispettivamente difesi dagli avvocati Cataldo Intrieri e Salvatore Scarpelli, il
pm Paola Izzo, della Procura di Cosenza, aveva
sollecitato, a seguito della chiusura delle indagini preliminari, il rinvio a giudizio. Furono i
familiari di Spadafora, tramite gli avvocati
Pierluca Bonofiglio e Massimiliano Lata, del
foro di Cosenza, a presentare la relativa denuncia all'autorità giudiziaria, che aprì un fascicolo. Spadafora era stato ricoverato il 23 novembre dello scorso anno in quanto lamentava forti
dolori alla gamba destra. Fu per questo sottoposto ad un intervento tramite una sonda che,
inserita nel braccio sinistro, fu fatta giungere
alla gamba in questione per rimuovere due occlusioni, una all'aorta e l'altra al polpaccio.
Qualcosa andò però storto e Spadafora perse la
vita.Il pazienteera compagnodistanza diGiulio Filice, 57 anni di Scigliano, che aveva perso
la vita tre giorni prima. Anche su questo caso è
stata aperta un'inchiesta. L’udienza è stata aggiornata al 14 marzo 2012.
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Free Village. Si torna in aula il prossimo 19 gennaio per le ultime arringhe e la sentenza del gup
Chiesti 19 anni per Mongiardo
La requisitoria del pm, Vincenzo Capomolla, per l’estorsione al villaggio
di BRUNETTO APICELLA
IL SOSTITUTO procuratore della Dda, Vincenzo
Capomolla, nel processo Free Village, non fa
sconti e nella sua requisitoria davanti al gup,
Antonio Rizzuti, chiede condanne pesanti per i
presunti autori delle estorsioni perpetrate, nel
corso degli anni, nel residence turistico di Sant'Andrea sullo Jonio. Estorsioni aggravate dalla
modalità mafiose è l'accusa principale rivolta
agli indagati del procedimento che sfociò nel
blitz del settembre del 2010 degli uomini della
Squadra Mobile.
Le richieste del pm. È stato il pm della Dda,
Vincenzo Capomolla, a ricostruire nel corso della sua requisitoria, il meccanismo che avrebbe
operato nel corso degli anni all'interno della
struttura turistica. Un meccanismo nel quale, il
pm, ha inquadrato le singole posizioni degli indagati e che nello stesso tempo lo hanno portato
a chiedere al gup di condannare i presunti autori
delle estorsione. Il pm ha chiesto, per gli imputati che hanno scelto il rito abbreviato, rispettivamente la condanna a 19 anni di reclusione per
Mario Mongiardo; a 14 anni di reclusione per
Francesco Corapi;a 5anni mesi 1e giorni10 per
Bruno Ranieri (accusato di tentata estorsione); a
6 anni, 2 mesi e 20 giorni per Cosmina Samà; a 8
annidi reclusioneperFrancescoRanieri; a4anni per Luigi Barbieri.
L'udienza, dopo alcune arringhe della difesa,
proseguirà il prossimo 19 gennaio, quando, sa-
rà discussa anche la posizione di Rosa Criniti per
la quale sarà avanzata la richiesta dell'accusa.
Nello stesso tempo, non è da escludere la possibilità che le altre persone coinvolte nella vicenda
tra cui anche, Daniela Lacusta, Elena Mongiardo, Danilo Varano e Roberto Cosentino, decidano di formalizzare richiesta di abbreviato. In caso contrario si proseguirà con la normale udienza preliminare. (Nel collegio difensivo anche gli
avvocati: Francesco Gambardella, Giuseppe Costarella , Francesco Catanzaro, Salvatore Staiano, Natale Ferraiolo, Armodio Migali).
Le accuse. Gli investigatori, avvalendosi di
intercettazioni telefoniche e ambientali, pedinamenti, assieme ad alcune dichiarazioni dei responsabili dell' Iperclub, hanno portato alla luce
il presunto sistema estorsivo articolato su più
fronti e fondato su un sistema di pressioni ambientali che avrebbe portato i dirigenti delle società "Iperclub" e "Fram Group" ad eseguire le richieste del duo Mongiardo - Corapi, accettandone passivamente ogni azione: assunzioni di personale "fortemente consigliate", forniture di
prodotti senza che ve ne fosse l'effettiva necessità e gravi intimidazioni nei confronti di coloro
che avrebbero tentato di verificare la legittimità
di quelle operazioni. Nella seconda fase dell'inchiesta, invece, gli inquirenti avrebbero evidenziato come Mongiaro, avrebbe pressato i vertici
di Iperclub per accaparrarsi, per il 2011, le attività economiche della stessa struttura turistica.
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Soverato
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Claudio Cavaliere replica a Sel: «Reazione scomposta e offensiva. Si guardi la Multiservizi»
Speranza disponibile con il Pd
Il sindaco auspica un confronto con il Partito Democratico sempre più critico
di PASQUALINO RETTURA
«SONO disponibile con il Pd per un ragionamento di qualità». Così il sindaco
Speranza sulla richiesta del partito democratico (come anticipato dal “Quotidiano”) di azzeramento
della Giunta e dei dirigenti
comunali per un deciso cambio di rotta dell’amministrazione comunale. Più dura
era invece è stata la presa di
posizione di Sel, il partito del
sindaco, che ieri non le ha
mandate a dire al Pd. Non è
infatti piaciuta a Sel la dura
analisti del Partito democratico che ormai chiede una
svolta radicale. Una marcia
in più all’amministrazione
comunale, soprattutto dopo le dimissioni dell’assessore alla Cultura, Tano
Grasso. E sono diverse le questioni sulle quali il Pd intender battere i pugni.
In particolare sulla gestione della
Lamezia Multiservizi, così come sui dirigenti comunali per i quali il Pd chiede l’azzeramento, alla luce anche dei
motivi per i quali Grasso si è dimesso,
evidenziando infatti l’inefficienza della macchina comunale. Insomma lo
scontro è vicino e più di qualcuno comincia a fare la conta dei consiglieri.
Su tutti probabilmente il Terzo Polo
che, se compatto, avrebbe la maggioranza in Consiglio e teoricamente potrebbe anche far parte di una eventuale
nuova squadra di governo nel caso in
cui il Pd dovesse decidere per l’appoggio esterno al sindaco. Fantasie? Si vedrà. E sulla presa di posizione di Sel,
Claudio Cavaliere, ex vicesindaco,
tra i partecipanti all'assemblea voluta
dal commissario cittadino Puccio, evidenziando che «l'incontro mi è parso
approfondito, partecipato, competente nell'analisi, e variegato nei contenuti, come siusa in un partitoche discute
e si interroga sulla città», giudico
«scomposta e offensiva per i tanti in-
tervenuti la reazione di Sel». E quanto
alla vicenda della Multiservizi non c’è
chi non veda nell'attuale e ormai antica conduzione un problema anche di
opportunità» Per Cavaliere, «è ormai
consuetudine che quando il presidente si esprime nonsi capisce se
parli nelle vesti di rappresentante di Sel o di presidente di
una società che, è bene ricordare, è patrimonio dell'intera città e non di una forza politica. Personalmente - rimarca - non ho mai nascosto
la mia profonda insoddisfazione per tale gestione che
considero inefficiente e con
tratti fortemente clientelari,
cosa che ho ribadito allo stesso commissario nell'incontro». E che il tema delle lottizzazioni
delle società pubbliche certo travalica i
confini della nostra città. Ciò che appare insopportabile è la dualità di comportamenti e giudizi che si offrono
quando le pratiche lottizzatorie appartengono ad altri schieramenti mentre
si possono considerare normali quando si praticano».
LA PROPOSTA
Intitolare
una strada
in ricordo
di Adele
Bruno
Il Terzo
polo resta
alla finestra
Entrerà
in Giunta?
Il presidente della Lamezia Multiservizi, Fernando Miletta
Fiume Gaccia, ascoltato il consulente della Procura
L'INGEGNERE Nigro davanti al
gip Barbara Borelli e ai difensori
degli indagati dell’inchiesta sui
rifiuti al fiume Gaccia di Pianopoli, ha relazionato ieri sulla perizia
eseguita relativamente ai rifiuti
scoperti negli argini del fiume
Gaccia. L'udienza di ieri pomeriggio sull'incidente probatorio chiesto dal pm Domenico Galletta è
stata poi rinviata al 12 gennaio
quando gli avvocati rivolgeranno
delle domande allo stesso consu-
lente tecnico e quando saranno
sentiti anche i consulenti di parte.
Ma su quanto ha stabilito il consulente della Procura si prevede
battaglia, tant'è che lo stesso Comune di Pianopoli ha denunciato
l'ingegnere Nigro il quale avrebbe
causato rimozioni di rifiuti (utilizzando una ruspa) che avrebbero
causato ulteriori inquinamenti.
Come si ricorda, a luglio del
2010 per questa vicenda l'inchie-
sta della Procura della Repubblica
sfociò in 11 avvisi di garanzia.
Per un un tratto di oltre 4 chilometri del fiume Gaccia, furono
scoperti stratificazioni di spazzatura e rifiuti ferrosi e speciali, tra i
quali anche eternit. Oltre ai “veleni” agli argini del fiume Gaccia, la
Procura ha voluto vederci chiaro
sui lavori di sistemazione e tutela
del fiume Gaccia appaltati dal Comune di Pianopoli.
p.re.
Proseguiranno il prossimo 7 dicembre le arringhe dei legali degli imputati
Rainbow 2, parlano i difensori
HANNO discusso ancora gli avvocati della difesa degli imputati
che hanno scelto il rito abbreviato
al processo Rainbow 2. Ieri davanti al gup Gloria Gori le arringhe difensive degli avvocati Aldo
Ferraro, Michele Amatruda, Pino Spinelli, Eugenio Carnovale e
Rita Cellini, difensore del collaboratore di giustizia Angelo Torcasio che nella precedente udienza è stato ascoltato in videoconferenza dichiarando la sua estraneità alle accuse. Tutti gli avvocati difensori hanno articolato le loro arringhe chiedendo alla fine
l’assoluzione piena per i propri
assistiti. Il prossimo 7 dicembre
sarà la volta degli altri avvocati
prima di eventuali repliche del
pm e quindi, forse, della sentenza.
Sono in tutto 18 gli imputati in
questo secondo troncone dell'inchiesta Rainbow 2, relativamente alla parte che riguarda gli imputati che saranno giudicati dal
gup con il rito abbreviato (per altri 45 imputati il dibattimento davanti al tribunale collegiale è stato fissato per il 22 dicembre prossimo).
Il pm Luigi Maffia ha già richiesto oltre 40 anni di carcere
complessivi: un anno e 9 mesi per
l'imprenditore Roberto Molina-
GIRO DI CRONACA
Ruba la corrente
e viene denunciato
Il tribunale di Lamezia
ro, difeso dall'avvocato Francesco Gambardella, accusato solo
di rivelazione e utilizzazione di
segreti d'ufficio e calunnia.
Per le accuse di concorso in
usura, il pm ha invocato 2 anni e 4
mesi per Angelo Torcasio, detto
“porchetta”, 6 anni per Peppino
Buffone (difeso da Francesco
Gambardella e Tiziana D’Agosto), 8 anni per Vincenzo Lo Scavo, 4 anni per Antonio Lo Scavo,
un anno e 4 mesi per Maria Sesto e
stessa richiesta per Carmela Lo
Scavo.
Mentre per altre accuse (emissione di fatture per operazioni
inesistenti e, per episodi distinti
fra loro, di riciclaggio, ricettazione, favoreggiamento) il pm ha
chiesto 2 anni nei confronti di
Giovanni Aloisio, 9 mesi per Giuseppe Cugnetto Di Cello, Domenico De Marco e Pascucci Natalina,
2 anni e 6 mesi per Eugenio Piccoli ed Elia Procopio, 2 anni per Pietrantonio Sgrò, 9 mesi per Maurizio Vescio, 2 anni e 6 mesi per Angela De Sensi, Domenico Col acino e Bartolomeo Graziano, un anno per Emanuel Muraca e l'assoluzione per Silvana Renne, funzionaria del tribunale di Catanzaro accusata solo di aver rivelato a
Francesco Muraca di essere intercettato.
SI era allacciato abusivamente alla rete
elettrica. Ma, una volta scoperto, è stato
denunciato per furto aggravato. Si tratta del proprietario di un alloggio di via
Marconi, S.P. di 62 anni, di origini campane.
L’abusivo è stato scoperto nell'ambito
di una mitata attività di Polizia Giudiziaria diretta dalla Procura della Repubblica lametina e coordinata dal dirigente
della polizia municipale. Salvatore Zucco. E’ stata infatti la polizia locale di Lamezia a individuare l’allaccio abusivo alla rete elettrica in un manufatto ubicato
in una traversa di via Marconi. L'artificio, emerso a seguito di una perquisizione locale, è stato notato dagli agenti durante l'attività di polizia giudiziaria.
Gli stessi, si sono avvalsi, per gli accertamenti tecnici finalizzati a certificare
l'attività abusiva, dei tecnici dell'Enel intervenuti sul luogo. Per la particolare ingegnosità della manomissione è stato
necessario anche l'intervento della sezione lavori del Comune.
UNA strada da intitolare
ad Adele Bruno, la giovane lametina uccisa dal suo
fidanzato il 30 ottobre
scorso. La richiesta arriva dal consigliere comunale del Pdl, Armando
Chirumbolo, secondo il
quale «ho ritenuto opportuno, quale atto dovuto di
civiltà ad espressione di
una forte condanna, presentare una interrogazione ed una mozione consiliare, dopo essermi, anche
confrontato con il parroco della famiglia Bruno,
don Pietro Folino Gallo,
con la quale chiedo che
venga intesta una strada
ad Adelina Bruno, affinché, oltre a ricordare la figura di una giovane perbene, quello che è accaduto a lei, che potrebbe essere la figlia, la sorella o l'amica di ogni lametino,
funga da monito per le future generazioni, affinché la donna acquisisca,
sempre più, maggiore
consapevolezza dei propri
diritti e soprattutto, non
sia mai più soggetta a tali
inconcepibili violenze».
«Ho apprezzato molto ha aggiunto Chirumoblo la compostezza ed il riserbo con cui i componenti
della famiglia di Adele
hanno affrontato questa
immane tragedia, che è
piombata addosso a tutti
loro come un enorme macigno, senza che nulla potessero fare per evitarla».
In considerazione di
ciò, «rispetto tantissimo
questo momento di grave
turbamento emotivo - rimarcato il consigliere comunale del Pdl - che stanno vivendo le persone più
vicine alla ragazza, e ritengo, comunque, che tale vicenda non possa passare in sordina ed essere
dimenticata dalla comunità, in quanto , senza alcun dubbio, essa rappresenta l'aspetto più degradante in cui versa la condizione della donna, soggetta purtroppo, ancora oggi, ad atti di violenza diretti alla sua sottomissione».
Proprio qualche giorno
fa, ed esattamente il 25
Novembre, ricorda Chirumbolo, «si è celebrata la
giornata internazionale
contro la violenza sulle
donne, ed è scandaloso accorgersi, ancora oggi, come molte donne sono sottoposte quotidianamente
a forme di violenza inaccettabili, delle quali loro
stesse non si rendono conto».
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Lamezia
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Venerdì 2 dicembre 2011
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La Capitaneria rinnovò le autorizzazioni fino al 2012. Elusa la normativa antimafia
Sigilli a un patrimonio da 30 mln
Confiscate due aziende all’imprenditore Arcuri condannato per ’ndrangheta
di ANTONIO ANASTASI
CROTONE - I beni rimanevano sempre nella disponibilità
di un condannato per mafia.
Ma la strategia della dismissione (ce ne occupiamo anche
in altra parte del giornale,
ndr) non è servita all'imprenditore Francesco Arcuri, di 62
anni, a evitare la confisca di
un patrimonio aziendale di oltre 30 milioni. Ovvero due
aziende, quattro terreni, undici fabbricati, sei autovetture, 41 mezzi industriali, dodici rapporti finanziari. Ma
quella strategia fatta di artifizi volti a eludere la normativa
antimafia, in presenza di una
condanna definitiva, e che
puntava al riordino degli assetti societari, è stata messa a
nudo dagli 007 della Dia di Catanzaro.
Nel mirino della Procura
generale, che aveva chiesto il
sequestro preventivo, sono finiti, dunque, l’indagato chiave, la moglie Paola Turtoro e
la ditta individuale Arcuri
Francesco impegnata in attività di recupero e riciclaggio
di rifiuti solidi urbani e industriali, lavori edili, stradali
nonché il capitale sociale e il
compendio aziendale della
Recycling srl, attiva nel campo della raccolta, imballaggio, compattazione, stoccaggio, trasporto di rifiuti, progettazione di discariche, gestione di impianti portuali,
costruzione e vendita di immobili.
Ma andiamo con ordine. I
cambi di società avvengono
subito dopo i guai giudiziari.
Siamo nel 2003. Nel febbraio
scattano gli arresti nell'ambito dell'operazione Obra, che fa
luce sul racket imposto dalla
cosca Giglio di Strongoli alla
centrale a biomasse. Arcuri
viene condannato in via definitiva a treanni di reclusione,
per concorso in tentata estorsione aggravata del metodo
mafioso al responsabile dei lavori per la realizzazione della
Nelle immagini alcuni dei beni confiscati dagli agenti della Dia di Catanzaro
centrale
termoelettrica,
Francesco Cardamone, soltanto nel settembre 2009 (la
sentenza di primo grado, del
luglio 2005, a sua volta fu confermata in Appello nel giugno 2008). Successivamente
allo scaderedella concessione
del servizio di raccolta di rifiuti concesso dalla Capitaneria
di porto, nel dicembre 2004, la
Recycling chiede e ottiene il
rinnovo dell'attività. La concessione è stata peraltro rinnovata dalla Capitaneria per
gli anni dal 2005 al 2012. Arcuri cede l'intero ramo aziendale di autotrasporto di merci
e trasporto di rifiuti speciali e
numerosi mezzi di lavoro. Poco prima della sentenza d'Appello, nell'aprile 2008, Arcuri
trasferisce alla Recycling anche il ramo d'azienda avente
adoggettolo stoccaggio,ilre-
cupero e lo smaltimento di rifiuti. «Ulteriori elementi - è
detto nel provvedimento che
scaturisce da accertamenti
della Dia di Catanzaro - da cui
desumere la riconducibilità
della Recycling
alla disponibilità
del condannato si
ricavano dal confronto dei dati
concernenti
il
flusso reddituale
e il volume di affari». Dagli esami
incrociati è emersoche afrontedi unsignificativo decremento del fatturato
della ditta Arcuri dopo la cessione, si registra, invece, un
incremento diquello dellaRecycling. Da accertamenti
bancari e presso l'Agenzia
delle entrate sono venuti fuori elementi sospetti come «il
prezzo irrisorio» della cessione dei rami d'azienda, la tempistica del trasferimento, la
giovane età dei soci Pietro,
Giovanni e Fabio Arcuri, poco
più che trentenni, i redditi
«appena
sufficienti per vivere e
del tutto inidonei
a giustificare il
presunto acquisto».
Il resto l'hanno
fatto la sproporzione tra il valore
dei beni nella disponibilità del condannato e
l'assenza di elementi giustificativi circa gli incrementi patrimoniali. In questo contesto
l'imprenditore ha sostenuto
l'impegno per la fabbricazione di “Palazzo Arcuri”, sei appartamenti e un magazzino
edificati su una superficie di
Guai giudiziari
e riassetti
societari
2000 metri quadrati. La strategia della dismissione sarebbe stata adottata anche da
Massimiliano Arcuri, figlio
di Francesco. La Divisione
Anticrimine della Questura,
in un'informativa del gennaio 2009, evidenziava che il
26 novembre 2008 Massimiliano Arcuri cessava dalla carica di amministratore unico
che assumeva, invece, il fratello Giovanni . Anche in questo casoil cambioal verticesarebbe avvenuto in seguito allo
spuntare di guai giudiziari.
Ovvero l'iscrizione nel registro degli indagati per il reato
di tentata estorsione, dal quale Massimiliano Arcuri fu peraltro prosciolto un anno fa. I
fatti? Nell'agosto 2008, Massimiliano Arcuri, secondo
l'accusa, avrebbe avrebbe costretto la Compagnia Impre-
sa lavori portuali ad abbandonare la commessa ricevuta
dalla Rubino Gru per il disinstallaggio, lo sbarco e lo stoccaggio in banchina di pale eoliche per affidarla prima alla
ditta Logi.co e poi alla Recycling. Un affare importante, quello dal quale sarebbe
stata esclusa la ditta i cui rappresentanti figuravano come
parti offese nel procedimento
penale. Il settore portuale è
uno di quelli cruciali per l'economia di una città di mare come Crotone. I tentacoli della
'ndrangheta si sono spesso allungati sull'infrastruttura e
adittedel compartosonostati
revocati appalti per possibili
infiltrazioni mafiose.
Nel capo d'imputazione a
carico di Arcuri non si faceva,
però, riferimento ad aggravanti mafiose.
IL PROFILO
Il padre coinvolto nel racket alla centrale
Il figlio prosciolto dall’accusa di tentata estorsione a una ditta del comparto marittimo
LE vicende giudiziarie della famiglia Arcuri
hanno pesato sulla confisca di un patrimonio aziendale da oltre 30 milioni. A cominciare da una tentata estorsione aggravata dal
metodo mafioso per cui Francesco Arcuri, 62
anni, di Crotone, destinatario del provvedimento emesso dalla Corte d'Appello di Catanzaro, fu condannatoin via definitiva atre anni di reclusione nel settembre 2009. La Cassazione confermava la sentenza di primo
grado del luglio 2005 e quella d’Appello del
giugno 2008. Il contesto era quello del racket
imposto dal clan Giglio alle ditte impegnate
nella realizzazione della centrale a biomasse
di Strongoli. In particolare, Arcuri fu condannato per aver agito in concorso col boss
Salvatore Giglio nell'imporre a Francesco
Cardamone, responsabile dei lavori per la
centrale termoelettrica di Biomasse Italia,
l'affidamento dell'opera alla ditta Leotta.
Nel novembre 2010 si sgonfiò, invece, al
vaglio del gup del Tribunale di Crotone, l'inchiesta sullo stoccaggio di pale eoliche e il figlio di Francesco, il 36enne Massimiliano
Arcuri, fu prosciolto perché il fatto non sussiste. «Voi siete arrivati bussando con le mani e con i piedi, queste cose non si fanno, io de-
vo riferire a qualcuno che già ha detto che
non gradisce la questione». E ancora: «Bisogna stare attenti perché i mezzi possono subire qualcosa e le persone anche». Queste le
frasi incriminate da cui scaturì un'imputazione di tentata estorsione. I fatti? Siamo nell'agosto 2008. Arcuri, secondo l'accusa,
avrebbe pronunciato le frasi di cui sopra in
presenza di Massimo Melfa, responsabile
della Rubino Gru. Inoltre, in occasione di
una riunione tenutasi nei suoi uffici, mostrando la pagina di un giornale in cui erano
riportate le foto di 42 persone arrestate nell'ambito dell'operazione Herakles, avrebbe
riferito che tra quelle vi era anche un suo parente. Così, sempre secondo l'accusa, l'imputato avrebbe costretto la Compagnia Impresa
lavoriportualiad abbandonarelacommessa
ricevuta dalla Rubino Gru per il disinstallaggio, lo sbarco e lo stoccaggio in banchina di
pale eoliche per affidarla prima alla ditta Logi.co e poi alla Recycling. In quest'ultima società, secondo quanto riferito dagli investigatori, avrebbe un ruolo lo stesso Arcuri. Un
affare importante, quello dal quale sarebbe
stata esclusa la ditta i cui rappresentanti figuravano come parti offese nel procedimen-
to penale. Il settore portuale è uno di quelli
cruciali per l'economia di una città di mare
come Crotone. I tentacoli della 'ndrangheta
si sono spesso allungati sull'infrastruttura e
a ditte del comparto sono stati revocati appalti per possibili infiltrazioni mafiose. Nel capo
d'imputazione a carico di Arcuri non si faceva però riferimento ad aggravanti mafiose.
Ma il nome di Massimiliano Arcuri compare anche come vittima di un processo per concussione per la quale, nel febbraio 2009, furono inflitti tre anni e quattro mesi a Carlo
Turino, ex presidente del Consorzio per lo
sviluppo industriale, contestualmente assolto dall'accusa di estorsione. I fatti contestati risalgono all'aprile 2006, quando Turino fu arrestato. I carabinieri lo filmarono
mentre, secondo l'accusa, intascava una tangente da 1000 euro da parte di un imprenditore, Massimiliano Arcuri, di 36 anni. Il cinquantasettenne ex consigliere comunale di
An, peraltro tra i protagonisti della stagione
dei fuochi del '93, era accusato di aver chiesto
e ottenuto, indebitamente, nella sua qualità
di presidente del Csi, in un primo momento,
nel dicembre 2005, la somma di 1500 euro,
tramite un assegno bancario versato dallo
Francesco Arcuri
stesso imprenditore. La seconda tranche della tangente sarebbe stata appunto quella filmata il 25 aprile 2006, lungo la strada statale
106, davanti alla Pertusola, presso l'area in
disuso di un distributore di carburante. Mille euro, in due banconote da 500, consegnati
dall'imprenditore a Turino, che avrebbe
chiesto 0,50 euro per ogni tonnellata di materiali da smaltire presso il depuratore del
Csi, somma pari alla metà dello sconto sulla
tariffa ordinaria di smaltimento delle acque
reflue.
a. a.
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Crotone
Venerdì 2 dicembre 2011
In carcere Domenico Grillo. Dalla sua confessione individuati i complici: Luigi Zinnà e Francesco Todarello
Uccisero Isabella Raso, tre fermi
IL FILM
Due giovani e un uomo, tutti di San Calogero. Decisivo l’esame del Dna
La conferenza stampa
Le armi sequestrate
Il luogo del delitto
LA conferenza stampa relativa al primo fermo, quello di Domenico
Grillo. I dettagli sono stati illustrati dal procuratore Spagnuolo, dal colonnello Scardecchia, dal maggiore Carrara e dal capitano Di Pinto
NEL corso delle perquisizioni nell’abitazione di Grillo e del padre Salvatore sono stati rinvenuti una pistola cal 6,35 con 30 cartucce, una
pistola a salve e relative munizioni, atre cartucce di fucile e un coltello
L’ABITAZIONE di Isabella Raso il cui corpo è stato rinvenuto privo
di vita la mattina del 17 luglio scorso. La donna trovata legata con un
panno in bocca che ne aveva decretato la morte per soffocamento
di GIANLUCA PRESTIA
UN delitto che aveva fortemente turbato il paese del Vibonese. Lei, Isabella Raso,
50enne del luogo era stata
rinvenuta priva di vita nella
sua abitazione legata con una
stoffa ricavata da un copridivano che le avvolgeva mani e
piedi. Aveva ancora in bocca il
panno per mezzo del quale era
stata soffocata.
Una rapina finita in tragedia sulla quale i carabinieri
avevano avviato le indagini.
Quattro mesi di
attività investigativa che ieri
mattina ha portato il primo, importante risultato con l'arresto di
un giovane compaesano della vittima accusato del
suo omicidio. Il
sole deve ancora
sorgere quando i
militari dell'Arma della locale
Stazione e della Compagnia di
Tropea irrompono nell'abitazione del 21enne Domenico
Grillo, un giovane con alcuni
precedenti di polizia. Devono
notificargli il provvedimento
di fermo di indiziato di delitto
a firma del sostituto procuratore della Repubblica di Vibo,
Vittorio Gallucci.
È lui, secondo i segugi dell'Arma e magistratura, il responsabile della morte della
50enne nubile sancalogerese. Ma ha agito da solo? Gli inquirenti si sono trincerati nel
più stretto riserbo poiché le
indagini sono in corso ma in
serata è stata diffusa la notizia del fermo di due presunti
complici: il 45enne Francesco
Todarello e il 25enne Luigi
Zinnà. Entrambi compaesani
di Grillo. I loro nomi sono stati
pronunciati proprio da quest'ultimo torchiato dal pm
Gallucci nel corso dell'interrogatorio nel corso del quale
sono state ricostruite tutte le
fasi di quanto avvenne la notte tra il 15 e il 16 luglio scorso.
Sul gruppo di persone si era
focalizzata l'attenzione della
Benemerita che è riuscita a risalire all'identità del 21enne
facendo affidamento a due
fattori fondamentali: il Dna rinvenuto tra le unghie
della Raso, che
aveva
cercato,
strenuamente ma
vanamente, di opporre resistenza,
confrontato con
quello del ragazzo, e la perfetta conoscenza dell'ambiente criminale
del paese. Un mix di aspetti
che, unito alla professionalità degli uomini del comandante Di Pinto, ha prodotto i
risultati illustrati ieri mattina in conferenza stampa.
L'indagine. L'attività investigativa coordinata dal maggiore Vittorio Carrara, pur
senza escludere alcuna pista,
compresa quella che portava
a soggetti extracomunitari o
comunque di nazionalità
straniera, già dalle prime ore
del delitto si è concentrata su
un gruppetto di persone, tra
le quali figurava proprio Grillo, solite a frequentare un bar
del paese. Attività che, secondo quanto riferito dagli inquirenti, era anche meta di
Il padre di Grillo
arrestato per armi
Non è coinvolto
nel delitto
Domenico Grillo
Francesco Todarello
Luigi Zinnà
Salvatore Grillo (armi)
gente con precedenti penali.
Tutta gente che, quindi, è
stata attentamente monitorata nell'arco delle settimane
successive. E con il passare
dei giorni, e le prime confermeda partedei laboratoridella Scientifica e del Ris di Messina si è iniziato a restringere
il cerchio attorno a Grillo. Per
avere la certezze che lui si trovasse nell'abitazione della vittima mancava soltanto il riscontro del Dna. E questo è arrivato pochi giorni fa. Poi i
consueti tempi tecnici che
hanno portato al suo arresto.
Incastrato dal Dna.È stata
la prova regina. Quella che ha
sgomberato ogni dubbio nella mente di procura e carabinieri: Con gli esiti dell'esame
del Dna l'attività inquirente
verso i reali autori del gesto
ha avuto il suo culmine. L'azione di repertamento svilup-
pata parallelamente sulla scena del crimine dai Carabinieri
della Sezione investigazioni
scientifiche del comando provinciale di Vibo Valentia con il
supporto del medico legale,
Katiuscia Bisogni, ha messo i
militari del Reparto investigazioni scientifiche di Messina in condizione di estrapolare, da un prelievo ungueale
della vittima, un profilo genetico maschile. Gli esiti delle
analisi biologiche hanno incontrovertibilmente dimostrato che la sostanza biologica rinvenuta nella parte sottostante l'unghia della Raso
appartiene ad uno degli autori dell'efferato delitto, graffiato dalla vittima nell'estremo tentativo di difesa. Quindi, il confronto del profilo di
Domenico Grillo, rilevato con
uno stratagemma,con quello
rimasto tra le unghie della
50enne ha dato la certezza
della presenza del giovane al
momento del delitto.
La perquisizione. Nel corso del blitz di ieri mattina, gli
uomini della Benemerita
hanno anche eseguito alcuni
controlli nell'abitazione del
giovane e in quella dei nonni
rinvenendo una pistola a salve, priva di tappo rosso e relative munizioni, unitamente
ad altre 80 cartucce di fucile
calibro 12 e 16. Aspetto, questo, che costerà all'interessato anche ildeferimento all'autorità giudiziaria per detenzione di cartucce.
La confessione. Nel corso
dell'interrogatorio di Grillo,
sotto le pressanti domande
del pm Gallucci ,del capitano
Di Pinto e del maggiore Carrara, è venuta fuori la confessione dell'autore dell'omicidio, il quale ha fatto i nomi di
due complici che avrebbero
preso parte alla rapina e all'omicidio: Francesco Todarello, 45 anni, e Luigi Zinnà, 25
anni. Entrambi sono stati fermati nel primo pomeriggio
dai militari della stazione di
stazione di San Calogero agli
ordini del maresciallo Nazzareno Scalzone ed, associati,
unitamente al 21enne, presso
l'istituto penitenziario di Vibo Valentia in attesa dell'interrogatorio del gip.
L'arresto del padre. Perquisizioni anche nell'abitazione del genitore del fermato, Salvatore Grillo, sita a San
Vito sullo Ionio (Cz) al termine della quale i carabinieri
hanno rinvenuto una pistola
calibro 6,35, 30 cartucce ed
un coltello. Motivi per i quali
l'uomo, che gestisce un allevamento di trote nella zona, è
stato dichiarato in arresto.
La scena del crimine, rimasta intatta, ha fornito elementi decisivi per il buon esito dell’indagine
Il procuratore Spagnuolo: «È stato un delitto odioso»
La vittima Isabella Raso
ANALISI tecniche unite alla conoscenza del contesto criminale del
luogo e alla professionalità dei carabinieri. È questo il cocktail di elementi che ha consentito di individuare i presunti responsabili del
delitto della 50enne Isabella Raso
Un omicidio «odioso» l'ha definito
il procuratore capo della Repubblica di Vibo, Mario Spagnuolo all'incontro con i giornalisti giunto al
culmine di una serie di rapine a
danno di anziani del luogo.
Un aspetto, questo, che aveva
fatto drizzare le antenne degli uomini della Benemerita che nel momento in cui si era verificato il tragico fatto di sangue, avevano, pur
non tralasciando altre piste che
con il passare del tempo sono state
accantonate, focalizzato la loro attenzione su un gruppetto ristretto
di persone.
Molto utile alle indagini è risultata l'analisi della scena del crimine da dove si poteva presumere che
gli autori della rapina, introdotto-
si nottetempo nell'abitazione dalla
porta secondaria, avessero immobilizzato ed imbavagliato la vittima
dirigendosi verso un armadio in
camera da letto dove avevano iniziato a rovistare tra gli effetti personali della donna. I militari della
Sis, allora guidata dal maresciallo
Natalino Barbagallo, avevano trovato, infatti, un'ingente somma di
denaro e titoli di credito. Probabilmente gli autori dell'omicidio erano stati disturbati dalla vittima che
a sorpresa era riuscita a liberarsi,
costringendoli ad ucciderla non
senza avere portato via parte del
denaro e alcuni preziosi per un valore, comunque, irrisorio.
«È stato un lavoro impegnativo
di scrematura e raccolta dei dati su
una scena del crimine che è rimasta preservata e che quindi “ha parlato” - ha aggiunto il magistrato L’operato puntuale dei carabinieri
ha, dunque, fatto il resto. Con questi fermi pensiamo, dunque, di
aver aperto una breccia sul feno-
meno delle rapine, che si sono verificate nel territorio di San Calogero».
Il colonnello Daniele Scardecchia, comandante provinciale dell'Arma, si è complimentato con i
suoi uomini e ha rivolto un pensiero alla vittima «che
avrebbe meritato di
finire i propri giorni
serenamente», mentre i particolari dell'attività investigativa sono stati ampiamente e dettagliatamente illustrati dal
maggiore Vittorio
Carrara e dal Capitano Francesco Di Pinto che hanno condotto le indagini evidenziando come
quella del Dna sia stata la prova regina che ha consentito di incastrare il giovane Domenico Grillo e,
dalla sua testimonianza, individuare i suoi presunti complici.
gl. p.
Durante
la rapina
rubati
pochi euro
Analoghi episodi in paese
Lo spunto dato
da altre rapine
PRECEDENTEMENTE all'evento delittuoso del 16 luglio scorso, nel piccolo paese
della provincia vibonese si
erano verificate altre rapine
nei confronti di anziani nonché danneggiamenti. Un mese addietro, la rapina a due
pensionati derubati dei loro
averi, poi i colpi di arma da
fuoco contro la serranda di
un parrucchiere, quindi una
bomba fatta esplodere di
fronte all'abitazione di un
commerciante. Ancora prima l'omicidio, davanti una
tabaccheria, di Vincenzo
Barbieri, considerato esponente di spicco del narcotraffico internazionale. Una situazione di allarme che aveva
spinto gli investigatori ad accelerare i tempi e a chiudere il
cerchio nei confronti dei tre
fermati che avrebbero potuto
reiterare le azioni criminose.
gl. p.
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26 Vibo
Mileto. Nei prossimi tre mesi saranno vagliati altri atti. Il sindaco Varone: «Siamo tranquilli»
Antimafia, prorogati i termini
Gli uomini della prefettura avranno altri 90 giorni per le loro indagini
di FRANCESCO RIDOLFI
Vincenzo Varone
MILETO – Altri tre mesi, novanta
giorni prima di esprimersi. La
commissione di accesso agli atti
per l’accertamento di eventuali infiltrazioni o condizionamenti
nell’attività amministrativa del Comune da parte della criminalità organizzata e, in particolare, mafiosa
ha deciso di approfondire maggiormente la propria analisi delle
carte comunali chiedendo e ottenendo dal prefetto di Vibo Valentia,
Luisa Latella, una proroga del
mandato di altri tre mesi al termine
dei quali si esprimerà sulla gestione del Comune oggi guidato dal
sindaco Vincenzo Varone. La commissione, formata dal viceprefetto
Filippo Romano e dai capitani Stefano Di Paolo per i carabinieri e Luca Bonatesta per la Guardia di Fi-
nanza, a cui si affiancano, in qualità di consulenti, Luigi Pontuale, dirigente dei servizi economico-finanziari della prefettura, e dal vicequestore Onofrio Marcello, si era
insediata il 31 agosto scorso con il
compito di studiare le carte e indagare gli atti compiuti dall’amministrazione comunale dalla data del
suo insediamento (25 giugno
2009) alla data del 25 agosto 2011.
Nel corso dei tre mesi trascorsi dal
loro primo insediamento gli uomini inviati a Mileto dal prefetto Latella hanno acquisito documentazione e ascoltato anche alcuni amministratori ma, evidentemente,
quanto fatto fino al 30 novembre
non è stato sufficiente a chiarire le
idee ai commissari e, dunque, si è
reso necessario rinviare la propria
relazione di altri novanta giorni
durante i quali presumibilmente
saranno ulteriormente ascoltati
gli amministratori comunali e saranno acquisiti nuovi documenti
oltre a quelli già recuperati anche
se appare credibile l’ipotesi secondo cui questa seconda fase sarà dedicata più che altro a collegare le
varie deduzioni fatte dai commissari al fine di tracciare un disegno
quanto più verosimile della situazione che possa permettere un giudizio scevro da possibili dubbi.
Nel frattempo, il primo cittadino, Vincenzo Varone, ha ribadito
con forza la sua piena e incondizionata fiducia nell’operato degli uomini della commissione di accesso
agli atti e nei funzionari della Stato, con evidente riferimento al prefetto Latella, nella convinzione che
«in questi anni l’intera amministrazione comunale ha operato nel
rispetto della normativa vigente e
nella piena autodeterminazione,
abbiamo lavorato e stiamo continuando a lavorare e governare la
città in modo trasparente e sono
certo che i commissari stanno effettuando i riscontri loro necessari
per operare nel modo più esauriente possibile».
A questo punto non resta che
aspettare. I novanta giorni richiesti con la proroga scadranno il 28
febbraio del prossimo anno. Nei
giorni successivi la commissione
di accesso agli atti depositerà la
propria relazione in prefettura e il
rappresentante del governo sul
territorio deciderà se chiedere o
meno al Governo, per il tramite del
ministero dell’interno, lo scioglimento del Consiglio comunale. In
primavera, dunque, il destino
dell’amministrazione Varone sarà
più chiaro.
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Vibo 33
Provincia
Venerdì 2 dicembre 2011
Provincia
Venerdì 2 dicembre 2011
Serra. Cresce la preoccupazione per i tanti episodi criminosi verificatisi nella cittadina montana
Il Consiglio contro la criminalità
La proposta di Lo Iacono: «Sul Municipio la targa “Qui la ’ndrangheta non entra”»
PIZZO
di BRUNO VELLONE
SERRA SAN BRUNO – Consiglio comunale fiume che si
è caratterizzato soprattutto
per le polemiche finali tra
l’ex sindaco Raffaele Lo Iacono, consigliere di minoranza del gruppo “La Serra”, e il
consigliere regionale Nazzareno Salerno che fa parte
della maggioranza Pdl che
sostiene il primo cittadino
Bruno Rosi. Lo Iacono infatti, ha rimproverato «il mutismo» degli assessori che
quasi mai prendono la parola. Dal canto suo Salerno li
ha giustificati dicendo che si
tratta della loro prima esperienza nell’assise comunale.
Il civico consesso si era aperto con un dibattito circa i recenti episodi di microcriminalità che si sono susseguiti
nella cittadina della Certosa.
A tal proposito Rosi ha sostenuto come «questi sono episodi che devono far riflettere
e mi riferisco all’intimidazione a Sergio Gambino, al
danneggiamento all’autovettura di una insegnante
della scuola media e a quelli
della palestra. Episodi che
non devono passare inosservati, la microcriminalità deve essere bloccata sul nascere». Il sindaco ha quindi
chiesto alle forze dell’ordine
di fare «piena luce su ogni
singolo episodio». Il capogruppo Pd Rosanna Federico, consigliere di minoranza, ha manifestato «piena solidarietà alle vittime di questi episodi» sostenendo come il problema della legalità
deve essere distinto dal vandalismo causato dal fatto
che «i giovani di questo paese non hanno punti di aggregazione». Con il proprio intervento Salerno ha sottolineato come «nessun episodio va sottovalutato e bisogna salvaguardare la comunità da balordi, microcriminalità e criminalità organizzata» chiedendo inoltre che
«il verbale di questa seduta
venga trasmesso al Prefetto
di Vibo Valentia». Lo Iacono
ha caratterizzato il suo intervento per la proposta di
affiggere la targa “Qui la
‘ndrangheta non entra” alla
porta del municipio serrese,
«così – ha detto – vogliamo
essere protagonisti di una
nuova etica anche a livello
regionale, questa è una delle
nostre proposte per incentivare la legalità».
Secondo il consigliere di
minoranza Mirko Tassone
di “Al lavoro per il cambiamento” «Serra non è più
l’isola felice di qualche anno
fa e i recenti episodi non sono altro che la punta di un
iceberg. Due anni fa – ha ricordato – è stato ucciso un
ragazzo (Pasquale Andreacchi ndr) e ancora non è dato
sapere quanto sia successo»
La ricetta sarebbe «accanto
all’intervento
repressivo
delle forze dell’ordine anche
un maggiore intervento di
natura sociale. Certo – ha sostenuto lanciando una provocazione – mi sarei aspettato che in questa sede avremmo parlato anche dei problemi dell’ospedale e di quelli
inerenti all’acqua». Per
quanto riguarda il problema della raccolta dei rifiuti,
il primo cittadino serrese,
ha annunciato che a breve
saranno introdotti i sacchetti con il codice a barre in maniera tale che ciascuno paghi effettivamente quanto
dovuto, intanto proseguono
le polemiche per le batoste
della tassa sui rifiuti che non
convince. Passate infine le
ratifiche delle delibere di
G.C. n.57 del 3/10/2011. e
n.71 del 11/11/201.
Alla Tonnara prosegue
la rassegna cinematografica
PIZZO - Prosegue la Rassegna Cinematografica
organizzata dall'Associazione Culturale Circolo
del Cinema “Lanterna Magica”, presieduta da Antonietta Villella. Domenica , alle ore 18:30, nei locali del Museo della Tonnara , verrà proiettato il
cortometraggio dal titolo “In attesa dell'avvento”
di Felice D'Agostino e Arturo Lavorato. Il film in
oggetto è risultato vincitore della Sezione “Orizzonti” dell'ultimo Festival di Venezia. Al termine
dellaproiezione,nelrispetto diunconsolidatocopione che rientra nelle finalità associative e che
permette agli intervenuti di poter gustare meglio
il momento culturale, seguirà un incontro-dibattito in sala con i registi, ai quali i presenti potranno formulare domande per soddisfare tutte quelle curiosità scaturite dalla visione dell'opera.
g. c.
Il palazzo municipale
Lo sport
Calcio a 5
Il Serra
fanalino
di coda
SERRA SAN BRUNO –
Una stagione nata sotto
una cattiva stella, quella
del Serra, battuto dal Fabrizio e relegato all’ultimo
posto in graduatoria. La
sconfitta, la quinta in nove
gare, rappresenta molto
di più di un semplice campanello d’allarme, anche
perché giunge dopo la battuta
d’arresto con il Calabria
Ora. Due sconfitte casalinghe in appena sette giorni
non possono non destare
preoccupazione, tanto più
che la classifica, allo stato,
è quanto mai impietosa.
Cinque punti in nove turni, rappresentano un bottino assai magro che, con
ogni probabilità, va molto
al di là della più pessimistica delle previsioni. Certo,
ad inizio stagione, nessuno si nascondeva le difficoltà della C1, tuttavia, anche in ragione dell’euforia
che aveva accompagnato
la seconda promozione
consecutiva, in molti immaginavano che, spinta
dalle ali dell’entusiasmo,
la compagine serrese sarebbe stata capace di colmare il divario tecnico. Al
contrario, l’iniziale euforia sta cedendo il campo ad
pessimismo che, alla lunga, potrebbe rivelarsi il
peggiore degli avversari. I
ragazzi del presidente
Claudio Pisani devono ritrovare l’entusiasmo e
l’armonia dei giorni migliori per non veder sfumare, in una manciata di
gare, i sacrifici compiuti
in questi anni insieme alla
dirigenza. Diversamente,
lo spettro della retrocessione, che aleggia fin
d’ora, potrebbe concretizzarsi con implacabile puntualità. In tal senso, la classifica parla chiaro, all’ultimo posto, in compagnia
dei bianco blu, allo stato c’è
solo il Città Fiore, mentre
un gradino sopra, con una
lunghezza di vantaggio, il
Citrarum. Terzultima posizione, invece, per il Lokron che, vincendo a Cetraro, si è portato a quota
nove, ad un solo punto da
Città di Rende e Cataforio.
Per quanto riguarda i piani alti, tutto è rimasto invariato, con il trio di testa,
composto da Odissea Rossano, Calabria Ora e Atletico Catanzaro, che continua a non perdere un colpo. Attardato di quattro
lunghezze, a quota diciassette, segue il Kroton che
sente il fiato sul collo di Fabrizio e Catanzarese S.
Gallo staccate di un solo
punto. Posizione più defilata, invece, per Amantea e
Città di Paola attestate,
con dodici punti, nella partedella classificain cuiancora è tutto possibile. Una
classifica, quindi, che
sembra aver delineato con
chiarezza le gerarchie. Gerarchie che per il Serra evidenziano una strada tutta
in salita, a partire dalla
prossima di campionato
in casa di un Cataforio.
m. t.
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
34 Vibo
Poste Italiane SpA - Spedizione in A.P. D.L. 353/2003 (conv. in L. n. 46 del 27/02/2004) art. 1, comma 1, DR/CBPA-SUD/CS/56/2006 valida dal 06/04/2006
direttore piero sansonetti
anno VI numero 332
venerdì 2 dicembre 2011
€ 1,00
MILANO
Morte Lea Garofalo
processo annullato
> pagina 13
Anziana soffocata
Trepersonefermate
VIBO VALENTIA Davanti alle prove
schiaccianti, e alle domande pressanti, ha
ceduto. Ha confessato. Ha fatto il nome
dei suoi presunti complici. Ha ammesso
di essersi introdotto nella casa di Isabella
Raso insieme ad altre due persone, il 14
luglio scorso. Per fare una rapina.
quotidiano d’informazione regionale
> pagina 11
BOCCASSINI SHOCK
«L’antimafia in Calabria
serve solo a far carriera»
DI PIERO SANSONETTI
La sua vita è cambiata radicalmente quella mattina del 15 luglio 1997. La mattina
in cui Gianni Versace, suo compagno di
vita, fu ucciso. Nel giorno del suo “compleanno” Antonio D’Amico ricorda lo stilista reggino: «E’ un dolore che mi accompagnerà per il resto della mia esistenza».
> pagina 41
> pagina 13
> segue a pagina 10
DI
DAVIDE VARÌ
La ministra Fornero:
«Sì al reddito minimo»
> pagina 2
> pagine 6, 7, 8, 9 e 10
REGGIO CALABRIA
> pagina 15
In piazza contro
i tagli dei treni
REGGIO CALABRIA Inizia oggi il “dicembre caldo” della mobilità regionale,
che guarda con estrema preoccupazione
al taglio dei 21 treni a media e lunga percorrenza da e per la Calabria operata dal
gruppo Fs dal 12 dicembre.
Giovani e legalità
il binomio è ok
Una prima selezione avverrà on-line.
Basta inviare 3 foto di cui una in primo piano, nome e
cognome della protagonista (maggiorenne)
all’indirizzo [email protected]
Tra le dodici bellezze scelte,
verrà poi nominata la miss
Calabria Ora che darà il
volto alla copertina
del calendario.
Se sei studentessa,
casalinga o
professionista
poco importa.
2012
Ti aspettiamo.
ING
T RIO
CAALSENDA
C
quotidiano d’informazione regionale
LA SENTENZA
Basta multe
ai clienti
delle
lucciole
> pagina 14
Bomba contro
casa di un poliziotto
GIOIA TAURO Una bomba è esplosa la
notte scorsa davanti al portone di casa d’un
sostituto commissario della polizia di Stato a Gioia Tauro. L’ordigno, secondo quanto appreso nella giornata di ieri, ha provocato danni ingenti: ha divelto il portone
della palazzina del quartiere Marina.
LUNA ROSSA
di Pasquino
Fino a 90 anni
I vitalizi parlamentari saranno abbattuti a
partire dal 2012. I giornalisti, soprattutto quelli
televisivi, si dilettano con interviste a deputati e
senatori, fuori pericolo o in pericolo. Il meno
interessato alla questione si è rivelato il
deputato Ignazio La Russa, che ha liquidato il
problema, dicendo che lui sarà deputato fino a
90 anni. Dio permettendo.
> pagina 17
VI INFORMIAMO CHE IL NOSTRO QUOTIDIANO
HA DATO IL VIA AI CASTING PER ESSERE
PROTAGONISTA DEL CALENDARIO 2012
direttore piero sansonetti
«Senza Gianni
che vita è...»
ROMA
Ilda Boccassini ieri ha pronunciato una frase davvero scioccante: “L'antimafia in Calabria non esiste: è solo un'occasione per fare
carriera”. In questo modo “Ilda la Rossa”, e
cioè il giudice più famoso e temuto d'Italia, ha
scoperchiato clamorosamente tre enormi
questioni. La prima riguarda la magistratura
calabrese, da diverso tempo impegnata soprattutto nel farsi la guerra. La seconda è la
questione della cosiddetta “borghesia grigia”,
cioè quel pezzo di società che vive tra politica
e affari e che pare abbia contatti troppo stretti con le 'ndrine ( e che fin qui li abbia potuti
mantenere indisturbata).
E la politica che fa?
E’ in “attesa di giudizio”...
VERSACE
dal POLLINO
alloSTRETTO
calabria
ora
VENERDÌ 2 dicembre 2011 PAGINA 6
’ndrine, giudici e politica
«NON
SERVE
l’antimafia parlata»
Ilda Boccassini in conferenza contro magistratura e politica colluse
STUPITI E
DELUSI
Per Ilda
Boccassini
è stato
«doloroso, e
non è la
prima volta
che succede,
ma
nonostante la
mia età me
ne rammarico
ancora, dover
constatare
comportame
nti superficiali,
tentativi di
depistaggio da
parte di
appartenenti
alla Guardia
di finanza, alla
magistratura,
della politica e
delle
istituzioni in
generale»
REGGIO CALABRIA Collusioni con
il mondo politico, imprenditoriale, della
magistratura. La “nuova” ’ndrangheta è
quella che non si vede perché celata dietro un’apparenza fatta di normalità, vestita in giacca e cravatta, con amicizie importanti. «Milano può diventare Reggio
Calabria» dice con una frase efficace il
procuratore aggiunto della Dda reggina
Michele Prestipino, ospite insieme al capo Giuseppe Pignatone alla conferenza
stampa convocata a Milano a ventiquattr’ore dall’operazione che ha sconvolto il
mondo politico nazionale con l’arresto del
consigliere regionale del Pdl Franco Morelli e un collega degli stessi inquirenti, il
giudice Vincenzo Giglio, sempre in prima linea a parlare di legalità e contrasto
alla ’ndrangheta in pubblico ma dai rapporti quanto meno dubbi nel privato. Di
«doppio ruolo» del magistrato parla infatti il procuratore di Milano Edmondo
Bruti Liberati, che sottolinea la collaborazione con i colleghi reggini e chiarisce che
l’operazione coordinata dalla Dda della
Madonnina «non è un processo alla magistratura di Reggio Calabria» poiché il
caso di Giglio (ma anche del giudice di
Palmi indagato a piede libero) rappresenta il singolo e non bisogna generalizzare.
Anzi, sottolinea, «la sorpresa dei colleghi
che per anni hanno lavorato al fianco di
un magistrato arrestato, è comprensibile».
Tornano, a distanza di sedici mesi dalle maxioperazioni Infinito-Crimine, i rapporti tra la ’ndrangheta calabrese e le ramificazioni al Nord. Ancora una volta Ilda Boccassini rilancia l’idea unitaria dell’organizzazione criminale più potente al
mondo. Con «il suo cuore a Reggio Calabria e proiezioni in Lombardia e altre regioni del Nord con una “zona grigia” internazionale» specifica il procuratore di
Reggio Calabria Giuseppe Pignatone. Ma
che va oltre, si estende anche all’estero. Fa
notare Prestipino, in riferimento all’av-
vocato Vincenzo Minasi arrestato nell’operazione: «Il professionista che lavora fianco a fianco con la famiglia Gallico
a Palmi ha uno studio a Milano e a Como.
Il centro dei suoi interessi è in mezzo tra
le due regioni e lavora con un professionista che è a Lugano e che sposta i soldi
negli Stati Uniti». La ’ndrangheta di ultima generazione non guarda solo agli interessi su grande scala, ma non disdegna
affatto la periferia perché è proprio nella
periferia, snocciola la Boccassini, che si
fanno i veri affari. Si pensi all’Expo 2015.
«Per l’infiltrazione nell’Expo – spiega il
procuratore aggiunto della Dda di Milano – è più importante l’indotto, in relazione ad esempio ad infrastrutture nei comuni dell’hinterland».
A fare scalpore ieri è stato il coinvolgimento del consigliere regionale Franco
Morelli. Stupore per i nomi di altri politici citati nell’ordinanza di custodia cautelare ma neppure iscritti nel registro degli
indagati. Occorrono le prove, hanno precisato i magistrati. Lo hanno spiegato con
questa frase: «La Dda di Milano nei confronti delle persone, delle istituzioni come
dei mafiosi agisce quando ha le prove per
affrontare un dibattimento». Il pm Alessandra Dolci, che insieme al collega Paolo Storari ha coordinato l’indagine, ha
spiegato poi che per contrastare la zona
grigia, dove s’incontrano criminalità e
istituzioni, «qualora non ci siano elementi per il concorso esterno in associazione
mafiosa, valorizzeremo le misure di prevenzione a carattere personale e patrimoniale». Si vedrà. Alla ’ndrangheta servono i contatti non soltanto nazionali ma
soprattutto locali, ha rilevato ancora il
magistrato milanese. «Avere un candidato, anche se in un comune dell’hinterland
– ha proseguito Storari – è per la ’ndrangheta vitale». In più a differenza della mafia siciliana che «odia i comunisti» ha affermato la Boccassini, la ’ndrangheta «è
trasversale ai fini elettorali. Appoggia
chiunque possa favorire i suoi interessi».
Il capo della Procura milanese Bruti Liberati ha poi precisato che «una cosa è il
tentativo della ’ndrangheta d’infiltrarsi
nella politica, un’altra sono le responsabilità penali individuali».
Il procuratore aggiunto di Milano, protagonista del blitz che ha fatto finire dieci persone in carcere, ha poi usato le parole «sgomento e dolore» per definire il
comportamento infedele che gli indagati
hanno tenuto nei confronti delle istituzioni che rappresentavano, tanto della
magistratura che delle forze dell’ordine
(nell’operazione è stato arrestato un maresciallo della Guardia di finanza). Per il
magistrato è stato «doloroso, e non è la
prima volta che succede, ma nonostante
la mia età me ne rammarico ancora, dover constatare comportamenti superficiali, tentativi di depistaggio da parte di
appartenenti alla Guardia di finanza, alla magistratura, della politica e delle istituzioni in generale». E poi c’è la falsa solidarietà espressa al procuratore Pignatone per le minacce ricevute con un proiettile a corredo del messaggio intimidatorio. Il giudice Giglio aveva inviato una
mail al consigliere regionale Franco Morelli con la bozza della mozione che avrebbe dovuto far approvare dall’assemblea
legislativa calabrese. «Ho provato sgomento – ha sottolineato la Boccassini –
nel vedere sfruttare la vita e il potere per
fare una campagna politica per ingraziarsi un’antimafia che spesso non esiste, che
è solo parlata». Non ha destato meno
scalpore l’importante riconoscimento dato dal Vaticano alla famiglia Lampada. Il
boss diventa così Cavaliere di San Silvestro. Una gran bella carriera per i Lampada, «una famiglia – ha spiegato Ilda Boccassini – che ha cominciato a vendere panini ed è finita a fatturare miliardi».
ANNALIA INCORONATO
[email protected]
cosche e politica
Ma “dialogare”
con i mafiosi
non è reato...
MILANO Non è previsto nell’ordinamento un «reato di contiguità» e
dunque, se non ci sono prove che possono portare a contestare il favoreggiamento o il concorso esterno in associazione mafiosa o la partecipazione all’organizzazione criminale, non
si può configurare una responsabilità penale per i politici che “dialogano”
con gli esponenti mafiosi.
Così qualificate fonti giudiziarie
spiegano perché, malgrado nelle carte dell’inchiesta della Dda di Milano
sulla cosca Valle-Lampada compaiano numerosi nomi di politici - alcuni
dei quali avrebbero anche preso i voti degli affiliati alla ’ndrangheta e dei
loro sodali - a questi non si possono
attribuire reati. I presunti affiliati al
clan Valle, come scrive il gip, infatti,
avrebbero fatto
Ecco perché
«confluinon sono
re» i voti
verso
punibili i politici
candidati
sostenuti
«a loro
dalle ’ndrine
vicini». E
poi nell’ordinanza viene riportato tutto un
elenco con molti nomi. Negli ambienti giudiziari, però, viene chiarito che
non esiste un reato che punisce il politico che ottiene voti, pur consapevole, da esponenti mafiosi. L’unico
reato che potrebbe essere contestato
è il voto di scambio o la cosiddetta
corruzione elettorale, ma se il candidato non dà al mafioso qualcosa in
cambio del voto non c’è rilevanza penale. Anche nell’ipotesi in cui il politico prometta qualcosa, dei lavori ad
esempio, ma poi non li conceda, non
c’è reato.
interrogatori al via
Morelli e Giglio oggi davanti al gip
REGGIO CALABRIA Sono iniziati ieri i primi interrogatori dei soggetti tratti in arresto nell’ambito dell’operazione “Infinito”. Davanti al gip di Milano, Giuseppe Gennari, sfileranno tutti coloro i quali sono finiti nelle maglie della Giustizia per essere associati o aver favorito la cosca “Valle-Lampada”. Nella mattinata
di oggi saranno sentiti i fratelli Lampada (difesi dall’avvocato Giuseppe Nardo),
mentre il giudice Vincenzo Giglio risponderà alle domande del gip nella stessa
giornata, così come il consigliere regionale del Pdl, Francesco Morelli. Giglio e Morelli dovranno difendersi dalla pesante accusa di corruzione aggravata, mentre il
giudice dovrà anche rispondere di rivelazione di segreto d’ufficio per aver passato
delle notizie riservate su operazioni di polizia alla cosca che opera nel Milanese. Per
Morelli, invece, anche la pesantissima accusa di concorso esterno in associazione
mafiosa. Bisognerà quindi vedere cosa accadrà all’esito dell’interrogatorio e, soprattutto, dopo il certo ricorso dinnanzi al Tribunale del Riesame.
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VENERDÌ 2 dicembre 2011
D A L
P O L L I N O
Il procuratore aggiunto Prestipino:
«Milano può diventare Reggio»
calabria
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ora
S T R E T T O
Il capo della Dda reggina Pignatone:
«Una “zona grigia” internazionale»
’ndrine, giudici e politica
E ora si indaga sui rapporti
con i servizi segreti “deviati”
Ricompare la figura di Zumbo, lo “spione” amico dei Pelle
REGGIO CALABRIA Le parole di
Ilda Boccassini non danno margini di
dubbio: l’attività della Dda milanese
non si arresta certo con l’operazione
“Infinito”, anzi, questa, se possibile, diventa solo la punta di qualcosa che potrebbe portare a nuovi terremoti in riva allo Stretto e non solo. «Ci sono indagini in corso, stiamo lavorando in
questa direzione» si affretta a ripetere
la Boccassini. Ma verso quale direzione? È lo stesso magistrato che lo lascia
intendere quando spiega che dovranno
essere analizzati i rapporti emersi con
esponenti dei servizi segreti. E non è
certo un tema nuovo quello che affronta il procuratore aggiunto della Dda milanese. Già in passato era venuto fuori
come vi fosse qualcuno all’interno dei
servizi che intratteneva rapporti poco
chiari. Forse è proprio su questo che i
giudici lombardi stanno adesso indagando. Scandagliare la
“zona grigia” non può
Nel 1996 Giglio
prescindere
da
conferì a Zumbo
un’analisi attenta sul
ruolo svolto dagli 007
un incarico di
che, spesso, lavorano
amministratore
sul filo del rasoio. E
giudiziario
non bisogna certo dimenticare che un primo accenno a tale tematica è già contenuto all’interno di “Infinito”. Il ruolo
chiave è sempre quello di Giovanni
Zumbo, lo “spione”, colui il quale era in
rapporti ormai acclarati con i servizi segreti reggini e che aveva informazioni
riservate sulle operazioni di polizia giudiziaria. La sua figura torna prepoten-
CATANZARO «Né a Catanzaro, né a Reggio». Che fosse venuto
indebitamente a conoscenza di ciò
che c’era (o non c’era) sul registro
degli indagati nella Procura del distretto – quello di Reggio Calabria –
nel quale operava, non desta stupore. Ma il giudice Vincenzo Giuseppe
Giglio (foto) sapeva pure cosa accadeva a Catanzaro, sede dell’ufficio
competente anche per le indagini
sui magistrati del Reggino. Perché
lì, sospettano i colleghi milanesi che
l’hanno fatto arrestare, egli aveva
una talpa, che gli forniva notizie riservate che poi spifferava – sostiene
l’accusa – ai suoi amici in odor di
mafia. Un «particolare assai allarmante», lo definisce il gip Giuseppe
Gennari nel valutare un’intercettazione chiave agli atti dell’inchiesta
che ha provocato un terremoto nella politica e nella giustizia calabrese.
È il 10 marzo 2010 e Giulio Lampada, presunto mafioso della galassia
condelliana, dialoga con l’avvocato
Vincenzo Minasi: «… la stessa cosa
ha detto… Franco dopo due giorni…
te anche nell’inchiesta milanese e fa venire fuori uno spaccato che il gip non
esita a definire «di eccezionale gravità
e allarme». Zumbo, poi arrestato nell’ambito dell’inchiesta “Il Crimine”, come è ormai noto, era colui il quale a casa del boss Giuseppe Pelle parlava
apertamente delle operazioni che dovevano essere eseguite e si mostrava
incredibilmente informato su tutto ciò
che da Milano o Reggio doveva arrivare. Ma la vera novità che viene fuori da
quei dialoghi è che l’uomo legato ai servizi dichiarava (ma non ci sono conferme in tal senso) di poter avvicinare con
una certa facilità il giudice Enzo Giglio,
anche se nel caso specifico i tempi erano strettissimi e non era facile intercedere per Pelle, così come il boss chiedeva, circa la riduzione di una misura di
prevenzione nei suoi confronti. Così Ficara: «E vai e lo trovi domani, domenica, lunedì…» e Zumbo replicava: «No,
questo non ho problemi». I problemi
erano quelli di riuscire a convincere il
magistrato: «Se io lo so venti giorni prima… il primo giorno vediamo come
siamo, poi il secondo giorno mi dice:
“ma ora vediamo”». E che Giglio e
Zumbo si conoscessero è cosa dimostrata, visto che, come riporta il gip, fu
proprio il giudice arrestato a conferire
allo “spione” un incarico quale amministratore giudiziario di beni sequestrati ai Ficara-Latella nel 1996. Insomma,
una brutta storia di giudici, ’ndranghetisti di primo livello e collaboratori “deviati” dei servizi. Ma Zumbo, a quanto
pare non è l’unico, se è vero che nelle
conversazioni tra l’avvocato Minasi,
Francesco Lampada e Leonardo Valle,
si parla di un giovane che ha fornito importanti notizie su un’inchiesta, e si afferma che «il papà è in amicizia con un colonnello del Ros». E, sempre spulciando
le carte di “Infinito”, si scopre qualcosa di
molto strano: Vincenzo Giglio (il medico) prese contatti con un esponente dell’Aisi di Reggio Calabria (servizi segreti)
RUOLO CHIAVE
Giovanni Zumbo (nel riquadro),
arrestato nell’ambito
dell’inchiesta “Il crimine”, aveva
rapporti con i servizi segreti
reggini ed è colui il quale a casa
del boss Giuseppe Pelle parlava
delle operazioni che dovevano
essere eseguite. Nei dialoghi
intercettati dichiarava
di poter avvicinare con una certa
facilità il giudice Enzo Giglio
per avere conferma delle investigazioni
in corso nei confronti dei fratelli Lampada. Che parta proprio da qui l’indagine sulla quale la Boccassini sta già lavorando? È solo un’ipotesi, ma che pare
sempre più concreta alla luce degli intrecci perversi che stanno emergendo
nelle ultime ore.
Adesso è caccia alla talpa
alla Procura di Catanzaro
perché dopo ci siamo visti con Enzo… a Cosenza… e Franco mi ha detto la stessa cosa… ha detto che sul
registro non c’è scritto niente né a
Catanzaro né a Reggio… stanno soltanto controllando… ci vengono dietro per vedere che cosa facciamo…
cosa non facciamo…».
Il dialogo Lampada-Minasi giunge all’epilogo di una serie di incontri e contatti attraverso i quali entrano perfino in possesso di atti riservati provenienti dagli uffici giudiziari di Milano. Milano dove stanno i
Lampada, e i Valle, ed il loro avvocato. Reggio, dove opera il giudice
Giglio e dove vive il cugino omonimo, indicato come l’anello di congiunzione tra le alte sfere della
’ndrangheta milanese ed i colletti
bianchi calabresi. E Catanzaro?
«Non è la sede giudiziaria del magistrato», scrive il gip Gennari che ci
mette pure un punto esclamativo e
che aggiunge due interrogativi: «Come ha fatto a reperire notizie su quel
distretto? Dobbiamo immaginare
che lo stesso si sia rivolto ad altri colleghi o a soggetti istituzionali di quel
distretto?». L’ipotesi, stigmatizza il
gip meneghino, «non è peregrina e
dovrà sicuramente essere accertata
nella prosecuzione delle indagini».
E le indagini vanno avanti. Sia
perché l’inchiesta coordinata dal
procuratore aggiunto Ilda Boccassini con i pm Alessandra Dolce e Paolo Storari lascia aperte delle autostrade investigative, sia perché la
stessa coordinatrice dell’antimafia
milanese, nella conferenza stampa
di ieri mattina, ha chiarito che «ci
sono lavori in corso, non solo a Catanzaro ma anche a Milano».
Troppe cose sapevano sulle indagini in corso. Un’altra conversazione, datata 17 marzo 2010, è eloquente. È l’avvocato Minasi stavolta a
parlare: «Le indagini le sta facendo
la Squadra mobile… i reati sono usura e riciclaggio… sicuramente c’è un
politico di Milano, c’era un politico
di Cosenza». Risponde Leonardo
Valle che, tramite Giulio Lampada,
aveva preso visione di un carteggio
CONSOLATO MINNITI
[email protected]
della Squadra mobile di Milano (ottenuto – scrive il gip – «dietro corresponsione di denaro a soggetti
non identificati»): «E a Reggio non
c’è niente?». Ancora Minasi: «Niente né a Reggio, né a Catanzaro… parte esclusivamente da Milano». Il penalista era aggiornatissimo sull’oggetto delle investigazioni: «Tutti
quelli che hanno alloggiato al
Brun… ci sono tutti… c’è il medico,
c’è Mario… tutti questi ci sono tutti».
E più avanti: «E l’indagine non è ancora finita».
Il Brun è il quattro stelle, nei pressi di San Siro, nel quale alloggiò anche il giudice Giusti che, sempre a
spese dei Lampada, avrebbe beneficiato pure dei servigi di alcune escort
straniere. L’indagine, invece, è quella che l’altro ieri ha portato alla notifica delle misure che fanno tremare politica e giustizia calabrese. Indagine che, nonostante ciò, resta ancora aperta ad un epilogo tutt’altro
che prevedibile.
PIETRO COMITO
[email protected]
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calabria
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’ndrine, giudici e politica
indagini in corso
I segreti li rivelava
l’amico del figlio
del colonnello Ros
REGGIO CALABRIA Parte delle informazioni riservate giunte alla cosca
Lampada sull’inchiesta condotta a loro
carico dalla Dda di Milano sarebbero
giunte anche da un giovane il cui padre
sarebbe stato in società con un colonnello del Ros di Reggio Calabria. È quanto
emerge dall’ordinanza del gip di Milano
che mercoledì ha disposto l’arresto di 10
persone tra le quali il presidente delle
misure di prevenzione del Tribunale di
Reggio Calabria, Vincenzo Giuseppe Giglio, ed il il consigliere regionale della Calabria Francesco Morelli (Pdl).
Un aspetto, scrive il gip, «che andrà
sicuramente approfondito», dal momento che parte delle informazioni che giungono ai Lampada «sono particolarmente accreditate perché sembrano provenire da un colonnello del Ros di Reggio».
Nell’ordinanza viene riportata l’intercettazione di
un colloIl gip:
quio avveinformazioni
nuto il 17
marzo
accreditate
2010 tra
È un aspetto
l’avvocato
da approfondire
Vincenzo
Minasi, arrestato anche lui ieri, Francesco Lampada e Leonardo Valle in cui si parla della
prima fase dell’inchiesta milanese che
porterà qualche mese dopo, nel giugno
2010, ai primi arresti. Minasi, riferendo
ciò che gli è stato detto da Giulio Lampada, dice agli altri che un giovane ha fornito alcune notizie sull’inchiesta e aggiunge, con una frase incompleta: «Il papà con il colonnello del Ros». «Allora chiede Francesco - il papà è in amicizia
con un colonnello del Ros?». «È socio»,
risponde Minasi che poi alla successiva
domanda «chi è questo colonnello del
Ros?», risponde: «E che ne so?».
Al giudice Giusti
piacevano
le donne dell’Est
Lampada pagava le escort al magistrato
che voleva coinvolgere anche il suo collega
REGGIO CALABRIA
Ma chi l’ha detto che le notti al ritmo di
“escort e champagne” sono un’esclusiva della
politica nazionale di casa nostra in salsa berlusconiana? Jana, 42 anni, dalla Repubblica
Ceca; Zhanna, 36 anni, dalla Russia; Elena,
41 anni, dalla Russia; Olga, 34 anni, dal Kazakistan; Denisa, 27 anni, dalla Repubblica Slovacca. Cinque donne per un magistrato, Giancarlo Giusti, che, è evidente, preferiva le bellezze dell’Europa dell’est. Ma se non vi è nulla di illecito nell’andare a escort, magistrato o Il magistrato Giancarlo Giusti
politico che sia, di certo le cose cambiano se il
servizio (completo, peraltro) viene interamen- zo era quello “standard” di una doppia, ovvete pagato da un esponente della ’ndrangheta. ro 130 euro. La spesa più impegnativa Giusti,
Lì qualcosa non torna. Lampada come Taran- pardon Lampada, l’affrontò nel 2009, quantini? Può essere, ma di certo l’imprenditore do nel mese di gennaio il giudice ebbe la possibilità di stare con la 42enne Jana, provenienpugliese non era legato alla malavita locale.
C’è, dunque, uno spaccato interessante che te dalla Repubblica Ceca. Il costo fu di 9600
viene fuori dalle carte di “Infinito”. Teatro di euro, a cui va aggiunta la presenza di una terquesto andirivieni di signore più o meno gio- za persona che alloggiò lì quella notte.
Ma Lampada pensava veramente a tutto e
vani è sempre lo stesso hotel, il “Brun” di Minon solo all’hotel. Pagava anlano. Che fosse la stanza 432,
che i viaggi aerei, con buona
o la 530, piuttosto che la 436
Per una serata
pace di chi pensava che il
poco importava. La cosa imcon
la
42enne
massimo potesse essere proportante erano le donne. Ancurare le donne alla personache perché a saldare tutto ci
Jana il boss
lità importante. Tarantini le
pensava Giulio Lampada. E
ha sborsato
selezionava e poi le faceva arnessuno pensi che le suite era9600 euro
rivare nella residenza di Berno di quelle che si trovano in
lusconi, Lampada, invece, olofferta. L’hotel Brun è uno dei
più esclusivi di Milano ed il giudice Giusti riu- tre a scegliere le donne ed a pagarle, saldava
sciva a “spendere” (si fa per dire) somme rag- anche il conto dell’hotel ed in alcuni casi delguardevoli: in un colpo solo 2mila euro, anche le cene. Come avvenuto la sera del 18 giugno
poco meno di 3mila. Solo in pochi casi il prez- del 2010, quando nell’esclusivo hotel Conven-
Crimine, il pm chiede
90 anni per 7 imputati
REGGIO C. Novant’anni
di carcere. Questa la richiesta
complessiva del sostituto procuratore Antonio De Bernardo nell’ambito dello stralcio
del processo “Il Crimine”, riunito ieri nel troncone principale che si celebra con rito abbreviato. Il magistrato della
Dda di Reggio Calabria ha invocato pene durissime per i
sette imputati che devono rispondere, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso ed altri reati. La pena più pesante (16 anni di prigione) è stata invocata per
Brunello Franzé; sono stati
chiesti 14 anni di reclusione,
invece per Vincenzo Commisso; stessa pena richiesta anche
per Tonino Schiavo. Leggermente inferiori, invece, le richieste per Bruno Ciancio, Salvatore Femia e Donato Fratto,
per i quali il pm ha invocato
una condanna a 12 anni di reclusione. Per Claudio Cianciaruso, infine, De Bernardo ha
chiesto 10 anni di prigione.
Prima dell’intervento del sostituto procuratore della Dda,
il gup ha ritenuto di riunire i
diversi procedimenti e farli afferire a quello principale che è
già in fase avanzata di discussione e la cui sentenza è prevista per gli inizi del febbraio
2012. Successivamente è stato
il turno di De Bernardo che ha
posto l’attenzione, per quel che
concerne Commisso, sulla lavanderia “Ape green”, vero
centro all’interno del quale si
gestivano gli affari della cosca
e venivano prese delle decisioni importanti che coinvolgevano non solo le consorterie di
Siderno ma anche quelle dell’Italia settentrionale. Ed è
proprio sugli esponenti torinesi che si è concentrata l’atten-
tion Center Melià di Milano, Giulio Lampada
invita a cena Giusti che, stavolta, si accompagna ad una giovane moldava di nome Victoria,
di appena 25 anni. Il prezzo è di 305 euro, pagato tutti in contanti.
Insomma, il mondo delle escort sembrava
essere molto apprezzato dal magistrato, tanto da pensare di coinvolgere anche un altro
giudice, Enzo Giglio. È ormai già tristemente
celebre l’intercettazione con la quale Giusti,
parlando con Lampada afferma: «Tu ancora
non hai capito chi sono io… sono una tomba,
peggio di… ma io dovevo fare il mafioso, non
il giudice… però l’idea di portarci il presidente (Giglio) a Milano non è male, sai?!?... Lo
vorrei vedere di fronte ad una stoccona».
Quelle escort, è facile immaginarlo, erano
molto avvenenti. E ciò, nell’immaginario di
Giusti, avrebbe messo a dura prova il suo collega magistrato.
CONSOLATO MINNITI
[email protected]
< il commento
zione del pm, il quale ha poi
allargato gli orizzonti andando a trattare le posizioni dei
cosiddetti “svizzeri” e dei “tedeschi”. In buona sostanza,
quindi, De Bernardo ha sostenuto la trasnazionalità del reato di associazione mafiosa ed
ha puntato molto anche sui
contrasti nella locale svizzera
che hanno portato anche a delle tensioni rilevanti all’interno
dell’organizzazione. Al termine della requisitoria, è stato il
turno delle parti civili. Successivamente il processo è andato al prossimo 5 dicembre,
stessa data nel quale proseguirà anche il troncone principale del procedimento che vede
alla sbarra le ’ndrine della provincia reggina nel primo processo che mira a dimostrare
l’unitarietà della ’ndrangheta
e la sua organizzazione verticistica con la “Provincia” quale
organo più importante, con diverse ramificazioni nel Nord
dell’Italia, nonché in Europa e
nel resto del mondo.
cons. min.
LA POLITICA? SILENZIOSA
glio perverso c’è dentro anche una parte
della società civile. È un intreccio che si
Ha ragione don Ciotti: la forza della autoalimenta e che si sta appropriando
’ndrangheta non sta dentro la ’ndran- di una parte della nostra regione. E la
gheta. La sua vera forza sta fuori. Sta in politica in tutto questo? La politica è in
“attesa di giudizio”. Imquella famigerata zona
pauriti, smarriti e congrigia fatta di commerfusi, i politici calabresi
cialisti, avvocati, politici
tira aria pesante
non riescono a dire nee addirittura giudici che
fanno affari con i clan,
nei palazzi reggini anche una parola sensata su quel che sta acche moltiplicano i loro
«Chi sarà il
cadendo in questi giorsoldi in cambio di voti e
ni drammatici. Eppure
che spifferano le indagiprossimo?» è la
di cose ne sono accaduni delle procure in camfrase-tormentone
te. Reggio, se qualcuno
bio di una serata con una
che circola
non se ne fosse accorto,
escort. Le mafie, tutte la
è sull’orlo del commissamafie, non sarebbero
nelle
stanze
del
riamento. Per non parnulla senza questi servi
consiglio
regionale
lare del caso della multisciocchi e senza il sosteservizi, la municipalizgno della politica e l’aiuzata del comune in cui
to di una parte della magistratura. Così come molti politici sa- gravitano milioni di euro e centinaia di
rebbero dei perfetti sconosciuti se non assuzioni, controllata per buona parte
avessero il sostegno dei clan. Senza lo lo- dai clan. Infine gli arresti di Franco Moro capacità di controllare il territorio e i relli, un uomo di punta del centrodestra
voti dei cittadini.Perché in questo grovi- calabrese e, come se non bastasse, il coinDI DAVIDE VARÌ
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’ndrine, giudici e politica
la richiesta del ministro
«La vera forza della mafia
ha il volto di un incensurato»
Severino: azione
disciplinare
contro Giglio
Don Ciotti (Libera): necessario abbattere la “zona grigia”
COSENZA
«La legalità è una bandiera che viene
spesso agitata anche da chi la calpesta
ogni giorno. È necessario abbattere quella “zona grigia” che è di legalità malleabile: un luogo interiore più che un luogo fisico. La vera forza della mafia sta fuori
dalla mafia e spesso ha il volto di un incensurato». Traspare amarezza nelle parole che don Luigi Ciotti ha riservato all’inchiesta della Dda di Milano che due
giorni fa ha portato all’arresto di 10 persone, tra le quali il presidente delle misure di prevenzione del Tribunale di Reggio
Calabria, Vincenzo Giuseppe Giglio, ed il
il consigliere regionale
della Calabria Francesco
Secondo
Morelli (Pdl). Il presidon Ciotti «le
dente di Libera, ieri a Cosenza per concludere un
responsabilità
seminario all’Università
della politica
della Calabria sui beni
sono enormi»
confiscati, non ha potuto
fare a meno di commentare la bufera giudiziaria che si è abbattuta sul giudice Giglio, l’uomo dello Stato ed
esponente di Magistratura democratica
al quale l’associazione Libera, nata nel
2005 per combattere le mafie e diffondere la cultura della legalità, si rivolgeva
ogni qual volta doveva parlare di beni
confiscati alla ’ndrangheta.
Ma i rifermineti di don Ciotti non si
fermano qua. E tira in ballo anche «le responsabilità della politica» che, dice, «sono enormi». «Serve determinazione e
coerenza - ha continuato -. Lotta alla mafia significa, lavoro, scuola, cultura e sostegno ai territori più fragili. Non si ottengono grandi risultati se cresce lo stato penale e diminuisce quello sociale. La speranza, in alcune parti d’Italia, si chiama
giustizia sociale ed ha il volto delle opportunità e dei progetti concreti».
AMAREGGIATO Il presidente di Libera, don Luigi Ciotti
«C’è un po’ di smarrimento - ha poi so- ma c’è un 55% dei beni confiscati che non
stenuto - di fatica. Abbiamo sempre sa- può essere destinato a causa delle ipoteputo però la capacità delle mafie di rige- che bancarie che gravano su di essi. Quenerarsi, di trovare nuovi canali, sostegni, sto è inaccettabile e la politica anche nei
alleanze, dunque non stupisca questo. confronti delle banche deve essere molto chiara».
Gratitudine al lavoro del«A volte - ha concluso
la magistratura che lo ha
«A volte ci sono
- ci sono delle battute
scoperto». Don Ciotti ha
delle
battute
d’arresto che lasciano un
poi aggiunto: «Tra i beni
po’ d’amarezza dentro.
confiscati c’è il Café de
d’arresto
Scoprire che chi si occuParis di Roma, un simche
lasciano
pava di queste cose era al
bolo dove la prossima
amarezza»
servizio di qualcun alsettimana entreranno i
tro... Questo non deve
prodotti frutto del lavoro dei giovani sulle cooperative confisca- impedire di guardare oltre e di essere cate ai mafiosi. Quindi chi andrà a prende- pace di unire di più le forze perché è il noi
re il caffé troverà questi prodotti. È un se- che vince. Ognuno con la propria compegno delle positività in contrasto con le ne- tenza e professionalità».
d. m.
gatività. La confisca è una realtà positiva,
ROMA Il ministro della Giustizia Paola Severino ha avviato l’azione disciplinare nei confronti del magistrato Giuseppe Vincenzo Giglio arrestato nell’ambito
dell’inchiesta della Dda di Milano. E intanto il Pg della Cassazione Vitaliano Esposito ha chiesto la sospensione del magistrato dalle funzioni e dallo stipendio. In realtà l’iniziativa disciplinare del ministro Severino è un “atto dovuto”, nel senso che in
presenza di un provvedimento di custodia
cautelare nei confronti di un magistrato il
“tribunale dei giudici” è tenuto a procedere alla sospensione. Si tratta cioé di una richiesta di un provvedimento in via d’urgenza, non ancora dell’esercizio dell’azione
disciplinare nei confronti dello stesso magistrato.
Il presidente dell’Anm Luca Palamara
con riferimento alle indagini che hanno
portato all’arresto di Giglio ha detto che «al
di là del merito dell’inchiesta, di cui non
possiamo discutere, in questo momento
abbiamo molto disagio e una profonda indignazione per quanto accaduto». Palamara ha poi sottolineato che da questa vicenda emerge comunque un aspetto positivo:
«La magistratura applica la legge nei confronti degli stessi magistrati senza esitazioni».
«La vicenda che riguarda i colleghi Vincenzo Giglio e Giancarlo Giusti ci sconcerta ed addolora». Così il presidente Iside
Russo e il segretario Tommasina Cotroneodell’Anm, sezione Reggio Calabria,
che auspicano «che questi fatti non intacchino la credibilità dell’istituzione giudiziaria e non venga meno la fiducia dei cittadini verso la magistratura reggina, da sempre
impegnata sul versante della legalità».
Magistratura democratica- distretto di Reggio Calabria - sollecita invece «un
dibattito interno alla magistratura reggina,
affinché si proceda ad analizzare stili e modelli professionali e personali, per fissare
alcune condivise linee di comportamento».
E IN “ATTESA DI GIUDIZIO”
Grasso: alto l’allarme
sulle infiltrazioni
volgimento di due giudici dell’antimafia. simo?”, è la frase che più di ogni altra cirEcco, di fronte a questo quadro così cola nelle stanze del consiglio regionale.
drammatico, la politica è lì, immobile e si- La sensazione, infatti, è che l’arresto del
lenziosa. A parte qualche frase di circo- consigliere Franco Morelli sia soltanto
stanza, la gran parte dei nostri politici l’inizio di una valanga che di qui a poco
travolgerà la politica casono sostanzialmente
labrese. Ma nel frattemdefilati. Tutti. Anche chi
po l’immagine pubblica
ha avuto un ruolo storise
ci
manca
calabrese è devastata.
co in questa regione
Quello che è emerso in
sembra sparito nel nulla voglia...
questi ultimi mesi rila. Nessuna notizia di
Ci
troveremo
manda a una situazione
Minniti, di De Sena, tanto per fare qualche noancora nelle mani di irreversibilità. E finme. Persone di spessore
ché la politica non decidi un giudice
nazionale che molto dederà di fare pulizia, pumilanese che
vono a questa terra. Anlizia vera, nei propri orche loro, come la gran
ganigrammi, la situaviene
a
far
pulizia
parte dei loro colleghi cazione è destinata a pega
casa
nostra
labresi, sono intrappolagiorare. Ma nessuno
ti in un incomprensibile
sembra intenzionato a
immobilismo. Forse sofare questo primo pasno in attesa che la magistratura, la ma- so. E così ci troveremo ancora nelle magistratura milanese però, finisca il pro- ni di un giudice milanese che viene a far
prio lavoro. Finisca di far pulizia.
pulizia in casa nostra perché noi non ne
In effetti tira un’aria pesante nei pa- abbiamo la forza. E forse non ne abbialazzi del potere reggino. “Chi sarà il pros- mo neanche voglia.
lo magistratura e forze di polizia riescono a contrastare efficacemente queste organizzazioni. Anche se purtroppo
sono solo alcuni i casi che diventano oggetto di indagine
e probabilmente rappresentano la punta di un iceberg di
un fenomeno più esteso».
«Ciascuno nel suo ambito - è
l’appello del capo della Dna le forze sociali e gli ordini
professionali, dovrebbero vigilare per evitare l’inquinamento della vita democratica
da parte di organizzazioni che
creano spesso un collante tra
criminalità, affari e politica».
«Le cricche - aggiunge
Grasso - i comitati di affari e
tutti quei comportamenti che
cercano di creare una sorta di
“club” che offrono privilegi e
movimentano capitali anche
verso l’estero, che creano fondi neri o sfruttano le minori
ROMA «Magistratura e
forze di polizia non abbassano mai la guardia ma l’allarme criminalità esiste per la
’ndrangheta e per ogni altro
tipo di organizzazioni criminali» che puntano ad «infiltrarsi nella società civile, nell’economia e nella politica».
Lo dice all’Adnkronos il procuratore nazionale antimafia,
Piero Grasso (nella foto).
«È un discorso che abbiamo sempre fatto - rimarca
Grasso - ma vediamo che so-
sanzioni del falso in bilancio,
creano quell’economia sommersa che è stata valutata intorno a un terzo dell’economia generale italiana». «Questo - rimarca il procuratore
nazionale antimafia - finisce
per incidere sull’eguaglianza
tra i cittadini, soprattutto sotto il profilo dell’equità fiscale
perché sottrae all’imposizione non solo i beni provenienti dalla criminalità organizzata ma anche quelli che vengono da evasione fiscale e
corruzione. Da uno studio di
Confindustria - ricorda Grasso - la valutazione sulla sottrazione all’imposizione fiscale è stata valutata in 270 miliardi di euro. È ovvio che in
questo momento la percentuale dovuta al fisco su questa
somma, potrebbe risolvere
gran parte dei problemi dell’economia italiana».
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ora
’ndrine, giudici e politica
dalla prima
L’ANTIMAFIA
SERVE SOLO
A FAR CARRIERA
(...) La terza questione è un vecchio
tema, che fu sollevato tanti anni fa da un
grande intellettuale italiano, e cioè da
Leonardo Sciascia: quello dei “professionisti dell’antimafia”.
Ha ragione la Boccassini? Penso di sì.
Mi pare che con l’autorevolezza che le
deriva dalla sua lunga carriera (e persino dal curriculum “ultralegalitario”
che l’ha trasformata nell’icona del partito dei giudici) abbia toccato un tema
delicatissimo e complicatissimo che in
genere è quasi impossibile affrontare.
Noi di “Calabria Ora” da diverso tempo cerchiamo di proporre questo problema e di offrirlo alla discussione pubblica. Con poco successo, perché a nessuno piace discutere, tutti preferiscono
lanciare anatemi e avvolgersi in grandi bandiere che danno identità e moralità a buon mercato.
Adesso, finalmente, non sarà più possibile negare che la questione c’è. L’antimafia è diventata un simbolo stinto,
privo di valore, una grande impalcatura burocratica e inefficiente che raccoglie cittadini sinceri e coraggiosi insieme a un bel gruppetto di “professionisti”, mestieranti, gente in cerca di collocazione, carrieristi, e persino personaggi dello Stato che hanno buoni rapporti
con le cosche.
Naturalmente si può immaginare che
sia semplicemente una questione di doppio-gioco. E cioè che basti individuare
un certo numero di giudici o poliziotti
infedeli e il problema è risolto. Ma purtroppo non è così, e la denuncia di Ilda
Bocassini è più drammatica: quando dice che l’antimafia non esiste più, segnala una realtà evidentissima: ci spiega
che la vecchia antimafia è pura retorica, è inutile e va rifondata.
Già. Bisognerà ricominciare a ragionare sulla Calabria, sulla ’ndrangheta e
sui rapporti che esistono tra mafia e società calabrese. Chiedendo ai giudici di
fare il loro lavoro, seriamente, ma restando fuori dalla politica e da un generico impegno civile. E alla politica - se
ancora ne è rimasto qualcosa di vivente - di affrontare il problema di fondo:
l’assenza dello Stato in Calabria, non nel
senso dello Stato-repressione, delle manette, ma dello Stato che “investe” e che
regola i rapporti personali, quelli sociali, il lavoro, l’economia, la produzione, la
distribuzione della ricchezze.
Giorni fa abbiamo scritto una lettera
all’allenatore della nazionale italiana,
Prandelli - quando l’Italia è venuta a
giocare una partita in Calabria per testimoniare il proprio impegno antimafia - e gli abbiamo detto che che in questo modo non faceva niente di buono.
Semplicemente indicava la Calabria come una terra che ha un problema solo:
la mafia. E cioè faceva esattamente
quello che la mafia vuole che si faccia.
Voi pensate che la mafia abbia paura
delle manifestazioni, delle grida sui
giornali, delle frasi fatte dell’indignazione? No: se ne frega. E talvolta riesce anche a trovare un accordo con alcuni degli indignati.
La mafia ha paura di una sola cosa:
di una grande riforma che spezzi i rapporti padronali, lobbistici, medievali che
regolano la vita di questa regione. Ha
paura di un ritorno dello Stato e della
politica. Per ora, sembra, può dormire
sonno tranquilli...
Piero Sansonetti
Lampada anticipò
l’imminente nascita
del “Terzo Polo”
Il presunto boss intuì le strategie centriste
Voleva approfittarne per lanciare Giglio
Pierferdinado Casini
Savino Pezzotta
CATANZARO Politici, giudici, medici, nani, ballerine, affaristi, questuanti, scambisti,
millantatori, frequentatori di zone grigie, conoscenti di malavitosi, yes man. Nell’ordinanza del gip di Milano Giuseppe Gennari c’è una
vasta carrellata di personaggi che descrivono
un mondo levantino che tresca, costruisce guadagni, ipotizza inganni, prefigura carriere, intreccia ambizioni, coltiva sogni sociali, immagina scenari rosé. Nell’ombra. E nelle pieghe
delle conversazioni captate dagli investigatori
salta fuori anche la politica nature nature. Addirittura l’alta politica. In modo lucido e profetico. Al punto di anticipare la nascita del Terzo
Polo. Mai sottovalutare le risorse nascoste dei
presunti affaristi. Nelle pagine 351 e 352 della
citata ordinanza si legge una conversazione di
Vincenzo Giglio, medico, con Giulio Giuseppe
Lampada. Quest’ultimo si dimostra un politologo sopraffino, sempre sulla notizia, capace di
anticipare gli scenari politici. Attenzione alla
data. La conversazione è stata registrata alle
ore 15,47 del 7 febbraio 2008. Si parla di “Rosa Bianca”, il movimento cattolico di Savino
Pezzotta, che flirta con l’Udc di Pierferdinando
Casini. E, infatti, il 28 febbraio 2008, ovvero 21
giorni dopo, nasce ufficialmente la “Rosa Bian-
Bruno Tabacci
ca” che firma un accordo politico dell’Udc in
vista di un Terzo Polo che ancora non è stato
neppure concepito. Il via libera arrivò dopo un
lungo e tormentato ufficio politico della “Rosa
Bianca” riunito negli uffici di via Ludovisi 35. Il
comunicato formale arrivò intorno alle 13. Poche ma eloquenti righe. Soprattutto fu il via libera che in via Due Macelli, sede dell’Udc,
aspettavano dalla notte precedente. Un disegno
già presente nella mente di Giulio Lampada,
che parla di tattiche strategie. Lo stesso Lampada si sbilancia con il suo interlocutore: il Terzo Polo prende il 10 per cento ed Enzo Giglio diventa deputato. Minchia, direbbe Camilleri.
Questo signore, che conosce la storia di Andreotti e Martinazzoli, ha la vista della lince, il fiuto del segugio e le orecchie del pellerossa. E’
meglio, come politologo, di Stefano Folli.
Di seguito riportiamo la trascrizione integrale della parte creativa del colloquio telefonico
tra Lampada e Giglio.
GIGLIO: Amore
LAMPADA G.: e tanta pappida (canta)
GIGLIO: viva la rosa bianca
LAMPADA G.: la rosa bianca .. ti piace vero la rosa bianca?
GIGLIO: ci penso a queste cose io vedi co-
me ho pensato poi ad un’altra cosa io non è che
.. queste cose mi piacciono queste iniziative
LAMPADA G.: ti piacciono vero .. mi muovo bene vero?
GIGLIO: ma non sono sbagliate perché sai
come tutte le cose dopo potrebbe essere tutto
un flop se ti ricordi quando nacque la ....
LAMPADA G.: sicuramente ....
GIGLIO: ... democrazia cristiana di Andreotti per il movimento che ha creato è fallito
LAMPADA G.: Martinazzoli .. Martinazzoli era .. Martinazzoli per ...
GIGLIO: è fallito è fallito il progetto
LAMPADA G.: sì sì sì
GIGLIO: eppure c’erano nomi di spessore
il povero (u maru) Armando Veneto era sottosegretario con l’Udeur
LAMPADA G.: rifletti un attimo rifletti un
attimo ma se per puro caso questi signori calcolano che devono prendere un quattro
GIGLIO: bravo
LAMPADA G.: e questo terzo polo prende
il dieci Enzo Giglio diventa deputato a Roma
GIGLIO: guarda tu che .. guarda tu che cosa ci è capitato (n’ imbattiu) guarda tu
LAMPADA G.: mi hai capito ...
GIGLIO: quante persone si sono sistemate
LAMPADA G.: mi hai capito qual è il mio
concetto?
GIGLIO: però bisogna creare i contatti subito con questa gente e vedere come sono posizionati in campo
LAMPADA G.: eh e scu .. scusami un secondo .. e a Zobbi che lo vogliamo
GIGLIO: si è vero è vero
LAMPADA G.: eh eh eh (ride) io già mi sono calmato nel mio cervello .. pure .. perché ce
l’ho libero con la grazia di Dio .. sono uscito ora
compare poi parliamo … con calma di queste
cose .. sono uscito ora
GIGLIO: lui
LAMPADA G.: sì
GIGLIO: Zobbi Zobbi dov’è messo in quale
LAMPADA G.: con Casini .. Casini
GIGLIO: alt è vero sì sì
LAMPADA G.: tu pensi che non è in buoni rapporti con Tabacci o Baccini?
GIGLIO: sì sì se li ha sdoganati Casini, sì è
vero
LAMPADA G.: e chi li ha sdoganati .. mia
sorella?
GIGLIO:se c’è un benestare di Casini a questo movimento allora sì
LAMPADA G.: e anche se non c’è lo .. incomp .. compare .. pure che non c’è. .. ce lo deve presentare per vedere quello che dobbiamo
fare.
Lampada è informatissimo perché Bruno
Tabacci e Mario Baccini divorzieranno da Casini, perché il primo andrà all’Api e il secondo
nel Pdl.
BRUNO GEMELLI
[email protected]
dietro le quinte
Franco Morelli? “Scaricato” perché...
CATANZARO Gianni Alemanno, leader della destra sociale nonché sindaco di Roma, quando gli garba è sibillino. Di Franco Morelli
ha detto: «che faceva parte del Pdl». E’ stato già liquidato, cancellato. Eppure il 29 marzo 2010 lo stesso Alemanno
(nella foto) sostenne la campagna elettorale di Morelli che in uno spot arringava: «Votatelo, lui è la
persona giusta, che indica la strada». Il realtà bisogna capire Alemanno quando parla di Morelli al passato. Egli nella componente anennina è stato un
ospite. Gradito, illustre. Ma ospite, nel senso che il
consigliere regionale non veniva dall’esperienza della destra missina. Arriva nell’ambiente relativamente da poco. Dal 2010, o poco prima. Franco Morelli
nasce politicamente vicino a Riccardo Misasi anche
se la sua esposizione partitica è invisibile. Cioè: non
si conosce all’esterno. Poi nel 2000 Giuseppe Chiaravalloti lo chiama quale capo gabinetto della presidenza della giunta regionale. Morelli diventa il
Gianni Letta della Calabria. E’ cortese, parla a bas-
sa voce, disponibile, curiale. Sembra un camerlengo. Don Peppino
gli assegna tutta la tastiera della stanza dei bottoni, e assolve con garbo le emergenze, accoglie tutti e, quasi sempre, convince tutti. Insomma, ci sa fare. In cinque anni ha tessuto tante relazioni, ha visto tanta gente, ha ricevuto tanti questuanti, a ciascuno una parola di confronto e di incoraggiamento. Nel frattempo intesseva rapporti
stretti con la destra di Alemanno, tanto da diventarne un punto di riferimento. Alle elezioni del 2010
scassa. Migliaia di voti. Si aspetta un assessorato,
come minimo. Magari da potere scegliere. Scopelliti non lo fa entrare ed Alemanno invita Morelli a
non fare lo schizzinoso, a prendere la presidenza
della commissione regionale bilancio che non da è
sputare. Ma l’interessato coltiva sempre il sogno di
entrare in giunta. L’occasione era a portata di mano perché sembrava che il rimpasto fosse dietro l’angolo. Poi...
br. gem.
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Uccisa e sciolta nell’acido
Il processo è da rifare
Con il cambio del giudice accolte le richieste della difesa
COSENZA
omicidio di lea garofalo
Tutto da rifare, il processo
sulla morte di Lea Garofalo ripartirà da zero. Gli interrogatori dei testimoni non potranno essere utilizzati in fase dibattimentale e dovranno essere ripetuti. Così come dovrà
essere nuovamente ascoltata
Denise, figlia della vittima,
che con la sua deposizione è
riuscita a dare una svolta al
processo diventando teste
chiave per l’accusa. Ci vorrà
un vuovo processo.
E’ un colpo di scena inatte- cusate a vario titolo di aver seso che rischia di fare dilatare questrato la donna, nella noti tempi previsti per la senten- te tra il 24 e il 25 novembre
za di primo grado portando 2009, di averla torturata e uccome conseguenza alla scar- cisa per poi scioglierla nelcerazione degli imputati. In- l’acido in una campagna del
Milanese.
fatti, se entro
A fare “salluglio non
tare” il prodovesse arriinterrogatori
cesso in corvare il primo
so è stata la
verdetto del
da rifare
decisione del
giudice
le
La figlia dovrà
giudice Gripersone arreessere riascoltata solia che ha
state ad ottobre
dello
così come gli altri accettato la
a cascorso anno
testi. «Per Denise nomina
po di gabiper il delitto
netto
del
della testisarà una nuova
nuovo minimone di giusofferenza»
stro di Giustizia tornestizia creanrebbero in libertà per dedo un caso
correnza dei termini di custo- sul quale si era mobilitato andia cautelare. Eventualità che il presidente del Tribunaquesta che farebbe gridare al- le di Milano Livia Pomodoro,
nel tentativo di far proseguire
lo scandalo.
Ieri i giudici della prima il processo tenendo valide le
Corte d’assise di Milano, pre- testimonianze registrate agli
sieduta da Anna Introini che atti.
Gli avvocati della difesa, a
ha sostituito Filippo Grisolia
hanno accolto le richieste del- causa del cambiamento nella
la difesa decidendo di azzera- composizione della Corte,
re il processo nel quale sono hanno negato il consenso alla
imputati l’ex convivente di “continuità” perché: «Il giuLea Garofalo, Carlo Cosco e dice che andrà in camera di
altre cinque persone tutte ac- consiglio deve essere lo stesso
Carlo Cosco
che ha partecipato all’assunzione delle prove». Una richiesta procedurale che il collegio ha accolto disponendo
di rinnovare l’attività istruttoria non potendo limitarsi alla
lettura delle dichiarazioni rese.
Occorrerà risentire i testi
per «garantire il rispetto dell’oralità del dibattimento».
Nel motivare la decisione di
“azzerare” il processo i giudici hanno citato una sentenza
della corte di Cassazione, intervenuta il 6 aprile 2011 su
un caso simile, e hanno disposto di «dare rinnovo all’attività istruttoria non potendosi limitare alla lettura delle dichiarazioni rese», ordinando
di «risentire i testi e ripartire
tenendo salvo l’ordine di ammissione».
La notizia ha provocato la
ferma reazione dei legali rappresentanti delle parti civili
che hanno chiesto venga imposto dal Tribunale un ritmo
serrato alle udienze e che, entro luglio, si arrivi a una sentenza di primo grado.
«La difesa ha esercitato la
sua facoltà - ha spiegato Roberto D’Ippolito, il legale della madre e della sorella di Lea
Massimo Sabatino
Vito Cosco
Giuseppe Cosco
Garofalo - purtroppo il rischio gni erano stati gli autori del
concreto è quello che gli im- delitto di Lea. Dichiarò di non
putati tornino in libertà, e su aver mai avuto il coraggio di
questo bisognerà vigilare».
parlare perché temeva di es«I familiari - ha aggiunto sere ammazzata così come
l’avvocato- sono rimasti scon- avevano fatto con la madre.
certati
da
Per affretquesta decitare i tempi
sione e per
ed evitare le
giustizia
Denise torscarcerazioni
nare in aula
il pm Marcela rischio
sarà
una
lo Tatangelo
Entro luglio il
nuova soffeha già ricontermine per
renza ma è
vocato in aula
una ragazza
i primi testiemettere
molto forte. I
moni, ed ha
la
sentenza
miei assistiti
subito dato
dopo aver
seguito alla
ed evitare le
appreso la
sostituzione
scarcerazioni
notizia hanuno dei legali
no reagito
degli imputati, l’avvocato
tutti
con
molta determinazione decisi Vincenzo Minasi, arrestato
a ottenere giustizia in nome mercoledì in esecuzione di
un’ordinanza emessa dal gip
di Lea».
Come gli altri testimoni an- di Milano per l’inchiesta delche Denise dovrà ripetere la la Dda contro la cosca dei Valdeposizione resa in aula a set- le-Lampada con l’accusa di
tembre ripercorrendo l’odis- concorso esterno in associasea vissuta tra il 2002 e il zione mafiosa, rivelazione di
2008 assieme alla madre. In segreti d’ufficio e intestazione
quell’occasione, la 19enne ri- fittizia di beni.
Per procedere in maniera
ferì al giudice di quando andò
a vivere dal padre e per un an- spedita è stato fissato un fitto
no fece finta di nulla pur sa- calendario di udienze. Sei a
pendo che lui e i suoi compa- gennaio, sette a febbraio e al-
Confiscati beni per 30 milioni
Il patrimonio era di propietà dell’imprenditore Arcuri
CATANZARO
Beni mobili e immobili sono stati
confiscati dagli uomini della Direzione investigativa Antimafia di Catanzaro, per un valore di 30milioni di
euro all’imprenditore crotonese,
Francesco Arcuri, di 62 anni di origine crotonese. Un’indagine nata dopo che l’imprenditore è stato condannato in via definitiva a tre anni di
reclusione per il reato di tentata
estorsione aggravata dalle modalità
mafiose il 15 aprile 2009 nell’ambito dell’operazione “Obra”.
Confiscati due aziende di Crotone,
la “Arcuri Francesco impresa individuale” dedita al recupero, riciclaggio
di rifiuti solidi urbani ed industriali e
la società “Resycling srl” che si occupa del riciclo di rifiuti, trasloschi e
compattazione di container, 4 terreni, 11 fabbricati, 6 autovetture, 41
mezzi industriali e 12 rapporti finanziari. Il personale della Dia ha com-
La conferenza stampa tenutasi a
Catanzaro e in alto il 62enne
Francesco Arcuri, condannato in via
definitiva a tre anni di reclusione
piuto una serie di verifiche ed accertamenti sul patrimonio di Arcuri e su
altri componenti del suo nucleo familiare. Dai rilievi svolti sarebbe
emersa una sproporzione enorme tra
i redditi dichiarati ed i beni materialmente in loro possesso. Accertamenti che hanno riguardato l’arco tempo-
rale compreso tra il 1985 ed il 2009,
e riferiti ai cespiti diretti e indiretti in
qualunque modo riconducibili ad
Arcuri, attraverso l’analisi dei bilanci aziendali, la copiosa documentazione bancaria, allo scopo di dimostrare, la netta sproporzione tra il
reddito dichiarato ai fini delle impo-
ste dirette e le attività economiche
esercitate. Il provvedimento di confisca è stato adottato dalla Corte di
Appello di Catanzaro su proposta
della Procura generale, in seguito agli
accertamenti eseguiti dalla Dia di Catanzaro.
I dettagli dell’operazione sono sta-
tre sei a marzo, con l’obiettivo
di arrivare alla sentenza di
primo grado prima di luglio.
Ciò secondo il ministro della
Giustizia Paola Severino dovrebbe assicurare una celebrazione del processo in tempi rapidi, «tali da riassorbire
le conseguenze del mutamento nella composizione del collegio». Intanto un appello al
ministro della Giustizia, Paola Severino, affinché il suo
nuovo capo di gabinetto Filippo Grisoli, possa completare il
processo è stato lanciato da
Alfredo Mantovano e Guido
Crosetto (Pdl). «È nella prassi - sostengono i due deputati
- che in casi del genere vi siano effetti negativi sui giudizi
in corso che segue chi è chiamato a svolgere il nuovo incarico. Ma è nella medesima
prassi, raccomandata dal
Csm e dall’Anm, che chi cambia funzione salva le pendenze più importanti, per evitare
rischi (sussistenti nel caso
specifico) di liberazione per
decorrenza termini degli imputati, e comunque gravi disagi per i testimoni».
In questa vicenda, proseguono, «ciò non è accaduto.
Ben consapevoli della sensibilità della Severino, le rivolgiamo un appello, anche alla
stregua della esperienza istituzionale da ciascuno di noi
svolta fino a qualche giorno
fa, perché questi rischi e questi disagi, che potrebbero essere irreparabili, siano scongiurati; perché, quindi, disponga che la completa assunzione del nuovo incarico
da parte di Grisolia gli permetta di completare almeno
il processo in questione».
FRANCESCO FERRO
[email protected]
ti illustrati nel corso di una conferenza stampa negli Uffici della Procura
generale di Catanzaro alla presenza
del procuratore generale di Catanzaro Santi Consolo, Domenico Prestinensi e il coordinatore della Dia di
Catanzaro Antonio Cannarella.
«Tutta la magistratura requirente
del distretto è impegnata nel garantire lo sviluppo sano dell’economia
del territorio - ha detto Consolo - che
si attua anche aggredendo il patrimonio illecito che costituisce il limite e il cancro alle libere iniziative del
cittadino scevre anche da comportamenti estorsivi nei confronti di chi
invece vuole lavorare onestamente».
È la tappa di un progetto, come ha
sottolineato Cannarella:« che parte
da un’attività d’indagine durata due
anni e che mira ad individuare in
maniera radicale tutte le ricchezze
patrimoniali illecite che possono essere aggredite con gli strumenti che
il legislatore mette a disposizione».
Secondo le indagini dell’ epoca,
l’estorsione sarebbe avvenuta ai danni di un responsabile della Biomasse
spa impegnata nella realizzazione di
una centrale a Strongoli.
Gabriella Passariello
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Violentarono un disabile
Stangata per gli “Orchi”
Per i 9 imputati pene più severe rispetto alle richieste del pm
COSENZA
Condanne decisamente più
pesanti di quelle chieste dal
pubblico ministero: le ha inflitte il giudice del tribunale di
Cosenza Salvatore Carpino ai
9 imputati del processo (celebrato con il rito abbreviato)
per violenza sessuale. La sentenza è stata emessa ieri intorno all’una. Le pene vanno dai
7 ai 5 anni di reclusione.
Gli imputati sono stati riconosciuti colpevoli di aver ripetutamente abusato di un ragazzo disabile. I fatti sono avvenuti a Cosenza tra il 2003 e
il 2010. Inizialmente gli imputati erano 13. Sono quattro,
dunque, quelli che saranno
giudicati con il rito ordinario
(Mario Aiello, Eugenio De
Cicco, Franco Adamo Spadafora e Antonio Spadafora). Il
dibattimento è iniziato lo
scorso 8 novembre.
Ed ecco le condanne: 7 anni di reclusione per Giuseppe
Pugliese ; 6 anni di reclusione
SENTENZA DI PRIMO GRADO
LE CONDANNE DEL GIUDICE
Giuseppe Pugliese
7 anni
Pasquale Andali
6 anni
Antonio Donvito
6 anni
Vincenzo Gagliano
6 anni
Cosimo Pastorello
5 anni e 4 mesi
Giuseppe Santoro
5 anni
Aldo De Rose
5 anni
Massimo Lo Monaco
5 anni
Ferdinando Mele
5 anni
per Pasquale Andali, Antonio
Donvito e Vincenzo Gagliano;
5 anni e 4 mesi per Cosimo
Pastorello; 5 anni per Aldo
De Rose, Massimo Lo Monaco, Ferdinando Mele e Giuseppe Santoro. Gli imputati
sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e al risarcimento della parte
civile, rappresentata dall’avvocato Valeria Baffa. Il giudice ha disposto per tutti, infine,
COLPEVOLI
I nove imputati
sono stati
riconosciuti
tutti colpevoli di
aver abusato più
volte di un
ragazzo disabile.
Il processo
scaturisce
dall’operazione
“Orchi”. Nella
foto in alto la
conferenza
stampa, accanto
il pm Tridico
l’interdizione perpetua dai
pubblici uffici.
Decisive ai fini della condonna sono state le perizie
psichiatriche fatte sulla vittima. I grandi interrogativi di
questo processo erano sostanzialemente: può una persona
affetta da disabilità psichica
dare il proprio consenso a fornire consapevlmente prestazioni sessuali? E soprattutto,
può essere definito vittima di
violenza una persona che in
diverse circostnze è stato anche parte attiva nei rapporti
sessuali con gli imputati? La
risposta che si è dato il giudice, evidentemente, è no. Che
poi è la tesi sostenuta dal pubblico ministero sia nella requisitoria sia nelle repliche alle
discussioni degli avvocati.
Il processo scaturisce dall’operazione Orchi, del 5 aprile scorso. Quel giorno finiro-
no in manette 13 persone accusate di aver ripetutamente
abusato sessualmente di un
ragazzo disabile. Una brutta
storia che racconta della depravazione di un gruppo di
persone ma anche del degrado del contesto sociale nel
quale si sono svolti i fatti. Un
contesto sottolineato sia dal
pubblico ministero Antonio
Bruno Tridico sia dagli avvocati difensori, che non rappresenta certamente un’attenuante, ma che comunque
contribuisce a spiegare fatti
altrimenti incredibili. Le indagini vennero condotte dai
carabinieri della stazione di
Cosenza centro storico, guidati dal maresciallo Cosimo Saponangelo, che avevano capito da tempo che c’era qualcosa che non andava nella vita
del ventottenne Andrea Posteraro.
Un giorno si presentarono a
casa del ragazzo chiedendogli
spiegazioni a proposito di certe voci e lui si confidò col ma-
resciallo.
Secondo l’accusa dietro le
violenze non c’era una regia.
Gli imputati sarebbero entrati in contatto con il disabile attraverso un diabolico passaparola che lo segnalava come
soggetto disponibile e che col
tempo ha dato vita a una sorta di club dei pervertiti. Il giovane raccontò come avvenivano gli incontri, i posti dove gli
orchi lo portavano per consumare i rapporti, le violenze e le
perversioni alle quali lo sottoponevano. Un campionario
degli orrori che fece rabbrividire gli inquirenti e l’opinione
pubblica.
Gli avvocati difensori degli
imputati (tra gli altri Matteo
Cristiani, Dario Scrivano,
Amalia Falcone, Giuseppe
Lanzino, Angelo Nicotera,
Paolo Pisani, Luigi Bonofiglio
e Giuliana Ricioppo) hanno
preannunciato il ricorso in appello.
ALESSANDRO BOZZO
[email protected]
attentato alla procura di reggio
«Compatibilità parziale»
La perizia sul motorino di Cortese e quello del video della bomba
CATANZARO Compatibili ma
solo parzialmente le parti meccaniche del motorino di Antonio Cortese, ritenuto l’esperto di esplosivo e
mercenario al servizio dei grandi
casati mafiosi reggini con il fogramma che si vede nel video dell’attentato alla Procura generale. Mentre
sono risultati incompatibili i pantaloni della tuta indossati dallo stesso
Cortese. Una conclusione che si
evince dalla perizia effettuata da
Michele Mininni e depositata ieri
davanti al gip di Catanzaro, Assunta Maiore, che ha acquisito gli esiti
degli accertamenti tecnici nel corso
dell’incidente probatorio. Due dei
diversi quesiti relativi all’integrazione peritale nell’ambito dell’inchiesta sulle bombe fatte esplodere lo
scorso anno contro la Procura generale di Reggio e l’abitazione del
procuratore generale Salvatore Di
Landro, e sull’intimidazione al procuratore di Reggio, Giuseppe Pignatone, con un bazooka fatto trovare davanti la sede della Dda reggina, sono stati, quindi, svelati.
Il prossimo 19 dicembre verrà
ascoltato il perito in merito alla consulenza depositata in atti dallo stes-
“Free village”
Chieste
6 condanne
per estorsione
L’immagine della videosorveglianza sulla bomba piazzata alla Procura il 3 gennaio
so Mininni. L’incidente probatorio
si è focalizzato proprio su quel ciclomotore Honda SH300 sequestrato a Cortese, modello analogo
rispetto a quello che risulta dal fotogramma. In altre perizie sono state trovate numerose tracce di im-
CATANZARO Sei condanne sono
state chieste dal pubblico ministero,
Vincenzo Capomolla, nel processo con
rito abbreviato per le presunte estorsioni nei confronti di una società che gestisce un villaggio turistico a Sant’Andrea dello Jonio. Il processo è in corso
davanti al giudice per le udienze preliminari, Antonio Rizzuti. Il pubblico
pronte digitali, ma su nessuna di
queste è stata possibile effettuare
una comparazione. In altri termini,
non si sono potuti utilizzare i numerosi frammenti di impronte digitali trovati su alcuni elementi.
I periti non hanno trovato nessu-
ministero ha chiesto la condanna a 19
anni di reclusione per Mario Mongiardo, ritenuto dagli inquirenti un elemento di spicco della cosca Gallace di
Guardavalle; 14 anni di reclusione per
Francesco Corapi, 5 anni un mese e 10
giorni per Bruno Ranieri, 6 anni, 2 mesi e 20 giorni per Cosmina Samà, 8 anni di reclusione per Francesco Ranieri
na traccia biologica dalla quale si nascosto sotto un vecchio materaspossa estrarre il Dna. Nell’ambito so abbandonato ai margini di una
dell’inchiesta sulle intimidazioni ai strada utilizzata dagli uomini del
magistrati reggini nei mesi scorsi pool antimafia nei loro spostamensono state arrestate 4 persone, rite- ti da e per gli uffici giudiziari ospinute mandanti ed esecutori della tati al Cedir, il centro direzionale
della città.
strategia della tensione.
Accertamenti saranno compiuti
L’inchiesta ha avuto un impulso
decisivo dalle dichiarazioni del boss anche sulla cabina telefonica dalla
pentito Antonino Lo Giudice, che si quale Cortese, secondo l’accusa, ha
è auto accusato di essere il mandan- avvertito il 113 della presenza del
te ed ha chiamato in causa il fratel- lanciamissili, e sulla registrazione
lo Luciano ed altre due persone: della telefonata per avere la certezAntonio Cortese e Vincenzo Punto- za che a chiamare sia stato proprio
il presunto artificierieri, legato allo
re della cosca, l’uostesso Cortese, acmo indicato dal
cusati dell’esecuzioi risultati
boss pentito Antone materiale dell’atnino Lo Giudice, ditentato.
della perizia
feso dai legali Aldo
La perizia si è foSono
risultati
Casalinuovo e Filipcalizzata su alcuni
incompatibili
i
po Caccamo, che ricapi d’abbigliamensponde come preto trovati a casa di
vestiti di Cortese
sunto istigatore dei
Cortese e Puntoriecon quelli
due attentati, perri che, secondo l’acché all’epoca dei
cusa,
sarebbero
indossati da uno
fatti era detenuto.
compatibili
con
dei
due
attentatori
Cortese è stato sotquelli indossati da
toposto a perizia
uno dei due attenantropometrica per
tatori, il Cortese appunto, ripreso da una telecamera al confrontare i dati ottenuti dall’esamomento di sistemare l’ordigno la- me del filmato registrato dalla telesciato davanti la Procura generale. camera dell’impianto di video sorDa analizzare anche i resti delle veglianza sistemata all’esterno delbombe fatte esplodere in via Cimi- la Procura generale.
no e in via Rosselli, oltre al bazooka
GABRIELLA PASSARIELLO
fatto ritrovare su un marciapiede,
[email protected]
e 4 anni per Luigi Barbieri. Al termine
della requisitoria il processo è stato aggiornato al 19 gennaio quando inizieranno le arringhe difensive. Nell’inchiesta sono coinvolte complessivamente nove persone di cui cinque hanno scelto il processo con rito abbreviato mentre per gli altri quattro è in corso l’udienza preliminare. L’accusa
sostiene che la società Iperclub di Roma, proprietaria di 120 appartamenti
nel villaggio e gestore dell'albergo, era
costretta a pagare ingenti somme di
denaro sotto varie forme. Alla società,
inoltre, venivano imposte anche le forniture di materiale e l’assunzione di
personale che, pur avendo un regolare
stipendio, non si presentava a lavoro.
13
VENERDÌ 2 dicembre 2011
D A L
P O L L I N O
calabria
A L L O
ora
S T R E T T O
intimidazione
GIOIA T. (RC) Una bomba è
stata fatta esplodere la notte scorsa
davanti al portone di casa d’un sostituto commissario della polizia di
Stato a Gioia Tauro. L’ordigno, secondo quanto appreso nella giornata di ieri, ha provocato danni ingenti: ha divelto il portone della palazzina del quartiere Marina della città
del porto dove vive il poliziotto insieme alla sua famiglia, gli infissi di alcune finestre e danneggiato le autovetture che si trovavano nelle vicinanze dell’abitazione del sostituto
commissario Piero Spadafora.
Il poliziotto, dopo un lungo servizio al Commissariato di polizia di
Gioia Tauro, è stato poi trasferito
cautelativamente a quello di Taurianova dopo che è stato minacciato
più volte anche attraverso delle
scritte sui muri della città. Il sostitu-
Una bomba sotto casa del poliziotto
Con un ordigno fanno saltare in aria il portone dell’abitazione di Spadafora
to commissario Spadafora è uno degli uomini della polizia di Stato più
conosciuti e stimati nella Piana di
Gioia Tauro, un investigatore che ha
partecipato praticamente a tutte le
più delicate indagini condotte contro la criminalità organizzata nel territorio negli ultimi 20 anni. Da
quanto appreso, la bomba - forse rudimentale - è stata piazzata proprio
davanti al portone d’ingresso della
palazzina dove abita Spadafora.
L’esplosione sarebbe avvenuta intorno alle 3 e mezza di mercoledì
notte. La notizia è circolata in città
fin dalle prime ore del mattino. Un
coro di solidarietà si è sollevato da
parte della politica e della società civile gioiese che ha condannato in
modo duro l’atto intimidatorio.
«Piena ed incondizionata solidarietà è stata espressa dal sindaco Renato Bellofiore e da tutta l’amministrazione comunale, al sostituto
commissario, per il vile atto intimidatorio. Un fatto gravissimo, scellerato, che condanniamo senza appello e con riferimento al quale auspichiamo che venga al più presto fatta chiarezza. Si tratta di un gesto che
ha colpito al cuore tutte le istituzioni e la società civile di Gioia Tauro,
ma che non può e non deve indebolire la forza e la determinazione de-
gli operatori dello Stato che con coraggio, onestà e spirito di abnegazione prestano il proprio servizio a
favore della comunità. Siamo qui a
dare un messaggio tangibile della
nostra vicinanza al Commissario,
uomo dello Stato al quale va la nostra sincera riconoscenza e ammirazione per la encomiabile attività
svolta a Gioia Tauro».
L’attentato a Spadafora è solo l’ultima di una serie di violenze consumate nella città del porto negli ultimi mesi. Violenze contro commercianti e privati cittadini che hanno
spinto il primo cittadino a chiedere
un tavolo di confronto con il prefet-
Anziana rapinata e uccisa
In manette i tre banditi
Fermato il primo, confessa tutto. Arrestato anche il papà
VIBO VALENTIA
Davanti alle prove schiaccianti, e alle domande pressanti, ha ceduto. Ha confessato.
Ha fatto il nome dei suoi presunti complici. Ha ammesso di
essersi introdotto nella casa di
Isabella Raso insieme ad altre
due persone, il 14 luglio scorso.
Per fare una rapina. Una rapina finita nel peggiore dei modi.
La Raso, casalinga che viveva
da sola a San Calogero, comune del Vibonese, il 16 luglio era
stata ritrovata cadavere. Soffocata perché aveva tentato di divincolarsi dalle grinfie dei suoi
aguzzini. Da quel giorno i carabinieri di San Calogero e della
Compagnia di Tropea, diretti
dal capitano Francesco Di Pinto, e i loro colleghi del Reparto
operativo, guidati dal maggiore Vittorio Carrara, avevano
avviato indagini ad ampio
spettro, battendo da cima a
fondo gli angoli del paese, i luoghi frequentati da pregiudicati, qualsiasi posto in cui si poteva raccogliere anche un solo
elemento utile.
Questo lavoro sul campo,
unito alla scrupolosità con la
quale è stata preservata la scena del crimine, ha permesso di
accumulare le prove che oggi
inchiodano Domenico Grillo,
21 anni di San Calogero, raggiunto da un provvedimento di
fermo di indiziato di delitto
vergato dal procuratore di Vibo
Valentia, Mario Spagnuolo, ed
eseguito dai militari del comandante provinciale Daniele
Scardecchia.
Mentre il positivo esito delle indagini - culminate col fermo del giovane e anche di suo
padre, Salvatore Grillo, 50 anni, accusato di porto d’arma
clandestina - veniva illustrato
nel corso di una conferenza
stampa negli uffici della Procura dagli inquirenti, il pm Vittorio Gallucci, il luogotenente
dell’Arma della sezione di pg,
Le armi trovate in casa di Salvatore Grillo
Dmenico Grillo (21 anni)
Salvatore Grillo (50 anni)
Stefano Marando ed alcuni mi- entrambi di San Calogero e
litari della stazione di San Ca- pregiudicati. Adesso tutti e tre,
logero, mettevano sotto tor- rinchiusi nel carcere di Vibo
chio il presunto assassino. Un Valentia, dovranno rispondeinterrogatorio
re di omicidio
terminato con
e rapina agGrillo cede e fa
la confessione
gravati
in
subito
i
nomi
dei
da parte del
concorso.
giovane, tra
Nel
corso
complici mentre
l’altro
con
dell’incontro
a casa del padre
precedenti, il
con i giornalisi trovano armi
quale, incalsti il procurazato dagli intore
Spavestigatori, infine faceva il no- gnuolo ha voluto sottolineare
me di altre due persone, suc- il lavoro capillare svolto dai cacessivamente individuate e fer- rabinieri, parlando delle indamate dai carabinieri di Tropea: gini che continueranno - ma
si tratta di Francesco Todarel- che stando all’evolversi della silo, operaio di 45 anni, e Luigi tuazione sono terminate prima
Zinnà, nullafacente di 25 anni, del tempo - e del contesto nel
quale si verificano questi episodi criminali, «che colpiscono sempre, e non è un caso,
persone deboli, spesso sole,
che però mettono qualche risparmio da parte e magari lo
tengono in casa. Insomma - ha
chiarito Spagnuolo - chi colpisce va a colpo sicuro». Il tenente colonnello Daniele Scardecchia ha voluto volgere un pensiero proprio a chi non c’è più,
la signora Raso, e ai suoi familiari, ringraziando al contempo «i miei carabinieri, che - ha
affermato - si sono dimostrati
ancora una volta all’altezza della situazione, raggiungendo risultati importanti per garantire la sicurezza della collettività». Il capitano Di Pinto, invece, ha spiegato nel dettaglio i
passaggi dell’indagine, per la
quale ci si è avvalsi del lavoro
degli agenti della Scientifica e
del medico legale Katiuscia Bisogni nell’immediatezza dell’accaduto; ma che poi è proseguita con un’opera di intelligence: «Abbiamo battuto a
tappeto soprattutto i locali frequentati da pregiudicati. In
particolare, dagli elementi in
nostro possesso, siamo riusciti a stabilire una relazione tra
un bar e chi ci praticava, e la
rapina finita in tragedia nella
casa di Isabella Raso».
Il comandante della Compagnia di Tropea, poi, ha spiegato anche che, sempre ieri, è stato fermato il padre del giovane
Grillo, Salvatore, residente a
San Vito sullo Ionio, nel Catanzarese. All’alba i militari hanno bussato alla sua porta, e sotto il letto dove stava dormendo
è stata ritrovata una pistola
clandestina e un coltello, insieme ad altre munizioni. Di questo reato dovrà rispondere il
padre. Mentre per Domenico
Grillo, Francesco Todarello e
Luigi Zinnà la situazione appare ben più grave.
GIUSEPPE MAZZEO
[email protected]
to di Reggio Calabria Luigi Varratta
durante il quale si discuta delle
contromisure da prendere. La prefettura, nella giornata di ieri, ha accolto l’appello del sindaco convocando a Gioia Tauro per mercoledì prossimo Comitato provinciale
per l’ordine e la sicurezza pubblica.
Francesco Altomonte
infrastrutture
Nuova aerostazione
Sacal incassa il sì dall’Ue
LAMEZIA TERME (CZ) La commissione europea
ha ritenuto «ammissibile» il progetto denominato “Nuova Aerostazione di Lamezia Terme”, presentato dalla
Giunta regionale della Calabria. Lo rende noto la Sacal, la
società di gestione dello scalo, che ha espresso «grande
soddisfazione per la notizia ed ha ringraziato per la positiva attenzione dimostrata il presidente Giuseppe Scopelliti e gli assessori Giacomo Mancini, che guida il dipartimento programmazione nazionale e comunitaria, nonché l’assessore ai Lavori Pubblici, Pino Gentile».
Nel sottolineare «l’importanza di questo ulteriore passo in avanti verso la realizzazione di un’infrastruttura
fondamentale per lo sviluppo
economico e sociale dell’intera Calabria», il presidente
della Sacal, Vincenzo Speziali, è scritto in una nota, «ha
ricordato che il prossimo dicembre si terrà a Lussemburgo, alla Commissione Ue,
un’apposita riunione che accanto ai vertici della Regione
Calabria e degli ingegneri Laganà e Zinno che stanno curando la pratica presso i competenti organismi dell’Unione Europea, vedrà anche l'ingegnere Clericò e il dottor De
Grano per conto della Sacal.
Nel corso del vertice verranno illustrati gli aspetti tecnici
e amministrativi legati alNel corso di un l’opera».
internazionavertice europeo le «L’aeroporto
di Lamezia Terme - proseverranno esibiti gue la nota - nodo strategico
il sistema di trasporti in
gli aspetti tecnici per
Calabria e primaria porta
dell’opera
d’accesso per la regione, proprio nei giorni scorsi ha raggiunto il significativo traguardo dei due milioni di passeggeri. L’aumento delle rotte e del traffico ha già comportato la realizzazione, in tempi rapidi, di un nuovo terminal,
struttura modulare e prefabbricata inaugurata il 12 novembre scorso. L’imponente ritmo di crescita dell’aeroscalo impone l’avvio di servizi sempre più efficienti e moderni, ma potrà essere adeguatamente supportato dalla
realizzazione di una nuova Aerostazione che sarà capace
di assicurare la movimentazione di circa quattro milioni
di passeggeri. La Giunta regionale ha ricordato che tale
opera si inquadra in un programma pluriennale di interventi volti al potenziamento e all’ammodernamento delle infrastrutture aeroportuali calabresi, in un disegno di
sviluppo che ha privilegiato grandi interventi strategici
rispetto a interventi a pioggia giudicati inidonei a cambiare il volto della Calabria». Speziali, infine, ha ricordato
che dal primo dicembre scorso è stata aperta al pubblico
la nuova Sala Business, intestata alla memoria di Gianni
Versace, uno dei migliori esempi del genio e della laboriosità di Calabria.
VENERDÌ 2 dicembre 2011 PAGINA 17
l’ora di Reggio
tel. 0965 324336-814947 - fax 0965 300790 - mail [email protected] - indirizzo via Nino Bixio, 34
MELITO PORTO SALVO
BAGNARA - GRAMUGLIA
Bilancio
di previsione
Ecco la relazione
Scuola media:
anullare
la convenzione
> pagina 25
> pagina 27
PALMI
BIANCO
Camera penale:
«C’è un clima
inquietante»
Il sindaco:
«L’Arpacal
è attendibile»
> pagina 30
> pagina 36
Giovani e legalità, binomio ok
Gerbera gialla all’ombra della cronaca. Musella: «Non possiamo fare finta»
«Siamo ancora più decisi di prima a proseguire l'impegno per la legalità sostenendo iniziative come quelle di “Riferimenti” che mirano a diffondere la cultura del rispetto delle
regole tra i giovani. Non si può fare di tutta
l'erba un fascio per episodi singoli screditando istituzioni, magistratura e forze dell'ordine. Siamo, in maggioranza, gente perbene che
s'impegna a fondo per la propria terra. Tutti
questi ragazzi ci danno maggiore forza per
andare avanti. Ciò che distingue il politico sono i fatti e la politica deve stare attenta ai suoi
comportamenti». Il presidente del Consiglio
regionale Francesco Talarico cerca di infondere serenità in occasione della presentazione, ieri mattina a palazzo Campanella, del
nuovo programma nazionale “Gerbera Gialla” dell'associazione “Riferimenti” rivolto agli
studenti della scuole all'indomani del podero- Da sinistra Lombardo,Varratta, Musella,Talarico, Nicolò, Nunnari, Angelosanto, Di Gesù
so blitz antindrangheta che ha portato all'arresto di 7 persone, tra cui il consigliere regio- gazzi – con questi arresti che ci lasciano sgo- la che ripercorre il tragico decennio di sangue
nale Francesco Morelli e il giudice del tribu- menti e disorientati, per non dire nauseati. 1982-1992 di tante vittime della mafia, ricorNon vi vengono offerti riferimenti certi ma date, durante la presentazione, con un video
nale di Reggio Vincenzo Giglio.
«Ci auguriamo che possa provare la sua in- noi lavoriamo sempre con voi per sviluppare molto toccante che ha portato all'attenzione
nocenza», afferma Talarico. Una vicenda in- la vostra coscienza critica in modo da poter dei ragazzi il significato profondo dell'iniziativa.
quietante i cui echi imbarazzanti non pote- giudicare e scegliere liberamente.
«Alla nostra Calabria dobbiamo le origini e
La mafia è impersonificata
vano certo lasciare indifferentanto del nostro essere e quindi dobbiamo rinon
da
chi
spara
ma
dalla
zote una sala Calipari colma di
Le iniziative
na grigia». Pensiero, quest'ul- cambiarla con il massimo impegno per la sua
studenti, provenienti dalla
ricorderanno
timo, condiviso anche da Ta- crescita», sottolinea il pm reggino Giuseppe
Calabria e dalla Sicilia per un
larico, condividendo che Lombardo. «Per ottenere questo obiettivo –
progetto di legalità, sposato
il ventennale
«non bisogna fare di tutta prosegue – dobbiamo capire che per fare delproprio dal Consiglio regiodelle stragi
l'erba un fascio. Il presidente le scelte bisogna conoscere e solo chi è in granale. L'iniziativa, partita ieri,
in Sicilia
del Consiglio regionale pro- do di compierle è un uomo libero». Ai ragazsi concluderà a maggio dopo
muove il nostro progetto e zi lancia un invito forte consegnando loro le
una serie di incontri e seminari nelle scuole con una manifestazione na- quindi non tutti i politici sono uguali. Gli uo- chiavi del futuro: «Non esprimete mai giudizionale in occasione del trentennale della mini passano, le istituzioni no quindi massi- zi sommari. Solo comprendendo le ragioni
morte dell'imprenditore Gennaro Musella, mo rispetto. Noi ci siamo». “Non li avete uc- del vostro studio potrete camminerete con le
padre di Adriana, leader di “Riferimenti”, bar- cisi: le loro idee camminano sulle vostre gam- vostre gambe. Se la Calabria non vi piace sta
baramente ucciso dalla 'ndrangheta nel 1982. be”. Il contenuto del progetto di “Riferimen- a voi farla diventare qualcosa di diverso».
«Non posso certo far finta che non sia succes- ti” sta tutto in questa frase posta come maniALESSANDRO CRUPI
so niente – dice la Musella rivolgendosi ai ra- festo del calendario 2012 della Gerbera [email protected]
Il Riesame accoglie l’istanza degli avvocati difensori
Il Tribunale della Libertà di
Reggio Calabria (Caterina Catalano presidente, Eugenio Aliquò
e Margherita Amodeo a latere)
ha accolto il ricorso in appello
dei difensori di Vincenzo Verduci, gli avvocati Antonino Napoli
e Luciano Battista, avverso il rigetto dell’istanza di scarcerazione nell’ambito del processo “Meta”. A Verduci viene contestato
il reato di estorsione e danneggiamento aggravato dal metodo
mafioso per aver organizzato il
tentativo di estorsione di un fon-
do di proprietà di Vincenzo Buceto e nell’interesse del quale
avrebbero agito Rocco Morfea
(deceduto), Giuseppe Antonio
Italiano (deceduto), Giasone Italiano e Domenico Rugolo anche
con la commissione di diversi atti intimidatori e di danneggiamento di beni nella disponibilità della famiglia Buceto (un frantoio oleario della cooperativa
“Delia” di cui era presidente Giuseppe Guadagnino, genero di
Vincenzo Buceto e dieci bobine
di reti per la raccolta delle olive).
Le indagini avevano portato a
individuare in Vincenzo Verduci il “Cecè” a cui si faceva riferimento nell’intercettazione ambientale captata a Reggio Calabria nell’abitazione di Cosimo
Alvaro. Dopo le indagini difensive sul colloquio ambientale intercettato sono emersi una serie
di elementi idonei a determinare la revoca della custodia cautelare in carcere durata quasi un
anno e sette mesi. Durante le indagini preliminari la difesa aveva chiesto un incidente probato-
DIVIETI DI SOSTA
PER LE POTATURE
CEDIR OFF LIMITS
Avvocati sul piede di guerra contro il
Comune di Reggio Calabria. Pomo della
discordia, ancora una volta, i parcheggi
del Cedir. Come era già successo poche
settimane fa, di nuovo ieri è stata disposta
la potatura degli alberi di mattina. Proprio
nel momento del giorno in cui c’è una
maggiore affluenza di persone in quell’area tra avvocati, imputati a piede libero,
utenti degli uffici che si trovano al centro
direzionale, personale degli stessi uffici.
Se già di solito è difficile trovare posto, con
la concomitante pulizia degli alberi che ha
ridotto lo spazio, ieri è diventata quasi una
mission impossible. Oltre ai comprensibili disagi, nel parcheggio del Cedir si sono presentati agenti della polizia municipale in forze e carro attrezzi che hanno rimosso le auto posteggiate “per necessità”.
Il presidente dell’ordine degli avvocati
Vincenzo Panuccio ha scritto nuovamente la propria contrarietà all’accaduto.
«Inutilmente –rileva- si è già richiesto che
i servizi di manutenzione dell’area Cedir
siano effettuati in orari pomeridiani proprio per non limitare il già esiguo numero di parcheggi. Si rammarica –prosegueche la più volte manifestata disponibilità,
per ultimo con telegramma del 15 novembre 2011, a trovare soluzioni alternative ai
giornalieri disagi che l’avvocatura reggina
affronta non abbiano trovato risposta».
IN CITTA’
operazione meta
Verduci torna in libertà
> parcheggi
rio al fine di identificare esattamente il soggetto che i conversanti nelle intercettazioni ambientali chiamavano con l’appellativo “Cecè”. La perizia ha escluso che i conversanti abbiano mai
pronunciato il cognome Verduci. La difesa ha inoltre dimostrato l’erroneità del presupposto
accusatorio attinente all’interesse di Vincenzo Verduci sul fondo
di Vincenzo Buceto. Tutti i soggetti escussi hanno riferito che
Verduci «era interessato all’acquisto del fondo appartenente a
Domenico Buceto giammai a
quello di cui era titolare Vincenzo Buceto, suocero di Giuseppe
Guadagnino, oggetto dei gravi
atti di intimidazione e danneggiamento per il rifiuto opposto
alle richieste loro rivolte».
Non rispetta gli obblighi
e torna dietro le sbarre
I carabinieri della Stazione di Reggio Calabria-Rione Modena hanno eseguito un’ordinanza custodia cautelare a carico di A.P., di 35 anni.
Il provvedimento scaturisce da inosservanza
degli obblighi imposti con la misura cautelare
in atto, accertati dai carabinieri della Stazione
Rione Modena.
Automobile distrutta
in un incendio doloso
È stata incendiata nella notte tra mercoledì e
giovedì la Suzuki Gran Vitara di proprietà di P. S.
di 53 anni. Le fiamme hanno distrutto completamente il mezzo e danneggiato la parte anteriore
della Fiat Punto di proprietà di M.T. di 57 anni
che era parcheggiata nelle vicinanze.
VENERDÌ 2 dicembre 2011 PAGINA 30
l’ora della Piana
Piazza Primo Maggio 17, Palmi Tel. e Fax: 0966 55861 Mail: [email protected]
PORTO
OSPEDALI
0966 588637
AUTORITA PORTUALE
CAPITANERIA DI PORTO 0966 562911
0966 765369
DOGANA
0966 51123
GUARDIA DI FINANZA
POLIZIA DI FRONTIERA 0966 7610
CARABINIERI
0966 52972
0966 52111
VIGILI DEL FUOCO
GIOIA TAURO
FARMACIE
0966 52203
PALMI
0966 267611
CITTANOVA
0966 660488
OPPIDO
0966 86004
POLISTENA
0966 942111
TAURIANOVA
0966 618911
Rosarno
Ioculano 0966 51909
Rechichi 0966 52891
Tripodi
0966 500461
Alessio 0966 773237
Borgese 0966 712574
Cianci
0966 774494
Paparatti 0966 773046
Palmi
Barone
Galluzzo
Saffioti
Scerra
Stassi
0966 479470
0966 22742
0966 22692
0966 22897
0966 22651
Taurianova
Ascioti 0966 643269
Covelli 0966 610700
D’Agostino 0966611944
Panato
0966 638486
Palmi, la Camera Penale
«Il clima è inquietante»
Avvocati indagati, durissime critiche alla magistratura
PALMI
Più che un comunicato
stampa sembra una dichiarazione di guerra. La Camera penale di Palmi, presieduta dall’avvocato Armando Veneto,
ha diramato nella giornata di
ieri una nota nella quale attacca frontalmente la magistratura, in merito al coinvolgimento di due dei suoi iscritti in una
inchiesta della Distrettuale antimafia di Reggio Calabria
contro la cosca Gallico di Palmi. Nella giornata di mercoledì, infatti, l’avvocato Vincenzo
Minasi è stato arrestato dalla
squadra mobile di Milano con
l’accusa di assiciazione mafiosa e una serie di altri reati.
Lo stesso penalista è rimasto coinvolto, però, anche nell’indagine dell’antimafia reggina, accusato di avere favorito la cosca Gallico. In quest’ultima inchiesta è coinvolto anche un altro penalista palmese, Francesco Cardone, il cui
studio, mercoledì scorso, è stato passato al setaccio dagli uomini del commissariato di Palmi. I due penalisti, in riferimento a quest’ultima inchiesta in cui sono stati arrestati
tre presunti affiliati al clan Gallico di Palmi, sono accusati di
favoreggimento a quella cosca
FURIOSO Armando Veneto
aggravato dalle modalità mafiose. Accuse pesantissime, alle quali la Camera penali di
Palmi risponde a muso duro,
schierandosi a fianco dei suoi
due iscritti. In gioco, per i penalisti iscritti all’associazione,
c’è «il diritto di difesa» che secondo gli avvocati «va sempe
garantito proprio perché il diritto alla difesa si realizzi concretamente in assoluta libertà». «Il direttivo delle Camere
penali di Palmi “Silipigni” - si
legge nella nota a firma di Veneto - preso atto dell’avviso di
garanzia e delle perquisizioni
eseguite, tra gli altri a carico di
sue suoi iscritti accusati di favoreggiamento aggravato
commesso, secondo l’accusa,
nell’esercizio del proprio mandato» auspica «che i colleghi
possano dimostrare l’infondatezza degli addebiti con la speranza che la giurisdizione anche in questo svolga il suo
compito di garanzia».
Conclusa la parte relativa alla difesa dei due colleghi indagati, i penalisti si scagliano
contro le «autorizzazioni ad
intercettare i colloqui degli avvocati con i loro clienti» che
per i penalisti sarebbero state
rilasciate «sulla base di mere
supposizioni circa il compimento di condotte illecite da
parte di difensori». Proprio
per questo motivo, la Camera
penale «esprime seria preoccupazione circa l’utilizzo spropositato e sostanzialmente in
via preventiva dello strumento intercettivo che incide sullo
spazio che va sempre garantito proprio perché il diritto alla
difesa si realizzi concretamente in assoluta libertà». Una posizione, quella delle Camere
penali italiane già manifestata
nelle scorse settimane quando
i penalisti avevano indetto 5
giorni di astensione dalle
udienza dal 14 al 18 novembre.
Posizione, per altro, fortemente contestata dal procuratore
Giuseppe Creazzo durante un
CINEMA
Gioia Tauro
convegno svoltosi a Palmi e indetto dall’Ordine degli avvocati sulla deontologia professionale e il rapporto tra categorie, nel quale il capo della procura criticava aspramente la
forma usata dalle Camere penali per motivare l’astensione
accusando i penalisti di fornire ai cittadini un messaggio errato, quando paventavano una
sorta di sottomissione della
magistratura giudicante rispetto a quella requirente. Le
critiche di Creazzo sono state
contestate dal presidente dell’Ordine degli avvocati Francesco Napoli, che ha ricordato a Creazzo che gli avvocati
«stanno cercando di mettere
ordine al loro interno» attraverso una riforma che già è approdata in Parlamento e che
lo stesso non si poteva dire della magistratura. Sulla scia della prima uscita delle Camere
penali nazionali si innesta il
comunicato di ieri che denuncia «il clima sempre più inquietante che si sta creando» e
che «provoca oggettiva preoccupazione negli avvocati penalisti e spinge verso un modello di difesa marginale e allineata». Lo scontro sembra solo all’inizio.
FRANCESCO ALTOMONTE
[email protected]
Gioia Tauro “Politeama” 0966 51498
Chiuso
Cittanova “Gentile” 0966 661894
Chiuso
Polistena “Garibaldi” 0966 932622
Chiuso
Laureana “Aurora”
Chiuso
ambiente
Sequestrati due opifici
e denunciati i proprietari
GIOIA TAURO
Con la Calabria in perenne emergenza rifiuti, le regole
per lo smaltimento delle scorie provenienti dalla lavorazione delle olive, sono spesso messe in secondo piano dai produttori agricoli del comprensorio, quando non letteralmente ignorate. Come nel caso dei due frantoi sequestrati nella
giornata di ieri dagli uomini del corpo forestale dello Stato.
Un problema vecchio quello dello smaltimento delle scorie
e delle acque reflue utilizzate nel procedimento di pulizia dei
frutti, e che si ripresenta puntualmente nei mesi invernali
in concomitanza con la stagione del raccolto e della spremitura. La forestale, impegnata in attività di controllo del
territorio contro i reati ambientali, ha infatti scoperto
che nell’opificio dall’ottantaduenne G.P., così come in
quello gestito dal cinquantatreenne F.I., gli scarichi della produzione (i residui cioè
della lavorazione della sansa
e le acque utilizzate per la decantazione del prodotto) finivano semplicemente per essere veicolati in canaloni di scolo senza passare per alcun procedimento di smaltimento. I
primo dei due frantoi sequestrati – i cui gestori sono stati
entrambi denunciati alla Procura della Repubblica – situato in contrada Piana, per smaltire le scorie si era “organizzato” costruendo una canalina di scolo in cemento che a
sua volta, tramite un tubo in pvc, convogliava e scaricava il
percolato della sansa direttamente nel vallone antistante,
senza che lo stesso subisse alcun trattamento. Anche le acque reflue impiegate per la pulitura delle olive, provenienti dalle vasche di lavaggio e decantazione, venivano convogliate e riversate direttamente nel vallone tramite un altro
tubo in pvc. L’illecito veniva perpetrato grazie ad un rubinetto a saracinesca, occultata ad arte, che gli operai azionavano all’occorrenza. Il secondo opificio, a contrada Fiumarolo aveva sistemato sul piazzale antistante, un accumulo di
sanza umida, il cui percolato si riversava direttamente su di
un terreno limitrofo coltivato ad ulivi. Questo ha portato ad
un più approfondito controllo dell’attività svelando, anche
in questa circostanza, uno scarico illecito delle acque di lavaggio delle olive, provenienti da tre vasche separate.
[email protected]
GIOIA
il caso
Ordine pubblico
Mercoledì tavolo
con la Prefettura
Durante la predica l’attacco all’antimafia
Festa di S.Barbara, il parroco punta il dito contro lo scioglimento del Consiglio
GIOIA TAURO
«Sono cappellano del porto da tre
mandati. In questi anni ho visto diversi cambiamenti, e altri ce ne dovranno ancora essere. Ho visto anni fa
un comune a Gioia Tauro funzionare
davvero bene, e siccome funzionava
anche troppo bene, si è insinuato il
dubbio, che ha portato allo scioglimento per infiltrazioni mafiose». Forti e sorprendenti le parole di don Natale Joculano riferendosi all’amministrazione Dal Torrione, durante la celebrazione della messa officiata ieri
alla Capitaneria di porto di Gioia Tauro, in occasione della ricorrenza di
Santa Barbara, patrona della Marina
militare e del Corpo nazionale dei Vi- Un messaggio deciso quello di don
gili del fuoco. “A che cosa ha portato Natale, comunicato con la pacatezza
tutto questo? – ha proseguito il parro- che lo contraddistingue da sempre,
co – Solo a far credere ai giovani che da anni dedito alla vita del porto e dei
le istituzioni non siano un punto fer- marittimi stessi, fondando il centro di
accoglienza “Stella Mamo e che di queste
non ci si possa fi«Siccome l’Ente ris”, ma dal quale forse
non ci si aspettava quedare. Stesso difunzionava
sto tipo di riferimento.
scorso vale per il
porto. Negli anni
Ad ascoltare le parole
davvero bene
splendidi era la
del parroco, erano presi è insinuato
gioia di tutti, oggi
senti tutti i rappresenil dubbio»
sta finendo. Ci autanti delle forze dell’orguriamo che ciò
dine, in alta uniforme,
non accada, ma se malauguratamen- e la maggior parte dei volti è sembrate dovesse succedere, che cosa gene- ta quantomeno colpita da una presa
rerà nella mente dei giovani? Che di posizione così evidente da parte di
l’unica cosa che rimane è la mala vita”. don Natale, che si è lanciato in una di-
chiarazione avventata sul consiglio
comunale sciolto per infiltrazioni mafiose. Sebbene l’intento fosse quello
di far si che i giovani abbiano maggiore credibilità nei confronti delle istituzioni, l’esempio fornito è forse sembrato singolare, per di più in una cerimonia istituzionale come quella di
ieri.
EVA SALTALAMACCHIA
[email protected]
Il Prefetto Luigi Varratta, raccogliendo la richiesta del sindaco di Gioia
Bellofiore, ha convocato
per mercoledì prossimo il
comitato provinciale dell’ordine e della sicurezza
pubblica per un aggiornato esame della situazione
della sicurezza pubblica in
quel comune. La tematica
ha già formato oggetto di
preliminare trattazione
nella riunione tecnica di
coordinamento interforze
tenutasi in Prefettura lo
scorso 29 novembre.
r. p.
VENERDÌ 2 dicembre 2011 PAGINA 17
l’ora di Cosenza
Tel. 0984 837661-402059 Fax 0984 839259 Mail: [email protected]
COSENZA
CASTROVILLARI
Violentò la figlia
Condannato
docente Unical
> pagina 19
CORIGLIANO
La terra trema
Altre 5 scosse
in meno di 24 ore
PAOLA
Il caso infinito
dell’autoparco
incompleto
> pagina 25
Delitto Serpa
Individuati
gli assassini
> pagina 32
> pagina 37
Da Scopelliti a Gentile, tutti volevano frenarne l’ascesa
Ecco gli intrighi politici che hanno preceduto l’arresto
MORELLI
troppi nemici
per un misasi boy
Non c'è solo un profilo penale nell'inchiesta
che coinvolge Franco Morelli. Dagli atti d'indagine, infatti, emergono numerosi retroscena che
confermano quanto, in parte, già era noto: ovvero, l'isolamento nel contesto politico calabrese del consigliere regionale originario di San Benedetto Ullano. Isolamento che, in alcuni casi,
era diventato un vero e proprio accerchiamento. I “nemici”, infatti, Morelli li aveva in casa, all'interno del suo partito. Nel Pdl aveva attratto a
sé un cospicuo seguito di militanti e quadri intermedi che rappresentavano la sua forza elettorale, insieme a un bagaglio di consensi personali provenienti dal mondo dell'associazionismo, in particolare da quello cattolico. Tuttavia,
se da un lato la base lo adorava, dall'altro c'erano i big del partito a mettergli i bastoni tra le
ruote. Dal gruppo vicino al governatore Scopelliti, passando per gli aficionados dei fratelli Gentile, nessuno faceva eccezione a tentare di ostacolare l'ascesa dell'ex misasiano. E' la regola della politica e succede un po' in tutti i partiti, ma
stavolta c'è un pugno di intercettazioni telefoniche a dimostrare qualcosa in più. Captazioni che
partono dall'aprile del 2010, a circa tre settima- tutta un'organizzazione fatta apposta». Va da sé
ne di distanza dall'elezione che aveva sancito la che, lo scrutinio avvenuto pochi giorni prima lo
riconferma di Morelli in consiglio regionale. Ri- avesse incoronato proprio come alternativa poconferma ottenuta con un boom di consensi, in litica ai Gentile, al punto che l'ex misasiano era
particolare nella città di Cosenza. In quei giorni, arrivato a contendere a Pino Gentile il primato
proprio lui era in corsa per un assessorato nella di voti nella città dei Bruzi. E non solo. «Si sono
neonata giunta Scopelliti, ma inspiegabilmente, organizzati apposta per farci fuori - ribadiscono
alla fine non se ne fece nulla. Da
i suoi collaboratori nello stesso
un dialogo tra due suoi collaboL’intercettazione: colloquio telefonico - e il primo
ratori, registrato dagli inquirenè Scopelliti». Se così fosse, si
«Tonino ha
ti, si percepisce il loro punto di
tratterebbe di una storia vecvista sul perché di quell'escluchia. Fin dai tempi di Alleanza
mosso le acque
sione. E cioè, che il senatore Tonazionale, infatti, non era mai
in commissione
nino Gentile potesse aver moscorso buon sangue tra Morelli
antimafia»
so le acque in commissione an(schierato con la Destra sociale
timafia (di cui peraltro è comdi Gianni Alemanno) e la cerponente) per far uscire le voci su Morelli. Sareb- chia dell'attuale governatore, fedele alla linea di
be questa la ragione per cui egli, temendo di es- Maurizio Gasparri. Al di là delle beghe corrensere indagato dalla magistratura, si sarebbe tizie, però, c'era soprattutto il pericolo che un ex
rivolto al giudice Giglio per ottenere informa- dc come lui s'imponesse all'interno di An, prozioni al riguardo. Ma sarebbe anche questa, in spettiva che gli ex missini vedevano come il fuparte, la motivazione della sua bocciatura poli- mo negli occhi. Da qui, dunque, le ragioni di
tica, o meglio ancora del «golpe» come lo chia- un'ostilità antica ed estesa anche ai suoi stessi
mano i due intercettati. «La verità è questa. E' compagni di “corrente”: il deputato Giovanni
Dima e il senatore vibonese Franco Bevilacqua.
«Alemanno è una belva - chiacchierano i due
morelliani - hanno chiamato Giovanni Dima e
gli hanno detto: come mai non hai difeso la corrente?». Si riferiscono ancora al presunto “golpe”. Di Bevilacqua, invece, parla apertamente il
diretto interessato, Franco Morelli, in un colloquio telefonico con il sindaco di Roma. «Dici
che lui ti ha bruciato la trattativa?» gli chiede
Alemanno, facendo riferimento all'assessorato
regionale ormai sfumato in luogo di una più “tiepida” commissione Bilancio. «Dico solo e semplicemente che ci hanno preso in giro» gli ribatte l'ex delfino di Chiaravalloti con malcelata delusione. Morelli contro tutti, insomma. E niente di nuovo sul fronte calabrese. E' lo scenario
che precede l'irruzione sulla scena della magistratura: con le manette, il trasferimento nel supercarcere di Opera e un carico d'accuse ancora tutte da dimostrare. Punto di domanda: può
la situazione sopra descritta aver influito, anche
solo in minima parte, sul precipitarsi degli eventi? A saperlo...
Marco Cribari
la scomparsa
La massoneria piange Loizzo
Addio al “muratore” comunista
La notizia è balzata dal nord al sud dell’Italia nel giro di mezz’ora e anche meno, sulle reti telefoniche dei Fratelli. Uno dei vertici storici
della Massoneria tradizionale tricolore, Ettore
Loizzo, all’età di 85 anni si è spento. Meglio, «è
passato all’Oriente Eterno», per i Liberi Muratori. Ingegnere di professione, Ettore Loizzo ha
lasciato la sua vita terrena senza aver accumulato ricchezze materiali ma
con una lunghissima e molto
intensa esperienza ai massimi livelli del “potere”
massonico. Iniziato all’Arte della
Libera Murato-
ria nel 1951, trent’anni dopo indossa i paramenti
delle cariche più alte che il Grande Oriente d’Italia possa conferire ad un confratello. Nei primi
anni Ottanta il suo partito, il Pci, solleva una questione d’incompatibilità con la Massoneria. Loizzo sceglie di abbandonare il partito. Tra il 1985 e
il 1993 è uno dei due Gran Maestri Aggiunti dell’Ordine. Carica che ritorna a Cosenza solo dopo
quasi tre lustri, con l’elevazione allo stesso rango
dell’avvocato Antonio Perfetti. Ma il periodo cui
toccò ad Ettore Loizzo, 33° grado del Rito Scozzese (Gran Tesoriere del Supremo Consiglio in carica sino ad oggi), incarnare il potere esecutivo del
Goi in Italia, la Massoneria viveva forse uno dei
suoi periodi più controversi dell’intera sua storia
moderna, dove a fare da sfondo v’erano interessi
torbidi e le relazioni interne si caratterizzavano
per la loro asperrima conflittualità. «La Massoneria è la più grande scuola di ipocrisia che possa
esistere», andava quasi predicando il Gran Maestro Aggiunto Loizzo, che per un breve periodo ha
occupato lo scranno più elevato di Gran Maestro
del Goi. La figura di Loizzo è stata certamente la
sintesi calabrese di quel tempo che ha caratterizzato la Massoneria italiana, quando davvero i Fratelli erano organici ai massimi poteri istituzionali, ed il cui sistema degenerativo sfociò nella P2 di
Licio Gelli. L’ingegnere cosentino fu un fervido
promotore di nuove logge per quelle aree calabresi in cui non ve n’erano, come la locride, la piana
di Gioia, lo Jonio cosentino. Le sue spoglie saranno esposte stamattina a mezzogiorno presso il
Tempio sito in via Pietro De Roberto, nei pressi
dell’ispettorato provinciale del lavoro.
Luigi Guido
18
VENERDÌ 2 dicembre 2011
calabria
ora
C O S E N Z A
il caso
Solo la fuga gli è riuscita. Anche
se per un pelo. Sono tornati a casa
a mani vuote, i due rapinatori che
ieri mattina hanno assaltato l’ufficio postale di Marano Marchesato.
Sono entrati a volto coperto. Decisi, sapevano cosa fare. Uno di loro
aveva in mano una mazzetta da
carpentiere, l’altro una mitraglietta (non è stato possibile appurare,
però, se fosse un’a arma giocattolo). Resta il fatto che i due hanno
puntato dritto verso il vetro che divide la sala principale dagli uffici
degli impiegati. Non c’è voluto
molto, a ridurla in frantumi con
una gragnuola di colpi. Il loro pia-
Mitra e mazze per rapinare la Posta
Assalto alla filiale di Marano. Ma i cassieri riescono a sventare il colpo
no era chiaro: infilare un braccio
nel buco per girare la chiave e accedere alle postazioni dei cassieri.
Stavolta hanno sbagliato i calcoli.
Dopo le tante rapine il personale si
è fatto furbo anche grazie ai suggerimenti dei carabinieri. Al momento dell’irruzione, al di là della vetrata c’erano la direttrice della filiale e un impiegato: i due hanno
prontamente azionato l’allarme
per poi chiudersi in bagno. A quel
punto i ladri hanno capito che non
era aria e sono andati via. Decisione saggia visto che una pattuglia
della stazione dei carabinieri di Castrolibero, diretta dal maresciallo
Vincenzo Cozzarelli, si trovava Marano Principato. Subito sono dunque partiti alla volta dell'ufficio. Ma
i due sono riusciti comunque a farla franca, saltando in sella a una
potente motoenduro poco prima
che i militari arrivassero sul posto.
Da lì si sarebbero diretti versi Rende, ma se ne sono poi perse le tracce. Non ci si potrà avvalere dell’aiuto di un filmato. Semplicemente
perché, nonostante le rapine del
passato, le Poste di Marano risultano ancora sprovviste di telecamere.
Alle ricerche dei due rapinatori
hanno partecipato anche i militari
della compagnia di Rende.
ANTONELLA GAROFALO
[email protected]
Il vetro infranto a colpi di mazza
all’ufficio postale di Marano
«Ecco perché Baratta va assolto»
Missing, il suo difensore si è richiamato all’inattendibilità dei pentiti
Nuova udienza del procesposte/2
so Missing, ancora con Mario Baratta nel ruolo di protagonista. Ieri, infatti, a prendere la parola in aula è stato
uno dei suoi difensori, il legale Piergiuseppe Cutrì, che
in quattro punti, ha illustrato
ai giudici della Corte d’appelLitigano alla posta e finiscono all’ospedalo le ragioni per cui, a suo avle. Il fatto è accaduto ieri mattina negli uffici
viso, Baratta deve essere ascentrali di Poste italiane in via Veneto tra un
solto. Anzitutto, la pretesa
uomo e una dipendente allo sportello. Un epiinattendibilità dei collaborasodio confusionario che, molto probabilmentori di giustizia, vero motore
te, seguirà le vie legali ma, per il momento, ridel maxiprocesso, la cui gemane solo qualche graffio e un gran vociare.
stione, però, è caratterizzata
Secondo i presenti sembrerebbe che già di
da diverse ombre messe nero
primo mattino un gruppo di persone fosse
su bianco da alcune sentenze re l’azione criminosa, dunque meno la sentenza che condavanti l’ingresso chiuso dell’ente, in fila, per
del passato: da “Garden” a non può essere punito per un dannava Baratta per associanon perdere la priorità di arrivo all’apertura
“Luce”, passando per quella delitto a cui non ha preso zione mafiosa. Lo scorso andegli uffici.
parte». L’ul- no, infatti, la sentenza “Gardel duplice
Per evitare disagi e parole inutili hanno detima questio- den” che all’epoca lo condandelitto NiTra le altre
ciso di auto numerarsi con pezzi di carta e minciati a volare fogli di carta e oggetti prene sollevata nò all’ergastolo era stata angro-Portoraquestioni
numeri scritti a mano. Arrivato il momento senti sul bancone. Chi abbia fatto tale gesto
riguarda il ri- nullata (ragione che ha porro, Cutrì le ha
dell’apertura al pubblico ognuno si è diretto non si sa, però un’ambulanza è giunta davanconoscimen- tato alla sua scarcerazione).
passate tutte
sollevate:
verso l’elimina code per ritirare il numero co- ti alla sede centrale per trasferire i due litito delle atte- Ora quel processo contro di
in rassegna,
un
vizio
di
forma
minciando ad attendere il proprio turno. Un ganti in ospedale, dopo essere stati soccorsi
nuanti gene- lui andrà rifatto, ma nel fratrichiamannell’estradizione riche che, in tempo, non può essergli con- uomo di 44 anni con in mano i due numeri si dagli stessi impiegati e clienti all’interno dei
dosi poi a un
caso di con- testata alcuna recidivanza.
è recato allo sportello esibendo quello scritto locali che hanno cercato anche di fermare la
vizio contea penna ed esigendo di essere servito. Ma chiassosa discussione che ha movimentato
nuto nel decreto d’estradizio- danna, l’accusa vorrebbe ne- Prossima udienza il 9 diceml’impiegata ha spiegato che non era possibi- una giornata noiosa di lunghe attese.
ne con cui, nel 2001, Baratta gare a tutti gli imputati. A tal bre con le discussioni di altri
le innescando una discussione in cui sono coDeborah Furlano
fu trasferito dal Brasile in Ita- proposito, Cutrì ha ricordato avvocati.
mcr
lia, ponendo così fine ad al- come, di recente, sia venuta
cuni anni di latitanza. In quel
documento, però, erano specificati solo i reati a lui contesos lavoro
stati nel processo “Garden”.
L’estradizione, dunque, per
essere valida anche nell’inchiesta Missing, avrebbe dovuto essere integrata con i
delitti Drago, Scaglione e Valder, ma ciò non è stato fatto.
E per la difesa, questo inghippo invalida le accuse mosse
contro l’imputato. La terza
Al freddo ed al buio i 180 dipen- verso 18 famiglie, molte monoredragione riguarda un particodenti della casa di riabilitazione dito e oberati dai debiti. Franca
lare già emerso durante il
Madonna della Catena di Lauri- Sciolino segretaria della Cgil fp è
processo di primo grado,
gnano, hanno deciso di protestare accanto a loro a combattere e soconclusosi un anno fa con la
silenziosamente ogni notte per fa- stenerli. «Questa struttura nonocondanna di Baratta a 23 anre arrivare la loro voce disperata al stante le sollecitazioni dei sindacani di reclusione. Riguarda
presidente della ti in questi anni per i problemi sui
l’omicidio di Giovanni Draregione Scopelliti salari, ha continuato ad investire e
I 18 dipendenti
go, il cognato di Franco Pino
che intervenga probabilmente a sperperare. Oggi
senza stipendio
che nel 1981 restò vittima di
nell’ennesimo
i lavoratori sono senza stipendio La protesta dei dipendenti
un agguato a cui avrebbe pardramma
che da sette mesi ma soprattutto non
da mesi
tecipato anche Baratta. Il
stanno vivendo le sanno cosa succederà domani, te- blica su quanto sta avvenendo». alle istituzioni regionali chiedendo
L’appello
pentito Francesco Saverio Vicase di cura della mono la chiusura considerato che Solidale il sindaco di Dipignano un rilancio industriale della clinica
a
Scopelliti
telli, però, sosteneva che al
provincia cosenti- anche i commissari al tavolo pre- Guglielmo Guzzo tra di loro a per ridare l’eccellenza di un tempo
momento degli spari, Baratta
na. Ieri sera intor- fettizio non hanno dato alcuna cer- esprimere la solidarietà di tutta e soprattutto un volano determi(che nel commando avrebbe
no alle 19 nelle palestre situate ad tezza sul futuro di questa casa di l’amministrazione comunale che nante per l’economia del territoavuto il ruolo di autista) se la
un piano della struttura distante cura. Come Cgil abbiamo presen- lunedì scorso ha sollevato il grave rio. La casa di cura sarà occupata
diede a gambe. «Se così fosdai malati così da non disturbare il tato denuncia alla Procura della momento che vivono gli operai pacificamente tutte le notti mense - ha sottolineato Cutrì - saloro riposo, i lavoratori hanno ri- Repubblica. Questo dei lavoratori della struttura che con abnegazio- tre il giorno sarà assicurata l’assirebbe la prova che desistette
preso in mano gli striscioni per è un gesto eclatante per sensibiliz- ne e sacrificio cercano di tenere at- stenza ai malati.
deb. fur.
volontariamente dal compieprotestare contro il disinteresse zare le istituzioni e l’opinione pub- tiva la clinica. Il sindaco si appella
Rissa nell’ufficio di via Veneto
tra un correntista e un’impiegata
Alla Madonna della Catena
la protesta si fa in notturna
22
VENERDÌ 2 dicembre 2011
calabria
ora
C O S E N Z A
artigianato
E’ stata presentata, nella sala consiliare del Comune di Mendicino, la
prima edizione della “Fiera dell’artigianato delle Serre cosentine”, che
ha preso il via ieri e si concluderà
domenica. Un evento ospitato nel
Centro commerciale Metropolis di
Rende, una mostra mercato dell’artigianato tipico, artistico ed enogastronomico che vede coinvolti ben
otto comuni della provincia cosentina: Mendicino, Carolei, Cerisano,
Domanico, Dipignano, Marano
Marchesato, Marano Principato e
Paterno Calabro. Evento al quale
hanno partecipato i sindaci dei rispettivi otto comuni partecipanti all’iniziativa, l’assessore regionale alle
Attività produttive, Antonio Caridi,
il presidente della Camera di commercio di Cosenza, Giuseppe Gagliotti, il presidente provinciale Confartigianato, Roberto Matagrano, il
presidente provinciale Cna, Mauro
La benedizione di Caridi
alla “Fiera delle Serre”
L’assessore regionale alla prima dell’evento che coinvolge 8 centri
Zumpano, il presidente Coldiretti,
Pietro Molinaro e l’assessore comunale alle Attività produttive, nonché
ideatore e coordinatore dell’evento,
Francesco Gervasi. «Noi abbiamo
un patrimonio importantissimo che
va valorizzato - ha affermato il sindaco Piscitelli - e noi vorremmo far
uscire fuori questi tesori cercando
prima di tutto di difenderli e poi di
valorizzarli». Una massa tra otto comuni, quindi, che ha pensato e creato un evento atto a valorizzare il territorio, le sue tradizioni, in questo
caso con specifico riferimento alle
L’assessore regionale Caridi
attività artigianali che vedrà in questi giorni la partecipazione di numerose aziende. Inoltre, nelle giornate
di domani e di domenica ci saranno
anche delle visite guidate, con itinerari già predisposti negli otto comuni coinvolti, grazie a dei pulmini
messi a disposizione dalla Provincia. Evento importante e molto soddisfacente, che ha visto per la prima
volta una rete istituzionale aggregata e ben organizzata. Ad affermarlo
è stato anche il Presidente Gagliotti, che si è complimentato con l’assessore Caridi per la sua tenacia, vo-
lontà e voglia di fare per questo territorio. «Sono manifestazioni importanti - ha detto Caridi - che mettono in mostra il territorio e le sue
peculiarità e questo è molto importante per lo sviluppo del territorio
stesso. Se vogliamo essere competitivi a livello nazionale e internazionale dobbiamo lavorare per l’interesse della Calabria».
La conferenza si è poi spostata al
Metropolis, dove l’assessore ha visitato ogni stand e ha consegnato
ai titolari delle aziende partecipanti un attestato di adesione alla prima edizione della fiera. Un’opportunità del tutto nuova per il territorio calabrese, che si spera sia di
buon auspicio per le prossime ed
eventuali edizioni della mostra, ma
soprattutto un punto di partenza
per lo sviluppo dell’intera Regione.
Maria Dora De Caria
«Giustizia e dignità al primo posto»
Con la visita di don Ciotti all’Unical si chiude “A scuola di antimafia”
«A scuola di antimafia pone
il primo mattone verso la costruzione di un progetto di democrazia fondato sulla giustizia e sulla dignità umana». Sono alcune delle frasi di Don
Luigi Ciotti, presidente di Libera che ieri mattina hanno risuonato nell’aula magna dell’Unical di Rende, nella giornata conclusiva del corso indirizzato al riutilizzo sociale
dei beni confiscati, durato due
mesi, con un parterre di presenze illustri che ancora una
volta hanno saputo regalare
perle di saggezze ai presenti.
Al tavolo insieme a don Ciotti
a catturare l’attenzione di tutti erano presenti il prefetto
Raffaele Cannizzaro, il magistrato Fabio Regolo, segretario di Magistratura democratica, Piero Fantozzi, direttore
del dipartimento di Sociologia
e Scienze politiche, Donatella
Loprieno, docente scuola superiore scienze delle amministrazioni pubbliche e Ercole
Giap Parini responsabile tecnico del corso, in collaborazione a Sabrina Garofalo dell’associazione Libera e Maria Annunziata Longo presidente del
Csv. Un ringraziamento è andato Silvio Gambino direttore della scuola superiore di
formazione per avere creduto
nel progetto. In sala presenti
oltre le forze dell’ordine anche
il consigliere regionale Salvatore Magarò presidente della
commissione regionale Antimafia.
Loprieno, Fantozzi e Parini
aprono i lavori parlando di
«un corso in cui c’è un pezzo
della Calabria migliore. Due
mesi di studio in cui si è cercato di trasferire le conoscenze
che siano alimento di antimafia sociale con una rete di relazioni e una capacità di mescolare quelle alchimie che compongono le relazioni sociali,
trame virtuose di una Calabria
che negli ultimi anni si sta riscattando». Un particolare
sguardo è stato indirizzato al-
A sinistra il pubblico presente ieri all’aula magna dell’Unical
In alto da sinistra Giap Parini, Garofalo e Don Ciotti
la pubblica amministrazione
ritenuta ancora una zona grigia mentre dovrebbe operare
nel principio della legalità in
quanto «faccia dello Stato».
Ed è il prefetto Cannizzaro che
spiega come la pubblica amministrazione deve essere la
relazione tra la responsabilità
pubblica e la società civile sottolineando l’impegno proprio
e con rigore e dei funzionari
di palazzo di governo verso il
territorio. «La rivoluzione la
facciamo con le nostre idee ha concluso Cannizzaro - e
non solo con l’intervento pubblico, altrimenti non avremmo una storia nuova». La volontà e l’impegno di schierarsi in prima linea richiamati
dal prefetto vengono ripresi
dal giudice Regolo che li definisce benzina dell’anima. «La
Calabria è fatta di persone per
bene, ma troppo spesso silenziose e con la testa china che
non riescono a fare squadra
contro la mafia. Lo Stato deve
essere forte mettendo il Tribunale nelle condizioni di
operare grazie alle misure di
Tiscali tende la mano ai Comuni
«Così si semplifica la tecnologia»
In un’era in continua trasformazione, l’innovazione tecnologica diventa fattore principale
per evolversi verso strade sempre più avanzate
e semplici da
L’azienda
percorrere. Queeroga servizi
sto è ciò che fa Tiscali. Mette a diper aiutare
sposizione i suoi
le pubblica
strumenti nella
amministrazione
pubblica amministrazione per
permettere d’innovarsi in maniera sempre più facile. Così come
spiegato ieri nel convegno “Tiscali per la Pa: l’innovazione si fa
semplice”, tenutosi alla Fattoria
Stocchi di Rende. «Stiamo organizzando eventi in tutt’Italia - ha
spiegato Stefano Pibi, responsabile pubblica amministrazione per cercare di raccontare quello
che Tiscali fa per la pubblica amministrazione. E’ un’azienda che
non compare molto in tv, abbiamo altri canali. Siamo i più piccoli rispetto altre aziende ma gli
unici italiani e cerchiamo di mantenere questa identità». Oggi Tiscali conta oltre 600mila clienti.
E’ tra i primi tre portali più visti
in Italia, con 20 milioni di visitatori al mese.
In Calabria 113 Pa sono clienti.
Questi solo alcuni dei numeri.
L’obiettivo è avvicinare la tecnologia agli utenti ma soprattutto
ridurre i costi. «La piattaforma è
una - continua Pibi - i servizi so-
no uguali per tutti, ma il canone
non può essere uguale per tutti. E
il ridimensionamento è quello
che noi riteniamo vincente per le
Pa. Tiscali ci crede molto, ha iniziato a lavorarci da tempo con
particolare riferimento al nuovo
codice dell’amministrazione digitale. In alcune cose però non
abbiamo esperienza per essere
leader, per questo ci siamo affi-
prevenzione patrimoniale che
sono in una terra del Sud un
simbolo di presenza dello Stato. Ma il gioco di squadra conclude Regolo - con la società civile è la rivoluzione culturale che porta al cambiamento di quello che si vuole
essere».
Marta Perrotta a nome dei
corsisti ha ringraziato per l’occasione di dire ancora più forte «no alla mafia». Battute finali a don Ciotti che parla di
«democrazia composta dalla
giustizia, dalla dignità umana
e soprattutto dalla responsabilità, spina dorsale della stessa democrazia e della costituzione che precede la legalità,
perché se non si è responsabili non si possono rispettare le
regole. Noi abbiamo fame di
cultura che è lo stato di salute
della democrazia di un Paese
insieme alla speranza che ha il
volto dell’opportunità e si
chiama giustizia sociale».
DEBORAH FURLANO
[email protected]
dati ai migliori sul mercato:
Arionline/ApSystems, Infocert e
Blom Cgr». Molti i servizi offerti
da Tiscali, illustrati uno ad uno:
accesso ai dati, come relazionarsi con i cittadini e imprese, cloud
computing e digital Pa. «ApSystem - dichiara il Resp.Pappaciccia - offre 9 aree di software Asp
con oltre 35 moduli applicativi
integrati in grado di gestire backoffice e front-office di ogni tipo di
Ente locale.
La nostra piattaforma NetCloud permette di erogare dati
con la massima fruibilità e sicurezza».Sulla tecnologia cloud si
basa anche Blom Cgr acronimo
di compagnia generale riprese
aeree. Operativo in 11 paesi, si occupa di analisi del territorio, della verifica e fattibilità di nuove infrastrutture, controllo sicurezza
urbana, piani di sviluppo di nuove aree rurali e altro ancora.
Valentina Mollica
VENERDÌ 2 dicembre 2011 PAGINA 37
l’ora di Paola
Redazione viale Ippocrate (ex Madonna della Grazie) - Telefono e fax 0982583503 - Mail: [email protected]
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Delitto Serpa, stub positivi
Svolta nell’omicidio del mandriano. A breve i mandati di cattura
E’ svolta nelle indagini sull’omicidio del
mandriano Guido Serpa, quarantunenne
paolano assassinato sabato 26 febbraio
scorso in località Cozzo Castagna di Paola con quattro colpi di pistola calibro 7.65.
Due prove stub - il cosiddetto “guanto
di paraffina” che rileva tracce di polvere da
sparo - sono risultate essere positive. Gli
specialisti della polizia scientifica sono in
possesso di gravi indizi di colpevolezza.
Gli uomini del commissariato della polizia di Stato di Paola, agli ordini del vice
questore aggiunto Raffaella Pugliese, conoscono dunque i nomi dei presunti autori materiali dell’eliminazione fisica del
pastore e a giorni potrebbero scattare due
fermi di indiziato di delitto.
Non si esclude - secondo quanto si è appreso da ambienti giudiziari accreditati il coinvolgimento di una terza persona che
potrebbe essere indagata per favoreggiamento personale.
Alla base del “regolamento di conti” vi
sarebbero contrasti sorti nell’ambito delle attività che ruotano attorno al settore
della pastorizia.
Guido Serpa è stato cioè “giustiziato”
da altri mandriani per aver “dato fastidio”. E la sentenza di morte è stata eseguita all’esito dell’ennesima scomparsa di bestiame, quindi all’indomani dell’ennesimo litigio.
Al mandriano è stato teso un agguato
ed i suoi assassini hanno sfruttato sia l’effetto sorpresa, sia - chiaramente - il fatto
di essere armati di calibro 7,65 mentre la
vittima, nota alle forze dell’ordine, era in
quel momento disarmata.
L’accusa a carico dei sospettati è quella
di omicidio colposo aggravato.
Già nel marzo scorso, com’è noto, Calabria Ora scriveva testualmente: “Le indagini di polizia sarebbero
concentrate su un sospetto,
un pastore residente sul
territorio, peraltro noto alle forze dell’ordine, che
avrebbe litigato con la vittima per interessi economici
qualche giorno prima dell’omicidio. La lite, in particolare, sarebbe scoppiata
per l’ennesimo furto di animali che, secondo i sospetti del presunto killer, era da
attribuire proprio a Guido
Serpa. Insomma, un contrasto sorto nell’ambito delle attività che ruotano attorno al settore della pastorizia
avrebbe portato alla consumazione dell’omicidio. V’è
da dire, comunque, che gli
inquirenti, in attesa di raccogliere gravi indizi di colpevolezza, non escludono a priori alcuna
pista. E, difatti, il guanto di paraffina ed
una serie di altri controlli operati alcuni
giorni addietro su sospettati di Paola individuati nell’ambito di fatti e circostanze
LA VITTIMA
In alto il pastore Guido Serpa ucciso con
quattro colpi di pisola calibro 7.65
A sinistra la zona dove è avvenuto il delitto
ben definite, allo stato fanno capire che
non viene escluso alcun movente. Si sta lavorando, tra l’altro, sull’alibi fornito da un
soggetto ascoltato a verbale nonchè sui tabulati telefonici dell’utenza intestata a
Guido Serpa e ad alcuni suoi parenti. La
polizia scientifica, inoltre, sta cercando di
mettere assieme una serie di tasselli che
potrebbero portare all’individuazione dell’assassino”. Insomma, il guanto di paraffina ha dato esito positivo. Due persone
potrebbero aver premuto il grilletto contro Guido Serpa, attesa la presenza, addosso e sui vestiti di polvere da sparo dello stesso tipo di quella prelevata sul luogo
costruzione dell’agguato, è emerso che il
killer era nascosto tra la stalla dove Guido Serpa custodiva i suoi cavalli e il punto in cui la vittima parcheggiava solitamente il camioncino Iveco adibito al trasporto di animali da cortile, ieri posto sotto sequestro per indagini di merito. Quando il pastore si è incamminato per raggiungere la struttura di sua proprietà, il
killer è saltato fuori ed ha iniziato a sparare dietro la vittima e poi su un fianco (un
colpo ha centrato la spalla ed un altro ha
trapassato il polmone di Serpa), colpendolo poi all’ascella (braccio alzato per proteggere il volto) e alla testa.
I nomi
dei presunti
assassini sono
noti alle forze
dell’ordine.
Si tratta
di allevatori
residenti
sulla costa
dell’omicidio.
Il quarantunenne, peraltro, è stato ucciso da qualcuno che conosceva i suoi spostamenti ed i suoi orari, quindi anche i
luoghi della “Castagnella”. Secondo la ri-
Sul luogo era presente un complice che
potrebbe aver sparato con un‘altra calibro 7,65 e, comunque, ha prestato il fianco all’assassino.
Guido Scarpino
le analisi scientifiche
Calibro 7,65 sospetta
Una perizia balistica
inchioda i killer
Gli esperti della polizia scientifica hanno operato una puntigliosa perizia balistica sul tipo di proiettile estratto dal corpo della vittima e sui bossoli rinvenuti nel luogo dell’agguato, effettuando al contempo una serie di
approfondite prove stub a carico di soggetti indiziati del delitto. Alcuni “guanti di
paraffina”, operati nella fase immediatamente successiva all’omicidio, sono risultati essere negativi. La prova stub era stata tra l’altro effettuata a carico di un altro
pastore di Paola con cui, anni addietro,
Guido Serpa era venuto alle mani per questioni di pascolo ma anche a carico di un
cugino della vittima con cui lo stesso Serpa aveva litigato per una vicenda sentimentale. Entrambi, però, sono risultati essere assolutamente “puliti”. Nelle fasi successive alle indagini, tuttavia, sono state
effettuate altre prove stub, alcune delle
quali - all’esito delle verifiche di polizia
scientifica giunte dopo alcune settimane sono risultate essere positive. Gli uomini
del commissariato di Paola e gli inquirenti della locale Procura della Repubblica, sarebbero quindi a conoscenza dei nomi di
coloro i quali, quella mattina del 26 febbraio scorso (o la sera del 25 febbraio), data
del ritrovamento del cadavere, hanno teso un agguato al
mandriano, fulminandolo a colpi di 7,65.
g. s.
39
VENERDÌ 2 dicembre 2011
calabria
AMANTEA - CAMPORA - SCALEA - FUSCALDO - ORSOMARSO
ora
Droga, contrasti sullo spaccio
Un cane sciolto ha deciso di mettersi in proprio per gestire il mercato
AMANTEA
L’aver tratto in arresto boss
e picciotti appartenenti alla locale cosca ha creato, ad
Amantea, una situazione molto pericolosa. Stando, infatti,
ad attendibili indiscrezioni assunte sul territorio, in città è in
atto una ribellione contro i
“soliti padroni” da parte di un
“cane sciolto” (più che noto alle forze dell’ordine) che avrebbe deciso di mettersi in proprio per gestire soprattutto il
mercato della droga, senza disdegnare le estorsioni. Detto
soggetto si sta muovendo sul
territorio già da un pò di tempo, unitamente ad un gruppo
di giovani delinquentelli (tra
cui alcuni minorenni): per
quanto concerne le estorsioni,
l’amanteano avrebbe operato
anche alla recente “Fiera dei
morti” andando a chiedere
soldi agli ambulanti. Qualcuno - che conosce bene la pericolosità del soggetto - avrebbe
pagato abbassando la testa,
qualcun’altro, invece, avrebbe
provato a manifestare qualche
disappunto, superato dopo
aver visto la pistola che
l’amanteano deteneva sotto la
giacca (è probabile che fosse
un giocattolo, ma gli esercenti hanno preferito non scoprilo). Come se ciò non bastasse,
i ragazzacci al soldo del “cane
sciolto” pare si rechino con
frequenza in alcuni negozi della città (tabacchini, alimentari ecc), asportando della merce e, con la filosofia del “poi
passa” tizio e caio “a pagare”,
vanno via a bordo della vettura di proprietà del loro capo.
In merito, invece, allo spaccio
della droga, la situazione è
quanto il clan
non fa paura
Sotto il nuovo
padrone ci sono
già 6 adepti.
Si vuole portare
in città l’eroina
fornita da alcuni
napoletani
Militari dell’Arma durante un servizio di controllo sul Tirreno cosentino
molto più complicata. In tale
contesto va detto che il soggetto in questione ha sempre
operato con un gruppo di
spacciatori cosentini. Poi, pro-
prio per questioni di droga,
era finito in carcere. Qui dentro il tizio avrebbe preso confidenza con napoletani specializzati nello smercio, i quali gli
avrebbero chiesto di spacciare
eroina ad Amantea in nome e
per conto loro. Una proposta
allettante anche se un pò azzardata per via della presenza
in città di altri uomini appartenenti al clan locale. Prima
della “Fiera di Amantea”, però, è accaduta qualcosa.
I carabinieri della Compagnia di Paola, infatti, hanno
tratto in arresto a Fiumefred-
do Bruzio uno dei più grossi
spacciatori presumibilmente
vicini alla cosca amanteana.
Un arresto che ha portato i
militari dell’Arma anche ad effettuare un maxi sequestro di
droga, armi e soldi. A seguito
di tale evento, il “cane sciolto”
avrebbe acquisito sicurezza al
punto di prendere contatti con
questi suoi amici napoletani
che, stando sempre alle informazioni assunte sul territorio,
avrebbero preso parte anche
alla “Fiera dei morti”. In buona sostanza, questo primo incontro tra le parti sarebbe servito per capire bene come far
entrare la “merce” in città,
quanto farla pagare, la spartizione dei guadagni, ecc ecc
STEFANIA SAPIENZA
[email protected]
SCALEA
Omicidio, slitta il processo
Bruno Pizzimenti è stato accusato dell’uccisione di Aden Onlu
Prosegue il processo a carico di nei confronti dei due imputati. A cauGiuseppe e Bruno Pizzimenti accu- sa, però, dell’assenza del giudice a lasati, rispettivamente di alcuni reati tere, Lo Feudo, non è stato possibile
consumati in danno del cittadino tur- procedere oltre. In virtù di ciò, perco Aden Onlu. Ieri
tanto, il processo è
mattina, infatti, presslittato al 13 dicemAl cugino
bre. In questa data la
so la Corte D’Assise
Giuseppe
pubblica accusa, dodi Cosenza, ed inpo aver effettuato le
nanzi al collegio pecontestato un
requisitorie, avanzenale
(presidente
tentativo
di
rà le sue richieste di
Gallo ed a latere Lo
estorsione
condanna. Poi, come
Feudo), era stata
da calendario, il 29
programmata
l’udienza nella quale il pubblico mi- dicembre sarà dato spazio ai difensonistero, Roberta Carotenuto, avreb- ri degli imputati - Giuseppe Bruno,
be dovuto effettuare la requisitoria Enzo Lo Giudice e Sabrina Mannari-
no del foro di Paola, Giancarlo Pittelli e Sergio Rotunno (penalisti del catanzarese) - per le arringhe finali.
Per quel che concerne il procedimento penale in questione, lo ricordiamo, nello specifico a Bruno Pizzimenti viene imputato l’omicidio e
l’occultamento del cadavere, mentre
al nipote Giuseppe un tentativo di
estorsione perpetrato nei confronti
del cittadino turco. La vicenda di cronaca, dai profili inquietanti , si è verificata tra il mese di aprile e il mese di
maggio del 2007 ed ha visto scomparire nel nulla Alan Onlu, dipendente
dell’azienda agricola intestata pro-
FUSCALDO
prio a Giuseppe Pizzimenti. Una
scomparsa che, a seguito delle indagini effettuate nelle immediatezze
dalle forze dell’ordine, è stata subito
collegata ai due congiunti.
s. s.
ORSOMARSO
Duro scontro sui rifiuti, Cavaliere ribatte a Trotta
Il vicesindaco esprime rammarico per le critiche ricevute e bacchetta l’ex vice assessore
“Tirato mio malgrado per la giacchetta, corre l’obbligo rispondere alle dichiarazioni del consigliere comunale Settimio
Trotta, apparse in questi giorni sugli organi di stampa”. E il vice sindaco di Fuscaldo, Paolo Cavaliere, interviene sulla
vicenda della raccolta dei rifiuti ingombranti, replicando al rappresentante del
gruppo “Fuscaldo europea”, Settimio
Trotta, che ha più volte denunciato una
serie di disservizi. “E’ noto a tutti – scrive Cavaliere - che ci sono nel mondo esseri viventi che dividono la loro esistenza in due periodi: uno di presenza e l’altro di profondo torpore e la precedente
amministrazione, di cui faceva il vice assessore alla sanità Trotta, ha vissuto le
due fasi. Certamente è un bene occuparsi della salute dei cittadini, ma non soltanto quando si è seduti sui banchi dell’opposizione. Domando a Trotta dove si
trovava quando per le vie del paese giacevano rifiuti tossici di amianto ? Ricordo a me stesso che, nonostante le numerose segnalazioni, le lastre sono rimaste
a lungo esposte alle intemperie a grave
rischio della salute pubblica. Come mai,
in quel caso, non si adoperò con altrettanta sollecitudine al fine di salvaguardare
l’ambiente e la pubblica incolumità?
Un’aula di giustizia
do è cosa ben diversa. Nessuna zona del
paese è da noi considerata di serie b ed è
pretestuoso dichiarare il contrario. Se, invece, Trotta vuole offrire collaborazione,
eviti la polemica sterile, evitando di fornire immagini falsate e negative in sul
servizio di raccolta dei rifiuti. Si proponga di svolgere un attivo ruolo educativo e
preventivo verso chi ritiene di poter abbandonare su tutto il territorio comunale, in qualunque momento, rifiuti ingombranti, contro ogni legge e a danno del
decoro pubblico
nonché della saIl consigliere
lute dei fuscaldedi minoranza
si. Il sottoscritto
è sempre disposi è svegliato
nibile ad accooggi che si trova
gliere ogni utile
all’opposizione
contributo di
qualunque colore politico, ma rifiuta, in modo categoriPaolo Cavaliere
co, polemiche sterili, con la speranza di
non dover, per l’avvenire, essere oggetto
Qualche disservizio, probabilmente – di false insinuazioni – le conclusioni di
prosegue il vice sindaco - si sarà pur ve- Paolo Cavaliere - che non favoriscono, sirificato con l’avvento della nuova ammi- curamente, una convivenza civile, serena
nistrazione, anche se le dichiarazioni de- e proficua”.
gli operai del settore testimoniano il conGIOVANNI FOLINO
trario; ma arrivare ad affermare l’[email protected]
Detenzione di armi
Orsomarsese in manette
Detenzione irregolare di
armi, arrestato un uomo di
Orsomarso. I carabinieri
della compagnia di Scalea,
agli ordini del capitano Luca
Giandominici, di concerto
con i colleghi della stazione
di Orsomarso guidati dal
maresciallo Angelo Marino,
hanno arrestato in flagranza
di irregolare detenzione armi, F.C. 72 anni del posto. Il
settantaduenne, pensionato, incensurato, nel corso di
una verifica, è risultato essere irregolare nella detenzione di vari fucili sia intestati a
lui che ad alcuni familiari. Le
armi sono state sottoposte a
sequestro per ulteriori accertamenti. L’udienza di
convalida del settantaduenne, si è tenuta nella stessa
giornata di ieri presso il tribunale di Paola. In questo
periodo, sono stati molteplici i controlli effettuati dai carabinieri della Compagnia di
Scalea, sulla regolarità della
detenzione di armi da cac-
cia. Nel corso delle verifiche
presso i titolari delle armi in
più occasioni è stata accertata la detenzione irregolare
di fucili. In alcuni casi è scattata la denuncia penale e sono state comminate le previste sanzioni amministrative,
mentre in altri casi, è scattato l’arresto. In passato nel
corso di alcune perquisizioni rientranti nell’ambito dell’attività di controllo della
pratica venatoria, sono state
infine rinvenute e sequestrate da parte degli uomini del
Corpo Forestale, alcune armi da pesca utilizzate nel fiume Lao, illegalmente detenute. Il monitoraggio dell’attività di caccia vede quindi
una sempre maggiore collaborazione tra le diverse forze, a tutela della legalità ed a
vantaggio non solo della fauna selvatica ma anche della
maggioranza della componente venatoria che esercita
correttamente la caccia.
Eugenio Orrico
20
VENERDÌ 2 dicembre 2011
calabria
ora
C A T A N Z A R O
Sei le richieste di condanna
nell’ambito del giudizio abbreviato per gli incolpati coinvolti nell’inchiesta “Free Village”, che ha portato la Squadra mobile di Catanzaro a
sgominato, all’alba del 6 settembre 2010, una presunta
banda dedita al racket. Il pm
della Dda, Vincenzo Capomolla, dopo una lunga requisitoria in cui ha ricostruito le
singole posizioni degli imputati ripercorrendo il presunto
meccanismo estorsivo ai danni delle società “Iperclub” di
Roma, proprietaria di 120 appartamenti nel villaggio turistico “Sant’Andrea”, sulla costa jonica catanzarese, ha
chiesto 19 anni (14 per l’estorsione e 5 per reati di armi) di
reclusione per Mario Mongiardo, 14 anni di reclusione
per Francesco Corapi, 5 anni
un mese e 10 giorni per Bruno Ranieri (accusato di tentata estorsione), 6 anni, 2 mesi
e 20 giorni per Cosmina Samà, 8 anni di reclusione per
Francesco Ranieri e 4 anni
per Luigi Barbieri. L’udienza,
dopo alcune arringhe della difesa, proseguirà il prossimo 19
gennaio, quando, sarà discussa anche la posizione di Rosa
Criniti, che intende sottoporsi ad interrogatorio. Nello
stesso tempo, non è da escludere la possibilità che le altre
persone coinvolte nella vicenda tra cui anche, Daniela Lacusta, Elena Mongiardo, Danilo Varano e Roberto Cosentino, decidano di formalizzare
la richiesta di abbreviato. In
caso contrario si proseguirà
con la normale udienza preliminare. E per il 19 gennaio
dovrebbe anche essere letto il
dispositivo della sentenza.
L’accusa per loro e per altri 10
incolpati è di aver messo in
piedi un presunto sistema
estorsivo aggravato dalle modalità mafiose, che si sarebbe
Gli arresti
La retata della
Squadra mobile
avvenne nel mese di
settembre del 2010
e sgominò una
banda dedita alle
estorsioni
DOPO IL BLITZ La conferenza stampa in Questura dopo gli arresti dell’operazione “Free village”. A lato Mario Mongiardo
Il racket sulla costa
Chieste sei condanne
“Free village”, mano pesante del pm per Mongiardo
alimentato con richieste di cospicue somme di danaro e
con imposizioni di forniture.
L’operazione “Free Village”
portò all’arresto di Mario
Mongiardo, elemento di primo piano della cosca Gallace
di Guardavalle, con le accuse
di estorsione continuata ed
aggravata dalle modalità mafiose, Francesco Corapi, la
moglie di Mongiardo, Cosmina Samà, e la figlia Marianna.
Il primo ad imporre una
tangente di almeno 36mila
euro suddivise in tre trance
da12mila euro l’anno, sarebbe
le perquisizioni
stato, dal 2003 al 2005, Francesco Corapi, che si sarebbe
fatto forte di fronte ai direttori dell’Iperclub della sua appartenenza alle cosche nell’esigere il danaro. Sarebbero
riconducibili a Francesco Corapi beni sequestrati dalla Polizia del valore di 2,8 milioni
di euro. Nel 2010, negli “affari di famiglia” sarebbe subentrato il boss Mario Mongiardo, che avrebbe richiesto il
pagamento di 2mila euro
mensili costringendo, in concorso con altre persone, la società Iperclub e la Fram
Group ad assumere varie persone, tra le quali la moglie e la
figlia, che avrebbero percepito fior di soldi senza svolgere
alcuna attività lavorativa. Il
presunto boss, poi, in concorso con Francesco Corapi, Erminia Loreni, Sergio Mastroianni e Bruno Ranieri avrebbe preteso dalla società la pianificazione per la stagione del
2011 di strategie finalizzate all’accaparramento, alla gestione e al controllo delle attività
economiche svolte all’interno
del villaggio Sant’Andrea. Nel
collegio difensivo compaiono
antievasione
anche i nomi dei legali Francesco Gambardella, Giuseppe
Costarella , Francesco Catanzaro, Salvatore Staiano, Natale Ferraiolo, Armodio Migali.
Il boss, poi, in concorso con
Francesco Corapi, Erminia
Loreni, Sergio Mastroianni e
Bruno Ranieri avrebbe preteso dalla società la pianificazione per la stagione del 2011 di
strategie finalizzate all’accaparramento, alla gestione e al
controllo delle attività economiche svolte all’interno del
villaggio Sant’Andrea. In relazione, poi, all’acquisizione
I processi
In sei hanno scelto
di essere giudicati
con rito abbreviato.
Oggi davanti al
tribunale collegiale il
giudizio immediato
per altri tre
Le richieste
Il pm ha invocato
19 anni di carcere
per Mongiardo e
pene dai quattro agli
otto anni per i
coimputati finiti
davanti al gup
dell’attività di competenza del
supercondominio avrebbero
costretto il direttore pro tempore del villaggio turistico ad
indire una riunione dei componenti del supercondominio
per estromettere con una
nuova votazione l’amministratore in carica per eleggere,
“il loro amico” Bruno Ranieri
insegnante in pensione.
Gabriella Passariello
“isola felice”
Presunta truffa
dieci gli indagati
Scatta il sequestro Patenti facili, il Tdl
per 200mila euro “libera” De Salvo
Sono dieci gli indagati, alcuni dei quali con l'accusa di
associazione per delinquere
finalizzata alla truffa, di una
inchiesta della Procura di
Catanzaro scaturita dal racconto di un collaboratore
della giustizia. Ieri la Guardia di Finanza ha effettuato
diverse perquisizioni in due
studi medici e uno legale i
cui verbali hanno arricchito
il fascicolo sul tavolo del sostituto procuratore Paolo
Petrolo.
L'indagine, che comunque è alle fasi iniziali, coinvolge allo stato diversi professionisti. In particolare
due i legali indagati Genna-
Gli uomini della polizia condotto mirati ed approtributaria della Guardia di fonditi accertamenti volti ad
Finanza di Catanzaro su de- individuare il patrimonio da
lega della Procura della Re- sottoporre a sequestro. «La
pubblica del capoluogo han- Procura della Repubblica no eseguito un decreto di se- si legge nella nota del coquestro preventivo per cir- mando provinciale della
ca 200 mila euro, emesso Guardia di Finanza di Cadal Gip del
tanzaro - riteTribunale
Provvedimento nendo che la
Livio Sabadisposu una società libera
tini,
nei
nibilità, da
confronti
parte dell’inoperativa
dell’ammidagato, delnel settore
nistratore
l’ammontare
costruzioni
di una socorrisponcietà che
dente all’imesercita in città l’attività di posta evasa, potesse aggracostruzione di edifici resi- vare e protrarre le consedenziali e non residenziali. guenze dell’illecito commesNell’ambito delle indagini, so, ha richiesto al Gip l’emische hanno avuto origine da sione di un decreto di sequeuna verifica fiscale eseguita stro per equivalente pari a
dall’agenzia delle entrate circa 194 mila euro, cioè
della direzione provinciale l’ammontare dell’imposta
di Catanzaro e che si è con- evasa, per recuperare ed asclusa con l’informativa di sicurare allo stato le somme
reato nei confronti dell’am- evase». Nella giornata di ieministratore della predetta ri i finanzieri hanno posto
società, segnalato per il rea- sotto sequestro disponibilità
to di dichiarazione infedele, finanziarie e beni immobili
le Fiamme Gialle hanno per circa 200 mila euro.
ro Pierino Mellea, 35 anni,
già consigliere comunale e
Antonio Bressi, 41 anni, di
Badolato. Ancora, nell’elenco degli iscritti nel registro
degli indagati ci sono Raoul
Mellea, 32 anni, di Catanzaro; Fabrizio Nicoletta, 38, di
Catanzaro; Francesco Giglio, 40, di Catanzaro; Murica Rosario, 34, di Catanzaro,
Bruno Candeloro, 42, di Catanzaro;Vitaliano Mirarchi,
32, di Catanzaro. Coinvolti
nell’inchiesta pure i medici
Maurizio Caglioti e Raffaele
Gangale, rispettivamente di
54 e 47 anni. Le dinamiche
della presunta truffa sono al
vaglio dei finanzieri.
Gaetano De Salvo, direttore facente funzione della
Motorizzazione civile di
Catanzaro e posto agli arresti domiciliari nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Lamezia Terme su
presunte irregolarità nel rilascio delle patenti di guida, è tornato in libertà. I
giudici del riesame di Catanzaro, davanti ai quali
era comparso accompagnato dai suoi legali di fiducia, Gianni Russano e
Francesco Pullano, infatti,
hanno sostituito la detenzione domiciliare con la sospensione per due mesi
dall’esercizio del pubblico
ufficio. L’operazione che
vede coinvolto De Salvo
denominata “Isola felice”
portò all’esecuzione di diciassette ordinanze nei
confronti di altrettante
persone, di cui otto sono finite agli arresti domiciliari
e nove, invece, hanno ottenuto l’obbligo di dimora.
Per tutti l’accusa, a vario titolo, è di associazione per
delinquere finalizzata alla
corruzione, all'abuso d'ufficio, al falso ed alla truffa ai
danni dello Stato. Altre 144
persone, invece, nella maggior parte coloro che hanno ottenuto le certificazioni senza aver sostenuto alcun esame, invece sono
state denunciate in stato di
libertà. Secondo l’accusa,
gli indagati avevano ideato
un giro di certificazioni Adr
(obbligatorie per condurre
veicoli per il trasporto di
merci pericolose) e di trasformazione di mezzi, senza far sostenere gli esami ai
diretti interessati o senza
nemmeno far sostenere il
corso o effettuare i prescritti collaudi.
Nell’ordinanza, il Gip ha
anche disposto il sequestro
preventivo di 66 patenti di
guida, 50 certificati di formazione professionale Adr
e 195 veicoli sottoposti a
collaudo straordinario mediante la produzione di relazioni tecniche apocrife.
Saveria M. Gigliotti
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Venerdì 2 Dicembre 2011 Gazzetta del Sud
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Gazzetta del Sud Venerdì 2 Dicembre 2011
Attualità
Attualità
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.
L’INCHIESTA DDA La conferenza stampa della Boccassini
IL CONSIGLIERE REGIONALE I fratelli Lampada ospiti a Cosenza dell’esponente politico arrestato
’Ndrangheta
trasversale:
appoggia
tutti i partiti
La ricca cena in casa di Morelli
L’assalto alla concessione per la raccolta delle scommesse a distanza
Arcangelo Badolati
COSENZA
Rapporti politici e d’affari, cene e
informazioni riservate: il senso
dell’amicizia di Franco Morelli
con Giulio Lampada andava molto oltre quella «condivisione» di
cristiana ispirazione che il consigliere regionale richiamava spesso, ad effetto, nei suoi discorsi
pubblici. In ballo c’erano, infatti,
pacchetti di voti e lucrose operazioni finanziarie.
Franco il “cattolico”, amico di
prelati e uomini di chiesa, di presunti mafiosi e faccendieri, si ritrova nel bel mezzo d’un inferno
giudiziario.
Chiuso in una cella di Opera
deve difendersi da accuse pesantissime. Verrà interrogato oggi
pomeriggio nel carcere milanese, alla presenza del suo legale,
l’avvocato Franco Sammarco del
foro di Cosenza.
Nella città dei bruzi, l’esponente del Pdl, legato alla corrente del sindaco di Roma, Gianni
Alemanno, aveva persino ospitato, nel settembre del 2009, come
piacevoli commensali Francesco
e Giulio Lampada con tanto di famiglie al seguito. Una festa, celebrata in nome della creazione di
una sinergia d’interessi che
avrebbe dovuto spingere il gruppo Lampada-Valle ad ottenere la
concessione per l’esercizio e la
raccolta delle scommesse a distanza da effettuare nei cosiddetti centri “Punto it”. Una operazio-
In corso accurate indagini sia in Calabria
che a Milano sull’operatività delle “talpe”
esiste». Il riferimento è alla finta
solidarietà manifestata, stando
all’accusa, dal Giglio al procuratore di Reggio Calabria Giuseppe
Pignatone, destinatario del bazooka trovato nei pressi del Palazzo di Giustizia a Reggio il 5 ottobre dello scorso anno. «È doloroso
vedere – ha aggiunto – comportamenti non consoni da parte di politici, appartenenti alla Guardia di
Finanza e alla magistratura».
L’inchiesta non può conside-
Paolo Toscano
REGGIO CALABRIA
«La ’ndrangheta è trasversale a
tutti i partiti, mentre la mafia odia
i comunisti». Concetto elaborato
ed espresso dal procuratore aggiunto milanese Ilda Boccassini
nel corso della conferenza stampa dell’operazione che mercoledì
ha portato agli arresti eccellenti in
Calabria. In manette sono finiti,
tra gli altri il consigliere regionale
del Pdl Francesco Morelli e il presidente della sezione misure di
prevenzione del Tribunale di
Reggio Giuseppe Vincenzo Giglio
mentre il gip del Tribunale di Palmi Giancarlo Giusti, risulta indagato.
Il procuratore Bruti Liberati ha
parlato del coinvolgimento dei
due giudici: «Non è un processo
alla magistratura di Reggio Calabria, ma ad alcuni magistrati». Il
capo dei pm milanesi ha invitato a
non «generalizzare» nemmeno
sulla politica, perchè, ha detto,
«alcuni politici sono vittime del
tentativo di infiltrazione». Aggiungendo che «una cosa è il tentativo della ’ndrangheta d’infiltrarsi nella politica, un’altra sono
le responsabilità penali individuali». La Boccassini ha ripreso
un episodio monitorato in sede di
indagini sulle attività criminali
della cosca Valle-Lampada, costituita, secondo l’accusa, da esponenti di due famiglie originarie
della periferia Nord di Reggio ed
emigrate a Milano dove hanno il
centro dei loro interessi: «Ho provato sgomento – ha detto – nel vedere un magistrato che si presta a
sfruttare la vita e il potere per ingraziarsi un’antimafia che non
LOTTO
Vincenzo Giuseppe Giglio
rarsi esaurita. C’è da chiarire come Giglio sia venuto a conoscenza delle notizie coperte da segreto. Per questo le indagini continuano a Milano, Reggio e Catanzaro per ricostruire l’operatività
delle talpe al servizio della cosca.
Tra gli arrestati di mercoledì ci sono anche l’avvocato Vincenzo Minasi e il maresciallo delle Fiamme
Gialle Luigi Mongelli.
Alla conferenza stampa erano
presenti il procuratore di Reggio
Giuseppe Pignatone, l'aggiunto
calabrese Michele Prestipino, i so-
Estrazioni di giovedì 1 dicembre 2011
84
59
43
14
26
55
30
75
30
15
12
BARI
CAGLIARI
FIRENZE
GENOVA
MILANO
NAPOLI
PALERMO
ROMA
TORINO
VENEZIA
NAZIONALE
60
38
15
7
59
5
23
31
53
89
53
SUPERENALOTTO
86
69
65
2
60
54
85
23
47
57
55
61
65
58
83
27
3
59
20
44
1
36
45
63
60
17
49
44
74
15
3
13
19
Combinazione
vincente:
4
10 ●
29 ●
41 ●
54 ●
74
●
●
Numero
Jolly
14
●
Numero
Superstar
25
●
Montepremi di concorso:
2.487.514,35
Nessun
Jackpot:
Nessun
Ai 14
Ai 1.538
Ai 54.522
€
37.756.317,36
“5+1”
“cinque”:
“quattro”:
“tre”:
€
€
€
26.651,94
242,60
13,68
Nessun
Ai 4
Ai 241
Ai 3.779
Ai 22.243
Ai 46.328
“5”
“4”
“tre”:
“due”:
“uno”:
“zero”:
€
€
€
€
€
24.260,00
1.368,00
100,00
10,00
5,00
10 e LOTTO
numeri vincenti
€
“sei”
5 - 7 - 14 - 15 - 23 - 26 - 30 - 31 - 38 - 43
53 - 55 - 59 - 60 - 65 - 69 - 75 - 84 - 86 - 89
stituti Paolo Storari e Alessandra
Dolci, il capo della squadra mobile milanese Alessandro Giuliano e
quello della squadra mobile reggina Renato Cortese.
Secondo Michele Prestipino,
con le attuali modalità d’azione
della ’ndrangheta, «Milano può
diventare come Reggio Calabria».
Il magistrato ha spiegato che «con
la struttura organizzativa della
’ndrangheta si estendono anche
le sue relazioni esterne: Milano
può diventare come Reggio Calabria».
«Il professionista che lavora
fianco a fianco con la famiglia
Gallico a Palmi ha uno studio a
Milano e a Como – ha aggiunto in
riferimento all’avvocato penalista Vincenzo Minasi –. Il centro
dei suoi interessi è in mezzo tra le
due regioni e lavora con un professionista che è a Lugano e che
sposta i soldi negli Stati Uniti».
Per la ’ndrangheta è «più importante e vitale» contare sugli
appoggi e sulle candidature di figure politiche nelle realtà
dell’hinterland, milanese ad
esempio, che a livello nazionale.
Lo ha spiegato Paolo Storari ricordando che l’operazione di ieri,
contro la cosca Valle-Lampada e
la “zona grigia”, è strettamente
connessa all’indagine Infinito del
luglio 2010 (110 condanne pochi
giorni fa).
Ieri sono anche iniziati gli interrogatori di garanzia. Vincenzo
Giuseppe Giglio e Francesco Morelli saranno sentiti stamane nel
carcere di Opera. Intanto il ministro della Giustizia Paola Severino ha chiesto per Giglio la sospensione cautelare dalle funzioni e
dallo stipendio.
Ilda Boccassini, Michele Prestipino, Edmondo Bruti Liberati e Giuseppe Pignatone nel corso della conferenza stampa
EMERGE UNO SCENARIO «DI ECCEZIONALE GRAVITÀ E ALLARME»
Un’inquietante ragnatela di rapporti
che lambisce anche i servizi segreti
Alessandro Sgherri
Rapporti tra un giudice, un commercialista legato ai servizi e boss
della ’ndrangheta informati sugli
sviluppi delle inchieste in corso: è
uno spaccato «di eccezionale gravità ed allarme», come scrive il gip
di Milano nella sua ordinanza,
quello che emerge dall’operazione coordinata dalla Dda di Milano
che mercoledì scorso ha portato
all’arresto di dieci persone tra le
quali il presidente delle misure di
prevenzione del Tribunale di
Reggio Calabria Vincenzo Giu-
seppe Giglio e il il consigliere regionale della Calabria Francesco
Morelli (PdL).
Il gip fa riferimento a Giglio e
alla figura di Giovanni Zumbo, un
commercialista reggino in contatto con i servizi segreti, arrestato in
un’inchiesta della Dda reggina
dopo essere stato filmato e registrato dal Ros dei carabinieri, nei
primi mesi del 2010, a casa del
boss Giuseppe Pelle di San Luca e
ritenuto un informatore di Giovanni Ficara, elemento di spicco
dell’omonima famiglia operante
a Reggio Calabria. Boss che «era-
no in possesso di particolari assolutamente precisi» sull’inchiesta
Crimine (luglio 2010) cinque, sei
mesi prima dell’esecuzione degli
arresti. Inchiesta «costellata da
gravissime fughe di notizie».
Dalle intercettazioni in casa di
Pelle emerge – scrive il gip di Milano – «che il magistrato Giglio, con
il quale Zumbo esibisce, a parole,
grande familiarità, viene esplicitamente indicato come fonte di
notizie relative alla indagine “Tenacia”, come personaggio avvicinabile per ottenere favori su procedimenti di prevenzione, come
personaggio notoriamente corrotto (“mangiatario”)».
«Al momento – prosegue il gip
– abbiamo solo la parola di Zumbo, di Pelle, di Ficara e di Billari. E
questo non è sufficiente per contestare fatti specifici a Giglio. Tuttavia sono legittime alcune considerazioni: i personaggi che parlano sono criminali di notevole
spessore che discutono di cose
estremamente serie che li riguardano direttamente; il contesto è
estremamente riservato e reputato sicuro, cosicché i partecipi si
sentono liberi di parlare anche di
aspetti molto delicati; l’ipotesi di
calunnia è del tutto fantascientifica». Inoltre – sottolinea il gip – la
conoscenza tra Giglio è Zumbo è
verificata. Infatti, nel 1996, il giudice nominò Zumbo amministratore di alcuni beni sequestrati alla
cosca Latella-Ficara.
Il ministro Severino interviene sul caso Giglio, all’esame del Csm venerdì 16
LE INDAGINI E IL DIRITTO DI DIFESA
«Sospendere quel magistrato
dalle funzioni e dallo stipendio»
«Allarme intercettazioni»
dai penalisti di Palmi
REGGIO CALABRIA . Il ministro
REGGIO CALABRIA . Nell’ambi-
della Giustizia, Paola Severino,
ha chiesto al Consiglio superiore
della magistratura di sospendere in via cautelare dalle funzioni
e dallo stipendio di magistrato il
giudice Vincenzo Giuseppe Giglio. Giglio, presidente della sezione delle misure di prevenzione del tribunale di Reggio Calabria, arrestato nell’ambito
dell’operazione della Dda contro la ’ndrangheta con le accuse,
di corruzione, favoreggiamento
e rivelazione di segreto d’ufficio
con l’aggravante dell’articolo 7.
Della vicenda del giudice Giglio si occuperà la sezione disciplinare del Csm il 16 dicembre.
È stato l'ufficio di presidenza
dello stesso Csm a sollevare l’attenzione del Pg della Cassazione e della I commissione di palazzo dei Marescialli.
«A prescindere dagli esiti giudiziari dell’indagine della Procura di Milano in merito alle
condotte attribuite nell’imputazione provvisoria ai colleghi
Vincenzo Giglio e Giancarlo
Giusti, gli atti noti del procedi-
Paola Severino, ministro della Giustizia
mento mettono in evidenza
comportamenti, relazioni personali e familiari, frequentazioni incompatibili per un magistrato che eserciti funzioni giurisdizionali».
È quanto si afferma in un comunicato di Magistratura democratica di Reggio Calabria in
relazione all’arresto di giudice
Vincenzo Giglio, iscritto alla
componente. «È tutto ciò risulta
ancora più intollerabile e drammatico – prosegue la nota – in un
contesto sociale come quello
reggino, dove la ’ndrangheta è
solita insinuarsi, con speciale
pervasività, nelle reti relazionali torbide e ambigue, perchè fondate su perniciosi rapporti obbligatori in cui, prima o poi, il
potere mafioso passa sempre a
riscuotere il conto. Ci avete sentito dire che è necessaria una rivoluzione culturale della nostra
società malata. Quando siamo
chiamati nelle scuole, nelle assemblee e negli interventi pubblici, invitiamo i cittadini a recidere i legami relazionali, anche
quelli quotidiani, con gli uomini
di mafia o con quelli collusi con
la mafia, per isolarli e renderli
così più deboli. Non smetteremo
di farlo, convinti come siamo
che solo attraverso una rivoluzione culturale e non già solo attraverso la repressione giudiziaria, si possa sconfiggere questo
germe che tenta di insinuarsi in
tutti i gangli sociali, per inquinarli e piegarli ai propri infami
desideri».(r.rc)
to dell’operazione contro la
cosca Valle-Lampada sono state eseguite alcune perquisizioni. Due hanno interessato gli
studi degli avvocati Francesco
Cardone, del foro di Palmi e
Giovanni Marafiori, del foro di
Vibo.
All’iniziativa della magistratura ha reagito con una
nota il direttivo della Camera
penale “Vincenzo Silipigni” di
Palmi che «preso atto dell’avviso di garanzia e delle perquisizioni eseguite, tra gli altri a
carico di due suoi iscritti, indagati per favoreggiamento aggravato commesso, secondo
l’accusa, nell’esercizio del
mandato difensivo, auspica
che i colleghi possano rapidamente dimostrare l’infondatezza degli addebiti con la speranza che la giurisdizione anche in questo caso svolga il suo
compito di garanzia».
Nella nota viene segnalato
che nella vicenda giudiziaria
«le autorizzazioni ad intercet-
tare i colloqui degli avvocati
con i loro clienti sono state rilasciate sulla base di mere
supposizioni circa il compimento di condotte illecite da
parte dei difensori, esprime
seria preoccupazione circa
l’utilizzo spropositato e sostanzialmente in via preventiva dello strumento intercettivo che incide sullo spazio che
va sempre garantito proprio
perchè il diritto di difesa si
realizzi concretamente in assoluta libertà».
La Camera penale segnala
«il clima sempre più inquietante che si sta creando e che
provoca oggettiva preoccupazione negli avvocati penalisti e
spinge verso un modello di difesa marginale e allineata».
Nella nota viene ribadito
l’impegno «a seguire gli sviluppi della vicenda per orientare gli iscritti affinchè, nel rispetto delle norme, assumano
tutte le iniziative atte a garantire la piena e incondizionata
difesa dei cittadini».(p.t.)
ne vantaggiosissima per la quale
il politico aveva messo a disposizione le sue influenti «amicizie»
partitiche. Un affare che, tuttavia, non si sarebbe concretizzato.
E sempre i Lampada, in riva al
Crati, c’erano tornati nel febbraio
del 2010, rimanendo per un giorno interno in compagnia di Franco il “cattolico” per discutere della possibile esistenza di inchieste
antimafia aperte a loro carico.
Gl’investigatori della Mobili di
Milano e Reggio Calabria hanno
documentato tutto, nonostante
le precauzioni poste in essere dal
consigliere regionale che usava
un telefono cellulare intestato a
un extracomunitario e le cabine
pubbliche romane per comunicare con gli «amici» residenti in
Lombardia.
Ai Lampada aveva persino
procurato un incontro in casa del
magistrato Vincenzo Giglio, presidente del Tribunale per le misure di prevenzione di Reggio. Ai
due fratelli era legato da un rapporto consolidato pure attraverso l’incrociata partecipazione degli uni e dell’altro a cerimonie di
battesimo e cresima avvenuti in
Vaticano ed a Lamezia Terme.
Nella città calabrese ad officiare
la cerimonia riguardante una
stretta congiunta di Morelli c’era
stato addirittura un vescovo.
Scrive il gip di Milano, Giuseppe
Gennari: «Morelli non è solo il
politico spregiudicato che cerca i
voti della ‘ndrangheta. Morelli è
in tutto e per tutto uno sostegno
Il consigliere regionale Franco Morelli è ora detenuto nel carcere milanese di Opera
costante alle iniziative, lecite e illecite, dei Lampada. Morelli è il
grimaldello che consente ai Lampada di entrare nel grande mondo della politica e delle istituzioni». Le parole del magistrato sono sorrette da una enorme mole
di indizi raccolti pazientemente
dalle Dda milanese e reggina.
Quanto i Lampada si fossero introdotti negli ambienti che con-
tano lo dimostra una strana telefonata che Giulio fa alla moglie.
L’uomo si vanta con la coniuge
d’essere in un posto importantissimo. «Sono» dice, «alla Presidenza del Consiglio dei ministri». Poi
si corregge «al Garante della privacy». I germani hanno peraltro
già fatto il loro esordio in “società” e lo hanno fatto in grande organizzando al Caffè de Paris un
incontro elettorale al quale hanno preso parte il sindaco Alemanno, il deputato Bonfiglio, Morelli,
politici di vario spessore ed esponenti istituzionali. Il Lombardia
come in Calabria, i Lampada si
danno da fare per organizzare
una «corrente» e sostenere candidati che potranno rivelarsi utili ai
loro scopi. Un “compare” d’origine reggina, Antonino Cotroneo,
chiede a Francesco d’intercedere
con Franco Morelli per sostenere
un cugino che si presenta alle elezioni comunali di Rogliano, piccolo centro del Cosentino. «C’è un
mio cugino» dice ignaro d’essere
intercettato dalla Polizia, «che si
presenta a Rogliano, non so se lui
può dargli una mano». La risposta
è possibilista. «Bisogna parlare,
magari di presenza».
I tempi però stanno cambiando. I fratelli Lampada, pochi mesi
dopo, comprendendo di essere al
centro di verifiche giudiziarie,
scelgono di darsi alla latitanza
volontaria all’estero per alcune
settimane. Poi tornano e chiedono notizie e conforto al loro amico politico. Che ostenta l’appartenenza all’Opus Dei e si vanta di
legami con settori della magistratura. Morelli perciò s’informa
a Catanzaro e Reggio. E cominciano le telefonate con linguaggio «criptico» e gl’incontri furtivi.
Franco il “cattolico” sente però
odore di bruciato. Ma certo non
immagina d’essere destinato a finire in un inferno...giudiziario.
L’ASCESA DELLA FAMIGLIA LAMPADA, APPRODATA IN SETTENTRIONE CON MODESTE (ALMENO “SULLA CARTA”) RISORSE ECONOMICHE
Quelle relazioni privilegiate con funzionari degli istituti di credito
Cristiano Leoni
Sono arrivati a Milano con modeste risorse finanziarie, almeno
ufficialmente, provento di una
macelleria e di una pizzeria gestite a Reggio Calabria. Ma nel breve volgere di pochi anni la famiglia Lampada «acquista una disponibilità economica e finanziaria milionaria, assolutamente
sproporzionata rispetto alla precedente situazione». E in questo
contesto «non possono mancare,
così come si era verificato per il
ramo Valle della famiglia, rapporti privilegiati con funzionari
di istituti di credito». A rilevarlo è
il gip di Milano Giuseppe Gennari
nell’ordinanza che ha fatto finire
in carcere esponenti di spicco
della famiglia Lampada, ritenuta
legata ai Condello di Reggio Calabria, oltre al presidente delle
misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria Vincenzo
Giuseppe Giglio e al consigliere
regionale della Calabria Francesco Morelli (PdL). D’altra parte –
prosegue il gip – «avere a disposizione l’amicizia di un direttore di
banca consente di fare operazioni che agli altri clienti non sarebbero consentite e consente di ac-
cedere con più facilità ai crediti».
I Lampada, al riguardo, seguivano sempre uno stesso modus operandi, che era quello tipico anche
dei Valle. «Tutte le iniziative ufficiali – è scritto nell’ordinanza
di custodia cautelare – vengono
effettuate con finanziamenti
bancari, nonostante la famiglia disponga di liquidità notevolissime». Il gip cerca anche di
darsi una spiegazione a tutto ciò
e giunge alla conclusione che «tale accortezza evita evidentemente sospetti e interrogativi
sulla provenienza dei fondi».
Nell’ordinanza si danno poi i
nomi di due funzionari che «hanno mostrato di intrattenere relazioni di speciale privilegio e compiacenza con i Lampada»: il direttore di un’agenzia Unicredit di
Milano e quello di un’agenzia di
Paullo del Credito Bergamasco.
Da Unicredit, i Lampada avevano ottenuto un finanziamento
di 300 mila euro che doveva servire per l’acquisizione delle concessioni dei Monopoli. Finanziamento concesso ma non ancora
erogato. Anche col funzionario
del Credito Bergamasco, scrive il
gip, «sono affiorati rapporti che
paiono anomali».
IL FIGLIO DELL’AMICO DEL COLONNELLO
Parte delle informazioni riservate giunte alla cosca
Lampada sull’inchiesta condotta a loro carico dalla Dda
di Milano sarebbero giunte
anche da un giovane il cui
padre sarebbe stato in società con un colonnello del
Ros di Reggio Calabria. È
quanto emerge dall’ordinanza del gip di Milano che
mercoledì scorso ha disposto l’arresto di 10 persone.
Tra le intercettazioni quella
di un colloquio avvenuto il
17 marzo 2010 tra l’avvocato Vincenzo Minasi, uno degli arrestati di mercoledì
scorso, Francesco Lampada
e Leonardo Valle in cui si
parla della prima fase
dell’inchiesta milanese che
porterà qualche mese dopo,
nel giugno 2010, ai primi arresti. Minasi, riferendo ciò
che gli è stato detto da Giu-
“CORRUZIONE AGGRAVATA” Il vicepresidente del Consiglio lombardo risponderà al pm soltanto quando avrà «visto gli atti»
Nicoli Cristiani: pronto a rinunciare alle cariche
Stefano Rottigni
MILANO
Il vicepresidente del Consiglio
lombardo Franco Nicoli Cristiani si riserva di rispondere al magistrato che ha disposto il suo arresto per corruzione aggravata soltanto dopo aver potuto consultare gli atti che stanno alla base delle accuse che lo hanno portato in
carcere mercoledì scorso. Spiega,
però, attraverso il suo legale, l’avvocato Piergiorgio Vittorini, che
intende rinunciare a qualsiasi carica e funzione politica non appena gliene sarà data la possibilità.
Questo per far venir meno l’unica
esigenza di custodia cautelare ala
base del suo arresto: il pericolo di
reiterazione del reato. Il legale ha
chiesto gli arresti domiciliari e il
gip Cesare Bonamartini si è riservato sulla decisione: ha un termine di cinque giorni per decidere se
accogliere l’istanza.
Ha invece cercato sin da subito
di chiarire la sua posizione, Giuseppe Rotondaro, il responsabile degli staff dell’Arpa (Agenzia
regionale per la protezione
dell’ambiente) lombarda. Roton-
daro è anch’egli accusato di corruzione aggravata perchè ritenuto
dai pm bresciani il tramite tra
Pierluca Locatelli, imprenditore
bergamasco nel settore dello
smaltimento dei rifiuti, e Nicoli
Cristiani per quella presunta tangente da 100mila euro per sbloccare l’autorizzazione per smaltire
amianto nella discarica di Cappella Cantone, nel Cremonese.
Rotondaro, qualche giorno dopo,
avrebbe ricevuto 10mila euro per
il disturbo. Il funzionario dell’Arpa, assistito dall’avvocato Giuseppe Lucibello, ha sostenuto che
quella somma ricevuta da Locatelli era il pagamento di una consulenza che aveva in atto con il
gruppo dell’imprenditore e non
aveva alcuna relazione con il suo
ruolo nell’agenzia per l’ambiente.
Il funzionario ha anche dato la
sua interpretazione della vicenda
dei 100mila euro che i carabinieri
hanno trovato nell’abitazione di
Nicoli Cristiani all’atto dell’arresto. Gli stessi, ritengono, della
tangente. Pierluca Locatelli e la
moglie, Orietta Rocca, quando
gli consegnarono quel pacco, il 26
settembre dell’anno scorso, l'a-
vrebbero definito genericamente
«un regalo» da consegnare all’uomo politico. Quindi, quando portò il pacco al ristorante Berti, non
distante dal palazzo della regione
Lombardia, dove si trovava Nicoli, non aveva la consapevolezza
che si trattasse di denaro. I pm di
Brescia e i carabinieri che hanno
svolto le indagini la pensano in
modo diverso: le attività tecniche
hanno consentito di sapere come
Nicoli era cliente abituale del ristorante Berti e sulla scorta
dell’analisi delle celle telefoniche
gli investigatori hanno stabilito
che l’uomo politico quel giorno
era al ristorante Berti. «In via logica – scrive il gip – l'individuazione
del Nicoli Cristiani quale destinatario della somma di 100.000 euro viene, poi, confortata dal riferimento fatto dal Rotondaro alla
consegna della busta nella macchina dell’autista, circostanza
compatibile solo con l'incontro
con una personalità politica di rilievo, quale l'attuale vicepresidente del Consiglio regionale della Lombardia. «D’altro canto –
conclude il giudice – lo stesso importo della somma consegnata,
lio Lampada, dice agli altri
che un giovane ha fornito
alcune notizie sull'inchiesta
e aggiunge, con una frase
incompleta: «Il papà con il
colonnello del Ros». «Allora
– chiede Francesco – il papà
è in amicizia con un colonnello del Ros?». «È socio», risponde Minasi che poi alla
successiva domanda «Chi è
questo colonnello del Ros?»,
risponde: «E che ne so?».
assai elevato, deve ritenersi indicativo della destinazione della
stessa a soggetto di rilevante spessore in seno all’amministrazione
regionale lombarda».
Inevitabile che gli amministratori della più grande regione del
Nord s’interroghino. Da una parte
c’è il rischio di infiltrazioni profonde della criminalità organizzata nel tessuto economico,
dall’altra il timore che le inchieste
giudiziarie che vedono coinvolti
alcuni amministratori pubblici
possano minare la credibilità della politica. Corre su questo doppio
binario la nuova “questione morale” in Lombardia, dopo che sono venute alla luce contemporaneamente le indagini della Dda
sugli affari della ’ndrangheta e
quelle che contestano fra l'altro
un giro di tangenti legate ai rifiuti,
con il clamoroso arresto di Nicoli
Cristiani. Storie separate, è vero,
ma la coincidenza temporale ha
moltiplicato le richieste di trasparenza e di maggiori controlli nella
zona grigia che si trova tra politica
e affari. «È un momento difficile,
anzi veramente pericoloso per lo
sviluppo del territorio», ha per
esempio riconosciuto il sindaco di
Milano, Giuliano Pisapia. Aggiungendo però che «sindaco,
Giunta e Consiglio comunale di
Milano hanno fatto finora tutto il
possibile per creare gli argini contro le infiltrazioni mafiose».
Gazzetta del Sud Venerdì 2 Dicembre 2011
11
Calabria
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PETILIA POLICASTRO Già risentiti tre testimoni nel dibattimento che si tiene in Assise a Milano sull’omicidio della 36enne poi sciolta nell’acido
Il processo per Lea Garofalo riparte da zero
Appello dei deputati Mantovano e Crosetto al ministro affinchè Grisolia possa presiedere la Corte
Carmelo Colosimo
PETILIA POLICASTRO
Riparte da zero il processo di
Milano per la morte di Lea Garofalo. Ma insieme al presidente della Corte d’Assise cambia
anche uno dei difensori degli
imputati. L’avvocato Vincenzo
Minasi di Palmi (difendeva
Massimo Sabatini), arrestato
l’altro ieri su richiesta del coordinatore della Dda milanese Ilda Bocassini, per concorso
esterno in associazione mafiosa, è stato infatti sostituito da
un collega.
È accaduto nell’udienza di
ieri del procedimento che è già
ripartito daccapo. Dopo una
breve camera di consiglio, i
giudici della prima Corte d’Assise di Milano, presieduta da
Anna Introini, che ha sostituito
Filippo Grisolia, diventato capo di gabinetto al ministero
della Giustizia, hanno deciso,
accogliendo le richieste presentate dalle difese, che il processo per la morte di Lea Garofalo, sciolta nell’acido, deve ripartire da zero, perchè «il giudice che andrà in camera di
consiglio deve essere lo stesso
che ha partecipato all’assunzione delle prove».
Occorre quindi risentire i testi per «garantire il rispetto
dell’oralità del dibattimento».
Nonostante le rassicurazioni
del ministero, il processo viene
quindi azzerato perchè il presidente della Corte d’Assise Filippo Grisolia ha lasciato il Tribunale di Milano dopo la nomina a capo di gabinetto del
Ministero della Giustizia. Gli
avvocati difensori, tra cui quelli di Carlo Cosco, marito della
vittima accusato dalla figlia
Denise, non hanno dato il consenso per mantenere valide le
prove finora raccolte in dibattimento, tra cui la testimonianza di Denise, la figlia che la testimone di giustizia uccisa ha
avuto con Carlo Cosco e che vive da tempo sotto tutela. La
notizia è arrivata poco dopo la
vigilia del secondo anno della
sparizione di Lea Garofalo, la
testimone di giustizia scomparsa la notte tra il 24 e il 25
novembre 2009, a Milano. Per
la pubblica accusa quella sere
Lea venne sequestrata su ordine dell’ex convivente, torturata, uccisa e sciolta nell’acido.
Di quell’orrendo crimine sono
accusate sei persone, tra cui lo
stesso ex compagno di Lea,
Carlo Cosco, i suoi fratelli Vito
e Giuseppe, e poi: Rosario Curcio, Carmine Venturino e Massimo Sabatino.
Il pm Marcello Tatangelo ha
già riconvocato in aula i primi
testimoni, tre dei quali sono
stati ascoltati già ieri mattina.
«Speriamo che il Tribunale
imponga un ritmo serrato alle
udienze, e che entro luglio si
arrivi a una sentenza di primo
grado», è l’auspicio dei legali
delle parti civili. «La difesa ha
esercitato la sua facoltà», ha
spiegato Roberto D’Ippolito, il
legale della madre e della sorella di Lea Garofalo. «Ma purtroppo – ha aggiunto – il rischio concreto è quello che gli
imputati tornino in libertà, e su
questo bisognerà Vigilare».
Nell’udienza di ieri come già
detto è stato sostituito da un
collega uno dei legali degli imputati, l’avv. Vincenzo Minasi
(difendeva Massimo Sabatino), arrestato in esecuzione di
un’ordinanza emessa dal gip di
Milano per l’’inchiesta della
Dda contro la cosca dei Valle-Lampada. Minasi è accusato
di concorso esterno in associazione mafiosa, rivelazione di
segreti d’ufficio e intestazione
fittizia di beni.
Intanto l’ex viceministro agli
Interni Alfredo Mantovano e
l’on. Guido Crosetto (Pdl) hanno lanciato un appello al ministro della Giustizia, Paola Severino, affinchè il suo nuovo
capo di gabinetto Filippo Grisolia, presidente del collegio
giudicante, possa completare il
processo in corso a Milano. «È
nella prassi – hanno sostenuto
i due deputati – che in casi del
genere vi siano effetti negativi
sui giudizi in corso che segue
chi è chiamato a svolgere il
nuovo incarico. Ma è nella medesima prassi, raccomandata
dal Csm e dall’Anm, che chi
cambia funzione salva le pendenze più importanti, per evitare rischi (sussistenti nel caso
specifico) di liberazione per
decorrenza termini degli imputati, e comunque gravi disagi per i testimoni».
«Ciò non è accaduto», hanno sostenuto i due esponenti
del Pdl. «Ben consapevoli –
hanno aggiunto – della sensibilità della prof.ssa Severino, le
rivolgiamo un appello, anche
alla stregua della esperienza
istituzionale da ciascuno di noi
svolta fino a qualche giorno fa,
perchè questi rischi e questi disagi, che potrebbero essere irreparabili, siano scongiurati;
perché, quindi, disponga che la
completa assunzione del nuovo incarico da parte del dott.
Grisolia gli permetta di completare almeno il processo in
questione».
Il primo bloccato all’alba dall’Arma dopo i riscontri sul dna
Donna soffocata durante una rapina
Fermati tre uomini di San Calogero
SAN CALOGERO. Al fermo ese-
Lea Garofalo (in nero) insieme alla figlia Denise a Milano prima di scomparire
guito all’alba, ne sono seguiti altri due. Una giornata frenetica,
quella di ieri, per i carabinieri
della Compagnia di Tropea,
della Stazione di San Calogero e
del Comando provinciale di Vibo Valentia, i quali sono riusciti
a dare un nome e un volto ai presunti autori della rapina compiuta lo scorso mese di luglio
(tra il 14 e il 16) e sfociata poi
nell’omicidio, per soffocamento, di Isabella Raso, 50 anni, nubile, casalinga di San Calogero.
Le indagini, ma soprattutto la
non contaminazione del luogo
del crimine, hanno consentito
di identificare, attraverso la
comparazione del Dna, Domenico Grillo, 21 anni, del luogo.
In pratica a mettere nei guai il
giovane sarebbe stato un frammento di materiale organico
prelevato, dal medico legale
Katiuscia Bisogni, sotto le unghie della vittima dal quale è
stato estrapolato dal Ris di Mes-
sina un profilo di Dna maschile.
Profilo compatibile con quello
del ventunenne che, all’alba di
ieri, è stato sottoposto a fermo
in quanto ritenuto responsabile
dell’omicidio della donna e della rapina. Infatti, mentre a Messina i carabinieri del Ris procedevano con le analisi, a San Calogero i militari svolgevano le
indagini che li portavano a circoscrivere il raggio d’azione in
un bar della zona frequentato,
tra gli altri, anche da Domenico
Grillo. La comparazione del
Dna e la compatibilità tra il profilo estrapolato e quello del giovane consentiva così di chiudere il cerchio sul ventunenne.
Ma considerato che la rapina
non sarebbe stata compiuta da
una sola persona, i carabinieri –
coordinati dal cap. Francesco Di
Pinto, comandante della Compagnia di Tropea – non hanno
ritenuto la questione chiusa con
il fermo di Grillo. Sviluppi che si
sono avuti nella stessa giornata
di ieri con l’emissione, da parte
del sostituto procuratore Vittorio Gallucci, di altri due fermi.
Infatti, nel primo pomeriggio
sono stati fermati Francesco Todarello, 45 anni, operaio edile e
Luigi Zinnà, 25 anni, disoccupato. Il primo di San Calogero, il
secondo della frazione Calimera, ed entrambi con precedenti
alle spalle, nei cui confronti a
seguito del fermo di Grillo sarebbero emersi gravi indizi di
colpevolezza. Omicidio e rapina aggravati, in concorso, i reati
loro contestati.
In particolare Todarello sarebbe stato sorpreso dai carabinieri mentre stava preparando
la valigia. L’operaio, inoltre,
aveva poco prima prelevato una
somma di denaro e non è da
escludere che si accingesse a
partire.
I due sino a tarda sera sono
stati ascoltati dal sostituto Gallucci e dal procuratore di Vibo
Mario Spagnuolo. (m.c.)
GIOIA TAURO Gravissima intimidazione nei confronti di un sostituto commissario. Il prefetto convoca il Cosp
Bomba esplode sotto l’abitazione di un poliziotto
Gioacchino Saccà
GIOIA TAURO
Non si ferma l’escalation della
criminalità organizzata a Gioia
Tauro. Nella notte da mercoledì a
giovedì un altro episodio gravissimo si è registrato al quartiere
“Jossa” dove, in via Leonardo da
Vinci, ignoti hanno fatto esplodere un potentissimo ordigno rudimentale sistemato davanti la
porta di ingresso dell’abitazione
di un funzionario di Polizia, Pietro Fausto Spadafora, sostituto
commissario, in servizio presso il
Commissariato di Taurianova.
I dinamitardi hanno agito con
eccezionale determinazione; la
bomba artigianale, secondo i primi accertamenti confezionata
con un chilo abbondante di polvere nera miscelata a fremmenti
metallici e fornita di detonatore
collegato ad una miccia a rapida
combustione, ha divelto un pesante portone in alluminio anodizzato ridotto in mille pezzi,
provocando anche danni all’interno, ovvero ad un ambiente dal
quale si dipartono le scale che
portano al primo piano. Danni
all’interno dello stesso fabbricato
ma anche agli stabili contigui e
posti frontalmente sono stati provocati dalla fortissima deflagrazione percepita alle tre e quaranta in punto in tutta l’area urbana.
Per sistemare l’ordigno presso
il portone contrassegnato dal numero 68 di via Leonardo da Vinci
(che incrocia via Vespucci dove,
proprio a pochi passi, appena una
settimana addietro raffiche di
mitraglietta sono state esplose
contro un negozio di abbigliamento) i malviventi, con un lavoro da specialisti, hanno operato
con tutta calma e tantissimo sangue freddo.
Tutto il quartiere era infatti da
alcune ore al buio e il black out
dell’impianto di pubblica illuminazione era stato provocato dagli
stessi malviventi che avevano
proceduto a disattivare dalle cen-
La bomba ha distrutto il portone
traline dell’Enel l’energia elettrica. Spadafora con la famiglia (la
moglie e due figli che frequentano lo Scientifico a Palmi, una figlia più grande studia al Nord)
erano a letto al piano superiore e
sono stati svegliati dal boato che
ha letteralmente distrutto il portone e che ha mandato in frantumi i vetri del caseggiato e di fabbricati vicini.
Sul posto nel giro di pochissimi minuti sono intervenute numerose volanti, agenti della Sezione Investigativa col Vicequestore Francesco Rattà e gli specialisti della Scientifica che hanno
proceduto a tutti i rilievi. Nella
primissima mattinata in via Leonardo da Vinci sono giunti il questore Carmelo Casasbona col vicedirigente della Mobile di Reggio, Luigi Silipo, il vicequestore
Andrea Ludovico, dirigente del
Commissariato di Taurianova,
dove Spadafora presta servizio
da appena un mese, e il capitano
Ivan Boracchia, comandante la
Compagnia dei carabinieri di
Gioia, col tenente Gianluca Ceccagnoli. Le indagini sono coordinate personalmente dal Procuratore della Repubblica di Palmi,
dott. Giuseppe Creazzo, e dal sostituto di turno dott. Luigi Dolce.
Ieri sono state effettuati controlli
e verifiche unitamente a perquisizioni domiciliari che hanno interessato le abitazioni di pregiudicati e di soggetti con precedenti
penali di un certo rilievo.
L'anno scorso, in piena estate,
qualcuno aveva scritto minacce
nella zona del Lungomare. Le intimidazioni lasciate sui muri con
l’uso di vernice spray erano forse
ancora più pesanti. Da qui la decisione di spostare il funzionario,
molto stimato da colleghi e superiori, probabilmente in attesa di
altro provvedimento definitivo,
al Commissariato di Taurianova.
Il sindaco Bellofiore incontrando
ieri Spadafora gli ha espresso piena ed incondizionata solidarietà.
Il prefetto di Reggio Calabria,
Luigi Varratta, accogliendo la richiesta del primo cittadino, ha
convocato per il prossimo 7 dicembre il Comitato per l’ordine e
la sicurezza pubblica per approfondire l’escalation di attentati
sul territorio di Gioia Tauro.
REGGIO Moto sequestrata compatibile con quella ripresa dalle telecamere
COSENZA Condannato a 5 anni per aver violentato una sua cliente in Puglia nel 2001
Attentato alla Procura generale
Depositata la consulenza tecnica
Mago catanese in manette per stupro
CATANZARO. La compatibilità tra
COSENZA
il motorino filmato dalle telecamere della Procura generale di
Reggio Calabria e quello sequestrato dagli inquirenti nell’ambito delle indagini sulle intimidazioni ai magistrati reggini è parziale, mentre non ci sarebbero
elementi sufficienti per stabilire
la compatibilità tra una tuta sequestrata ad Antonio Cortese, ritenuto uno degli esecutori materiali dell’attentato dello scorso 3
gennaio, e l’abbigliamento che si
nota dai filmati registrati dalle telecamere di videosorveglianza.
Sono questi i due passaggi-chiave della relazione del perito nominato dal giudice per le indagini
preminari di Catanzaro, Assunta
Maiore, che ieri ha acquisito gli
ulteriori esiti degli accertamenti
tecnici durante un incidente pro-
batorio.
In particolare, la perizia sul
motorino riguarda la bomba fatta esplodere lo scorso anno contro la Procura generale di Reggio
Calabria. Le telecamere di videosorveglianza registrarono le fasi
dell’attentato; nelle immagini si
notano due persone a bordo di un
motorino che raggiungono la sede della Procura generale, prima
che uno dei due lasci la bomba
esplosa poco dopo. Secondo il perito quel motorino è parzialmente compatibile con quello trovato
dagli investigatori nell’ambito
dell’inchiesta coordinata dalla
Procura di Catanzaro per competenza territoriale, mentre non ci
sono elementi sufficienti per stabilire la compatibilità tra la tuta
di Antonio Cortese e l’abbigliamento immortalato dai filmati.
Dopo il deposito degli accertamenti l’incidente probatorio è
stato aggiornato al 19 dicembre
prossimo quando sarà sentito il
perito.
Nell’ambito dell’inchiesta sulle intimidazioni ai magistrati reggini dello scorso anno sono state
arrestate quattro persone, ritenute mandanti ed esecutori della
strategia della tensione. L’inchiesta ha avuto un impulso decisivo
dalle dichiarazioni del boss pentito Antonino Lo Giudice, che si è
autoaccusato di essere il mandante ed ha chiamato in causa il
fratello Luciano ed altre due persone, Antonio Cortese, ritenuto
l’esperto di esplosivo della cosca,
e Vincenzo Puntorieri, legato allo
stesso Cortese, accusati dell’esecuzione materiale dell’attentato.(g.l.r.)
Fabio Melia
I suoi poteri magici questa volta lo hanno tradito, impedendogli di prevedere l’arrivo dei
carabinieri. E così Alfio Conti,
45enne originario di Aci Castello (Catania), meglio noto
come il “Mago Conti”, nei
giorni scorsi è stato ammanettato dai militari della Stazione
di Mendicino, cittadina alle
porte di Cosenza dove s’era
stabilito ormai da tempo. Il
veggente e sensitivo – come
lui stesso si definisce nei cartelloni propagandistici affissi
sui muri della provincia bruzia
– ha inanellato nel corso degli
anni diversi problemi con la
giustizia, finendo nei guai per
truffa, porto abusivo d’arma e
possesso ingiustificato di valori. Questa volta, tuttavia, gli
L’ordine di carcerazione è stato notificato dai carabinieri di Mendicino
uomini guidati dal maresciallo Gregorio Santoro gli hanno
notificato un ordine di carcerazione piuttosto pesante.
Conti è stato infatti condannato a cinque anni di reclusione
per violenza sessuale, un reato consumato nel 2001 a Casarano, in provincia di Lecce. In
quel periodo il sensitivo siciliano si faceva chiamare il
“Mago di Oggi”, e riceveva i
suoi clienti in diverse località
del Mezzogiorno, Puglia compresa. Secondo l’accusa, approfittando dello stato di soggezione della sua vittima,
Conti avrebbe ripetutamente
violentato una giovane con la
scusa di dover compiere dei
particolari riti magici. Sceneggiate avvalorate dalla presenza di un talismano d’oro, ricolmo di chissà quali influssi ultraterreni, costato alla ragazza piombata suo malgrado al
centro di questa vicenda la
bellezza di 5 milioni di lire.
Durante le sedute magiche,
tra l’altro, il fidanzato della
giovane salentina rimaneva
tranquillamente seduto in sala
d’attesa, ignaro di quanto
stesse accadendo al di là della
porta. Lui, purtroppo, di magia e affini non se ne intendeva.
Gazzetta del Sud Venerdì 2 Dicembre 2011
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Calabria
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La Dia di Catanzaro ha confiscato buon parte del patrimonio di Francesco Arcuri, comprese due società che si occupano dello smaltimento di rifiuti industriali
Crotone, sotto chiave beni per 30 milioni
Il procuratore generale Consolo: è l’unica via per contrastare la criminalità organizzata. Costituito un staff operativo
Giuseppe Lo Re
CATANZARO
«C’è solo un modo per contrastare
davvero la criminalità organizzata: aggredirne i patrimoni illecitamente accumulati». Insediato da
qualche mese, il procuratore generale Santi Consolo ha costituito
uno specifico gruppo di lavoro
coordinato dal sostituto per Domenico Prestinenzi. E ieri, proprio all’indomani di una riunione
allargata di questo gruppo di lavoro, l’attività di verifica e riscontro in materia di patrimoni illeciti
ha registrato un importante risultato con la confisca, eseguita dagli specialisti della Direzione investigativa antimafia di Catanzaro, di beni per oltre 30 milioni di
euro riconducibili al 62enne
Francesco Arcuri, crotonese, imprenditore condannato in via definitiva per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso.
Il provvedimento di confisca è
stato adottato dalla Corte d’Appello di Catanzaro su richiesta
della Procura generale, che ha fatto proprie le risultanze degli accertamenti della Dia. Sotto chiave
sono finiti: il patrimonio aziendale dell’impresa individuale denominata “Arcuri Francesco” con sede a Crotone e dedita al recupero
e al riciclaggio di rifiuti solidi urbani e industriali; il patrimonio
aziendale e il capitale sociale della “Recycling srl”, con sede a Crotone e dedita alla raccolta, imballaggio, compattazione, stoccaggio e trasporto dei rifiuti con destinazione al recupero e allo smaltimento, compresi quelli delle
piattaforme petrolifere; 4 terreni;
11 fabbricati fra cui un villa a più
piani dove risiede la famiglia Arcuri; 6 auto; 41 mezzi industriali;
12 rapporti finanziari.
Arcuri era stato coinvolto
nell’operazione “Obra” ed era sta-
to condannato a 3 anni di reclusione con pena diventata definitiva dopo il passaggio in Cassazione, risalente al 15 aprile 2009. Secondo le indagini dell’epoca,
l’estorsione sarebbe avvenuta ai
danni di un responsabile della società “Biomasse spa” impegnata
nella realizzazione della centrale
termoelettrica di Strongoli, in
provincia di Crotone. La Dia di Catanzaro ha eseguito gli accertamenti che hanno riguardato, per
un arco temporale compreso tra il
1985 ed il 2009, tutti i cespiti in
qualunque modo riconducibili ad
Arcuri ed ai componenti del suo
nucleo familiare, «documentando fra l’altro – ha rilevato il sostituto pg Prestinenzi – la netta sproporzione tra il reddito dichiarato
ai fini delle imposte dirette e le attività economiche esercitate». La
Corte d’Appello ha ritenuto la richiesta degli investigatori guidati
da Antonino Cannarella «meritevole di accoglimento – si legge nel
provvedimento – perché sussiste,
nel caso di specie, il duplice presupposto della sproporzione tra il
valore dei beni nella disponibilità
diretta o indiretta del condannato
e l’entità del reddito dichiarato e
dell'assenza di elementi giustificativi che consentano di ricondurre gli incrementi patrimoniali
a delle operazioni lecite non solo
sul piano strettamente giuridico,
ma anche su quello economico».
I dettagli delle indagini sono
stati illustrati ieri nel corso di una
conferenza stampa tenuta dal pg
Consolo, dal sostituto Prestinenzi
e dal responsabile della sezione
operativa catanzarese della Dia
Cannarella. Consolo ha colto l’occasione per illustrate le strategie
della Procura generale in tema di
contrasto alla criminalità organizzata. «Tutta la magistratura
requirente del Distretto – ha rilevato il magistrato – è impegnata
CATANZARO A carico di 16 imputati
Why Not, iniziato ieri
il processo d’appello
CATANZARO. È iniziato ieri con
Il sequestro della villa della famiglia di Francesco Arcuri; sotto Prestinenzi, Consolo e Cannarella durate la conferenza stampa
per garantire alla società civile lo
sviluppo sano del territorio, aggredendo i patrimoni illeciti che
sono il cancro per la libera circolazione dei beni e la libera iniziativa». Il pg ha aggiunto che in questi
giorni «le nove Procure del Distretto, la Procura generale e la
Procura nazionale antimafia sono
pervenute ad un protocollo d’intesa per razionalizzare le attività»; infatti la Procura generale ha
messo in piedi un vero e proprio
«progetto organizzativo» affidando il gruppo di lavoro al sostituto
Prestinenzi, «magistrato capace e
di grande esperienza». In quest’ottica, proprio mercoledì si è tenuto un vertice operativo nel quale «si è registrata un’armonia di
intenti che si tradurrà nella circolazione delle comunicazioni, perché soltanto con l’attività sinergica si possono ottenere risultati
soddisfacenti».
COSENZA I giudici hanno confermato la sentenza di primo grado (8 anni e mezzo)
Le mani “allungate” sulla figlia di dieci anni
docente universitario condannato in appello
Giovanni Pastore
COSENZA
La discesa agli inferi d’un professore universitario di Statistica cominciò in una tiepida
mattina di maggio di cinque
anni fa, in un’aula dell’ateneo
calabrese durante una lezione
agli studenti. Due uomini in
divisa s’avvicinarono con discrezione al docente sussurandogli qualcosa all’orecchio. Poco dopo, il professore
era già in stato d’arresto davanti a un ufficiale dei carabinieri che gli leggeva i suoi diritti e lo invitava a nominare
un difensore di fiducia. Era
stata sua figlia, la sua bambina a trascinarlo nel fango
d’una storia turpe, imprigionato in un tunnel senza uscita.
E quelle accuse hanno inchiodato il cattedratico al legno
della croce con una condanna
che, ieri mattina, è stata ribadita dalla Corte d’appello di
Reggio Calabria (presidente:
Maria Teresa Pratticò). L’accusa per il professore è di
quelle fanno inorridire: abusi
sessuali su una minore, sulla
sua bambina. Una storia tremenda, che è stata ripercorsa
anche in secondo grado dopo
quattro anni di dolorose
udienze celebrate davanti al
Tribunale con una sessantina
di testimoni escussi. E in queste ultime settimane, nell’aula
della Corte d’appello sono state, inevitabilmente, rivissute
le scansioni temporali di quei
giorni che avrebbero lasciato
il segno nella testolina della
bimba, come ha sottolineato il
È stata la bimba ad accusare suo padre
patrono di parte civile, l’avvocato Gianluca Bilotta che assiste l’angioletto e sua mamma.
Accuse che il procuratore
generale ha rafforzato nel corso della sua requisitoria conclusa sollecitando la conferma
della sentenze di primo grado
che il Tribunale di Reggio aveva condensato nella condanna a otto anni e mezzo di carcere completata dall’interdizione dai pubblici uffici, dalla
perdita della patria potestà e
da un risarcimento del danno
in sede civile con una provvisionale alle vittime quantificata in 50mila euro.
Il docente di Statistica si è
sempre detto innocente e ha
respinto fin dall’inizio ogni accusa. I suoi legali, il professor
Guglielmo Gullotta, e gli avvocati Nico D’Ascola e Giorgio
Misasi, avevano presentato ricorso in appello, convinti di
riuscire a modificare l’iniziale
verdetto.
La storia torbida è affiorata
per caso nel 2005. Anna (il nome è di fantasia, ndr) piangeva di rabbia e viveva di incubi
notturni. A dieci anni appena
sapeva già com’era fatto l’inferno. Ma taceva e inghiottiva
le sue lacrime per vergogna.
Una sofferenza silenziosa,
uno stato di disagio che a un
certo punto divenne una zavorra insopportabile tanto da
spingere la bambina a parlare.
In un giorno di maggio di sei
anni fa, Anna si sciolse e si
confidò con la madre. Alla
donna, la piccola avrebbe confidato quei dettagli che erano
sconvolgenti. Si scoprì così la
terribile verità. Una presunta
verità angosciante.
La mamma ascoltò il racconto dell’orrore e pianse pure lei con la sua bambina prima di correre dai carabinieri a
denunciare l’ex uomo della
sua vita. Davanti agl’investigatori dell’Arma, la piccola rese delle dichiarazioni scioccanti. Racconti che avrebbero
alimentato l’idea dell’ipotetico papà “orco”. Incubi reali
per il pm Roberta Conforti che
inizialamente s’occupò del caso prima di trasferire il fascicolo a Reggio Calabria dove i
primi ipotizzati abusi sarebbero maturati. L’inchiesta
venne completata dal pm Giovanni Musarò che ottenne la
condanna in primo grado del
professore universitario. Nella fase delle indagini preliminari, c’era stato anche un incidente probatorio con la bambina che, assistita da una psicologa dell’età evolutiva e alla
presenza
degli
avvocati
dell’indagato, aveva ricostruito gli episodi di violenza. L’accertamento avrebbe evidenziato la piena credibilità della
bambina. Conclusioni che,
evidentemente, hanno pesato
sulle sentenze pronunciate
dai giudici. I legali del professore attenderanno di conoscere le motivazioni della condanna e hanno preannunciato
ricorso per Cassazione, l’ultimo grado di giudizio prima
che la sentenza diventi definitiva.
le eccezioni preliminari e la
prima parte della requisitoria
del procuratore generale, il
processo d’appello nei confronti di sedici persone coinvolte nell’inchiesta “Why Not”,
che riguarda un presunto comitato d'affari che avrebbe illecitamente gestito i soldi destinati allo sviluppo della Calabria.
Oltre all’acquisizione di una
sentenza della Cassazione,
l'avvocato Francesco Gambardella, legale del principale imputato, l’imprenditore Antonio Saladino, ha chiesto ai giudici della Corte d’appello di acquisire la documentazione
dalla quale si accerti se la principale teste d’accusa, Caterina
Merante, è indagata in procedimento connesso. La richiesta
deriva dal fatto che, al termine
del processo di primo grado, il
Giudice per le udienze preliminari, Abigail Mellace, aveva
chiesto la trasmissione degli
atti alla Procura della Repubblica per valutare eventuali irregolarità. Su entrambe le eccezioni preliminari i giudici si
sono riservati la decisione.
La parola poi è stata presa
dal sostituto procuratore generale Massimo Lia che ha ripercorso l’intera fase del processo che si è tenuto col rito abbreviato davanti al giudice per
le udienze preliminari. Secondo il procuratore «esisteva una
associazione per delinquere,
costituita da soggetti privati,
che aveva stretto accordi con
pubblici ufficiali della Regione
Calabria per ottenere finanziamenti pubblici», oltre al fatto
«che ci può essere una associazione per delinquere costituita
solo da soggetti privati che si
avvaleva di volta in volta
dell’apporto di di singoli pubblici ufficiali». Il sostituto procuratore generale ha poi illustrato le modalità con le quali
veniva affidato alla società
Why Not lo svolgimento di
progetti finanziati con fondi
pubblici.
Stilato anche un primo calendario delle udienze: la requisitoria proseguirà il 22 dicembre ed il 13 e 24 gennaio.
Poi la parola potrebbe passare
alla difesa qualora il pg riesca a
terminare la requisitoria per il
24 gennaio.
Tra gli imputati del processo d’appello ci sono i due ex
presidenti della Regione Calabria, Agazio Loiero, e Giuseppe Chiaravalloti, entrambi assolti in primo grado; alcuni
funzionari regionali e imprenditori, tra cui, appunto, Antonio Saladino, condannato a
due anni di reclusione per il
reato di abuso d’ufficio. La Procura generale ha presentato ricorso contro l’assoluzione di
alcuni imputati dal reato di associazione per delinquere
mentre, per tutti gli altri, l’appello riguarda il reato di abuso
in atti d’ufficio.(g.m.)
Gazzetta del Sud Venerdì 2 Dicembre 2011
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Cronaca di Reggio
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Consiglio
Provinciale
È stato convocato per
il prossimo martedì il
Consiglio provinciale
per discutere il piano
scolastico
.
IL TORNADO MILANESE Oggi pomeriggio nel carcere di Opera si svolgerà l’interrogatorio di Vincenzo Giglio, cugino omonimo del magistrato arrestato
Quel medico con il vizio della politica
Gli inquirenti ritengono che ambisse alla direzione dell’Asp e che fosse il tramite tra Lampada e Morelli
Piero Gaeta
Un ruolo di primo piano in questo intrigo mafioso-politico-giudiziario, che parte da Reggio e finisce a Milano, lo riveste il medico Vincenzo Giglio, 57 anni, cugino omonimo del magistrato
arrestato e con una sfrenata passione per la politica.
L’accusa di cui deve rispondere il medico reggino è di concorso esterno in associazione mafiosa. E comincerà a farlo questo
pomeriggio alle 14.30 nel carcere di Opera, quando, assistito dal
suo legale di fiducia Andrea Alvaro, dovrà rispondere – se vorrà– alle domande del gip Giuseppe Gennari, il quale nell’ordinanza ha tratteggiato un ritratto
poco raccomandabile dell’indagato. «A dispetto del fatto che
Vincenzo Giglio non compare in
reati fine (sebbene egli contribuisca in modo decisivo alla raccolta di notizie riservate, aspetto
sul quale si dovrà meditare) –
scrive il gip – si tratta di personaggio fondamentale nello snodo di rapporti coltivati dai Lampada. Giglio è il medico che introduce Lampada presso Morelli, procurando la nascita e il consolidamento del rapporto tra i
due personaggi. La circostanza –
evidenzia Gennari – emerge in
modo chiaro nel mese di aprile
2008, durante una conversazione tra Mario Giglio (fratello
dell’indagato) e Lampada, subito dopo una serata al Cafè de Paris di Roma, alla quale aveva partecipato anche il consigliere regionale Franco Morelli e quest’ultimo aveva poi mandato un
sms al Lampada in cui lo ringraziava per la splendida serata ed
L’ex consigliere
regionale
Franco Morelli
è stato arrestato
per ordine
del gip
di Milano
esaltava «l’amicizia vera quella
con la A maiuscola». Un messaggio talmente apprezzato da Giulio Lampada che voleva dirlo «a
mia mamma di farmi fare un quadretto di questa cosa e me lo appendo in ufficio!».
Vincenzo Giglio sostiene attivamente anche la campagna
elettorale di Leonardo Valle a
Cologno Monzese nel 2009. Una
candidatura “strana” quella di
Valle tanto che la stampa locale
si era soffermata prima delle elezioni indicandola come un tentativo della ’ndrangheta di infiltrarsi nella politica milanese. Ma
il “pallino” delle elezioni Vincenzo Giglio l’ha sempre avuto recitando un ruolo attivo con i suoi
fratelli anche in città.
Vincenzo Giglio, inoltre, è stato l’uomo che ha presentato il
giudice Giancarlo Giusti a Giulio
Lampada in occasione di di un
convegno giuridico tenutosi a
Venezia nel settembre del 2008;
e la stessa cosa ha fatto presentando poi il Lampada al cugino
magistrato. Secondo le indagini
degli investigatori milanesi, durante gli incontri reggini dedicati alla raccolta delle notizie, il
medico Giglio opera come «intermediario riservato» tra il cugino magistrato e i fratelli Lampada.
Vincenzo Giglio e Lampada si
sarebbero adoperati per procurare sostegno elettorale a Franco
Morelli in vista degli attesi vantaggi che sarebbero potuti derivare dal politico cosentino. Da
alcuni dialoghi intercettati dai
pm milanesi è emerso che Giglio
puntava
alla
direzione
dell’Azienda sanitaria provinciale. In una telefonata Giglio riferisce a Lampada: «No, con
Franco mi disse... il fatto...
dell’Asl, la direzione... mi disse tu
andrai lì all’Asl, dove ti ho detto...».
E Vincenzo Giglio è anche presente al pranzo organizzato dai
fratelli Lampada a Gambarie il 4
settembre 2009 cui parteciparo-
Il procuratore antimafia Giuseppe Pignatone ha squarciato il velo sulla cosiddetta “zona grigia” che aiuta la ’ndrangheta a diventare sempre più forte
no, tra gli altri, Franco Morelli, il
neurologo Gabriele Quattrone e
il figlio Diego. Secondo il gip milanese il pranzo aveva un duplice scopo: festeggiare il successo
dell’operazione condotta da Morelli, che aveva collocato Diego
Quattrone presso la Commissione europea di Bruxelles e soprattutto consolidare i rapporti tra le
famiglie Lampada-Valle e il politico cosentino, come si evince
dal “brindisi” documentato dalla Squadra mobile reggina: «...
ho il piacere di avere a tavolo oggi
una persona molto autorevole...
brindisi faccio all’onorevole!».
Per i magistrati lombardi,
dunque, Giglio «contribuisce in
modo determinante ad ampliare
la rete di relazioni costituente la
“zona grigia” che poi gli associati
sfruttano per assumere notizie
riservate, per ottenere favori
nelle aste immobiliari, per allargare le proprie relazioni istituzionali e la capacità di penetrazione nel tessuto economico e
istituzionale».
Il nostro ordinamento non prevede il reato di contiguità
Il voto di scambio non è configurabile
se non c’è prova d’un effetto concreto
Non è previsto nell’ordinamento un «reato di contiguità» e
dunque, se non ci sono prove
che possono portare a contestare il favoreggiamento o il concorso esterno in associazione
mafiosa o la partecipazione
all’organizzazione criminale,
non si può configurare una responsabilità penale per i politici che “dialogano” con gli esponenti mafiosi.
Così qualificate fonti giudiziarie spiegano perchè, malgrado nelle “carte” dell’inchiesta
della Dda di Milano sulla cosca
Valle-Lampada compaiono numerosi nomi di politici – alcuni
dei quali avrebbero anche “pre-
Mentre Palamara osserva che su novemila magistrati qualche caso può capitare
La giunta esecutiva della sezione Anm
esprime «sconcerto e dolore» per i colleghi
«La vicenda che riguarda i colleghi Vincenzo Giglio e Giancarlo Giusti ci sconcerta ed addolora».
La Giunta esecutiva dell’Associazione nazionale magistrati – sezione di Reggio Calabria – auspica che «questi
fatti non intacchino la credibilità dell’istituzione giudiziaria
e non venga meno la fiducia
dei cittadini verso la magistratura reggina, da sempre impegnata sul versante della legalità».
«Non ci compete entrare
nel merito della vicenda, in attesa che la Giustizia faccia il
suo corso e venga fatta chiarezza – prosegue la dichiarazione dei magistrati reggini –.
È nostro dovere, invece, richiamare l’attenzione sulla
necessità che il magistrato sia
rigoroso nello stile di vita e
nelle frequentazioni, perchè
non venga mai neanche appannata l’immagine di indipendenza e di imparzialità
della magistratura nè compromessa la trasparenza dei
L’Anm reggina ha espresso «sconcerto e dolore» per i colleghi
comportamenti anche personali dei singoli componenti
dell’Ordine giudiziario. Ogni
deviazione da questi principi
va fermamente stigmatizzata».
Sul caso ha preso posizione
anche il presidente nazionale
dell’Anm, Luca Palamara. «In
Italia i magistrati sono novemila e ci possono essere delle
situazioni di errore, ma di
fronte a comportamenti scorretti dobbiamo dare un segnale di netta fermezza», ha detto
commentando l’arresto di un
giudice di Reggio Calabria
nell’ambito dell’operazione
“Infinito” contro la ‘'ndrangheta e la cosiddetta zona grigia.
«L'inchiesta – ha aggiunto il
presidente dell’Associazione
nazionale – dimostra che
quando i giudici applicano la
legge la applicano anche nei
confronti degli stessi magistrati». Palamara ha poi voluto esprimere il proprio «disagio e indignazione» per quanto accaduto».(pitos)
Sono molti i politici che parlano con la ’ndrangheta
so” i voti degli affiliati alla 'ndrangheta e dei loro sodali – a
questi non si possono attribuire
reati.
I presunti affiliati al clan Valle, come scrive il gip Gennari,
infatti, avrebbero fatto «confluire» i voti verso candidati «a
loro vicini». E poi nell’ordinanza viene riportato un elenco
contenente molti nomi.
Negli ambienti giudiziari,
però, viene chiarito che non esiste un reato che punisce il politico che ottiene voti, pur consapevole, da esponenti mafiosi.
L’unico reato che potrebbe
essere contestato è il voto di
scambio o la cosiddetta corruzione elettorale, ma se il candidato non dà al mafioso qualcosa in cambio del voto non c’è alcuna rilevanza penale. Anche
nell’ipotesi in cui il politico prometta qualcosa, dei lavori ad
esempio, ma poi non li conceda, non c’è reato.(pitos)
Venerdì 2 Dicembre 2011 Gazzetta del Sud
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Gazzetta del Sud Venerdì 2 Dicembre 2011
Cronaca di Reggio
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Cronaca di Reggio
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IL TORNADO MILANESE La criminalità organizzata è sempre più vorace e cerca di costruirsi una facciata rispettabile col sostegno della zona grigia
L’affermazione è contenuta in uno dei passaggi cruciali della relazione dell’Antimafia
La ’ndrangheta in Lombardia
con un disegno di colonizzazione
Valle-Lampada, ’ndrine partite da Archi
unite da due solidi matrimoni incrociati
«Le cosche hanno messo radici riproducendo il loro schema criminale»
Prima lo sbarco a Vigevano, poi il salto a Milano. Slot-machine per arricchirsi e il miraggio della politica
Chi sono le famiglie mafiose
Valle e Lampada? Tutte e due
le componenti, scrive il gip Giuseppe Gennari, «rappresentano
i tasselli inscindibili di una realtà criminale sostanzialmente
unitaria, non solo sotto il profilo degli interessi, ma della
stessa componente familiare
che ne costituisce il fondamento».
I Valle sono una famiglia da
sempre accreditata di appartenenza ‘ndranghetista e sono
spinti (con il “nonno” Francesco) al trasferimento al Nord da
una sanguinosa guerra tra clan.
I Valle sono descritti in due recenti ordinanze: «Esercitano
una carica intimidatoria incontrastata, risalente negli anni,
inducono una situazione di
omertà generalizzata, esercitano un capillare controllo del
territorio, potendo fare leva su
simpatizzanti pronti a segnalare presenze estranee, intrattengono rapporti di affari e comparaggio con altri esponenti
‘ndranghetisti».
Da Archi a Vigevano, un
viaggio lungo. Entrambe le famiglie sono originarie di Archi.
I Valle arrivano a Vigevano alla
fine degli anni Settanta, dove
vengono accolti dal locale boss
Giovanni Cotroneo, calabrese
anch’egli. Giunto al nord nel
1968, Cotroneo grazie a usura
ed estorsioni ha costruito un
impero nel settore del commercio e della ristorazione. Seguendone l’esempio, i Valle,
che si affiliano proprio al clan
Cotroneo che vantava legami
con Condello e Imerti (a Reggio
e Villa San Giovanni) e con gli
Ursino di Gioiosa Jonica e i Pesce-Bellocco di Rosarno, in pochissimo tempo accumulano
un ingente patrimonio. Alla fine degli anni Novanta, più volte colpiti dall’autorità giudiziaria ma mai al tappeto, i Valle
trasferiscono i loro interessi nel
Milanese, dove proliferano: assommano soldi, potere, e capacità di intimidazione. Storica,
ormai, la frase dell’ex direttore
Asl di Pavia: «Tra i Valle e la
magistratura preferisco avere
dietro le spalle la magistratura;
è chiaro che ad un certo punto
preferivo una condanna piuttosto che avere i Valle dietro le
spalle».
Anche i Lampada giungono a
Vigevano, ma all’inizio degli
Ilda Boccassini ha
coordinato le
scottanti indagini
che hanno scosso
la Calabria
Investigatori della Polizia per le vie del quartiere di Archi
La lezione di don Luigi Ciotti
La forza. «Non dimentichiamo che la forza delle
mafie non sta dentro le
mafie, ma sta fuori di esse. I fatti di questi giorni,
purtroppo, lo dimostrano
ancora una volta». Lo ha
detto don Luigi Ciotti, che
guida l’associazione antimafia Libera.
Il quartiere di Archi è sempre stato considerato la “culla” della ’ndrangheta reggina. Anche la storia delle famiglie Valle e Lampada parte dalla periferia nord di Reggio
anni Novanta, guidati da Maria
Concetta Lampada, moglie di
Leonardo Valle. Dopo Vigevano, tutti i Lampada si trasferiscono in blocco a Milano. Tra le
due famiglie vige un forte legame parentale: il 20 aprile 1991
viene celebrato a Vigevano il
matrimonio tra Maria Concetta
Lampada (sorella di Francesco
e Giulio) e Leonardo Valle (figlio di Francesco Valle cl.
1937). Quindici anni dopo, i
Lampada-Valle rinsaldano i loro vincoli con un altro matrimonio, mandando in sposa al
giovane Francesco Lampada la
ultimogenita del clan Valle,
Maria, figlia di Francesco Valle.
Secondo gli investigatori, che
non sottovalutano l’aspetto
simbolico dei matrimoni in seno alle famiglie di ‘ndrangheta,
tutti i membri della famiglia
Valle e della famiglia Lampada
entrano così a far parte di un
nuovo organismo collettivo,
che se da un lato comporta
nuovi doveri, al contempo determina un aumento della ca-
In relazione alla gestione della “Sempione”
I rapporti con i Tegano
nati da una controversia
I rapporti tra Giulio Lampada e
Bruno Tegano emergono a proposito di una controversia che
oppone i Lampada a Giovanni
Barbaro, in relazione alla gestione della società “Sempione”.
Giovanni Barbaro è figlio di
Giuseppe Barbaro, cugino di Pasquale Condello. Si parla, quindi, di un membro di sangue della
famiglia Condello.
Il sistema societario costruito
dalla consorteria consentiva
l’agevole inserzione o alienazione nelle cariche sociali di fiduciari, anche portatori di omologhi
interessi mafiosi, con il vantaggio che l’eventuale insorgenza di
conflitti permane endogena e intestina alle cosche, piuttosto che
deflagrare all’esterno con ricadute che potrebbero calamitare
l’attenzione delle autorità di vigilanza.
In questo senso, per gli investigatori, è macroscopico il caso
della ditta “Sempione” in cui è
esploso un contenzioso che ha
compromesso gli equilibri esistenti tra le consorterie Lampada
e Condello e ha richiesto la diretta interposizione di due emissari
appositamente convenuti a Milano da Reggio.
Sostanzialmente, il dissidio in
parola e concretizzato in una lite
pacità economica e sociale della nuova “entità”.
Secondo l’accusa, insomma,
il doppio matrimonio tra appartenenti alle due famiglie ha
determinato un nuovo status
per tutti gli appartenenti. Osservazioni analoghe anche per i
battesimi: cerimonie che rivestono una portata sociale. Così
gli inquirenti spiegano il conto
di oltrre 15 mila euro pagato
per il ricevimento da 70 invitati
in un ristorante romano per il
battesimo, celebrato l’8 giugno
2008 in Vaticano, della figlia di
Giulio Lampada e Giuseppa Immacolata Zema.
Le due famiglie operano nello stesso settore di impresa: il
noleggio di macchinette videopoker. Un’attività che frutta a
entrambe anche la proprietà e
la gestione diretta di numerosi
esercizi commerciali. In entrambi i casi, però, gli inquirenti ci vedono una sistematica
evasione delle imposte e del
prelievo erariale unico sulle
somme giocate.(pie.ga.)
tra i Lampada e Giovanni Barbaro che, con il fratello Salvatore,
conduce il bar milanese “Gran
bar Sempione”, a piazza Gramsci, appartenente alla società
“Sempione”, piuttosto importante perché già proprietaria degli esercizi commerciali “El Tabachè” di viale Ungheria, nonché
del “Tabacchi dolci” di via Dolci.
Il conflitto Lampada-Barbaro
era sembrato esaurirsi con
l’estromissione di Giovanni Barbaro dalla conduzione del bar
dei Lampada; invece, l’escluso
era evidentemente andato a perorare la propria causa a Reggio,
rendendosi nel frattempo irreperibile, salvo poi rientrare a Milano insieme a soggetti invitati a
sostenere le ragioni presso i Lampada. Nel contempo, proprio per
scongiurare il coinvolgimento di
soggetti mafiosi reggini, i Lampada lo avevano insistentemente
cercato.(do.mal.)
I numeri
1970
Arrivano i Valle
Alla fine degli anni Settanta, i Valle lasciano Archi e arrivano a Vigevano
dove vengono accolti dal
locale boss Giovanni Cotroneo, calabrese anch’egli. Seguendone
l’esempio, i Valle, che si
affiliano proprio al clan
Cotroneo che vantava legami con Condello e
Imerti
1990
Ecco i Lampada
All’inizio degli anni Novanta arrivano anche i
Lampada a Vigevano e
poi si trasfericono con i
loro interessi a Milano.
15.000
Il conto del banchetto
È la cifra spesa (arrotondata per difetto) per festeggiare il battesimo
della figlia di Giulio Lampada avvenuto in Vaticano.
2
I matrimoni incrociati
Il 20 aprile 1991 viene
celebrato a Vigevano il
matrimonio tra Maria
Concetta Lampada (sorella di Francesco e Giulio) e Leonardo Valle (figlio di Francesco Valle cl.
1937). Quindici anni dopo, i Lampada-Valle rinsaldano i loro vincoli con
un altro matrimonio,
mandando in sposa al
giovane Francesco Lampada la ultimogenita del
clan Valle, Maria.
Il ricco business gestito della ’ndrangheta
Le macchinette mangiasoldi
legano i Lampada ai Condello
Esistono rapporti di profonda
reciprocità criminale, tra i fratelli Lampada e gli esponenti
della cosca Condello, nella gestione, il commercio e il noleggio di slot-machine. Un'attività particolarmente remunerativa, sviluppatasi sull'asse criminale Milano-Reggio Calabria, che vedeva da una parte,
i Lampada e dall’altra esponenti di spicco dei Condello,
nella veste di gestori delle attività illegali riferibili alle slot
machine in argomento, nell'area dello Stretto.
L’analisi, scaturita dalle attività investigative, ha permesso di accertare che i Lampada
costituivano, nell’insieme, una
vera e propria filiera produttiva di natura criminale, nell'ambito di una nuova strategia operativa economica avviata dalla cosca Condello, attraverso l’utilizzo di slot machine: una fonte di guadagno
derivante dall’installazione di
apparecchi non regolari e non
collegati in rete, in maniera da
sottrarre illecitamente le somme destinate al fìsco.
Il principale interlocutore
dei Lampada, in questo specifico settore, viene identifica in
Domenico Condello, detto
“gingomma”, 39 anni.
Una prima interessante conversazione telefonica, intercettata alle ore 10.30 dell'11.09.2007 intercorreva tra
Giulio Lampada – quello che
gli inquirenti ritengono essere
la vera e propria mente della
famiglia – e il sidernese Michele Circosta. «Vedi che hanno sequestrato a Milano ah», con
questa affermazione, il Lam-
pada veniva informato di alcuni sequestri di macchinette da
gioco, operati dalle Forze di
Polizia. La risposta del Lampada, nell'immediatezza, era oltremodo lapidaria («hanno cominciato a rompermi i coglioni
allora»), facendo emergere lo
stato di irritazione e preoccupazione, non tanto per le conseguenze penali o amministrative, ma quanto per il rischio
che si sarebbe corso nell’individuare i meccanismi connessi
alla truffa in danno del Monopolio di Stato. La conferma
che l'attività, condotta dal
Lampada, fosse attuata attraverso modalità operative illecite, lo si percepiva dall'affermazione del suo interlocutore
che raccomandava una più
oculata attenzione: «Hanno
cominciato mmh un poco più
d'occhio tò».
Ed è importante – per i magistrati milanesi – , anche sottolineare, che il predetto Circosta è risultato amministratore della società "Milano Games
Srl", (con sede legale in Milano, via Melzi d'Eril Francesco
nr. 29 iscritta al Rea nr.
MI-1855190
in
data
04.10.2007), operante nel settore del noleggio di macchine,
attrezzature ed apparecchi da
intrattenimento, direttamente
controllata dalla famiglia
Dalla cattura
del boss
Pasquale
Condello
sono partite
numerose
indagini
Lampada, in considerazione
che, i genitori, Lampada Grazia (30.07.1934), e Antonia
Giuseppina
Tripodi
(24.04.1948), detengono una
quota pari a cinquemila euro.
L’illecita gestione delle
macchinette da gioco emergeva anche da un’altra conversazione telefonica tra Francesco
Lampada e il fratello Giulio,
nel corso della quale veniva
commentato l'insorgere di un
problema, nel capoluogo lombardo, legato alla conformità
delle precitate macchinette,
tenuto conto che erano stati
opposti alcuni sigilli, da parte
di una non meglio specificata
Forza di Polizia di Milano, a
carico di alcune macchinette
da gioco gestite dagli stessi
Lampada.
Era il 14 settembre 2007,
quando si riscontrava, in maniera inconfutabile, l'inserimento degli appartenenti alla
potente famiglia Condello,
nell'ambito della gestione della lucrosa attività delle slot
machine, atteso che , veniva
intercettata una conversazione, intercorsa tra Giulio Giuseppe Lampada e Domenico
Condello, alias “gingomma”.
Il dialogo aveva per oggetto
la consegna di dieci macchinette da gioco, che il Lampada
avrebbe dovuto inviare, per
l'evidente collocazione nel capoluogo reggino, così come attestano anche altre conversazioni telefoniche intercettate,
a cui seguiva un evidente utilizzo illegale delle “magiche”
slot machine che riuscivano a
ingannare coloro che giocavano e pure lo Stato.(p.g.)
Le collusioni. «La forza
della mafia e della ’ndrangheta e della camorra sta
proprio nelle collusioni –
ha continuato il battagliero preste antimafia –, sta
in quei professionisti che
si prestano a fare favori, a
creare quei percorsi che
permettono alle mafie di
fare i loro affari e raggiun-
gere i loro obiettivi»
La politica. Don Ciotti non
risparmia la politica: «La
forza della ’ndrangheta
sta in quei segmenti della
politica che appoggia, direttamente e indirettamente i mafiosi. Ma non
bisogna mai generalizzare».
REGGIO CALABRIA. In Lombardia la 'ndrangheta «si è diffusa
non attraverso un modello di
semplice imitazione, nel quale
gruppi delinquenziali autoctoni riproducono sistemi organizzativi e di azione dei gruppi
mafiosi, ma attraverso un vero
e proprio fenomeno di colonizzazione, cioè di espansione
su un nuovo territorio, organizzandone il controllo e gestendone i traffici illeciti, conducendo alla formazione di
uno stabile insediamento mafioso». È un passaggio cruciale
dell’ultima relazione della Direzione nazionale antimafia.
La 'ndrangheta in Lombardia, sostiene la Dna, «ha messo radici, divenendo col tempo un’associazione dotata di
un certo grado di indipendenza dalla “casa madre” con la
quale però continua ad intrattenere rapporti molto stretti e
dalla quale dipende per le più
rilevanti scelte strategiche».
Insomma, «in Lombardia si
è riprodotta una struttura criminale che non consiste in
una serie di soggetti che hanno semplicemente iniziato a
commettere reati in territorio
lombardo; ciò significherebbe
non solo banalizzare gli esiti
investigativi a cui si è potuti
giungere con le indagini collegate, ma anche contraddire la
realtà che attesta tutt'altro fenomeno e cioè che gli indagati
operano secondo tradizioni di
'ndrangheta: linguaggi, riti,
doti, tipologia di reati sono tipici della criminalità della terra d’origine e sono stati trapiantati in Lombardia dove la
‘ndrangheta si è trasferita con
il proprio bagaglio di violenza».
Piazza Duomo, un simbolo di Milano, che la ’ndrangheta vuole conquistare
La Dna rileva poi come l’organizzazione criminale calabrese «malgrado l’incisiva e
straordinaria attività di contrasto dispiegata, si manifesti
e si espanda sempre più sul
piano nazionale ed internazionale, puntando a riaffermare la propria supremazia
con immutata arroganza, soprattutto sul piano delle disponibilità finanziarie, che sono ormai illimitate, e raffinando ulteriormente il proprio
agire criminale». Dal territorio
calabrese, spiega la relazione,
«la 'ndrangheta si è da tempo
proiettata verso i mercati del
Centro-Nord Italia, verso l’Europa, il Nord America, il Canada, l’Australia. L'infiltrazione
e la penetrazione di questi
mercati ha comportato la stabilizzazione della presenza di
strutture 'ndranghetiste in
continuo contatto ed in rap-
porto di sostanziale dipendenza con la casa madre reggina».
Intanto, le inchieste Crimine-Infinito cominciano a trovare riscontri della loro bontà
anche in sede di giudizio. Il 19
novembre scorso il gup di Milano ha condannato 110 presunti affiliati alle cosche operanti in Lombardia, confermando così l'impianto accusatorio della Dda milanese guidata da Ilda Boccassini, a pene
pesantissime, molte delle quali superiori ai 10 anni e la più
alta a 16. Per altri 33, tra cui
l’ex direttore della Asl di Pavia
Antonio Chiriaco e il boss Pino
Neri, il processo è in corso.
Sul ramo calabrese, inoltre,
è attesa la sentenza del gup di
Reggio. Anche in questo caso,
l’accusa, rappresentata dal
procuratore aggiunto Nicola
Gratteri, è andata giù con la
mano pesante: 118 richieste
di condanna, delle quali 16 a
20 anni di reclusione e molte
altre a pene superiori ai dieci
anni. Per altri 36 imputati è
stato disposto il rinvio a giudizio con rito ordinario. La pena
più alta è stata chiesta per Domenico Oppedisano, l’ottantenne capo «crimine», il “grande vecchio”, che è il «custode
delle regole» della nuova 'ndrangheta, non più divisa in
un insieme di famiglie scoordinate tra loro ma un’organizzazione strutturata su «mandamenti» (Tirrenico, Città e
Ionico) e con organismi di vertice che dalla Calabria decidono e pianificano le mosse in
ogni parte del mondo in cui le
cosche operano, a cominciare
dalla Lombardia, dove agisce
la mafia imprenditrice che fa
soldi e s’infiltra nel tessuto politico e istituzionale.(pitos)
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Gazzetta del Sud Venerdì 2 Dicembre 2011
Cronaca di Reggio
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Interrogazione dell’on. Francesco Nucara al ministro dei Trasporti
Presentato il libro del vaticanista Accattoli
Le Fs negano ai calabresi
il diritto alla mobilità
violando la Costituzione
Tre giorni da certosino
per comprendere
l’attualità del Vangelo
Domenico Malara
Sulla stessa linea il consigliere regionale Giovanni
Nucera. Oggi i sindacati portano la protesta in piazza
Pino Toscano
Trenitalia lede l’articolo 16 della
Costituzione perché limita la libertà del cittadino calabrese di
spostarsi nel Paese. Lo afferma
l’on. Francesco Nucara, segretario nazionale del Pri, in una interrogazione al ministro Passera.
Ricordate le condizioni disastrose del trasporto aereo e autostradale, Nucara osserva: «La
Città Metropolitana di Reggio
Calabria, di recente istituzione,
non potendo usufruire delle vie
di comunicazione necessarie per
essere trasformata in un’area
produttiva e di auspicabili insediamenti economici, è condannata a rimanere un ghetto isolato
dal resto del Paese e questo non
per decisione politica ma per decisione di Aziende che dovrebbero invece adeguare i propri piani
aziendali alle scelte che il Parlamento adotta nell’interesse
dell’intero sistema Italia. In sostanza il piano commerciale di
Trenitalia Spa relativo al biennio
2011/2012, in vigore dal prossimo 11 dicembre, penalizza la
viabilità su rotaia dell’intera Regione Calabria, con conseguenti
ripercussioni in Sicilia, con una
previsione di riduzione dei convogli notturni del 70% e la diretta ripercussione sull’occupazione.
Ancor più grave – sottolinea il
segretario del Pri – è il fatto che i
tagli riguardino maggiormente i
convogli a lunga percorrenza
con la conseguente penalizzazione della mobilità verso la Capitale e verso le altre città del
Nord Italia. La politica commerciale di Trenitalia, eliminando le
linee che secondo la Società aumentano le perdite e privilegiando i collegamenti con i treni veloci Frecciarossa e Frecciargento,
risponde ad una logica privatistica che contrasta anche con la volontà del Governo di rilanciare
l’economia meridionale e aumenta il divario, sociale ed eco-
nomico, tra le popolazione del
Sud e il resto della Penisola.
Contestualmente – aggiunge
Nucara – l’amministratore delegato delle Ferrovie, ing. Mauro
Moretti, pensa a quattro diverse
classi di utenza per i treni Frecciarossa, mentre ritiene non necessario intervenire sulla pulizia
delle toilettes dei treni che vanno
verso l’altra italia (quella con la i
minuscola). L’ing. Moretti, che
ha esperienze sindacali di
prim’ordine, dovrebbe avere
maggiore sensibilità sociale, come maggiore sensibilità sociale
dovrebbero avere i sindacalisti
Angeletti, Bonanni, Epifani che il
percorso ferroviario Roma-Reggio Calabria l’hanno praticato di
recente insieme all’ex ministro
Tremonti e ne hanno potuto apprezzare la velocità da lumaca e
gli odori da discarica incontrollata». Per tutti questi motivi, Nucara chiede di sapere dal ministro
Passera cosa intenda fare per eliminare questa ingiustizia».
L’on. Francesco Nucara, segretario nazionale del Pri
Insiste sulla lesione del principio costituzionale anche il segretario questore del consiglio regionale Giovanni Nucera, annunciando la sua partecipazione
allo sciopero indetto per oggi dai
sindacati dei trasporti. «Il Mezzogiorno è ormai isolato dal resto del Paese – lamenta Nucera –
e Trenitalia ha deciso di privatizzare gli utili e socializzare le per-
dite. Non si spiega altrimenti la
scelta di puntare tutto sui collegamenti più redditizi, sui Frecciarossa e sugli Eurostar che da
Napoli in su determinano lauti
guadagni ad una azienda il cui
pacchetto azionario è detenuto
dallo Stato e che, proprio per
questo, è chiamata ad offrire un
servizio conforme ai bisogni di
tutti i cittadini del Paese».
Il presidente Formigoni premia Pasquale Pacetta per il progetto “Instradando in campo”
dal senso civico del suo ideatore e di tutti i componenti il
team. Questa sensibilità culturale e sociale mi piace molto e
la sposo volentieri».
Con un pizzico di commozione il reggino Pasquale Pacetta ha ringraziato e poi ha
aggiunto: «Sono felice di aver
ricevuto questo importante riconoscimento regionale che
interpreto anche come un segnale che siamo sulla strada
giusta. Siamo fieri dell’arrivo
di Luca Antonini nella nostra
squadra – ha concluso – e siamo certi che grazie a lui il nostro messaggio arriverà sempre più lontano ed a sempre
più persone».
Un vigile reggino si fa onore a Milano
Ancora un bel risultato per il
progetto socio-educativo “Instradando In Campo” e un’altra bella soddisfazione per il
suo ideatore reggino Pasquale
Pacetta, originario del quartiere di Sbarre, che adesso lavora come agente della polizia locale a San Giuliano Milanese, nell’hinterland meneghino.
Nei giorni scorsi, infatti,
nell’ambito della prima giornata regionale della sicurezza
stradale, istituita e organizzata dal settore Protezione civile, Polizia locale e sicurezza
della Regione Lombardia, il
governatore Roberto Formigoni ha consegnato proprio a
Pacetta un riconoscimento
per il suo progetto “Instradando In Campo” definendolo
«una delle iniziative più efficaci nella lotta all’incidentalità stradale».
Il riconoscimento è stato assegnato solo a sette dei cin-
quanta progetti che sono stati
presentati.
Era presente, ed ha ritirato
il premio insieme con Pacetta,
anche il testimonial del progetto “Instradando In Campo”: il giocatore del Milan Luca Antonini.
E, al termine della manifestazione, Antonini ha dichiarato: «Sono molto contento di
rappresentare un progetto come “Instradando In Campo”
che nasce dalla coscienza e
Annullata l’ordinanza di rigetto del Tribunale della Libertà
Processo “Meta”, la Cassazione
dispone un nuovo esame per Greco
La prima sezione della Corte
di Cassazione, in accoglimento del ricorso proposto dall’avvocato Giovanna Beatrice Araniti, ha annullato l’ordinanza
con cui il Tribunale della Libertà reggino aveva rigettato
l’istanza di riesame presentata
nell’interesse di Giuseppe Greco (cl. 1970), finito in carcere
nell’ambito
dell’operazione
“Meta”. L’operazione nasceva
da un’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia sulle
attività delle cosche di ’ndrangheta attive in città e nei centro dell’hinterland tirrenico.
Giuseppe Greco risponde
del reato di tentata estorsione.
Il coinvolgimento dell’imputato nasceva dall’intercettazione di una telefonata nel corso
della quale, secondo gli inquirenti, avrebbe minacciato la
presunta vittima.
L’avvocato Giovanna Beatrice Araniti, rivolgendosi al
Tribunale della Libertà reggino, in sede d’appello, aveva
evidenziato la gravità delle
condizioni di salute del suo assistito, affetto da una grave
patolgia determinandone l’incompatibilità col regime carcerario (c’è da ricordare che
nelle more il gup, in sede di
udienza preliminare, ha accordato a Greco il beneficio
degli arresti domiciliari presso
Avv. Giovanna Beatrice Araniti
una clinica) e la valorizzazione di un elaborato redatto dal
consulente di parte, dott. Antonio Nucera, che metteva in
luce, sul piano processuale, la
possibilità di spiegare il presunto comportamento illecito
ascritto al ricorrente alla luce
della risalente patologia da
cui era affetto. Una situazione
che portava all’esclusione
dell’aggravante
prevista
dall’articolo 7, ovvero del favoreggiamento mafioso, e di
conseguenza a un giudizio che
avrebbe dovuto determinare
la revoca della misura cautelare.
Nonostante gli esiti favorevoli di un supplemento di perizia disposto dal Tribunale
della libertà, l’appello di Greco era stato rigettato. Contro il
provvedimento dell’organo di
garanzia ha proposto ricorso
per cassazione l’avvocato Araniti, rilevando la totale mancanza di motivazione e l’irrazionalità della stessa, soprattutto nella parte in cui pur riconoscendo l’esistenza di una
grave malattia, non veniva effettuata alcuna disamina sulla
circostanza che proprio quest’ultima avrebbe avuto un peso fondamentale nella vicenda
processuale oggetto dell’ordinanza di custodia cautelare a
suo carico.
Il difensore ha evidenziato
che il mantenimento della custodia preventiva (pur attenuata), nel caso precipuo, appariva atto contrario al senso
di umanità e in violazione dei
principi costituzionali, della
Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, nonché dei
principi di proporzionalità ed
adeguatezza della misura cautelare al caso concreto.
La Cassazione, accogliendo
i rilievi difensivi, ha annullato
l’ordinanza del Tribunale della Libertà reggino, rinviando
gli atti per un nuovo esame.(p.t.)
Luca Antonini con Pasquale Pacetta
Tre giorni da certosino per comprendere l’umanità di oggi, l’attualità del Vangelo nel terzo millennio, per sperimentare la possibilità dell’incontro col Signore
nel silenzio e nella preghiera in
un’epoca di crescente stordimento. Ma soprattutto per riscoprire un Dio della misericordia e
del perdono che accoglie e non
giudica. Un’esperienza unica
che lo scrittore e giornalista Luigi Accattoli ha vissuto e voluto
raccontare nel volumetto “Solo
dinanzi all’Unico. Colloquio con
il priore della Certosa di Serra
San Bruno” (Rubettino editore).
Il volume è stato presentato
nel corso di un incontro promosso all’auditorium “Cipresseto”
dall’associazione culturale “Il
teatro dei semplici”, durante il
quale Accattoli ha spiegato come è nato questo viaggio all’interno della Certosa di Serra San
Bruno e il suo incontro col priore
padre Jacques Dupont. Ne viene
fuori un racconto affascinante e
una riflessione profonda sulla
vera essenza della vita.
Giornalista vaticanista di
grandissima esperienza, Accattoli non nasconde il suo stupore
nel raccontare la sua breve seppur intensa esperienza certosina. «Non mi aspettavo la “messa
senza ministro” che il certosino
sacerdote – spiega lo scrittore –
celebra da solo in aggiunta a
quella conventuale; non sospettavo l’esistenza del rito certosino
e del suo confiteor che dice di
“aver molto peccato per superbia in parole, opere e omissioni”.
Mi ha spiazzato anche la prostrazione sia liturgica sia privata,
ognuno nella sua cella. Così come non immaginavo la sepoltura nella terra, senza bara e senza
nome. Né il pane contadino infornato una volta alla settimana,
duro ma buono inzuppato nel
latte».
«Nei tre giorni alla Certosa –
prosegue Accattoli – ho ascoltato parole insolite e coraggiose.
Ho compreso che padre Jacques
è un cristiano pensante di rara
Luigi Accattoli
tempra e fegato in questi tempi
sfiduciati. In questi tre giorni ho
visto e accompagnato la comunità nella sua liturgia, ho mangiato come loro da solo nella
stanza della “foresterie interna”
che mi era stata assegnata, prendendo i cibi dal “portapranzo”
che un fratello converso posava
alla giusta ora davanti alla porta.
Ho compreso che nella Certosa
quando si è insieme si canta. E ho
intuito che anche in questo c’è
insegnamento».
Infine, Accattoli svela un
aspetto paradossale per un monaco: il suo essere esperto in
ateismo. E lo fa con le parole di
padre Jacques Dupont: «Il contemplativo conosce l’angoscia
della notte oscura, sperimentata
anche da Cristo sulla croce. Ma
anche al di fuori di quella tragica
esperienza, è ben chiaro che il
Dio della Bibbia si è rivelato a noi
come “sconosciuto” e inaccessibile in questa vita. Ed ecco che
anche noi monaci cerchiamo Dio
ma non lo troviamo mai, nel senso che non arriviamo mai a possederlo, perché egli è sempre
“oltre”. Dunque per la sua familiarità con un Dio che è assente, il
contemplativo è forse maggiormente in grado di comprendere
l’atteggiamento di coloro che sono lontani dal mistero divino».
Venerdì 2 Dicembre 2011 Gazzetta del Sud
40
Catanzaro - Provincia
.
S. ANDREA Udienza rinviata al 19 gennaio. Oggi il processo “immediato” davanti al Tribunale collegiale
Free Village, chieste le prime pene
Nei confronti dei sei imputati che hanno chiesto al gup il rito abbreviato
Giuseppe Mercurio
CATANZARO
È cominciata ieri con le prime richieste di pena da parte del sostituto procuratore della Direzione
distrettuale antimafia della Procura della Repubblica di Catanzaro, Vincenzo Capomolla, l’udienza preliminare a carico delle numerose persone coinvolte nell'inchiesta denominata “Free village”
e raggiunte da un provvedimento
cautelare in due operazioni consecutive, eseguite dalla Squadra
mobile con il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, con le accuse di
estorsione aggravata dalle modalità mafiose.
Nella tarda mattinata di ieri il
sostituto procuratore Capomola
ha iniziato la requisitoria davanti
al gup Antonio Rizzuti (cancelliere Paola Mondelo) ripercorrendo
per ogni capo d’imputazione contestato agli imputati che hanno
già chiesto il rito abbreviato (che
in caso di condanna comporta los
conto di pena di un terzo), tutte le
fasi delle indagini che ha riguardato gli indagati e chiedendo, alla
fine, diciannove anni di reclusione per Mario Mongiardo, ritenuto
un elemento di primo piano della
cosca “Gallace” di Guardavalle,
14 anni per Francesco Corapi, 8
anni per Francesco Ranieri, 6 anni
per Cosmina Samà, moglie di
Mongiardo, 4 anni per Luigi Barbieri, 5 anni per Bruno Ranieri
(tra gli avvocati impegnati Francesco Gambardella, Armodio Migali, Francesco Catanzaro, Fabrizio Costarella, Sergio Callipari).
L’udienza, terminata nel tardo
pomeriggio, proseguirà il 19 gennaio prossimo quando, alle posizioni dei sei imputati già citati,
potrebbero essere aggiunte quelle di altri imputati che, nel frattempo, potrebbero anche chiedere di essere giudicati col rito ab-
Daniele Vacca, Biagio Cantisani, Saverio Putortì e Andrea Iovine
SOVERATO Convegno al Geometri
I lavori pubblici
sono ormai diventati
una vetrina di idee
Maria Anita Chiefari
SOVERATO
L’ingresso del villaggio turistico Santandrea indiretto protagonista dell’indagine che ora è giunta alle prime richieste di condanna
breviato piuttosto che con la normale udienza preliminare.
Oggi, invece, toccherà ad altri
imputati di “Free Village” (dovrebbero essere cinque) comparire davanti ai giudici del tribunale
collegiale per il giudizio immediato chiesto dalla Procura. La
motivazione con la quale il giudice per le indagini preliminari ha
disposto nello scorso luglio il giudizio immediato si ispira al principio che «la prova appare evidente», ritenendo così di accogliere la
richiesta avanzata dalla Dda catanzarese e considerando che «gli
elementi raccolti a carico degli
imputati concretano un solido
quadro indiziario per cui non è
ipotizzabile l'eventualità che il
contraddittorio instaurato all'udienza preliminare possa portare
ad una sentenza di proscioglimento».
Le indagini avviate dalla Polizia lo scorso anno presero vita
nell'àmbito degli accertamenti
sulla guerra tra cosche che, a quel
tempo, era in atto nella zona del
Basso Jonio catanzarese. Allora
gli investigatori, avvalendosi di
intercettazioni telefoniche e ambientali, pedinamenti, assieme ad
alcune dichiarazioni dei respon-
sabili dell' “Iperclub”, hanno portato alla luce il presunto sistema
estorsivo articolato su più fronti e
fondato su un sistema di pressioni
ambientali che avrebbe portato i
dirigenti delle società “Iperclub” e
“Fram Group” ad eseguire le richieste del duo Mongiardo-Corapi, accettandone passivamente
ogni azione: assunzioni di personale «fortemente consigliate»,
forniture di prodotti senza che ve
ne fosse l'effettiva necessità e gravi intimidazioni nei confronti di
coloro che avrebbero tentato di
verificare la legittimità di quelle
operazioni.
Nella seconda fase dell'inchiesta (quella dello scorso dicembre), gli inquirenti avrebbero fatto luce su alcuni presunti tentativi
di accaparrarsi il controllo del villaggio turistico. Mario Mongiardo avrebbe pressato i vertici di
“Iperclub” per accaparrarsi, per il
2011, le attività economiche della
struttura mirando, secondo l’accusa, all'acquisizione del “supercondominio”, dal giro di affari annuo di circa 300mila euro con l'inserimento di un proprio amministratore, oltre a farsi pagare tangenti e affidando ad “amiche” le
attività di turismo estero.
Si è svolto ieri pomeriggio nella sala conferenze dell’Itg di
Soverato un incontro-dibattito
su “Lavori pubblici: tra concorsi e affidamento”. Ha introdotto l’argomento Biagio Cantisani, presidente dell’Ordine degli Architetti di Catanzaro, il
quale ha sinteticamente illustrato le due procedure che
vengono adottate dalle pubbliche amministrazioni nel reperimento di risorse tecniche.
«Obiettivo principale - ha sostenuto l’arch. Cantisani - del
dibattito è offrire una valida
occasione di confronto tra professionisti ed enti istituzionali
nonché stimolare dinamiche
condivise per favorire opportune modalità per l’affidamento degli incarichi professionali
e, nello stesso tempo, riconsiderare il concorso di progettazione come strumento utile a
stimolare una sana competizione tra le idee ed in grado di
favorire l’ottimizzazione degli
investimenti e la qualità delle
trasformazioni urbane».
La parola è stata poi presa da
Daniele Vacca componente
Angia (l’ “Associazione nazio-
nale giovani architetti”) , nonché consigliere dell’ Ordine
professionale di Catanzaro, la
quale ha posto in evidenza i
vantaggi del concorso di architettura, che è un concorso di
idee e di progetti molto conveniente in termini di costi per un
ente locale. Ha dato lo stesso
taglio nel suo intervento Andrea Iovine, dirigente del Comune di Lamezia Terme, il
quale ha relazionato sul concorso di architettura indetto
per la realizzazione del nuovo
Palazzetto e della cittadella
dello sport di Lamezia Terme.
Il progetto è stato anche commentato dal suo creatore, nonché vincitore del concorso, l’arch. Vittorio Grassi di Milano.
Di diverso taglio il contributo di Saverio Putortì, dirigente
dell’assessorato Urbanistica
della Regione Calabria, che ha
illustrato le manovre che l’Ente
sta operando per attuare i processi di trasparenza ed equità
che, oggi più che mai, sono importanti e ha evidenziato l’impatto della trasformazione del
territorio che incide notevolmente sul processo di sostenibilità in cui tutti dobbiamo imprescindibilente essere coinvolti. SOVERATO Il primo cittadino sarebbe stato contrariato da alcuni servizi giornalistici
PETRIZZI
Iniziativa della “Marincola Politi”
Taverniti non accetta le critiche e attacca la stampa
Ricordata
la figura
di padre
Bernardo
Lezioni per badanti
Prorogata la scadenza
di iscrizione ai corsi
Cesare Barone
SOVERATO
Dibattito sereno in consiglio
comunale tra maggioranza e
minoranza. I lavori si sono
soffermati sui danni provocati
dal nubifragio del 22 e 23 novembre. È toccato al primo cittadino Leonardo Taverniti effettuare, dapprima, una sorta
di
“lectio
magistralis”
sull’educazione dei giornalisti
e dell’informazione per poi fare il punto della situazione e
tutto il lavoro svolto nei due
giorni di emergenza.
«L’amministrazione comunale -– ha affermato - ha eseguito decine di interventi di ricognizione con i tecnici. Ha
redatto diverse ordinanze di
sgombero e chiusura di tutte
le scuole di ogni ordine e grado. Sono stati pianificati gli
interventi più urgenti, come la
pulizia dei fossi “Marino” e
“Caramante”. È stata, inoltre,
gestita
un’emergenza
nell’emergenza in quanto la
discarica di Pianopoli è rimasta chiusa e in città sono arrivati dei container dove sono
stati depositati i rifiuti. Il mercatino del venerdì è stato fatto
per volontà dei commercianti
che si sono presi l’onere di ripulire l’area mercatale di piazza “Cimarosa”».
Degno d’attenzione l’intervento del capogruppo di “Amo
Soverato”, Antonio D’Amato,
che ha proposto di convocare
un consiglio comunale aperto
con la partecipazione di tutte
le parti interessate dall’allu-
Leonardo Taverniti
vione.
« La convocazione del tavolo tecnico - ha ribadito D’Amato nel corso del civico consesso - si rende necessaria per verificare se ci sono stati dei
punti di criticità negli interventi. In secondo luogo, il
consiglio farà in modo di programmare le future emergenze. Per non farci arrivare impreparati.»
Molto critico D’Amato anche sulla pulizia dei fossi: «
Erano davvero puliti?» si è
chiesto con una punta di sarcasmo l’esponente politico.
In ogni caso, la seduta di ieri ha messo in risalto la coesione di maggioranza e opposizione su un problema che ha
messo in ginocchio Soverato.
S. ANDREA Nota dell’opposizione sull’inatteso allagamento del sottopasso ferroviario
«Se qualcuno ha sbagliato ora deve pagare»
Francesco Ranieri
SANT’ANDREA JONIO
La viabilità interna squassata dal
maltempo si pone al centro del
confronto politico andreolese
con le relative interrogazioni
presentate dal gruppo consiliare
di opposizione “Primavera andreolese”.
In merito all’incredibile allagamento del sottopasso ferroviario realizzato da “Rfi” (inaugurato il 30 maggio e inutilizzabile dal nubifragio del 9 novembre) i consiglieri Giuseppe Antonio Commodari (capogruppo),
Maurizio Lijoi, Tito Ranieri e
Ivan frustagli chiedono all’amministrazione comunale guidata
dal sindaco Gerardo Frustaci di
sapere se siano state accertate o
meno le responsabilità dell’accaduto, che ha portato all’apertura
di un varco temporaneo in corrispondenza del vecchio passaggio a livello per evitare l’isolamento della zona sotto ferrovia.
«Le spese per riparare i danni
gravano sulla collettività» spiega
l’opposizione, evidenziando che
«il Comune ha assunto un impegno di spesa di 7.000 euro per lavori di somma urgenza e un altro
impegno per 1.200 euro destinati all’alimentazione elettrica di
un box messo a disposizione da
Rfi per il proprio personale» che
garantisce la sicurezza in prossimità del passaggio a livello provvisorio.
«Tali importi - scrive la minoranza - si sommano a quelli già riconosciuti dall’amministrazione
comunale e non dovuti a “Rfi”».
Si tratta di spese, secondo “Primavera andreolese”, «che si aggiungono a quelle che il Comune
ha impropriamente sostenuto e
sta sostenendo per realizzare
della suddetta opera, pur non
avendo alcuna responsabilità su
eventuali errori di progettazione
e di realizzazione».
Il sottopasso allagato dalla pioggia
Salvatore Giuseppe Alessio
PETRIZZI
Prima domenica di avvento,
veramente da ricordare per i
fedeli e per l’intera comunità.
Infatti è stata un’occasione più
unica che rara per rievocare la
figura di Padre Bernardo, al secolo Tobia Francesco Cosentino, a cui i Cappuccini di Chiaravalle Centrale gli hanno dedicato la chiesa del noto cenobio nella ricorrenza del primo
centenario della stessa, con
una santa messa.
Il ringraziamento da parte
dei monaci è per gli sforzi profusi da Padre Bernardo, il quale si impegnò nella ricostruzione del tempio del convento.
Presenti, tra gli altri, alla
commemorazione sacra, una
delegazione dell’amministrazione comunale di Petrizzi
(con il labaro), guidata dal sindaco Domenico Paravati, assieme al vicesindaco Domenico La Valle e all’assessore al Turismo Maria Giorla. Durante la
funzione religiosa l’arcivescovo metropolita della diocesi di
Catanzaro - Squillace, Vincenzo Bertolone, ha tracciato
un’excursus dell’opera portata
avanti dal religioso. In particolare, nel 1901, dopo la celebrazione del Capitolo Provinciale
nel monastero di Chiaravalle il
francescano venne eletto ministro provinciale della sola Provincia di Catanzaro-Reggio
Calabria, con il consenso di
tutti i frati fino al 1904.
CATANZARO. Ottimizzare le pre-
stazioni, migliorare la sicurezza
e la qualità di vita dell'utente.
Creare nuova occupazione.
Sono questi gli obiettivi del
corso base per assistenza agli anziani (badante), promosso dalla
Fondazione “Marincola Politi” e
pubblicato sul portale del “Centro per l'impiego” della Provincia di Catanzaro.
È stato ora prorogato di 30
giorni il termine per le iscrizioni
al corso, la cui nuova scadenza è
fissata ora per il 4 gennaio 2012
con inizio nella sede della Fondazione Marincola Politi a Soverato, nell'ex complesso salesiano.
L’importanza del corso, come
evidenzia una nota stampa, non
sta soltanto sulla scelta dell’insegnamento, ma sulla sua qualità.
L'ente no profit, infatti, si fregia
della scuola “SimulUniversity”,
una struttura tecnologicamente
avanzata in grado di offrire una
formazione rivoluzionaria, grazie anche all'uso di simulatori-robot. Il corso, della durata di
200 ore, consiste in un percorso
di alta formazione, rivolto a coloro che già svolgono o desiderano svolgere un lavoro di assistenza agli anziani, che mediante una parte teorica, composta
da cinque moduli, e una parte
pratica con l'ausilio anche di simulatori (pazienti robot), si propone di trasmettere competenze
socio - relazionali, giuridiche,
igienico - organizzative e di assistenza fondamentali per affrontare il difficile e delicato lavoro
Corso di qualificazione per badanti
di assistenza agli anziani.
Una formazione completa,
dunque, che punta a sfornare figure professionali consapevoli e
responsabili in grado di comprendere la situazione familiare, sociale, patologica del destinatario delle cure, nonchè capaci di costruire una relazione con
il sistema sanitario attraverso
l’uso delle moderne tecnologie.
«In Calabria ciò che manca
¸spesso è la qualità del lavoro,
poichè l'improvvisazione prevale sulle competenze», ha affermato il dott. Antonio Domenico
Marincola, presidente della
Fondazione “Marincola Politi”.
Per visualizzare il bando e
scaricare la domanda di iscrizione è possibile consultare il sito
internet dell’Ente www.fondazionemarincolapoliti.com e dei
centri dell’impiego della Provincia di Catanzaro ( www.lavoro.provincia.catanzaro.it). Gazzetta del Sud Venerdì 2 Dicembre 2011
41
Reggio Tirrenica
.
GIOIA TAURO Il funzionario di Polizia, trasferito per motivi di sicurezza a Taurianova, era già stato bersaglio di minacce e offese. Ieri notte la bomba
Raffica di attentati, si muove il prefetto
Comitato per l’ordine e la sicurezza sull’escalation di intimidazioni. Reazioni del sindaco e della Cgil
GIOIA TAURO. Ore tre e quaranta
della notte da mercoledì a giovedì. Una bomba rudimentale ma
ad altissimo potenziale esplode a
Gioia Tauro, in via Leonardo da
Vinci, davanti la porta di ingresso
di una funzionario di Polizia, il sostituto commissario Pietro Fausto
Spadafora.
La sensazione è stata enorme e
le reazioni, è facile immaginarlo,
non si sono fatte attendere. Non a
caso il prefetto ha subito convocato il Comitato per l’ordine e la sicurezza pubbliche che si svolgerà
il prossimo 7 dicembre, con all’ordine del giorno l’escalation di attentati sul territorio di Gioia Tauro.
Il sindaco avv. Renato Bellofiore ha fatto pervenire a Spadafora
la sua piena ed incondizionata solidarietà anche a nome dell’intera
Amministrazione comunale. E in
un comunicato diramato ieri sera
afferma: «Si tratta di un gesto che
ha colpito al cuore tutte le istituzioni e la società civile di Gioia
Tauro, ma che non può e non deve
indebolire la forza e la determinazione degli operatori dello Stato
che con coraggio e spirito di abnegazione prestano il proprio servizio a difesa della comunità. Al sostituto commissario Spadafora,
uomo dello Stato, va la nostra sincera riconoscenza e l’ammirazione per l’encomiabile attività svolta a Gioia Tauro: sempre in prima
linea per garantire il rispetto delle
regole di convivenza democratica. Sicuramente – afferma ancora
Bellofiore – è grave la situazione
per l’ordine pubblico a Gioia Tauro e non possiamo non considerare che la fredda determinazione
degli esecutori materiali di questo codardo attentato ha esposto
a gravissimi rischi l’incolumità di
persone oneste ed innocenti. È
improcrastinabile una risposta
forte da parte dello Stato. Riba-
diamo – conclude il primo cittadino – l’impegno rivolto a contribuire con l’ausilio di tutte le forze
dell’ordine e della Magistratura a
far sì che a Gioia vengano ristabiliti la sicurezza e il rispetto delle
regole». E ancora ieri seral'avv.
Bellofiore ha preannunciato che
si terrà oggi un incontro dei capigruppo degli schieramenti presenti in Consiglio comunale per
concertare una seduta straordinaria da tenere possibilmente
nella stessa giornata di domani.
Sul fronte delle reazioni si mobilita anche la Cgil: «Il continuo
susseguirsi di simili azioni, che
vanno a colpire la persona e suoi
più cari affetti – scrive il segretario Antonino Calogero – non devono più essere tollerati. Crediamo, infatti, che non ci si possa più
limitare alle semplici espressioni
di cordoglio, contenuti nei gesti o
nei comunicati stampa, ma che
sia giunto il momento di mettere
in campo un forte impegno sociale e civile. Accade, oggi, che
l’azione forte della magistratura e
delle forze di polizia non riescono
a minare il consenso e ad intimorire le organizzazioni criminali.
Manca la reazione vera della società civile e delle istituzioni locali. Pensiamo che le amministrazioni comunali debbano farsi promotori di momenti forte di coinvolgimento della cittadinanza.
Come Cgil della Piana abbiamo
convocato a Gioia Tauro per mercoledì 7 dicembre l’assemblea generale delegati per mettere al
centro della crisi sociale e del lavoro il tema principe della Legalità». Solidarietà al funzionario di
Polizia è stata espressa anche da
Italia dei Valori, Astra (Associazione autotrasportatori), dal vicepresidente del Consiglio comunale, Angelo Guerrisi e dal consigliere comunale del Pdl Anna Maria Stanganelli(g.saccà)
Il sostituto commissario Pietro Fausto Spadafora
Operai al lavoro sotto l’abitazione del funzionario di Polizia dopo l’attentato
GIOIA TAURO Il consorzio Piana Sicura non ha più un centesimo. Il generale Pellegrini: «Troppe chiacchiere»
Senza fondi la videosorveglianza resterà... al buio
PIANA. Interesse a parole sì e pu-
re tanto, impegno di soldi meno,
anzi quasi zero. Risultato: casse
totalmente vuote e progetti che
inevitabilmente si fermeranno. Il
Consorzio Piana Sicura continua
a andare avanti e nel corso della
riunione del consiglio di amministrazione di mercoledì, ha preso
atto che non ci sono i fondi per fare la gara sulla manutenzione
dell’impianto di videosorveglianza, in scadenza al 31 dicembre prossimo. Una crisi di liquidi-
tà che ha messo in ginocchio il
consorzio presieduto dal generale Angiolo Pellegrini che continua ad andare avanti nonostante
la maggior parte delle istituzioni
non risponde alle richieste
dell’ente che è impegnato sul
fronte della legalità.
Progetti fermi, in ultimo due
progetti in altrettanti beni confiscati alla ’ndrangheta a Gioia
Tauro e Rosarno che per il momento sono congelati in attesa di
tempi migliori. Pellegrini, come
sempre, non si scoraggia: «Non
posso più impegnare spese perché non ci sono soldi, ma rimango qui, ci sono le possibilità per
andare avanti e soprattutto ci sono progetti che devono essere avviati. I quest’ultimo periodo ho
notato l’amministrazione Provinciale reggina molto propensa
verso il consorzio; alla precedente ho dovuto persino inviare una
messa in mora con ufficiale giudiziario per le somme dovute. Di
certo, però, non mi tirerò indie-
tro». La speranza adesso è puntata sui comuni intenzionati ad
aderire al Consorzio.
Si doveva svolgere ieri, ma a
causa dell’indisponibilità di qualche primo cittadino, si è deciso di
rinviarla. Anche su questo fronte
istituzionale, però, si assiste ad
un certo immobilismo, in questo
caso più politico. Si deve eleggere
il nuovo presidente dell’assemblea dopo le dimissioni del sindaco Saccà. È da circa un anno che si
insiste per il rinnovo dell’impor-
tante carica, ma per il momento
tutto tace. L’occasione della prossima riunione assembleare, prevista per la prossima settimana,
dovrebbe essere la volta buona.
Quello che più fa riflettere è la
mancanza di un forte un interesse che sembra messo nel cassetto.
Cosa abbastanza strana per un
territorio che ha necessità di sicurezza e vessato dalla criminalità
organizzata. Ecco che la battuta
finale di Pellegrini: «Più fatti e
meno parole».(a.n)
TAURIANOVA In Consiglio l’ipotesi che sarà approfondita
ROSARNO
ROSARNO Aggiudicato l’appalto. Sarà una struttura moderna
Dismissione del poliambulatorio?
La maggioranza prende tempo
Il Comune
ha avviato
la selezione
di 2 avvocati
Centro di accoglienza per i migranti
da realizzare su terreno confiscato
Domenico Zito
AURIANOVA
Sono stati approvati una decina di
provvedimenti nel corso dell’ultima riunione del civico consesso
dove si sono alternati momenti di
convergenza tra le forze di maggioranza e quelle di opposizione a
fasi di confronto più o meno acceso.
Solo un punto è stato rinviato,
mentre a breve dovrebbe tenersi
una riunione straordinaria per discutere sulla sanità. L’argomento
è stato sollevato nel corso di un intervento del consigliere Salvatore
Zucco, che ha letto un’interpellanza al sindaco anche a nome dei
colleghi di minoranza Giuseppe
Rigoli, Loredana Pileggi, Francesco Leva e Francesco Sposato.
In questo documento, dopo
aver ripercorso le varie tappe della vicenda che ha portato alla soppressione dell’ospedale Principessa di Piemonte ed al ridimensionamento anche del servizio di
emergenza, i cinque consiglieri di
opposizione hanno rivolto la sindaco le seguenti richieste: «Quali
sono le iniziative che l’Amministrazione comunale ha adottato o
intende adottare per la salvaguardia e la tutela del diritto alla salute
dei cittadini taurianovesi? E come
mai non è stato chiesto un incontro al Governatore della Regione
Calabria Giuseppe Scopelliti, per
chiedere spiegazioni su queste
scelte, a nostro avviso molto discutibili, che penalizzano fortemente sul piano della sicurezza
sanitaria, l’intero territorio taurianovese? Scelte che prevedevano anche, stante ai si dice, la realizzazione di un poliambulatorio,
Giuseppe Lacquaniti
ROSARNO
L?Amministrazione comunale vuole rafforzare il fronte legale.
In questo senso è stata indetta dal Comune di Rosarno la procedura selettiva
per il conferimento a due
avvocati di incarichi legali
di assistenza e rappresentanza processuale in giudizio per tutte le controversie,
civili, penali, amministrative, tributarie, ecc., nelle
quali sia parte, attiva o passiva, il Comune.
I due professionisti entreranno a far parte dello staff
dell’Ufficio legale, posto
all’interno della VII Ripartizione, diretta dall’avv.
Francesco Giovinazzo.
L’incarico avrà la durata
di anni due, con effetto dalla data fissata nell’apposito
disciplinare di incarico. Il
corrispettivo per la prestazione professionale viene
stabilito in euro 10.000 annuali, oltre Cpa, rimborso
forfettario ed Iva.
Inoltre, in caso di esito
vittorioso di qualsiasi lite
attiva o passiva, le competenze di giudizio liquidate
dal Giudice in favore
dell’Ente, saranno corrisposte ai professionisti nella
misura del settanta per cento.
Il termine per partecipare
alla selezione scade alle ore
13 del 7 dicembre 2011.
Un’opportunità per due
professionisti. (g.l.)
ROSARNO.
Il Consiglio comunale che si è riunito a Taurianova
quando a Taurianova un poliambulatorio già esiste ed è funzionale. Forse perché c’è la volontà da
parte della Regione Calabria di
procedere alla vendita, a società
private, dell’edificio sede dell’attuale poliambulatorio e quindi
creare un’ulteriore spoliazione
delle strutture pubbliche di Taurianova?».
La proposta di discutere durante la stessa seduta del problema sanità è stata respinta dalla
maggioranza, che però si è impegnata ad indire un consiglio apposito a breve. Una mozione bipartisan è stata poi approvata contro la
chiusura dell’Ufficio del Giudice
di Pace di Taurianova, che alla luce della riforma delle circoscrizioni giudiziarie rischia la soppressione. Tutti hanno manifestato
l’assoluta importanza di mantenere questo presidio di giustizia,
che tra l’altro è uno dei più importanti e produttivi del comprensorio e che ben potrebbe invece
ospitare altre piccole sedi che verranno, esse si, inevitabilmente ridotte. Dopo alcune questioni di
carattere finanziario, ci si è bloccati sul riconoscimento di un debito fuori bilancio che è stato contestato dalle opposizioni e che è
stato ritirato per essere eventualmente ripresentato in altra seduta. Si è poi provveduto ad approvare altre due importanti delibere, il regolamento per l’istituzione
ed il funzionamento del Consiglio
Tributario e quello per il Consiglio comunale dei ragazzi. In materia di sviluppo economico sono
stati approvati due punti riguardanti il Pisl in tema di qualità della
vita e di sistemi agroalimentari e
dei distretti rurali. È passato pure
l’assestamento di bilancio.
È stato aggiudicato definitivamente l’appalto per la progettazione esecutiva e per l’esecuzione dei lavori “chiavi in mano” del
Centro di accoglienza e di formazione per i migranti, atto a favorire il loro inserimento sociale
e lavorativo nel Comune di Rosarno, che dovrà sorgere in località Carmine su un terreno confiscato alla mafia.
Il verbale di gara è stato approvato dal responsabile della
terza ripartizione comunale, arch. Luciano Antonio Macrì, che
ha preso atto della determinazione con cui il 12 novembre
scorso il dirigente della Stazione
Unica Appaltante Provinciale
(Suap) ha disposto l’aggiudicazione provvisoria dell’appalto al
Consorzio Stabile Aedars, con
sede in Roma, che ha indicato
quale consorziata esecutrice dei
lavori l’impresa Impresig s.r.l.,
anch’essa con sede in Roma.
L’importo dei lavori ammonta
ad euro 1.306.117, al netto del
ribasso offerto del 10,185%, sul
prezzo a base d’asta di euro
1.454.230 (costituito da importo lavori, forniture e servizi), oltre euro 16.724 per oneri per la
sicurezza ed Iva al 21%.
Il progetto per la costruzione
del Centro di accoglienza e formazione per migranti è stato
presentato, qualche mese dopo
la rivolta dei migranti del gennaio 2010, dai commissari
straordinari (Domenico Bagnato, Francesco Campolo e Rosario
Funaro) e approvato nell’ambito
del Programma operativo nazio-
Il cerchio rosso mostra il punto dove sarà realizzato il Centro di accoglienza
nale “Sicurezza per lo Sviluppo”,
con un finanziamento di 2 milioni di euro da parte del Ministero
dell’Interno e dell’Unione Europea.
Sull’area interessata ai lavori,
posta a circa un km dalla periferia cittadina, lungo la strada provinciale che da Rosarno porta a
Laureana di Borrello, in atto sorgono un fabbricato di circa 400
metri quadri alto 7 metri e un
piccolo fabbricato limitrofo a
due piani, che per le cattive condizioni in cui versa dovrà essere
demolito.
Il progetto prevede la creazione di 3 grandi spazi: uno dedicato all’intrattenimento e al supporto scolastico per bambini; un
altro destinato agli sportelli sociali; ed il terzo alla formazione
professionale con aule e laboratori vari. Una volta ultimato, il
Centro dovrebbe essere assegnato, attraverso un bando
dell’Amministrazione comunale, ad un’associazione o cooperativa specializzata nella gestione
di strutture sociali complesse, in
modo da corrispondere alle finalità per le quali è stato progettato, quelle, cioè, di consentire un
efficace inserimento dei giovani
migranti nel tessuto sociale ed
economico cittadino. Potrà costituire un modello d’eccellenza,
esportabile altrove, atto a dimostrare come si possa operare con
intelligenza per una politica
dell’accoglienza fondata su realtà concrete, capaci di rendere
fattibile la pratica dell’integrazione.
Sarà, infine, un’occasione di
alto profilo per dimostrare quanto grande sia la carica di generosità del popolo rosarnese.
Venerdì 2 Dicembre 2011 Gazzetta del Sud
42
Cosenza - Provincia
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CASSANO Ieri a Catanzaro l’udienza preliminare di “Ultimo Atto”
POLLINO
Il collaboratore Falbo
ripercorre in aula
tutte le fasi salienti
dell’omicidio “Popin”
La terra
trema ancora
Ieri scossa
da 3.3 gradi
Alla sbarra alcuni presunti affiliati al clan Forastefano
Il gup pronuncerà la sentenza entro la fine di gennaio
Fabio Melia
CASSANO
Il bagno di sangue che inondò la
Sibaritide ritorna nelle aule di
giustizia. S’è tenuta ieri, a Catanzaro, l’udienza preliminare nei
confronti degli imputati coinvolti in “Ultimo Atto” che hanno optato per il rito abbreviato. Si tratta di Vincenzo e Leonardo Forastefano (38 e 53 anni), Vincenzo
Cosentino (34), Francesco Caporale (32), Saverio Lento (52),
Giuseppe Garofalo (32), Archentino Pesce (40), Luciano Oliva
(37), Giuseppe De Rose (38) e
Domenico Falbo (30). Quest’ultimo, che ha deciso di collaborare con la giustizia ormai da qualche anno, è stato ascoltato proprio ieri dal gup distrettuale, che
ha accolto l’istanza di accesso al
rito abbreviato condizionato
avanzata dal suo legale, l’avvocato Claudia Conidi. Il pentito ha
ripercorso uno dei tre omicidi al
centro dell’inchiesta, quello di
Antonio Bevilacqua, alias “Popin”, ucciso nel febbraio 2004 a
Doria, una frazione di Cassano
allo Jonio, durante il tragico
scontro tra le due fazioni ‘ndranghetiste dominanti sul territorio:
il clan dei Forastefano e quello
degli zingari. Secondo le dichiarazioni rilasciate da diversi colla-
boratori di giustizia – tra questi
c’è anche Lucia Bariova, compagna di Vincenzo Forastefano –
Bevilacqua si sarebbe macchiato
di una colpa molto grave: aver ricoperto il ruolo di “specchietto”
nell’uccisione di Francesco Salerno. “Popin”, del resto, sarebbe
stato molto vicino al gruppo dei
Forastefano, dai quali avrebbe
acquistato nel corso del tempo
ingenti quantità di stupefacenti
utilizzate per rifornire la sua rete
di spacciatori.
Falbo ha rievocato quella tragica sequela di eventi, incalzato
a più riprese dalle domande del
pm antimafia Vincenzo Luberto,
titolare dell’inchiesta per conto
della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro. Il nutrito
collegio difensivo (composto dagli avvocati Nicola Rendace, Enzo Belvedere, Mario Rosa, Lucio
Esbardo, Giorgio Misasi, Ettore
Zagarese e Rossana Cribari) ha
preferito astenersi dal porre domande al collaboratore di giustizia.
Il gup distrettuale, terminato
l’esame di Falbo, ha fissato le date che porteranno alla conclusione dell’udienza preliminare e alla relativa sentenza di primo grado. Il prossimo 9 gennaio toccherà all’accusa, rappresentata dal
pm Luberto, che terrà la sua re-
quisitoria. Il 10, il 12 e il 13 gennaio, invece, sarà il turno degli
avvocati di parte civile seguiti
dai difensori degli imputati, impegnati nelle loro arringhe. Due
settimane dopo (questa data potrebbe però cambiare in corso
d’opera) il giudice deciderà in
merito alle singole posizioni delle persone coinvolte.
Oltre all’omicidio “Popin”, in
“Ultimo Atto” vengono ricostruiti altri due terribili fatti di sangue
che sconvolsero la Sibaritide. Il
primo fu l’assassinio di Nicola
Abbruzzese, esponente di spicco
della cosca degli zingari, che
venne ammazzato mentre si stava recando dai carabinieri per assolvere alla misura cautelare
dell’obbligo di firma. Il secondo,
risalente all’estate del 2009, è
l’omicidio di Fazio Cirolla, un uomo innocente trucidato al posto
del vero obiettivo dei killer: Salvatore Lione, ex esponente di
spicco della cosca Forastefano,
oggi collaboratore di giustizia.
La decisione di saltare il fosso
nacque proprio dopo quel tragico episodio. Al pm Luberto raccontò infatti di aver riconosciuto
quelle armi che avrebbero dovuto ucciderlo, poiché sarebbe stato lui stesso a consegnarle ai Forastefano del tutto inconsapevole del suo destino.
CASSANO Continua la polemica sull’incompatibilità del sindaco
Gallo si dice pronto alle dimissioni
«Favorirò l’anticipo delle elezioni»
Gianpaolo Iacobini
CASSANO
Manca la pubblicazione sul Burc,
non viene inserita all’ordine del
giorno la discussione sull’incompatibilità del sindaco, che però
conferma: «Andrò via, per favorire elezioni anticipate».
È ciò che in consiglio non si è
discusso a fare notizia. Alla vigilia della seduta del parlamentino
civico, infatti, era attesa la possibile integrazione dell’ordine del
giorno, da parte del presidente
Rosella Garofalo, con la questione riguardante l’incompatibilità
del primo cittadino, richiesta dal
centrosinistra. Punto tuttavia
non inserito dall’ufficio di presi-
denza, che ha probabilmente ritenuto fondate le obiezioni sollevate in conferenza dei capigruppo dall’Udc, secondo la quale di
decadenza potrà iniziarsi a discutere solo quando la sentenza
con cui la Corte Costituzionale
ha dichiarato illegittima la norma regionale taglia-incompatibilità sarà stata pubblicata sul
Burc. Ad ogni modo, Gallo ha garantito che «se la decadenza non
dovesse essere dichiarata in tempi utili, come pure auspicato, rassegnerò le dimissioni, per favorire l’indizione di elezioni anticipate». Posizione apprezzata dal
capogruppo pidiellino Roberto
Falvo, che non ha mancato di criticare quanti, «tra le fila del cen-
Gianluca Gallo
Gli inquirenti davanti alla concessionaria di Cassano dove venne trucidato Fazio Cirolla
CASTROVILLARI Ancora molti dubbi sull’orario dell’assassinio
Delitto Anghel, effettuata l’autopsia
CASTROVILLARI. La Procura del-
le Repubblica di Castrovillari ha
conferito al dottor Walter Caruso l’incarico di effettuare l’esame
autoptico sulla salma di Adrian
Anghel, 34 anni, cittadino romeno trovato senza vita in un’abitazione popolare alle spalle della
Chiesetta delle Pentite. L’obiettivo degli inquirenti è quello di capire con precisione l’orario del
decesso ed il numero dei colpi inferti con l’accetta sul capo del
giovane rumeno. Per il momento
Carmine Francesco Oliveto (di-
trosinistra, parlano a sproposito,
ignorando le norme ed il diritto».
Nel corso della serata s’è poi
proceduto
all’approvazione
dell’assestamento di bilancio
(con l’astensione delle opposizioni), al dibattito sulle ventilate
modifiche
al
regolamento
sull’imposta di soggiorno, al via
libera all’istituzione del consiglio tributario (richiesto dal capogruppo del Pd-Alicorno, si farà, ma sarà composto da tre
membri che non si vedranno riconosciuta alcuna indennità, come invece richiesto dal consigliere Udc Francesco Lombardi).
Tutto bene, dunque, per la
maggioranza centrista. O quasi.
Perché a completamento delle
cronache va segnalata la contemporanea assenza (politicamente tutta da decifrare) di tre
esponenti dello scudocrociato:
la stessa presidente del consiglio
ed i consiglieri Mario Guaragna e
Leonardo La Regina.
TREBISACCE I vertici dello scudocrociato si preparano all’appuntamento con il voto
Amministrative, le linee programmatiche dell’Udc
Rocco Gentile
TREBISACCE
I programmi dell’Udc per le
prossime elezioni amministrative. I vertici locali dello scudocrociato si sono ritrovati presso la
sede cittadina, guidata dall’assessore comunale Davide Cavallo, per l’elaborazione delle linee
programmatiche per le amministrative 2012. Nel corso dell’assemblea, dopo una breve introduzione dell’avvocato Giuseppe
Pagliaminuto, membro del
coordinamento e responsabile
della predisposizione della bozza di programma, ciascuno dei
presenti ha partecipato alla discussione sui vari argomenti in
agenda. Tante le idee proposte
nel corso della serata, durante la
quale sono state individuate alcune aree tematiche e registrate
le prime indicazioni per la stesura del programma politico. Per il
settore ambientale, si è valutata
la possibilità di rivisitare il servizio di raccolta differenziata dei
rifiuti allo scopo di migliorare lo
stesso, insieme alla predisposizione di un servizio di controllo
capillare diretto a garantire il rispetto delle norme vigenti in
materia ambientale da parte dei
cittadini. In ordine al turismo ed
allo sport è stata prospettata la
necessità di valorizzare il centro
storico, di rivisitare il Piano
Spiaggia, attraverso l’adozione
di una variante che possa meglio
recepire le istanze ed esigenze
degli operatori di settore. Il recupero delle aree sportive esistenti, anche attraverso il coinvolgimento delle associazioni
sportive presenti sul territorio risulta essere importante da ogni
punto di vista. Trattando poi le
politiche economiche e commerciali si è valutata l’opportunità di istituire uno sportello “Informagiovani” come ausilio alle
nuove generazioni per l’accesso
ai finanziamenti finalizzati alla
nascita di imprese, nonché la necessità di una rivisitazione e
riorganizzazione del mercato
mensile. L’Udc tiene anche a
cuore il riordino della viabilità
attraverso l’adozione di un piano viario, la rimodulazione dei
progetti dei lavoratori socialmente utili al fine di valorizzare
ed ottimizzare l’impiego delle risorse umane, il sostegno e collaborazione con le associazioni di
volontariato presenti sul territorio al fine di migliorare il servizio
offerto, l’istituzione dei Comitati di quartiere per una democrazia partecipativa e popolare.
feso dall’avvocato di fiducia Luca Donadio) è accusato del reato
di omicidio volontario. Rimane
complicato capire se possano
configurarsi o meno eventuali
aggravanti. Gli esiti dell’esame
autoptico – già espletato dall'anatomopatologo – saranno depositati entro 60 giorni presso la
cancelleria del sostituto procuratore Grazia Anastasia. Per il
momento non è trapelata alcuna
nuova indiscrezione. A breve sarà dato il nullaosta alla pietosa
sepoltura della salma. I fatti ri-
salgono a domenica scorsa, vale
a dire quando alle 3 del mattino i
due protagonisti della vicenda si
trovavano nell’appartamento
che sorge alle spalle della chiesetta delle Pentite. I due, sempre
secondo gli investigatori, avevano bevuto molto e, dopo aver visto numerosi film pornografici,
si sarebbero azzuffati per delle
avances di tipo sessuale andate
male. L’italiano, dopo essere stato brutalmente malmenato per il
suo rifiuto, avrebbe poi ucciso il
romeno.(ang.bis.)
CASTROVILLARI. Continua
lo sciame sismico che sta
colpendo da diversi mesi
l’area compresa tra il massiccio del Pollino ed il Monte Alpi Sirino.
La terra, infatti, è tornata
a tremare ieri con movimenti tellurici che rientrano tra i 2 ed i 3.3 gradi della
scala Richter. La zona dell'epicentro è sempre la stessa: Mormanno, Orsomarso,
Papasidero, Laino Borgo,
Laino Castello ed altri comuni che, come Rotonda,
Viggianello e Castelluccio,
si trovano in una vasta zona
ormai al centro di un processo di collisione, compressione ed innalzamento, che riguarda da vicino
l’Appennino calabro-lucano.
Anche in questi ultimi
movimenti tellurici l’energia s'è sprigionata ad un
profondità di circa 10 chilometri circa dalla superficie.
Le ultime scosse sono
state localizzate da ben 26
stazioni facenti parte della
Rete Sismica nazionale ed i
dati relativi all’evento sono
stati comunicati, dall’Istituto Nazionale di Geofisica e
Vulcanologia, al Dipartimento della Protezione Civile per tutte le più opportune determinazioni.
Fortunatamente non sono stati registrati danni a
persone o a cose. Ma è chiaro che le forze dell’ordine,
unitamente ai sindaci dei
comuni interessati, mantengono alta l’attenzione in
ordine ad eventi che stanno
procurando una situazione
di panico diffuso tra la popolazione.(ang.bis.)
CASTROVILLARI Partecipate nel mirino
CASSANO
Scintille in Consiglio
tra la maggioranza
e la presidente Urso
“Tracce
del tempo”
al via giovedì
8 dicembre
Angelo Biscardi
CASTROVILLARI
L’ultimo consiglio comunale
non ha fatto registrare soltanto l’approvazione dell'assestamento di bilancio. Infatti, sui
“titoli di coda” la discussione si
è rivelata scoppiettante a causa di un disguido tra la presidente Marisa Urso e l’assise al
momento di decidere sull’adozione dell’atto riguardante il
mantenimento, da parte
dell’ente, di partecipazioni
nelle società Gas Pollino e Pollino Gestione Impianti, votato
solo dalla maggioranza con
parere contrario del Pd. Questo per aver accolto, dimenticando di far esprimere ai gruppi le consuete dichiarazioni di
voto, la richiesta proveniente
dalla maggioranza, attraverso
il consigliere Riccardo Rosa, di
votare la proposta così come
era stata presentata, invece di
verificare la richiesta di emendare il documento, avanzata
dalla minoranza e valutata in
un momento di sospensione, o
rinviare il tutto per approfondirlo nell’apposita commissione consiliare e cercare, come
precisato dal consigliere del
Pd, Domenico Lo Polito, di ampliare le competenze delle
suddette due società. Ciò ha
creato una certa tensione tra i
gruppi, registrando anche l’allontanamento del presidente
dopo uno scambio di vedute
piuttosto acceso con il sindaco. Il punto era stato introdot-
to dal primo cittadino e ulteriormente spiegato dal segretario Ceccherini che ribadivano l’importanza dell’adozione
della delibera, atto dovuto dal
Consiglio che doveva essere
assunto secondo quanto previsto dalla legge finanziaria del
2008, riguardante semplicemente la ricognizione sul mantenimento delle società partecipate e dove si spiega che queste sono fondamentali per i
servizi che offrono al Comune.
Subito dopo in merito all’approvazione del regolamento
per il funzionamento della
commissione comunale di vigilanza sui locali di pubblico
spettacolo, il Pd abbandonava
l’emiciclo in segno di solidarietà alla presidente del Consiglio
per le contestazioni subite. Altra sorte ha, invece, interessato l’istituzione del consiglio
tributario che ha registrato il
voto unanime da parte della
maggioranza, del Pd e del consigliere Conte. L’organismo
collaborerà con l’Agenzia delle Entrate per combattere
l’evasione. A tal riguardo sono
intervenuti l’assessore Orazio
Attanasio, il segretario generale Maurizio Ceccherini, il capogruppo dei democrats Lo
Polito, nonché i consiglieri Di
Gerio e Pompilio che hanno ribadito l’importanza di questo
nucleo di lavoro. Come hanno
fatto dal canto loro il sindaco
Blaiotta ed il consigliere Francesco Condemi, entrando nello specifico del dibattito.
Luigi Franzese
CASSANO
In riferimento all’articolo apparso ieri a pagina 36 attinente la manifestazione denominata: “Tracce del tempo-C’era ‘na vota a strèata
Maistra”, si precisa che, erroneamente a quanto pubblicato, detta manifestazione avverrà in Corso Cavour l’otto
dicembre in occasione della
festa della Madonna Immacolata. Ci scusiamo con i lettori e con il presidente dell’associazione suddetta per l’involontario errore. C’è fin da
ora, quindi, una grande attesa per una giornata all’insegna del tradizionale viaggio
nel secolo scorso con le botteghe di un tempo, riaperte per
l’occasione. A proposito di
questa “full immersion” nel
passato, il sindaco Gianluca
Gallo ha dichiarato: «Arriva
dicembre. Torna, per fortuna, l’appuntamento con
“Tracce del tempo” a me particolarmente caro. È infatti un
bene, per Cassano e per l’intera Calabria, che questa manifestazione, giunta alla sua
settima edizione, continui nel
suo cammino”. La mattina
inizierà alle ore 10.30 con saluti di autorità militari, civili,
esponenti del mondo della
scuola, della cultura. In serata, alle ore 19, ci sarà la rappresentazione del presepe vivente dal titolo: “Cassano Cuma ‘nu prisebbiju”.
Venerdì 2 Dicembre 2011 Gazzetta del Sud
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Reggio Ionica
.
BIANCO La vittima, Giovanni Spatara, fu colpito al torace e subì un intervento chirurgico
CASIGNANA
Accoltellò il compagno di tressette
ha patteggiato due anni e otto mesi
Interrogati
Zoccali
e Tallariti:
«Hanno
chiarito tutto»
Non andrà in carcere Carmelo Cotroneo, custode del campo sportivo
LOCRI. Hanno risposto all’in-
Rocco Muscari
LOCRI
Era degenerata in una rissa, finita con una coltellata al torace
una partita a “tressette” tra due
persone, lo scorso mese di marzo in quel di Bianco. Con l’accusa di lesioni personali Carmelo
Cotroneo, 64 anni, il “feritore”
di Giovanni Spatara 66 anni, ha
patteggiato una pena di due anni e otto mesi di reclusione davanti al giudice dell’udienza
preliminare di Locri, giudice
Andrea Amadei.
Il patteggiamento è stato
concordato dalle parti, da un lato la difesa di Cotroneo, avvocati Adriana Bartolo e Vincenzo
Muscoli, dall’altra la Procura
della Repubblica di Locri, rappresentata dal sostituto Debora
Rizza.
Considerata l’entità della pena, per il 64enne di Bianco, custode del locale campo sportivo, attualmente sottoposto
all’obbligo di dimora presso la
propria abitazione, comunque
non si apriranno le porte del
carcere.
Il fatto, come ricostruito dagli inquirenti, ha avuto luogo
nelle pressi di un bar, in una zona del centro della cittadina costiera locridea, e a poca distanza dal palazzo municipale. I
due amici stavano giocando a
tressette quando, per alcune incomprensioni emerse nel corso
della partita, hanno iniziato a
litigare.
La lite, dopo un violento alterco, è poi degenerata in una
rissa che ha avuto come conseguenza il ferimento di Giovanni
Spatara.
Prontamente soccorso il pensionato 66enne, residente ad
Il consigliere comunale Antonio Zurzolo
BOVALINO L’invito di Zurzolo (“Nova”)
«Maggioranza divisa
Mittiga prenda atto
e dia le dimissioni»
Giuseppe Pipicella
BOVALINO
Il luogo del ferimento, avvenuto la notte tra il 29 e il 30 aprile di quest’anno
Carmelo Cotroneo
Africo, è stato trasportato presso l’ospedale di Locri e sottoposto a un intervento chirurgico.
L’immediato intervento dei
carabinieri della locale compagnia, all’epoca diretta dal capitano Andrea Caputo, ha portato
all’individuazione di Cotroneo,
quale presunto feritore. Quindi,
a distanza di un’ora dall’accoltellamento, i militari dell’Arma,
dopo aver approfondito i sospetti, hanno arrestato Carmelo
Cotroneo, tra l’altro notato
mentre si allontanava repentinamente e con fare sospetto dal
luogo del ferimento a bordo di
un ciclomotore, lo hanno arre-
BRANCALEONE Al 22enne il gup ha inflitto 5 anni di carcere
Deteneva un’arma “da guerra”
pesante condanna per Benavoli
LOCRI. Condannato a cinque anni
di reclusione, oltre a una consistente multa, Paolo Benavoli, 22
anni originario di Brancaleone,
accusato di detenzione di armi.
Lo ha disposto il gup di Locri, giudice Andrea Amadei, che dopo le
richieste delle parti si era riservato di entrare in camera di consiglio dopo l’audizione di un perito
balistico, chiamato a deporre in
merito alla qualificazione di una
pistola, ritenuta dall’accusa “da
guerra”, mentre per la difesa,
composta dagli avvocati Sandro
Furfaro e Pietro Bertone, si sarebbe dovuta intendere quale “arma
comune da sparo”.
Il perito, escusso ieri mattina,
ha rilevato che l’arma poteva es-
sere inclusa in quelle da “guerra”,
quindi fuori commercio e attestante una pericolosità ulteriore.
Proprio questa testimonianza ha
visto la Procura di Locri, ieri rappresentata dal pm Debora Rizza,
ribadire la richiesta a 5 anni di reclusione nei confronti del 22enne.
Paolo Benavoli è stato tratto in
arresto nel febbraio scorso dal
personale della Squadra Mobile
reggina, unitamente agli agenti
del Commissariato di polizia di
Condofuri, in esecuzione dell’ordinanza di accoglimento della richiesta di applicazione della misura cautelare della custodia in
carcere, emessa in dal gip di Locri. L’arresto del 22enne era sca-
Paolo Benavoli
BRANCALEONE Comune capofila del progetto sui sistemi turistici
Il Consiglio approva all’unanimità
il protocollo d’intesa sui “Pisl”
Francesca Dieni
BRANCALEONE
Consiglio comunale convocato
per l’approvazione dello schema
di protocollo di intesa per i tre
progetti integrati di sviluppo locale (Pisl) “Sistemi turistici locali
- destinazione turistiche locali
Area Grecanica”, “Borghi d’eccellenza” e “Area tematica qualità
della vita”. Anche l’opposizione
ha votato a favore. Il progetto ricomprende quattro comuni,
Brancaleone, Palizzi, Bova e Con-
dofuri. «Il partenariato – ha sottolineato il sindaco Francesco
Moio – nasce dall’importanza di
ottenere i migliori risultati».
Brancaleone è capofila per i Sistemi turistici (per i Borghi d’eccellenza è Bova, per la Qualità
della vita Melito). Ed è proprio in
riferimento ai sistemi turistici
che Brancaleone ha presentato
un ambizioso progetto per la realizzazione di un polo di attrazione turistica di natura biologica: si
tratta di una megastruttura di
grande livello, del valore di circa
Il centro recupero tartarughe
stato e, dopo gli adempimenti
di rito, dalla caserma lo hanno
trasportato nel carcere di Locri.
A seguito dell’interrogatorio
di garanzia gli avvocati Bartolo
e Muscoli hanno ottenuto la misura dell’obbligo di dimora e,
ieri, in accordo con la Procura,
il gup Amadei ha disposto la pena pattuita.
Il feritore è sottoposto
alla misura dell’obbligo
di dimora nella
propria abitazione
turito dalle indagini condotte
dalla Squadra Mobile di Reggio
Calabria, nella fase successiva alla perquisizione che aveva portato al rinvenimento e al sequestro
di un considerevole quantitativo
di armi e munizionamento di vario calibro, nonché di attrezzature varie per il loro caricamento,
ed all’arresto dei congiunti Giuseppe Benavoli, 56 anni, e del figlio Fortunato, di 24 anni.
Nell’interesse di Benavoli gli
avvocati Sandro Furfaro e Pietro
Bertone ieri hanno ribadito la richiesta della derubricazione del
reato in possesso di arma comune
da sparo, domandando la concessione delle attenuanti generiche
ed il minimo edittale. A seguito
del supplemento istruttorio il giudice Andrea Amadei ha ritenuto
le prove a carico di Benavoli concordanti rispetto alle richieste
della Procura di Locri, disponendo la condanna del giovane a 5
anni, e non concedendo la misura
degli arresti domiciliari.(r.m.)
3 milioni di euro che ricomprende in un unicum strutturale il Cts,
il Museo navale e un acquario, oltre a un attracco portuale che interagisca col polo biologico. È
stato anche evidenziato l’importante risultato ottenuto dall’Amministrazione con l’ottenimento
di un sostanzioso finanziamento
per la realizzazione di un percorso ciclabile che andrà a realizzarsi come via di collegamento tra i
vari siti di interesse storico tra
Brancaleone e Bianco. Rientrano
nel percorso, tra gli altri, il borgo
storico di Brancaleone Superiore, la chiesa bizantina di Tridetti
e il borgo antico di Bruzzano.
L’amministrazione infine ha inteso mettere in evidenza anche il finanziamento ottenuto (700 mila
euro) per la messa in piena operatività del nuovo depuratore.
L’evidente frattura politica
all’interno della maggioranza
apertasi nel corso della riunione
consiliare di mercoledì, dimostra ancora una volta che nella
«squadra guidata dal sindaco
Tommaso Mittiga ognuno continua a “giocare” per proprio conto. Tanto è vero che l’ex sindaco
Francesco Zappavigna ha sottolineato che «quando non sono i
consiglieri di minoranza a fare
determinate osservazioni o contestazioni, queste arrivano dalla
stessa maggioranza. che dimostra di non avere un progetto politico e di non fare buona amministrazione».
Ieri il consigliere di minoranza di “Nova Bovalino” Antonio
Zurzolo, anche a nome del collega di lista Enrico Tramontano,
ha espresso «forte preoccupazione per il futuro della collettività» per quello che sta avvenendo all’interno della maggioranza. «Ad ogni seduta consiliare –
ci ha dichiarato Zurzolo – si evidenziano fratture politiche insanabili che sono il segnale evidente che nella lista guidata
dall’attuale sindaco non esisteva
e non esiste un progetto politico-amministrativo. La mancata
assunzione di responsabilità da
parte di elementi di spicco dello
schieramento, la tecnica dello
scaricabarile che ormai continua ad essere sempre più una costante all’interno della maggioranza, il fatto che non si riesca ad
avere un interlocutore o un capogruppo con il quale confrontarsi , sono fatti sintomatici di un
malessere evidente. È necessario che tutti si mettano la mano
sulla coscienza e decidano di
staccare la spina, rimettendo il
mandato agli elettori».
Zurzolo sottolinea poi che a
soffrire è la collettività nella sua
interezza_ «Se poi si guarda alla
situazione in cui si trova Bovalino l’unico e ultimo atto di responsabilità da parte della maggioranza consiste nel prendere
atto della situazione attuale e,
per il bene del paese, trarre le opportune decisioni senza demagogia e infingimenti e mettere fine al poco edificante spettacolo
cui assistiamo ad ogni riunione
consiliare. Si è fuori dal mondo –
ha concluso Zurzolo – se la maggioranza non prende atto delle
insanabili fratture, ponendo fine all’amministrazione».
terrogatorio di garanzia, davanti al gip reggino Antonino
Laganà nell’ambito dell’inchiesta “Black Garden”, gli indagati Giuseppe Saverio Zoccali e Stefano Tallariti. Per loro
l’interrogatorio si è concluso
nella tarda serata di mercoledì,
alla presenza del pm Sara Ombra, della Dda reggina, titolare
dell’operazione eseguita dai
carabinieri che ha portato
all’esecuzione di cinque misure, di cui quattro ai domiciliari,
compresi i fratelli Pietro, sindaco di casignana, e Antonio
Crinò. Zoccali, difeso dagli avvocati Marco Tullio Martino e
Domenico Neto, ha risposto alle domande sulla sua posizione
rispetto alla liceità dell’operato della “Zetaemme”, della
quale è socio, spiegando il senso di alcune intercettazioni telefoniche in cui è coinvolto. In
particolare l’avv. Martino ha ribadito che la difesa si è riservata di produrre un’ampia documentazione sulla titolarità della società ad operare nella discarica di Casignana, laddove
invece l’accusa ha rilevato la
mancanza di licenza della “Zetaemme”. Inoltre la difesa di
Zoccali ha annunciato l’intenzione di smentire che all’interno della discarica sia stato scarico materiale non autorizzato. Ha respinto ogni addebito
anche Stefano Tallariti, assistito dagli avvocati Rocco Tallarida e Caterina Condemi.
Nei prossimi giorni i difensori, come anticipato dagli avvocati Antonio Speziale e Giacomo Crinò, nell’interesse dei
fratelli Crinò, avanzeranno
istanza di scarcerazione per i
propri assistiti al Tdl.(r.m.)
ARDORE Col club “Ala Azzurra” di Bianco
CASSAZIONE
Alfredo a quasi 80 anni
è tornato a volare
Con il suo deltaplano
Sequestro
Cartisano,
non ci sarà
revisione
I deltaplanisti del club bianchese. La freccia indica Alfredo Meleca
BOVALINO. Non finisce di stupire il deltaplanista più anziano della Calabria: alla soglia
degli 80 anni (li compirà il 29
gennaio), Alfredo Meleca, ex
commerciante, bovalinese trapiantato ad Ardore, dopo aver
superato al meglio alcuni problemi fisici, è tornato a “volare” in lungo e in largo, da solo
e in compagnia, ricevendo applausi e pacche sulle spalle in
tutti i luoghi in cui fa “scalo”.
Con la sua tuta rossa e le vele tinteggiate con i colori della
bandiera nazionale, ha controllato il suo velivolo ed è
partito per sorvolare ancora
quella zona di Calabria, che
definisce «la terra più bella del
mondo». In compagnia dei soci del club “Ala Azzurra” di
Bianco, approfittando di una
giornata limpida e soleggiata,
ha deciso di fare il giro
d’Aspromonte toccando lo Jo-
nio e il Tirreno con due scali
tecnici nei pressi di Pietra Kappa e sui pianori di Condofuri.
Capo squadriglia il figlio Domenico (gli altri erano Ottavio
Strangio, Enzo Commisso con
la moglie Roxana, Alfredo e
Domenico Meleca, Sebastiano
Chiarantano, Giuseppe e Pasquale Maressa, Antonio Nucera e Roberto Foti) i deltaplanisti si sono inoltrati verso
Aspromonte ammirando ogni
anfratto e ogni pianoro, Polsi
ed i sentieri del Parco nazionale. «Che grande gioia aver potuto ammirare ancora le bellezze della nostra amata Calabria, da Polsi a Pietra Kappa, e
attraversare quelle bianche
nuvole che ti fanno sognare» ci
ha detto Alfredo Meleca, mentre ci raccontava della nuova
“transvolata” da un mare
all’altro. Auguri e... alla prossima.(g.p.)
BOVALINO. Si chiude definitivamente la storia processuale
del sequestro di Lollò Cartisano. Ieri la Cassazione ha respinto il ricorso presentato dal
collegio di difesa che chiedeva
la revisione del processo a conclusione del quale i fratelli Santo e Leo Modaffari sono stati
condannati a 30 anni di reclusione per il sequestro del fotografo di Bovalino. Adolfo “Lollò” Cartisano fu rapito nel luglio del 1993: venne pagato un
riscatto di 200 milioni di lire
ma il suo corpo fu trovato solo
nel 2003 ai piedi di Pietra Cappa.
Per il sequestro e la morte di
Lollò Cartisano sono stati condannati gli africesi Carmelo
Modafferi, i figli Santo e Leo
Pasquale, e Santo Glicora, genero di Modafferi, arrestato
dai carabinieri nel giugno scorso dopo oltre dieci anni di latitanza, e condannato a 25 anni
di carcere. La richiesta di revisione del processo, già rigettata nel dicembre del 2010 dalla
Corte d’appello di Catanzaro,
si basava su nuovi elementi di
prova acquisiti dalla difesa degli imputati, in particolare
quella dei fratelli Santo e Leo
Modaffari, e sulla dichiarazione di un uomo, Giavanni Criaco, che si era autoaccusato del
sequestro.
La Cassazione, ieri, nel rigettare la richiesta difensiva,
ha chiuso ogni prospettiva per i
condannati di riaprire il processo.(r.m.)
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Gazzetta del Sud Venerdì 2 Dicembre 2011
Reggio Ionica
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REGGIO Il processo con rito abbreviato dell’inchiesta “Crimine”
SAN LUCA
“Locale di Singen”
la Procura della Dda
chiede 88 anni
per sette imputati
Operai Afor
ricevuti
dal sindaco
Giorgi
Antonio Strangio
SAN LUCA
Tra loro il sidernese 75enne Vincenzo Commisso,
inteso “u logico”: rischia 14 anni di reclusione
Rocco Muscari
LOCRI
Il sostituto procuratore della Dda
Antonio De Bernardo, al termine
della requisitoria, ha chiesto 88
anni di reclusione, in rito abbreviato, nei confronti di sette imputati, sei dei quali riconducibili al
filone tedesco della maxi inchiesta della Distrettuale Antimafia
denominato “Crimine”. L’udienza camerale, che si è tenuta davanti al gup presso il Tribunale di
Reggio Calabria, giudice Giuseppe Minutoli, ha visto il pm De
Bernardo formulare le seguenti
richieste di pena: Bruno Ciancio
(12 anni), Brunello Franzé (16
anni), Salvatore Femia (12 anni), Donato Fratto (12 anni), Tonino Schiavo (12 anni), Claudio
Cianciaruso (10 anni). I sei sono
ritenuti partecipi della presunta
articolazione tedesca della
‘ndrangheta, denominata “locale di Singen”.
Mentre nei confronti di Vincenzo Commisso (cl. 36), inteso
“u logico”, la cui singola posizione è stata discussa nell’udienza
successiva davanti allo stesso
gup, la Procura distrettuale ha
chiesto 14 anni di carcere, per il
reato di associazione per delinquere di stampo mafioso. Le sette
posizioni sono state comunque
riunite al fascicolo principale del
processo Crimine, in corso di definizione in abbreviato, dove la
Procura distrettuale ha chiesto
pene detentive per oltre 1500 anni nei confronti di 118 imputati.
Ritornando al filone dell’operazione “Crimine 2”, eseguita lo
scorso 8 marzo quale naturale
prosecuzione dell’operazione
“Crimine” conclusa con centinaia di arresti nel luglio del 2010,
l’inchiesta è stata coordinata dalla Dda reggina, diretta dal procuratore capo Giuseppe Pignatone
e dall’aggiunto Nicola Gratteri,
ed è stata condotta congiuntamente da carabinieri e polizia
con la collaborazione degli investigatori esteri, in particolare
della polizia federale tedesca
dell’LKA.
Con questo secondo filone
della maxi inchiesta sulla ndrangheta la Distrettuale di Reggio
Calabria, oltre ad aver delineato
le dinamiche delle ’ndrine presenti all’estero, ha ricostruito alcune importanti dinamiche presenti all’interno della ‘ndrangheta reggina, compresi i riti, le cerimonie e i gradi di affiliazione del
sodalizio.
Per monitorare l’evoluzione
delle dinamiche criminali in terra tedesca, in particolare a Singen e Francoforte sul Meno, i ma-
gistrati della Distrettuale hanno
attivato lo strumento della rogatoria internazionale presso la
competente autorità giudiziaria
tedesca. E proprio nel corso di alcune intercettazioni ambientali,
captate all’interno di un bar-ristorante di Singen, gli investigatori avrebbero registrato anche
un rito di affiliazione detto “vespero”.
Secondo la Procura il capo del
locale di Singen sarebbe Bruno
Nesci, per il quale nel processo
principale sono stati chiesti 20
anni di carcere. Nesci, in particolare, avrebbe coordinato i locali
della Germania e mantenuto i
contatti con gli esponenti di vertice della “Provincia”, più compiutamente con il presunto “capo
crimine”, il rosarnese Domenico
Oppedisano.
Il pm De Bernardo, nel corso
della requisitoria nei confronti
dei sei imputati di “Crimine 2”,
ha rilevato la fondatezza delle
prove, sottolineando la loro partecipazione attiva al “locale tedesco”, con il compito di assicurare
la comunicazione tra gli associati, partecipando alle riunioni ed
eseguendo le direttive imposte
dai vertici del sodalizio. Nei loro
confronti l’accusa ritiene sussistenti gli elementi per una condanna per associazione di stam-
PLACANICA «Spesso resta chiuso senza alcuna spiegazione»
Poste, una petizione popolare
sulla “sorte” dell’unico ufficio
Imma Divino
PLACANICA
Una petizione popolare per
scongiurare il perdurare di disservizi e disagi nell’ufficio postale, l’unico presente sul vasto territorio placanichese che comprende anche sette frazioni.
L’iniziativa, partita nei giorni
scorsi, sta registrando l’adesione
di tanti cittadini esasperati e
stanchi di subire una scelta che
appare “figlia” di una politica
miope, che mira al raggiungimento del massimo profitto, ma
che penalizza quelle aree che sono considerate meno “remunerative”.
«L’ufficio di Placanica – scri-
vono i cittadini in una lettera indirizzata alla direzione di Poste
italiane – ha un bacino d’utenza
di 1.200 abitanti, mentre l’organico impiegatizio è di una sola
persona«. Una situazione di incertezza aggravata anche dalla
chiusura, senza preavviso,
dell’ufficio: «Sono sempre più
numerose – sottolineano i sottoscrittori della lettera – le occasioni in cui, con fantomatici cartelli, si avvisa l’utenza che l’ufficio resta chiuso e senza addurre
alcuna motivazione».
Una situazione che sta generando una forte sofferenza sociale soprattutto tra i pensionati
e i residenti nelle frazioni, molti
dei quali sono costretti a percor-
Le Poste di Placanica
(ARCHIVIO)
Antonio De Bernardo, sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia reggina
po mafioso, aggravata dall’essere un’associazione armata e transazionale.
Per quanto riguarda la discussione in abbreviato del collegio
di difesa il gup Minutoli ha rinviato al 25 gennaio. In quella data l’avv. Leone Fonte, che rappresenta le posizioni di Femia e
Cianciaruso, si è riservato di proporre alcune questioni preliminari, tra le quali un presunto problema legato alle rogatorie.
Rispetto alla posizione di Vincenzo Commisso, difeso dagli avvocati Giuseppe Oppedisano e
Antonio Speziale, ieri sostituito
in udienza dall’avv. Angela Commisso, il gup ha rinviato al 5 dicembre per stabilire la data della
discussione, per la quale il collegio difensivo ha già prodotto documenti a discarico.
rere tanti chilometri a piedi per
raggiungere l’ufficio postale per
poi, magari, trovarlo chiuso. «La
direzione di Locri lo scorso anno
aveva comunicato che l’ufficio di
Placanica era a rischio chiusura
perché non produce a sufficienza, ma non in termini di operazioni di sportello (che sono tante, ma non contano) bensì di
vendita di prodotti finanziari.
Considerazione questa – puntualizzano ancora nella missiva
– che troviamo completamente
fuori luogo in quanto, considerato il numero degli abitanti, se
l’ufficio non produce i numeri
sufficienti ciò è dovuto al fatto
che il servizio non è adeguato e a
questo dovrebbe solo provvedere Poste italiane potenziandolo e
non riducendolo alla chiusura».
La speranza è che Poste Italiane non continui a fare orecchie
da mercante: ma, dopo tante
proteste e tanti appelli rimasti
inascoltati, lo scetticismo è d’obbligo.
SIDERNO Di Antonio Ferreri, il popolare “Carbonella”: due cartelli sulla porta di casa
“Plateale” solidarietà al sindaco di Casignana
Aristide Bava
SIDERNO
Singolare attestazione di solidarietà al sindaco di Casignana, Pietro Crinò, agli arresti domiciliari
perché implicato nell’operazione
“Black Garden” legate alla vicenda della discarica del suo comune. Arrivano da Antonio Ferreri,
dai più conosciuto come “Carbonella” , eccentrico personaggio
della vita politica locale (di recente è stato candidato a sindaco
di Siderno) che ha deposto, con
tanto di firma, sulla porta d’ingresso dell’abitazione sidernese
del sindaco di Casignana (Pietro
Crinò ha acquistato casa a Siderno anni addietro), in piazza Portosalvo due vistosi cartelloni.
Tracciate con grossi pennarelli
neri, in uno campeggiava la scritta «Esprimo la mia solidarietà al
dottore Crinò» e nell’altro: «Non
lo ritengo responsabile: lui la vita
la salva non la toglie». Entrambi
sono firmati Antonio Ferreri detto Carbonella.
Crinò è agli arresti domiciliari
perché accusato, unitamente ad
altre persone tra le quali il fratello Antonio, di essere responsabile della cattiva gestione della discarica di Casignana, il cui percolato secondo l’accusa ha inquina-
to l’ambiente e si sversava in mare. I due vistosi cartelli, data anche la centralità della zona in cui
è ubicata l’abitazione sidernese
del professionista – Crinò è anche
medico e comproprietario del
Centro Specialistico di Siderno,
una struttura che dispone di attrezzature all’avanguardia, non
solo in Calabria – hanno subito richiamato l’attenzione di numerosi cittadini sino a quando, per
volontà della moglie di Crinò, la
signora Mena, sono stati rimossi.
Ferreri ha rivendicato senza
esitazione la paternità dell’iniziativa dicendosi «assolutamente
convinto» di quanto ha scritto.
Un cartello prima della rimozione
Vincenzo Commisso
Donato Fratto
Una delegazione di operai
dell’Afor, è stata ricevuta dal
sindaco Sebastiano Giorgi e
dall’assessore alla Forestazione Francesco Murdaca. Oggetto dell’incontro, che ha registrato momenti di tensione
sedati a stento, la decisione
della Regione di collocare in
cassa integrazione gli operai,
per tutto il mese di dicembre,
con riserva di proroga fino al
28 febbraio 2012. Una decisione avvallata dalle organizzazioni sindacali (erano presenti Santino Aiello per la
Flai-Cgil, Giuseppe Gualtieri,
Fai-Cisl e Nino Merlino, Uila-Uil), che suona come un vero e proprio campanello d’allarme per il futuro del settore.
Secondo gli operai che hanno annunciato azioni eclatanti
se in tempi brevi non saranno
chiariti tutti i termini dell’accordo di programma firmato a
Catanzaro, si tratta di un provvedimento iniquo che ancora
una volta tende a penalizzare
un settore di vitale importanza per la Calabria. Il comparto
in Calabria occupa circa 8.000
operai, di cui 400 a San Luca,
in media tra i 40 e i 50 anni.
Il sindaco ha assicurato che
sarà al fianco degli operai se il
prossimo 2 gennaio i cantieri
non riapriranno. E ha esibito
una lettera datata 28 novembre a firma del governatore
Giuseppe Scopelliti, nella
quale egli invita i sindaci, ove
possibile, ad utilizzare gli operai forestali per tutte le necessità dei mesi invernali. Nella
stessa giornata, il governatore
firmava l’accordo di programma che collocava in cassa integrazione tutti i forestali.
ROCCELLA JONICA Dal civico consesso
GROTTERIA
Lotta all’evasione
istituito all’unanimità
il Consiglio tributario
Statale 106
s’inaugura
la galleria
“Pergola”
Stefania Parrone
ROCCELLA
Seduta squisitamente tecnica e
tranquilla nei toni della discussione, per il civico consesso riunitosi in via straordinaria, per
questioni di natura finanziaria.
Unica eccezione ai temi di natura contabile predominanti
nell’odg, tutti illustrati dall’assessore al Bilancio Vittorio Zito,
sono stati due interventi del sindaco Giuseppe Certomà: in
apertura dei lavori per rivolgere
un omaggio alla memoria del regista Vittorio De Seta, ricordando il legame affettivo che aveva
con Roccella, protagonista di
iniziative dell’Associazione Culturale jonica, e in chiusura per
presentare la richiesta di autorizzazione alla stipula dei protocolli d’intesa tra gli enti coinvolti
nel progetti Pisl. Richiesta accolta all’unanimità.
Novità emersa è l’istituzione
del “Consiglio tributario” e l’approvazione (all’unanimità) del
regolamento per il suo corretto
funzionamento. «Il Consiglio
tributario – ha spiegato Vittorio
Zito – opererà come organismo
di supporto alle attività di partecipazione del Comune all’accertamento dei tributi erariali, fornendo suggerimenti e collaborazione con l’Agenzia del territorio ai fini del monitoraggio degli immobili non accatastati. Il
modello di Consiglio tributario
che viene fuori dal regolamento
è quello di un organo di coordinamento degli uffici impiegati
nella lotta all’evasione fiscale,
vero dramma che mina in profondo la coesistenza sociale».
Il civico consesso, dopo aver
ratificato all’unanimità una delibera di giunta relativa a una
variazione di bilancio ha preso
atto (si è astenuto il consigliere
Francesco Scali) della delibera
della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti, sul
bilancio di previsione 2011
dell’ente. Si tratta di alcune irregolarità che a parere della Corte
(la quale tuttavia si è pronunciata non sulla “legittimità” ma a
scopo collaborativo per migliorare la gestione finanziaria)
vanno corrette, come ha chiarito
Zito, per non pregiudicare gli
equilibri ed il rispetto del patto
di stabilità. Le osservazioni della
Corte riguardano, tra le altre cose, il ricalcolo del costo del personale (l’assessore Bombardieri
ha auspicato che si possano eliminare le spese per la stabilizzazione degli Lsu - Lpu dal Patto di
stabilità), il piano delle alienazioni e le sanzioni del codice della strada con riscossioni più basse rispetto al 2010. Su quest’ultima osservazione il consigliere di
minoranza Francesco Scali ha
elogiato il nuovo indirizzo attuato quest’anno, rispetto al metodo usato nel 2010 che portò a
un elevato numero di multe a
cittadini e turisti. Infine con i soli
voti della maggioranza (astenuto Francesco Muscolo del Pri,
contrario Scali) è stato approvato l’assestamento generale del
Bilancio di previsione 2011.
Piero Roberto
GIOIOSA JONICA
Alla presenza del presidente
della Giunta regionale Giuseppe Scopelliti, dei sindaci
di Gioiosa Jonica, Grotteria,
Mammola, Siderno, Locri,
Ardore, dei commissari prefettizi di Marina di Gioiosa,
dei vertici dell’Anas e della
società Astaldi costruzioni,
delle varie istituzioni del
comprensorio della Locride
stamattina alle 11, verrà
inaugurato un chilometro di
scavo attraverso l’abbattimento dei diaframmi a doppia canna della galleria Pergola, in territorio di Marcinà
di Grotteria, dove sono in corso i lavori di costruzione della
nuova Statale 106 Jonica, da
Ardore a Marina di Gioiosa.
Dopo il taglio del nastro,
verrà officiata in galleria, alle
12,30 dal vescovo di Locri-Gerace, mons.Giuseppe
Fiorini Morosini, la messa in
onore di Santa Barbara, patrona dei minatori.
La doppia canna in costruzione
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Gazzetta del Sud Venerdì 2 Dicembre 2011
Cronaca di Cosenza
.
IL FATTO Il gup Salvatore Carpino ha irrogato pene pesanti nei confronti dei nove imputati che hanno scelto d’essere giudicati col rito abbreviato
Orchi, condanne per mezzo secolo di carcere
Sette anni inflitti a Giuseppe Pugliese, sei a Vincenzo Gagliano, Pasquale Andali e Antonio Donvito
Giovanni Pastore
«In nome del Popolo italiano...», la voce del gup Salvatore Carpino affonda come una
lama nell’aula silenziosa. Gli
avvocati ascoltano nervosi, gli
imputati sembrano spaventati,
confusi, increduli. Percepiscono appena quei numeri, anni di
galera, anni che rischiano di
passare in una cella. In tutto,
mezzo secolo di carcere per nove persone. Le pene irrogate
vanno anche oltre le richieste
del pm Antonio Tridico. La
condanna più alta è quella inflitta a Giuseppe Pugliese: sette anni di reclusione più l’interdizione dai pubblici uffici. Sei,
invece, gli anni di reclusione
disposti per: Vincenzo Gagliano, Pasquale Andali, Antonio
Donvito. Cinque anni e quattro
mesi per Cosimo Pastorello;
cinque anni, infine, per Aldo
De Rose, Giuseppe Santoro,
Massimo Lo Monaco, e Ferdinando Mele. Un verdetto che
non tiene conto delle generiche attenuanti invocate dal
collegio difensivo (Matteo Cristiani, Dario Scrivano, Luigi
Bonofiglio, Amalia Falcone,
Giuseppe Lanzino, Angelo Nicotera, Pasquale Vaccaro e
Paolo Pisani) e dallo stesso pm
Tridico che aveva invocato come pena massima quattro anni
di reclusione nei confronti di
Giuseppe Santoro.
Terminata la lettura del dispositivo, gl’ipotetici “orchi”
lasciano silenziosi l’aula e con
la mente ritornano a quei giorni, una vergogna lunga otto
anni. Una turpe storia raccontata nelle carte dell’inchiesta
“Orchi” che i carabinieri della
Stazione principale hanno sviluppato nel più assoluto riserbo. Dagli atti emerge una vicenda atroce di tredici uomini
che avrebbero giocato, più o
meno consapevolmente, con la
vita d’un ragazzo affetto da disturbi mentali. È una storia che
va al di là di ogni immaginazione. L’orrore si girava dappertutto, in ogni angolo della cit-
tà. Ed è sul tema del degrado
culturale che s’impalca la trama di questo racconto, un degrado emerso chiaramente anche dalle confessioni che alcuni degli indagati avevano reso
davanti al pm Tridico. Per molti di loro s’è trattato di confermare quelle ammissioni già
fatte al gip Lucia Marletta in
sede d’interrogatorio di garanzia. Ipotetiche verità che avevano sigillato definitivamente
il castello d’accuse costruito
dalla Procura guidata da Dario
Granieri col cemento e i mattoni forniti dalle scrupolose indagini dei carabinieri della Stazione principale. I detective
del luogotenente Cosimo Saponangelo hanno ricostruito
gli otto anni vissuti all’inferno
dal ventisettenne individuando i presunti demoni che
avrebbero infierito sulle sue ingenue carni. Per tre mesi, gl’investigatori sono andati alla ricerca di prove dell’ipotizzato
orrore tra i vicoli della città
vecchia, nei capannoni abbandonati sul viale Mancini, nelle
case degl’indagati, nei boschi
di San Fili, seguendo la stessa
traccia della miseria culturale
per fare luce sulle violenze sessuali. In questo racconto infernale c’erano dei nonni che
prendevano per mano quel
giovane e lo portavano nei cortili, dietro la villetta dell’autostazione, nei garage del centro
e della periferia, nei magazzini, dietro il mercato, su materassi lerci, su vecchie poltrone
consumate. Era lì che si girava
la squallida pellicola, ogni volta che qualcuno di loro aveva
voglia di sentire il profumo
delle carni innocenti di quel ragazzo. Sul suo corpo resteranno le stimmate delle violenze
subìte, più morali che fisiche.
Violenze per le quali l’avvocato
Valeria Baffa, che assiste l’ipotetica vittima, ha chiesto e ottenuto il riconoscimento del
danno che dovrà essere quantificato in sede civile, così come ha stabilito il gup Carpino.
In breve
MORTE IN CORSIA
Azienda ospedaliera
responsabile civile
Giuseppe Pugliese
Pasquale Andali
Giuseppe Donvito
Vincenzo Gagliano
L’Azienda ospedaliera è responsabile civile nel processo
che dovrà fare luce su una
morte in corsia. L’ente si è
costituito, attraverso l’avvocato Luigi Gullo, davanti al
gup, Enrico Di Dedda, che
aveva accolto la richiesta degli avvocati Pierluca Bonofiglio e Massimiliano Lata che
assistono i familiari di Ugo
Pagliaro, spirato a 74 anni,
nel reparto di Urologia.
DITTA PAGHERÀ 33MILA EURO
Infortunio sul lavoro
Dipendente risarcita
Cosimo Pastorello
Massimo Lo Monaco
Fernando Mele
Giuseppe Santoro
Sette anni e mezzo a Francesco Cozza e sei anni a sua moglie Patrizia Mandarino
Video a luci rosse con ricatto e prestiti a strozzo
Marito e moglie condannati
per estorsione e usura. Il Tribunale cittadino (presidente:
Giovanni Garofalo; a latere:
Giusy Ferrucci e Claudia Pingitore) ha inflitto sette anni e
mezzo di reclusione a Francesco Cozza, 45 anni, e sei anni
a Patrizia Mandarino, 41 anni. Il verdetto era stato invocato dal pm Paola Izzo al termine d’una articolata requisitoria nel corso della quale
aveva ricostruito la vicenda
giudiziaria. Una storia di ricatti sessuali che avrebbe celato una più ampia illecita attività creditizia. Il primo a finire in manette fu l’uomo. Lo
arrestarono i finanzieri del
Nucleo di Polizia tributaria
per aver promesso il silenzio
in cambio di quattrini a una
donna ripresa in atteggiamenti intimi con un amante.
L’uomo era finito in possesso
del video nel quale erano
conservati i momenti di passione della coppia clandestina in una casa del centro cittadino, e pretendeva del denaro a cadenza mensile per
non spifferare tutto. Complessivamente le aveva chiesto 15 mila euro, ma le aveva
permesso di pagare a rate,
consegnandogli 375 euro al
mese. Il blitz dei finanzieri
scattò proprio mentre Cozza
stava incassando una rata
dalla vittima.
Quel filone d’inchiesta
venne approfondito e portò
ad accertare l’ipotetica resposanbilità della moglie di Cozza che pare conoscesse la
Francesco Cozza
donna vessata. Dagli accertamenti sarebbe emerso che
proprio Patrizia Mandarino
aveva consegnato all’amica le
chiavi dell’appartamento nel
quale potersi incontrare con
Il fondatore di “Libera”, don Luigi Ciotti anticipa la “riconversione” dello storico locale sottratto alla ‘ndrangheta
Nel “Cafè de Paris” i prodotti simbolo dell’antimafia
Elvira Madrigrano
Il “Cafè de Paris” sequestrato a Roma dalle forze dell’ordine
Don Luigi Ciotti ha concluso ieri all’Unical i lavori del seminario sui beni confiscati
Una iniziativa nuova e interessante. Un seminario sui beni
confiscati che ha visto come
protagonisti, ieri, nell’aula magna dell’Università della Calabria, i professori Giap Parini e
Piero Fantozzi, i ragazzi di “Libera”, guidati da Sabrina Garofalo e Marta Perrotta, il magistrato Fabio Regolo, il prefetto
Raffaele Cannizzaro, e tanta
gente intervenuta a presenziare alla fase finale dell’iniziativa
culturale e didattica.
«La legalità è una bandiera –
ha detto don Luigi Ciotti chiudendo i lavori – che viene spesso agitata anche da chi la calpesta ogni giorno. È necessario
abbattere quella “zona grigia”
che è di legalità malleabile: un
luogo interiore più che un luogo fisico. La vera forza della
mafia sta fuori dalla mafia e
spesso ha il volto di un incensurato. In questo senso – ha aggiunto – le responsabilità della
politica sono enormi. Serve determinazione e coerenza. Lotta
alla mafia significa, lavoro,
scuola, cultura e sostegno ai
territori più fragili. Non si ottengono grandi risultati se cresce lo stato penale e diminuisce
quello sociale. La speranza, in
alcune parti d’Italia, si chiama
giustizia sociale ed ha il volto
delle opportunità e dei progetti
concreti».
«C’è un pò di smarrimento –
ha poi sostenuto – di fatica. Abbiamo sempre saputo però la
capacità delle mafie di rigenerarsi, di trovare nuovi canali,
sostegni, alleanze, dunque non
stupisca questo. Gratitudine al
lavoro della magistratura che
lo ha scoperto».
Don Ciotti ha poi aggiunto:
«Tra i beni confiscati c'è il Cafè
de Paris di Roma, un simbolo
dove la prossima settimana entreranno i prodotti frutto del
lavoro dei giovani sulle cooperative confiscate ai mafiosi.
Quindi chi andrà a prendere il
caffè troverà questi prodotti. È
un segno delle positività in
contrasto con le negatività. La
confisca è una realtà positiva,
ma c'è un 55% dei beni confiscati che non può essere destinato a causa delle ipoteche
bancarie che gravano su di essi.
Questo è inaccettabile e la politica anche nei confronti delle
banche deve essere molto chiara».
«A volte – ha concluso – ci
sono delle battute d’arresto che
lasciano un pò d’amarezza dentro. Scoprire che chi si occupava di queste cose era al servizio
di qualcun altro. Questo non
deve impedire di guardare oltre e di essere capace di unire
di più le forze perchè è il noi
che vince. Ognuno con la propria competenza e professionalità».
lo stallone che le aveva fatto
perdere la testa.
Dalle indagini affiorò, pure, la storia dei prestiti a
strozzo. Cozza e la moglie, secondo le Fiamme gialle,
avrebbero concesso un prestito a strozzo a un’altra donna, dalla quale, sempre secondo
la
ricostruzione
dell’accusa, avrebbero preteso 250 euro d’interessi al mese per un prestito d’appena
mille euro, applicando cioè
un tasso d’interesse del 300%
annuo.
Elementi fatti emergere
nel corso dell’istruttoria dibattimentale dal pm Izzo e
che il legale di fiducia dei due
imputati, l’avvocato Giuseppe Malvasi, ha tentato inutilmente di demolire. (g.p.)
Un supermercato è stato
condannato a risarcire una
dipendente che il 7 settembre del 2005 scivolò sul pavimento bagnato dei servizi
igienici. Per quell’infortunio, l’azienda è stata condannata dal Tribunale a pagare un risarcimento di 33
mila euro, in accoglimento
delle richieste dell’avvocato
Giovanni Carlo tenuta.
FAMILIARI PARTE CIVILE
Spirò in corsia
Due medici imputati
I familiari di Damiano Spadafora, morto a 66 anni, nel
reparto di Chirurgia Vascolare, si sono costituiti parte civile (che sono assistititi dagli
avvocati Pierluca Bonofiglio,
Brunella Bonofiglio e Massimiliano Lata) nel corso
dell’udienza preliminare che
si celebra davanti al gup Enrico Di Dedda. Due i medici
imputati: Francesco Intrieri,
55 anni, primario del reparto
di Chirurgia vascolare, e Salvatore Tarsitano, 57.
Gazzetta del Sud Venerdì 2 Dicembre 2011
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Cosenza - Provincia
.
PAOLA Campagna elettorale entrata nel vivo in vista del voto
AMANTEA
Amministrative 2012
Clima già arroventato
Il Pdl avverte Perrotta
«No a stangate fiscali»
Evento
della Fidapa
sul ruolo
della donna
Il partito di Alfano presenta una proposta che mira
a restituire l’Iva sulla Tarsu a tutta la cittadinanza
Gaetano Vena
PAOLA
Con la campagna amministrativa per il rinnovo del consiglio comunale in primavera, già da
tempo iniziata, si infittiscono e
diventano sempre dure e aspre
le polemiche e gi attacchi. Il clima diventa sempre più rovente
anche perché si prevedono molte liste e coalizioni che scenderanno in campo per la conquista
del potere al Palazzo, ormai ridotto da 20 a 15 consiglieri e da 7
a 5 assessori che saranno nominati dal sindaco. Diminuiscono i
numeri dei rappresentanti eletti
nel consiglio comunale e
nell’esecutivo, mentre di conseguenza aumentano gli aspiranti
a candidarsi, rimpinguando il
numero delle liste che concorrono alla vittoria.
Il Pdl presenta una proposta
«per restituire Iva sulla Tarsu ai
cittadini. La giunta invece prevede “stangata retroattiva su Ici
terreni”». È questo il titolo di un
comunicato del coordinamento
del circolo locale del partito di
Alfano. Qual è il contenuto?
«L’amministrazione comunale
“spreme” i contribuenti paolani
e approva una stangata per Natale al fine di fare cassa. Il Pdl invece chiede di tutelarli e di rim-
borsarli, secondo la legge, in una
fase di crisi economica come
questa. Se si tratta di “prendere”
dai cittadini l’amministrazione
comunale si attiva subito e anche con strumenti discutibili sul
piano amministrativo, ma quando si tratta di “dare” o meglio di
restituire la giunta è immobile».
Dopo altre considerazioni nella
nota si rileva: «A tal proposito il
capogruppo del Pdl in consiglio
comunale ha presentato un
emendamento per prevedere in
bilancio la somma necessaria
per restituire ai cittadini il 10 per
cento di Iva sulla tassa dei rifiuti
solidi urbani. In particolare - si
chiarisce - il capogruppo Ferrari
ha proposta all’amministrazione comunale di prevedere
nell’atto di assestamento 2011
del bilancio di previsione del Comune di Paola, l’iscrizione delle
somme complessive da restituire ai cittadini per la Tarsu, nonché la previsione di nuova entrata Iva derivante dalle variazioni
sulle prossime fatture». Tale
proposta del Pdl nasce dal fatto
che la «Suprema Corte di cassazione ha stabilito la tassa sui rifiuti solidi urbani è di fatto una
tassa e buona tariffa; che di conseguenza i comuni hanno applicato l’Iva su un importo dove
non doveva essere applicato in
quanto appunto “tassa”; che pertanto tutti gli utenti hanno diritto al rimborso del 10 per cento
dei 10 anni retroattivi. Il Pdl contesta invece - si evidenzia - il fatto che tale proposta di restituzione, ragionevole e applicabile,
non è stata inserita nell’assestamento di bilancio dalla giunta,
pur essendo un diritto dei cittadini e pur mettendo a rischio di
contenzioso il Comune, vista la
decisione della Suprema Corte.
Non solo l’amministrazione comunale al contrario - si sottolinea - ,ha deciso praticamente di
modificare il bilancio comunale
prevedendo un conguaglio per i
cittadini che dovranno pagare
maggiore Ici sui terreni. Un “regalo” di Natale fatto di tasse.
L’amministrazione comunale - si
aggiunge - infatti con delibera
dell’8 novembre 2011 ha attribuito un nuovo valore Ici ai terreni solo potenzialmente edificabili ,precedentemente agricoli. Tutto ciò senza prendere in
considerazione l’approvazione
del Psc. Tutto ciò prevedendo
un’entrata maggiore di oltre il 2
milioni che dovrebbero, attraverso un conguaglio, pagare i
paolani, anche in forma retroattiva. Una vera e propria stangata
contro ogni diritto dei consumatori, giusto per fare cassa».
CAMPORA Dopo la delibera di giunta il “Longo” verrà accorpato
Autonomia scolastica in discussione
I genitori degli alunni pesano al Tar
CAMPORA SAN GIOVANNI. Campora San Giovanni non ci sta. Perdere l’autonomia scolastica ed essere accorpati ad Amantea è un
atto che non può essere accettato,
soprattutto nei confronti di coloro che in passato si sono prodigati
per l’ottenimento di tale status.
Questo è il pensiero dei genitori
dell’Istituto comprensivo “Alessandro Longo”. I fatti. Il comune
di Amantea, con l’adozione della
delibera numero 240, ha approvato il dimensionamento in «ordine alle istituzioni scolastiche
dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado». Il piano in
questione prevede la costituzione dell’Istituto comprensivo
“Goffredo Mameli” con un totale
di 781 alunni e dell’Istituto comprensivo “Alessandro Manzoni”
per un totale di 1025 alunni.
L’Istituto comprensivo “Alessandro Longo” di Campora San Giovanni, a causa del basso numero
degli iscritti, dovrebbe essere annesso al plesso scolastico di via
Garibaldi, ma una parte della popolazione camporese ritiene un
atto doveroso il mantenimento
della gestione amministrativa
dell’Istituto nella stessa frazione.
È bene sottolineare che il numero
degli alunni frequentanti le scuole dell’obbligo del comprensorio
nepetino non permette il mantenimento amministrativo di due
istituti ad Amantea e di uno a
Campora San Giovanni, come ac-
Il sindaco Franco Tonnara
Il Palazzo comunale di Paola
AMANTEA Albergatori preoccupati: comprensorio-pattumiera
Fiume Oliva a rischio, altre denunce
Ernesto Pastore
AMANTEA
L’inquinamento del fiume Oliva
preoccupa non soltanto la popolazione che vive lungo le sponde
dell’alveo o nelle zone collinari
circostanti, ma soprattutto gl’imprenditori turistici, una categoria
che prima delle altre risente dei
fattori di rischio ambientali. In attesa di capire quale sia la reale entità dell’emergenza che si è conclamata in quella che viene comunemente chiamata valle
caduto fino ad ora. I genitori pertanto auspicano una suddivisione paritaria: un istituto ad Amantea ed uno a Campora San Giovanni. Partendo da questo presupposto è stato avviato un confronto molto serrato tra l’esecutivo guidato da Franco Tonnara e
gli stessi genitori. Nei giorni scorsi si sono svolte alcune riunioni,
ma la soluzione del caso sembra
essere ancora lontana. Mercoledì
sera si è tenuto un vertice di maggioranza che ha confermato la
perdita dell’autonomia amministrativa dell’Istituto comprensivo
“Alessandro Longo” di Campora
San Giovanni per la mancanza di
un numero sufficiente di alunni.
A tale decisione i genitori si sono
opposti, producendo un parere
legale, ma la giunta, infatti, ha
confermato quanto disposto nella delibera 240. L’intenzione è
quella di rivolgersi al Tribunale
amministrativo regionale di Catanzaro che dovrà pronunciarsi
in merito. (ern.pas.)
AMANTEA Nel frattempo la magistratura indaga sui mancati lavori post-sequestro
Depurazione, definite le strategie operative
AMANTEA. Alla presenza del vice
sindaco Michele Vadacchino, del
primo cittadino di Belmonte Calabro Francesco Bruno, dei consulenti legali dell’ente municipale
nepetino e di alcuni esponenti della giunta, si è tenuto nei giorni
scorsi un vertice per definire le
strategie operative da seguire sul
fronte depurazione. In particolare
l’incontro è servito per costituire
un fronte comune contro l’iscrizione nel registro degli indagati
dei sindaci di Amantea, Belmonte
Calabro, Nocera Terinese e Falerna decisa dalla Procura della Repubblica di Lamezia Terme per il
mancato intervento di potenzia-
mento del depuratore consortile
di Nocera Terinese, utilizzato anche da alcuni comuni del Basso
Tirreno cosentino. La magistratura lametina intende accertare i
motivi per i quali non sono stati
eseguiti alcuni lavori decisi all’indomani del sequestro dell’impianto operato nel luglio del 2010.
L’apposizione dei sigilli era stata
effettuata dai Carabinieri di Lamezia Terme e dal Nucleo operativo ecologico di Catanzaro che avevano rilevato un malfunzionamento del depuratore. Circostanza confermata dalle analisi che
certificavano il superamento dei
limiti d’inquinamento per scarichi
in acque superficiali. Il controllo
svolto dalle forze dell’ordine aveva evidenziato, inoltre, una parziale riduzione della capacità di
depurazione dell’impianto «a causa di una consistente quantità di
fanghi nei sedimentatori, superiore a quella consentita, che provoca
un inquinamento che si ripercuote
sulla salubrità del mare». A queste
accuse ha già risposto in parte il
sindaco di Belmonte Calabro
Francesco Bruno che ha evidenziato come «sia stata inviata nello
scorso mese di luglio una missiva
all’attenzione dei giudici per segnalare alcune inadempienze pregresse riguardanti specificamente
coloro che hanno costruito il depuratore e lo hanno gestito fino al
2009». «Ad oggi – ha affermato lo
stesso Bruno – per quanto è in mia
conoscenza non ci sono riscontri
sull’atto di collaudo e non so se esistono normative che possono supplire a tale mancanza con la sola
messa in funzione». La riunione
che si è svolta a porte chiuse è servita non soltanto per un confronto
tra le parti, ma anche per determinare le eventuali responsabilità
degli stessi comuni. In primis l’ente municipale di Nocera Terinese.
Come comune capofila avrebbe
dovuto garantire il funzionamento dell’impianto.(ern.pas.)
dell’inferno, gli albergatori del
Consorzio Isca Hotel chiedono
chiarezza, sostenendo l’azione
investigativa della Procura della
Repubblica di Paola, culminata
nei giorni scorsi con l’arresto di
Cesare Coccimiglio, che deve rispondere di disastro ambientale,
violazione in materia di trasporto
dei rifiuti e inquinamento delle
falde acquifere. Secondo l’accusa
l’uomo, in concorso con altri
quattro soggetti residenti nella
zona, avrebbe messo in piedi un
sistema complesso di smaltimen-
to di rifiuti industriali. «L’intero
comprensorio nepetino – spiega
il presidente degli albergatori,
Gabriele Perri – si riscopre
un’enorme pattumiera contenente i più disparati e pericolosi
inquinanti. Le indagini svolte
dalla Procura della Repubblica di
Paola se da una parte ci confortano, perché dimostrano che le istituzioni operano per il bene della
collettività, dall’altra ci preoccupano: vogliamo difendere il nostro lavoro e tutelare la nostra salute e quella dei nostri figli».
AMANTEA. Parte con il piede
giusto la nuova Consulta sulle pari opportunità voluta dal
presidente del consiglio comunale ed unica donna in
giunta Monica Sabatino. Lo
scorso fine settimana, nella
sala consiliare si è tenuto un
incontro sul tema “Pari opportunità... occasione sui generis”. La manifestazione,
organizzata dal circolo nepetino della Fidapa (Federazione italiana donne arti professioni ed affari), coordinato
dalla presidente Franca Dora
Mannarino, ha analizzato il
ruolo sociale svolto dalla
donna, evidenziandone i
punti di forza ed i meriti acquisiti sul campo. La discussione è stata moderata dalla
giornalista Lucia Baroni Marino che riveste anche il ruolo
di presidente della Commissione pari opportunità del
comune di Paola. Nel corso
del suo intervento introduttivo, la presidente Mannarino
ha ringraziato la Provincia e
il Comune di Amantea per il
supporto fornito nell’organizzazione dell’evento. Nel
corso dell’incontro la stessa
Sabatino ha ufficialmente
comunicato l’istituzione da
parte del civico consesso della Consulta delle pari opportunità. Interessanti ed apprezzate le relazioni proposte da Giuliana Mocchi
dell’Università della Calabria
e da Katia Stancato presidente del Comitato imprenditoria femminile, incentrati rispettivamente in materia di
leadership e di configurazione del ruolo della donna
all’interno del terzo settore.
Le conclusioni sono state affidate alla parlamentare Doris Lo Moro.(ern.pas.)
SAN LUCIDO Appuntamento a lunedì
AMANTEA
Dipendenti comunali
a caccia di certezze
incontrano Mancini
“Pro Loco
nel cuore”
Domani
la 1. edizione
Maria Francesca Calvano
SAN LUCIDO
Lunedì prossimo si deciderà se
quello in arrivo sarà un Natale
economicamente sereno per i
dipendenti del Comune di San
Lucido. In quella data una delegazione degli stessi impiegati e l’Amministrazione comunale al gran completo si recheranno infatti presso la Regione
(in particolare al Dipartimento Bilancio) per rappresentare
le difficoltà che l’attuale situazione comporta per l’intera
collettività locale, dal momento che sessanta dipendenti –
tra coloro che sono impiegati
nel palazzo municipale e
quanti svolgono servizio nella
struttura d’accoglienza per anziani Casa serena – sono senza
stipendio. Una garanzia in tal
senso era giunta con l’incontro
dei giorni scorsi tra il sindaco
Antonio Staffa e il presidente
della Giunta regionale Giuseppe Scopelliti che si era concluso con l’intento espresso da
Catanzaro di stanziare un anticipo di 140mila euro sul contributo annuale per la data del
10 dicembre: la quota però basterebbe per garantire una sola mensilità delle tre (più la
tredicesima) che spetta agli
impiegati entro la fine del mese. È chiaro che il personale
non poteva restare indifferente rispetto ad una circostanza
simile, tra l’altro da confermare sulla base degli esiti delle
verifiche contabili che gli uffici
regionali dovranno effettuare
sul rispetto del patto di stabilità. Sono dunque certezze
quelle che amministratori e lavoratori chiedono a Catanzaro
e nello specifico all’assessore
al Bilancio Giacomo Mancini.
Certezze sui tempi e sulle modalità d’accredito della somma. Certezze su ciò che i dipendenti dovranno aspettarsi
per le prossime settimane.
Certezze sull’entità complessiva del contributo economico
che la Regione intende erogare (in applicazione della legge
regionale numero 19 del
1994) per la gestione della
struttura per anziani: sarà garantita o meno la somma storica di un milione e 32 mila euro
per il 2011 che – nonostante si
sia giunti oramai a conclusione dell’anno – non è ancora
stata stanziata? E in quali tempi? Durante l’incontro tra il
presidente Scopelliti e il sindaco Staffa era stata prospettata
la possibilità di stanziare l’intero contributo per la gestione
di Casa serena relativo all’anno in corso entro il 10 gennaio
prossimo. Risposte esaurienti
anche su quest’aspetto è ciò
che amministratori e lavoratori sperano d’ottenere con la
“protesta-incontro” di lunedì,
anche in vista della conclusione dell’anno contabile che
chiuderà i rubinetti degli stanziamenti regionali. Si tratterà
di una manifestazione pacifica
ma finalizzata ad obiettivi specifici. AMANTEA. Si svolgerà domani
nel centro congressi dell’hotel
village “La Principessa” la prima edizione del premio “Pro
loco nel cuore” indetto dalla
sezione regionale dell’Unpli
(Unione nazionale Pro loco
d’Italia). «L’evento – spiegano
i coordinatori del progetto –
vuole rappresentare un momento di coinvolgimento e di
aggregazione tra tutte le sezioni calabresi della Pro loco e
tra i tesserati che si prodigano
per valorizzare i propri territori d’appartenenza. Un particolare riconoscimento verrà
consegnato a coloro che sostengono e condividono le finalità che sono alla base
dell’esistenza stessa delle Pro
Loco. Allo stesso modo il premio vuole essere un’attestazione verso l’impegno mostrato e le capacità messe in
campo a supporto del turismo, senza dimenticare le iniziative organizzate in ambito
culturale e sociale». Il premio,
realizzato dal giovane maestro orafo Domenico Tordo,
sarà consegnato durante una
particolare cerimonia dove
parteciperanno i vertici nazionali e regionali dell’Unpli.
Subito dopo avrà luogo una
serata di gala alla quale presenzieranno i delegati di tutte
le Pro loco calabresi, i presidenti dei comitati provinciali,
i componenti della giunta regionale dell’Unione ed il presidente nazionale Claudio
Nardocci. (ern.pas.)
Venerdì 2 Dicembre 2011 Gazzetta del Sud
42
Cronaca di Lamezia
.
Appuntamenti con la musica nella prossima settimana
In breve
Il pianista Mabern
e Dom Famularo
chiudono la stagione
di “Lamezia Jazz”
CALCIO
Traversa e Ferro
invitati al derby
Un invito al presidente della Provincia Wanda Ferro e
al sindaco di Catanzaro
Michele Traversa ad assistere al derby di domenica
Vigor-Catanzaro è stato rivolto da Gianni Speranza.
La presidente e il sindaco
del capoluogo, secondo
Speranza, hanno assicurato che faranno di tutto per
essere presenti in tribuna
al “Guido d’Ippolito” per
assistere alla partita del
campionato Lega Pro.
Il batterista calabrese Massimo Russo scelto
per la Wizdom drumshed schools italiana
CULTURA
Harold Mabern
Appuntamento col batterista e
maestro Dom Famularo previsto per martedì prossimo alle
21 all’Umberto. È un fuori programma di “Lamezia Jazz” che
invece nel cartellone prevede
per sabato sempre all’Umberto
il quartetto del pianista Harold
Mabern.
Anche quest’anno la rassegna è riuscita ad imporsi come
uno delle iniziative culturali
più importanti della regione
con i concerti di Mike Stern, Louis Haynes e Fabrizio Bosso.
Organizzata dall’associazione
“Bequadro” e dal Comune ha
conquistato grande interesse
grazie al sapiente mix d’entusiasmo e competenza nel dare
forma ad una manifestazione
nata soprattutto per diffondere
in una terra difficile il piacere
del sapere storico ed estetico legato al jazz in tutte le sue forme.
In questo ultimo appuntamento della stagione “Lamezia
Jazz” propone un pianista eccezionale come Harold Mabern
accompagnato da Piero Odorici
al sax, John Webber al basso e
alla batteria Joe Farnsworth.
La progressione artistica del
pianoforte nel jazz ha avuto
un’evoluzione costante, un’infinita ricerca di sonorità, un mo-
saico di artisti che si sono confrontati con questo strumento
ruscendo ad esprimere la loro
personalità musicale ed umana.
Il pianoforte è uno strumento
fatto di rigore e abbandono,
astrattismo e canzoni, melodia
e composizione, ritmi e non-ritmi; uno strumento eccezionale
che anche nel Jazz ha saputo
dare bellezza e profondità, leggerezza e logica.
Harold Mabern è più che mai
punto di riferimento tra i pianisti del modern jazz. La sua carriera si sviluppa intorno agli anni Cinquanta suonando con i
grandi come Miles Davis, Benny Golson, Sonny Rollins. Accompagnatore di cantanti, tra
cui Sarah Vaughan, si conferma
raffinato arrangiatore ed armonizzatore. Negli anni Ottanta
entra a far parte del gruppo del
sassofonista George Coleman.
Il batterista Dom Famularo
offre una parentesi interessante. È uno dei migliori insegnanti
di batteria al mondo, è stato il
primo batterista occidentale a
Il pianista Mabern
accompagnato da
un terzetto eseguirà
classici del jazz
tenere corsi in Cina. L'elenco
dei musicisti di fama con i quali
ha suonato è lungo, così come
quello dei luoghi in cui ha tenuto concerti. È da tempo consulente per lo sviluppo di prodotti
Vic Firth, Evans e Sabian, e sovrintende al Learning advantage program di Mapex.
La sua didattica è rinomata
per come Dom ha saputo innovare e perfezionare le tecniche
dei maestri del passato, da Buddy Rich a Joe Morello, a Jim
Chapin: sulla base del loro insegnamento, Dom ha sviluppato
tecniche avanzate di piedi e di
mani. Da citare in particolare il
perfezionamento della Moeller,
che l'ha reso famoso nel mondo. Dom ha aperto la Wizdom
drumshed schools, scuole di
percussioni affidate ai suoi allievi più promettenti in Usa, Canada, Francia e Germania. Per
questa scuola in Italia Dom ha
scelto il talento di Massimo
Russo, concertista e docente da
anni nonostante la giovane età,
che avremo modo di ascoltare
nello stesso concerto.
Russo è anche il batterista
della formazione con cui si esibisce spesso Egidio Ventura, il
pianista che guida l’associazione “Bequadro” ed è direttore artistico di “Lamezia Jazz”.
RAINBOW2 Udienza aggiornata a mercoledì prossimo
Sfilano gli avvocati difensori
davanti al Gip del Tribunale
Giuseppe Natrella
È proseguito ieri con le arringhe
di alcuni avvocati difensori il
processo a carico di 20 persone
coinvolte nel processo “Rainbow2” che hanno scelto il rito
abbreviato. Dopo l’arringa del
pubblico ministero, e le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Angelo Torcasio secondo
cui da parte della Dda di Catanzaro «ci sono dei lavori in corso»,
ieri è stata la volta degli avvocati
davanti al Gip Gloria Gori, del
Tribunale di Crotone (tutti quelli lametini sono incompatibili).
Gli avvocati Francesco Gambardella e Tiziana D’Agosto difensori di Peppino Buffone, han-
no chiesto l’assoluzione perché
l’imputato sarebbe estraneo ai
fatti che gli vengono contestati.
Gambardella ha discusso anche
per l’imputato Roberto Molinaro, ex candidato a sindaco alle
scorse elezioni. Gli altri difensori sono stati gli avvocati Aldo
Ferraro e Pino Spinelli. Al termine delle arringhe difensive il
processo è stato rinviato al prossimo 7 dicembre con la discussione di altri avvocati. I reati
contestati a vario titolo vanno
dall’estorsione ed usura ai danni
di alcuni imprenditori, truffa, favoreggiamento, rivelazione di
segreto d’ufficio.
Il pubblico ministero Luigi
Maffia chiese l’assoluzione per
Angelo Torcasio
Mike Stern
Premio “Anthurium”
al Teatro Umberto
Fabrizio Bosso
In scena il dramma della giornalista russa Politkovskaja
Con Ottavia Piccolo parte stasera
la stagione di prosa al Politeama
Ottavia Piccolo, fata del teatro
italiano, inaugura questa sera la
stagione di prosa organizzata
dal Comune al Politeama. “Donna non rieducabile” è lo spettacolo che apre il cartellone e ripropone la tragica vicenda della
giornalista russa Anna Politkovskaja, assassinata dal regime
perché ritenuta una voce scomoda.
Il regista Silvano Piccardi ha
riadattato dei brani autobiografici e degli articoli della corag-
Silvana Renna, 53 anni, e la condanna per il resto degli imputati:
Peppino Buffone, 56 anni (6 anni di reclusione); Giovanni Aloisio, 49 anni (2 anni); Domenico
Colacino, 55 anni di Tiriolo (2
anni e mezzo); Giuseppe Cugnetto Di Cello, 58 anni (9 mesi), Domenico De Marco, 40 anni
(9 mesi); Angela De Sensi, 37
anni (2 anni e mezzo); Bartolomeo Graziano, 40 anni (2 anni e
mezzo); Antonio Lo Scavo, 31
anni (4 anni); Carmela Lo Scavo, 28 anni (1 anno e 4 mesi);
Vincenzino Lo Scavo, 54 anni (8
anni); Roberto Molinaro, 47 anni (1 anno e mezzo); Emanuel
Muraca, 34 anni (1 anno); Natalina Nunziata Pascucci, 44 anni
(9 mesi); Eugenio Piccoli, 34 anni (2 anni e mezzo); Elia Procopio, 56 anni (2 anni e mezzo);
Maria Sesto, 51 anni (1 anno e
mezzo); Pietrantonio Sgrò, 55
anni (2 anni); Angelo Torcasio,
28 anni (2 anni e 4 mesi) e Maurizio Vescio, 30 anni (9 mesi).
giosa cronista a cui Ottavia Piccolo dà vita; sul palcoscenico
anche l'arpista Floraleda Sacchi
che esegue dal vivo sue composizioni. Costruito come una serie di istantanee, il percorso seguito da Anna, scandito dal particolare suono dell’arpa, viene
intensamente rivissuto dalla
protagonista. Una scena scarna,
il mutare delle atmosfere accompagnato da un gioco di luci.
Con pochi ma emblematici elementi, Ottavia Piccolo dà voce
alla determinazione ed alla dignità di una giornalista tenace
ma che alla fine è rimasta sola ed
indifesa, barbaramente uccisa
per il coraggio delle sue scelte.
L’attrice che da tempo non
calcava i palcoscenici lametini,
offre al pubblico un’interpretazione intensa e molto vissuta
della giornalista che ha lottato
fino alla morte per le sue idee. Il
lavoro teatrale in esclusiva regionale, sarà replicato anche
domani sera.(m.s.)
Stasera al Teatro Umberto
la 24esima edizione del premio “Anthurium” promosso
dal centro studi omonimo
presieduto da Francesco Ruberto. A sostenere l’evento,
oltre a Comune e Provincia,
anche la Camera di commercio del capoluogo, la casa editrice Rubbettino e le
Terme Caronte che, molto
probabilmente, il prossimo
anno ospiteranno nuovamente la manifestazione.
PALAZZO PANARITI
Primo vernissage
all’Atelier d’artista
Domani alle 18 Palazzo Panariti aprirà le porte al vernissage “Il sospiro della luce” di Francesca De Bartolo
in arte Mistral, vincitrice
con altri quattro maestri del
progetto “Atelier d'artista”
promosso dal Comune. Al
vernissage le opere più rappresentative e suggestive
della collezione Mistral, giovane ma apprezzata artista
calabro-romana, con uno
stile molto personale.
KARATE Mercuri e Di Cello parteciperanno ai Mondiali
Due medaglie d’oro nazionali
conquistate da giovani lametini
Matteo Mercuri ha conquistato
la medaglia d'oro a soli 10 anni, Martina Di Cello s’è aggiudicata il primo podio con gli
elogi del selezionatore della
Nazionale per l'ottima prestazione. Tanto che è stata convocata per la Coppa del Mondo a
Lignano Sabbiadoro in questo
weekend. Ottima prova anche
per Veronica Palmieri e Luca
De Fazio premiati con medaglia di bronzo. Si tratta di piccoli atleti lametini che hanno
sfondato nei campionati italiani di karate a Tivoli.
I giovani sono stati preparati
dal maestro Aldo Mercuri nella
palestra “Esprit” della città.
Mercuri è cintura nera sesto
I campioni lametini
dan, preparatore atletico e fisioterapista, che vanta importanti risultati nazionali e internazionali.
Il piccolo Matteo Mercuri, figlio del maestro Aldo, è il nuovo campione italiano della sua
categoria vincendo contro una
concorrenza forte e determinata, dimostrando abilità e intelligenza tecnica.
Grazie all’organizzazione
della Fik, la Federazione italiana karate guidata dal presidente Daniele Lazzarini, ai campionati nazionali di Tivoli
c’erano circa mille atleti arrivati da tutta Italia e oltre 400 società sportive iscritte. Una partecipazione che a Lignano sarà
ancora più numerosa e importante domani e domenica, ma
anche una sfida per i giovanissimi atleti lametini.
Agenda telefonica cittadina
FARMACIE DI TURNO
DIACO - Corso Numistrano - Tel.
096821068
INTERNAZIONALE - Via Marconi - Tel.
096821950
DE SANDO - Via Libertà - Tel.
0968437238
FARMACIA NOTTURNA
COTRONEO - Corso Numistrano - Tel.
096821005
GUARDIA MEDICA
NICASTRO NORD tel 096822150
NICASTRO SUD tel. 0968461584
SAMBIASE tel. 0968433491
SANTA EUFEMIA tel. 096853424
OSPEDALI
OSPEDALE CIVILE - Viale Perugini tel.
0968/2081 (centralino)
OSPEDALE CIVILE - Pronto soccorso tel.
0968/208464
OSPEDALE CIVILE - Direzione sanitaria
tel. 0968/208253
OSPEDALE CIVILE SOVERIA MANNELLI Centralino 0968662171 - Pronto soccorso 0968/662210 - 0968662222
PRONTO SOCCORSO
Tel. 0968208962 - 0968462860
POLIAMBULATORIO
NOCERA TERINESE, 0968/91107
AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE CZ
AREA LAMEZIA
N. verde Cup (Centro prenotazioni) 800
006662
Centralino 0968/2081
Direzione generale ambito
0968/208704
Sportello informazione 0968/208410
Responsabile Ufficio relazioni pubbliche
0968/208815 (anche fax)
Direttore distretto sanitario del Lametino 0968/208443
Direttore dipartimento prevenzione
0968/208421
Assistenza sanitaria di base e specialistica 0968/208419
Assistenza farmaceutica 0968/462167
Igiene e sanità pubblica (dip. prov.)
0968/208304
CENTRO TRASFUSIONALE
Numero Tel. 0968/208525
ASS.NZA TOSSICODIPENDENTI
SERT, tel. 0968208763
TRIBUNALE DEI DIRITTI
DEL MALATO
Numero tel. 0968/208625
ASSOCIAZIONE PER LA LOTTA
ALLA MUCOVISCIDOSI
Tel. 0968/439066
ASSOCIAZIONE ANTIRACKET
Tel. 329/0566908
TELEFONO AZZURRO
Linea emergenza tel. 19696 (gratuito)
Linea istituzionale tel. 051/481048
EMERGENZA INFANZIA
Tel. 114 (24 ore su 24) sulla salute psico-fisica di bambini e adolescenti in pericolo immediato.
TELEFONO AMICO
Parrocchia S. Francesco di Paola (Sambiase) tel. 0968/439020
TELEFONI UTILI
CARABINIERI comp. tel. 0968/21037
CARABINIERI soccorso pubblico tel. 112
POLIZIA tel. 0968/203211
POLIZIA pronto intervento tel. 113
POLFER tel. 0968/419292
AEROPORTO
LAMEZIA tel. 0968/414333 - 414111
POLARIA tel. 0968/419296
CINEMA
THE SPACE CINEMA
Programmazione dal 2 al 6 dicembre
Sala 1
3D «Il Re Leone» Spett sab e dom 14.15
Sala 1
3D «Happy feet 2» - Ore: 16.30 - 18.45
Sala 1
«The Twilight Saga Breaking Dawn
(Dgt)» - Spett. ore: 22 tutti i giorni. Sab. e
domenica ore 0.30.
Sala 2
«Anche se l’amore non si vede» Spett. ore: 16 sab. e dom.; 18.10 - 20.20
- 22.30 tutti i giorni. Solo sabato 0.45
Sala 3
«Midnight in Paris» - Sab e dom ore
15.45; tutti i giorni ore 17.55 - 20.05 22.15; solo sab 0.25
Sala 4
«Il giorno in più» - Spett. ore: 17 - 19.25
- 21.50 tutti i giorni. Sabato e domenica:
14.35. Solo sabato: 0.15
Sala 5
(35mm) «Happy feet 2»Sabato e Domenica 15; tutti i giorni: 17.30.
Sala 5
«The Twilight Saga Breaking Dawn» Ore: 20 - 22.30 Sabato e domenica apertura ore 14.15. Gli altri giorni apertura 16.
Venerdì 2 Dicembre 2011 Gazzetta del Sud
50
Cronaca di Vibo
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Fra il magistrato Giglio, marito dell’ex commissaria Asp, e il consigliere regionale Morelli coinvolti nell’inchiesta della Dda di Milano
Fitto scambio di sms per “sistemare” la Sarlo
Ma per il gip la spinta decisiva sarebbe arrivata dal consigliere regionale Fedele
Giuseppe Baglivo
Sarebbe stato il consigliere regionale del Pdl, Luigi Fedele, a
riuscire a far sì che Alessandra
Sarlo, moglie del giudice Vincenzo Giglio, presidente della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio, venisse nominata commissario dell’Asp di Vibo nel luglio 2010. Un incarico
mantenuto sino al gennaio scorso quando l’Asp è stata sciolta per
infiltrazioni mafiose, col ritorno
della Sarlo alla Provincia di Reggio Calabria.
Secondo la relazione della
Commissione d’accesso agli atti
dell’Asp, nominata nell’ottobre
2010, la ‘ndrangheta si sarebbe
inserita in diversi appalti
dell’Azienda sanitaria ed alcuni
dirigenti avrebbero «favorito appalti a ditte riconducibili ad
esponenti di spicco della criminalità». Tali criticità, secondo la
Commissione, sarebbero perdurate anche durante la gestione
della Sarlo. Che dietro la sua nomina si siano però mossi diversi
personaggi per scopi ben distanti
dal miglioramento dell’offerta
sanitaria, è l’inchiesta della Dda
di Milano, condotta dal pm Ilda
Boccassini, a svelarlo concretamente. Per la nomina della Sarlo
viene infatti ipotizzato il reato di
corruzione a carico del marito, il
giudice Vincenzo Giglio, e del
consigliere regionale del Pdl
Franco Morelli.
Il magistrato, «violando i suoi
doveri di imparzialità, probità ed
indipendenza, nonché il dovere
di riservatezza tipici della funzione giudiziaria» si sarebbe
messo a disposizione di Morelli
rivelandogli notizie riservate tra
cui la mancata iscrizione del politico sul registro degli indagati
per il reato di associazione mafiosa. A spedire con un fax a Morelli tale notizia riservata, secon-
do i pm, sarebbe stata Alessandra
Sarlo. In cambio, Morelli avrebbe soddisfatto «le esigenze lavorative» della moglie del giudice,
intervenendo per favorirne la nomina alla guida dell’Asp di Vibo.
L’8 giugno 2010 Franco Morelli viene quindi nominato presidente della Commissione Bilancio della Regione e le pressioni del magistrato per la nomina
della moglie si intensificano attraverso un fitto scambio di sms
in cui Giglio, il 21 maggio 2010,
chiede a Morelli se anche «Luigi
può impegnarsi in questo senso»,
con chiaro riferimento a Luigi Fedele. Firmato: «un marito stressato». Ancor più degno di nota, secondo la Dda, l’sms di risposta di
Morelli: «Con viva solidarietà maschile ci impegneremo con la forte
convinzione di riuscire. Con grande condivisione». Il 18 giugno
2010 è poi il magistrato a comunicare via sms a Morelli la probabile nomina della moglie alla guida dell’Asp vibonese. L’esultanza
di Morelli è racchiusa in un sms
che recita: «Evviva, Evviva, Evviva ex malo bonum. Un abbraccio e
gioisco insieme a voi». Un incarico, quello della Sarlo, che il gip
definisce «prestigioso e redditizio», ma anche frutto di corruzione fra Giglio e Morelli e per il quale la “spinta” decisiva sarebbe comunque arrivata dal consigliere
regionale del Pdl, Luigi Fedele.
Morelli si sarebbe però subito
preoccupato di raccogliere la
“gratitudine” della Sarlo. Preoccupazione ben compresa da Fedele, che avrebbe così rassicurato l’amico Morelli: « io le ho detto
che ti sei messo totalmente a disposizione e lei ha apprezzato». Nella
serata del 12 luglio 2010 arriva la
nomina tanto attesa. La Sarlo «è
sistemata», afferma Fedele. Fatto
che viene commentato da Morelli, scrive il gip, «con la fine tribolazione: “Deo gratias”».
L’ex commissaria dell’Asp, Alessandra Sarlo
GARUFI: NON SI TRATTA DI MELE MARCE MA È L’INTERO CESTO CHE VA CAMBIATO
Malaffare, la Cgil sprona la società civile a reagire
Operazione Ragno, dopo 4 giorni
si costituisce Fabio Buttafuoco
Fabio Buttafuoco
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La sede dell’Azienda sanitaria provinciale
CONFERENZA STAMPA
tualmente “all’appello” manca
soltanto Francesco Parrotta, 28
anni di Ionadi. Quest’ultimo,
insieme a Buttafuoco che mercoledì sera si è però costituito,
il 26 novembre scorso è riuscito
a sfuggire alla cattura.
Secondo quanto emerso dalle indagini, condotte dai militari della Stazione di Vibo,
coordinati dal luogotenente
Nazzareno Lopreiato, la cosca
dei Soriano di Filandari avrebbe compiuto, in quattro anni,
una cinquantina di attentati
(soprattutto incendi) e cento
intimidazioni. Nel mirino del
gruppo, che si sarebbe avvalso
della forza intimidatrice e delle
modalità mafiose, oltre a imprenditori e commercianti sarebbero finiti anche esponenti
delle forze dell’ordine e giornalisti.
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SAN GREGORIO D’IPPONA 261483
SAN NICOLA DA CRISSA, 73013
SANT’ONOFRIO tel. 267214
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SIMBARIO-SPADOLA tel. 74776
SORIANO CALABRO tel. 351433
SPILINGA tel. 65500
STEFANACONI tel. 508637
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VIBO VALENTIA MARINA tel. 572621
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ZUNGRI tel. 664404
Oggi alle 17 in via Sacra Famiglia nell’Istituto di Scienze
religiose S. Giuseppe Moscati sarà inaugurato il circolo
Acli “Don Luigi Sturzo”.
All’iniziativa parteciperà Gaspare Sturzo pronipote dello
stesso don Sturzo. Tema:
“Luigi Sturzo e il ruolo dei
cattolici nella prospettiva del
terzo millennio”. Modererà il
giornalista Nicola Rombolà.
La precisazione arriva direttamente alla Drusal Calcestruzzi di Lamezia Terme.
L’azienda in questione non è
fallita come erroneamente riportato nell’articolo di ieri
pubblicato a pag. 44. L’articolo dava notizia di un procedimento penale a carico di
due presunti estorsori ai danni della Drusal Calcestruzzi.
Il giovane si presenta ai carabinieri della Stazione di S. Costantino
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Oggi l’inaugurazione
del nuovo Circolo Acli
«Drusal Calcestruzzi
non è fallita»
dell’ordine, imprenditori e
mafiosi che dominano tutto
ciò che dipende dalla mano
pubblica. Dal controllo delle
istituzioni regionali, alla sanità, a settori decisivi dell’economia».
Un quadro preoccupante la
cui lettura, per il segretario
della Cgil, non può limitarsi al
dire che si tratta di “mele marce”. «Ormai è chiaro – sottolinea – che è il cesto che va cambiato per evitare che il marciume regni incontrastato. È
dunque finito il tempo del silenzio e dell’acquiescenza.
dell’operazione, hanno sistematicamente fatto terra bruciata intorno a lui perquisendo
e controllando abitazioni e proprietà di amici e parenti.
Fabio Buttafuoco si trova ora
rinchiuso nel carcere di Catanzaro in attesa della convalida
del provvedimento di fermo
emesso dalla Dda. Associazione di tipo mafioso, estorsione,
danneggiamento, minaccia, incendio, detenzione e porto di
armi ed esplosivi i reati contestati ai dieci indagati coinvolti
nell’operazione “Ragno”. At-
ISTITUTO SCIENZE RELIGIOSE
LA PRECISAZIONE
La recente operazione della
Dda e gli arresti sull’asse Lombardia-Calabria, per il segretario generale della Cgil,
Franco Garufi, fanno emergere con forza – «tanto che anche chi si ostina a non voler
vedere non può fare a meno di
constatarlo» – il sistema di potere diffuso e capillare «che
inquina la vita economica, politica e sociale di vasti territori
della nostra regione». Per Garufi è evidente l’intreccio «apparentemente inestricabile,
tra politici di rango, magistrati, esponenti delle forze
Si è consegnato nella tarda serata di mercoledì ai carabinieri
della Stazione di San Costantino Calabro, Fabio Buttafuoco,
22 anni, sfuggito alla cattura
nel corso dell’operazione “Ragno”, portata a termine qualche giorno fa dai militari della
Compagnia di Vibo Valentia
contro la cosca Soriano di Filandari.
Il giovane, secondo gli inquirenti, è stato spinto a consegnarsi dalla pressione esercitata su di lui dagli uomini della
Benemerita che, dal giorno
In breve
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Questa è la stagione dell’assunzione delle responsabilità
e dell’impegno di ciascuno per
spezzare i meccanismi che
contribuiscono alla vischiosità della situazione calabrese».
E nel rilevare che la somma
delle ultime inchieste delinea
una situazione «di diffusa illegalità nel Reggino e nel Vibonese, dove una percentuale significativa dei rapporti politici, sociali ed economici appare regolata dall’intermediazione mafiosa», Garufi ritiene
che la questione investa «di-
rettamente il governo di centrodestra della Regione e il
presidente Scopelliti non può
continuare a fare finta di niente». Al tempo stesso nel ribadire che non si può affidare
solo all’autorità giudiziaria e
agli apparati repressivi il compito di ripulire il territorio dal
malaffare, Garufi sprona la
società civile «a schierarsi nella lotta per la liberazione della
Calabria dalla malapolitica,
dalla ‘ndrangheta e dall’economia illegale. La Cgil farà fino in fondo la sua parte».
(m.c.)
Idv conferma la sua
capacità di coesione
Oggi alle 11 nella sede provinciale di Italia dei valori
in via E. Gagliardi, 76 alla
presenza della senatrice
Giuliana Carlino e dei vertici locali e regionali del
partito (De Masi, Giordano,
Talarico, Tromba e Servello) si terrà la conferenza
stampa che annuncierà
l’adesione del sindaco di
Francavilla Angitola, Carmelo Nobile (nella foto), a Idv.
CASO CUTRUPI La decisione del gup
Falsificazione
della cartella clinica
Medico a giudizio
Falsificazione della cartella clinica di Domenico Cutrupi, 52
anni, deceduto il 10 gennaio
2009. Questa la contestazione
costata al dottore Francesco
Lombardi Satriani, 74 anni, medico di guarda dell’unità di chirurgia generale dell’ospedale
“Jazzolino” il rinvio a giudizio
deciso dal gup Lucia Monaco al
termine dell’udienza preliminare.
Secondo le indagini condotte
dal pm Michele Sirgiovanni, il
medico «al fine di assicurare a sé
o ad altri, l’impunità per il reato
di omissione nell’esercizio delle
funzioni, alterava la cartella clinica redatta presso l’Asp relativa
al ricovero del paziente».
La vicenda è approdata dinanzi al gup dopo un precedente rinvio a giudizio del professionista (29 settembre 2010),
per il reato di omissione di atti
d’ufficio in relazione alla stessa
vicenda (il processo è ancora in
corso). Sempre il 29 settembre
2010 il gup aveva però disposto
la trasmissione degli atti al pm
per procedere contro il medico
in ordine alla supposta falsificazione della cartella clinica che
sarebbe stata alterata con l’aggiunta della frase: «h 4,00 condizioni stazionarie e migliorate». Tale presunta falsificazione
sarebbe stata commessa al fine
di «occultare il reato di omissione e rifiuti in atti d’ufficio in ordine all’intervento richiesto tramite il personale infermieristico
di turno».
Secondo la ricostruzione del
COMITATO PROVINCIALE CONI
La Santa Messa
degli sportivi
Domani alle 17,30 nella cattedrale di Nicotera sarà celebrata dal vescovo della
Diocesi mons. Luigi Renzo
la Santa Messa degli sportivi
organizzata dal Comitato
provinciale del Coni. L’iniziativa ideata da Rocco Cantafio (presidente provinciale
Coni) vuole essere segno di
legame e di collaborazione.
UNIONE CIECHI
Disabili e tagli
del Governo
Domenico Cutrupi
pm Sirgiovanni, nel dicembre
2008 Domenico Cutrupi, malato terminale, si era ricoverato allo “Jazzolino”, poi era stato dimesso ed il 3 gennaio 2009 era
stato nuovamente ricoverato.
La notte del 9 gennaio, però, la
somministrazione al paziente di
alcuni antidolorifici, ai quali sarebbe stato allergico, avrebbero
causato un peggioramento delle
condizioni. Il 10 gennaio, quindi, il decesso. Il dott. Lombardi
Satriani è difeso dagli avv. Gaetano Scalamogna e Vincenzo De
Fina, mentre i familiari di Cutrupi – la moglie Maria Rosa Luzza,
vice prefetto di Vibo, e la figlia
Alessandra Cutrupi – si sono costituite parti civili con gli avv.
Francesco Tassone e Francesco
Iannello. Il processo si aprirà il
26 gennaio prossimo.(g.b.)
Le conseguenze per i disabili
derivanti dai tagli previsti
dal Ddl 4566 sarà l’argomento al centro del convegno che
si svolgerà domani alle 9,30
nella sede dell’Archivio di
Stato a cui parteciperà Raffaele Blandino (Cisl) e l’avv.
Rognetta che relazionerà sul
tema dei tagli del Governo in
materia di disabilità. Nel corso dell’iniziativa si aprirà un
confronto con le forze politiche, sindacali e sociali.
51
Gazzetta del Sud Venerdì 2 Dicembre 2011
Vibo - Provincia
.
SAN CALOGERO A distanza di circa cinque mesi i Carabinieri sono riusciti a dare un nome e un volto ai presunti autori dell’efferato delitto
In tre accusati di aver ucciso Isabella Raso
In carcere nella giornata di ieri sono finiti Domenico Grillo, Luigi Zinnà e Francesco Todarello
Guido Galati
SAN CALOGERO
Il cerchio gli investigatori
dell’Arma, coordinati dal sostituto procuratore Vittorio Gallucci,
l’hanno chiuso nella giornata di
ieri, mettendo un punto fermo
sulla sconvolgente vicenda
dell’uccisione di Isabella Raso, la
donna cinquantenne morta soffocata durante un tentativo di rapina avvenuto nella sua abitazione di via Tommaso Campanella
nelle notti precedenti il 16 luglio
scorso.
I suoi presunti assassini, a distanza di circa cinque mesi dal
delitto, hanno, finalmente, un
nome e un volto. A uccidere la poveretta, che dopo la morte dei genitori viveva da sola nella casa
paterna, sarebbero stati Domenico Grillo, 21 anni, Luigi Zinnà, 25
anni, di Calimera, e Francesco
Todarello, operaio edile, 45 anni.
Gli arresti sono stati eseguiti,
in esecuzione di un ordine di carcerazione emesso dalla Procura
di Vibo Valentia, dagli uomini del
maresciallo Salvatore Scalzone,
comandante della stazione
“Achille Mazza”, e dai colleghi
della Compagnia di Tropea, personalmente diretti dal capitano
Francesco Di Pinto, in due fasi diverse. Grillo, trovato, peraltro, in
possesso di una pistola giocattolo con relative munizioni a salve,
è stato ammanettato nella casa
dei genitori alle prime luci
dell’alba, mentre gli ultimi due
nel tardo pomeriggio dopo che,
da opportune e ulteriori verifiche, erano emersi gravi indizi di
colpevolezza, forse una chiamata in correità da parte di Grillo.
Secondo quanto riferito dai
Carabinieri, Todarello, che poco
prima aveva prelevato da un suo
libretto di risparmio una consi-
stente somma di danaro, stava
preparando la valigia con la chiara intenzione di tagliare la corda.
Pesante il capo d’imputazione di
cui dovranno dar conto: omicidio e rapina aggravati in concorso.
A incastrare il terzetto, oltre
all’attività investigativa svolta
dai Carabinieri del Sis del Comando provinciale, è stato il Dna
maschile estrapolato dagli specialisti del Ris di Messina da un
brandello di cute rinvenuto dal
medico legale Katiuscia Bisogni
nelle unghie della vittima e risultato coincidente con quello del
più giovane degli indiziati.
Un impulso alle indagini è stato anche offerto dal lavoro d’intelligence svolto dai Carabinieri
della locale Stazione che, da subito, hanno puntato la loro attenzione su un bar del luogo, monitorandolo costantemente e riuscendo ad acquisire elementi utili alla soluzione del caso.
Nel corso della conferenza
stampa, dove sono stati illustrati
i particolari dell’operazione, presenti il sostituto Gallucci, il comandante provinciale dell’Arma, tenente colonnello Daniele
Scardecchia, il capitano Francesco Di Pinto e il maresciallo Salvatore Scalzone, il procuratore
capo, dottor Mario Spagnuolo,
nel dichiarare la sua soddisfazione per essere riusciti a mettere le
mani sulla banda di criminali, ha
esaltato l’azione portata avanti
con particolare professionalità
dai carabinieri della Stazione,
l’impegno del medico legale Katiuscia Bisogni, che ha dato fondo a tutta la sua dote di conoscenze scientifiche per mettere gli inquirenti sulla pista giusta, e del
suo sostituto Vittorio Gallucci
che ha coordinato le indagini appare particolarmente complesse
fina dalle prime battute. LA VICENDA
Soffocata
durante
un tentativo
di rapina
SAN CALOGERO. La triste vi-
Il maggiore Vittorio Carrara, il procuratore Mario Spagnuolo, il tenente colonnello Daniele Scardecchia, e il capitano Francesco Di Pinto (nel riquadro Domenico Grillo)
LA PERQUISIZIONE CONDOTTA A CASA DEI GENITORI DI UNO DEGLI ARRESTATI
Nascondeva una pistola e un coltello sotto il letto
SAN CALOGERO. Le indagini
sull’omicidio di Isabella Raso
hanno avuto un’appendice a
San Vito sullo Ionio, centro della provincia di Catanzaro. I Carabinieri hanno, infatti, bussato
alla porta di Salvatore Grillo, 51
anni, allevatore, padre di Domenico per completare il loro
lavoro con la perquisizione
dell’abitazione. I militari pensavano di trovare elementi che
potessero in qualche modo supportare il lavoro investigativo
che aveva condotto all’indivi-
duazione di uno dei presunti
autori dell’omicidio.
Sotto il letto dove l’uomo dormiva, i Carabinieri hanno rinvenuto una pistola e un coltello di
genere vietato, la prima detenuta senza autorizzazioni perchè clandestina. Per questo motivo, anche Grillo padre è stato
tratto in arresto. I Carabinieri
hanno tenuto a precisare
l’estraneità di Salvatore Grillo
rispetto ai reati, ben più gravi,
che sono invece contestati al figlio.
Salvatore Grillo dovrà infatti
difendersi dall’accusa di detenzione illegale di armi. Lo stesso,
dopo le rituali formalità di legge, è stato associato alle carceri
di Vibo Valentia e messo a disposizione dell’autorità giudiziaria. Sarà sentito dai magistrati, alla presenza del suo legale, nelle prossime ore. Accertamenti, nel frattempo, sono
stati disposti sull’arma ritrovata
sotto il letto per capire se sia stata utilizzata in qualche fatto di
sangue. (g.g.)
Salvatore Grillo
cenda, che all’epoca suscitò
l’unanime sdegno e la netta
condanna della cittadinanza
sancalogerese, risale allo scorso 16 luglio, giorno in cui il
maresciallo Salvatore Scalzone, allertato dai vicini di casa,
che da qualche giorno avevano perso di vista la povera Isabella Raso e notato l’ingresso
secondario socchiuso e mancante del cilindretto della serratura, accertò cos’era effettivamente accaduto nei giorni
in cui la donna era scomparsa.
Ignoti criminali si erano introdotti nell’abitazione della
donna e, prima di rovistare
nell’armadio e d’impossessarsi di parte del danaro contante, di preziosi e di titoli di credito ivi custoditi, per ridurla
all’impotenza e non farla gridare l’avevano legata e imbavagliata, stringendole attorno
alla bocca e al naso uno straccio, una manovra maldestra
che ne decretò il decesso per
soffocamento.
Il delitto, che seguiva una
serie di rapine e di scippi che si
erano consumati nel comprensorio nell’arco di qualche
giorno, suscitò subito grande
impressione tra la popolazione che temeva di non essere
più al sicuro neanche tra le
mura di casa. Ora l’attesa svolta nelle indagini. (g.g.)
MILETO La commissione di accesso agli atti ha ottenuto una proroga di 90 giorni
SERRA SAN BRUNO Argomento discusso anche in consiglio
L’ispezione ai tempi supplementari
Ordine pubblico e atti vandalici,
allarme alto ma non c’è emergenza
Lidia Ruffa
MILETO
Sono stati prorogati di altri novanta i giorni i termini a disposizione della commissione d’accesso agli atti, per concludere
l’indagine ispettiva, avviata a
fine agosto, all’interno del comune di Mileto. La comunicazione da parte dell’ufficio territoriale del governo di Vibo Valentia, è arrivata ieri mattina.
La decisione anche se ha lasciato un po’ d’amaro in bocca,
non ha del tutto stupito gli amministratori comunali, dato
che in altri comuni del territorio provinciale, sottoposti alla
medesima indagine, la commissione ha avuto bisogno di
ulteriori mesi a disposizione
Il municipio di Mileto
per concludere il proprio lavoro.
A Mileto quindi, si continuerà ad amministrare nonostante
pesi come un ghigliottina sulle
spalle dei consiglieri, il giudizio
della commissione d’accesso
agli atti.
Dal canto suo, il sindaco Vincenzo Varone, continua a dirsi
asereno ed estremamente fiducioso nel lavoro che gli inquirenti stanno portando avanti,
all’interno degli uffici comunali. Ogni atto da noi prodotto –
ha ribadito – è assolutamente
trasparente e scevro da qualsiasi tipo di condizionamento».
All’orizzonte dunque per
l’amministrazione comunale
targata Varone, si profila un
percorso del tutto insidioso.
I motivi che hanno portato la
Prefettura di Vibo Valentia ad
inviare la commissione d’accesso a Mileto, ancora non si conoscono, certo è che l’organo
ispettivo ha il preciso compito
di verificare che all’interno
dell’ente comunale nessuno
documento sia stato prodotto
in base a condizionamenti di tipo mafioso.
Anche il gruppo di minoranza, capeggiato da Francesco
Maria Pititto, nel corso dell’ultima seduta consiliare ha precisato che disconoscendo i motivi
che hanno portato all’insediamento della commissione a Mileto, i quattro consiglieri, tra le
fila del Pdl, hanno deciso di
non essere ascoltati dagli inquirenti. SERRA SAN BRUNO Manifestazione di protesta promossa dai comitati civici
Ospedale, oggi l’esodo verso Reggio Calabria
SERRA SAN BRUNO. Centinaia
di persone, oggi, davanti la sede del Consiglio regionale della Calabria, nella città dello
Stretto. Gli autobus che trasportano i manifestanti partono stamattina, alle 7.30, da
piazza Pasquale Tozzo, equipaggiati di tutto punto per
portare la protesta in favore
del diritto alla salute nel luogo
più appropriato e direttamente al cospetto dei consiglieri
regionali di qualsiasi colore
politico, purché sensibili al
grido di aiuto delle popolazioni delle aree interne.
In testa ai manifestanti i comi-
tati civici dei comuni di Serra
San Bruno, Soveria Mannelli,
Acri e San Giovanni in Fiore,
tutti interessati al mantenimento in funzione degli
“ospedali di montagna” per i
quali si reclama il potenziamento e lo stop ai continui tagli che li hanno ormai ridotti a
semplici postazioni sanitarie,
prive dei reparti essenziali e
messi sull'orlo della totale
chiusura.
Già nel pomeriggio di ieri
era stata fatta, in sordina, la
prova generale. Striscioni,
manifesti, slogan e gli immancabili fischietti erano stati pre-
parati e distribuiti a tutti i partecipanti. Le adesioni per
prendere parte alla manifestazione sono state raccolte fino
all’ultimo minuto e già in serata si cominciavano ad avere
problemi di posti a sedere sugli autobus che, all’ultimo momento sono aumentati di numero.
L’appuntamento è per tutti
alle 10, a Reggio dove è in programma la seduta del Consiglio regionale della Calabria
per discutere di sanità. I comitati civici sono intenzionati fino in fondo a far sentire la
propria voce e quella di oggi
ha il carattere di una vera e
propria mobilitazione generale che vede coinvolti quattro
grossi comuni dove, nei mesi
scorsi, sono state effettuate
svariate manifestazioni di protesta sotto l’egida dei vari comitati, sorti in forma spontanea per la difesa del diritto alla salute dei cittadini in ognuno di questi centri. Se la manifestazione di oggi davanti la
sede del Consiglio regionale
non dovesse sortire l’effetto
sperato, sono in programma
altre iniziative che verranno
messe in atto in forma più incisiva e radicale. (f.o.)
Francesca Onda
SERRA SAN BRUNO
«Qui la ‘ndrangheta non entra»:
è questo lo slogan da esporre a
caratteri cubitali all’entrata del
Comune. La proposta è partita
dal consigliere di minoranza
Raffele Lo Iacono, nel corso della
discussione sul primo punto
iscritto all’ordine del giorno della seduta del Consiglio comunale che si è svolta nella sala delle
riunioni del palazzo Chimirri,
regolarmente convocata dal presidente Giuseppe De Raffele.
Ad aprire l’argomento è stato
il sindaco Bruno Rosi il quale ha
espresso solidarietà alle persone
prese di mira negli ultimi eventi
criminosi verificatisi nella cittadina. «Gli episodi accaduti in
questo ultimo periodo – ha detto
Rosi – ci devono far riflettere. Sono atti che non possono passare
inosservati e per questo noi come maggioranza abbiamo ritenuto opportuno aprire un dibattito in Consiglio su un tema importante come la legalità e la
pubblica sicurezza».
Alle parole del primo cittadino hanno fatto seguito quelle del
consigliere Rosanna Federico
(Pd). «Occorre distinguere – ha
detto – il problema della legalità
da quello del vandalismo. Nel
nostro centro mancano punti di
aggregazione e adeguate strutture formative». D’accordo con
la Federico anche il consigliere
Mirko Tassone che ha invitato
l’amministrazione comunale ad
attivarsi per creare le strutture di
cui il territorio è carente. Dal
consigliere Salerno è, poi, partita la proposta di elaborare un do-
La seduta di mercoledì scorso del consiglio comunale
cumento da presentare al Prefetto di Vibo Valentia evidenziando, oltre la solidarietà del Consiglio a chi è stato colpito da queste
azioni, la condanna di questi episodi, integrando nello stesso documento anche le proposte suggerite dalla minoranza. «Quanto
è accaduto – ha detto Salerno – è
allarmante, ma si deve dare il
giusto peso a questi episodi anche perché abbiamo forze
dell’ordine molto qualificate
nello svolgere il loro lavoro in
modo meticoloso e diligente».
Il Consiglio è passato, quindi,
all’esame dei successivi cinque
punti dell’ordine del giorno riguardanti le sentenze emesse
dal giudice di pace in ordine al
pagamento da parte del Comune
di danni contro terzi, computati
nei debiti fuori bilancio. A parere
del consigliere Salerno, questi
danni avrebbero dovuti essere
pagati dal Comune una volta ac-
certata la propria responsabilità
senza andare in contenzioso aggravando ancora di più le spese.
«Occorre – ha evidenziato Salerno – fissare un metodo di accertamento da affidare agli uffici ed
evitare contenziosi in cui il Comune ne esce soccombente».
Dopo aver rinviato l’argomento sull'approvazione del regolamento per l’istituzione e il
funzionamento del Consiglio tributario, il civico consesso ha ratificato alcune delibere di giunta
relative a all’inserimento nei
prospetti contabili dei contributi
regionali assegnati per la recente visita del Papa.
Discussione accesa tra maggioranza e minoranza sull'assestamento generale al bilancio di
previsione 2011. L’argomento,
tuttavia, è stato approvato con i
voti determinanti del Pdl che ha
rigettato le argomentazioni
dell’opposizione.