Corte d`Appello di Torino, I sezione civile, sentenza 23

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Corte d`Appello di Torino, I sezione civile, sentenza 23
Corte d’Appello di Torino, I sezione civile, sentenza 23 gennaio 2008
(c.c. 5 dicembre 2007)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI TORINO
sezione prima civile
riunita in camera di consiglio in persona dei seguenti Magistrati:
dott. Enzo Troiano Presidente
dott. Massimo Macchia Consigliere
dott. Giacomo Stalla Consigliere est.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel procedimento civile di opposizione ex art. 187 septies, 4° co., d.lvo 24.2.98 n. 58 e succ. mod.,
iscritto al n. ….; udienze di discussione del … e del …; promosso da:
(A) s.p.a., con sede in …, in persona del Vicepresidente e legale rappresentante …, el. dom.to in …,
presso lo studio dell'avv. … che lo rappresenta e difende nel presente giudizio, con l'avv. …, per
delega … in calce al ricorso in opposizione;
ricorrente
nei confronti di:
Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (CONSOB), con sede in Roma, in persona del
Presidente e legale rappresentante …, el. dom.to in …, presso lo studio dell'avv. …; rappresentato e
difeso in giudizio dagli avv.ti …, come da delega a margine della memoria costitutiva …;
resistente
con l'intervento del Procuratore Generale.
CONCLUSIONI DELLE PARTI
per la ricorrente
in principalità, dichiararsi l'illegittimità del provvedimento opposto e, per l'effetto, provvedersi al suo
annullamento e/o alla sua revoca, ovvero darsi atto della sua inefficacia, indipendentemente dal
merito;
in subordine, dichiararsi non dovute le sanzioni applicate;
in ulteriore subordine, ridursi l'entità delle sanzioni applicate secondo quanto paia di giustizia e che qui
si propone nel minimo edittale;
in ogni caso, con vittoria di spese ed onorari.
per la resistente
contrariis rejectis;
provvedere alla reiezione del ricorso in opposizione, in quanto destituito di qualsivoglia fondamento.
Vinte le spese.
per il Procuratore Generale
respingersi il ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.1 Con ricorso depositato il …, la (A) s.p.a., in persona del legale rappresentante, proponeva
opposizione ai sensi dell'articolo 187 septies d.lvo 24 febbraio 1998 n. 58 e succ. mod. (TUF) avverso
la delibera n. … del …, notificata il …, con la quale la Commissione Nazionale per le Società e la
Borsa (CONSOB), ritenutala responsabile in solido, ai sensi dell'articolo 6, comma 3, della legge
numero 689/81, per la violazione dell'articolo 187 ter, comma 1, del decreto legislativo 24 febbraio
1998 n. 58, da parte dei signori … e …, nonché responsabile per fatto proprio, in relazione ai
medesimi fatti e con riguardo alle medesime persone fisiche, ai sensi dell'articolo 187 quinquies TUF,
le ingiungeva di pagare l'importo complessivo di € 4.500.000,00 quale obbligato in solido, ai sensi
dell'articolo 6, comma 3, della legge 689/81, al pagamento delle sanzioni applicate nei confronti dei
signori … e …, in relazione alla diffusione da parte della medesima (A) s.p.a. del comunicato stampa
del … nonché di pagare l'ulteriore importo di € 4.500.000,00 per la sanzione applicatale ai sensi
dell'articolo 187 quinquies TUF.
1.2 Esponeva che: a) (A) era una società quotata in borsa avente natura di holding finanziaria
esercitante il controllo di (B) s.p.a. mediante una partecipazione di poco superiore al 30 %,
rappresentante un investimento pari a circa il 62 % di tutti gli immobilizzi finanziari di (A) stessa; la
società era controllata di diritto, per una quota di oltre il 65 % delle azioni ordinarie, da altra holding
finanziaria, la (C) s.p.a., a sua volta controllata in maniera totalitaria dalla (E) s.a.p.a.; tra le varie
partecipazioni di quest'ultima, vi era quella di controllo nella società lussemburghese (D) s.a., subholding finanziaria preposta ad investimenti ed operazioni finanziarie a breve/medio termine per conto
del gruppo (D); b) all'interno di questo, il … operava quale "principale punto di riferimento", rivestendo
(al momento del fatto in contestazione) le cariche di presidente del consiglio di amministrazione di (A)
ed (C), presidente del consiglio degli accomandatari di (E), presidente del consiglio di amministrazione
di (D); direttore generale di (C) era il …, altresì procuratore di (E) e consigliere di amministrazione,
senza poteri esecutivi, di (D); l' … svolgeva da decenni il ruolo di legale di riferimento del gruppo … e,
alla data del fatto in contestazione, rivestiva la qualità di consigliere di amministrazione, senza poteri
operativi, di (C), (A) ed (D); c) nel …, (B) aveva contratto con un pool di banche un finanziamento per
complessivi € 3 miliardi; si era previsto che, qualora il finanziamento non fosse stato restituito alla
scadenza stabilita del …, le banche avrebbero obbligatoriamente trasformato il loro finanziamento
(chiamato, per questa ragione, "convertendo") in azioni ordinarie (B); a causa della grave crisi che
aveva colpito quest'ultima in quegli anni (il che aveva comportato, tra il resto, una drastica diminuzione
del valore delle azioni che era arrivato, nell' …, a scendere addirittura al di sotto del valore nominale di
5 euro), era dato per scontato che, alla suddetta scadenza del …, il "convertendo sarebbe stato
convertito" con quanto ne conseguiva, da un lato, sulla diminuzione per € 3 miliardi dell'indebitamento
di (B) e, dall'altro, sulla "diluizione" del peso della partecipazione dei precedenti azionisti, prima fra tutti
la stessa (A); la quale, se non avesse partecipato alla sottoscrizione del contestuale aumento di
capitale né avesse comperato nuove azioni ordinarie sul mercato, sarebbe scesa dalla tradizionale
quota di controllo di poco superiore al 30 % del capitale ordinario a quella di circa il 22 % (a fronte di
una percentuale azionaria ordinaria delle banche subentranti attestantesi complessivamente intorno al
28 %); pur essendosi registrata una vivace ripresa della quotazione del titolo (B) a partire dall'ultima
decade dell' … (grazie alle prospettive di ristrutturazione e ripresa industriale impresse
dall'amministratore delegato …), con raggiungimento nell' … del valore di 7 euro per azione, il prezzo
di emissione delle nuove azioni ordinarie alla scadenza del "convertendo" (poi risultato di 10,28 euro)
sarebbe comunque rimasto alquanto più elevato del valore di borsa, in quanto convenuto nella media
aritmetica fra € 14,4409 e la media ponderata dei prezzi ufficiali di borsa nei sei mesi precedenti
all'aumento di capitale; d) il ..., dopo alcune sedute di borsa nelle quali erano state scambiate
importanti quantità di azioni ordinarie (B) ed allorché si erano diffuse voci ed ipotesi di stampa in
ordine ad un rafforzamento della quota di (A) in (B), la CONSOB (anche in vista dell'avvicinarsi della
scadenza del "convertendo") aveva comunicato ad (A), a (E) ed a (B) quanto segue: "Si fa riferimento
all'andamento delle quotazioni ed ai rilevanti volumi scambiati delle azioni emesse da (B) S.p.A. nelle
ultime sedute di mercato. Si fa riferimento, inoltre, alle ipotesi di stampa diffuse in data … riguardanti
'un rafforzamento della quota di (A) in vista del prestito convertendo da 3 miliardi'. Al riguardo, ai sensi
della normativa richiamata in oggetto, si chiede di diffondere senza indugio, con le modalità previste
dall'articolo 66 del Regolamento CONSOB 11971/1999, un comunicato stampa contenente
informazioni in merito ad eventuali iniziative intraprese e allo studio in relazione alla prossima
scadenza del citato prestito convertendo, nonché ad eventuali nuovi fatti rilevanti riguardanti la sfera
societaria e comunque ogni notizia utile a spiegare il citato andamento delle quotazioni dei titoli
emessi dalla medesima società. Resta comunque inteso che, qualora codeste società ritenessero di
non disporre di alcun elemento utile a spiegare il detto andamento delle quotazioni, anche tale notizia
dovrà costituire oggetto di comunicazione al pubblico"; e) il successivo …, (A) aveva emesso il
comunicato stampa che segue: "Su richiesta della CONSOB, ai sensi dell'articolo 114, comma 5 del
decreto legislativo 58/1998, con riferimento all'andamento delle quotazioni ed ai rilevanti volumi
scambiati delle azioni emesse dalla (B) spa nelle ultime sedute di mercato, nonché alle ipotesi di
stampa diffuse in data … riguardanti 'un rafforzamento della quota di (A) in vista del prestito
convertendo da € 3 miliardi', (A) precisa di non aver intrapreso né studiato alcuna iniziativa in
relazione al prestito convertendo e ribadisce di non disporre di alcun elemento utile a spiegare tale
andamento, né di informazioni relative a nuovi fatti rilevanti che possano avere influito sull'andamento
stesso. Peraltro (A), ribadendo quanto già espresso in sede di assemblea degli azionisti del …,
conferma l'intenzione di rimanere azionista di riferimento di (B). Al riguardo (A) valuterà eventuali
iniziative al momento opportuno". Lo stesso giorno, (E) aveva emesso un comunicato di conferma di
quanto così rappresentato da (A); (B), a sua volta, aveva emesso un comunicato stampa precisando
di non avere elementi utili o informazioni relative a nuovi fatti rilevanti tali da influire sulle quotazioni; f)
il …, la Divisione Mercati e Consulenza Economica della CONSOB aveva avviato procedura di
contestazione ai sensi dell'articolo 187 septies TUF (notificata il …) sull'assunto che: "i comunicati del
… pubblicati da (A) spa e da (E) contengono una rappresentazione falsa della situazione esistente
all'epoca in cui la CONSOB ne ha sollecitato la pubblicazione"; non essendo veritieri nella parte in cui
avevano dichiarato che non era stata "intrapresa nè studiata alcuna iniziativa in relazione alla
scadenza del prestito convertendo"; la contestazione raggiungeva il …, il … e l' …, nelle suddette
qualità, in quanto tutti e tre "coinvolti nel processo di redazione e diffusione dei comunicati del …",
nonché consapevoli di un progetto che avrebbe portato ad una "consegna fisica di azioni (B)
esattamente alla data in cui sarebbe stato effettuato l'aumento di capitale sociale di (B) a servizio del
'convertendo'" per la quantità necessaria e sufficiente a mantenere la partecipazione di (A) in (B) entro
la precedente soglia di controllo di poco superiore al 30 %; g) la contestazione, secondo la quale le
comunicazioni del … sarebbero state, oltre che inveritiere, anche "concretamente idonee ad
influenzare sensibilmente il prezzo delle azioni (B)", presupponeva la violazione, nella specie,
(indipendentemente dalla configurabilità del reato di cui all'articolo 185, primo comma TUF)
dell'articolo 187 ter, primo comma, TUF (manipolazione del mercato), comminante la sanzione
amministrativa pecuniaria da € 20.000 ad € 5 milioni – salve le sanzioni penali quando il fatto
costituisse reato – a "chiunque, tramite i mezzi di informazione diffonde informazioni (…) o notizie
false o fuorvianti che forniscano o siano suscettibili di fornire indicazioni false ovvero fuorvianti in
merito agli strumenti finanziari"; h) la contestazione aveva raggiunto anche (A) e (E), sia perché
ritenute obbligate in solido al pagamento della sanzione amministrativa irrogata alle persone fisiche
loro rispettivamente riferibili (… e … per (A); … e … per (E)) ai sensi dell'articolo 6, comma 3, legge
689/1981 (responsabilità per fatto altrui), sia perché ritenute responsabili ai sensi dell'articolo 187
quinquies, 1° comma, lettera a) TUF in rapporto all'articolo 187 ter, primo comma, TUF (responsabilità
per fatto proprio: colpa in organizzazione, con richiamo alla disciplina dì cui al d.lvo 231/01); i) in esito
ad attività istruttoria, concretatasi anche nella presentazione di deduzioni difensive, nella audizione
delle persone-fisiche incolpate, nell'acquisizione progressiva di varia documentazione - tra cui un
archivio di oltre 12.000 e-mail di provenienza … (banca d'affari anglosassone indirettamente coinvolta
nella vicenda in quanto controparte contrattuale della (D), come meglio si dirà) - la procedura interna
di contestazione si era trasferita (…) dalla Divisione Mercati all'Ufficio Sanzioni (avanti al quale si era
tenuta, l' …, l'ultima audizione dell' …), per poi culminare nella delibera sanzionatoria CONSOB n. …
del …, notificata il …, qui opposta; l) a detta di CONSOB, il nucleo fondamentale della contestazione
concerneva il fatto che alla data del …, contrariamente a quanto dichiarato nei comunicati in oggetto
(v. delibera impugnata, pagina 3), "era già stato studiato ed era già in corso di attuazione il progetto
finalizzato a conservare al 30 % la partecipazione di (A) in (B), contestualmente all'esecuzione
dell'aumento di capitale sociale al servizio del 'convertendo' con le banche"; tale progetto "era fondato
sull'esistenza del contratto di 'equity swap' stipulato in data … tra … ed (D), avente ad oggetto 90
milioni di azioni (B); contratto successivamente modificato (con accordi del …) mediante anticipazione
della scadenza in concomitanza con la scadenza del 'convertendo' del … ('early termínatíon'), nonché
previsione di liquidazione finale non ‘cash', ma con consegna materiale delle azioni ad (A) (physical
settlement); ne derivava che i comunicati del … "contenevano un'informazione falsa e idonea a fornire
indicazioni fuorvianti non in quanto escludevano l'esistenza di atti formali diretti a consentire al Gruppo
Agnelli di rimanere azionista di riferimento della (B), bensì in quanto escludevano che fossero state
intraprese o fossero allo studio iniziative, in vista della scadenza del prestito convertendo, funzionali a
tale scopo; circostanza, questa, che gli accertamenti svolti hanno consentito, invece, di accertare
pienamente" (v. atto di accertamento allegato alla delibera impugnata, pagina 120). Sempre a detta di
CONSOB, i comunicati in questione erano tali, non soltanto da fornire una rappresentazione falsa
della realtà - nella parte in cui negavano che fosse stata intrapresa o che fosse allo studio alcuna
iniziativa in relazione alla scadenza del prestito convertendo - ma anche da influire sull'andamento del
titolo (B) (price sensitivity), dal momento che quella negazione alimentava aspettative di mercato circa
la libera contendibilità di (B) dopo l'aumento di capitale, ovvero circa una futura consistente attività di
acquisto sul mercato delle azioni (B) da parte del … al fine di mantenere inalterata la propria
partecipazione.
1.3 Tutto ciò premesso, chiedeva che - previa sua sospensione - il provvedimento opposto venisse
dichiarato illegittimo, ovvero annullato, ovvero revocato ovvero, subordinatamente, ridotto nel quantum
delle sanzioni irrogate, per i seguenti motivi: 1. violazione di legge (legge 241/90 sul procedimento
amministrativo; articoli 13 e seguenti legge 689/81 relativi ai procedimenti concernenti l'applicazione di
sanzioni amministrative; articolo 195 TUF sulla procedura di applicazione delle sanzioni da parte di
Banca d'Italia e CONSOB recante, tra l'altro, richiamo ai principi del contraddittorio, della conoscenza
degli atti istruttori, della verbalizzazione nonché della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni
decisorie; legge 62/05 modificativa del TUF in ordine ai particolari procedimenti sanzionatori
concernenti l'abuso di informazioni privilegiate e la manipolazione del mercato; articolo 24 legge
262/05 confermativo della estensione delle garanzie di cui alle leggi citate ai procedimenti della
CONSOB volti all'emanazione di provvedimenti sanzionatori individuali) e di regolamento
(Regolamento CONSOB 12697 del 2 agosto 2000, come attuato dalla delibera n. 15086 del 21 giugno
2005 e modificato dalla delibera n. 15131 del 5 agosto 2005; concernenti tra l'altro la ripartizione
interna delle fasi del procedimento tra Divisione competente per materia ed Ufficio Sanzioni
Amministrative, nonché la tempistica vincolante di svolgimento delle attività di ciascun ufficio). Sotto
quest'ultimo aspetto evidenziava come, in base alla normativa interna emanata dalla stessa
CONSOB: - il procedimento di contestazione dell'addebito non potesse durare più di 360 giorni dalla
contestazione all'interessato ad opera della Divisione Mercati; - la CONSOB (art. 6 Reg. cit.) non
potesse valutare memorie scritte e documenti pervenuti dopo il 120° giorno successivo alla data di
notifica delle contestazioni; - la Divisione Mercati dovesse trasmettere gli atti del procedimento, con le
proprie valutazioni, all'Ufficio Sanzioni Amministrative almeno 150 giorni prima della scadenza del
termine suddetto di 360 giorni per la conclusione del procedimento e, pertanto, entro 210 giorni dalla
notifica delle contestazioni; - l'Ufficio Sanzioni Amministrative dovesse trasmettere la sua relazioneproposta alla Commissione in maniera tale che quest'ultima potesse decidere entro il termine
massimo di 360 giorni. Nella procedura di specie, era inopinatamente emerso che la Divisione Mercati
aveva acquisito e valutato nel … ulteriore documentazione (specificamente la relazione pervenutale
dalla … con allegato un cd¬rom contenente migliaia di e-mail) ben oltre il suddetto termine di 120
giorni dalla contestazione (nella specie notificata il …), senza peraltro che di tale circostanza gli
incolpati fossero stati resi edotti, avendone avuto conoscenza soltanto nel … ad opera dell'Ufficio
Sanzioni Amministrative; inoltre, era emerso che la Divisione Mercati aveva continuato ad indagare e
valutare elementi a carico, come risultava dalla relazione 'al seguito atti' … inviata all'Ufficio Sanzioni,
anche oltre il termine di 210 giorni (scaduto il …) entro il quale la Divisione Mercati stessa doveva
chiudere la fase della procedura affidata alla sua competenza, essendo già subentrata la competenza
dell'Ufficio Sanzioni Amministrative. Tutto ciò aveva comportato la lesione delle garanzie fondamentali
del contraddittorio, della conoscenza delle risultanze istruttorie a carico, della ripartizione tra funzioni
istruttorie e funzioni decisorie. 2. Violazione del principio di specialità, avendo la CONSOB irrogato la
sanzione per l'illecito amministrativo previsto dall'articolo 187 ter TUF, allorché il medesimo fatto così
contestato (per giunta a titolo di dolo), poteva integrare il reato di cui all'articolo 185 TUF (rubricato
anch'esso 'manipolazione del mercato', come ipotizzato dalla stessa CONSOB nella denuncia da
questa presentata tanto alla Procura della Repubblica di Milano quanto alla Procura della Repubblica
di Torino, presso la quale ultima era pendente procedimento n. … a carico degli stessi soggetti qui
incolpati. Evidenziava che le due norme, pur descrivendo situazioni di pericolo di diversa gravità,
consideravano purtuttavia la medesima condotta (diffusione di notizie false) e tutelavano il medesimo
bene giuridico perseguendo la medesima finalità pratica (evitare manipolazioni di mercato). Ciò
determinava, come anche ritenuto dalla giurisprudenza della Suprema Corte, una situazione di
specialità di norme ai sensi dell'articolo 15 codice penale e, per quanto concerneva lo specifico
aspetto del concorso apparente tra norme penali e norme amministrative, dell'articolo 9 della legge
689/81; essendo "chiaro a tutti che il fatto perseguito da CONSOB resta lo stesso fatto oggetto del
procedimento penale". 3. ulteriore violazione del principio di specialità, in rapporto alla contestazione
concernente la persona giuridica, risultando che la stessa condotta era addebitata alla società, come
"fatto proprio", due volte: la prima ai sensi dell'articolo 187 quinquies TUF (responsabilità dell'ente per
gli illeciti amministrativi commessi nel suo interesse o a suo vantaggio da persone-fisiche investite di
qualità 'apicale'); la seconda ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo 231/01 (responsabilità
dell'ente per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio dalle stesse persone-fisiche);
violazione, quest'ultima, riferita anche all'articolo 25 sexies del suddetto decreto legislativo ed oggetto
del già citato procedimento penale; inoltre, un'ulteriore indebita duplicazione di sanzione doveva
ravvisarsi nel concorso di responsabilità configurato da CONSOB in rapporto tanto al citato articolo
187 quinquies, quanto all'articolo 6, comma 3, della legge 689/81, dovendo quest'ultimo trovare
deroga nel carattere di specialità attribuibile al primo disposto; 4. insussistenza, nel merito, di
qualsivoglia responsabilità per l'illecito contestato. Assumeva, in proposito, che: a) il contratto di equity
swap tra (D) e … dell' … rappresentava un'operazione autonomamente decisa da (D) nell'ambito della
propria normale attività di breve-medio termine: senza che alcuna notizia del medesimo fosse giunta
agli organi collegiali di (E) o della stessa (A), ed al solo fine non già di comprare azioni (B), bensì di
guadagnare, con una pura scommessa finanziaria, sull'auspicato futuro rialzo delle azioni (il che era
coerente con la natura stessa del contratto); il fatto che nessuna notizia circa l'equity swap fosse
pervenuta in (A) almeno fino al … era stato segnalato a CONSOB, nella sua audizione del …, dal …,
allora amministratore delegato ed anche direttore generale di (A); doveva inoltre considerarsi che il …,
nell' …, si trovava negli Stati Uniti per ragioni di salute; b) ‘l'utilizzo' del contratto di equity swap allo
scopo di preservare la partecipazione di riferimento di (A) in (B) era stato preso in considerazione con gli obblighi di segretezza che naturalmente incombevano sul mandato professionale affidatogli dal
… - dall' …, nel …, tra le varie opzioni esperibili (acquisto di nuove azioni (B) dalle banche; acquisto
diretto in coincidenza con la scadenza del ‘convertendo'; alleanza con qualche investitore); egli si era
posto tuttavia il problema squisitamente tecnico-giuridico di verificare se detto utilizzo implicasse
l'obbligo di un'OPA totalitaria su (B) alla scadenza del convertendo, nel qual caso l'operazione
sarebbe stata per vari motivi impraticabile; per tale ragione, dopo alcuni contatti con CONSOB, l' …
aveva deciso di formulare un quesito a CONSOB (come da bozza del …, poi formalizzata lo stesso
giorno del comunicato …) sulla necessità, in tale ipotesi, di OPA; quesito al quale la Commissione
aveva telefonicamente risposto, la sera del … (stesso giorno dell'assemblea (B) sull'aumento di
capitale), in senso negativo; c) soltanto dopo che era così pervenuta la risposta di CONSOB, il
contratto di equity swap era stato modificato con la previsione non tanto della possibilità di scadenza
anticipata (in realtà già prevista nel contratto originario), quanto della consegna materiale delle azioni
(physical settlement); in ogni caso, si trattava di accordi che ancora non esistevano alla data del
comunicato del …, allorché tanto (D) quanto … erano ancora libere di addivenire ad accordi differenti,
ovvero di non addivenire ad alcun accordo modificativo; d) il quesito posto dalla CONSOB in relazione
alla presenza di eventuali iniziative 'allo studio' era di per sé fuorviante, posto che non si trattava né di
"informazioni privilegiate" previste dagli articoli 181 e 114, comma primo, TUF (necessitanti comunque
di un sufficiente grado di precisione), né di "notizie e documenti necessari per l'informazione dei
pubblico" ai sensi dell'articolo 114, comma 5, TUF (la cui violazione comportava, in ogni caso,
l'applicazione della minor sanzione pecuniaria di cui all'articolo 193 TUF, non già di quella poi in effetti
applicata); il che portava di escludere che dei meri 'studi' dovessero essere comunicati al mercato, a
maggior ragione se si trattava di 'studi' ad un livello ancora embrionale e suscettibili di varie soluzioni
alternative; dovendosi anzi ritenere, in quella particolare situazione, che proprio la notizia della
presenza di studi siffatti potesse fuorviare il mercato; e) la volontà, dichiarata nel comunicato
incriminato, di mantenere la quota di controllo in (B), unitamente alla coincidenza temporale tra il
comunicato medesimo ed il quesito posto dall' …, dal quale emergeva chiaramente l'eventualità che il
gruppo … procedesse all'acquisto di azioni (B), già disponibili presso un intermediario,
contestualmente alla sottoscrizione dell'aumento di capitale da parte delle banche, faceva sì che, al
…, la CONSOB fosse comunque a conoscenza dell'esistenza di un'ipotesi che avrebbe potuto
consentire ad (A) di mantenere il ruolo di azionista di riferimento in (B); il che rilevava sia ad escludere
la necessaria presenza dell'elemento soggettivo dell'illecito in capo alle persone fisiche indicate come
corresponsabili del contenuto del comunicato (intenzionalità nel fornire informazioni false o fuorvianti
per il mercato), sia a consentire alla stessa Commissione di provvedere direttamente all'integrazione
informativa ai sensi dell'ultima parte del quinto comma dell'articolo 114 citato; integrazione dalla quale
CONSOB aveva ritenuto tuttavia di astenersi; 5. insussistenza di responsabilità della società ai sensi
dell'articolo 187 quinquies TUF il quale, nel richiamare la disciplina del decreto legislativo 231/01,
presupponeva pur sempre una 'colpa in organizzazione' dell'ente; nella specie da escludersi essendo
pacifico che (A) si era dotata, fin dal …, tanto dei 'principi di comportamento' per l'esecuzione di
operazioni rilevanti, quanto del 'codice etico' sulla condotta negli affari della società e la responsabilità
dei collaboratori; e, fin dal …, aveva adottato il modello di organizzazione, gestione e controllo,
provvedendo altresì alla nomina dell'organismo di vigilanza ai sensi del decreto legislativo da ultimo
citato; evidenziava anzi come fosse stata stabilita anche una predeterminata procedura organizzativa
(nella specie puntualmente osservata) per la predisposizione dei comunicati-stampa a seconda che si
riferissero ai dati contabili di periodo ovvero ad altri oggetti (redazione di una bozza da parte
dell'ufficio-stampa; invio ai consulenti legali; controllo finale da parte della presidenza o della direzione
generale; diffusione al pubblico); quanto al mancato adeguamento dell'apparato preventivo interno alle
disposizioni introdotte in tema di 'market abuse' (legge 62/05), la società era ancora in attesa delle
disposizioni attuative della CONSOB, poi emanate soltanto nel novembre 2005; 6. (subordinatamente)
eccessiva entità delle sanzioni pecuniarie irrogate, di per sé stabilita con una motivazione largamente
insufficiente e, inoltre, uguale sia per (A), sia per (E). Deduceva sul piano dell'elemento psicologico,
da un lato, la insussistenza di intenzionalità e l'influenza sortita sulla formulazione del comunicato dai
contatti precedentemente intercorsi tra l' … e taluni funzionari CONSOB e, dall'altro, la 'bontà
complessiva' dell'operazione sui destini di (B) e della stessa economia nazionale. Obiettava poi che
l'applicazione alla società di sanzione pecuniaria di entità pari al cumulo delle sanzioni individualmente
irrogate alle persone fisiche ad essa riferibili comportava la violazione degli articoli 187 ter e quinquies
TUF, nella misura in cui detto cumulo implicava necessariamente che la società fosse punita più
severamente delle persone fisiche; con possibilità - quantomeno in astratto - di eccedenza rispetto al
massimo e, per questa via, di violazione dello stesso principio di legalità.
2. CONSOB si costituiva in giudizio, con memoria 26 marzo 07, per chiedere la declaratoria di
inammissibilità ovvero la reiezione della istanza di sospensione del provvedimento opposto, nonché il
rigetto nel merito del ricorso. Quanto ai singoli motivi di opposizione, deduceva che: l. nessuna
violazione procedurale interna poteva nella specie affermarsi, atteso che quello di 120 giorni di cui
all'articolo 6 del regolamento 12697/00 rappresentava un termine "a difesa" e non rivestiva alcuna
valenza preclusiva per la ulteriore istruzione del procedimento fino alla predisposizione finale della
relazione per la Commissione da parte dell'Ufficio Sanzioni; tanto più che gli ulteriori elementi così
acquisiti erano stati portati a conoscenza degli incolpati prima della comminatoria ed avevano avuto,
in ogni caso, valenza puramente confermativa di risultanze già acquisite (tanto da fare difetto finanche
l'interesse di parte ricorrente ad eccepire alcunché sul punto); 2. il principio di specialità di cui
all'articolo 9 della legge 689/81 non era nella specie applicabile in quanto derogato, nell'esercizio della
discrezionalità legislativa, dalla normativa speciale che, conformemente alle disposizioni della direttiva
2003/6/CE sulla c.d. manipolazione informativa del mercato finanziario, prevedeva la possibilità di
applicazione tanto della sanzione amministrativa quanto di quella penale; come evincibile anche
dall'art.187 duodecies in punto rapporto tra procedimento penale e procedimento amministrativo e di
opposizione, e dall'articolo 187 terdecies in punto 'scomputo' della pena pecuniaria dalla sanzione
amministrativa già riscossa; doveva poi considerarsi la oggettiva diversità di condotta tra il reato di cui
all'articolo 185 citato e l'illecito amministrativo dell'articolo 187 ter, posto che la norma penale,
richiamandosi all'articolo 2637 codice civile, puniva la diffusione di notizie false 'concretamente idonee
a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari', mentre l'illecito amministrativo
non richiedeva la concreta idoneità alla alterazione del prezzo, essendo sufficiente che l'informazione,
comunque diffusa, forse 'suscettibile di fornire indicazioni false ovvero fuorvianti in merito agli
strumenti finanziari'; 3. il principio di specialità non poteva dirsi violato neanche con riguardo alla
responsabilità della persona giuridica, dovendosi distinguere la responsabilità della società per fatto
proprio ai sensi dell'articolo 187 quinquies cit., da quella sulla medesima gravante, in forza del
generale vincolo di solidarietà di cui all'articolo 6 legge 689/81, per l'esazione della sanzione
pecuniaria applicata alla persona fisica ad essa riferibile; 4. nel merito, deduceva che: a) il comunicato
del ... conteneva una rappresentazione falsa della realtà là dove (A) precisava di non avere intrapreso
né di avere allo studio alcuna iniziativa in relazione alla scadenza del prestito convertendo, essendo
invece risultato che a quella data era già stato concluso tra (D) e … l'equity swap avente ad oggetto
un numero di azioni (B) (90.000.000) grosso modo pari a quello necessario a riportare la
partecipazione di (A) alla quota di controllo del 30 %; e che, quantomeno dal …, era già stato avviato
lo studio, nei minimi dettagli, della modificazione contrattuale che avrebbe condotto alla consegna
materiale delle azioni per la data del …; b) non si trattava nella specie di richiesta di "informazione
privilegiata" ai sensi dell'articolo 114, primo comma, TUF, bensì di richiesta di "notizie necessarie per
l'informazione del pubblico" ai sensi del quinto comma della norma citata; fermo restando che
l'apprezzamento in ordine alla sussistenza del presupposto della necessarietà informativa non poteva
che spettare alla stessa Commissione, fatta salva la possibilità del soggetto interpellato di opporsi con
reclamo motivato, ai sensi del sesto comma art. 114; c) il fatto che alla data del … la modificazione del
contratto di equity swap in funzione antidiluitiva della partecipazione di (A) in (B) non fosse ancora
stata approvata non escludeva che la stessa fosse pur tuttavia 'allo studio'; risultando anzi che detto
contratto era stato fin dall'inizio concepito come base di un progetto idoneo a consentire al Gruppo …
il mantenimento della partecipazione del 30 % anche dopo l'aumento di capitale a seguito del
'convertendo', come doveva desumersi: - dagli incontri preparatori dell' … alla presenza di esponenti
del Gruppo … (tra i quali anche … e …); - dal quantitativo di azioni oggetto dell'equity swap; - dal fatto
che detto contratto era stato da … proposto soltanto al Gruppo … e non anche ad altre controparti
qualificate ed eventualmente interessate ad un potenziale rialzo del prezzo del titolo (B); - dalla
previsione fin nelle bozze del … e del …, della facoltà per (D) di richiedere unilateralmente la
consegna fisica delle azioni (B), ancorché la versione definitiva avesse previsto la regolazione per
contanti del differenziale, pur subordinando la consegna fisica delle azioni ad un possibile accordo
modificativo tra le parti; - dal comportamento di … la quale, ogni qual volta si avvicinava, in base agli
acquisti di azioni (B) effettuati sul mercato, ad una soglia che l'avrebbe obbligata ad effettuare la
comunicazione di cui all'articolo 120 TUF sulle partecipazioni rilevanti, aveva stipulato diversi contratti
di equity swap con soggetti terzi (… e …) al fine di riportarsi ad un livello di poco superiore al 2 %;
dall'incontro tra …, l' … dello studio … e due manager di … avente ad oggetto la messa a
disposizione materiale delle azioni sottese al contratto di equity swap; - dalla bozza di contratto …,
rappresentante essa stessa l'evoluzione di versioni preesistenti coinvolgenti trilateralmente non solo
… ed (D), ma anche (A); d) non era credibile che … non fosse al corrente di tale progetto concernente
le società da lui presiedute e rappresentate anche ai fini dell'articolo 1391 codice civile; né il quesito
posto dall' … a CONSOB in ordine alla eventuale necessità di OPA (nel quale si dava semplicemente
atto della possibilità di acquisto sul mercato di azioni (B) contestualmente all'aumento di capitale ed
alla cessione dei diritti di opzione su quest'ultimo) era tale da dare contezza del tipo di operazione allo
studio, e nemmeno degli intermediari che si erano resi a ciò disponibili (poi individuati in … soltanto l'
…); 5. la responsabilità della società ai sensi dell'articolo 187 quinquies ricalcava il paradigma di cui
all'articolo 6 decreto legislativo 231/01, in base al quale era la società stessa, per andare esente da
ogni addebito, a dover dare la prova dell'assenza della propria colpa in organizzazione; prova che
nella specie non era stata in alcun modo fornita; 6. in ordine all'entità della sanzione, doveva ritenersi
pacifico, anche sul piano puramente letterale, che la sanzione applicabile alla società ai sensi
dell'articolo 187 quinquies dovesse essere pari a quella applicata ai suoi esponenti-persone fisiche.
3. Disposta la comparizione delle parti in camera di consiglio e l'acquisizione del rapporto e degli atti
relativi all'accertamento ed alla contestazione, questa Corte – con decreto in data …/… – accoglieva
l'istanza di sospensione della delibera CONSOB limitatamente all'importo di euro 4.500.000,00
ingiunto ad (A) a titolo di responsabilità solidale, ex art. 6 1. 689/81, per il fatto delle persone fisiche …
e ….
Le parti depositavano quindi, nel giudizio principale di merito, nuove memorie difensive e
sviluppavano ulteriormente le proprie argomentazioni in sede di discussione orale e replica; in esito
alla quale precisavano le su riportate conclusioni.
MOTIVI DELLA DECISIONE
4. Prima di prendere in esame i singoli motivi di opposizione, occorre dare conto del fatto che
all'udienza del …, appositamente fissata per le sole repliche alla discussione orale iniziata il
7.11.2007, la difesa della ricorrente ha formulato in extremis istanza di traduzione dall'inglese delle
numerose e-mail provenienti da ..., prodotte dalla CONSOB il ….
L'istanza non è accoglibile.
Ai sensi dell'art.123 c.p.c. quando occorre procedere all'esame di documenti che non sono scritti in
lingua italiana, il giudice può nominare un traduttore.
Secondo l'unanime interpretazione della norma, la nomina costituisce esercizio di una facoltà
discrezionale da parte del giudice, che vi provvede secondo le necessità del caso singolo, in base ad
un apprezzamento incensurabile in sede di legittimità (cfr. Cass. n. 19756/05). In particolare, la
traduzione non è necessaria allorché le parti siano concordi sul significato delle espressioni contenute
nel documento prodotto (ovvero tale documento sia accompagnato da una traduzione che, allegata
dalla parte e ritenuta idonea dal giudice, non sia stata oggetto di specifiche contestazioni della parte
avversa) (cfr. Cass. n. 27593/06), ove il testo in lingua straniera sia facilmente comprensibile al
giudice e ai difensori (v. Cass. n. 19756/05), e quando dalle impostazioni difensive si ricavi che i
documenti siano stati sufficientemente compresi dalle parti (Cass. ult. cit.).
Inerendo alla direzione del processo, anche la scelta di nominare un traduttore deve essere
improntata alle esigenze del "sollecito e leale svolgimento del procedimento" (art. 175, 1° comma
c.p.c.), che a loro volta presuppongono non solo un'ordinata sequenza delle attività processuali, ma
anche il mantenimento delle posizioni assertive manifestate dalle parti, in base al principio di
preclusione.
A parte talune specifiche attuazioni (si pensi ad es. alla preclusione dell'impugnazione per
acquiescenza: art. 329 c.p.c.), quest'ultimo assolve una funzione euristica nell'interpretazione delle
norme processuali, orientandone l'esito. Si tratta di una valenza irrinunciabile nel sistema delle
garanzie costituzionali dell'ordinamento intese a realizzare un sistema processuale quanto più
possibile idoneo a dare una risposta di giustizia in tempi ragionevoli, onerando le parti e il giudice di
attività il cui mancato compimento entro un dato sbarramento temporale seleziona progressivamente
gli esiti di certezza cui il processo deve tendere.
Il proprium della preclusione (che la differenzia da categorie simili cui spesso viene erroneamente
omologata) risiede nel suo carattere causale, nel senso che essa dipende non dalla mera inattività del
soggetto che non eserciti un potere o una facoltà entro un termine perentorio legalmente o
giudizialmente prefissato, ma dal rapporto di contraddizione fra una precedente condotta, omissiva o
anche commissiva, e la susseguente attività processuale, che ne resta impedita.
Nello specifico, in esito alla produzione delle e-mail cui si riferisce l'istanza di traduzione, la difesa
della ricorrente: a) non ha mai dedotto che le persone fisiche coinvolte nella contestazione non
conoscessero l'inglese (o, comunque, l'inglese adoperato nei mercati finanziari); circostanza, peraltro,
altamente inverosimile, considerata l'attività professionale da loro svolta ai vertici della finanza italiana
ed internazionale, nonché il ruolo, potremmo dire 'ufficiale', svolto dalla lingua inglese nel mondo
finanziario ed economico nel cui ambito la vicenda è sorta (v. anche punto 7. del protocollo interno di
(A) sulla redazione dei comunicati-stampa) ; b) non ha prospettato nella successiva memoria difensiva
depositata il …, concessa proprio per consentire l'esame dell'ulteriore documentazione prodotta dalla
CONSOB e l'allegazione di mezzi istruttori, l'opportunità di nominare un traduttore, né ha altrimenti
lamentato l'impossibilità di controdedurre in merito alle e-mail offerte in comunicazione da CONSOB;
c) ha essa stessa prodotto, con la ridetta memoria istruttoria, propria documentazione in lingua
inglese, anche in tal caso senza adombrarne la necessità di traduzione; d) analogamente, anche nelle
conclusioni assunte all'udienza del … e nella consecutiva discussione orale, non ha operato cenno
alcuno a un tale incombente istruttorio; e) non ha indicato se e quale tra i documenti in lingua inglese
prodotti dalla CONSOB sia di incerta o contestata lettura, con il che parte ricorrente ha mancato di
dare contenuto selettivo alla sua richiesta (genericamente ricondotta ad un provvedimento
recentemente assunto dal GUP presso il Tribunale di Torino nel procedimento penale a carico degli
opponenti, qui del tutto ininfluente e comunque ispirato a principi e norme processuali almeno
parzialmente differenti da quelle del codice di rito qui applicabili).
Se ne deve trarre la conclusione che l'istanza istruttoria in oggetto non mira a soddisfare alcuna chiara
e specifica esigenza di difesa e di contraddittorio, essendo apoditticamente motivata dalla mera
presenza nel fascicolo della parte opposta di documenti non in lingua italiana, e va pertanto respinta.
5. Venendo al primo motivo di opposizione, parte ricorrente adduce a ragione di nullità del
provvedimento opposto la violazione della normativa sulla scansione temporale e sui termini del
procedimento amministrativo di accertamento dei fatti e irrogazione della sanzione, con conseguente
invalidità del detto provvedimento finale ai sensi dell'art. 21 octies legge 7/8/90 n. 241 e succ.
modifiche.
La concatenazione dei termini previsti per il procedimento amministrativo in esame è la seguente.
Premesso che l'intera durata di esso, dalla data di contestazione dell'addebito alla data del
provvedimento finale, è stata determinata in gg. 360 (Deliberazione CONSOB 2/8/2000 n. 12697
contenente il Regolamento di attuazione degli artt. 2, 2° comma e 4 delle legge 7/8/90 n. 241 cit.; in
particolare artt. 4, comma 2°; 6, comma l°, e voce 132 ter della tabella allegata), sono altresì previsti i
seguenti termini intermedi:
entro il 30° giorno facoltà degli incolpati di presentare deduzioni e di chiedere di essere sentiti
personalmente (art. 187 septies, l° comma D. Lgs. n. 58/98);
entro il 120° giorno presentazione di eventuali memorie scritte e documenti (come si desume dall'art.
6, comma 2° lett. a del Regolamento CONSOB n. 12697/2000 cit.);
entro il 210° giorno, trasmissione degli atti dalla Divisione Mercati della CONSOB, cui sono affidate
funzioni inquirenti, all'Ufficio Sanzioni Amministrative, avente funzioni propositive verso la
Commissione in ordine alla eventuale applicazione della sanzione (tale termine, risultante dalla
differenza tra 360 e 150, si desume dall'art. 3, l° comma del diverso Regolamento CONSOB di cui a
Delibera 21/6/05 n. 15086, il quale stabilisce che la detta trasmissione degli atti debba avvenire
almeno 150 giorni prima della scadenza del termine di conclusione del procedimento).
Ciò posto, parte ricorrente lamenta il fatto, in sé pacifico, che la Divisione Mercati, anche dopo la
scadenza del termine sub b) (maturata il …) acquisì, nel periodo dal luglio al settembre successivo,
ulteriore ed importante documentazione (in particolare un rilevantissimo numero di documenti
informatici inviati dalla soc. …) ed eseguì assunzioni a verbale delle dichiarazioni di persone ritenute
informate sui fatti. Lamenta inoltre il ricorrente che, a seguito di tali sopravvenuto attività istruttorie, la
Divisione Mercati inoltrò all'Ufficio Sanzioni un supplemento di relazione istruttoria (in data …) in
epoca in cui era ormai perento anche il termine di cui alla lett. c) che precede. Il tutto avrebbe
determinato inoltre violazione dei diritti di difesa e di assunzione della prova nell'ambito del
contraddittorio.
Osserva la Corte che il termine di 120 giorni di cui al cit. art. 6, 2° comma, lett. a) Regol. n.
12607/2000 deve ritenersi posto a delimitazione dell'attività assertiva e probatoria della parte
incolpata, e non dell'attività investigativa della Divisione Mercati, la quale può dunque proseguire oltre
tale termine senza effetti invalidanti di sorta.
Depone in tale senso il tenore della norma, là dove enuncia che "...la CONSOB non valuta memorie
scritte e documenti pervenuti oltre il centoventesimo giorno successivo alla data di notifica delle
contestazioni"; posto che in tale periodo la fase procedimentale è di competenza della Divisione
Mercati della CONSOB, e posto che non avrebbe senso logico ipotizzare che l'ufficio inquirente della
CONSOB (la Divisione Mercati, appunto) presenti in tale fase memorie a se stesso, è evidente che il
limite di 120 giorni all'attività assertiva si riferisce alle memorie della parte privata; ugualmente vale per
la connessa attività probatoria di presentazione di documenti (non a caso l'art. 6, 2° comma cit. usa la
congiunzione "memorie scritte e documenti", anziché la disgiunzione "o documenti", che devono
pertanto intendersi come complemento delle memorie ad esse accessorio).
Come autonoma considerazione, si osserva che la preclusione assertiva e probatoria dei 120 giorni in
esame (preclusione desumibile dalla sanzione procedimentale di non utilizzabilità) è interna alla sola
fase davanti alla Divisione Mercati (la c.d. "parte istruttoria di valutazione delle deduzioni" menzionata
al n. 132 ter della tabella allegata al Regol. CONSOB 2/8/2000 n. 12697, con terminologia
corrispondente al dettato dell'art. 6, 2° comma lett. a del medesimo Regol.); per la successiva fase
davanti all'Ufficio Sanzioni (c.d. "parte istruttoria delle decisioni" di cui al n. 132 ter cit.) l'art. 6, 2°
comma lett. b prevede una distinta preclusione che matura con il trentesimo giorno dalla ricezione di
comunicazione di avviso della detta fase. Non vi è dubbio pertanto che le parti private possano
nuovamente produrre memorie e documenti, in tale fase, anche dopo il menzionato diverso termine di
120 giorni, e dunque ben possano nelle more, in vista di tali deduzioni e produzioni, raccogliere
informazioni e documenti anche dopo scaduti i 120 giorni di cui si è detto. Ne consegue che,
quand'anche si ritenesse di riferire la dizione "memorie scritte e documenti" pure alla attività assertiva
e probatoria della Divisione Mercati, quest'ultima ben potrebbe ricevere da terzi documenti, e in
genere compiere indagini, dopo il termine dei 120 giorni, in vista della dialettica procedimentale
davanti all'Ufficio Sanzioni, così come appunto è avvenuto nel caso di specie, senza che ciò concreti
l'eccepito motivo di nullità.
Per quanto riguarda l'avvenuto superamento del diverso termine di cui all'art. 3, l° comma Regol. n.
15086/2005 cit. (trasmissione dell'incarto dalla Divisione Mercati all'Ufficio Sanzioni almeno 150 giorni
prima del termine finale di 360 giorni), ritiene la Corte la natura meramente ordinatoria di detto termine
e le conseguente mancanza di effetti invalidanti per il mancato rispetto di esso. Il menzionato
Regolamento n. 15086/2005 è stato emanato non per contingentare i tempi delle singole fasi della
procedura amministrativa in vista del rispetto del termine complessivo (come espressamente
enunciato per il diverso termine, oggetto del precedente esame, dall'art. 6, 2° comma Regol n.
12697/2000 cit.), ma dichiaratamente per dare attuazione al principio normativo di separazione tra
funzioni istruttorie e funzioni decisorie, previsto all'art. 187 septies, 2° comma D.Lgs n. 58/98 (leggesi
infatti nelle premesse del detto Regolamento n. 15086/05 "Ravvisata la necessità di stabilire norme
organizzative e procedurali intese a dare attuazione alle citate disposizioni concernenti il
procedimento relativo all'applicazione di sanzioni amministrative, con particolare riguardo alla
distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie"). Il termine ivi stabilito per il trasferimento degli
atti dalla Divisione Mercati all'Ufficio Sanzioni (con successivo inoltro da parte di quest'ultimo alla
Commissione deliberante, espletati gli incombenti di competenza), mira unicamente a separare,
anche in ordine alla disponibilità degli atti e documenti dell'incarto, le rispettive funzioni e incombenze,
ma non anche a privare di poteri nel seguito la Divisione Mercati, nell'ambito delle funzioni a lei
istituzionalmente assegnate.
Rimane naturalmente fermo il principio del rispetto del contraddittorio e della conoscenza degli atti
istruttori, espressamente stabilito dall'art. 187 septies, 2° comma D. Lgs n. 58/98, il quale principio
peraltro deve modellarsi in concreto in base allo stato in cui trova la procedura al momento della
acquisizione delle ulteriori prove e non implica di per sè la necessità della loro assunzione in presenza
della parte. Nel caso in esame appare sufficiente al rispetto del contraddittorio il fatto che le nuove
acquisizioni probatorie operate dalla Divisione Mercati, una volta intervenute, siano state poste a
disposizione dell'incolpato, il quale, come lui stesso riconosce, ebbe a ricevere comunicazione di esse
dall'Ufficio Sanzioni, investito in quel momento della fase del procedimento amministrativo.
Non si ravvisa pertanto la ricorrenza degli addotti motivi di nullità attinenti allo svolgimento della
procedura di irrogazione delle sanzioni.
6. Venendo al secondo motivo di opposizione, sostiene parte ricorrente che gli opponenti sono
attualmente sottoposti ad indagine penale per il reato di cui all'art.185 D.Lgs. n. 58 del 1998, in
relazione al medesimo fatto, rubricato ex art. 187 ter stesso D.Lgs., oggetto del procedimento che ha
condotto all'emanazione dell'ordinanza ingiuntiva opposta.
A fronte della pendenza di due procedimenti, uno penale, l'altro amministrativo, vi è dunque uno
stesso fatto storico, descritto in maniera differente solo in ragione delle diversamente graduate
situazioni di pericolo che possono originarsene: una meno grave per l'art. 187 ter (idoneità a fornire
indicazioni false o fuorvianti in merito agli strumenti finanziari), una più grave per l'art. 185 (idoneità a
provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari). Dunque le due norme, che
presentano la medesima rubrica, considerano una stessa condotta e tutelando il medesimo bene
giuridico perseguono un'unica finalità, vale a dire evitare manipolazioni del mercato.
Parte ricorrente, al riguardo, richiama Cass. n. 15199/06, la quale ha osservato che "si tratta di due
norme che, a diverso titolo, intervengono su fattispecie tendenzialmente omogenee, per cui si pone un
problema di sovrapposizione normativa, che determina la necessità di individuare i diversi ambiti
applicativi, eventualmente utilizzando il principio di specialità di cui alla legge 24 novembre 1981, n.
689, art. 9; e che "una linea distintiva ai fini dell'applicazione delle due disposizioni può individuarsi
proprio nella presenza di condotte dirette a realizzare operazioni simulate o altri artifizi, nonché in quei
casi in cui tali azioni siano idonee a concretizzare una sensibile modifica del prezzo degli strumenti
finanziari. Soltanto quando non vi siano condotte così tipizzate e manchi siffatta idoneità alterativa
potrà trovare applicazione l'illecito amministrativo di cui al D. Lgs. n. 58 del 1998, art. 187 ter, che si
caratterizza appunto come fattispecie di pericolo astratto".
Conseguenza di quanto sopra, conclude parte ricorrente, è che in applicazione del principio di
specialità il provvedimento opposto deve essere annullato in limine.
L'assunto non è condivisibile, ostandovi ragioni di ermeneutica letterale, sistematica e teleologica.
Parte ricorrente, comparate fra loro le norme degli artt. 185 e 187 ter D. Lgs, n. 58/98 e rilevatane la
pressoché completa sovrapponibilità reciproca, trae per implicazione logica l'esistenza di una
fattispecie di concorso apparente, che risolve mediante la piana applicazione del principio fissato
dall'art. 9, l° comma legge n. 689/81 (secondo cui quando uno stesso fatto è punito da una
disposizione penale e da una che prevede una sanzione amministrativa, si applica la disposizione
speciale), in base a ciò che – sembra di capire – l'elemento specializzante, costitutivo della (sola)
fattispecie penale, sia rappresentato dalla maggiore gravità e concretezza del pericolo di turbativa.
Siffatta impostazione, però, dà per presupposto che il concorso di norme sia per sua natura apparente
e che la norma-principio dell'art. 9, l° comma cit. espunga in automatico ipotesi terze.
Così non è, ove si consideri che specialità e interferenza (quest'ultima produttiva l'effetto del cumulo
materiale) costituiscono varianti logico-relazionali che il legislatore può sovraordinare diversamente a
seconda dei casi, secondo un apprezzamento politico discrezionale che è compito dell'interprete
indagare a stregua delle indicazioni normative.
Deroghe al principio di specialità si rinvengono, infatti, in altri contesti normativi, connotati dal cumulo
delle due sanzioni, penale ed amministrativa, come ad esempio in materia di concorso tra il reato di
truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640 bis c.p.) e l'illecito
amministrativo di indebita percezione di contributi o altre erogazioni a carico totale o parziale del
Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia mediante l'esposizione di dati o notizie falsi (art. 3
della legge n. 898/86) (cfr. Cass. n. 4088/05); di illecito amministrativo consistente nel taglio o nel
danneggiamento di piante facenti parte dei boschi, vincolati ai sensi del R.D. n. 3267 del 1923,
concorrente con i reati ambientali (cfr, Cass. n. 21967/04); di violazione degli obblighi relativi alle
scorte di prodotti petroliferi ai sensi delle leggi n. 22 del 1981, n. 731 del 1983, n. 61 del 1986 (cfr.
Cass. n.12584/91).
Né il principio di specialità, come regola di conflitto tra illeciti penali ed amministrativi aventi il
medesimo ambito applicativo, può supporsi costituzionalizzato, ché, anzi, il giudice delle leggi non
solo nell'occuparsi dell'art. 9, l° comma della legge n. 689/81, denunciato per violazione dell'art. 3
Cost., ha ritenuto che la norma fosse adeguata alla Costituzione, e non già che fosse espressione di
un suo valore inviolabile (cfr. Corte cost. n. 97 del 1987), ma altresì ha chiaramente affermato (in
materia tributaria) che il legislatore può modulare la reazione dell'ordinamento giuridico ad una
condotta illecita con una duplice sanzione pecuniaria e penale (v. in motivazione, Corte cost. n.
409/91).
Nel suo incipit l' art.187 ter T.U.F. recita: "Salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce reato ...".
L'espressione dal punto di vista letterale non lascia adito a dubbi circa il suo significato, poiché
evidenzia il proposito di cumulare (facendole, appunto, "salve") le sanzione penali a quelle
amministrative. Del resto, lo stesso legislatore ben distingue da questo i casi in cui la norma sull'illecito
amministrativo è applicabile solo se il medesimo fatto non costituisce reato, come avviene nell'ipotesi
dell'art.192 bis stesso D. Lgs. (false comunicazioni circa l'applicazione delle regole previste nei codici
di comportamento delle società quotate), che si applica "salvo che il fatto costituisca reato", vale a dire
a meno che la condotta non sia elemento costitutivo di una fattispecie penale, nel qual caso è questa
a prevalere.
La comunanza di rubrica dell'art. 185 e 187 ter (entrambi titolati 'Manipolazione del mercato"),
argomento che parte ricorrente deduce a sostegno della propria tesi, prova troppo. Se il legislatore del
2005 (l'intero titolo 1-bis, comprendente gli articoli da 180 a 187 quaterdecies del T.U.F., è stato
inserito dalla legge n. 62/05) avesse voluto giustapporre in termini di specialità le due figure di illecito
in questione, avrebbe almeno differenziato la rubrica per marcare l'alternatività delle due ipotesi,
essendo illogico e contrario a buona tecnica normativa titolare allo stesso modo due norme che si
vogliono distinte e regolate nel loro possibile concorso dal principio di specialità.
Per contro, anche gli artt. 184 e 187 bis recano la stessa rubrica ("Abuso di informazioni privilegiate"),
con l'ulteriore particolarità che i primi due commi di tali norme sono addirittura identici, ad eccezione
della qualifica della sanzione (multa, nel caso dell'art. 184, sanzione amministrativa nell'ipotesi dell'art.
187 bis) e della clausola di salvezza delle sanzioni penali contenuta nella seconda delle due norme
richiamate. Poiché l'una ipotesi normativa corrisponde perfettamente all'altra, non solo non sarebbe
neppure tecnicamente possibile applicare l'art.9, 1° comma legge n. 689/81, per difetto di elementi
differenziali in funzione specializzanti, ma dovrebbe addirittura ammettersi che il legislatore
scientemente avrebbe previsto invano una delle due fattispecie.
Il capo V del titolo 1 bis del D. Lgs. n. 58/98, intitolato ai rapporti tra procedimenti, oltre a regolare
l'attività di collaborazione tra la CONSOB e l'Autorità giudiziaria nella raccolta degli elementi di prova e
nello scambio d'informazioni, stabilisce che il procedimento amministrativo di accertamento e il
procedimento di opposizione di cui all'art. 187 septies non possono essere sospesi per la pendenza
del procedimento penale avente ad oggetto i medesimi fatti o fatti dal cui accertamento dipende la
relativa definizione (art.187 duodecies), e che quando per lo stesso fatto è stata applicata a carico del
reo o dell'ente una sanzione amministrativa pecuniaria ai sensi dell'art.187 septies (v. la modifica
apportata alla norma dalla legge n. 303/06), l'esazione della pena pecuniaria e della sanzione
pecuniaria dipendente da reato è limitata alla parte eccedente quella riscossa dall'Autorità
amministrativa (art.187 terdecies).
Già la specifica attenzione posta dal legislatore nel disciplinare tale concorso – che nell'ottica della tesi
difensiva in esame dovrebbe costituire un'ipotesi non fisiologica – lascia intendere che si tratti, invece,
di una situazione ordinaria destinata a prodursi ogni qual volta la medesima condotta integri una
violazione penale ed una amministrativa. La soluzione specificamente accolta, poi, nell'escludere che
la pendenza del procedimento penale sospenda (sia il procedimento amministrativo di irrogazione
della sanzione, sia) il giudizio di opposizione all'ordinanza ingiuntiva, non solo dimostra l'autonomia tra
i due accertamenti, non regolabili attraverso l'art. 295 c.p.c., ma altresì implica il corollario per cui è
inapplicabile l'art. 337, cpv. c.p.c., perché se la coeva pendenza del procedimento penale e del
processo civile non provoca effetto sospensivo, non è neppure ipotizzabile che, intervenuta la
sentenza penale, questa possa esplicare alcuna efficacia di accertamento del giudizio civile.
Non meno decisivo, negli stessi termini, è lo scomputo della pena pecuniaria e della sanzione
pecuniaria dipendente da reato dalla sanzione riscossa dall'Autorità amministrativa. Tale meccanismo
di compensazione non avrebbe senso se per lo stesso fatto non fossero effettivamente applicabili
entrambe le sanzioni, quella penale e quella amministrativa.
Né varrebbe sostenere che la norma tenda a disciplinare, elidendone le distorsioni, gli effetti
dell'applicabilità di entrambi i giudicati, penale e civile – contrastanti per il fatto di configurare una
stessa condotta quale reato ed illecito amministrativo – secondo la regola derivabile dalla non
riproduzione nel codice di procedura penale vigente del principio dell'art. 3 del c.p.p. del 1930. La
norma, diretta a disciplinare la sola fase esecutiva ("... l'esazione ... è limitata alla parte eccedente
quella riscossa..."), ferma restando l'irrogazione congiunta delle due sanzioni, dimostra, al contrario, lo
stretto collegamento che il legislatore ha inteso istituire tra le due fattispecie illecite, raccordando l'una
all'altra tanto da prevedere per gli artt.185 e 187 ter (ma il discorso è valido tal quale anche per gli artt.
184 e 187 bis) il medesimo campo di variazione della sanzione pecuniaria (da euro ventimila a cinque
milioni).
Ciò dimostra come il sistema delineato miri ad un'applicazione congiunta delle sanzioni, ove ricorrano
le condizioni di entrambi gli illeciti, secondo un modulo operativo non nuovo (v. l'art. 24 della legge n.
689/81 e l'art. 194 del D. Lgs. n. 285/92), la cui sola peculiarità risiede nel fatto che l'accertamento
delle due violazioni è demandata ad organi diversi.
Anche l'origine delle disposizioni in commento depone in senso opposto a quanto opina parte
ricorrente.
Le norme in esame sono state emanate (v. art. 9 legge n. 62/05) in attuazione della direttiva CEE
2003/6/CE, relativa all'abuso di informazioni privilegiate e alla manipolazione del mercato, la quale al
38° 'considerando' afferma che "al fine di garantire l'adeguatezza del quadro comunitario di contrasto
agli abusi di mercato, ogni violazione dei divieti o degli obblighi fissati dalla presente direttiva dovrà
essere tempestivamente scoperta e sanzionata. A tal fine le sanzioni dovrebbero essere
sufficientemente dissuasive, proporzionate alla gravità della violazione e agli utili realizzati e
dovrebbero essere applicate coerentemente"; e all'art. 14 stabilisce che "fatto salvo il diritto degli Stati
membri di imporre sanzioni penali, gli Stati membri sono tenuti a garantire, conformemente al loro
ordinamento nazionale, che possano essere adottate le opportune misure amministrative o irrogate le
opportune sanzioni amministrative a carico delle persone responsabili del mancato rispetto delle
disposizioni adottate in attuazione della presente direttiva. Gli Stati membri sono tenuti a garantire che
tali misure siano efficaci, proporzionate e dissuasive". Seguono, poi, nel dettaglio le direttive sul
sistema sanzionatorio da adottare.
La disciplina comunitaria, dunque, da un lato si limita ad imporre agli Stati membri la predisposizione
di un complesso di norme che prevedano idonee sanzioni amministrative per il market abuse, e
dall'altro fa salvo il diritto del legislatore nazionale di aggiungere a queste delle sanzioni penali,
tradizionalmente riservate alla potestà sovrana di ogni Stato.
Lette in tale ottica attuativi, rispettosa di una disciplina comunitaria che non ammette misure
sanzionatorie sostitutive rispetto a quelle di natura amministrativa, le norme in esame costituiscono
esplicazione della scelta di politica legislativa chiaramente diretta a rafforzare la tutela del bene
protetto – la trasparenza dei mercati finanziari – mediante la tecnica dei cumulo delle sanzioni penali
ed amministrative, in deroga al principio generale di cui all'art. 9, 1° comma legge n. 689/81.
Le considerazioni fin qui svolte non appaiono confutate da Cass. n. 15199/06, invocata da parte
ricorrente.
Il richiamo all'art. 9 della legge n. 689/81, contenuto nella motivazione di detta pronuncia, costituisce
un obiter dictum, poiché la questione rimessa al S.C. era limitata a scrutinare (ai fini di una richiesta di
estradizione) l'esistenza nell'ordinamento nazionale di una fattispecie penale corrispondente alla
conspiracy del diritto statunitense, fattispecie che la Cassazione ha rinvenuto nell'art. 185 T.U.F., così
come modificato dalla legge n. 62/05, estraendone gli elementi differenziali rispetto alla più ampia
previsione dell'art.187 ter. L'operazione interpretativa compiuta non necessitava, né in concreto ha
richiesto, alcuna presa di posizione in ordine alla possibile coesistenza dei due illeciti, essendo stato
sufficiente ai fini della decisione individuare nell'art. 185 elementi costitutivi assimilabili a quelli previsti
dall'omologa ipotesi di reato contemplata dall'ordinamento straniero.
Per tutto quanto sopra considerato, non è dubbio che l'applicazione dell'art. 187 ter D.Lgs. n.58/98 sia
cumulabile con quella di cui all'art. 185 stesso decreto, fermo restando che le relative cognizioni sono
appannaggio di giudici diversi.
7. Venendo al terzo motivo di opposizione, (A) censura il provvedimento impugnato sotto il profilo
dell'asserita violazione del principio di specialità con riguardo altresì alla responsabilità amministrativa
della persona giuridica.
Si prospetta, in particolare, che nella impostazione sanzionatoria adottata dalla CONSOB la società
potrebbe essere chiamata a rispondere addirittura tre volte per lo stesso illecito: la prima in base
all'articolo 187 quinquies TUF; la seconda ai sensi dell'articolo 6, comma 3, legge 689/81; la terza
(nella denegata ipotesi in cui il giudice penale dovesse attribuire rilevanza penale, ex art. 185 TUF, al
fatto qui contestato) ai sensi dell'articolo 25 sexies d.lvo 231/01 sulla responsabilità amministrativa
della persona giuridica in caso di reato commesso dal proprio amministratore o rappresentante.
Non si ritiene che lo scenario così configurato concreti di per sé un profilo di illegittimità del
provvedimento opposto.
Per quanto riguarda il rapporto tra l'articolo 187 quinquies TUF e l'articolo 6 l. 689/81, la sussistenza di
un rapporto di specialità, ovvero di assorbimento, deve escludersi in radice sull'assunto che mentre la
prima disposizione concreta un'ipotesi di responsabilità amministrativa della persona giuridica per fatto
proprio e, dunque, sulla base di un criterio di imputazione soggettiva direttamente ascrivibile alla
colpevolezza dell'ente (colpa in organizzazione), la seconda norma configura invece un'ipotesi di
responsabilità solidale per fatto altrui, individuabile nella violazione commessa dal rappresentante o
dal dipendente nell'ambito dell'esercizio delle sue funzioni o incombenze.
La distinzione non appare di poco conto, dal momento che soltanto nel primo caso la connessione
funzionale dell'illecito amministrativo con l'esercizio delle competenze interne alla persona giuridica è
tale da fondare, in presenza di tutti i presupposti di legge, la colpa intesa quale elemento soggettivo di
un illecito direttamente ascrivibile all'ente; là dove, in base all'articolo 6 citato, tale connessione
ingenera unicamente un vincolo di solidarietà nel pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria
dovuta dalla persona fisica.
Nel sistema della l. 689/81, alla persona giuridica viene accollata non già una responsabilità per
l'illecito commesso dalla persona fisica, bensì soltanto una responsabilità per il pagamento della
sanzione pecuniaria.
In questo ambito può condividersi l'assunto in base al quale l'articolo 6 l. 689/81 concreterebbe
un'ipotesi di debito senza responsabilità; quantomeno allorché si riferisca quest'ultimo termine alla
responsabilità per la violazione amministrativa in quanto tale.
D'altra parte, la circostanza che la persona giuridica non risponda, in tal caso, per il fatto proprio è
insita nello stesso meccanismo di solidarietà volto, da un lato, a rafforzare il credito dello Stato al
pagamento della sanzione pecuniaria - in ordine al quale alla persona giuridica viene in sostanza
richiesto di fungere da 'cassiere' (adiectus solutionis causa) a mera garanzia del buon esito del
procedimento impositivo - e, dall'altro, a tenere indenne la stessa persona giuridica, in forza del diritto
di regresso spettantele secondo i principi generali di cui agli articoli 1292 e seguenti del codice civile,
dal sacrificio economico sopportato.
Con riguardo alle previsioni normative in esame, dunque, non appare corretto affermare una
duplicazione di titoli di responsabilità per il medesimo fatto.
Va del resto considerato che l'istituto della responsabilità della persona giuridica per la sanzione
pecuniaria di cui alla legge 689/81 (rappresentante, come è noto, un vero e proprio 'statuto' della
responsabilità amministrativa) costituisce, sul piano storico e della evoluzione normativa, null'altro che
l'estensione al campo dell'illecito amministrativo di un principio già ben radicato con riguardo all'illecito
penale, ex articolo 197 del codice penale; norma, quest'ultima, a sua volta fondante una obbligazione
civile della persona giuridica - in funzione puramente satisfattiva della pretesa punitiva - per il
pagamento di pene pecuniarie, al di fuori di qualsiasi coinvolgimento dell'ente nella commissione del
reato.
Rileva poi che la normativa speciale di tutela del mercato finanziario, lungi dal derogare a tale regime
di responsabilità per fatto altrui, l'ha addirittura rafforzato prevedendo non soltanto che: 'le società e gli
enti ai quali appartengono gli autori delle violazioni rispondono, in solido con questi, del pagamento
della sanzione ( ... )", ma anche che le società e gli enti che abbiano così anticipato il pagamento,
"sono tenuti ad esercitare il diritto di regresso verso i responsabili" (articolo 195, comma 9, TUF); il che
abbina all'esigenza dello Stato di recuperare l'importo della sanzione irrogata, quella di rendere il più
possibile effettiva, con il regresso obbligatorio, la sanzione in capo alla persona fisica-responsabile
dell'illecito.
Proprio perché l'ente giuridico risponde, in tali casi, non per il fatto proprio ma per il fatto altrui (così da
restare indenne, in forza del regresso, anche dalle conseguenze puramente economiche dell'illecito),
non può sostenersi che la responsabilità ai sensi dell'articolo 6 l. 689/81 non avrebbe ragione di
operare allorché la persona giuridica fosse tenuta a rispondere anche 'in proprio' per il medesimo
fatto.
Si è già posto in evidenza, in proposito, come la disposizione da ultimo citata - imponendo in sostanza
alla persona giuridica un ruolo assimilabile a quello del 'sostituto d'imposta' - finisca con il risultare del
tutto neutrale in ordine alla responsabilità dell'ente per l'illecito commesso dalla persona fisica (una
cosa essendo la responsabilità per il pagamento della sanzione e tutt'altra quella per la violazione
sanzionata); lasciando così intatta la eventuale responsabilità dell'ente per un diverso titolo.
Questa affermazione si attaglia appieno al caso di specie, posto che il "diverso titolo" di responsabilità
della società opponente va ascritto ad una ipotesi di 'colpa in organizzazione' e, dunque, ad un 'fatto
proprio' in ordine al quale l'illecito amministrativo posto in essere dalla persona fisica funge
unicamente (ex articolo 187 quinquies cit., recettivo sul punto dei principi di cui al d. lvo 231/01) quale
pre-requisito di imputazione; il che esclude qualsiasi interferenza o cumulo sanzionatorio con l'art. 6
cit.
Per quanto riguarda il rapporto tra l'articolo 187 quinquies cit. e l'art. 25 sexies d.lvo 231/01, il
problema della 'specialità' non si connota diversamente rispetto a quanto già ritenuto in ordine al
sistema sanzionatorio della persona fisica; richiamandosi, in proposito, tutte le considerazioni già
svolte (§ prec.) sulla individuazione nel vigente apparato normativo di una precisa scelta di politica
legislativa in chiave non di alternatività o specialità, bensì di cumulabilità della responsabilità
amministrativa (art. 187 ter) con quella penale (art. 185).
Effettivamente, anche con riguardo alla persona giuridica si pone la possibilità di cumulo nell'ipotesi in
cui lo stesso fatto sia assunto a fondamento tanto della responsabilità ai sensi dell'articolo 187
quinquies (illecito amministrativo), quanto di quella ai sensi dell'articolo 25 sexies (illecito penale), ma
tale cumulabilità si pone in termini esattamente speculari a quelli dell'agente-persona fisica.
Nè varrebbe obiettare che mentre la persona fisica risponderebbe una volta in via amministrativa ed
altra in via penale, la persona giuridica risponderebbe due volte in via amministrativa.
Tale obiezione non terrebbe infatti conto che la responsabilità degli enti, così come delineata dal d.lvo
231/01, ancorché nominalmente definita come 'amministrativa', ricalca appieno tutti i connotati della
vera e propria responsabilità penale: non soltanto perché, a differenza di quella prevista dall'articolo
187 quinquies, origina necessariamente dalla commissione di un reato da parte della persona fisica,
ma anche perché è accertata dal giudice penale all'esito di un procedimento ed in applicazione di tutti
gli istituti tipici del sistema sanzionatorio penale (dall'assunzione della qualifica di imputato alla
possibilità di adire riti alternativi; dalla configurabilità del tentativo alla recidiva; dalla sottoponibilità a
misure cautelare all'iscrizione della sanzione nel casellario giudiziale).
È proprio in tale prospettiva che la dottrina si riconosce, pressoché unanimemente, nell'affermazione
in base alla quale, con il d.lvo 231/01, il nostro ordinamento ha recepito - sotto l'impulso della
normativa comunitaria e con ciò sovvertendo l'opposta e radicata tradizione giuridica - il principio per
cui 'socíetas delinquere potest'.
Che poi si sia trattato, anche in tema di responsabilità dell'ente, non del frutto di un intervento
riformatore disarmonico e scoordinato, ma di una scelta consapevole del legislatore, si evince una
volta di più dal fatto che la responsabilità da reato della persona giuridica è stata introdotta – con
l'inserimento delle fattispecie di abuso di informazioni privilegiate e di manipolazione del mercato di cui
al cit. art. 25 sexies nel ventaglio dei reati rilevanti ai fini del divo 231/01 – dalla stessa l. 18.4.05 n. 62
introduttiva nel TUF dell'intero 'Titolo I bis', contenente l'articolo 187 quinquies.
8. Venendo al quarto motivo di opposizione, concernente il merito della contestazione, occorre
osservare come oggetto di quest'ultima, alla base delle sanzioni applicate dalla CONSOB con la
delibera n. 15760 del 9 febbraio 2007, sia la violazione prevista dall'art. 187 ter, primo comma d. Lgs.
58/1998, in riferimento alla falsità dei comunicati pubblicati il … da (A) s.p.a. e da (E) del seguente
rispettivo tenore: "Su richiesta della CONSOB – ai sensi dell'art. 114 comma 5 del D. Lgs. 58/1998 –
con riferimento all'andamento delle quotazioni e ai rilevanti volumi scambiati delle azioni emesse da
(B) S.p.a. nelle ultime sedute di mercato, nonché alle ipotesi di stampa diffuse in data … riguardanti
‘un rafforzamento della quota di (A) in vista del prestito convertendo da tre miliardi di euro', (A) precisa
di non avere intrapreso né studiato alcuna iniziativa in relazione alla scadenza del prestito
convertendo e ribadisce di non disporre di alcun elemento utile a spiegare tale andamento, né di
informazioni relative a nuovi fatti rilevanti che possano aver influito sull'andamento stesso. Peraltro
(A), ribadendo quanto già espresso in sede di Assemblea degli azionisti del …, conferma l'intenzione
di rimanere azionista di riferimento di (B). Al riguardo (A) valuterà eventuali iniziative al momento
opportuno", e "Su richiesta della CONSOB – ai sensi dell'art. 114 comma 5 del D. Lgs. 58/1998 – con
riferimento all'andamento delle quotazioni e ai rilevanti volumi scambiati delle azioni emesse da (B)
S.p.a. nelle ultime sedute di mercato, nonché alle ipotesi di stampa diffuse in data … riguardanti ‘un
rafforzamento della quota di (A) in vista del prestito convertendo da tre miliardi di euro', la (E) s.a.p.a.,
anche per quanto la riguarda, conferma il comunicato stampa emesso in data odierna dall'(A) S.p.a.".
In proposito occorre subito rilevare, così disattendendo una prima contestazione di parte ricorrente in
opposizione, che la natura delle informazioni richieste da CONSOB non ha natura privilegiata: per tale
qualificabile, ai sensi dell'art. 181 d.lgs. 58/98 un'informazione avente carattere preciso, non ancora
resa pubblica, concernente, indirettamente o direttamente, uno o più emittenti strumenti finanziari od
uno o più strumenti finanziari; ed ancora price sensitive, ossia idonea, se resa pubblica, ad influire in
modo sensibile sui prezzi degli strumenti finanziari (per una recente ipotesi di abuso di informazioni
privilegiate: Cass. pen. 10 luglio 2006, n. 2871, in Società, 2007, 1023).
Ed infatti, come appare chiaro dallo stesso tenore dei comunicati suindicati, essi sono stati pubblicati
in risposta ad una richiesta formulata dalla CONSOB, ai sensi dell'art. 114 (non già primo comma,
relativo alle suddette informazioni privilegiate ed oggetto di obbligo di comunicazione spontanea,
bensì), quinto comma d.lgs. 58/98, ossia nell'esercizio, da parte dell'Istituto di vigilanza, di un generale
potere di richiesta, agli emittenti quotati od ai soggetti controllanti, di pubblicizzazione, con le modalità
da essa stabilite, delle notizie e dei documenti necessari per l'informazione del pubblico: pure
potendo, in caso di inottemperanza, la CONSOB provvedere direttamente a spese del soggetto
inadempiente.
Ed un tale potere di richiesta di informazione al mercato in via generale non può essere certamente
sindacato, nei presupposti del suo esercizio (come più volte adombrato da parte opponente nelle sue
difese), dai soggetti richiesti; soltanto legittimati all'opposizione per il grave danno loro eventualmente
derivante, al fine della sospensione dell'obbligo di comunicazione, mediante reclamo, a norma dell'art.
114, sesto comma d.lgs. cit. (nel caso di specie, senza peraltro alcun esercizio di tale facoltà).
La natura dell'informativa sollecitata da CONSOB nell'interesse del mercato e l'idoneità della
medesima ad influire sul corso del medesimo esclude, al contempo, che si verta nella specie del
'minor' illecito di cui all'art. 193 TUF; genericamente riferito alla violazione dei doveri informativi
societari e degli obblighi di segnalazione, indipendentemente dalla loro possibile incidenza sul
mercato.
Tanto preliminarmente chiarito, occorre ora procedere ad un'attenta disamina critica del contenuto dei
due comunicati in contestazione, per apprezzarne, in riferimento all'oggetto della richiesta di CONSOB
(previamente individuato il corretto perimetro dell'acquisizione informativa effettivamente pretesa), la
falsità o meno, in funzione dell'idoneità potenzialmente decettiva del mercato.
Con la richiesta di comunicazione del …, la CONSOB, facendo "riferimento all'andamento delle
quotazioni e ai rilevanti volumi scambiati delle azioni emesse da (B) S.p.a. nelle ultime sedute di
mercato, nonché alle ipotesi di stampa diffuse in data … riguardanti un rafforzamento della quota di
(A) in vista del prestito convertendo da tre miliardi", ha appunto richiesto ad (A) S.p.a. ed a (E) s.a.p.a.
la diffusione "al riguardo ... senza indugio" e con le modalità specificamente indicate di "un comunicato
stampa contenente informazioni in merito ad eventuali iniziative intraprese e allo allo studio in
relazione alla prossima scadenza del citato prestito convertendo, nonché ad eventuali nuovi fatti
rilevanti riguardanti la sfera societaria e comunque ogni notizia utile a spiegare il citato andamento
delle quotazioni dei titoli emessi dalla medesima società", restando "comunque inteso che, qualora
codeste società ritenessero di non disporre di alcun elemento utile a spiegare detto andamento delle
quotazioni, anche tale notizia dovrà costituire oggetto di comunicazione al pubblico". Appare di
immediata ed inconfutabile evidenza, dal piano tenore letterale della richiesta, al di là di ogni
argomentazione difensivamente opposta, come essa, a differenza delle precedenti richieste di
CONSOB del … a (B) S.p.a. e del … ad (A) S.p.a. ed a (E) s.a.p.a., aventi ad esclusivo oggetto
eventuali nuovi fatti riguardanti la sfera societaria e l'andamento delle quotazioni dei titoli emessi,
abbia - in riferimento ai movimenti di mercato ed alle notizie di stampa sopra illustrati - un duplice
oggetto: da una parte, le informazioni ed ogni notizia utile a spiegare l'andamento delle quotazioni e
dei rilevanti volumi di azioni (B) scambiati e, dall'altra, le eventuali iniziative intraprese o allo studio, in
relazione alla prossima scadenza del prestito convertendo.
In tale senso depongono anche le dichiarazioni rese da … (responsabile della … della CONSOB) al
P.M. di Torino il … ("Tale domanda", relativa all'ulteriore precisazione su iniziative intraprese o allo
studio in relazione al convertendo, "era stata posta proprio perché ... in CONSOB aveva mostrato che
il Gruppo … aveva in realtà allo studio una qualche iniziativa ed io ritenni che fosse opportuno che di
questo una qualche informazione fosse data al mercato'), nonché quelle rese da … (… di CONSOB)
allo stesso P.M. il … ("Venne anche chiesto di informare il mercato sulla esistenza di iniziative
intraprese o allo studio. Questo ulteriore punto posto all'attenzione dell'emittente derivava proprio dalla
conoscenza che la Divisione Mercati aveva dei passi effettuati in CONSOB da .... Noi li chiamiamo
"eventi in evoluzione" ... se non ci fossero stati gli articoli di stampa del … citati nella richiesta di
comunicato, CONSOB non avrebbe imposto ad (A) ed a … di comunicare al mercato l'esistenza di
iniziative intraprese o allo studio e, prima ancora, le cause dell'andamento del titolo".
Ma altrettanto chiaramente appare l'immediata comprensione, da parte dei soggetti poi sanzionati,
della duplicità di oggetto della richiesta: come risulta, in particolare, dalle dichiarazioni di ... al P.M. di
Torino del … ('Io ho interpretato due punti fondamentali: volevano sapere se avevamo informazioni
che potessero spiegare l'andamento del titolo e se vi erano iniziative intraprese o allo studio": doc. 1
all. memoria CONSOB …) e da quelle di … al P. M. di Torino del … (Io segnalai all' ... che la richiesta
di CONSOB conteneva la domanda di indicare se vi fossero allo studio o fossero state intraprese
iniziative in riferimento al convertendo": doc. 2 all. memoria CONSOB …).
Tanto accertato, occorre allora verificare quale attività, alla data del …, fosse (quanto meno: ciò
essendo dei tutto sufficiente ai fini della contestazione) 'allo studio', ossia in una fase di preparazione
tecnica, tale da integrare, secondo la corrente accezione linguistica, una ricerca, un'indagine, una
progettazione, nella prospettiva di un coerente risultato concreto, evidentemente da conseguire
ancora (diversamente, vertendosi nella successiva fase della ‘realizzazione'): attività, di studio
appunto, da individuare nella sua consistenza effettiva e nella sua riferibilità ai soggetti sanzionati, alla
luce delle risultanze acquisite.
Secondo una lettura prospettica dei dati così orientata, questa Corte deve allora valutare l'esistenza o
meno, all'epoca di diffusione dei suddetti comunicati, di un progetto allo studio, idoneo a consentire al
cd. "Gruppo …" l'acquisizione delle azioni necessarie al mantenimento della partecipazione di
riferimento (pari a circa il 30 %) di (A) S.p.a. in (B) S.p.a., anche dopo l'aumento di capitale al servizio
del "convertendo" ed in via alternativa alla sua sottoscrizione nella misura utile.
Come strumento atto allo scopo, già dall' … (come da e-mail …: doc. 1 all.memoria CONSOB …),
funzionari di …, tradizionale advisor del Gruppo (B) (come noto e comunque espressamente indicato
dall' ... nella sua comunicazione a CONSOB del …) individuano un total return equity swap
(comportante l'acquisto obbligatorio di azioni): strumento di impiego eccezionale per il Gruppo
(stipulato, negli ultimi tre anni, una sola volta, su azioni … e per finalità non speculative) e non
comportante, all'epoca, alcun obbligo di comunicazione alla CONSOB o al mercato.
I funzionari di … avviano così ed affinano progressivamente, nel corso dei mesi di … (come da
scambio di e-mail … - … tra gli stessi: docc. 2, 3 e 4 all. memoria CONSOB …) e successivi, uno
studio per la stipulazione di un equity swap avente ad oggetto 90-95 milioni di azioni (B), quantitativo
necessario ad evitare l'effetto diluitivo della suddetta scadenza del prestito convertendo sulla
partecipazione rilevante di (A) (in tale senso anche le dichiarazioni di … e …, dirigenti di…, del …:
docc. 47 e 48 all. memoria CONSOB …): fino ad arrivare, con il graduale coinvolgimento anche dei
soggetti poi sanzionati (quanto meno) dalla seconda metà del mese di … in avanti (così ancora, in
particolare, le dichiarazioni di … del …, cit.), ad una definizione sempre più puntuale dello strumento
dell'equity swap, peculiarmente connotato (come principalmente si evince dall'Acquisition strategies
on (B) del …, dalla prima bozza di term-sheet del … e dal term-sheet del …: docc. 8, 10 e 12 all.
memoria CONSOB …) da caratteri di flessibilità e di facilità di acquisto delle azioni necessarie, al
prezzo e secondo i tempi fissati da (A) S.p.a. (attraverso la società del gruppo istituzionalmente
deputata agli investimenti a breve: (D) s.a. Mezzo, poi, soprattutto congegnato in modo da assicurare
la massima riservatezza dell'operazione ("Confidentiality - The market will not know that (A) is the
counterparty unfer the swap": così tra le Considerations del Long Total Retum Swap dell'Acquisition
strategies on (B) del …, cit.), come anche riferito da … nell'audizione del … ("Chiedemmo poi a … di
mantenere riservata l'operazione, nel rispetto delle norme di legge e raccomandammo pertanto di
effettuare gli acquisti in maniera ponderata rispetto ai volumi giornalieri di mercato" : doc. 50 all.
memoria CONSOB …).
Ciò che spiega come, nella costituzione della necessaria provvista di 90 milioni di azioni (B),
acquistate tra il … ed il … (secondo i volumi, i prezzi ed i tempi indicati nella analitica tabella
illustrativa a pag. 44 della memoria CONSOB ...), come ben noto anche a ... (che ha dichiarato,
nell'interrogatorio del …, cit., in riferimento al comunicato del ..., non essere questo "fuorviante perché
noi le azioni disponibili le avevamo già'"), pure autore, insieme con ..., delle istruzioni riguardanti
volumi e tempi di loro acquisto (come da scambio di e-mail tra funzionari ... del ..., nonchè del … e …:
docc. 19 , 22 e 23 all. memoria CONSOB ...; come, ancor più chiaramente, da dichiarazioni di … del
…, cit.: "Il … ci viene chiesto un incontro per il …. Il … ci vediamo con …, con ... e … e ci viene
chiesto di fermare gli acquisti a 45 milioni di titoli raddoppiando gli effetti finanziari dello swap. Tale
ipotesi fu valutata negativamente da .... La sera del … … ci chiamò dicendo che non era più
interessato a questo tipo di operazione e che dunque si poteva procedere con il quantitativo
originario."), ... si sia preoccupata di concludere alcuni equity swaps di copertura con … e ….
Ed infatti, la prima ha stipulato con tali due società, individuate quali controparti amiche (come da
scambio di e-mail del … e del … tra funzionari ...: docc. 5 e 9 all., memoria CONSOB ...), da cui
ottenere la restituzione dei titoli da esse acquistati (in ordine, in particolare, all'impegno di … alla loro
restituzione a ..., si legga lo scambio di e-mail del … tra funzionari ...: doc. 17 all. memoria CONSOB
...), quattro equity swaps di segno contrario (il primo tra ... e … del …, come da confirmation del … e
da e-mail del …, con allegato: docc. 20 e 21 all. memoria CONSOB ...; il secondo tra ... e … del …,
come da confirmation del … e da e-mail del …, con allegato: docc. 24 e 25 id.; il primo tra ... e … del
..., come da confirmation: doc. 27 id.; il secondo tra ... e … del …, come da confirmation: doc. 28 id.) e
con modalità tali (documentate dalla sopra citata tabella di acquisti) da rimanere costantemente al di
sotto della soglia comportante l'obbligo informativo per partecipazioni rilevanti, prescritto dall'art. 120
d.lgs. 58/1998: e ciò per evitare ogni comunicazione, atteso il convenuto obbligo di riservatezza.
Ma il profilo dell'operazione che maggiormente ha preoccupato i soggetti sanzionati ed il loro
intermediario sul mercato è stato certamente quello di evitare il rischio di un'o.p.a. totalitaria, che
avrebbe richiesto uno sforzo economico verosimilmente al di sopra dei mezzi disponibili: in ogni caso,
fino alla definitiva comunicazione della risposta di CONSOB al quesito giuridico sottopostole al
riguardo dall' ... (formalmente in data …), rimanendo ad essa condizionata la deliberazione del C.d.A.
di (A) S.p.a. del …, di approvazione dell'operazione (con riserva alle ore …, in attesa della relativa
comunicazione di CONSOB, confermata alle successive ore …, per la sopravvenuta notizia del
preannunciato parere positivo sul quesito sottoposto, nel senso dell'esclusione dell'obbligo di o.p.a.,
come da relativo verbale): definitivamente suggellata con il contratto del … tra (D) e ..., con la scrittura
in pari data tra (A) S.p.a. ed (D) e con il contratto, sempre nella medesima data, tra (A) S.p.a. e ...
(doc. 39 all. memoria CONSOB ...).
In questa prospettiva, deve essere letta la vicenda evolutiva riguardante l'acquisizione finale, mediante
consegna delle azioni oggetto dell'equity swap ed in esito al suo (come si vedrà) preordinato
"smontaggio", imperniato sul presupposto della concessione ad (D) della facoltà di risoluzione
anticipata (Early termination), sulla fisica consegna dei titoli (phisical settlement).
E proprio una tale clausola, per il suo carattere problematico (come da scambio di e-mail … tra
funzionari ...: doc. 11 all. memoria CONSOB ...), è stata oggetto di variazione: dalla sua iniziale
previsione (prima bozza di term-sheet del …, cit.) come regolamento naturale dei contratto, salva la
possibilità per (D) di scelta del regolamento per contante (cash settlement) e quindi come oggetto di
diritto potestativo di (D) medesima (term-sheet del …, cit.) alla sua modificazione, infine, con la
previsione di modalità esecutiva del contratto per cash settlement e la possibilità di phisical
settlement, subordinatamente al mutuo consenso delle parti (confirmation dell' …, recante la data del
…: doc. 13 all. memoria CONSOB ...).
Ora, siffatta variazione deve essere posta in collegamento eziologico con il parere reso, su richiesta di
... e ad essa indirizzato, dallo Studio … del ... (pertanto, in data compresa tra il … e …), con il quale,
individuata la fattispecie negoziale allo studio (l. the transaction) e prospettate le principali
problematiche legali (2. Main legal regulatory issues), in relazione alle regole di o.p.a. (3. Tender offer
rules), di manipolazione del mercato (4. Market manipulation and insider trading) e di obblighi di
comunicazione (5. Disclosure obligations), in distinto riferimento alle posizioni di ... (punto 5.2.2) e di
(D) (punto 5.2.3), si concludeva in particolare (6. Conclusione, punto b) per l'obbligo, nel caso di
esecuzione dello swap con superamento della soglia di partecipazione del 30 % al capitale di (B)
S.p.a., di o.p.a. per (D), senza tuttavia estensione di analogo obbligo per ... (doc. 16 all. memoria
CONSOB ..., in allegato ad e-mail del ...tra funzionari ...).
A riguardo della scelta (in realtà, apparente) tra esecuzione per cash settlement, piuttosto che per
phisical settlement, occorre anche dire come CONSOB, nella sua "Analisi quantitativa degli equity
swaps" sottolinei, in esito ad una critica disamina delle caratteristiche dell'equity swap stipulato da ...
con (D) il ..., in relazione alle sue previsioni di regolamento alla scadenza od alla chiusura anticipata
(riserva alla prima di un tempo discrezionale e indefinito per la vendita delle azioni (B); attribuzione
alla seconda di tutti gli oneri finanziari connessi al rischio di mercato di tale vendita attraverso la
contrattualizzazione di una valorizzazione dei 90 milioni di azioni (B), ai fini del calcolo del "flusso
equity", pari alla media ponderata dei prezzi inerenti alle vendite delle azioni (B), come "tale
indeterminatezza dei flussi finanziari sottesi al regolamento dell'equity swap", rendesse "altamente
improbabile già al momento della stipula del contratto derivato la scelta del cash settlement da parte di
(D)".
Le clausole sopra analizzate appartengono già alla fase di cd. "smontaggio" ('unwinding') dell'equity
swap, ossia di trasferimento delle azioni acquistate, in esecuzione di questo, ad (A) S.p.a. per il
mantenimento della partecipazione dominante in (B) S.p.a., al riparo, come rappresentato, dal rischio
di o.p.a.
Alla realizzazione di questa finalità, concorrono probatoriamente i seguenti principali dati: lo scambio
di e-mail del … e … tra funzionari ...(doc. 31 all. memoria CONSOB ...) sulla fissazione di un incontro
il … per la preparazione del suddetto "smontaggio", poi in effetti tenutosi a Torino tra … e …, per ... e
… e l' …, dello studio ..., per la controparte (come in particolare riferito da ... e ... nelle audizioni del …,
citt.); il documento tecnico di esecuzione dell'attività di "smontaggio", contenente in particolare una
dettagliata descrizione della Procedure of Phisical Settlement, nelle due varianti di Simultaneous
Unwind e di Gradual Unwind Presentation Distacom Total Retum Swap - Unwind Mechanics: doc. 32
all. memoria CONSOB ...); la e-mail del ... tra funzionari ... sullo smontaggio, con preoccupazione di ...
in ordine alla necessità di acquisto, da parte di (A) S.p.a., di 5,5 milioni di azioni, per evitare l'ulteriore
effetto diluitivo derivante dalla possibilità di beneficio dell'aumento di capitale anche per gli azionisti di
risparmio (doc. 33 all. memoria CONSOB ...); gli incontri del … e del … nello studio ..., alla presenza
di ... e ... per ... e, per la controparte, di ..., … e ... (come ancora riferito da ... e ... nelle audizioni del
…, citt.), nell'ambito dei quali, da quest'ultimo e per essa, rappresentato uno studio di fattibilità
dell'operazione di smontaggio, in corso, per evitare la diluizione della partecipazione al di sotto del 30
%, secondo due ipotesi (l'una ad agosto, con mantenimento delle azioni sottostanti in capo a ... per tre
settimane, individuando forme di copertura del rischio prezzo ed una cessione ad (D) o ad altra
società, da essa designata alla data della diluizione; l'altra, a settembre, tramite un contratto trilaterale
tra (D), (A) e ..., ovvero con acquisto da parte di (D), senza intervento di (A) e con finanziamento di
...); la bozza di contratto predisposta dall' ... tra (D), (A) e ... del … (doc. 34 all. memoria CONSOB ...),
sostanzialmente identica ai contratti del …, sopra indicati.
Così ricostruito il quadro negoziale ed operativo tra tutti i protagonisti della vicenda ed a conclusione
della lettura prospettica indicata, la Corte ritiene certa l'esistenza, al momento della richiesta di
CONSOB del ..., ai sensi dell'art. 114, quinto comma d.lgs. 58/1998 (ed evasa con la diffusione dei
due comunicati contestati), di uno studio in corso da parte dei soggetti sanzionati e pertanto la falsità
oggettiva della comunicazione diffusa sul mercato: con irrilevanza, in proposito, di ogni profilo, pure
ampiamente trattato dalle parti, in ordine all'individuazione di vincoli giuridici, più o meno cogenti, in
vista della realizzazione (fase sicuramente ulteriore e pertanto estranea alla contestazione) di
un'operazione qui d'interesse, in quanto semplicemente allo studio.
D'altronde, una conferma implicita (ma neppure troppo) della bontà della conclusione raggiunta si trae
anche, in particolare (con riferimento all'illustrazione della vicenda evolutiva dell'operazione), dal
tenore del comunicato stampa diffuso il … da (E) s.a.p.a. (doc. 42 all. memoria CONSOB ...).
Con argomentazioni invero suggestive, l'opponente presume che CONSOB, siccome, a suo dire, a
conoscenza dei fatti, avrebbe potuto e dovuto intervenire in allora per integrare, se carenti, o
correggere, se inesatte, le comunicazioni delle società interpellate.
Ora, a parte il singolare quanto insostenibile rovesciamento di ruoli e di responsabilità tra le parti, per
l'insindacabilità dell'agire di CONSOB nei suoi compiti di vigilanza sul mercato, per giunta al di fuori di
ogni contestazione mediante il rimedio del reclamo, previsto dall'art. 114, sesto comma d.lgs. 58/1998
(neppure nel caso di specie utilizzato), l'assunto dell'opponente appare destituito di ogni fondamento,
tenuto conto dell'evidente asimmetria informativa tra le parti medesime, anche in esito agli incontri (in
date … e … a Roma, presso la CONSOB, prima dei comunicati in contestazione, essendovene poi
stata una successiva in data …) avuti dall' ... con suoi funzionari (ed in particolare, con il …, …), in
merito al quesito dal medesimo formulato ed inviato il ….
Dalla sua lettura (per estratto nei punti essenziali: "Per queste ragioni, sia pur con grande sacrificio
economico, la s.a.p.a. potrebbe indursi a conservare nel suo gruppo l'attuale quota di partecipazione,
più del 30 %, acquisendo quanto necessario sul mercato ... Per evitare qualunque rischio od
inconveniente il Gruppo non deve in alcun momento scendere al di sotto della soglia attuale del suo
possesso azionario né superare tale soglia, aumentata fino ad un massimo del 3 %. Ciò premesso, la
(E) tramite società controllate del suo gruppo al fine di conservare senza alcuna modifica l'attuale
possesso azionario della società, dovrebbe quindi con effetto dall'aumento di capitale della (B), cedere
i diritti di opzione che competono sullo stesso aumento di capitale ed acquistare, tramite un importante
intermediario finanziario che ne assicura la disponibilità, un numero sufficiente di azioni ordinarie. In
tale modo tutte e tre le operazioni, ossia di aumento di capitale, cessione diritti di opzione ed acquisto
azioni ordinarie, avverrebbero con effetto dallo stesso momento e cioè simultaneamente"; con
richiesta finale alla Commissione "Se compiendo simultaneamente le operazioni su descritte e,
conservando in tal modo l'attuale possesso azionario ordinario e il controllo di fatto della Società (B),
essa non possa essere obbligata a promuovere un'offerta pubblica di acquisto delle azioni ordinarie
della suddetta società (B)" appare evidente la natura di mero quesito giuridico, senza alcun concreto
ed effettivo contenuto informativo di quanto alla sua base, se non per il riferimento all'acquisizione
delle azioni sul mercato, tramite un importante intermediario finanziario che ne assicura la
disponibilità.
Quello che, infatti, oltre che dal quesito ('Io mi sono sempre chiesto come facesse (A) ad essere
tranquilla sul fatto che l'intermediario poi avesse veramente i titoli a disposizione. Io chiesi in qualche
occasione perché non avevano fatto una call, visto che c'è giurisprudenza CONSOB sul fatto che non
comportasse un obbligo di o.p.a. ... ribadiva che vi era un operatore disponibile. Ma l'oggetto del
quesito non riguardava le modalità di approvvigionamento da parte di (A) delle azioni necessarie a
non diluire la partecipazione in (B)": così …, nell'interrogatorio al P.M. di Torino del …, cit.), neppure
dagli incontri mai è davvero emerso ("Né il contenuto degli incontri, né l'oggetto del quesito
riguardarono mai la natura dell'approvvigionamento da parte di (A) delle azioni che le avrebbero
consentito di mantenersi al 30 % di (B), ma solo la possibilità di ritenere l'operazione, che sarebbe
avvenuta in concomitanza con l'aumento di capitale, esente da o.p.a. ": così … nell'interrogatorio al
P.M. di Torino del …, cit.) sono proprio le informazioni concrete, in ordine alle modalità tecniche
dell'operazione allo studio ("Mai ... aveva parlato di equity swap e di (D)": così ancora …
nell'interrogatorio citato), avendo CONSOB preso conoscenza di ciò, per la prima volta, soltanto il …
(come da sua nota in pari data, prot. …: "Si fa inoltre riferimento all'incontro tenutosi in data odierna ...
nel corso del quale è emersa per la prima volta l'esistenza di un contratto di equity swap pattuito tra la
società (D), controllata dalla … e …, funzionale all'acquisizione della partecipazione indicata'.
Né, sempre sul piano del preteso paritetico coinvolgimento di CONSOB nella responsabilità dei
comunicati, può essere enfatizzata l'aggiunta (effettivamente su disposizione di …) in ordine
all'intenzione di (A) di rimanere azionista di riferimento (B) (peraltro con l'eloquente riserva di
valutazione, da parte della medesima, di "eventuali iniziative al momento opportuno").
Ai riguardo, il medesimo …, sempre nell'interrogatorio più volte citato, è stato, infatti, chiarissimo
("Quello che mi premeva ribadire con ... era che io mai mi sarei accontentato della aggiunta relativa
alla intenzione di (A) di mantenersi quale azionista di riferimento in seno a (B) S.p.a., se avessi saputo
compiutamente dell'operazione che il Gruppo … aveva in corso con ..." e ancora: "Noi avevamo capito
che l'intermediario finanziario cui ... aveva fatto riferimento era …, in quanto lo stesso, che è
storicamente vicino al gruppo …, era stato attivo sul titolo nei mesi di … ed aveva inviato una
segnalazione alla CONSOB del superamento della soglia del 2 %. Ma non sapevamo che … aveva a
sua volta nella propria disponibilità quasi il 10 % delle azioni, avendo fatto 4 equity swaps".
Quanto poco, infine, CONSOB conoscesse, all'epoca della richiesta informativa, del progetto da
tempo allo studio del "Gruppo …", risulta ulteriormente confermato dal collegamento istituito, quanto
meno come fatto occasionante, anche con l'andamento delle quotazioni ed ai rilevanti volumi
scambiati delle azioni emesse da (B) S.p.a. nelle ultime sedute di mercato, precedenti la richiesta dei
...: da ben oltre due mesi, invece, avendo (A) S.p.a. provveduto, con le modalità sopra ampiamente
illustrate, alla costituzione dei 90 milioni di azioni necessari allo scopo antidiluitivo della partecipazione
prefissosi.
Al termine del superiore percorso argomentativo, occorre da ultimo verificare le conseguenze della
comunicazione oggettivamente falsa, sotto il profilo della sua idoneità decettiva del mercato: esso
reale e finale destinatario dell'obbligo di comunicazione veritiera e completa, e rimasto totalmente
all'oscuro dell'operazione 'allo studio' e soltanto edotto dell'intenzione di (A) S.p.a. di rimanere
azionista di riferimento di (B) S.p.a., con valutazione, da parte della prima, di "eventuali iniziative al
momento opportuno" (neppure a conoscenza dell'esistenza di un "intermediario disponibile":
circostanza di cui invece informata CONSOB, peraltro del tutto insufficiente, come rilevato, a
rappresentare informazione adeguata su quanto richiesto).
Ora, al di là di quanto significativamente affermato in proposito dal già citato … ("L'informazione
richiesta ... era particolarmente rilevante perché se il gruppo … avesse subito una diluizione, anche di
poco sotto il 30 %, anche se avesse con tale percentuale conservato un effettivo controllo
dell'assemblea, avrebbe comunque dovuto lanciare un'o.p.a. totalitaria per varcare la soglia del 30 %.
... il problema della falsità del comunicato attiene non solo al profilo che riguarda a chi sia riferibile lo
studio ... ma alla circostanza che ... aveva già acquistato o comunque reperito le azioni necessarie
alla operazione. Se (A) avesse svelato lo studio ed avesse detto che "la provvista era fatta", il titolo
avrebbe subito un ribasso o quanto meno sarebbe stato "plafonato".... Se il comunicato (A) avesse
contenuto la notizia della esistenza di uno studio, io ritengo che si sarebbe chiesta una integrazione a
chiarimento del contenuto dello studio stesso. ... l'integrazione che avremmo richiesto avrebbe
riguardato esclusivamente l'indicazione dell'obbiettivo cui doveva essere finalizzato lo studio. Per il
mercato la completa informazione sarebbe stata importante, dovendosi rimuovere le asimmetrie
informative. E' fondamentale sapere se un grande gruppo vuole rimanere socio di controllo di una
società e come intenda muoversi per fare questo. Se avessero detto tutta la verità, avrebbero detto
non solo che avevano allo studio, ma che avevano già messo da parte i titoli per realizzare
l'operazione. Al momento noi, intendo dire CONSOB e più precisamente …, che aveva la
responsabilità della Divisione preposta al Mercato, prendemmo per buona la versione di ..., che
circoscriveva lo studio alla sua attività di legale e che non lasciava trasparire l'articolazione
dell'operazione posta in essere con ... nella complessità poi acclarata successivamente."), appare di
immediata evidenza la suddetta, idoneità decettiva dei due comunicati diffusi il ....
In linea di diritto, occorre premettere come il testo dell'art. 187 ter, primo comma d.lgs. 58/1998 riveli,
nella sua inequivoca formulazione letterale, la volontà del legislatore dì sanzionare le condotte in esso
indicate ("che forniscano o siano suscettibili di fornire", siccome astrattamente in grado di produrre un
"disturbo" del mercato finanziario, così realizzandosi una sua tutela in via anticipata (in tale senso,
anche: Cass. pen. 3 maggio 2006, n. 15199, in Società, 2007, 621): con la conseguente sufficienza, ai
fini dell'integrazione dell'illecito amministrativo contestato, della mera potenzialità decettiva del
mercato. E ciò risulta confermato dalla previsione di aggravamento della sanzione comminata,
nell'ipotesi di riscontro di un concreto e positivo effetto (di quella condotta, già sanzionata, per la sua
astratta idoneità) di manipolazione del mercato (art. 187 ter, quinto comma, in riferimento agli effetti
prodotti sul mercato).
In linea di fatto, non può sfuggire l'idoneità perturbativa del mercato medesimo di una comunicazione,
come quella criticamente esaminata, palesemente falsa, in ordine all'operazione antidiluitiva in corso
di avanzata ed articolata preparazione, sotto il profilo della distorsione delle aspettative di effettiva
contendibilità delle azioni (B), in vista della scadenza del prestito convertendo: anzi fuorviate dalla
(parziale e laconica) comunicazione dell'intenzione di (A) S.p.a. di rimanere azionista di riferimento di
(B) S.p.a., tale da orientare (per la pure comunicata riserva di una propria valutazione di "eventuali
iniziative al momento opportuno") piuttosto nel senso di una futura azione siffatta, quando invece
un'operazione (complessa ed articolata, frutto di un attento ed approfondito studio, ormai in via di
completamento, in attesa della soluzione di un ultimo, rilevante quesito giuridico: sull'esenzione o
meno da o.p.a. dell'operazione congegnata) in tale direzione già da tempo fattivamente preparata.
Non può, pertanto, essere ragionevolmente ravvisata la neutralità di un'esatta e esaustiva
informazione, su quanto in corso di studio, da parte di (A) S.p.a. e di (E) s.a.p.a., per la delicatezza del
passaggio da affrontare, involgente la possibile modificazione delle partecipazioni di comando nel
principale gruppo industriale italiano e tale da rendere le notizie diffuse al riguardo foriere di movimenti
di mercato, di ordine sia meramente speculativo (da parte di piccoli e di grandi investitori), sia
acquisitivo di una partecipazione di controllo.
Deve allora concludersi per l'estrema sensibilità di ogni notizia in proposito, per giunta della natura di
quella consapevolmente taciuta nei comunicati in oggetto: d'altronde, nella piena consapevolezza dei
soggetti poi sanzionati e delle loro controparti finanziarie, sintomaticamente rivelata dall'osservanza di
una riservatezza massima, in vista della realizzazione di un'operazione, pure condotta sul mercato,
ma ad esso completamente taciuta, nonostante la specifica e puntuale richiesta dell'autorità di
vigilanza, ignara, nell'esercizio dei propri compiti istituzionale: e tanto basta all'integrazione dell'illecito
amministrativo contestato.
9. Venendo al quinto motivo di opposizione, concernente la sussistenza nella specie di tutti i
presupposti soggettivi ed oggettivi della responsabilità amministrativa della società ai sensi di
quest'ultima norma, può trovare accoglimento limitatamente ai criteri di imputazione soggettiva
afferenti la posizione ....
Va premesso che l'articolo 187 quinquies ha fatto propri due 'pilastri' del paradigma di responsabilità di
cui al d.lvo 231/01: l'uno (primo comma) insito nella previsione (del tutto collimante anche sul piano
lessicale, con quella di cui all'articolo 5 d.lvo 231/01) per la quale l'ente è responsabile solo se l'illecito
amministrativo è stato commesso "nel suo interesse o a suo vantaggio"; l'altro (quarto comma)
costituito dal richiamo espresso all'articolo 6 d.lvo cit., disciplinante il modello 'forte' di responsabilità;
vale a dire quello applicabile nell'ipotesi di illecito posto in essere da soggetti in posizione apicale
(alternativo a quello previsto dall'articolo 7 nell'ipotesi di illecito di soggetti sottordinati).
Orbene, per quanto riguarda il primo elemento, non vi è dubbio che la rispondenza dell'illecito all'
'interesse' ovvero al 'vantaggio' dell'ente (apparente endiadi risolvibile a seconda che l'opportunità
dell'illecito stesso per l'ente sia valutata ex ante ovvero ex post) rappresenti un elemento costitutivo
della fattispecie di responsabilità suscettibile, conseguentemente, di essere provato da chi quella
responsabilità deduca.
Nel caso in esame, tuttavia, può convenirsi con quanto osservato da CONSOB in ordine al fatto che
tutto l'opponente ha contestato in giudizio, tranne il fatto che il comunicato in oggetto non fosse stato
concepito, redatto e diffuso nell'interesse ed a vantaggio della società.
In effetti, tale circostanza non può porsi seriamente in dubbio se solo si consideri che tale comunicato
si poneva quale momento attuativo di una complessa operazione volta a consentire ad (A) di
contrastare l'effetto diluitivo della partecipazione azionaria in (B) conseguente alla conversione del
'convertendo'.
Va anzi detto che tale comunicato, sollecitato da CONSOB nell'ambito di obblighi informativi che
dovevano per legge essere adempiuti dalla società opponente, non potrebbe nemmeno concepirsi al
di fuori di un'ottica societaria e di un ambito che vedeva (A) nel ruolo di assoluto protagonista, in seno
al 'Gruppo …', dell'iniziativa di mantenimento del controllo azionario; il che, d'altra parte, è reso
evidente dal contenuto stesso del comunicato, nella parte in cui - in ciò concretandosi il precipuo
profilo di interesse e di vantaggio dell'ente - confermava l'intenzione di (A) di rimanere azionista di
riferimento di (B).
Intenzione di per sé più che lecita, ma che venne di fatto perseguita e protetta - per le già esposte
ragioni - anche attraverso il tenore complessivamente reticente e fuorviante del comunicato.
Non potrebbe nemmeno concepirsi, in altri termini, che le persone fisiche coinvolte nella redazione e
nella pubblicazione del comunicato (..., ... e …) abbiano in realtà potuto agire non già nell'interesse ed
a vantaggio della società opponente bensì - richiamandosi la causa di esenzione da responsabilità di
cui al secondo comma dell'articolo 5 d.lvo 231/01 - "nell'interesse esclusivo proprio o di terzi".
Per quanto concerne il secondo elemento, valgono considerazioni parzialmente diverse.
Ciò nel senso che l'articolo 6 d.lvo 231/01 ha recepito una soluzione mediana tra l'adozione di una
responsabilità colposa puramente oggettiva dell'ente (scevra in quanto tale dalla possibilità di prova
contraria) e l'imputazione tout court a quest'ultimo (quale estrema estrinsecazione
dell'immedesimazione) dello stesso reato posto in essere, in tutti i suoi elementi oggettivi e soggettivi,
dalla persona fisica.
La soluzione prescelta è infatti consistita nell'assumere quale dato di partenza della imputabilità
dell'ente una vera e propria presunzione di responsabilità, addossando all'ente incolpato l'onere di
fornire la prova liberatoria di tutta una serie di situazioni ed adempimenti concorrenti (primo comma,
lettere a) – d)).
In base a questa disposizione, in altri termini, non è chi deduca la responsabilità dell'ente a dover
provare la colpa, ma è l'ente stesso a dover provare la insussistenza della colpa in sede di
dimostrazione di un tipico elemento impeditivo della fattispecie.
La scelta legislativa è stata, in definitiva, quella di adottare un modello più rigoroso di responsabilità in
quanto basato sull'inversione dell'onere della prova in punto colpevolezza; a sua volta, questa scelta
si giustifica perché l'articolo 6 disciplina la responsabilità dell'ente per il fatto di soggetti cc.dd. 'apicali';
vale a dire di soggetti che rivestono (eventualmente anche in via di fatto) funzioni di rappresentanza,
amministrazione o direzione dell'ente, ed il cui comportamento illecito va normalmente ascritto, per ciò
soltanto, ad espressione di politica aziendale.
Salvo, ben inteso, che non vi sia interesse o vantaggio dell'ente, ovvero che sia nella specie
riscontrabile - appunto in sede di prova contraria a carico dell'ente stesso - una frattura del rapporto di
riferibilità ed immedesimazione organica.
Non a caso, in questa ottica, l'articolo 6 pone a carico dell'ente l'onere di provare - tra il resto - che la
persona fisica "ha commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di
gestione" (lett. c).
Orbene, non può dirsi che (A) abbia soddisfatto l'onere probatorio posto a suo carico; la società
opponente ha in effetti allegato di essersi puntualmente dotata di un modello organizzativo atto alla
prevenzione dei reati e degli illeciti rilevanti ai fini della responsabilità contestata, nonché di aver
istituito un apposito organismo di vigilanza.
Si tratta di elementi non contestati in giudizio, e tuttavia non dirimenti a fronte della mancata prova
(ma meglio sarebbe dire della stessa mancata 'allegazione') del fatto che le persone fisiche
rappresentative dell'ente (nella specie il ...) agirono non soltanto per un interesse proprio ma,
addirittura, violando intenzionalmente e fraudolentemente i protocolli di prevenzione. Situazione,
quest'ultima, che avrebbe dovuto indurre la società ricorrente ad assumere non le difese del proprio
esponente, come è avvenuto, ma senz'altro i panni della parte lesa.
Solo tale eventualità sarebbe stata infatti in grado di mandare esente la società dalla responsabilità
contestatale, concretando una deviazione dal rapporto fiduciario sotteso alla gestione ed alla
rappresentanza della società e, per ciò soltanto, l'abbandono di qualsiasi ragione che potesse
giustificare l'imputabilità dell'illecito all'ente.
In realtà non si ritiene, nella presente fattispecie, che ci si debba soffermare più di tanto su fatti di
assoluta evidenza e cioè che: - la redazione e diffusione dei comunicato rispondeva, come si è
anticipato, ad interesse precipuo della società e non certo della persona fisica o delle persone fisiche
che hanno partecipato al procedimento decisionale relativo; - l'illecito è stato possibile non grazie alla
elusione dei protocolli e dei meccanismi interni di prevenzione, bensì proprio nell'osservanza dei
medesimi; - esso, in particolare, è stato altresì attuato non nell'aggiramento, ma nella piena
osservanza (come dedotto con forza dalla stessa opponente) della specifica "procedura per la
predisposizione dei comunicati stampa" (in atti) che (A) si era data proprio nella consapevolezza degli
obblighi informativi su di sé gravanti e della 'sensibilità' della materia alla potenziale realizzazione di
illeciti.
In altre parole, emerge un quadro tale da configurare non già un abuso truffaldino e personalistico
della struttura societaria, e nemmeno uno sviamento di poteri gestionali, bensì - costituendone anzi un
esempio di scuola - una perfetta coincidenza e sovrapposizione tra realizzazione dell'illecito da parte
della persona fisica ed attuazione di una scelta dell'ente in quanto tale; perché concretante
espressione di una ben determinata valutazione di politica aziendale, o manageriale che dir si voglia,
ascrivibile alla ricorrente.
Il che giustifica ampiamente, nell'ottica normativa, l'assunzione della condotta della società opponente
nella sfera della riprovevolezza.
In ordine alla qualità soggettiva delle persone fisiche coinvolte nella contestazione alla società
opponente, si ritiene di dover diversificare la posizione ... da quella ....
Il ruolo apicale svolto dal primo non è stato contestato nemmeno dalla ricorrente, risultando che il ...
rivestiva, al momento del fatto, la qualità di presidente del consiglio di amministrazione di (A) (oltre a
quella di presidente del consiglio di amministrazione di tutte le altre società coinvolte nella vicenda:
(C), (E) s.a.p.a., (D)).
Inoltre, la ricorrente non ha potuto fare mistero del fatto che il ... - al di là della veste formale rappresentasse al momento dell'illecito, e da anni, il "principale punto di riferimento" all'interno del
gruppo societario; intendendosi con tale espressione il riferimento personale primario - o quanto meno
uno dei riferimenti personali primari - nella elaborazione ed attuazione delle strategie dell'intero gruppo
….
Nel ..., in definitiva, si assommavano tutte le vesti formali e tutti i poteri effettivi volti ad attribuirgli quel
ruolo di 'vertice' assunto a fondamento del modello legale di responsabilità dell'ente ex artt. 6 e 187
quinquies citati.
Ciò affermato, sarà dunque sufficiente richiamare 'in toto' quanto da questa Corte ritenuto in ordine
alla responsabilità personale del ... nell'illecito-presupposto.
Ad opposta conclusione deve invece pervenirsi con riguardo alla posizione dell' ...
Si richiama integralmente, anche in proposito, quanto da questa stessa Corte rilevato in ordine al fatto
che l' ... deve rispondere dell'illecito posto a suo carico - configurato dall'articolo 187 ter cit. quale
illecito 'generico' e non 'proprio' di una determinata qualifica soggettiva - quale principale ideatore del
contenuto inveritiero del comunicato; essendo finanche ininfluente, sul piano della responsabilità
personale, stabilire se il suo coinvolgimento nel fatto sia ascrivibile – come certamente è avvenuto –
all'esercizio di attività professionale e consulenziale, piuttosto che ad un titolo differente.
Sul piano della responsabilità dell'ente, l'accertamento della qualità gestoria 'apicale' del medesimo
costituisce invece una 'conditio sine qua non', dal momento che in tanto la società potrebbe essere
chiamata a rispondere ai sensi dell'articolo 187 quinquies, in quanto fosse provato che l' ... intervenne
nel processo decisionale concernente il comunicato in qualità di suo amministratore.
CONSOB ha dedotto, in proposito, che l' ... era, all'epoca del fatto, membro del consiglio di
amministrazione di (A) (oltre che di (C) ed (D)); qualità che viene anche espressamente dedotta nel
capo di incolpazione.
Il richiamo alla qualifica formale non può tuttavia ritenersi sufficiente, posto che nella logica normativa
ciò che conta non è tanto la qualifica formale rivestita dall'agente, bensì la circostanza che
quest'ultimo abbia realizzato l'illecito proprio nell'esercizio della funzione corrispondente (ed,
eventualmente, anche in assenza di qualifica formale e, dunque, in linea di puro fatto).
Soltanto con riferimento a tale esercizio, d'altra parte, ha ragione di estrinsecarsi il potere-dovere di
controllo da parte della società mediante l'adozione, tra il resto, di quel modello organizzativo e di quel
codice comportamentale che le persone fisiche devono necessariamente osservare nel momento in
cui agiscano quali esponenti della società stessa ed in virtù del rapporto di appartenenza organica.
Ora, ad escludere che l' ... abbia nella specie agito nell'esercizio di funzioni gestorie rileva che lo
stesso: a) non rivestiva poteri di tipo rappresentativo; non usufruiva di deleghe operative; non agiva
sulla base ed in forza di deliberazioni assunte in seno a quel consiglio di amministrazione del quale
faceva parte; b) era stato investito di un incarico di tipo professionale insito nella valutazione di
fattibilità giuridica dell'operazione; come evidenziato, tra il resto, dal coinvolgimento di stretti
collaboratori e della struttura del suo studio …, nonché dalla formulazione, squisitamente tecnica, del
quesito a CONSOB in ordine alla necessità, nella specie, di o.p.a.; c) trovava in quest'ultima veste la
fonte autonoma e di per sé esaustiva del proprio ruolo e della propria 'legittimazione'; tanto che - a
valere quale ulteriore 'prova del nove' dell'impostazione qui assunta - ben può dirsi che in nulla il suo
comportamento sarebbe mutato allorché egli non avesse affatto rivestito, al momento del comunicato,
la qualità di consigliere di amministrazione.
Resta ancora da valutare se la società ricorrente debba in ipotesi rispondere per l'illecito posto in
essere dall' ... in qualità non di esponente aziendale, bensì di ausiliario concorrente con l''íntraneus' ....
A tale quesito deve darsi risposta negativa.
Non soltanto perché la contestazione, così come formulata, prescinde del tutto da tale ipotesi di
concorso, ma anche perché la responsabilità amministrativa dell'ente può sì fondarsi, in linea di
principio, anche su un illecito posto in essere dalla persona fisica in qualità di concorrente con altri
(organici oppure no alla società); ma ciò soltanto - e di nuovo - a condizione che l'agente rivesta in
proprio la qualifica di soggetto 'apicale', ed in tale veste abbia concorso.
Posto che solamente in tale ultima evenienza vi sarebbe ragione di rimproverare alla società la
mancata prevenzione del comportamento sanzionato.
10. Venendo al sesto e subordinato motivo di opposizione, concernente il quantum della sanzione
irrogata alla società, va preso atto del vincolo derivante dalla univoca previsione del primo comma
dell'articolo 187 quinquies, il quale determina la sanzione applicabile alla società in una "somma pari
all'importo della sanzione amministrativa" applicata per l'illecito in questione alla persona fisica.
E', dunque, con esclusivo richiamo a quest'ultima che dovrà riguardarsi la congruità della sanzione
irrogata da CONSOB ad (A); valendo, in merito, le considerazioni tutte esposte sulla posizione
personale del ....
Basterà qui aggiungere che la rilevanza dell'illecito, il ruolo preminente svolto da (A) nella vicenda, la
perfetta coincidenza dell'interesse e vantaggio sociale con la condotta della persona fisica, il fatto che
su (A) gravassero altresì gli obblighi di correttezza e rispetto del mercato specificamente riconducibili
alla quotazione in borsa, rappresentano – tutti – elementi escludenti la possibilità di una ulteriore
riduzione della sanzione pecuniaria ai sensi degli artt.187 quinquies, 4° co. TUF e 12 d.lvo 231/01.
In ordine al su richiamato 'vincolo' normativo, la società ricorrente ha dedotto la rilevanza e non
manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale della norma in esame in rapporto
agli articoli 3, 23, 25, 27 della Costituzione.
Sotto un primo profilo, che ha costituito oggetto specifico del motivo di opposizione, si lamenta la
indeterminatezza della sanzione applicabile alla società la quale, in presenza di più agenti-persone
fisiche, potrebbe trovarsi a dover rispondere per un ammontare del tutto esorbitante e, soprattutto,
eccedente il massimo della sanzione applicabile alla persona fisica.
La questione, così posta, appare non rilevante e manifestamente infondata.
Va intanto considerato come, nella specie, il dubbio sollevato da (A) finisca con l'essere puramente
teorico, posto che la società dovrà qui rispondere unicamente della posizione ... e, dunque, di un
'quantum' che non rappresenta affatto il risultato di alcuna sommatoria di sanzioni 'individuali'. Il che
esime al contempo dall'affrontare il problema giuridico della estensione al sistema sanzionatorio
amministrativo della persona giuridica degli istituti mitigatori del concorso formale e della
continuazione tra reati; estensione che parrebbe comunque senz'altro ammissibile, sia perché
chiaramente in bonam partem, sia perché non priva di addentellati normativi (v. art. 21 d.lvo 231/01).
In linea di diritto, poi, non è nemmeno condivisibile l'assunto secondo il quale l'articolo 187 quinquies
violerebbe, in sostanza, lo stesso principio di legalità (sotto il profilo del 'nulla poena sine lege) stante
l'impossibilità di stabilire a priori un tetto sanzionatorio massimo.
Basterà considerare che tale effetto rappresenta la conseguenza non già di una indeterminatezza
normativa nella misura della sanzione, bensì della (ovvia) impossibilità di stabilire a priori il numero
delle persone fisiche che - commettendo l'illecito autonomamente, ovvero in concorso tra loro 'impegnano' la responsabilità dell'ente di appartenenza. Se di indeterminatezza si vuol parlare,
pertanto, lo si deve fare con riguardo non all'entità della pena, ma al numero degli agenti; tenendosi
però ben presente che non si tratterebbe di indeterminatezza nella tipizzazione legale dell'illecito e
della sanzione (l'unica a poter essere costituzionalmente censurata), bensì di incertezza puramente
fenomenica perché concernente i modi di manifestazione dell'illecito medesimo.
Il fatto, poi, che il legislatore non abbia prestabilito un tetto massimo di responsabilità dell'ente per
l'ipotesi in cui quest'ultimo sia chiamato a rispondere per l'illecito di un numero indeterminato di
soggetti può spiegarsi non solo nell'ambito dell'esercizio di un tipico potere normativo discrezionale,
ma anche in ragione del 'cumulo' di disvalore riferibile ad un ente che, per le carenze dei proprio
apparato preventivo e della propria sfera di controllo, abbia reso possibile la plurima o addirittura
seriale realizzazione dell'illecito al proprio interno.
Il secondo profilo di legittimità costituzionale - peraltro non oggetto di specifico motivo di opposizione
quanto solamente di argomentazione difensiva nel corso delle repliche orali - concerne la
irragionevolezza di una scelta legislativa che, in base al disposto dell'articolo 187 quinquies primo
comma, finirebbe con il punire la persona giuridica per l'illecito amministrativo in misura assai più
pesante che per l'illecito penale (diversamente da quanto previsto per la persona fisica); ciò sul
presupposto che il massimo della sanzione amministrativa di cui all'articolo da ultimo citato (€ 5
milioni) andrebbe ben oltre il massimo previsto per l'ente dal sistema sanzionatorio 'per quote' di cui
all'articolo 10 d.lvo 231/01 (€ 1.549.000,00).
In punto rilevanza, va osservato che nel caso di specie la società opponente dovrà comunque
rispondere per una sanzione ridotta all'importo di € 1 milione (richiamandosi, in merito, tutte le
considerazioni svolte da questa Corte sul 'quantum debeatur' nella posizione personale ...) e, dunque,
per una sanzione pecuniaria di molto al di sotto non soltanto del tetto massimo previsto per la persona
fisica dagli articoli 185 e 187 ter, ma anche di quello di cui al citato articolo 10.
In punto manifesta infondatezza, non si discute che quello di 'ragionevolezza' costituisca un criteriocardine nella interpretazione in chiave costituzionale della legge, così come innumerevoli volte
affermato dalla Corte Costituzionale.
Ciò posto, tuttavia, appare dirimente che il suddetto criterio di 'ragionevolezza' ovvero ‘razionalità'
normativa è stato dalla giurisprudenza costituzionale sempre rapportato alla lesione del principio di
uguaglianza e, dunque, alla ravvisabilità in concreto di un trattamento ingiustificatamente
disomogeneo di situazioni di partenza omogenee.
E' proprio quest'ultimo presupposto (atto a fungere da tertium comparationis) a fare, nella specie,
difetto.
Si richiamano infatti, anche in proposito, le argomentazioni già svolte in punto insussistenza nella
specie di un rapporto di specialità o concorso apparente di norme e, dunque, in punto legittimità - in
chiave di scelta politica sanzionatoria - del cumulo sanzionatorio amministrativo e penale.
Da ciò discende che, diversamente da quanto sostenuto dalla società opponente, non può nella
specie configurarsi una reale disparità di trattamento nel raffronto tra responsabilità dell'ente di tipo
penale e responsabilità di tipo amministrativo; dal momento che la sussistenza dell'illecito penale
determina, per ciò soltanto, la ravvisabilità in capo all'ente altresì di quello amministrativo.
Con la conseguenza che il maggior rigore lamentato in riferimento alla sanzione amministrativa non
potrebbe che manifestarsi, senza con ciò ledere alcuno dei principi costituzionali richiamati, in sede di
determinazione della sanzione cumulativamente applicabile (fatto comunque salvo il meccanismo
limitativo di esazione previsto dall'art.187 terdecies), non già in sede di diseguale trattamento
sanzionatorio tra l'ente che risponda a solo titolo penale e l'ente che risponda a solo titolo
amministrativo.
Essendo proprio il verificarsi di questa situazione precluso, in radice, dal cumulo delle due
responsabilità in ipotesi di illecito di rilevanza penale.
11. L'opposizione di (A) può dunque trovare accoglimento nei limiti di cui si è detto.
Tale parziale accoglimento (insito nella espunzione di responsabilità sociale per la posizione ... e nella
riduzione quantitativa della sanzione sulla posizione ...) induce alla compensazione per il 60 % delle
spese del procedimento, con accollo del residuo alla società ricorrente, comunque soccombente sulle
questioni giuridiche fattuali concernenti l'illiceità in se della condotta e l'interpretazione delle norme
giuridiche di riferimento.
La liquidazione avviene come in dispositivo.
P.Q.M.
v.ti gli artt. 187 septies d.lvo 24.2.98 n. 58 e succ. modd., nonché 23 l. 24.11.1981 n.689;
in parziale accoglimento del ricorso in opposizione alla delibera n. … del … della CONSOB proposto
da (A) s.p.a. con atto notificato il …;
annulla l'ordinanza emessa a carico della società ricorrente con l'anzidetta delibera, limitatamente alla
responsabilità conseguente all'illecito commesso dall' ...;
riduce la sanzione riferibile all'illecito commesso da ... alla somma di euro l.000.000,00;
respinge nel resto;
v.ti gli artt. 91 e 92 (2° co.) c.p.c.;
dichiara le spese processuali compensate tra le parti nella misura del 60 % e, pertanto, condanna la
società ricorrente alla rifusione a favore di CONSOB del residuo 40 % che liquida in complessivi euro
14.580,00 di cui euro 1.300,00 per diritti ed euro 13.280,00 per onorari, oltre il rimborso delle spese
generali ex all. 14 TF.
Così deciso nella camera di consiglio del 5 dicembre 2007 dalla prima sezione civile della Corte di
Appello di Torino.