Sui social gli adulti diventano adolescenti

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Sui social gli adulti diventano adolescenti
Sui social gli adulti diventano adolescenti
Francesco Di Credico, Head of Social Media @LiveXtension
Huf5ington Post 29/09/2016
È buffo pensare che il World Wide Web sia stato concepito nel 1989 al CERN di Ginevra per permettere lo scambio
di preziose informazioni tra le persone più intelligenti del pianeta, mentre oggi venga usato per motivi
completamente opposti.
Si fa per ridere, ma la condivisione sui social è diventata davvero un'arma a doppio taglio. Il problema più evidente
sta nel fatto che il minimo comune denominatore dei milioni di utenti che nel mondo popolano il web sia proprio la
stupidità e il gusto per le scemenze. Anch'io lo ammetto: adoro video demenziali e piuttosto che leggere un lungo
editoriale preferisco lo sbrocco su FB del personaggio di turno o le gag di Vieri a Formentera, è più forte di me...
[…]
Questo concetto, cioè che siamo tutti accomunati dalla stupidità e ci distinguiamo invece per interessi molto specifici
su cui siamo esperti, è lontano dal pensiero di chi, come il matematico Piergiorgio Odifreddi o il compianto
semiologo Umberto Eco, identifica la stupidità nella "massa di imbecilli" che sta là fuori, da qualche parte a trafficare
con smartphone e tastiera. Come se gli stupidi e gli intelligenti avessero un patentino per essere riconosciuti.
La colpa non è solo nostra che non approfondiamo a sufficienza, la nostra stupidità è anche causata dal modo in cui
si sono trasformati gli strumenti che usiamo per comunicare tramite internet. […]
Si chiama fenomeno del "context collapse", ed è una delle cause principali dei nostri problemi online. È un problema
che oggi è molto sentito soprattutto da colossi come Facebook e Twitter, che hanno registrato una diminuzione
drastica dei contenuti postati pubblicamente dagli utenti (più del 30% in un anno). In pratica è un termine usato per
descrivere come i social media, o almeno quelli più tradizionali, cancellino i confini della nostra sfera sociale: siamo
quasi costretti a rappresentarci mediante un'unica identità presso un unico pubblico. […]
Ecco perché gli under 25 preferiscono usare altre forme di condivisione, più effimere ma più mirate e
contestualizzate (es. messaggistica privata, comunicazione in piccoli gruppi etc.). A differenza degli adulti, che
spesso non hanno alcun tipo di filtro in pubblico, i ragazzi sono più consapevoli del target a cui si rivolgono, e
hanno capito che la libera espressione ha più senso se rivolta a persone che condividono gli stessi interessi, cosa che
su Facebook ormai non avviene più ed è il motivo per cui viene un po' snobbato.
Purtroppo il fenomeno del context collapse riguarda anche l'informazione e ci rende tutti inevitabilmente un po' più
stupidi. Nessuno infatti ha il tempo materiale per verificare, a esempio, se un titolo di un articolo sia realistico o sia
stato montato ad arte. Nessuno si fa troppe domande sui virgolettati che vengono riportati o sui fatti che vengono
raccontati, tendiamo a fidarci ciecamente di chi ha condiviso quell'informazione senza andare troppo nel merito della
fonte (6 persone su 10 non leggono gli articoli che condividono).
È normalissimo, agiamo sulla base della fiducia che riponiamo in chi ci passa l'informazione, altrimenti faremmo
troppa fatica a valutare ogni singolo post. Solo così riusciamo a bilanciare la mancanza di contesto e la scarsità di
tempo a nostra disposizione. […]
Io penso che il web sia ancora relativamente giovane e ci siano ancora milioni di utenti che hanno poca
dimestichezza e poca esperienza alle spalle. Spesso e volentieri ci comportiamo come degli adolescenti digitali, e
questo vale anche per il più intelligente degli scienziati. È normale che ci si scanni a vicenda e senza troppi peli sulla
lingua. Se riusciremo a sopportarci per qualche anno ancora, diventando tutti più maturi e più saggi, le cose sono
destinate a migliorare. […]