UNIVERSITA` DEGLI STUDI DI ROMA “LA SAPIENZA”

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UNIVERSITA` DEGLI STUDI DI ROMA “LA SAPIENZA”
UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI ROMA “LA SAPIENZA”
FACOLTA' DI FARMACIA E MEDICINA
Corso di Laurea di I° livello in Tecniche di Laboratorio
Biomedico
Tesi di laurea
“LA METODICA DI CITOINCLUSIONE NELLA DIAGNOSI
PRECOCE DELLE NEOPLASIE DEL PANCREAS
Sviluppo e comparazione della tecnica del citoincluso vs citologia
convenzionale”
RELATORE
Andrea Testa
LAURENDA
Alì Angelica
Matr. 1325614
A/A 2011-2012
CORRELATORE
Roberto Virgili
Alla mia Famiglia, a Alessio e a tutti quelli
che mi hanno sempre sostenuto in questo
arduo percorso.
Grazie per avermi saputo ascoltare,
rincuorare e incoraggiare in ogni momento.
INDICE
Introduzione
Pag. 1
1 Il Pancreas e la sua anatomia
Pag.5
1.1 Anatomia Macroscopica
Pag.5
1.2 Anatomia Microscopica
Pag.7
2 Patologie del Pancreas
Pag.13
2.1 Patologie Benigne
Pag.13
2.2 Patologie Maligne:
Neoplasie Esocrine del Pancreas
Pag.16
2.3 Neoplasie Solide del Pancreas:
Carcinoma Duttale
2.4 Neoplasie Endocrine del Pancreas
Pag.20
Pag.23
3 Approccio Diagnostico, Stadiazione e
Accenni Terapeutici
Pag.25
3.1 Diagnostica di Laboratorio
Pag.27
3.2 Tecniche di Imaging
Pag.29
3.3 Il ruolo dell’EUS
Pag.32
3.4 EUS-FNA
Pag.35
4 La tecnica del Cell Block
Pag.41
4.1 Allestimento del Cell Block
Pag.42
4.2 Scraping Cell Blocks
Pag.44
4.3 Scraping Cell Blocks vs Conventional Cell Blocks
Pag.46
4.4 La tecnica del Cell Block verso i sistemi
automatizzati:
Cellient Automated System Cell Block
Pag.46
4.5 Principi di funzionamento di Cellient
Automated System Cell Block
Pag.48
4.6 Cellient Automated System Cell Block:
Vantaggi e limiti
4.7 Blocchi tradizionali vs Blocchi Cellient
Pag.49
Pag.51
4.8 Indagini Immunoistochimiche applicate
alla tecnica del Cell Block
Pag.51
4.9 Cellient Cell Block Automatizzato vs
Cell blocks tradizionali: un confronto
delle caratteristiche morfologiche nelle
colorazioni Immunoistochimiche
Pag.53
5 Istochimica
Pag.55
6 Metodiche Accessorie: Immunoistochimica
Pag.56
6.1 Preparazione dei campioni
Pag.56
6.2 Indagini immunoistochimiche nelle
Neoplasie Solide del Pancreas
7 Metodiche Accessorie: Biologia Molecolare
Pag.64
Pag.66
7.1 La Medicina di Laboratorio Partner
indispensabile nella gestione del
Paziente Oncologico
Pag.66
7.2 Alterazioni Genetiche nelle
Neoplasie del Pancreas
Pag.67
7.3 Marcatori Tumorali e Medicina
Personalizzata nelle Neoplasie del
Pancreas
Pag.72
8 Prospettive future per le Neoplasie Pancreatiche
Pag.75
9 Applicazione della tecnica del Cell Block nella
routine laboratoristica per la diagnosi
precoce delle neoplasie del Pancreas
Pag.77
9.1 L’impatto della Citologia Agoaspirativa con
Ago Sottile nella diagnosi e nel trattamento delle
lesioni solide Pancreatiche nella corrente
pratica clinica
Pag.77
9.2 Obiettivi dello studio
Pag.79
9.3 Materiale e Metodi
Pag.80
9.4 Allestimento manuale, Processazione e
Taglio del Cell Block
Pag.80
9.5 Protocollo manuale della tecnica
Immunoistochimica ( IHC)
Pag.85
9.6 Tecniche di biologia molecolare:
Pirosequenziamento
Pag.88
9.7 Risultati dello studio
Pag.91
9.8 Discussione
Pag.92
9.9 Conclusioni
Pag.99
10 Tavole fotografiche e grafici
Pag.100
11 Sitografia e Bibliografia
Pag.111
INTRODUZIONE
Il carcinoma del pancreas occupa la decima posizione per incidenza in
Europa, dove rappresenta il 2.6% di tutti i tumori maschili e
femminili. Nel 2006 sono stati diagnosticati circa 59.900 nuovi casi in
tutta Europa. Esistono sostanziali differenze geografiche rispetto
all'incidenza annua del carcinoma pancreatico. Il tasso di incidenza
più alto si registra negli Stati Uniti, in particolar modo tra la
popolazione nera maschile (15 %). In Europa i tassi di incidenza
annua sono compresi tra l'8.7 e 7.3% per quanto riguarda la
popolazione maschile e tra 5.7 e 4.5% nella popolazione femminile. I
tassi più bassi riguardano in genere i Paesi africani e asiatici. Fa
eccezione il Giappone, dove negli ultimi decenni si è osservato un
sostanziale incremento dei tassi di incidenza, con tassi attualmente
simili a quelli degli Stati Uniti (Figure 1 e 2). Negli uomini, i tassi
specifici per età sono una volta e mezzo superiori rispetto alle donne.
L'incidenza aumenta sensibilmente con l'età da un 1.5 %/anno nei
pazienti con 15-44 anni di età a 55 %/anno nei pazienti anziani con
più di 65 anni (Figura 3). Il carcinoma pancreatico è l’ottava causa
principale di morte correlata a malattia neoplastica in entrambi i sessi
in Europa, dove si registrano circa 65.700 decessi annui (Figura 4).
Sulla base dei dati portati nei Registri Italiani dei Tumori, si osserva
un incremento, di incidenza, sia tra la popolazione femminile, sia tra
quella maschile, con tassi di mortalità piuttosto stabili. Tale
incremento è in parte ascrivibile al perfezionamento e alla diffusione
delle procedure diagnostiche. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, i dati
riportati dal SEER relativamente al periodo 1989-2003 non presentano
differenze significative. Tra tutti i pazienti oncologici, la prognosi di
quelli affetti da cancro del pancreas è una delle più sfavorevoli. Alla
luce dei dati dello studio EUROCARE, relativamente ai casi
-1-
diagnosticati in Europa nel periodo 2000-2002, la sopravvivenza a 5
anni è stata del 5% (Figura 5). La sopravvivenza a 5 anni è risultata
più alta nei pazienti con età compresa tra 15 e 44 anni, con un 13%,
rispetto al 5%, o anche meno, registrato nel gruppo di pazienti dai 55
anni in avanti. I dati sono simili in entrambi i sessi. Non si sono
registrate variazioni nel tempo relativamente alle percentuali della
sopravvivenza a 1, 3 e 5 anni. Nella maggior parte dei casi, i pazienti
presentavano tumori in stadio relativamente avanzato e non resecabili.
Tale miglioramento è stato imputato al maggior numero di resezioni
effettuate e al perfezionamento, nel tempo, delle tecniche di resezione
chirurgica.
L’importanza di questo tumore è accresciuta dal fatto che la
sopravvivenza ad un anno si assesta intorno al 21%, mentre quella a 5
anni non supera il 6%. Il miglioramento degli strumenti diagnostici,
che ha ridotto l’intervallo di tempo tra l’inizio dei sintomi e la
diagnosi di malattia, non sembra averne migliorato la prognosi.
Nonostante i progressi nella ricerca, per la diagnosi di molte malattie,
in particolare per il cancro, è necessaria ancora una valutazione
microscopica di un campione di cellule. Per fare diagnosi, i patologi
cercano alterazioni nella struttura delle cellule e
modifiche nella
composizione e l'organizzazione dei tessuti. È ovviamente un
vantaggio poter effettuare una diagnosi o definire una terapia, basata
sul campione bioptico più piccolo possibile: più piccola è la biopsia,
minori sono i rischi e le complicazioni per il paziente.
La citologia è il campo che utilizza la più piccola "microbiopsia"
possibile per la diagnosi.
La speranza della citologia è poter fornire un campione piccolo ma
diagnostico. Minimizzando i rischi e le complicazioni per rilevare
alcune malattie, la citologia può essere inoltre utilizzata per il
controllo della malattia.
-2-
Proprio per questo, si afferma sempre più nella diagnosi delle lesioni
pancreatiche, l’utilizzo dell’EUS-FNA (ecografia endoscopica con
possibilità di eseguire aspirazione con ago sottile) dotata di alte
prestazioni diagnostiche e basso tasso di complicanze. Questa tecnica
presenta un buon profilo di sicurezza, un ottima possibilità di rilevare
e biopsare lesioni di dimensioni < a 10 mm con accesso a sedi difficili.
Tutti questi fattori contribuiscono all’aumento della performance
diagnostica.
Prelevato
il
materiale,
si
procede
convenzionalmente
con
l’allestimento dei classici strisci citologici. Oggi, i campioni citologici
allestiti in questi frangenti possono essere non solo i classici strisci ma
anche campioni per la citologia liquida, campioni che saranno poi
allestiti con tecniche per scopi innovativi. Tra queste possiamo
annoverare quella del “CELL BLOCK”. Ad esempio un campione
basilare è anche il liquido di lavaggio dell’ago utilizzato per
l’aspirazione. Questo, allestito con la tecnica del CB, contribuisce alla
riduzione di perdita di materiale potenzialmente diagnostico.
Il CELL BLOCK si è affermato come strumento diagnostico a partire
dal 1947, anche se le prime applicazioni di questa tecnica risalgono al
1896. Oggi, l’allestimento dei campioni con questa tecnica nella
diagnosi del carcinoma del pancreas, a differenza dei convenzionali
strisci citologici, permette di eliminare quasi tutti i limiti collegati a
questi ottenendo un miglioramento nella diagnosi con la possibilità di
applicare metodiche accessorie come l’immunoistochimica, atta a
ottenere ad esempio definizione di malignità, studiare neoplasie
metastatiche e biomarcatori tumorali, e la biologia molecolare, infatti
proprio grazie agli enormi progressi nella conoscenza dei meccanismi
molecolari e cellulari della malattia neoplastica e alla volontà di dare
attuazione ai principi della medicina personalizzata in ambito
oncologico, si sono create le premesse e le aspettative per un salto di
-3-
qualità nell’informazione di laboratorio, che oggi giorno gioca un
ruolo sempre maggiore e impegnativo nella gestione del paziente
oncologico, ruolo che si estrinseca in modo paradigmatico negli
ambiti della prevenzione, diagnosi precoce, monitoraggio della terapia
ed infine nel follow up a lungo termine.
-4-
CAPITOLO1
IL PANCREAS E LA SUA ANATOMIA
1.1 Anatomia macroscopica
Il pancreas (Figura 6) è una grossa ghiandola di forma allungata,
rassomigliante ad una lingua più spessa nella sua porzione mediale,
accolta nella concavità del duodeno, , con cui si trova in stretta
contiguità ed al quale è connessa da un dotto escretore (Wirsung). È
più sottile e schiacciata nella sua porzione laterale che si spinge fino
all'ilo della milza, in direzione antero-superiore rispetto alla testa. Si
trova compreso tra le prime due vertebre lombari (L1 L2), la coda
risale sino alla 7ª costa. È un organo retro peritoneale, quindi è una
ghiandola profonda con una posizione in una zona molto protetta del
corpo proteggendola così da insulti e questo spesso rende difficile la
diagnosi di malattia.
Misura circa 12-15 cm dalla testa alla coda in età adulta, anche se il
suo tessuto esocrino tende a diminuire con l'avanzare dell'età
diventando atrofico, è largo 4 cm e spesso 2 cm. È di colore rosa
salmone pallido con consistenza nodulare e superficie lobulata.
Il parenchima del pancreas (morbido e friabile) è distinto in quattro
parti che prendono il nome di testa, collo, corpo e coda, cui si deve
aggiungere
il
processo
uncinato,
che
ha
una
differente
origine embriologica rispetto alle altre porzioni (Figura 7). Il pancreas
è mantenuto stabile nella sua posizione dal duodeno, che ne accoglie
la testa, dal peritoneo parietale posteriore, che lo riveste solamente
nella superficie anteriore, e dal "legamento pacreaticolienale", che ne
fissa la coda all'ilo della milza.
La testa è la porzione più spessa e voluminosa della ghiandola, si
trova accolta nella concavità duodenale, in alcuni casi parte della testa
-5-
del pancreas è letteralmente incorporata nella parete duodenale. E'
quasi completamente ricoperta dal peritoneo;
Il collo è la prosecuzione laterale della testa, è più stretto e sottile di
questa e si continua lateralmente con il corpo.
Il corpo è una porzione allungata e appiattita della ghiandola che ne
forma gran parte del suo prolungamento laterale, è lungo, infatti, 8-10
cm. La sua forma triangolare in sezione ne fa distinguere tre facce
(antero-superiore, antero-inferiore e posteriore) e tre margini
(superiore, anteriore e inferiore).
La coda è l'estremità laterale della ghiandola e ne forma solo una
piccola porzione, lunga mediamente 2,5 cm. Presenta un margine
laterale arrotondato ed è situata tra i due foglietti del legamento lienorenale. Non è ricoperta dal peritoneo.
Il processo uncinato si estende lateralmente ed inferiormente alla testa
del pancreas.
Il pancreas ha una ricca circolazione derivata da rami dell'arteria
celiaca e della mesenterica superiore. Le arterie pancreaticoduodenali
anteriori e posteriori superiori nascono come rami dell'arteria
gastroduodenale,
ramo
pancreaticoduodenali
dell'arteria
anteriori
e
celiaca.
posteriori
Le
arterie
inferiori
nascono
dall'arteria mesenterica superiore. Questi vasi usualmente sono situati
in un solco tra la testa del pancreas ed il duodeno e forniscono rami ad
entrambi gli organi. L'altra importante irrorazione arteriosa del
pancreas deriva dall'arteria splenica, che dà origine a numerosi piccoli
rami ed usualmente a tre rami maggiori: la pancreatica dorsale, la
pancreatica magna e la «cauda pancreatis».
Il drenaggio venoso fluisce interamente nel sistema venoso portale. Le
vene pancreatiche drenano la coda ed il corpo del pancreas e si
uniscono alla vena splenica. Le vene pancreaticoduodenali decorrono
-6-
vicino alle corrispondenti arterie e sboccano o nella vena splenica o
direttamente nella vena porta.
I linfatici del pancreas sono situati in vicinanza delle arterie e delle
vene corrispondenti. La maggior parte dei linfatici affluisce ai
linfonodi
pancreatico-splenici;
alcuni
sfociano
nei
linfonodi
pancreatici duodenali ed alcuni in quella preaortici vicino all'origine
dell'arteria mesenterica superiore.
L'innervazione viscerale efferente del pancreas è fornita dai nervi
vaghi e dai nervi splancnici attraverso il plesso epatico e celiaco. Le
fibre efferenti dei vaghi attraversano questi plessi senza contrarre
sinapsi e terminano nei gangli parasimpatici situati nei setti
interlobulari del pancreas. Le fibre postgangliari innervano acini, isole
e dotti. Le fibre del sistema autonomo, sia afferenti che efferenti, sono
situate in prossimità dei vasi sanguigni del pancreas. Poco nota è sulla
distribuzione delle fibre afferenti viscerali nell'uomo. Esse decorrono,
probabilmente, attraverso i nervi splancnici sino ai tronchi simpatici,
ai rami comunicanti, ai nervi ed ai gangli spinali. Si ritiene che i vaghi
contengano alcune fibre afferenti viscerali.
1.2 Anatomia microscopica
Il pancreas è funzionalmente suddiviso in una parte esocrina,
preponderante (che rappresenta il 97-99%) formata dagli acini
pancreatici e in una endocrina (1-3%) costituita dalle isole di
Langerhans. Il pancreas esocrino (Figura 8) è una ghiandola composta
tubuloacinosa ramificata, suddivisa in due lobuli da sepimenti
connettivali lassi che si dipartono dalla sua capsula e in cui decorrono
i vasi sanguigni, i vasi linfatici e i nervi. Ciascun lobulo pancreatico è
suddiviso in centinaia di acini, costituiti da raggruppamenti cellulari
-7-
sferici e unità secernenti della ghiandola. Da ciascun acino parte un
dotto preterminale che confluisce in un dotto intralobulare e molti
dotti intralobulari confluiscono a formare un dotto intercalare che a
sua volta si getta in dotti di calibro sempre maggiore sino a sboccare
nel condotto pancreatico principale o in quello accessorio. Il calibro
del condotto pancreatico principale (il dotto di Wirsung, che scorre
all’interno del pancreas centralmente, più vicino alla faccia posteriore
che a quella anteriore seguendo la forma della ghiandola con un
percorso leggermente sinuoso) si dirige dalla coda verso la testa
passando da 1 mm nella coda a 3 mm nella testa, in virtù della
necessità di accogliere quantità sempre maggiori di succo pancreatico.
Giunto presso la testa il condotto pancreatico principale piega
inferiormente per poi curvare di nuovo verso destra e collegarsi con il
condotto coledoco, proveniente dal fegato e cistifellea, formando una
struttura più espansa detta ampolla epatopancreatica comune (o
ampolla del Vater). Anche nella testa il condotto pancreatico comune
riceve condotti lobulari, di calibro maggiore rispetto a quelli di corpo
e coda, che lo raggiungono con una disposizione quasi radiale. A sua
volta l'ampolla del Vater sbocca nella parete postero-mediale della
seconda porzione del duodeno, rappresentando lo sbocco comune
della bile e del succo pancreatico nell'intestino. Un secondo dotto
pancreatico accessorio (dotto del Santorini) è spesso presente, con il
compito di raccogliere il succo pancreatico della porzione anteriore
della testa del pancreas, con un calibro notevolmente inferiore rispetto
al condotto principale, con cui è collegato da condotti secondari di
piccolo calibro. Questo normalmente ha uno sbocco separato rispetto
al dotto principale. In generale, però, entrambi i dotti presentano
notevole variabilità anatomica. Il succo pancreatico, secreto dal
pancreas esocrino ha un carattere
basico a causa dell'elevato
contenuto in ioni bicarbonato e contiene enzimi proteolitici (come
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tripsina,chimotripsina, elastasi), enzimi glicolitici (amilasi), enzimi
lipolitici
(lipasi pancreatiche), nucleasi, ribonucleasi e desossiribonucleasi.
Le cellule centro acinose, dotate di forma piramidale, sono poste
appunto al centro dell’acino. La loro funzione concerne la produzione
di ioni bicarbonato e il trasporto dell'acqua. Possiedono un nucleo
tondeggiante in cui è comune reperire due nucleoli, circondato ai lati e
alla base da un reticolo endoplasmatico rugoso particolarmente
sviluppato data la loro funzione secretoria, un reticolo endoplasmatico
liscio discretamente sviluppato, molti mitocondri, soprattutto nella
regione basale, numerosi ribosomi, piuttosto sviluppato l'apparato di
Golgi, mentre nella porzione apicale della cellula si riscontrano quasi
sempre grandi granuli sferici contenenti sostanze elettrondense, i
granuli di zimogeno, con dimensioni alquanto variabili. Lo zimogeno
in questo caso è un cocktail di numerosi proenzimi, in forma inattiva
che costituiscono il succo pancreatico. Disperse tra le cellule degli
acini e dotti pancreatici si riscontrano occasionalmente cellule
neuroendocrine. La loro funzione, anche se non del tutto compresa
sembrerebbe quella di facilitare lo svuotamento della secrezione nei
dotti e sono regolate da stimolazione ormonale. L’attività secretoria
del pancreas è regolata da ormoni duodenali: la secretina, rilasciata nel
momento in cui il chimo entra nel duodeno che stimola la secrezione
di
succo
pancreatico
(costituito
da
tamponi,
principalmente
bicarbonato di sodio, che contribuisce ad innalzare il ph del chimo); la
colecistochinina che controlla la produzione e secrezione di enzimi
pancreatici come l’amilasi pancreatica, che scinde i carboidrati, lipasi
pancreatica, che scinde i lipidi e cosi via. Tra gli enzimi proteolitici,
che rappresentano il 70% della produzione totale degli enzimi
pancreatici i più abbondanti sono la tripsina, chimo tripsina e
carbossipeptidasi che scindono le proteine riducendole a piccoli
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peptidi e amminoacidi. Gli enzimi pancreatici sono piuttosto potenti e
le cellule pancreatiche si difendono attraverso la secrezione di prodotti
in forma inattiva, i proenzimi, attivati da altri enzimi nel tubo
intestinale evitando così la digestione del pancreas. Quindi il pancreas
produce più di venti enzimi di digestione diversi, che digeriscono il
cibo digerendo la sua struttura esterna. La degradazione del cibo nei
suoi elementi di base è necessaria perché esso possa essere assorbito
dall’intestino, infatti, in assenza di secrezione pancreatica le proteine, i
carboidrati e lipidi non possono essere digeriti e assorbiti causando poi
una serie di sintomi come gonfiore addominale, crampi ect..
Il pancreas endocrino (Figura 9) è costituito dalle isole di Langerhans,
ammassi cellulari di forma tondeggiante costituiti da cordoni,
distribuiti in particolare nella coda e nel corpo della ghiandola. Non
possiedono vasi linfatici ma sono percorse da un fitto plesso di
capillari fenestrati in cui riversano i loro ormoni e possiedono una
ricca innervazione. Sono stati identificati cinque tipi cellulari
all'interno di ciascuna isola di Langerhans. Le cellule α sono disposte
alla periferia dell'isola, sono piuttosto numerose (15-20% del totale) e
secernono glucagone, le cellule β sono le più abbondanti (65-80%),
poste perlopiù centralmente nelle isole e secernono insulina, le cellule
δ
sono
rare
(3-10%),
distribuite
uniformemente
e
secernono somatostatina, le cellule F (o cellule PP) molto rare (1-2%)
spesso sono quasi tutte raggruppate in una singola zona periferica
dell'isola e secernono il polipeptide pancreatico (PP) ed infine le
cellule ε sono rarissime (meno dell'1%) e secernono grelina. Le cellule
α hanno forma romboidale, le cellule δ sono spesso tondeggianti con
un
unico
prolungamento
citoplasmatico
mentre
le
F
sono
tendenzialmente piramidali. Le terminazioni nervose presenti alla base
della membrana plasmatica delle cellule delle isole di Langerhans
possono essere colinergiche, adrenergiche o noradrenergiche. Le
- 10 -
terminazioni adrenergiche stimolano la secrezione di glucagone ed
insulina, quelle noradrenergiche inibiscono il rilascio d’insulina,
mentre le colinergiche possono agire coordinatamente per regolare il
rilascio di somatostatina e polipeptide pancreatico. Il pancreas
endocrino è perciò deputato alla regolazione del metabolismo del
glucosio attraverso la secrezione di glucagone e insulina nel sangue. Il
glucosio è la principale sorgente di energia per la maggior parte delle
cellule corporee e in condizioni di normalità è l’unica fonte di energia
disponibile per i neuroni. Quando la glicemia supera i valori di
normalità le cellule β rilasciano insulina, stimolando il trasporto del
glucosio e il suo utilizzo da parte delle cellule bersaglio, determinando
un aumento della velocità della sintesi proteica, un aumento nella
sintesi e accumulo dei trigliceridi da parte delle cellule adipose e a
livello epatico e muscolare scheletrico aumenta la formazione di
glicogeno (che rappresenta la forma di deposito del glucosio). Quando
la glicemia scende sotto i valori normali, la secrezione di insulina
viene soppressa e le cellule α rilasciano glucagone e le riserve
energetiche sono mobilizzate, infatti, il muscolare scheletrico e il
fegato convertono il glicogeno in glucosio, il tessuto adiposo rilascia
acidi grassi e le proteine vengono scisse in amminoacidi convertiti dal
fegato in glucosio che può essere rilasciato in circolo e quindi la
glicemia rientra nei range di normalità. L’interazione insulina
glucagone stabilizza la glicemia e previene la competizione tra il
tessuto nervoso e gli altri tessuti per l’approvvigionamento del
glucosio. Quindi i livelli ematici di glucosio sono attentamente
regolati ed è fondamentale mantenere questo equilibrio. Importante è
ricordare che solo una piccolissima quota di glucosio una volta entrata
in circolo rimane integra nell’organismo e che normalmente non viene
escreto con l’urina. Un disordine legato al metabolismo del glucosio è
il diabete mellito, caratterizzato da iperglicemia, glicosuria e poliuria.
- 11 -
Distinguiamo due tipi di DM: di tipo 1 detto anche insulino
dipendente e di tipo 2 detto anche insulino indipendente. Nel primo la
causa primaria è un’inadeguata produzione di insulina. In genere si
manifesta in età adolescenziale e proprio per questo è stato definito
diabete giovanile. Nel secondo caso colpisce prevalentemente gli
anziani e proprio per questo è chiamato diabete senile. È caratterizzato
da una resistenza all’insulina, a causa in genere di una riduzione dei
recettori per l’insulina.
Se il pancreas viene rimosso del tutto chirurgicamente sia l’insulina
che il glucagone non sono più prodotti e ciò va tenuto presente e
corretto con la terapia medica di supporto.
La produzione d’insulina ed enzimi pancreatici è un processo che può
avvenire separatamente e se viene danneggiato uno non è detto che
risulti alterata anche la funzione dell’altro.
Le due componenti (esocrina ed endocrina) quindi svolgono un lavoro
sinergico.
- 12 -
CAPITOLO 2
PATOLOGIE DEL PANCREAS
In passato i disordini del pancreas erano diagnosticati lungo il decorso
della malattia e quindi non era possibile eseguire interventi
significativamente positivi per la prognosi mentre oggi questo è
cambiato grazie a esami più complessi e prospettive multiple integrate
concentrate a identificare e seguire passo per passo i vari disordini.
La corretta digestione e l'assorbimento delle sostanze nutritive sono
fondamentali per la salute. Le malattie pancreatiche sono talvolta
associate a malnutrizione grave, o a forme più lievi di malnutrizione.
Sfortunatamente, questo non è stato ben studiato.
2.1 Patologie benigne
Le principali patologie non maligne del pancreas sono rappresentate
da pancreatite acuta e cronica. La pancreatite acuta si caratterizza per
lesioni
infiammatorie
localizzate
al
pancreas
od
ai
tessuti
peripancreatici: edema, necrosi, necrosi emorragica, steatonecrosi.
Nella maggior parte dei casi, la malattia si limita agli stadi di edema e
steatonecrosi. In questa fase, le lesioni sono generalmente considerate
reversibili, mentre non vi è accordo sulla reale reversibilità di necrosi
estese. Più facilmente la necrosi, specie se estesa, può andare incontro
a sovra infezione o essere seguita dalla formazione di raccolte liquide
peripancreatiche. Queste ultime possono a loro volta risolversi
spontaneamente, persistere (dando poi origine ad una pseudocisti
necrotica) e/o infettarsi.
Mentre vi è evidenza che una pancreatite acuta ad eziologia biliare
non evolve praticamente mai verso una forma cronica, lo stesso non
può dirsi per le pancreatiti acute alcoliche e solo l'osservazione
- 13 -
prolungata negli anni di questi pazienti potrà fornire le informazioni
utili per un corretto inquadramento diagnostico.
La pancreatite cronica è definita dalla presenza di fibrosi, distruzione
del parenchima esocrino e, negli stadi avanzati, distruzione del tessuto
endocrino.
Essa è nelle fasi iniziali frequentemente complicata da episodi di
pancreatite acuta, responsabili di crisi dolorose recidivanti. Con il
passare del tempo, compare un'insufficienza esocrina (steatorrea) ed
endocrina (diabete), mentre le crisi dolorose acute diminuiscono, fino
a scomparire. Vengono distinte due forme di pancreatite cronica: la
pancreatite cronica calcificante, in cui sembra svolgere un ruolo
fondamentale nella sua patogenesi il deficit assoluto o relativo della
"pancreatic stone protein" (PSP), o proteina stabilizzatrice pancreatica,
che neutralizza lo ione calcio fisiologicamente presente in eccesso nel
succo pancreatico; la pancreatite cronica ostruttiva è secondaria
all'ostruzione del dotto di Wirsung, a tumori pancreatici o ampollari, a
pseudocisti necrotiche, cicatrici dovute ad una pancreatite acuta o ad
un traumatismo.
I due maggiori problemi collegati alla pancreatite cronica sono: una
non corretta digestione dei nutrienti dovuta alla perdita delle cellule
acinose e perdita del controllo dei livelli di glicemia (causando diabete
mellito) ma anche fibrosi, sclerosi e dilatazione dei dotti.
Nel 1986 un patologo australiano evidenziò che nella maggior parte
dei casi nessun organismo infettivo veniva ritrovato nel pancreas
infiammato
e che la causa maggiormente probabile di lesioni e
infiammazioni era l’attivazione prematura di enzimi digestivi
causando un’auto digestione del pancreas. Questa teoria fu
notevolmente rafforzata nel 1996 quando fu evidenziato che mutazioni
che colpiscono il gene tripsinogeno, che codifica per l’enzima tripsina,
determinano un eccessiva attivazione di questo causando una
- 14 -
pancreatite ereditaria, che si manifesta inizialmente come una
pancreatite acuta, avanza fino a manifestarsi come cronica arrivando
in alcuni casi a neoplasie pancreatiche. La tripsina è una delle
molecole più importanti che il pancreas produce ed è fondamentale
per la digestione del cibo. Normalmente il pancreas espelle
tripsinogeno che arriva all’intestino dove si mescola con il cibo e
viene attivato in tripsina. Nel pancreas il tripsinogeno si trova in forma
inattiva. Se si attiva in tripsina digerisce il pancreas stesso causando
lesioni e infiammazioni.
Vennero perciò identificate mutazioni significative che causano tutti i
tipi di pancreatite sia acute che croniche. Alcune di queste mutazioni
sono di carattere generale ma ci sono geni specifici che aumentano il
rischio di pancreatiti, tra questi ricordiamo PRSS1 (tripsinogeno
cationico o protease serine 1); CFTR, il gene della fibrosi cistica;
SPINK1 che codifica per l’inibitore della secrezione pancreatica della
tripsina; CTRC chimo tripsina e CASR recettore sensibile al calcio.
Questa lista è soggetta a continui studi. Importante è ricordare che la
pancreatite acuta e cronica sono strettamente correlate e che questi
geni lavorano per evitare che il tripsinogeno passi in forma attiva nel
pancreas e evitare gravi danni nel momento dell’attivazione
inattivandolo rapidamente.
Altre forme di patologie pancreatiche non maligne comprendono
malattie genetiche, infarto per la perdita di flusso sanguigno (che si
verificano durante la pancreatite acuta), la sostituzione del tessuto
pancreatico con tessuto adiposo, formazione di cisti, il blocco del
dotto pancreatico e l'infiammazione da condizioni autoimmuni e
infezioni (da virus , batteri o parassiti). Fondamentali sono stati gli
studi sulla pancreatite che hanno permesso di capire che fondamentali
sono i fattori genetici, così come anche gli stili di vita ma non di meno
sono i fattori ambientali, per poter determinare ad esempio un attacco
- 15 -
di pancreatite acuta alimentando speranze che i farmaci o altre
strategie possano eliminare o limitare gli attacchi pancreatici. Questi
studi, effettuati sull’uomo hanno permesso di arrivare a delle scoperte
che non si sarebbero ottenute con studi su animali di laboratorio,
perciò una chiave fondamentale è rappresentata dai pazienti.
2.2 Patologie maligne: Neoplasie esocrine del Pancreas
Tra le patologie maligne un posto di rilevanza aspetta al carcinoma del
pancreas.
La ragione per cui il carcinoma del pancreas è così letale è perché
difficile da rilevare precocemente, produce velocemente metastasi, è
resistente alla terapia, e provoca la morte anche con una massa
tumorale relativamente piccola (il che significa che un piccolo tumore
può anche essere fatale). La migliore speranza per curare il cancro del
pancreas è la diagnosi precoce e l'intervento chirurgico, anche se gli
specialisti sono concentrati sulla diagnosi precoce, perché scoprire il
cancro al pancreas in una fase in cui la chirurgia può essere eseguita
avviene solo in una minoranza dei casi.
La crescita tumorale dipende da diversi fattori, quindi lo stato del
sistema immunitario, l’età del paziente e lo stato di salute generale
hanno un ruolo fondamentale. Negli ultimi anni i ricercatori hanno
evidenziato che questi tumori esprimono alcuni fattori di crescita
(chiamati
growth
factor)
come
anche
particolari
alterazioni
(mutazioni) di alcuni geni ereditari. Queste modificazioni sono
probabilmente
responsabili
della
resistenza
del
tumore
alla
chemioterapia e alla radioterapia. La ricerca in questo senso è di
fondamentale importanza per poter sviluppare nuove terapie contro
questo male.
- 16 -
L’individuazione e l’utilizzazione dei fattori di rischio potrebbero
permettere da un lato una prevenzione primaria della malattia,
dall’altro una diagnosi precoce ed un trattamento più efficace.
I Fattori di rischio riconosciuti per il tumore del pancreas sono:
-il fumo di sigaretta che rappresenta il carcinogeno più chiaramente
implicato, cui è attribuibile il 30% circa dei casi. La somministrazione
prolungata di nitroderivati presenti nel tabacco, attraverso interazioni
con il DNA, può provocare alterazioni genetiche, come l’attivazione
dell’onco-gene K-ras, con conseguente sviluppo della neoplasia. La
maggior parte dei carcinogeni presenti nel fumo di sigaretta sono in
primo luogo attivati da un ristretto numero di specie di citocromo P450,
tra
cui
CYP1A1,
CYP1A2,
CYP2E1
e
CYP3A,
e
successivamente metabolizzati dalla glutatione-S-transferasi (GST). I
polimorfismi del gene CYP1A1, in particolare, sono stati associati ad
un aumentato rischio di tumori correlati al tabacco (polmone e
vescica). In letteratura sono riportati pochi dati, al riguardo, sul
carcinoma del pancreas. Ad esempio è stato riscontrato un aumentato
livello di addotti aromatici nel DNA nei pazienti con il cancro
pancreatico in correlazione alla mutazione omozigote MspI del
CYP1A1, associata ad una aumentata attività dell'enzima e
probabilmente questo gene svolge un ruolo secondario nella
carcinogenesi pancreatica. Tra le particelle del fumo di sigaretta ci
sono i chinoni che entrano nel ciclo redox generando specie reattive
dell'ossigeno che, a loro volta, potrebbero danneggiare il DNA
nucleare. Il danno ossidativo del DNA nucleare può essere riparato
dall'azione di enzimi, tra i quali quelli codificati dai geni XRCC1 e
XRCC3 ( X-ray repair cross complementing). Alcuni polimorfismi di
questi geni sembrano correlati con una diversa attività enzimatica;
- 17 -
-Patologie regresse: uno stato infiammatorio prolungato come
pancreatite
ereditaria/cronica
e
una
pregressa
gastrectomia
determinano una maggiore incidenza del tumore;
-l'obesità e la dieta, infatti l’assunzione eccessiva di grassi alimentari e
di alcool e il consumo di carne sono stati correlati all’insorgenza della
neoplasia; di contro, è stato riscontrato un effetto protettivo di frutta,
proteine vegetali e legumi. Infatti l’incidenza del tumore del pancreas
è anche stata correlata a diversi fattori legati alla dieta. Il cibo e la
dieta hanno un ruolo importante nella prevenzione delle cause del
tumore pancreatico. Recentemente, la World Cancer Research Fund
and the American Institute for Cancer Research (AICR) ha pubblicato
un rapporto approfondito sui dati relativi alla dieta, all’attività fisica e
alla prevenzione dei tumori, alla luce di una revisione sistematica di
318 pubblicazioni, che ha portato alle seguenti conclusioni:esiste una
forte evidenza che il grasso corporeo, il grasso addominale e altri
fattori sono probabili cause di tumore pancreatico.Di conseguenza,
fattori come l’attività fisica e la sedentarietà, la densità energetica del
cibo e delle bevande, l’allattamento al seno ecc sono tutti correlati al
rischio di sviluppare un tumore pancreatico. I cibi ricchi di folati
hanno un ruolo protettivo e Il folato ricopre un ruolo importante nella
sintesi
e
nella
riparazione;
-Il diabete di tipo 2 di lunga durata aumenta il rischio di circa il 50%.
Il ruolo diretto dell’insulina e lo stress ossidativo determinato
dall’iperglicemia, sono stati oggetto di diversi studi e i risultati
ottenuti meritano ulteriori approfondimenti;
-Fattori occupazionali: Le attività lavorative in miniera, nel campo
della lavorazione del metallo, della gomma, nelle segherie, negli
impianti chimici, di carbone e nell'industria petrolchimica sono state
indicate come possibili fattori di rischio, così come l'esposizione a
- 18 -
solventi, naftilamine, benzidina e bifenile policlorinato utilizzati nei
trasformatori;
-Età e sesso: Il carcinoma del pancreas colpisce più o meno in egual
misura
maschi
e
femmine.
Questo
dato
trova
spiegazione
nell’aumento di frequenza del carcinoma del pancreas soprattutto nel
sesso femminile, probabilmente collegato ad un aumento del consumo
di sigarette da parte delle donne. La ratio correlata al sesso suggerisce
che gli ormoni sessuali abbiano un ruolo nello sviluppo del carcinoma
pancreatico;
-il tipo di gruppo sanguigno A / B / AB (O è di protezione);
-Fattori genetici: Più recentemente, è stato riconosciuto anche il ruolo
di alcuni fattori genetici nello sviluppo del carcinoma pancreatico ed è
importante anche la storia familiare. Si calcola che il 5-10% circa dei
casi sia collegato a fattori genetici. Tra le condizioni strettamente
correlate vi sono il carcinoma pancreatico familiare (FPC), del quale
non è ancora nota la mutazione causale; la pancreatite ereditaria, nella
quale il rischio aumenta di 70-100 volte; la poliposi adenomatosa
familiare; l’atassia teleangectasia e la sindrome multipla atipica
familiare del melanoma (Familial Atypical Multiple Mole-Melanoma
Syndrome, FAMMM). Il riconoscimento della familiarità nel tumore
del pancreas apre nuove prospettive nel campo della consulenza
genetica e della diagnosi precoce.
Le neoplasie pancreatiche si distinguono in base alle loro
caratteristiche
morfologiche,
fenotipiche
e
molecolari.
Queste proprietà riflettono la tendenza alla differenziazione nella
direzione di una o più delle tre linee di differenziazione, riscontrabili
nel
pancreas
normale:
duttale,
acinare
ed
endocrina.
La
differenziazione di linea è l’elemento cruciale che determina sia le
caratteristiche biologiche sia il comportamento clinico di una
determinata neoplasia pancreatica. Tutta via c’è una notevole
- 19 -
discrepanza tra la prevalenza delle diverse linee. Tale discrepanza
trova oggi spiegazione con l’ipotesi di una derivazione comune da
cellule staminali, che si localizzerebbero nel comparto "duttale". Nella
classificazione
dell’Organizzazione
Mondiale
della
Sanità,
le
neoplasie del pancreas sono distinte in tre gruppi a comportamento
biologico differente: benigno, ad incerto potenziale di malignità ed a
comportamento
maligno.
2.3 Neoplasie solide del Pancreas: Carcinoma Duttale
Il carcinoma duttale del pancreas (Figura 10) è stato definito il "killer
silenzioso" per il suo decorso silente e per il successivo
comportamento esplosivo ed altamente letale. Rappresenta l’80/90%
delle neoplasie pancreatiche e di queste solo il 15/20 % è suscettibile a
resezione chirurgica.
Importante è ricordare che il cancro del pancreas purtroppo non ha
sintomi specifici che possano suggerirne la diagnosi in una fase
precoce della malattia. Spesso la presenza di perdita di appetito e il
dimagrimento possono essere gli unici campanelli di allarme della
malattia.
Il carcinoma duttale della testa pancreatica, rappresenta due terzi dei
casi.
Macroscopicamente, è di solito caratterizzato da una massa solida, a
margini infiltrativi, di colorito biancastro e consistenza duro-lignea.
Più raramente, può presentare un aspetto disomogeneo e talora
"cistico" per l’effetto di modificazioni regressive, di tipo necroticoemorragico. Il carcinoma della testa pancreatica si associa di solito a
stenosi del coledoco terminale e del dotto di Wirsung e, nelle fasi
avanzate, può estendersi alla papilla di Vater ed infiltrare il duodeno.
- 20 -
Il carcinoma del corpo e della coda tende invece ad invadere il
retroperitoneo, lo stomaco, il colon, l’omento, la milza ed i surreni.
Microscopicamente, il carcinoma del pancreas è caratterizzato dalla
presenza di strutture simil-duttali disperse in una ricca matrice
stromale desmoplastica. La componente ghiandolare ricalca, in misura
variabile, i caratteri dell’epitelio colonnare dei dotti pancreatici, ma
non possiede caratteri distintivi rispetto all’epitelio del sistema biliare
o
della
papilla
di
Vater.
Il grading della neoplasia, basato su criteri citoarchitettonici, prevede
tre
G1,
G2,
gradi:
presenza
strutture
di
strutture
tubulari
tubulari
ben
moderatamente
differenziate;
differenziate;
G3, strutture ghiandolari scarsamente differenziate.
La reazione desmoplastica conferisce alla neoplasia una consistenza
lignea ed in casi particolari un aspetto definito a "cicatrice". La
desmoplasia induce una considerevole riduzione del letto vascolare,
che costituisce uno dei segni utili per la diagnosi differenziale
radiologica tra tessuto normale e carcinoma. Tra le varianti istologiche
(Sono considerate varianti istologiche quelle neoplasie che presentano
una seppur minima componente di adenocarcinoma duttale classico)
ricordiamo:
-carcinoma mucinoso non-cistico, definito anche carcinoma colloide,
a causa dell’elevata componente mucinosa parzialmente circondata da
cellule
neoplastiche
cuboidali
ben
differenziate;
- carcinoma adenosquamoso, caratterizzato da una componente
neoplastica ghiandolare e da una porzione , di almeno il 25% di
carcinoma squamoso con un comportamento clinico estremamente
aggressivo;
- carcinoma indifferenziato, neoplasia costituita da una popolazione
neoplastica che non mostra distinta differenziazione verso strutture
- 21 -
riconoscibili, con scarsa formazione vagamente pseudoghiandolare e
soltanto attraverso l’utilizzo della morfologia molecolare si può
riconoscere
l’esatta
natura
di
questa
neoplasia;
- carcinoma indifferenziato a cellule giganti di tipo similosteoclastico,
caratterizzato dalla presenza di una componente epiteliale neoplastica
costituita da elementi mononucleati e da una componente reattiva di
cellule giganti simil-osteoclasti;
- carcinoma a cellule chiare, composto prevalentemente da cellule
pleomorfe a citoplasma chiaro ricco di glicogeno, talora associato ad
una
componente
intraduttale;
- carcinoma a cellule mucosecernenti ad anello con castone, costituito
da una prevalenza di cellule mucosecernenti; la diagnosi differenziale
con un carcinoma gastrico o mammario deve sempre essere
considerata prima di formulare la diagnosi di primitività pancreatica;
- carcinoma misto duttale-endocrino, caratterizzato dalla presenza di
una componente endocrina > 30%, strettamente commista alla
componente ghiandolare neoplastica.
Poiché il carcinoma del pancreas indipendentemente dallo stadio di
malattia in cui viene scoperto è una malattia fatale, il poterlo
riconoscere nella sua fase pre-invasiva è estremamente importante ed
attualmente
l’unico
modo
per
poterlo
curare.
Si riconoscono tre distinte lesioni non-invasive: la prima rappresenta
un reperto microscopico e comprende tutta una serie di modificazioni
comprese nella categoria delle neoplasie pancreatiche intraepiteliali
(PanIN), mentre le altre due sono lesioni macroscopicamente e
radiologicamente visibili e sono rappresentate dalle neoplasie papillari
mucinose intraduttali (IPMN) e dalle neoplasie cistiche mucinose
(MCN).
Per quanto concerne le Neoplasie pancreatiche intraepiteliali
- 22 -
(Pancreatic Intraepithelial Neoplasms, PanIN), queste sono lesioni
considerati precursori del carcinoma invasivo e sono classificati in tre
distinti gradi (PanIN-1A-B; PanIN-2; PanIN-3) in relazione al livello
di displasia, fino a raggiungere il grado di carcinoma in situ (Figura
11).
Attualmente, solo le lesioni tipo PanIN-3 devono essere riportate nel
referto patologico, poiché per le lesioni PanIN-1 e PanIN-2 non ci
sono prove sufficientemente consolidate per considerarle lesioni che
possano comportare un rischio significativo di ulteriore progressione.
Infatti, lesioni tipo PanIN-1 sono presenti nel 40% dei pancreas di
pazienti non portatori di carcinoma, mentre quelle di tipo PanIN-3
sono associate alla presenza di carcinoma invasivo nel 30-50% dei
casi. Si ritiene quindi che lesioni di tipo PanIN-3 abbiano una
significativa importanza clinica nella progressione verso il carcinoma
invasivo; resta tuttavia difficile stabilirne l’esatta incidenza per
l’impossibilità di identificarle clinicamente. Le prove del loro
significato neoplastico risiedono nel fatto che la maggior parte delle
anomalie, riscontrate nel carcinoma invasivo, sono presenti in tutte le
lesioni di tipo PanIN, con una frequenza che riflette i diversi gradi di
atipia:
mutazioni
di
K-ras,
anomalie
della
telomerasi
ed
iperespressione di p21 e mutazioni di p53, ect..
2.4 Neoplasie endocrine del Pancreas
La parte endocrina della ghiandola pancreatica produce ormoni.
Questi vengono immessi nel circolo sanguigno regolando diversi
meccanismi del nostro metabolismo. Gli ormoni sono messaggeri di
importanti funzioni cellulari. Se le cellule che producono gli ormoni
venissero danneggiate vi sarebbe uno squilibrio nella produzione
ormonale. La produzione ormonale del pancreas dipende dalla
- 23 -
funzione di cellule speciali che possono anche essere sede di tumori
con conseguente alterata produzione di ormoni. Come per ogni altra
neoplasia vi sono forme benigne, borderline o maligne. Rappresentano
l’1-2% dei tumori del pancreas. Sono in genere sporadici e possono
insorgere anche in sindromi ereditarie come MEN1 e VHL. I tumori
endocrini si dividono in due categorie: tumori funzionanti e non
funzionanti. I tumori funzionanti sono neoplasie che producono
correttamente l’ormone che la cellula originaria è deputata a secernere
e dunque si manifestano con i sintomi provocati dall’abnorme
produzione dell’ormone in questione. I tumori non funzionanti sono
tumori che originano dalle isole di Langerhans e non sono ormonosecernenti con sintomatologia aspecifica. I sintomi generali sono
simili a quelli dei tumori esocrini del pancreas. Nei tumori funzionanti
si associano i sintomi dell’iperproduzione degli ormoni. Tra i tumori
endocrini ricordiamo: insulinoma, caratterizzato da una prevalente e
inappropriata secrezione di insulina; gastrinoma, tumore a prevalente
secrezione di gastrina; vipoma a prevalente secrezione di VIP(vaso
instestinal polipeptide);
glucagoma, a prevalente secrezione di
glucagone; somatostinoma, a prevalente secrezione di somatostatina.
- 24 -
CAPITOLO 3
APPROCCIO DIAGNOSTICO, STADIAZIONE E ACCENNI
TERAPEUTICI
La diagnosi del carcinoma del pancreas è sempre difficile e spesso
tardiva,
specialmente
nelle
forme
che
si
presentano
con
sintomatologia sfumata ed aspecifica. La diagnosi e la stadiazione
preoperatoria procedono in modo parallelo. Sono definite linee guida
essenziali per una corretta diagnosi e stadiazione e per la scelta dei
provvedimenti terapeutici più efficaci per il singolo paziente. Come in
altri tumori solidi si utilizza il sistema TNM 2002 che suddivide la
neoplasia in tumore primitivo (T), tumore con linfonodi regionali (N)
e tumore con metastasi a distanza (M) da cui consegue il
raggruppamento
in
sette
stadi:
-stadio 0: carcinoma in situ: il tumore è limitato alle cellule di
rivestimento
del
pancreas
(TisN0M0);
-stadio IA: il tumore è circoscritto al pancreas, ha un diametro pari o
inferiore a 2 cm e non si è diffuso ad altri organi (T1N0M0);
-stadio IB: il tumore è circoscritto al pancreas e ha un diametro
superiore
ai
2
cm
(T2N0M0);
stadio IIA: il tumore si è diffuso ai tessuti e agli organi adiacenti, ma
non ha coinvolto l’asse celiaco o l’arteria mesenterica superiore, e non
ha
invaso
i
linfonodi
(T3N0M0);
-stadio IIB: il tumore può aver compromesso anche i tessuti e gli
organi
adiacenti
e
ha
invaso
i
linfonodi
(T1-T3N1M0);
-stadio III: il tumore interessa l’asse celiaco o l’arteria mesenterica e i
linfonodi
regionali
(T4
ogni
NM0);
-stadio IV: il tumore, indipendentemente dalle dimensioni, può aver
compromesso anche organi e tessuti adiacenti al pancreas o i linfonodi
e
si
è
diffuso
a
distanza
- 25 -
(ogni
T
ogni
NM1).
Giacché la prognosi e la sopravvivenza sono strettamente correlate
alla possibilità che la neoplasia sia radicalmente resecabile, non
resecabile, o metastatica.
La prognosi dei pazienti sottoposti a resezione radicale per
adenocarcinoma pancreatico dipende da diversi fattori. Il fattore
prognostico principale rimane l'intervento chirurgico radicale,
unitamente alla presenza di margini di resezione negativa. Lo stadio
patologico costituisce un altro parametro importante. Fattori
prognostici meno determinanti sono le caratteristiche biologiche. Il
volume ospedaliero e l'abilità del chirurgo rappresentano un aspetto
difficilmente trascurabile. Il programma di follow up deve, pertanto,
essere concertato con il singolo paziente. Le proposte terapeutiche si
basano sul concetto che l’unico atto terapeutico in grado di influenzare
sensibilmente la prognosi del cancro del pancreas è la chirurgia.
Purtroppo al momento della diagnosi solo nel 20 – 25% dei pazienti si
può intervenire con l’intento di ottenere un intervento radicale e
questo è dovuto alla spiccata invasività locale e a distanza, infatti nella
maggior parte dei casi al momento della diagnosi lo stadio della
neoplasia è così avanzato che sono possibili solo provvedimenti
palliativi. Nelle neoplasie localmente avanzate o metastatiche occorre
procedere con l’agoaspirato per via ecografia o eco endoscopica con
lo scopo di ottenere una diagnosi istologica che permette di utilizzare
il chemioterapico più appropriato.
I tumori resecabili devono essere sottoposti ad intervento chirurgico
demolitivo con l’intento di asportare radicalmente la neoplasia. Di
recente, in pazienti selezionati definiti “Pazienti a basso rischio
chirurgico con malattia avanzata”, cioè pazienti, che per le condizioni
generali potrebbero teoricamente giovarsi di un trattamento chirurgico
radicale ma nei quali al momento della diagnosi la malattia risultava
avanzata e quindi giudicati non resecabili viene proposto il
- 26 -
trattamento neoadiuvante.
principalmente
basata
La
terapia NEOADIUVANTE è
sull’associazione
di
chemioterapia
+
radioterapia. Attualmente questo trattamento permette di rendere
operabili fino al15% dei pazienti che non potevano giovarsi della
chirurgia al momento della diagnosi. I trattamenti neoadiuvanti sono
oggetto dì trials clinici miranti a valutare sia la loro efficacia
terapeutica in associazione alla chirurgia radicale e sia la loro efficacia
nei pazienti con malattia localmente avanzata. Il gold standard del
trattamento per i pazienti affetti da tumore pancreatico resecabile è
ormai ben definito e si compone di chirurgia radicale seguita da
chemioterapia adiuvante sistemica.
3.1 Diagnostica di laboratorio
Le indagini che possono essere prescritte per diagnosticare un tumore
al pancreas sono le seguenti:
-esami di laboratorio, tra cui ricordiamo:
-pannelli metabolici per valutare la funzionalità del pancreas. Le
funzioni del pancreas sono le seguenti: produrre enzimi per la
digestione, produrre bicarbonato per neutralizzare l'acido gastrico
produrre insulina per segnalare cellule nel corpo di utilizzare le
sostanze nutritive dal sangue in previsione di digestione e
l'assorbimento del cibo. Tra i test più importanti annoveriamo il test di
valutazione della Secrezione enzimatica Il metodo consiste ne
misurare la secrezione pancreatica per un tempo di circa 90 minuti (a
seconda del test) dopo stimolazione del pancreas con un ormone (es.
CCK) o dopo un pasto. Il problema di questo test è che è difficile e
costoso.
- 27 -
Un altro test fondamentale è il dosaggio di elestasi fecale. Questo test
misura uno degli enzimi digestivi normalmente secreto dal pancreas. Il
vantaggio è che è più comodo e meno costoso, ma non è molto
sensibile, e rileva solo disfunzioni pancreatiche più gravi.
Un altro enzima importante da testare è l’amilasi prodotto dalle cellule
del pancreas per favorire la digestione degli alimenti nell’organismo.
Poiché non è prodotta solo dal pancreas per diagnosticare la corretta
funzionalità del pancreas occorre identificare solo la parte prodotta da
questo organo. Questo enzima viene eliminato molto velocemente
dall’organismo e quindi spesso l’amilasi si presenta con valori di
normalità nel sangue ma alterati nelle urine. E quindi si dosa l’amilasi
totale nel sangue, gli isoenzimi pancreatici, l’amilasi nelle urine
(amilasuria) e la lipasi. Un altro test è quello per valutare la secrezione
di Bicarbonato, eseguito per diagnosticare pancreatite cronica. Viene
eseguito stimolando il pancreas con secretina e il succo viene raccolto
per l'analisi. La quantità di fluido che viene secreto non è importante
quanto la concentrazione di bicarbonato, che deve essere> 80 mEq.
Infine ricordiamo il test per valutare la Secrezione insulinica poiché la
secrezione di insulina dalle cellule insulari del pancreas è
fondamentale per mantenere la glicemia nei range di normalità. Nella
maggior parte dei casi si lavora su dieta e farmaci per mantenere la
glicemia nel range di normalità;
-esami di routine;
-markers tumorali, dosati con metodi immunometrici sfruttando
anticorpi che riconoscono in modo specifico un dato marcatore
attraverso un tracciante (radioisotopo, enzimi, sostanze fluorescenti o
chemioluminesctenti) che vi è legato. Tra questi ricordiamo il Ca 19-9
o GICA che rappresenta il marcatore di riferimento per il carcinoma
pancreatico e risulta positivo in oltre l’80% dei casi di malattia
avanzata. Il suo dosaggio è raccomandato in fase di valutazione
- 28 -
dell’estensione del tumore e di monitoraggio post-operatorio. Molte
cautele devono essere poste nell’interpretazione dei risultati forniti dal
dosaggio del Ca 19-9 a causa di frequenti riscontri di false positività,
essendo numerosissime le situazioni che possono comportare un
incremento (pancreatiti acute e croniche, patologie epatiche,
infiammatorie del colon-retto, e dell’apparato respiratorio).E’
importante ricordare che la valutazione del CA19.9 è spesso gravata
da non uniformità metodologiche che ostacolano il confronto dei
risultati ottenuti in laboratori differenti. Un altro marcatore che può
essere dosato è il CA 50, che è un carboidrato strettamente correlato
al Ca 19-9 con un utilità equivalente a questo. I livelli di Ca50 non
sono elevati nel siero normale, ma risultano aumentati in alcuni
pazienti(in meno del 12%) con una malattia epatica di natura benigna,
patologia infiammatoria dell’intestino e colangite sclerosante. Il suo
utilizzo ha mostrato una soddisfacente sensibilità nella diagnostica
delle neoplasie pancreatiche e dei carcinomi del colon, ed è risultata
significativa la correlazione dei suoi livelli sierici con la stadiazione
La sua attendibilità è sovrapponibile a quella del Ca 19-9 e in alcuni
casi superiore a quella del CEA (antigene carcinoembrionario).
Quest’ultimo è un marcatore tumorale correlato al tumore pancreatico
utile esclusivamente come strumento di monitoraggio della malattia;
-altri metodi di biologia molecolare (Attività telomerasica; K-ras; geni
soppressori p16, p53 (sono comunque tutti metodi sperimentali).
3.2 Tecniche di Imaging
La diagnostica per immagini deve quindi rispondere non solo dell’
identificazione della lesione neoplastica, ma anche della corretta
stadiazione della malattia, per ridurre le laparotomie esplorative
- 29 -
diagnostiche distinguendo i tumori resecabili, da quelli localmente
avanzati e da quelli metastatici.
L’ecografia costituisce oggi la metodica diagnostica di primo livello
per lo studio morfologico del pancreas, quale tecnica veloce, non
invasiva, poco costosa, largamente disponibile e con un buon rapporto
costo/beneficio.
L’ecografia facilita la diagnosi differenziale tra processo ostruttivo di
origine tumorale o non tumorale.
Si tratta di una tecnica operatore dipendente. La sensibilità dell’
ecografia varia tra 48% e 89%, risultando particolarmente ridotta
quando la lesione presenta diametro < 2 cm ed in relazione alla sede (
testa
<
corpo
<
coda).
Inoltre l’ecografia è stata largamente usata negli anni precedenti per
eseguire FNAB per la tipizzazione della lesione pancreatica,
dimostrando una elevata sensibilità (61 – 94 %) con alta specificità.
Pur tuttavia, le complicanze della metodica, non ultimo l’elevato
rischio di disseminazione delle cellule neoplastiche lungo il decorso
dell’ago o in cavità peritoneale, ne ha ridotto le indicazioni, con
esclusione assoluta per i casi di neoplasia potenzialmente resecabile.
L’esame ecocolor-Doppler per il coinvolgimento vascolare arterioso e
venoso è essenziale per la valutazione di resecabilità chirurgica.
L’utilizzo di tale metodica ha dimostrato una buona sensibilità
(sempre operatore dipendente) tra il 55% ed il 94%, ma anche elevata
specificità (80-100%) ed accuratezza (81-95%).
La TC spirale rappresenta a tutt’oggi la tecnica d’elezione (gold
standard)per la stadiazione dell’adenocarcinoma pancreatico infatti ci
permette sia di stabilire le dimensioni del tumore del pancreas sia di
individuare la presenza di lesioni secondarie a carico del fegato o altri
organi vicini, consente di escludere la presenza di calcificazioni,
contribuendo alla diagnosi differenziale con la pancreatite cronica e
- 30 -
per valutare i vasi principali adiacenti al pancreas, al fine di rilevare
un'eventuale invasione.
La sensibilità della TC nell’identificazione
dell’adenocarcinoma pancreatico risulta elevata (89 – 97%). Con
l’avvento della TC Multidetettore si è ottenuto un ulteriore aumento
dell’accuratezza per la valutazione della resecabilità.
La RM, che sfrutta campi magnetici variabili, presenta un’accuratezza
simile alla TC sia nella identificazione che nella stadiazione
dell’adenocarcinoma pancreatico. Il vantaggio della rm è quello di non
esporre il paziente a radiazioni. Tuttavia, la TC rimane la tecnica più
vantaggiosa in termini di costo-beneficio e in termini di tempo .
L’ERCP (colangiopancreatografia retrograda endoscopica) combina
l’uso di endoscopia e radiologia e svolge un ruolo centrale nella
diagnosi e nel trattamento di molti disturbi del pancreas come
pancreatite acuta e cronica, tumori benigni e maligni ect.. La
sensibilità della metodica è del 95% ma il suo impiego deve essere
selettivo a causa dell’invasività della procedura. Quando i reperti della
TAC o RNM sono dubbi,
è opportuna la ERCP.
Per quanto riguarda la TC-PET (tomografia ad emissione di positroni)
il ruolo di questa recente tecnica è tuttora da verificare, ma le
prospettive sembrano interessanti, dal momento che consente di
identificare l’elevata attività metabolica glucidica nel contesto di una
focalità neoplastica.
I primi dati con lo studio FDG PET (il fluorodesossiglucosio, un
analogo del glucosio, utilizzato come tracciante nella PET)dimostrano
una elevata sensibilità (98%) ,specificità (84%) ed accuratezza (93%),
anche se questi risultati sono ancora aneddotici e peggiorano nei
pazienti affetti da iperglicemie; infatti l’ FDG compete con il glucosio
per il trasporto cellulare. Si segnalano pertanto falsi negativi per
iperglicemie, oltre che falsi positivi per flogosi (pancreatite cronica).
- 31 -
Infine tutte le tecniche diagnostiche in nostro possesso non sono in
grado attualmente di valutare con correttezza l’estensione peritoneale
della malattia; pertanto l’esplorazione chirurgica o laparoscopica del
peritoneo rappresenta atto fondamentale prima di ogni manovra
chirurgica. Per quanto riguarda la biopsia, questa è fondamentale per
la corretta diagnosi e indispensabile nella valutazione che precede il
trattamento di forme non operabili chirurgicamente. Non indicata se il
paziente è candidato alla stadiazione laparoscopico/loparotormica o se
è resecabile a causa del rischio di disseminazione di cellule tumorali
lungo il tragitto dell' ago. Per i tumori sospetti del pancreas la biopsia
é obbligatoria. La biopsia può essere effettuata sotto guida ecografia o
TC, utilizzando una tecnica di aspirazione con aghi di calibro 20-23.
La sensibilità è di circa l'80% e la specificità è quasi pari al 100%.
Eventuali negativi sono principalmente imputabili ad errori nel
prelievo del campione e la tecnica dipende largamente dall'abilità del
radiologo e dell'anatomopatologo. Le complicanze, ancorché rare,
includono la disseminazione del tumore e, pertanto, l'esame deve
essere riservato ai pazienti candidati a intervento di chirurgia radicale
o a terapia neoadiuvante.
3.3 Il ruolo dell’EUS
Nel corso degli ultimi 2 decenni, l’ecografia endoscopica (EUS) si è
evoluta fino a diventare uno strumento indispensabile per la
valutazione delle patologie del pancreas. Sebbene la sensibilità di
rilevamento del tumore è alta ,è anche importante notare che ha un
elevato valore predittivo negativo. Questo ha importanti implicazioni
per il clinico perché significa che l’EUS può attendibilmente escludere
il cancro del pancreas e nella pratica clinica, il ruolo della TAC,
risonanza magnetica, e EUS deve essere considerato complementare.
- 32 -
L’ ecografia endoscopica (EUS) rappresenta la massima accuratezza
circa l’infiltrazione dell’asse mesenterico-portale, non fornendo però
informazioni sulla diffusione epatica e/o peritoneale. L’EUS unisce
alla potenzialità della visione endoscopica quelle dell’ecografia,
tramite un piccolo trasduttore di ultrasuoni montato sulla punta di un
endoscopio (Figura 12) avendo quindi la possibilità di identificare
lesioni anche di 2-3 mm e consentendo di rilevare con precisione
alcuni parametri, considerati importanti fattori di rischio metastatico e,
quindi, prognostici; in particolare ad esempio le dimensioni esatte del
tumore, la profondità di invasione parietale e la presenza o meno di
adenopatie secondarie loco-regionali. Sulla base di tutti questi
parametri clinici, immunoistochimici e di staging loco-regionale, sarà
possibile decidere il trattamento appropriato per quel paziente in
termini di resezione solo endoscopica, resezione chirurgica miniinvasiva oppure resezione radicale. Inoltre, l’EUS può essere usata per
valutare la radicalità della resezione endoscopica e nel follow-up dei
pazienti, dopo terapia resettiva. L’EUS è ancora oggi la migliore
metodica disponibile per l’imaging del pancreas: portando il
trasduttore ecografico ad alta frequenza in diretta vicinanza della
ghiandola pancreatica, con le scansioni dal duodeno (testa del
pancreas) o dallo stomaco (corpo-coda), è in grado di produrre
immagini ad alta risoluzione del parenchima e del sistema duttale
pancreatico e si possono evidenziare strutture e lesioni anche di 2-3
mm di diametro. La sensibilità è tra l’80% ed il 90% per i tumori a
localizzazione pancreatica. Rappresenta una fondamentale modalità
di localizzazione e di stadiazione pre-operatoria più sensibile in questo
ambito clinico ed andrebbe usata in uno stadio precoce del percorso
diagnostico, in quanto ha dimostrato di essere vantaggiosa anche in
termini di costo-efficacia (riduzione costi, risparmio di tempo,
riduzione morbilità legata a test più invasivi). L’EUS presenta alcune
- 33 -
limitazioni
che
potrebbero
essere
in
parte
superate
dalla
contrastografia.
Tra le limitazioni annoveriamo che l’EUS è altamente operatoredipendente, che la conferma citopatologica con agoaspirazione (FNA)
è solitamente richiesta per la diagnosi differenziale dei tumori e che
alcune condizioni pre-esistenti (come la presenza di protesi biliari e la
pancreatite cronica) possono ostacolare l’individuazione di piccole
lesioni
tumorali.
L’uso di agenti di contrasto endovenosi per gli ultrasuoni (UCAs) è
diventato ormai una procedura comune nell’ecografia addominale per
la diagnosi e il follow up delle malattie epatiche e pancreatiche.
L’uso degli UCAs in EUS è invece ancora limitato a piccole
casistiche. Tuttavia i potenziali vantaggi dell’EUS con mezzo di
contrasto
sono
molteplici
e
includono:
-la caratterizzazione della vascolarizzazione dei tumori pancreatici;
-
la
la
diagnosi
stadiazione
differenziale
dei
tumori
dei
linfonodi;
gastro-intestinali;
- lo studio dell’ipertensione portale.
La maggior parte delle pubblicazioni disponibili in letteratura tratta
dell’uso degli UCAs con segnale color Doppler e power Doppler (CE
EUS) e non con un’ armonica di contrasto dedicata (CHE EUS).
In uno studio pubblicato recentemente è stato descritto che CHE EUS
aumenta l’accuratezza nella diagnosi dei tumori solidi del pancreas In
tutti i casi è stato utilizzato il SonoVue come mezzo di contrasto
(esafluoruro di zolfo). Interessante il fatto che CHE EUS ha permesso
di individuare piccole lesioni tumorali in 7 pazienti che avevano un
reperto dubbio con l’EUS standard, a causa della presenza di protesi
biliari e/o di pancreatite cronica. In questi casi è stato possibile
eseguire una EUS-FNA “mirata” con ottima accuratezza per la
- 34 -
diagnosi di adenocarcinoma. La CHE-EUS è una tecnica di semplice
esecuzione e sostanzialmente scevra da rischi per il paziente.
Un altro aspetto da sottolineare nell'applicazione della tecnologia
endoscopica riguarda la possibilità di combinare l’EUS con l'esame
citologico dell'agoaspirato. Importante è sottolineare la necessità di
un’integrazione costante fra diagnosi e quadro clinico, di laboratorio e
di imaging.
3.4 EUS-FNA
L’ecografia endoscopica negli ultimi 15 anni si è arricchita della
possibilità di eseguire biopsie con ago sottile (FNA, Fine Needle
Aspiration) mirate, sotto guida eco endoscopica (Figura 13), anche in
lesioni di pochi millimetri, situate profondamente nella parete
gastroenterica od in linfonodi al di fuori di essa oltreché, ovviamente,
nel pancreas. La specificità per esiti positivi del FNAC è vicina al
100% mentre il valore predittivo di esiti negativi è molto basso. La
sua introduzione ha migliorato la diagnostica delle lesioni solide
pancreatico-biliari, infatti è la tecnica più comune per l’acquisizione di
tessuto da una massa pancreatica.
La citopatologia diagnostica o citodiagnostica è quella branca
dell’anatomia patologica che valuta, con l’ausilio di tecniche diverse,
le alterazioni delle cellule dei vari organi e apparati al fine di
identificare l’entità morbosa da cui è affetto il paziente. I suoi obiettivi
sono:
diagnosi
di
malattia;
diagnosi
eziologica
e
diagnosi
patogenetica.
La citologia per agoaspirazione è spesso utilizzata come procedura
elettiva
per
una
diagnostica
pre-operatoria
delle
patologie
pancreatiche formanti massa. La disponibilità di metodiche di prelievo
- 35 -
con guida eco-radiologica ed eco-endoscopica ha reso il prelievo
citologico agoaspirativo a rischio “controllato” e dotato di un
accresciuta accuratezza. L'analisi citologica del materiale aspirato
citologico può facilmente distinguere tra adenocarcinoma, tumori
maligni delle cellule insulari, metastasi al pancreas, e le lesioni
infiammatorie.
Ad esempio la citologia su strato sottile (TLC), diventata ormai di
largo utilizzo nella diagnostica agoaspirativa di numerosi organi, è
stata solo di recente applicata anche alla EUS. La citologia in strato
sottile rappresenta una valida ed innovativa metodica perfettamente
applicabile alla EUS per la diagnostica delle lesioni pancreaticobiliari. Ulteriori studi di confronto con la citologia tradizionale sono
tuttavia opportuni per stabilire definitivamente l’efficacia di questa
metodica.
Anche se l’EUS è considerato superiore alla RM e TC nel rilevare
masse pancreatiche,è la possibilità di individuare e inserire un ago in
lesioni sospette che ha reso indispensabile l’EUS nella valutazione dei
pazienti con tumori solidi del pancreas. L’EUS-FNA è una tecnica
precisa e sicura per confermare la diagnosi di cancro pancreatico. Con
l'avvento di terapie neadiuvanti per il cancro del pancreas, la maggior
parte dei pazienti affetti da questa patologia richiede una diagnosi
prima di iniziare il trattamento.
Un vantaggio principale di EUS
rispetto alla TC è la capacità di eseguire FNA al momento della
verifica della lesione piuttosto che dover programmare un secondo
esame e può essere eseguita utilizzando aghi sottili di diverso calibro
(25, 22 o 19 gauge). Quando si sceglie il calibro dell’ago bisogna
tener presente diverse considerazioni e quindi utilizzare aghi che
forniscano la resa ottimale delle cellule, che minimizzano la
contaminazione ematica, dotati di una certa flessibilità per accedere
alla lesione e che riducano al minimo le complicanze. Storicamente,
- 36 -
l'ago da 22 è stato l'ago della scelta per FNA delle lesioni del
pancreas. Avere una maggiore flessibilità d'ago è particolarmente
importante quando si accede a una lesione del processo uncinato o
altre posizioni del duodeno. Uno studio prospettico di Sakamoto e
colleagues, ha concluso che l'ago calibro 25 è stata la "scelta migliore"
per la diagnosi citologica di lesioni pancreatiche solide. Ad esempio la
quantità di materiale cellulare ottenuto da un ago di calibro19 è
superiore rispetto ad un ago di piccolo calibro. Il problema con
l'utilizzo dell’ago di calibro 19 nelle lesioni della testa del pancreas è
che è spesso troppo rigido per consentire un completo accesso alla
massa. Proprio per questo si stanno sviluppando aghi con materiali
differenti come il nitinol per avere maggiore flessibilità. Dato il tradeoff tra i diversi calibri dell’ago, la scelta del medico deve essere basata
su (1) la localizzazione della lesione (testa vs corpo / coda), (2) la
natura della lesione (massa pancreatica vs peripancreatici nodo
linfatico), e (3) se la cellularità è sufficiente. L'ago calibro 25 è
l'opzione preferita per le lesioni alla testa del pancreas, in particolare
per il processo uncinato.
L’esame intraoperatorio con FNA di una massa pancreatica viene
utilizzato per determinare se una lesione è maligna e per determinare
il tipo di neoplasia. Lo svantaggio di questa strategia è il tempo
necessario e il prolungamento dei tempi operatori. L'uso di FNA
preoperatorio evita questi problemi.
E 'stato raccomandato che per ottenere risultati ottimali, una massa
pancreatica dovrebbe essere campionato con 7 aspirazioni. Quasi il
25% degli obiettivi di EUS FNA nel pancreas non può essere visto
con la TC e l’EUS può anche identificare neoplasie a basso grado,
umori neuroendocrini e lesioni metastatiche al pancreas. Questi tipi di
obiettivi non erano in precedenza accessibili in caso di guida con TC.
- 37 -
Fondamentale è confrontare i costi: Il punto finale è stato il costo di
gestione per paziente. L’EUS FNA è stata la strategia meno costosa
rispetto al TC FNA.
Il tasso di complicanze EUS-FNA è considerato molto basso, tra il 12%. Tra le complicanze di questa tecnica ricordiamo:
-la coagulazione, che può portare ad artefatti come raggruppamenti di
cellule. L’ideale campione per Eus FNA deve produrre solo poche
gocce di liquido sanguinolento, nel caso in cui sia fortemente ematico
è meno probabile avere materiale diagnostico al suo interno. La
Coagulazione del sangue all'interno dell'ago può essere un problema
particolare con gli aghi di diametro inferiore. Ci sono 2 modi per
superare questo problema. Uno è quello di microdissezzionare il
coagulo e frammento di tessuto con una lama chirurgica e procedere
ad un allestimento del citoincluso. Un'altra opzione è quella di
utilizzare eparina nell’ago e lubrificare il lume dell'ago così che il
materiale non si attacchi e per impedire la coagulazione del sangue;
-la pancreatite è rara e di solito mite. La Pancreatite può verificarsi
più comunemente dopo FNA di una lesione cistica rispetto a FNA di
una lesione solida;
-Nel corso della FNA, l’endoscopio può causare perforazione
duodenale in pazienti con stenosi duodenale, ma anche questa è una
complicazione rara;
- Un'altra complicanza, seppur rara è la batteriemia.
L’interpretazione del FNA può essere "non diagnostico" fino al 32 %
a causa di molteplici fattori, tra cui annoveriamo una cellularità scarsa
e / o artefatto del vetrino.
La presenza di un citopatologo durante EUS-FNA è conveniente e
utile. Questo ci permette di ottenere un feed back immediato
sull’adeguatezza del campione, determinando la diminuzione del
numero dei passaggi dell’FNA, diminuzione dei tempi della procedura
- 38 -
con un corretto allestimento in loco del materiale raccolto da inviare al
laboratorio di anatomia patologica raggiungendo una diminuzione dei
falsi negativi, inadeguati e di conseguenza un miglioramento nella
performance diagnostica. Se il citopatologo non può essere fornito, un
tecnico qualificato in citopatologia dovrebbe essere presente per
fornire una valutazione di "adeguatezza del campione".
Per i campioni indeterminati si possono aggiungere studi di biologia
molecolare per identificare ad esempio mutazioni su K-ras /P53 e
quindi analisi volte a migliorare la precisione.
È spesso difficile da diagnosticare il cancro del pancreas in
background di pancreatite cronica e questo può essere il motivo più
comune nel determinare falsi negativi in Eus- FNA. Nei pazienti che
si presentano con una storia clinica e / o immagini suggestive di
malignità del pancreas, ma hanno citologia negativa per EUS-FNA si
può procedere con (1) l'osservazione clinica utilizzando tecniche di
imaging e ripetizione dell’FNA dopo un periodo di tempo tra 2 e 4
mesi (sempre stressante per il paziente e la famiglia), (2) esplorazione
chirurgica, o (3) TC con biopsia guidata. Questa è meno favorevole a
causa del rischio di disseminazione durante il tragitto dell’ ago.
Ripetere l'imaging e il campionamento dei tessuti è probabilmente il
miglior modo di agire.
Uno dei principali vantaggi di EUS-FNA nelle lesioni pancreatiche è
che può essere ridotto il rischio di contaminazione peritoneale in caso
di malignità. La formazione di specialisti in EUS-FNA è una delle
questioni più importanti per accrescere la disponibilità di questa
tecnica presso i centri principali. Il tasso di falsi positivi dell’ FNA è
estremamente basso, si avvicina a zero. Tuttavia, ci sono segnalazioni
di interpretazioni falsamente positivi della citologia del pancreas. La
superiorità della EUS per il rilevamento di patologia pancreatica viene
continuamente sfidato dai progressi tecnologici in TC e RMN, come
- 39 -
per la pet (tomografia ad emissione di positroni). EUS ha inoltre il
vantaggio su tutte le altre tecniche di imaging di essere in grado di
campionare immediatamente eventuali lesioni sospette viste nel
pancreas. Il campione viene poi depositato su un vetrino citologia per
il fissaggio immediato, subendo poi colorazione ed esami citologici.
- 40 -
CAPITOLO 4
LA TECNICA DEL CELL BLOCKS
Quando le alterazioni a livello cellulare da soli sono sufficienti per
una diagnosi, una dimensione minima del campione è accettabile. Per
molte diagnosi, tuttavia, può essere necessario riconoscere le
alterazioni nella struttura dei tessuti e questo è necessario anche per
studiare le caratteristiche biochimiche e molecolari delle cellule. I cell
blocks soddisfano questa esigenza (Figura 14).
I cell blocks sono micro biopsie incorporate in paraffina. Una sezione
standard istologica, presenta quattro o cinque micron di spessore,
mostra l'organizzazione e la composizione cellulare di un frammento
micro bioptico . Generalmente, la diagnosi può essere fatta con una
maggiore fiducia quando sono presenti sia la morfologia a livello
cellulare che tissutale.
Una combinazione tra citologia classica e cell blocks stabilisce una
sinergia che è in grado di fornire questa fiducia.
La capacità di individuare le cellule tumorali nei fluidi corporei è stata
realizzata nel 1882, quando la prima diagnosi di cancro è stata
realizzata da un campione citologico. Il CB ha guadagnato
l’accettazione su larga scala come strumento diagnostico nel 1947,
quando è stato utilizzato per aumentare la cellularità dei versamenti
sierosi, tutta via l’idea del CB è stata descritta per la prima volta nel
1896 utilizzando un’inclusione del materiale in celloidina. Oggi
l’applicazione di questa tecnica nella diagnosi del carcinoma del
pancreas ci ha permesso di eliminare quasi tutti i limiti collegati agli
strisci citologici convenzionali.
Nel corso degli anni una miriade di tecniche sono state messe appunto
e anche se ci possono essere sottili differenze nelle fasi procedurali
esiste un protocollo generale.
- 41 -
4.1 Allestimento del Cell Block
L’allestimento del citoincluso (cell block) è una procedura che può
essere eseguita contemporaneamente o in alternativa ad altre
preparazioni citologiche, con l’obiettivo di unire i vantaggi dei
prelievi
effettuati
con
tecnica
citologica
con
quelli
propri
dell’istopatologia. In altri termini, un’ indagine citologica viene
trasformata in un esame istologico, ampliando il valore diagnostico
dei campioni citologici.
La tecnica prevede un primo momento di concentrazione delle cellule
mediante centrifugazione cui segue l’allontanamento del supernatante
e la raccolta del sedimento cellulare. Questo è poi risospeso in liquido
fissativo, solitamente formalina neutra tamponata al 4-5%, lasciato
fissare, preferibilmente a 4-6 °C per un paio d’ore (si esegue questa
fissazione per i campioni che arrivano freschi non fissati). Il fissativo
viene aggiunto in proporzioni idonee al materiale e per un tempo
sufficiente a garantire fissazione. Dopo ulteriore centrifugazione il
sedimento cellulare viene disidratato con la serie degli alcoli,
chiarificato con soluzioni diafanizzanti, incluso in paraffina e tagliato
al microtomo, a somiglianza di quanto avviene per i campioni
istologici. L’allestimento in cell block del campione citologico
incrementa le possibilità della diagnostica morfologica, poiché
consente una migliore valutazione dei caratteri costituitivi degli
aggregati, limitando la sovrapposizione cellulare e riducendo
l’interferenza apportata dalla presenza di emazie e dai detriti cellulari.
Inoltre l’inclusione in paraffina permette, da un lato la conservazione
del campione e la possibilità di effettuare successive indagini
immunoistochimiche con un ampio panel anticorpale. Uno svantaggio
è rappresentato dai lunghi tempi di allestimento.
- 42 -
Spesso è segnalata la difficoltà tecnica nella raccolta del sedimento
per l’esecuzione dell’inclusione in occasione di campioni con scarsa
cellularità. Si può ovviare a questo inconveniente colorando il
sedimento con una goccia di eosina o eseguendo una pre-inclusione in
agar, in celloidina o in coagulo di fibrina, formando il cosiddetto cell
bag. I sistemi di pre inclusione agevolano la raccolta dell’intero
sedimento, impedendo la perdita delle cellule durante i passaggi
successivi.
La metodica che impiega l’agar neutro prevede il rivestimento con
questa sostanza del sedimento cellulare immediatamente dopo la
fissazione, prima dei passaggi disidratanti.
Il metodo con l’utilizzo della celloidina prevede la preparazione di una
soluzione di celloidina, che si ottiene sciogliendo 10 gr. di questa
sostanza in 100 ml di una miscela composta anaparti di alcool ed etere
etilico. Successivamente, si riempie la provetta con questa soluzione e
quindi con cloroformio per indurire la pellicola di celloidina e
prevenirne l’eccessiva asciugatura. Infine, nella provetta così
preparata, si versa il campione citologico sospeso nel fissativo (di
solito formalina al 10%) e si centrifuga per 10 minuti a un elevato
numero di giri. In seguito, si scarta il supernatante, si elimina la parte
superiore della pellicola di celloidina, si recupera la porzione inferiore
(sedimento), che si tratta secondo la tecnica di routine istologica.
La procedura che implica la formazione del coagulo di fibrina si
esegue centrifugando il campione citologico e, dopo aver eliminato il
supernatante, si aggiungono alcune gocce di plasma seguite da una
piccola quantità di trombina, affinché si formi un coagulo. Questo è
poi fissato e processato al pari di un campione istologico.
Le sezioni ottenute con la tecnica del CB offrono quindi una serie di
vantaggi rispetto ai strisci citologici tradizionali:
- 43 -
- riduzione della sovrapposizione cellulare e interferenza legata alla
presenza di sangue e di detriti cellulari;
- conservazione dell’architettura cellulare;
- colorazione con ematossilina eosina comparabile con quella eseguita
sui pezzi chirurgici;
- conservazione nel tempo del materiale per poterne disporre anche in
tempi successivi;
- possibilità di eseguire ulteriori studi come IHC e biologia
molecolare;
- la letteratura suggerisce che le sezioni ottenute dal CB migliorano la
rilevazione di cellule maligne, infatti molti studi dimostrano che il
tasso di positività di un campione citologico maligno è aumentato
utilizzando il CB, ottenendo così un miglioramento in termini
diagnostici.
4.2 Scraping Cell Blocks
Una possibile e innovativa applicazione del CB è rappresentata dalla
SCRAPING CELL BLOCK (SCB). Una diagnosi inconcludente con
la citologia di aspirazione con ago sottile (FNA) può essere dovuta ad
una
scarsa diffusione o alla presenza di frammenti di tessuto
nonostante l'aspirazione di materiale adeguato. Tuttavia, a volte gli
FNA non forniscono informazioni sufficienti per una diagnosi precisa
con un rischio di falsi negativi dovuti materiale inadeguato, non
rappresentativo, il che può essere attribuito alla variazione nella
competenza del campionamento, alla natura delle lesioni, alla
presenza di sangue coagulato o ad aggregati cellulari sovrapposti che
possono interferire con i dati citologici e rendere difficile
l'interpretazione o la classificazione impossibile. La ripetizione
dell’aspirazione può non essere possibile soprattutto quando si tratta
- 44 -
di organi profondi il cui raggiungimento necessita di tecniche
d’imaging guidate. In uno studio sono stati presi in considerazione 27
casi in cui la citologia di routine non è stata in grado di eseguire una
diagnosi definitiva a causa di sovrapposizione cellulare e su questi è
stata applicata la tecnica SCB. In 12 casi la diagnosi dopo SCB ha
fornito maggiori informazioni, in 4 casi non ha fornito maggiori
informazioni. È stata inconcludente in un caso. La diagnosi è stata
confermata da SCB in 6 casi mentre in 2 casi non è riuscita ad
identificare la presenza di cellule neoplastiche.
Per superare questi problemi legati al materiale ottenuto con FNA, si è
fatto ricorso alla tecnica SCB per fare un miglior uso del materiale
disponibile. Il metodo consiste nel decolorare, raschiare ed elaborare i
frammenti di tessuto presenti sul vetrino. I vetrini vengono
accuratamente raschiati con l'aiuto di una lama da bisturi. Il materiale
raschiato viene poi meticolosamente messo con una pinza nell’agar
fuso al 3% per formare un piccolo pulsante. Quando l'agar solidifica,
il materiale ottenuto viene avvolto in una carta da filtro Whatman n. 1
e messo in una bio cassetta e sottoposto nuovamente a fissazione e poi
processato come un istologico per allestire un blocco di paraffina.
SCB è una tecnica utile per massimizzare la resa diagnostica dal
materiale disponibile in tali situazioni. Un punto critico durante il
protocollo è rappresentato dalla raccolta del sedimento senza perdita
del materiale e proprio per sovvenire a questo si usa agar fuso che lega
le cellule raschiate evitando così il rischio di perdere materiale.
I due vantaggi principali sono la capacità di ottenere inclusioni in
paraffina e quindi sezioni da poter utilizzare per metodiche accessorie
come IHC e la concentrazione delle cellule in una zona limitata
permettendo una facile osservazione microscopica. Un grave
inconveniente di questo metodo è il tempo relativamente lungo (24 h)
dell’intero processo. Con la tecnica SCB sono state prodotte sezioni
- 45 -
istologiche di alta qualità e quindi risulta un utile complemento
soprattutto quando si ha a che fare con materiale poco diffuso ma
adeguato e nei casi in cui la ripetizione dell'aspirazione non è
possibile.
4.3 Scraping Cell Blocks vs Conventional Cell Blocks
È stato eseguito uno studio per confrontare i risultati e la
conservazione della citomorfologia immunoistochimica tra Cell
Blocks convenzionali (CCB) e Cytoscrape Cell Blocks (SCB). Le
sezioni allestite con il CCB e quelle allestite con SCB hanno mostrato
una cellularità adeguata in tutti i casi. La conservazione morfologica
così come la conservazione architettonica e nucleare era adeguata
nelle sezioni SCB. I dettagli citomorfologici sono altrettanto buoni in
SCB e CCB. Pannelli aggiuntivi di colorazione possono essere
eseguiti
su SCB per una migliore diagnosi e classificazione, in
particolare nei casi in cui la ripetizione con FNA non è possibile.
4.4 La tecnica del Cell Block verso i sistemi automatizzati:
Cellient Automated System Cell Blocks
La definizione di terapie bersaglio specifiche e personalizzate sta
diventando un dovere essenziale per i patologi, con l'avvento di nuovi
trattamenti di tipo molecolare. Il tessuto incluso in paraffina è emerso
come la piattaforma standard per raggiungere questo obiettivo di
"medicina personalizzata". I patologi per eseguire una diagnosi
necessitano di
poche centinaia di micron di tessuto. La ragione
principale per cui le biopsie oggi giorno hanno dimensioni maggiori è
perché con gli attuali metodi di lavorazione dei tessuti si perdono
- 46 -
frammenti di questo durante la lavorazione e / o i frammenti che si
posizionano in piani diversi. Fisicamente trattenendo i frammenti di
tessuto durante l’inclusione si introduce anche il potenziale rischio di
contaminazione crociata. Per frammenti di tessuto che sono troppo
piccoli per essere prelevati con le pinze, è stato necessario sviluppare
una tecnica che ci permettesse di concentrarli in una zona limitata e
includerli in paraffina ed il Cell Block appunto è la tecnica utilizzata.
Tra i metodi di raccolta dei frammenti per il CB possiamo ricordare
l’utilizzo di fibrina o agar. Il
limite di questa tecnica è che i
frammenti di tessuto sono dispersi in uno spazio dimensionale che è
più ampio dei frammenti reali. Inoltre il plasma è comunemente
combinato con la trombina per formare un coagulo di fibrina che
funge da sostanza veicolo. Oltre alla contaminazione crociata cellulare
e molecolare che potrebbe derivare dalla introduzione di materiale
biologico di un paziente diverso in un campione di diagnostica, un
altro problema che si presenta utilizzando il sistema plasma-trombina
è il frequente verificarsi di contaminazione batterica o fungina del
plasma. Il secondo metodo di raggruppamento di micro particelle è
l’utilizzo di un adesivo per trattenere le particelle. Il limite di questa
tecnica è che le cellule sono concentrate in un pulsante
tridimensionale.
Il Cellient ® Automated System Cell Block è stato sviluppato per
rispondere alle limitazioni dell’allestimento tradizionale del CB.
Questo sistema automatizzato offre notevoli vantaggi rispetto agli
attuali metodi manuali per la preparazione di CB.
- 47 -
4.5 Principi di funzionamento di Cellient Automated System Cell
Blocks
Il campione, tre puntali per pipette e la biocassetta monouso vengono
caricati nello strumento (Figura 15,16 e 17).
Una bio cassetta e un filtro sono stati progettati per catturare cellule o
frammenti di tessuto da residui di campioni, o sospensioni cellulari.
Le cassette e il filtro monouso permettono alle cellule catturate o
frammenti di tessuto di essere correttamente posizionati in piano per
il successivo taglio con un microtomo. Cellule e frammenti micro
bioptici sono depositati in uno strato uniforme finché il filtro è saturo.
A questo punto può essere aggiunta eosina per migliorare la
visualizzazione delle cellule per il successivo taglio e per una migliore
diagnosi (l’aggiunta di eosina è opzionale). Nelle fasi successive,
piccole quantità di alcol, xilene e paraffina vengono rapidamente
addizionati al campione (si esegue la classica processazione). La
regione filtro viene poi raffreddata. Tutti questi passi sono
completamente automatizzati, eliminando la variabilità dell’operatore.
Una volta che la paraffina indurisce, il filtro aspira lasciando le cellule
incorporate in un piano nella pararffina. La cassetta viene rimossa
manualmente e posta in una base di rimodellamento monouso nella
stazione automatizzata di inclusione dove viene aggiunto un ulteriore
strato di paraffina attorno al disco di tessuto incluso (Figura 15 e 18).
Una volta completato questo passaggio, il blocco è pronto per il
sezionamento istologico (Figura 19). Lo strato di paraffina intorno al
blocco rende possibile identificare con precisione il piano in cui si
trovano le cellule, riducendo al minimo la perdita di materiale durante
il sezionamento.
- 48 -
4.6 Cellient Automated System Cell Blocks: Vantaggi e limiti
Ci sono una serie di vantaggi del processo Cellient rispetto ad altre
tecniche di allestimento del CB:
- migliora la raccolta con una perdita di materiale durante la
centrifugazione e decantazione ridotta al minimo, grazie anche alla
filtrazione sottovuoto. Non vi è alcuna ulteriore perdita di materiale
per trasferimento incompleto dalla cassetta al modello in cera;
- Grazie all'efficienza del flusso continuo, l’estrazione e l'eliminazione
delle sostanze di trasporto, per la trasformazione completa si utilizza
un minor volume di reagenti rispetto ai processatori utilizzati di
routine;
-il tempo di elaborazione è considerevolmente inferiore rispetto ad un
processatore standard con un tempo di elaborazione costantemente
rapido (45 minuti o meno);
-massimizza la cellularità da campioni in cui questa è esigua;
-maggiore ripetibilità, chiarezza e cellularità da ogni blocco con una
rappresentazione migliore, poiché aiuta a mantenere nitide e chiare le
cellule, crea una concentrazione di cellule nel blocco, permette di
eseguire valutazioni contemporanee sia sulla citologia classica che su
CB e rappresenta un sostegno con una maggiore produttività anche per
le valutazioni da parte dei patologi, una maggiore ripetibilità data da
un alta qualità dei blocchi;
-è un procedimento standardizzato, infatti per raggiungere l'obiettivo
della medicina personalizzata, l’inclusione in paraffina e le condizioni
di trasformazione del tessuto devono essere standardizzate. Uno degli
attributi chiave del processo Cellient è la possibilità per l'utente di
standardizzare le condizioni di lavorazione, utilizzando identici
reagenti freschi per ogni blocco. Anche la fissazione in formalina può
essere standardizzata, se desiderato. Standardizzando le condizioni
- 49 -
lavorative, si riduce al minimo l’errore da parte del personale tecnico,
grazie all’aumento dell’automazione;
-Riduce al minimo il rischio di contaminazione crociata, infatti
diversamente dagli altri processatori non vi è alcuna possibilità per le
micro particelle sospese di contaminare un campione. Inoltre non vi è
alcuna necessità di maneggiare il campione da tecnici eliminando la
possibilità di corpi mobili da introdurre con una pinza;
-assistenza del personale tecnico è minima.
Tra i limiti annoveriamo ad esempio il tempo di elaborazione rapido
del sistema Cellient, che risulta ancora essere correlato al personale
tecnico, che procede una volta allestito il blocchetto, al taglio e alla
creazione del prodotto finito.
Un altro limite importante è rappresentato dal costo necessario per
l’allestimento di ogni citoincluso con il sistema Cellient, stimato
all’incirca intorno ai 20 euro per citoincluso. Il rapporto del costo con
la procedura manuale è intorno all’1:10. In relazione a questo lato
critico, questo strumento nei laboratori Italiani non è stato introdotto
nella routine laboratoristica, proprio a causa del costo eccessivo non
sostenibile dal mercato Italiano. Negli Stati Uniti invece, è
ampliamente utilizzato nella routine laboratoristica.
La speranza è che a lungo termine attraverso la standardizzazione
delle condizioni di trasformazione e la riduzione al minimo delle
dimensioni delle biopsie rendendole comunque diagnostiche, Cellient
contribuirà allo sviluppo di nuovi test di screening per la diagnosi del
cancro, consentendo terapie personalizzate ottimali per le malattie
fornendo una piattaforma attraverso la quale i ricercatori e citologi
possono condividere un terreno comune per combattere e aiutare a
trovare una cura per il cancro.
- 50 -
4.7 Blocchi tradizionali vs blocchi Cellient
 Qualità Sub-ottimale /Il sistema Cellient migliora l’architettura
cellulare;
 Risultati contraddittori/ Il sistema Cellient minimizza gli errori
dell'operatore correlati a incoerenze;
 Cellularità insufficiente/Il sistema Cellient cattura le cellule;
disponibili, massimizzando la cellularità anche da campioni
piccoli/scarsi;
 Tempi
di
lavorazione
lunghi/Il
sistema
Cellient
è
standardizzato, con un tempo di elaborazione rapido, all’incirca
un’ora;
 Rischio di contaminazione crociata/Il sistema Cellient riduce il
rischio di contaminazione crociata.
(Figura 20)
4.8 Indagini immunoistochimiche applicate alla tecnica del Cell
Blocks
Negli ultimi due decenni, le tecniche accessorie sono state sviluppate
per fornire informazioni diagnostiche ottenute esclusivamente dalla
morfologia di cellule e tessuti. L’immunoistochimica (IHC) consente
l’identificazione di antigeni malattia-specifici, o combinazioni di
antigeni. L’IHC applicata alla citologia tradizionale è correlata a
problematiche come la cattura di anticorpi o reagenti nei frammenti di
tessuto di grandi dimensioni, dando l'impressione di una reazione
positiva. Le sezioni in paraffina ottenute con il CB consentono
all’intera microbiopsia di avere parità di accesso ai reagenti IHC. Un
altro vantaggio dell'utilizzo di CB per IHC è la relativa facilità di
fornire un risultato o quantificare la positività sulla base di una cellula.
- 51 -
I CB sono la piattaforma ideale per studi diagnostici ausiliari come
IHC e per la biologia molecolare. Inoltre l’IHC su CB consente una
correlazione in larga scala tra reazione di colorazione e architettura
tissutale. I CB sono anche
un mezzo comodo e stabile per
l'archiviazione di biopsie a temperatura ambiente, con molti vantaggi
rispetto congelamento o conservazione in liquidi fissativi. La
maggiore disponibilità di indagini immunoistochimiche negli ultimi
anni ha aumentato l’esigenza di procedere ad allestimenti di CB nei
laboratori perché molte diagnosi di oggi sono valutate utilizzando
tecniche l’aspirazione con ago sottile (FNA) mentre nel passato erano
a disposizione per la diagnosi solo biopsie o resezioni.
Nei cell-blocks la concentrazione delle cellule sul vetrino,
l’architettura degli aggregati cellulari, così come i dettagli nucleari e
citoplasmatici sono risultati maggiormente evidenziabili rispetto ai
preparati citologici normali, perciò tale tecnica è di rilevante ausilio
diagnostico,
poichè
risulta
utile
per
l’applicazione
dell’immunoistochimica alla diagnostica citologica dei tumori.
L’applicazione di tale metodica è, tuttavia, molto limitata nella
diagnostica citologica. Questa limitata utilizzazione è dovuta
principalmente al fatto che :

Il
materiale
citologico
utilizzabile
per
le
indagini
immunocitochimiche è il più delle volte scarso e notevolmente
disperso sul vetrino;

Nonostante gli sforzi effettuati, non si è riusciti a standardizzare
tale metodica per la citologia, cosi come è stato fatto per
l’istologia.
Oggi,
la
tecnica
del
cell-block,
associata
ad
indagini
immunoistochimiche, può essere considerata un valido strumento
diagnostico nella citologica oncologica di routine.
- 52 -
4.9 Cellient Tm Cell Blocks Automatizzato vs Cell Blocks
Tradizionale: un confronto delle caratteristiche morfologiche nelle
colorazioni IHC
Il Cell Block Tradizionale (TCB) (Figura 21) fornisce sezioni che
sono un importante elemento diagnostico aggiuntivo per gli strisci
citologici, ma oggi sono utilizzati anche come preparazione affidabile
per effettuare studi di immunoistochimica (IHC).
In uno studio, sono state valutate le prestazioni del TCB
confrontandole con quelle CellientTM Cell Block automatizzato. In
questo studio, 35 CB sono stati ottenuti da 16 campioni citologici
benigni e da 19 campioni citologici maligni (campioni non
ginecologici) in un grande ospedale ad insegnamento universitario e
allestiti secondo i protocolli del CB tradizionale e con il sistema
Cellient. Una volta inclusi in paraffina sono stati tagliati a 5 µm e
colorati con ematossilina/eosina. Le sezioni ottenute da ciascun
metodo sono state confrontate secondo diversi criteri:
- cellularità (classificati da zero a tre sulla base del numero di cellule
per campo a bassa potenza);
-Architettura;
-Distribuzione
-
irregolarità
della
cromatina
della
membrana
nucleare;
nucleare;
- presenza di nucleoli.
Ulteriori indagini IHC sono state condotte in 17 casi maligni per un
ulteriore identificazione della neoplasia. Sono stati introdotti controlli
di Adeguato, positivo e negativo per garantire la corretta
interpretazione dei risultati. L’intensità della colorazione è stata
classificata da zero (nessuna colorazione) a tre (colorazione diffusa)
per entrambi i CB. Non sono state riscontrate differenze morfologiche
significative tra TBC e Cellient CB nei 16 casi benigni. Le sezioni
- 53 -
ottenute da Cellient CB presentavano una cellularità leggermente
inferiore rispetto al TCB ma la differenza non ha raggiunto la
significatività statistica. C'erano anche alcune differenze notevoli nella
cromatina nucleare, infatti le sezioni di TCB tendevano a mostrare
nuclei ipercromici (n = 7 pazienti), mentre quelle ottenute da Cellient
CB mostravano maggiormente un nucleo vescicolare (n = 5 pazienti),
tuttavia, la significatività statistica anche qui non è stato raggiunta.
Una cellularità insufficiente ha pregiudicato una valutazione completa
nel 23% (4/17 pazienti) dei preparati Cellient Cell Block nell’IHC
mentre la cellularità non rappresenta un problema con il TCB. Di
conseguenza in questo studio non è stata riscontrata alcuna differenza
significativa tra TCB e il sistema automatizzato Cellient CB in
qualsiasi dei parametri morfologici valutati, anche se è stata notata
una cellularità leggermente inferiore nelle sezioni ottenute da Cellient
CB. Il dato significativo è stato la cellularità insufficiente del sistema
automatizzato Cellient CB quando si cerca di eseguire studi di
immunoistochimica. Inoltre, in questo studio, non è stato riscontrato
un aumento significativo della cellularità del sistema Cellient rispetto
al TCB. L'unica differenza significativa tra i due metodi in questione
riguarda appunto la cellularità dei CB evidenziata durante colorazione
IHC del sistema Cellient. Questa situazione può determinare una non
adeguata valutazione delle colorazioni IHC soprattutto in campioni
con scarsa cellularità.
- 54 -
CAPITOLO 5
METODICHE ACCESSORIE: ISTOCHIMICA
Scopo dell’istochimica è stabilire la costituzione chimica di strutture
istologiche o mettere in evidenza, con coloranti specifici, determinate
sostanze normali o patologiche presenti nelle cellule e nei tessuti,
individuandone eventualmente le zone. L’applicazione dei metodi
istochimici in campo istopatologico è di fondamentale importanza per
la diagnosi di numerose condizioni patologiche.
Le reazioni istochimiche devono essere specifiche, sensibili, sicure,
effettuabili e non dannose per i tessuti. Va premesso che le metodiche
istochimiche non sono in grado di evidenziare piccole molecole
facilmente mobilizzabili bensì sostanze ad alto peso molecolare
proprie dei componenti strutturali del tessuto (proteine, acidi nucleici,
lipidi ecc..)
Tuttavia oggi questa metodica è poco utilizzata nella diagnostica del
pancreas, con applicazione soprattutto nelle patologie metaboliche
come pancreatiti che determinano alterazioni a carico di proteine,
lipidi ecc.. e superata da metodiche accessorie come l’IHC e gli studi
di biologia molecolare soprattutto per la diagnosi del carcinoma
pancreatico.
- 55 -
CAPITOLO 6
METODICHE ACCESSORIE: IMMUNOISTOCHIMICA
L’immunoistochimica è una tecnica ampiamente utilizzata
per
l’identificazione e la localizzazione istologica di antigeni e di
costituenti cellulari e tissutali in situ. Essa ha rappresentato, negli
ultimi anni, uno strumento fondamentale per la diagnosi di molte
malattie ed ha avuto, con l'abbinamento alle tecniche di biologia
molecolare, un grande impulso ed un notevole sviluppo metodologico.
Inoltre, questa tecnica ha permesso l'individuazione di nuovi antigeni
tumorali, proteine oncofetali, di proteine codificate da oncogeni, la
tipizzazione di neoplasie, la loro valutazione prognostica ecc.. E'
chiaro quindi il ruolo fondamentale che questa tecnica ricopre oggi
nella diagnostica.
Le procedure di immunoistochimica permettono la visualizzazione di
componenti
cellulari
in
una
varietà
di
campioni
biologici
comprendenti sezioni di tessuto, strisci e citocentrifugati. I risultati
della colorazione dipendono in gran parte dalla qualità del preparato.
6.1 Preparazione dei campioni
Lo scopo principale della fissazione è quello di preservare la
morfologia delle cellule e dei tessuti evitando la distruzione dei
determinanti antigenici, mantenere le molecole antigeniche che
devono essere individuate nella loro posizione originale e renderle
disponibili, ovvero accessibili, all’anticorpo primario. Dunque
un’appropriata fissazione dell’antigene è uno degli aspetti più critici
delle tecniche di immunoistochimica, le quali possono localizzare
soltanto quegli antigeni che restano riconoscibili per l’anticorpo.
L’ipofissazione può conservare l’antigene ma può danneggiare la
- 56 -
morfologia tissutale con conseguente difficoltà di interpretazione. Al
contrario, con tempi di fissazione più lunghi la qualità della
morfologia potrà migliorare ma una maggiore quantità di determinanti
antigenici potrà risultare mascherata, denaturata o distrutta. Una
fissazione ottimale sarà quella che produce la migliore morfologia con
il tempo minimo richiesto per conservare l’antigene. Tra i fissativi più
adatti per l’IHC ricordiamo: formalina, il liquido di Zenker, l’acido
picrico, il liquido di Bouin, l’etanolo ecc.. Dopo la fissazione si
procede con il tipico iter continuando quindi con disidratazione,
chiarificazione,
infiltrazione,
inclusione
(Per
consentire
una
conservazione ottimale del tessuto e dell’Ag, i bagni di paraffina
dovrebbero essere mantenuti a temperature non superiori ai 57°C e
l’inclusione in resina consente il taglio di sezioni più sottili di quanto
non sia possibile con l’inclusione in paraffina, (fino a 0,2 - 2 m), le
quali hanno il vantaggio di presentare migliori dettagli morfologici e
consentire la localizzazione degli antigeni sia a livello di microscopia
ottica che elettronica. ), taglio al microtomo, raccolta delle sezioni e
reidratazione dei preparati prima della colorazione.
L’allestimento dei vetrini per l’esame di campioni citologici
provenienti da diversi organi può essere effettuato secondo varie
modalità:
-da preparati ottenuti per striscio, in cui il materiale viene deposto su
un vetrino e strisciato con cura per non danneggiare le cellule. Per
ottenere preparati citologici qualitativamente e quantitativamente
soddisfacenti, gli strisci dovrebbero essere costituiti da un solo strato
cellulare; in preparazioni più spesse, infatti, i reagenti possono venire
intrappolati tra gli strati e conferire al preparato una colorazione di
fondo che può rendere difficile l'interpretazione dei risultati. Per
assicurare la conservazione dell'antigene gli strisci dovrebbero essere
fissati il più rapidamente possibile, o comunque entro le 24 ore dal
- 57 -
prelievo. La conservazione dello striscio dipende dalla stabilità
dell'antigene che deve essere localizzato;
-da preparati ottenuti per citocentrifugazione;
-da cell blocks;
-su preparati colorati, Questo tipo di indagine permette di utilizzare lo
stesso materiale già colorato con il metodo di Papanicolaou o di May
Grunwald Giemsa e sul quale pertanto è stata già formulata una
diagnosi sulla base dell'esame morfologico. Tuttavia spesso richiede
l'uso di concentrazioni più alte di anticorpo primario; inoltre,
trattandosi di materiale già ampiamente processato, è possibile
riscontrare una parziale perdita o denaturazione degli
antigeni con conseguente riduzione dell'intensità di colorazione;
-ecc..
Il principio su cui si basano le tecniche di IHC è la reazione antigene
anticorpo; tale reazione si basa sul riconoscimento da parte
dell’anticorpo del determinante antigenico contro il quale è stato
prodotto. Il legame tra antigene e anticorpo si instaura tra i frammenti
Fab dell’anticorpo e i determinanti antigenici.
Gi anticorpi impiegati nelle indagini IHC devono avere caratteristiche
di elevata specificità nei confronti dell’antigene. Innanzi tutto bisogna
disporre di un antigene il più possibile puro; questo viene iniettato in
dosi adeguate nell’animale da esperimento che, così sensibilizzato
produce, notevoli quantità di anticorpi circolanti diretti selettivamente
contro l’antigene impiegato. Questi anticorpi, appartenenti alla classe
delle IgG sono detti policlonali in quanto sintetizzati da cloni diversi
di B linfociti dell’animale; le loro catene leggere infatti dimostrano
differenti gradi di specificità ed eterogeneità. Questi anticorpi, così
prodotti, vengono purificati ed infine utilizzati nelle indagini IHC.
La tecnica della fusione invece si basa sul fatto che le cellule mieloma
tose di pazienti con mieloma multiplo, derivano tutte da uno stesso
- 58 -
clone cellulare e per questo motivo sintetizzano Ig provviste di un solo
tipo di catena leggera della stessa regione variabile (anticorpi
monoclonali). Utilizzando tecniche di coltura in vitro, questi elementi
mieloma tosi vengono ibridizzati con plasmacellule di animali
sensibilizzati contro un particolare antigene altamente purificato. È
così possibile creare un nuovo clone cellulare che si automantiene e
sintetizza anticorpi estremamente specifici. La concentrazione dell'Ab
primario dipende dalla quantità dell'antigene presente nel campione da
testare (dopo una possibile perdita dovuta a lavaggi, diffusione o
denaturazione) e dalla sensibilità del sistema di rivelazione.
Il legame dell'anticorpo primario con l'antigene può essere rivelato da
fluorocromi o da enzimi coniugati. Se l'anticorpo diretto contro
l'antigene da cercare è marcato con un fluorocromo, il sito di reazione
si rende evidente per la fluorescenza legata all'anticorpo che ha reagito
con l'antigene. Se il marcatore è costituito da un enzima, esso, in
presenza di un opportuno substrato, produrrà un precipitato colorato
nel sito di reazione. Lo svantaggio della immunofluorescenza è
rappresentato dalla ridotta sensibilità e dalla facile estinzione della
fluorescenza. I fluorocromi
più usati sono la fluoresceina, la rodamina, la resorufina e la
ficoeritrina. Inoltre il risultato non è stabile nel tempo e tende a
decadere per effetto della luce.
Le reazioni enzimatiche possono
essere analizzate con un microscopio convenzionale a luce diretta;
possiedono
una
colorazione
permanente
che
permette
la
documentazione fotografica anche a distanza di tempo e possono
essere combinate con le contro colorazioni. Gli enzimi comunemente
usati in immunoistochimica sono la fosfatasi alcalina da mucosa di
vitello, la b galattosidasi e la perossidasi di rafano. I metodi di
immunoistochimica utilizzati per localizzare l'antigene possono essere
- 59 -
diretti, fare uso di coniugati (indiretti), utilizzare immunocomplessi o
sfruttare l'affinità tra avidina e biotina.
Il modo più semplice per localizzare un antigene è quello di utilizzare
un anticorpo diretto specificamente contro di esso. Nel metodo diretto
l'anticorpo specifico è legato chimicamente al fluorocromo o
all'enzima. Il reagente coniugato viene applicato al campione e
raggiungerà l'antigene. Viene poi applicato un substrato che produrrà
un prodotto terminale colorato che precipita nel sito e renderà visibile
l'antigene localizzato.
Nel metodo indiretto l'antigene da ricercare viene fatto reagire con un
anticorpo non coniugato. Successivamente il complesso antigeneanticorpo che si è formato verrà fatto reagire con immunoglobuline di
una specie animale diversa da quella da cui è stato prodotto l'anticorpo
primario e coniugato con una molecola di marcatore. La reazione
finale risulterà più intensa perché l'antigene tissutale si combina con le
molecole di anticorpo, ognuna delle quali si legherà (fungendo a sua
volta da antigene), con molecole di anticorpo coniugato. I tempi
richiesti sono doppi rispetto al metodo diretto e i rischi che si
verifichino reazioni non specifiche sono più elevati.
Gli immunocomplessi sfruttano la naturale affinità tra antigene e
anticorpo e sono costituiti da un complesso formato artificialmente
dall'enzima che catalizza la reazione con il cromogeno e da un
anticorpo specifico per questo enzima. L'uso di immunocomplessi
anziché di coniugati rende questa procedura fino a 1000 volte più
sensibile rispetto alla immunofluorescenza. Questo metodo utilizza tre
reagenti: l'anticorpo primario, che è specifico per l'antigene;
l'anticorpo secondario o "ponte" e il complesso costituito da un
enzima legato per via immune ad un anticorpo diretto contro l'enzima
stesso. L'anticorpo ponte è capace di legarsi sia all'anticorpo primario
che al complesso coniugato, perché entrambi sono prodotti nella stessa
- 60 -
specie animale, e viene aggiunto in eccesso in modo che soltanto uno
dei suoi siti Fab si leghi all'anticorpo primario, lasciando l'altro sito
Fab libero di legarsi all'anticorpo nell'immunocomplesso. L'enzima
viene visualizzato attraverso una reazione substrato-cromogeno.
L'assenza di anticorpi coniugati conferisce a questo metodo una
sensibilità superiore a quella attribuita alle tecniche dirette e indirette.
Il vantaggio risulta evidente specialmente nei tessuti fissati in
formalina e inclusi in paraffina.
La tecnica avidina biotina rappresenta uno dei più recenti sviluppi
nella colorazione in immunoistochimica. Questo metodo è basato sulla
capacità dell'avidina, di legare in maniera non immunologica quattro
molecole della vitamina biotina. Vengono utilizzati tre reagenti: Il
primo è l'anticorpo primario specifico per l'antigene che deve essere
localizzato. L'anticorpo secondario, capace di legarsi al primario è
coniugato con biotina. Il terzo elemento è un complesso di biotina
coniugata con perossidasi o fosfatasi alcalina e avidina. I siti liberi
della molecola di avidina consentono il legame alla biotina
sull'anticorpo secondario. L'enzima, e quindi l'antigene originale,
vengono visualizzati con il cromogeno appropriato. La forte affinità
dell'avidina per la biotina conferisce a questo metodo una sensibilità
maggiore rispetto a quella di altre tecniche con anticorpi coniugati.
Una molecola di enzima può dunque trasformare più molecole di
substrato
in
prodotto.
L'aumentata
sensibilità delle
tecniche
immunoenzimatiche rispetto alla immunofluorescenza è dovuta
proprio a questa possibilità di amplificazione
progressiva. Una molecola fluorescente può cedere soltanto una
piccola quantità di luce visibile, mentre un enzima può produrre molte
molecole colorate.
Un'ampia varietà di cromogeni può essere utilizzata come substrato
della
perossidasi
(POD).
Essa
- 61 -
catalizza
la
reazione:
POD+H2O2+cromogeno —> reazione enzimatica—> molecola
colorata +POD+H2O.
Tra i piu importanti ricordiamo:
-Il DAB (3,3-diaminobenzidina) è il substrato di scelta per la
immunoperossidasi. Produce una intensa colorazione marrone
resistente all'alcol. I vetrini colorati con DAB possono essere
conservati a lungo. Il principale svantaggio della DAB (un derivato
della benzidina) è che essa è irritante ed è considerata un sospetto
carcinogeno;
-l’AEC (3-amino-9-etilcarbazolo) produce un prodotto terminale
marrone-rosso che è insolubile in acqua e solubile in alcol. Quindi i
campioni non devono essere disidratati, ma montati con un medium a
base acquosa;
-4-cloro-1-naftolo;
-ecc..
Tra i cromogeni per la fosfatasi alcalina annoveriamo:
-BCIP/NBt, fast red, fast blu, new fucsin.
Tra i cromogeni per la β galattosidasi:
-Xgal, Il 5-bromo-4-cloro-3-indolil-b-D-galactopiranoside.
L'aderenza delle sezioni sul vetrino risulta essere molto importante
soprattutto se la rivelazione prevede numerose incubazioni e relativi
lavaggi. Sono presenti numerose soluzioni di adesivi per vetrini in
commercio. Uno dei metodi migliori e più semplici per far aderire le
sezioni al vetrino è una accurata essiccazione. Ponendo i vetrini in una
stufa a 60°C per 30 minuti la paraffina si scioglierà e permetterà uno
stretto contatto tra il tessuto e il vetrino.
Per rimuovere l’anticorpo che non ha reagito, i vetrini dovrebbero
essere sciacquati accuratamente dopo incubazione.
- 62 -
Numerosi tamponi possono essere usati come diluenti, tamponi di
lavaggio e di risciacquo. I più comuni sono il Tris, il PBS e la
soluzione fisiologica.
Per quanto riguarda il blocco delle reazioni aspecifiche una
colorazione positiva del campione che non deriva dal legame
antigene- anticorpo è denominata colorazione di fondo non specifica.
Il metodo più efficace risulta quello di esporre il campione ad una
soluzione proteica inerte prima di applicare l’anticorpo primario.
Gli enzimi endogeni presenti nel tessuto danno luogo ad una
colorazione non specifica. Per quanto riguarda il blocco della
perossidasi endogena nelle sezioni di tessuto l'inibizione è possibile
mediante la pre-incubazione delle sezioni prima della aggiunta dell'Ab
primario con perossido di idrogeno (H2O2) 0,03-0,3% in PBS o in
acqua o ancora in metanolo. Per quanto riguarda il blocco della
fosfatasi alcalina endogena il blocco è possibile mediante l'aggiunta di
levamisole 1 mM al substrato.
Per quanto riguarda la riesposizione degli antigeni celati, un mezzo
per superare queste limitazioni e smascherare i siti antigenici celati è
stato l'impiego di enzimi proteolitici volti a digerire i legami aldeidici
istituiti nel corso dei processi di fissazione. L'enzima più
comunemente usato è la tripsina. Una digestione eccessiva può
danneggiare il tessuto, perciò i tempi di incubazione dovrebbero
essere più brevi possibile. A partire dall'inizio degli anni 90 sono stati
descritti numerosi approcci, tutti estremamente efficaci, per la
riesposizione di antigeni mascherati dalla fissazione e basati sulla
esposizione delle sezioni ad alte temperature per tempi limitati. Le
fonti di calore proposte sono state: il becco bunsen, il
forno a microonde , la pentola a pressione e l'autoclave. I mezzi nei
quali effettuare in trattamento sono soluzioni di vario tipo come il
tampone citrato , il tris Hcl e l’EDTA. A tutt'oggi non è del tutto
- 63 -
chiarito come la combinazione calore-soluzione tampone renda
accessibili quei siti antigenici un tempo identificabili soltanto su
materiale criopreservato.
Per quanto concerne la valutazione dei risultati numerosi sono i quadri
di positività specifica che si possono osservare in un campione
processato per l'immunoistochimica. Il cromogeno precipitato indica
la presenza dell'antigene, e l'intensità della reazione è proporzionale
alla quantità di antigene presente.
Numerose metodiche enzimatiche sono state messe a punto per poter
localizzare due antigeni nella stessa sezione di tessuto. Alcuni metodi
utilizzano lo stesso enzima con differenti substrati, per la rivelazione
di diversi antigeni, mentre altri metodi usano differenti enzimi per
marcare ciascun antigene.
Fondamentali sono anche i metodi di studio della proliferazione
cellulare, infatti le cellule in divisione possono essere identificate da
anticorpi diretti contro proteine che si esprimono durante il ciclo
cellulare e che in alcuni casi possono distinguere anche le fasi
specifiche del ciclo cellulare. Oltre alla possibilità di testare
l'espressione di proteine specifiche del ciclo cellulare in campioni di
tessuto, esiste quella di utilizzare alcune tecniche immunoistochimiche
basate sulla stretta associazione tra sintesi del DNA e duplicazione
cellulare.
6.2 Indagini Immunoistochimiche nelle neoplasie del Pancreas
La messa a punto di metodi che possano aumentare l’accuratezza
diagnostica e ridurre il numero delle diagnosi incerte è di grande
utilità nella pratica clinica. A questo scopo sono solitamente utilizzate
tecniche
immunoistochimiche
- 64 -
con
pannelli
anticorpali
opportunamente stabiliti per tipizzare le cellule maligne, ma che non
sono sempre dirimenti per la diagnosi.
Nelle neoplasie pancreatiche intraepiteliali (PanIN) le indagini IHC
rilevano un profilo immunofenotipico simile a quello del carcinoma
duttale, con una crescente espressione di Ki67 direttamente correlata
con l’incremento del grado di displasia.
Per quanto riguarda il carcinoma duttale la neoplasia esprime CK7,
CK8, CK18, CK19, EMA, DUPAN-2, CEA, CEACAM-1, CD44v6,
caderina E, claudin 18 e annexin A8. Focalmente si possono osservare
anche immunocolorazioni per CK 17 e CK20. Nelle cellule
neoplastiche è anche individuabile la sovra-espressione di EGFR,
HER-2 e TGF-α. Le aree di possibile metaplasia squamosa si possono
identificare con l’uso di CK4, CK5, CK13 e p63. Variabili quantità di
cellule neoplastiche hanno anche espressione di molecole di mucina
(MUC1, MUC3, MUC4, MUC5AC e, talvolta, MUC6) e di antigeni
carboidratici (CA19.9, CA 125 e TAG B72.3). Lo stroma, costituito
principalmente da elementi fusati, mostra positività per vimentina, αSMA, miosina del muscolo liscio, collagene IV, fibronectina e metallo
proteinasi.
Importante
per
la
diagnostica
di
carcinoma
è
l’immunocolorazione negatia per il prodotto di SMAD4 (o DPCA4),
che riflette l’inattivazione del gene corrispondente, che non si verifica
praticamente mai nelle lesione benigne (Figura 22).
- 65 -
CAPITOLO 7
METODICHE ACCESSORIE: BIOLOGIA MOLECOLARE
7.1 La Medicina di Laboratorio partner indispensabile nella
gestione del paziente Oncologico
La Medicina di Laboratorio gioca un ruolo sempre maggiore e sempre
più impegnativo nella gestione del paziente oncologico, ruolo che si
estrinseca in modo paradigmatico negli ambiti della prevenzione,
diagnosi precoce, monitoraggio della terapia ed infine nel follow-up a
lungo termine.
Tuttavia, gli enormi progressi nella conoscenza dei meccanismi
molecolari e cellulari della malattia neoplastica e la volontà di dare
attuazione ai principi della medicina personalizzata in ambito
oncologico hanno creato le premesse e le aspettative per un salto di
qualità nell’informazione di laboratorio. La “personalizzazione”
dell’approccio alla malattia oncologica si basa sulla possibilità di
intervenire sulla storia naturale della malattia identificando fattori di
rischio, segnali precoci di trasformazione cellulare, fattori prognostici
e meccanismi di alterata metabolizzazione dei farmaci.
Negli ultimi anni, la personalizzazione della cura in ambito
oncologico si è andata affermando attraverso lo sviluppo dei cosiddetti
“test diagnostici di accompagnamento” (companion diagnostics), ossia
di test di laboratorio capaci di indirizzare correttamente la terapia con
farmaci “molecolari”.
Il laboratorio diviene partner indispensabile per la personalizzazione
della terapia del singolo paziente.
Il compito del laboratorio è peraltro assicurare la corretta “traduzione”
nella pratica clinica di queste innovazioni attraverso una attività che
- 66 -
spazia dalla appropriatezza nella richiesta, alla garanzia di qualità
analitica fino alla corretta interpretazione dei risultati.
7.2 Alterazioni genetiche nelle Neoplasie del Pancreas
Lo studio del genoma umano ha permesso di individuare molti dei
meccanismi molecolari che portano allo sviluppo dei tumori,
compreso quello pancreatico. E’ stata documentata un’incidenza
progressivamente crescente di mutazioni sia livello d’oncogeni (geni
che favoriscono la trasformazione neoplastica delle cellule) che di
geni oncosoppressori (geni che controllano la crescita cellulare
impedendo di moltiplicarsi alle cellule che abbiano subito alterazioni
che favoriscono l’insorgenza del cancro) nelle lesioni precancerose
che possono formarsi e progredire all’interno del pancreas. I principali
geni nucleari mutati nelle cellule tumorali pancreatiche sono
l’oncogene k-ras, e gli oncosoppressori p53, p16 e DPC4. Una
familiarità per carcinoma pancreatico è presente in circa il 10% dei
pazienti con carcinoma pancreatico, mentre si stima che i fattori
genetici contribuiscano al 10–15% dei casi.
Per quanto riguarda il ciclo cellulare durante la fase G1 la cellula è a
riposo. In fase S si verifica la sintesi delle proteine necessarie per la
replicazione, durante la fase G2 la cellula si prepara a duplicare il suo
contenuto di DNA che avviene durante la mitosi (M), che consente la
generazione di due cellule figlie, esattamente uguali alla cellula di
partenza. Gli oncogeni, come RAS, se alterati, stimolano una continua
duplicazione cellulare; i geni oncosoppressori (p16, p53, DPC4), se
alterati, non esercitano più il loro controllo inibitorio sulla
proliferazione cellulare.
- 67 -
Lo sviluppo, la crescita continua e le metastasi da carcinoma
pancreatico sono da imputare a modificazioni genetiche ed
epidgenetiche multiple, tra cui la disattivazione di geni oncosoppressori
e
l'attivazione
di
protoncogeni.
Le alterazioni genetiche molecolari identificate negli adenocarcinomi
duttali del pancreas comprendono l'intera gamma dei tipi base delle
mutazioni
tumorali:
traslocazioni,
amplificazioni,
delezioni
e
mutazioni puntiformi.
Le lesioni pancreatiche intraduttali PanIN rappresentano stadi
progressivi della crescita neoplastica, che precedono l’insorgenza
dell’adenocarcinoma
pancreatico.
La
progressione
da
lesioni
istologiche a basso grado, a lesioni ad alto grado, fino a carcinoma
infiltrante è associata all’accumularsi di specifiche alterazioni
genetiche, che sembrano avere una precisa sequenza temporale. Tali
alterazioni vengono classificate come precoci (mutazioni k-ras),
intermedie ( perdita INK4A) o tardive (mutazioni di SMAD4/DPC4
ecc).
Mutazioni puntiformi dell’oncogene KRAS sono presenti nel 90% dei
tumori umani e queste sono probabilmente necessarie per per lo
sviluppo del carcinoma duttale del pancreas e per la progressione del
tumore fino a carcinoma invasivo.
Mutazioni puntiformi dei geni della famiglia ras sono l’anomalia
singola più comune di oncogeni trasmesse come caratteri autosomici
dominanti nei tumori umani. Le mutazioni generalmente interessano i
codoni 12 59 o 61 di HRAS KRAS e NRAS. Le proteine ras sono
legate al lato interno della membrana citoplasmatica e passano in
continuazione da uno stato attivato a uno inattivo. Recentemente è
stato scoperto che queste proteine sono presenti anche sulle membrane
del reticolo endoplasmatico e del golgi dove possono essere attivati
da fattori di crescita che si legano alla membrana plasmatica attraverso
- 68 -
un meccanismo ancora incerto. Nello stato inattivo le proteine ras
legano la guanosina difosfato (GDP) quando le cellule sono stimolate
da fattori di crescita o da altre interazioni recettori ligando ras si attiva
promuovendo la fosforilazione di gdp a gtp. Ras attivato agisce sulla
via delle MAP chinasi (proteina attivata da mitogeni) reclutando la
proteina citosolica raf1. Le mapchinasi attivate hanno come bersaglio
fattori trascrizionali nucleari e promuovono la mitosi. Nelle cellule
normali l’attivazione del ras è transitorio perché il GTP viene
idrolizzato in GDP facendo tornare il ras in uno stato qiescente.
L’attivazione e l’inattivazione di ras dipende da due reazioni: scambio
di nucleotidi (GDP per GTP che attiva la proteina ras) e l’idrolisi del
GTP che è legato al ras attivo nella forma inattiva legata al GDP.
Entrambi i processi sono regolati enzimaticamente. L’attività
GTPasica intrinseca delle proteine ras è notevolmente accelerata dalle
proteine attivanti la GTPasi, le GAP. Queste, ampiamente distribuite
in varie cellule si legano al ras attivo aumentando la sua attività
GTPasica di più di mille volte portando a una rapida idrolisi del GTP
in GDP e quindi al termine della trasduzione del segnale. Quindi le
GAP funzionano come freni di un attività incontrollata di Ras. La
risposta a questa azione di freno viene compromessa dalle mutazioni
che colpiscono i geni ras. Le proteine ras mutate si legano a GAP ma
la loro attività GTPasica non viene aumentata. Quindi queste proteine
mutate si trovano in uno stato eccitato legato al GTP causando un
attivazione patologica delle vie che dispensano segnali mitogeni.
L’importanza dell’attivazione della GTPasi nel controllo della crescita
è messo in evidenza dal
fatto che
una mutazione inattivante la
neurofìbromina (che attiva la GTPasi) è associata allo sviluppo di
neoplasie. Studi recenti hanno dimostrato che RAS è importante anche
nella regolazione del ciclo cellulare. Il passaggio dalla fase G1 alla
fase S è modulato dalle cicline e dalle CDK (chinasi ciclina
- 69 -
dipendente). Le proteine ras possono regolare indirettamente i livelli
di cicline attraverso la via della mapchinasi e il fattore di trascrizione
AP1.
Anche le proteine Notch sono una componente fondamentale per lo
sviluppo del carcinoma del pancreas. Da recenti studi si è ipotizzato
che alterazioni del gene K RAS e del recettore Notch1 si intersechino
specificamente nella patogenesi del carcinoma pancreatico duttale. In
conclusione, è stato dimostrato che la perdita di Notch1, nel contesto
di K-ras attivato, porta ad un'accelerazione della progressione
tumorale e un aumento nel numero delle lesioni PanIN. Ciò implica
che Notch1 può funzionare come un soppressore tumorale in presenza
di KRAS attivo nell’induzione del carcinoma pancreatico. Risultano
comunque necessari ulteriori studi.
L’oncosoppressore che più frequentemente risulta inattivato nel
cancro del pancreas è il gene P16/CDKN2A, conosciuto anche come
INK4A. La proteina codificata dal gene INK4A appartiene alla
famiglia degli inibitori delle chinasi dipendenti da ciclina ed in quanto
tale inibisce la progressione lungo il ciclo cellulare a livello della
transizione G1-S. L’inattivazione di questo gene si osserva in circa
l’80% dei casi di cancro del pancreas e si verifica come conseguenza
di differenti meccanismi che comprendono la delezione omozigote, la
mutazione genica con perdita contemporanea del secondo allele
oppure per silenziamento genico dovuto alla metilazione del
promotore.
L’inattivazione del gene P53 si verifica in circa il 60% dei casi e
generalmente come conseguenza di mutazione intragenica combinata
con la perdita del secondo allele. La proteina p53 svolge una serie di
importanti funzioni all’interno della cellula, tra cui la regolazione
della transizione G1-S del ciclo cellulare, il mantenimento del punto
di arresto G2-M e l’induzione dell’apoptosi.
- 70 -
Meno frequente (50% dei casi) è invece l’inattivazione di
DPC4/SMAD4 (deleted in pancreatic carcinoma 4). In questo caso,
l’inattivazione si osserva in conseguenza di delezione omozigote
oppure per mutazione intragenica combinata con la perdita del
secondo allele. L’inattivazione di questo gene è inoltre poco frequente
in neoplasie non duttali e rarissima in malattie extrapancreatiche.
Questo fa sì che l’analisi dell’espressione immunoistochimica della
proteina sia una tecnica diagnostica molto efficace in clinica,
soprattutto nel caso di metastasi sospette da un tumore pancreatico
primario occulto.
L'identificazione di alterazioni genetiche somatiche che sono associati
con l'esito del paziente può portare ad utili strumenti clinici ed a
instaurare linee guida per il trattamento di pazienti con cancro del
pancreas.
Poiché il gene SMAD4 codifica per una proteina che è un membro
importante della via TGFβ, sono stati esaminati tutti i membri di
questa via (SMAD3, SMAD4, TGFβR1 e TGFβR2) individualmente e
insieme per alterazioni supplementari in questi tumori. Queste
osservazioni hanno portato alla conclusione che non tutte le mutazioni
inattivanti i membri di un percorso hanno lo stesso effetto sulla
sopravvivenza.
Tutti i pazienti i cui tumori presentano l’inattivazione del gene
SMAD4 sono correlati con una sopravvivenza significativamente
peggiore rispetto ai pazienti che non presentano inattivazione di
questo gene, mentre l'inattivazione del gene TGFβR2, un altro
membro della via di segnalazione TGFβ, non ha mostrato associazione
con la sopravvivenza.
Questi risultati, combinati con quelli precedentemente riportati in
letteratura, suggeriscono che i pazienti con tumori del pancreas
resecabile/borderline e inattivazione del gene SMAD4 potrebbero
- 71 -
evitare l’intervento chirurgico perché il loro tumore probabilmente
tenderà a metastatizzare, mentre i pazienti con tumori pancreatici
resecabili/borderline e il gene Smad4 intatto possono beneficiare del
controllo locale fornito da terapia neoadiuvante e la resezione
chirurgica.
Uno degli eventi chiave a livello molecolare è la sovraespressione del
recettore del fattore di crescita epidermico (EGFR) e l'attivazione
delle relative molecole a valle. Lo studio più recente ha dimostrato che
l'EGFR si riscontra in più del 95% dei pazienti con carcinoma
pancreatico. Nella maggior parte dei casi, l'EGFR è espresso in
concomitanza con i suoi ligandi, EGF o TGF-alpha e l'iperespressione
di ligando e recettore forma un loop endocrino che stimola
costantemente la proliferazione cellulare. L'espressione dell'EGFR e
dei suoi ligandi è associata ad una prognosi infausta. Tale alterazione
molecolare è importante poiché negli ultimi anni sono stati sviluppati
nuovi
farmaci
in
grado
di
bloccare
l'EGFR.
L'espressione di COX-2 può essere riscontrata nel 75% degli
adenocarcinomi
pancreatici.
Diversi
dati
preclinici
sembrano
suggerire che la COX-2 possa avere un ruolo importante nella
carcinogenesi pancreatica e, pertanto, essa potrebbe costituire un
promettente target chemioterapico nel il trattamento del carcinoma
pancreatico.
7.3 Marcatori tumorali e Medicina Personalizzata nelle Neoplasie
del Pancreas
Il carcinoma duttale del pancreas è una delle forme più letali di
cancro.
- 72 -
Chiaramente, vi è la necessità di migliori biomarcatori di malattia e
l'identificazione di nuovi bersagli terapeutici, in particolare per la
malattia metastatica.
La conoscenza di mutazioni specifiche potrebbe essere importante
anche in relazione alle scelte terapeutiche.
Per quanto detto fin ora, l’esistenza di pazienti ad alto rischio
suggerirebbe l’attuazione di test di screening genetico, ma, ad oggi,
programmi di questo tipo non sono stati ancora definiti in maniera
adeguata e quelli che vengono comunemente denominati "screening
secondari" che dovrebbero essere solo parte dei programmi di ricerca.
Un lavoro recente che ha sfruttato tecnologie di sequenziamento di
nuova generazione ha messo in evidenza la complessità genetica che
sottende il cancro del pancreas e l’eventuale risposta ad una terapia
mirata deve necessariamente tener conto di questa complessità ed un
analisi genetica delle pathway molecolari identificate nei singoli
pazienti potrà aiutare a definire il miglior regime terapeutico. Studi di
espressione genica (gene expression profiling che non è nient’altro
che la misura dell'espressione di migliaia di geni alla volta, per creare
una immagine globale della funzione cellulare. Questi profili possono,
per esempio, distinguere tra cellule che sono in proliferazione, o
mostrare come le cellule reagiscono ad un particolare trattamento)
hanno generato lunghe liste di geni codificanti per proteine e
microRNA che mostrano un’espressione differenziale nel carcinoma
duttale pancreatico rispetto al tessuto normale e alle pancreatiti
Queste molecole differenzialmente espresse sono ora pezzi di un
affascinante
puzzle
della
patogenesi
del
carcinoma
duttale
pancreatico, che aspetta la scoperta di chiavi di volta per essere
costruito.
In particolare, l’analisi globale dei profili di espressione genica ha
consentito l’identificazione di molecole potenzialmente rilevanti da un
- 73 -
punto di vista diagnostico e terapeutico. Un esempio importante è
rappresentato
dalla
mesotelina,
una
proteina
di
membrana
sovraespressa negli adenocarcinomi pancreatici, che viene utilizzata
come marcatore diagnostico e che mostra una certa potenzialità anche
dal punto di vista terapeutico.
Le nuove tecniche di proteomica rappresentano una possibile
rivoluzione in quest’ambito poiché sono in grado di identificare dei
pannelli di proteine unici associati al carcinoma duttale pancreatico,
oltre a profili proteici che forniscono una firma molecolare distintiva
per
questo
tipo
di
tumore.
Una cosa importante che emerge da questi studi è la considerazione
dell’improbabilità di trovare un unico marcatore (ad esempio nel
siero) che possa avere sensibilità e specificità tali da poter essere
utilizzato per effettuare lo screening di pazienti asintomatici. E’ per
questo motivo che è sempre più preponderante l’idea di uno screening
per carcinoma duttale pancreatico, che incorpori due o più marcatori.
Un aiuto significativo ad indirizzare i risultati di questi studi di
proteomica viene dai profili di espressione genica, che potranno essere
utili ad esempio alla categorizzazione dei gruppi prognostici così
come è accaduto nel caso del cancro della mammella.
- 74 -
CAPITOLO 8
PROSPETTIVE FUTURE PER LE NEOPLASIE
PANCREATICHE
Per quanto concerne la prevenzione, anche se non vi è alcuna
definitiva evidenza scientifica per una prevenzione del tumore del
pancreas, l’estensione dal fumo di tabacco o la cessazione, il moderato
consumo di alcool ed il mantenimento del giusto peso corporeo sono
misure elementari, che possono ridurre il rischio del cancro del
pancreas.
Attualmente, non vi sono test di screening per la diagnosi precoce del
tumore del pancreas in soggetti asintomatici, tutta via alcuni centri
hanno sviluppato dei protocolli di ricerca per individuare neoplasie
pancreatiche in stadio precoce in individui ad alto rischio per motivi
genetici.
Per quanto riguarda i farmaci bersaglio, le proteine prodotte dai geni
alterati hanno un ruolo chiave da una parte nella regolazione della
proliferazione e differenziazione cellulare, dall’altra nella fase di meta
statizzazione. Tra i farmaci bersaglio presi in considerazione possiamo
ricordare gli inibitori delle metallo proteinasi, della farnesil
transferasi, dell’EGFR, ecc..
Sebbene siano stati compiuti numerosi passi avanti nello studio della
carcinogenesi dell’adenocarcinoma duttale pancreatico, i meccanismi
molecolari risultano complessi, spesso convergenti e non ancora del
tutto conosciuti. Numerose proteine nucleari e citoplasmatiche
sembrano essere validi marcatori prognostici e promettenti target
terapeutici, anche se il blocco selettivo di una sola proteina non
sembra essere sufficiente per la cura di tale patologia. La terapia
genica rappresenta un campo emergente nella cura delle malattie
neoplastiche. Attraverso l’espressione, il ripristino o l’inibizione di un
- 75 -
particolare gene d’interesse si cerca di prevenire o contrastare la
crescita delle cellule neoplastiche.
Applicazioni in corso di studio per il trattamento sono rappresentate
invece da tecniche come l’ablazione con
fototerapia.
- 76 -
radiofrequenze e la
CAPITOLO 9
APPLICAZIONE DELLA TECNICA DEL CELL BLOCK
NELLA ROUTINE LABORATORISTICA PER LA DIAGNOSI
PRECOCE DELLE NEOPLASIE DEL PANCREAS
Affrontare un tema come “Diagnosi e linee guida” oggi giorno
apparentemente scontato è sempre più necessario nel
momento in cui nuove tecnologie sono entrate nei nostri laboratori e
nella nostra professionalità, fornendoci conoscenze che vanno gestite
ed utilizzate al meglio nella formulazione finale della diagnosi; in
particolar modo quando queste nuove informazioni rivestono
significato prognostico o sono predittive di risposta terapeutica.
La migliore gestione può avvenire soltanto attraverso l’adozione di
linee guida e norme di comportamento quanto più possibile codificate
e validate. L’importante non è fornire una diagnosi tipologica o
generica, ma una diagnosi singolare nel senso che è propria di quella
malattia, di quel malato.
9.1 L’Impatto della Citologia Agoaspirativa con ago sottile nella
diagnosi e nel trattamento delle lesioni solide Pancreatiche nella
corrente pratica clinica
Generalmente, nella diagnosi dei tumori, si utilizza una classificazione
diagnostica articolata il più delle volte in cinque categorie.
Per il carcinoma del pancreas si è in presenza di una circostanza
differente ed proprio partendo da questa, che si è cercato di coniare,
sfruttando casistiche esistenti, una classificazione specifica per la
“diagnostica
del
carcinoma
del
pancreas”,
e
quindi,
classificazione de novo, composta anch’essa da cinque classi:
- 77 -
una
1) INADEGUATO/NON DIAGNOSTICO, per un campione
caratterizzato da assenza o esiguità di elementi epiteliali (se le
atipie sono assenti o di entità lieve o moderata), correlato ad una
formulazione
di
diagnosi
espressa
come
“campione
insufficiente per una valutazione diagnostica” e ad un percorso
che preveda la ripetizione dell’esame;
2) NEGATIVO
PER
NEOPLASIA,
per
un
campione
caratterizzato dalla presenza di elementi epiteliali privi di atipie,
correlato ad una formulazione di diagnosi espressa come
“negativa la ricerca di cellule neoplastiche” e ad un percorso
che preveda la ripetizione dell’esame o diagnosi di pancreatite
cronica;
3) ATIPICO/NON-CONCLUSIVO, per un campione che riflette
la presenza di atipie di grado lieve/moderato, il più delle volte
associata ad un background infiammatorio, che non consentono
una diagnosi differenziale tra carcinomi ben differenziati e
noduli di pancreatite cronica, correlato ad una formulazione di
diagnosi espressa come “elementi epiteliali con atipie
citologiche di grado lieve-moderato, tali reperti non consentono
una definizione diagnostica circostanziata” e ad un percorso
ancora da definire;
4) SOSPETTO PER NEOPLASIA, per un campione che indica
un alto sospetto di malignità ma con aspetti citologici che non
sono sufficienti in termini di quantità o qualità per una diagnosi
definita, correlato ad una formulazione di diagnosi espressa
come “sospetto per carcinoma” o “sospetto per neoplasia a
differenziazione neuroendocrina” e ad un percorso che preveda
il trattamento (chirurgia/chemio), se in accordo con i dati
clinici, di laboratorio e di imaging;
- 78 -
5) POSITIVO
PER
NEOPLASIA,
per
un
campione
caratterizzato da una chiara evidenza di patologia neoplastica,
correlato ad una formulazione di diagnosi espressa come
“quadro
citologico
da
carcinoma”
(inclusi
carcinoma
pancreatico o malattia metastatica), “quadro citologico da
neoplasia a differenziazione neuroendocrina” e “quadro
citologico compatibile con neoplasia pseudo papillare di tipo
solido” e ad un percorso che preveda il trattamento
(chirurgia/chemio). (Figura 23)
9.2 Obbiettivi dello studio
Dimostrare che con l’utilizzo della tecnica del CELL BLOCK, si
consegue l’obbiettivo di un miglioramento nella performance
diagnostica, eliminando quasi del tutto i limiti collegati invece agli
strisci convenzionali (eliminazione o riduzione dei campioni
inadeguati, non diagnostici, dei falsi negativi e quindi soggetti malati
che invece risultano negativi ai test diagnostici, degli artefatti ecc), ma
anche che si tratta di una tecnica dotata di maggiore sensibilità rispetto
alla precedente.
La sensibilità e specificità sono valori molto importanti nella
valutazione dei test diagnostici. La sensibilità di un test è la capacità
di identificare correttamente pazienti malati (ad esempio il paziente
effettivamente ha il cancro e il patologo lo riesce ad identificare). È
necessario anche il requisito di specificità . La specificità di un test è
la sua capacità di identificare correttamente i pazienti sani (ad esempio
il patologo diagnostica il cancro su un paziente la cui diagnosi era
differente). L’obbiettivo di ogni test diagnostico è essere allo stesso
tempo molto sensibile e molto specifico.
- 79 -
Un test sensibile e specifico al 100% non lascerebbe dubbi, tuttavia,
molti test presentano falsi positivi (pazienti sani che risultano positivi)
e falsi negativi (pazienti malati che risultano negativi). Ad esempio se
il fine è quello di individuare il maggior numero dei malati, il test
migliore sarà quello con una sensibilità maggiore mentre se si
vogliono individuare i soggetti sicuramente malati, il test migliore è
quello con una specificità maggiore. Un test molto sensibile raramente
misclassifica i pazienti malati mentre un test molto specifico
raramente misclassifica i pazienti sani.
9.3 Materiali e Metodi
In questo studio abbiamo valutato due casistiche ben determinate:
1) Citologia agoaspirativa del pancreas allestita come strisci
citologi classici;
2) Citologia agoaspirativa del pancreas allestita con la tecnica del
citoincluso.
Tutti i casi vengono estrapolati dal sistema informativo del
Laboratorio (Armonia), confrontando i casi di citologia agoaspirativa
del pancreas pervenuti in laboratorio prendendo in considerazione
l’anno 2009-2010 (in cui i campioni si allestivano come strisci
citologici), e l’anno 2012 (in cui il materiale pervenuto in laboratorio
si allestisce con la tecnica del citoincluso). (Figura 24)
9.4 Allestimento manuale, processazione e taglio del Cell Block
Una volta pervenuto in laboratorio il materiale ( ago aspirato del
pancreas) controllare la sua conformità.
- 80 -
1) Procedere direttamente all’allestimento del Cell-block del
sedimento dopo centrifugazione ( immettendo il liquido da
sottoporre a centrifugazione in provette da centrifuga,
identificate con il cognome del paziente e numero di
accettazione, pescando dal fondo del contenitore; centrifugare a
1600 rpm per 10 minuti; al termine asportare le provette dalla
centrifuga e posizionarle in un porta provette; capovolgere la
provetta centrifugata con movimento omogeneo e deciso per
eliminare tutto il liquido sopranatante);
2) Assicurarsi che il gel per il citoincluso (nello specifico nel
laboratorio dove ho elaborato la mia tesi di laurea, il laboratorio
di Anatomia Patologica del Policlinico Universitario Campus
Biomedico di Roma, si utilizza un gel a base di agar) sia sciolto
in una falcon nel bagnetto termostato a 60°C. Nel caso fosse
solido portare il bagnetto a 90°C per 15 minuti e poi abbassare
la temperatura a 60°C per mantenere il gel sciolto (importante è
assicurarsi che la porzione di falcon contenete il gel sia immersa
in acqua);
3) Allestire il sedimento in una provetta e risospendere con il
fissativo;
4) Centrifugare a 1100 rpm per 5 minuti (ricordando sempre che è
essenziale eseguire un corretto bilanciamento della centrifuga);
5) Eliminare il sovranatante;
6) Se la centrifugazione è avvenuta in falcon, trasferire il
sedimento in una eppendorf, ed inserirle in micro centrifuga,
centrifugando per altri 5 minuti;
7) Eliminare il sovranatante;
8) Immettere una goccia di eosina nel sedimento;
9) Immettere una o due gocce di gel (o più, a seconda della
quantità del sedimento) e risospendere facendo attenzione a non
- 81 -
far trascorrere troppo tempo evitando così una solidificazione
del gel che causi una disomogeneità;
10) Centrifugare in microcentrifuga per 10 minuti e mettere la
provetta con il
Sedimento incluso nel gel ( cell-block ) in frigorifero a +4°C per
30 minuti (nel
Nostro caso si deposita in centrifuga refrigerata, se non
utilizzata, a 4°C) e
Verificare che sia solidificato;
11) Estrarre il cell block dalla provetta con una pinza, effettuare
fette circolari o,
come nel nostro caso trasversali a becco di clarino a seconda
della
sedimentazione, metterle in una biocassetta (numerata con il
codice riportato
sul campione) e inviarle alla processazione;
12) Processare il cell block con il programma delle piccole biopsie
(Figura 25).
Per quanto concerne la processazione, poiché la consistenza dei tessuti
freschi impedisce di ottenere sezioni sottili, i protocolli comunemente
utilizzati in citologia ed istologia prevedono l’allestimento di preparati
che risultino permanenti in modo da poterli studiare con l’ausilio del
microscopio ottico. Il preparato ideale per un’analisi morfologica
consiste in una sezione (spessore di 5-10 mm) che possiede la stessa
struttura ed organizzazione che aveva nell’organismo.
L’operazione di taglio perciò, non può essere attuata direttamente sul
tessuto fissato, in quanto questo non ha una consistenza omogenea e
non è facilmente manipolabile. Per ovviare a tali inconvenienti è
necessario includere il materiale in un mezzo che lo consolidi e che ne
- 82 -
consenta una migliore maneggevolezza. I mezzi d’inclusione
maggiormente utilizzati sono mezzi anidri, e tra questi annoveriamo la
paraffina, che è senza dubbio il mezzo d’inclusione più usato. Questi
mezzi necessitano, per infiltrare i tessuti, di una preventiva
disidratazione del pezzo.
La paraffina è una miscela di idrocarburi saturi estratti per
raffreddamento dai residui della distillazione del petrolio, è quindi
costituita da una miscela di paraffine caratterizzate da punti di fusione
variabili, generalmente dai 35°C ai 65°C. La paraffina è insolubile
nell’acqua, pochissimo solubile nell’alcool e abbastanza solubile nello
xilolo. L’inclusione in paraffina è un procedimento articolato in
diversi step:
1) Disidratazione, in cui il tessuto fissato viene sottoposto a bagni
successivi di alcool a gradazione crescente fino all’alcool
assoluto ( usando alcool etilico a 70°, 80°, 95° e assoluto). Si
esegue una disidratazione graduale evitando così brusche
coartazioni del pezzo;
2) Impregnazione con un solvente della paraffina, detta amche
diafanizzazione, poiché conferisce al tessuto un aspetto diafano,
il tessuto passa dall’alcool assoluto in un solvente paraffinico,
generalmente xilolo;
3) Impregnazione con la paraffina, questa fase deve essere attuata
a caldo con paraffina allo stato di fusione.
La processazione si può eseguire manualmente, utilizzando una serie
di contenitori o taniche contenenti i reagenti utili alla processazione o
con macchinari specifici, i processatori, che si distinguono in:
1) Processatori tradizionali (a carosello): sono macchine semplici,
dotate di
vasche,
ciascuna
contenente
i
previsto; mediante un
- 83 -
liquidi
necessari
nell’ordine
braccio meccanico collegato ad un orologio, un cestello metallico a
pareti forate che
contiene le biocassette viene calato in ciascuna vasca nell’ordine e
per il tempo
prestabiliti;
2) Processatori automatici: sono versioni più recenti dotati di sistemi
chiusi, con
possibilità di programmare tramite sistemi computerizzati i tempi dei
vari passaggi. In queste macchine sono i diversi reagenti liquidi che
vengono introdotti ed espulsi dalla camera che contiene le biocassette
da processare ( nel laboratorio dove ho elaborato la mia tesi di laurea,
il laboratorio di Anatomia Patologica del Policlinico Universitario
Campus Biomedico di Roma, il processatore automatico utilizzato è il
L.ASP300S).
Al termine della processazione, includere il campione (con un
inclusione definitiva in blocchetti di paraffina, utilizzando formelle di
metallo, riempiendole parzialmente con paraffina, posizionando il
frammento e colmando lo scatolino con altra paraffina fusa, quindi
lasciare raffreddare a temperatura ambiente o posizionandolo su una
piastra raffreddante) come un normale campione istologico, procedere
poi al taglio al microtomo, strumento essenziale per poter ottenere
sezioni sottili di pochi micron, in questo caso impostare il microtomo
a 3 µ e procedere alla produzione di sezioni. Un lato critico nel
momento del taglio è rappresentato dal fatto che non si tratta di un
frammento incluso chiaramente visibile come un campione istologico
classico, con un maggiore rischio quindi di perdita del materiale
(Figura 26).
Una volta terminato il taglio, si ottengono sezioni sulle quali si esegue
una colorazione di Ematossilina/Eosina di routine (tipica dei campioni
istologici)e sulla quali è possibile applicare metodiche accessorie
- 84 -
come l’IHC atta a ottenere ad esempio definizione di malignità,
studiare neoplasie metastatiche e la biologia molecolare.
9.5 Protocollo manuale della tecnica immunoistochimica (IHC)
1) Dai preparati inclusi in paraffina si preparano sezioni di 5 µ, le
quali vengono poi raccolte su appositi vetrini porta oggetto
trattati con silano ( 3-aminopropil-trieossi-silano), onde evitare
il distacco durante la procedura immunoistochimica. I preparati
così ottenuti, vengono posti una notte in stufa a 37°C;
2) Si
esegue poi
la sparaffinatura.
Le
sezioni
vengono
deparaffinate immergendole per tre volte in xilolo, con passaggi
da 10 minuti ciascuno. Le sezioni vengono poi passate in alcool
etilico assoluto, eseguendo tre passaggi da 5 minuti ciascuno. A
questo punto le sezioni subiscono bagni in alcool a
concentrazione decrescente ( idratazione) fino ad arrivare
all’acqua distillata;
3) Accendere il bagnetto termostato, impostare la temperatura di
98°C e raggiunta la temperatura inserire la vaschetta con il
tampone nel bagnetto;
4) Inserire i vetrini nel tampone, lasciar agire per 30 minuti;
5) Estrarre il contenitore con i vetrini e lasciare raffreddare a
temperatura ambiente per circa 10 minuti, evitando così che la
differenza di temperatura determini il distaccamento della
sezione;
6) Eseguire tre lavaggi con il tampone di lavaggio, ognuno da un
minuto. Il tampone di lavaggio TBS è stato preparato
preventivamente (nel laboratorio dove ho elaborato la mia tesi
di laurea, il laboratorio di Anatomia Patologica del Policlinico
Universitario Campus Biomedico di Roma, il tampone in
- 85 -
dotazione è concentrato a 10X e quindi eseguire le diluizione
necessarie volta per volta);
7) Eseguire il blocco delle perossidasi, aggiungendo il reagente
contenente perossido di idrogeno e lasciandolo agire per 10
minuti;
8) Eseguire lavaggi con TBS;
9) Aggiungere il marker (l’anticorpo primario), diluendolo con il
diluente specifico in base alla quantità utilizzata, lasciarlo agire
per 1 ora;
10) Lavaggi con TBS;
11)
Aggiungere
il
post
primary
(l’anticorpo
secondario),
lasciandolo agire per 15
Minuti;
12) Lavaggi con TBS;
13) Aggiungere il polimero, che funge da amplificatore del segnale,
e lasciarlo
Agire per 15 minuti;
14) Lavaggi con TBS;
15) Aggiungere la DAB (il substrato cromogeno della POD)
opportunamente
Diluita e lasciarla agire per 4 minuti;
16) Lavaggi con acqua distillata;
17) eseguire controcolorazione con ematossilina di Mayer
lasciandola agire per 5
Minuti;
18) Lavaggio in acqua corrente per ottenere la differenziazione;
19) Eseguire disidratazione con serie ascendente di alcool fino ad
arrivare
All’assoluto, in seguito eseguire tre passaggi della sezione in
xilolo, ed infine
- 86 -
Procedere al montaggio del vetrino (Figura 27).
Il vetrino così allestito viene letto al microscopio ottico per la
valutazione dell’immunocolorazione.
La diagnosi differenziale delle neoplasie solide del pancreas nel
laboratorio dove ho elaborato la mia tesi di laurea, il laboratorio di
Anatomia Patologica del Policlinico Universitario Campus Biomedico
di Roma, prevede:
- Diagnosi morfologica per la differenziazione tra Carcinoma
duttale del Pancreas vs noduli di pancreatite cronica;
- Diagnosi morfologica e utilizzo di tecniche IHC per la
differenziazione tra Carcinoma duttale del Pancreas vs tumori
neuroendocrini. Il pannello anticorpale impiegato in questo caso
prevede l’utilizzo della CK7 (citocheratina 7), positiva
nell’adenocarcinoma e negativa nei tumori neuroendocrini,
SYN (sinaptofisina) negativa nell’adenocarcinoma e positiva
nei tumori neuroendocrini e Cromogranina, negativa negli
adenocarcinomi e positiva nei tumori neuroendocrini;
- Diagnosi morfologica e utilizzo di tecniche IHC per la
differenziazione tra Carcinoma duttale del Pancreas vs
Carcinoma acinare. Nel caso in cui la diagnosi morfologica sia
fortemente sospetta verso il carcinoma acinare si sfrutta il
dosaggio immunoistochimico della tripsina, positiva nei tumori
acinari;
- In caso di diagnosi di noduli metastatici è l’origine che indirizza
il pannello da utilizzare, ad esempio in carso di carcinoma del
carcinoma del colon si sfrutta la CK 20, in caso di carcinoma
della mammella gli ER (recettori degli estrogeni o estradiolo),
PgR (recettori del progesterone) e cosi via.
- 87 -
Il kit utilizzato nel laboratorio dove ho elaborato la mia tesi di laurea
per allestire l’immunocolorazione è il LSAB ( kit che sfrutta il sistema
avidina/biotina) e l’immunocoloratore utilizzato è l’Autostainer 480
L.V.
9.6 Tecniche di biologia molecolare: Pirosequenziamento
EUS FNA è una tecnica sicura ed efficace nella diagnosi e stadiazione
delle lesioni solide del Pancreas. La sola EUS è caratterizzata da alta
sensibilità ma bassa specificità. Pertanto, l'introduzione di EUS FNA
nello studio delle lesioni pancreatiche, ha migliorato la specificità
della EUS nella diagnosi delle neoplasie Pancreatiche.
Mutazioni del gene KRAS (mutazione puntiforme del codone 12)
sono state trovate nel
75-90% degli adenocarcinomi duttali
pancreatici con una frequenza sufficientemente alta da meritare
applicazione diagnostica. Tuttavia, mutazioni puntiformi del gene k
ras sono state riportate anche in malattie pancreatiche non
neoplastiche come la pancreatite cronica.
In uno studio è stato dimostrato che i dati preliminari , nonostante
siano necessari ancora molti dati per rafforzare queste ipotesi,
suggeriscono che in caso di lesione pancreatica solida esaminata con
la tecnica dell’EUS FNA con una diagnosi citopatologica di tipo
atipico-inconcludente, l’analisi per identificare le mutazioni del gene
KRAS possono essere utili suggerendo fortemente una diagnosi di
adenocarcinoma pancreatico duttale ( PADC).
Tra le nuove tecnologie per valutare le mutazioni di KRAS ricordiamo
ad esempio il pirosequenziamento, che è una solida tecnologia
attualmente utilizzata nelle
piattaforme con capacità di sequenziamento ad alto volume.
- 88 -
Il pirosequenziamento è una procedura più sensibile (tra il 5 ed il
10%) rispetto al sequenziamento di Sanger.
Per quanto concerne il pirosequenziamento, questo metodo si basa sul
dosaggio del pirofosfato liberato in seguito all’incorporazione di un
dNTP (deossi-nucleotide-trifosfato) durante la sintesi di dna.
Il pirosequenziamento è una tecnica per il sequenziamento del DNA e
consta di 5 passaggi principali:
1) La sequenza da analizzare, dopo essere stata amplificata con la
PCR, viene incubata come singola elica insieme agli enzimi
DNA polimerasi, ATP solforilasi, luciferasi e apirasi e ai
substrati adenosinsolfofosfato (ASP) e luciferina;
2) il primo dei quattro dNTP è aggiunto alla reazione. La DNA
polimerasi catalizza l'aggiunta di tale base solo se è
complementare alla base del filamento stampo. In tal caso si ha
concomitante liberazione di pirofosfato inorganico (PPi) in
quantità equimolare a quella del nucleotide incorporato;
3) In presenza di adenosina 5’ fosfosolfato (APS), l’ATP
solforilasi
converte quantitativamente il PPi ad ATP, che, a sua volta
guida la conversione, catalizzata dalla luciferasi, di luciferina ad
ossiluciferina con conseguente produzione di luce di intensità
proporzionale alla quantità di ATP.
La luce prodotta è rilevata da una CCD (camera fotosensibile) e
visualizzato
come picco in un programma;
4) L'enzima apirasi degrada il dNTP che non è stato incorporato, e
l'ATP prodotto
dalla solforilasi. Solo quando la degradazione è terminata si
aggiunge un
- 89 -
secondo dNTP per far progredire la reazione di polimerizzazione
(ritornando
allo step 1);
5) Si aggiungono ciclicamente tutti e 4 i d(NTP) fino alla
deduzione completa
della sequenza.
Man mano che il processo continua, il filamento di DNA
complementare
è sintetizzato e la sequenza nucleotidica è determinata dai picchi del
pirogramma, infatti Il segnale luminoso prodotto ogni volta dalla
luciferina viene registrato in un apposito "pirogramma" (Figura 28).
Il segnale sarà proporzionale all'ATP prodotto e quindi al nucleotide
inglobato; un picco di intensità doppia, ad esempio, rileva che nello
stesso ciclo sono stati inglobati 2 dNTP (ripetizione della stessa base
sul templato). Viceversa un segnale nullo indica che il dNTP aggiunto
in quel ciclo non è complementare.
Importante è ricordare che non si può utilizzare l'ATP come dNTP da
introdurre per la polimerizzazione, altrimenti non si riuscirebbe a
capire se il segnale rilevato proviene da una corretta incorporazione
del nucleotide o dall'attività intrinseca dell'ATP. Si utilizza in
alternativa l'adenosina-tio-trifosfato, che è riconosciuta dalla DNA
polimerasi come se fosse ATP, ma non dalla luciferasi.
- 90 -
9.7 Risultati dello studio
EUS-FNA WITH FOLLOW-UP PRE CITOICLUSO (2009/2010)
EUS-FNA with follow up PRE-CITOINCLUSO
TABELLA 1
NUMERO
102
EUS-FNA
%
NUMERO K
%K
CATEGORY
Category 1
Category 2
Category 3
Category 4
Category 5
7K
11
9
13
20
49
10,8%
8,8%
12,7%
19,7%
48,0%
5
5
9
20
49
45,4%
55,5%
69,2%
100%
100%
Tabella 1
EUS-FNA WITH FOLLOW-UP POST CITOINCLUSO (2012)
TABELLA 2
EUS-FNA with follow-up POST CITOINCLUSO
NUMERO
65
EUS-FNA
%
NUMERO K
%K
CATEGORY
Category 1
Category 2
Category 3
Category 4
Category 5
5
3
4
9
44
8%
5%
6%
14%
68%
Tabella 2
Fonte: SIAPEC-IAP ed elaborazione propria
- 91 -
3
0
2
9
44
60%
0%
50%
100%
100%
9.8 Discussione
In questo studio sono state valutate due casistiche ben determinate:
3) Citologia agoaspirativa del pancreas allestita come strisci
citologi classici;
4) Citologia agoaspirativa del pancreas allestita con la tecnica del
citoincluso.
Tutti i casi vengono estrapolati dal sistema informativo del
Laboratorio (Armonia), confrontando i casi di citologia agoaspirativa
del pancreas pervenuti in laboratorio prendendo in considerazione
l’anno 2009-2010 (in cui i campioni si allestivano come strisci
citologici), e l’anno 2012 (in cui il materiale pervenuto in laboratorio
si allestisce con la tecnica del citoincluso).
Nella tabella 1 vengono classificati un totale di 102 FNA del pancreas
prelevati mediante EUS-FNA, allestiti come strisci citologici classici e
inviati al Laboratorio di Anatomia Patologica( CASISTICA PRE
CITOINCLUSO), sottoposti a follow- up, strumento attraverso il
quale si monitorano i pazienti dopo la diagnosi e il trattamento per
capire se effettivamente la diagnosi è stata eseguita correttamente.
In seguito alla diagnosi si riscontrano 11 casi (in termini percentuali il
10,8%) appartenenti alla categoria 1; 9 casi (in termini percentuali
l’8,8%) appartenenti alla categoria 2; 13 casi (in termini percentuali il
12,7%) appartenenti alla categoria 3; 20 casi (in termini percentuali il
19,7 %) appartenenti alla categoria 4 e 49 casi (in termini percentuali
il 48%) appartenenti alla categoria 5.
Si riscontra perciò che il 32,3% dei casi, di pazienti affetti da lesione
pancreatica solida, campionata con EUS-FNA, sono stati classificati
come INADEGUATO/NON DIAGNOSTICO, NEGATIVO PER
- 92 -
NEOPLASIA, ATIPICO/ NON CONCLUSIVO, mentre il 67,7 % dei
casi, di pazienti affetti da lesione pancreatica solida, campionata con
EUS-FNA,
sono
stati
classificati
come
SOSPETTO
PER
NEOPLASIA E POSITIVO PER NEOPLASIA (quest’ultimi trattati
perciò con un percorso terapeutico gold standard rappresentato da
chirurgia/chemio).
In seguito al follow-up si evince che degli 11 casi riscontrati nella
prima categoria
5 effettivamente erano colpiti da carcinoma del
Pancreas (in termini percentuali il 45,4%); dei 9 casi riscontrati nella
seconda categoria 5 effettivamente erano colpiti da carcinoma del
Pancreas ( in termini percentuali il 55,5%); dei 13 casi riscontrati nella
terza categoria 9 effettivamente erano colpiti da carcinoma del
Pancreas (in termini percentuali il 69,2%); dei 20 casi riscontrati nella
quarta categoria tutti e 20 i casi erano affetti da carcinoma del
Pancreas (in termini percentuali il 100%) ed infine dei 49 casi
riscontrati nella quinta categoria tutti e 49 i casi erano affetti da
carcinoma del Pancreas (in termini percentuali il 100%).
Si deduce così prima di tutto che il follow-up dei pazienti dopo la
diagnosi e trattamento è uno strumento fondamentale per evincere
una ripresa della malattia, una nuova patologia collegata alla prima o
un effetto dannoso legato al trattamento, ma anche per capire se la
diagnosi è stata effettuata correttamente o per eseguire misure
correttive sui test diagnostici utilizzati e che fondamentale è il poter
acquisire i dati dei pazienti per un corretto controllo di qualità nel
laboratorio di anatomia Patologica.
L’altro punto ancor più importante che si deduce da questi dati è che il
45,4% dei pazienti diagnosticati in un primo momento come
INADEGUATO/NON DIAGNOSTICO, il 55,5% dei pazienti
diagnosticati in un primo momento come NEGATIVO PER
NEOPLASIA e il 69,2% dei pazienti diagnosticati in un primo
- 93 -
momento come ATIPICO/NON CONCLUSIVO erano in realtà affetti
da carcinoma del Pancreas.
È necessario di conseguenza contrastare questa discordanza e
analizzare la metodica utilizzata per rilevare se effettivamente si tratti
di un avversità legata all’utilizzo dello striscio citologico come
metodica o all’allestimento pratico dello striscio citologico ed
applicare poi misure correttive.
Nella tabella 2 vengono classificati un totale di 65 FNA del Pancreas
prelevati mediante EUS-FNA e allestiti (nel laboratorio dove ho
elaborato la mia Tesi di Laurea, il Laboratorio di Anatomia Patologica
del Policlinico Universitario Campus Biomedico di Roma) con la
tecnica del Cell Block ( CASISTICA POST CITOINCLUSO) e
sottoposti a follow-up.
In seguito alla diagnosi si riscontrano 5 casi (in termini percentuali
l’8%) appartenenti alla categoria 1; 3 casi (in termini percentuali il
5%) appartenenti alla categoria 2; 4 casi (in termini percentuali il 6%)
appartenenti alla categoria 3; 9 casi (in termini percentuali il 14%)
appartenenti alla categoria 4 e 44 casi (in termini percentuali il 68%)
appartenenti alla categoria 5.
Si riscontra perciò che il 19% dei casi, di pazienti affetti da lesione
pancreatica solida, campionata con EUS-FNA, sono stati classificati
come INADEGUATO/NON DIAGNOSTICO, NEGATIVO PER
NEOPLASIA, ATIPICO/ NON CONCLUSIVO, mentre l’82% dei
casi, di pazienti affetti da lesione pancreatica solida, campionata con
EUS-FNA,
sono
stati
classificati
come
SOSPETTO
PER
NEOPLASIA E POSITIVO PER NEOPLASIA.
In seguito al follow-up si evince che dei 5 casi riscontrati nella prima
categoria 3 effettivamente erano affetti da carcinoma del Pancreas (in
termini percentuali il 60%); dei 3 casi riscontrati nella seconda
categoria nessuno è effettivamente colpito da carcinoma del Pancreas
- 94 -
(in termini percentuali lo 0%); dei 4 casi riscontrati nella terza
categoria 2 effettivamente erano colpiti da carcinoma del Pancreas (in
termini percentuali il 50%); dei 9 casi riscontrati nella quarta categoria
tutti e 9 i casi erano affetti da carcinoma ( in termini percentuali il
100%) ed infine dei 44 casi riscontrati nella quinta categoria tutti e 44
i casi erano affetti da carcinoma del Pancreas (in termini percentuali il
100%).
Da questi dati si deduce che il 60% dei casi diagnosticati in un primo
momento come INADEGUATO/NON DIAGNOSTICO e il 60% dei
casi diagnosticati in un primo momento come ATIPICO/NON
CONCLUSIVO erano in realtà pazienti affetti da carcinoma del
Pancreas. Ma punto ancor più importante è invece che nessuno dei tre
casi diagnosticati come NEGATIVO PER NEOPLASIA con la
metodica del Cell Block si è poi rivelato effettivamente come
carcinoma del Pancreas, permettendo così di portare la percentuale di
questi casi dopo il follow-up a zero.
Questo ci permette di poter dimostrare che la totalità dei casi
diagnosticati come negativi con la metodica del Cell Block dopo il
follow up risultano realmente non affetti da carcinoma del Pancreas.
Indispensabile è ricordare che la categoria 1 (INADEGUATI/NON
DIAGNOSTICI) rappresenta un ostacolo poiché non è correlata alla
metodica utilizzata ad un problema primario come il prelievo quindi,
nonostante le azioni correttive, non potrà mai essere eliminata
completamente. Un altro ostacolo è rappresentato dalla categoria 3
(ATIPICO/NON CONCLUSIVO), legato all’eterogeneità dei tumori,
infatti non tutti i carcinomi duttali del Pancreas sono ben differenziati
come tale rendendo difficoltosa l’interpretazione al momento della
diagnosi.
- 95 -
CONFRONTO IN % DEI CASI DIAGNOSTICATI NELLE
VARIE CLASSI DIAGNOSTICHE
80,0%
70,0%
60,0%
% DEL N DEI CASI
DIAGNOSTICATI NELLE
VARIE CLASSI PRE CB
% DEL NUMERO DEI CASI
DIAGNOSTICATI NELLE
VARIE CLASSI POST CB
50,0%
40,0%
30,0%
20,0%
10,0%
0,0%
Grafico1
Nel grafico 1 si confrontano le percentuali dei casi diagnosticati nelle
varie classi sfruttando come criterio di confronto l’utilizzo o meno
della metodica del Cell Block.
Da questo si evince che nella prima categoria la percentuale del
numero dei casi diagnosticati è del 10,8% nella casistica PRE
CITOINCLUSO contro l’8% della casistica POST CITOINCLUSO;
nella seconda categoria la percentuale del numero dei casi
diagnosticati è dell’8,8% nella casistica PRE CITOINCLUSO contro
il 5% della casistica POST CITOINCLUSO; nella terza categoria la
percentuale del numero dei casi diagnosticati è del 12,7% nella
casistica PRE CITOINCLUSO contro il 6% della casistica POST
CITOINCLUSO; nella quarta categoria la percentuale del numero dei
casi diagnosticati è del 19,7% nella casistica PRE CITOINCLUSO
contro il 14% della casistica POST CITOINCLUSO ed infine nella
quinta categoria la percentuale del numero dei casi diagnosticati è del
48% nella casistica PRE CITOINCLUSO contro il 68% della casistica
POST CITOINCLUSO.
- 96 -
CONFRONTO IN % DEI RAGGRUPPAMENTI
DIAGNOSTICI
90%
80%
70%
60%
% CLASSI DIAGNOSTICHE
PRE CB
% CLASSI DIAGNOSTICHE
POST CB
50%
40%
30%
20%
10%
0%
CATEGORY 1-2-3 (NON
DIAGNOSTICHE)
CATEGORY 4-5
(DIAGNOSTICHE)
Grafico 2
Nel grafico 2 si confronta il valore assoluto della percentuale dei
raggruppamenti delle classi diagnostiche 1-2-3 contro quella delle
classi diagnostiche 4-5 sfruttando sempre come criterio di confronto
l’utilizzo o meno della metodica del Cell Block. Si evince perciò che
il valore assoluto per le classi diagnostiche 1-2-3 è pari al 33% nella
casistica PRE CITOINCLUSO contro il 18% nella casistica POST
CITOINCLUSO mentre il valore assoluto per le classi diagnostiche 45 è pari al 67% nella casistica PRE CITOINCLUSO contro l’80%
della casistica POST CITOINCLUSO.
Si deduce che, nonostante la casistica POST CITOINCLUSO (riferita
all’anno 2012) non sia completa poiché l’anno è ancora in corso, il
trend dei falsi negativi è fortemente diminuito, grazie alla diminuzione
evidente della percentuale dei casi classificati nel raggruppamento
diagnostico delle prime tre categorie rispetto alla casistica precedente
PRE CITOINCLUSO ( la percentuale è passata dal 33% al 18% con
una diminuzione dei falsi negativi del 15%) il tutto abbinato ad un
forte aumento nella performance diagnostica evidenziata da una
maggiore percentuale dei casi classificati nel raggruppamento
diagnostico delle categorie 4 e 5 rispetto alla precedente casistica ( la
percentuale è passata dal 67% all’82%).
- 97 -
Quest’ultimo punto è essenziale poiché il 90% dei pazienti che
presenta una lesione solida del Pancreas è colpito da carcinoma del
Pancreas ed è quindi necessario utilizzare una metodica che ci
permetta di avvicinarci il più possibile a questo valore e proprio per
questo motivo rilevante è il trend positivo che si è ottenuto con questa
metodica.
Utilizzando la metodica della citoinclusione come azione correttiva è
risultato evidente un numero maggiore di casi diagnosticati rispetto
all’utilizzo della metodica classica, lo striscio citologico, ottenendo
così un miglioramento nella performance diagnostica e una notevole
riduzione dei falsi negativi.
Un punto fondamentale per arrivare a questa conclusione è stato sia la
presenza di casistiche che il follow up dei pazienti che hanno
permesso di evidenziare che casi che con lo striscio convenzionale
classico non erano stati classificati e diagnosticati come carcinomi, ma
magari come inadeguati, in un secondo momento, seguendo il
paziente nel follow up, si sono poi rivelati carcinomi. Le motivazioni
di queste alterazioni diagnostiche sono varie:
- il trascorrere del tempo;
- l’utilizzo di metodiche più precise come appunto la tecnica del Cell
Block;
- artefatti dei campioni, e quindi dei vetrini con lo striscio citologico,
dovuti ad esempio a sovrapposizione cellulare, emazie abbondanti
ect..;
- perdita delle poche cellule neoplastiche durante l’allestimento dello
striscio;
- inadeguatezza nel campione prelevato dall’endoscopista.
Quest’ultimi due punti sono collegati all’esperienza del personale
adibito al prelievo del campione e all’allestimento dei strisci, quindi
un lato delicato e importante è proprio la formazione di personale
- 98 -
esperto e qualificato, con la presenza, se possibile, di un citopatologo
in loco, che fornisce un feed back immediato sull’adeguatezza del
campione, con una diminuzione del numero dei passaggi durante
l’EUS FNA, dei tempi procedurali e dei costi, con un controllo
costante sull’allestimento del materiale raccolto da inviare al
laboratorio di Anatomia Patologica.
Importante è ricordare che un grande aiuto, oggi giorno, è
rappresentato anche da metodiche accessorie come l’immoistochimica
nella diagnosi per la definizione di malignità, classificazione delle
neoplasie, identificazione di nuovi antigeni tumorali ect , così come
anche le tecniche di biologia molecolare.
9.9 Conclusioni
In seguito allo studio effettuato abbiamo dimostrato che la metodica
del Cell Block:
 permette un aumento di sesnsibiltà per la diagnosi citologica
delle neoplasie del Pancreas;
 permette l’utilizzo di metodiche IHC volte a determinare
l’istotipo
della malattia
ed
indirizzare un
percorso
terapeutico adeguato;
 permette di sviluppare metodiche di biologia molecolare su
preparati ottenuti da citologia Pancreatica
- 99 -
10 TAVOLE FOTOGRAFICHE E GRAFICI
Figura 1 Dati mondiali di
incidenza tumorale per
il Cancro del Pancreas
standardizzati per età
Figura 2 Incidenza
del tumore del
Pancreas in Europa
Figura 3 Incidenza tumorale
del Cancro del
Pancreas per sesso e età
- 100 -
Figura 4 Andamento del tasso di
mortalità del Cancro
del Pancreas negli anni
Figura 5 Sopravvivenza a 5
anni in Europa
Rispetto ai vari tumori
6
Figura 6 Il Pancreas
7
Figura 7 Testa, corpo, coda e processo
uncinato del Pancreas
- 101 -
Figura 8 Sezione
istologica di
Pancreas
Esocrino
colorata con
E/E.
Acini e dotti
Pancreatici.
Figura 9 Pancreas
endocrino ed
acini
Esocrini. Nel
preparato sono
visibili gli
isolotti di
Langherans, al
cui interno
si osservano le
cellule β e α
(viola e azzurro
pallido), la
Colorazione è
Blu di
toluidinaFucsina
Paraldeide.
Figura 10
Adenocarcinoma Duttale del
Pancreas (FNA).
La sezione mostra cellule singole
e gruppi di cellule epiteliali
maligne. I cluster sono
tridimensionali con nuclei
sovrapposti. Pochi istiociti.
- 102 -
Figura 11 Neoplasie pancreatiche intraepiteliali (Pancreatic Intraepithelial
Neoplasms, PanIN). Sono considerate lesioni precursori del carcinoma
invasivo e sono classificati in tre distinti gradi (PanIN-1A-B; PanIN-2;
PanIN-3) in relazione al livello di displasia, fino a raggiungere il grado di carcinoma in
situ
Figura 12 Trasduttori ecografici. Questi
sono del tutto
simili agli endoscopi impiegati
per gli esami
di routine con l’unica
differenza nella presenza
piccola sonda con trasduttore
a rotazione
meccanica o a scansione
lineare elettronica
montata sull’estremità distale
dell’eco-endoscopio.
Figura 13 Strumento per EUS-FNA
- 103 -
Figura 14 “ Cell Block”
Figura 15
Cellient tm
Automated
Cell Block
System con C.
Processor e C.
Finishing station
Figura 16 Filter
Cassette Kit
Monouso
Figura 17
Puntali monouso
Cellient
Figura 18
Embedding
Molds
Cellient
Figura 19 Cell Block
ottenuto con il
Cellient ™
automated Cell Block
System pronto per il
sezionamento
Istologico.
- 104 -
BLOCCHI TRADIZIONALI
BLOCCHI CELLIENT
Il sistema Cellient migliora
Qualità Subottimale
l’architettura
cellulare
Il sistema Cellient minimizza gli errori
Risultati contradditori
dell’operatore che sono correlati a
incoerenze
Il sistema Cellient cattura le cellule
Cellularità Insufficiente
disponibili massimizzando la cellularità
anche da campioni piccoli/scarsi
Il sistema Cellient è standardizzato, con
Tempi di lavorazione lunghi
un tempo di lavorazione rapido,
all’incirca un’ora
Il sistema Cellient riduce il rischio di
Rischi di contaminazione crociata
contaminazione crociata
Figura 20 Confronto tra blocchi ottenuti con l’allestimento manuale tradizionale e
blocchi ottenuti con il Cellient™ automated Cell Block System.
Figura 21 Adenocarcinoma
Duttale del
Pancreas (FNA).Sezione di
E/E allestita con la tecnica
del CB.
Le cellule tumorali sono
pleomorfe e formano
ghiandole scarsamente
organizzate di dimensioni
variabili (40X).
Figura 22 Sezione istologica
ed IHC carcinoma duttale del
Pancreas.
L’immagine A mostra appunto
carcinoma, la B positività a
CK7 nelle cellule tumorali, la
C mostra positività a CK20 ed
infine la D positività alla
CK17.
- 105 -
1
2
4
3
5
Figura 23 Classificazione Diagnostica del Pancreas. Classe 1, 2, 3, 4 e 5.
Figura 24 Strisci citologici Classici vs Cell Blocks
- 106 -
1
2
4
3
5
6
7
10
8
9
11
12
Figura 25 Varie fasi dell’allestimento manuale del Cell Block
- 107 -
Figura 26 Inclusione, taglio e vetrini con sezione di Cell Block
colorati.
- 108 -
Figura 27 Varie fasi dell’allestimento del protocollo manuale delle
tecniche Immunoistochimiche
- 109 -
Figura 28 Esempio di Pirogramma
- 110 -
11 SITOGRAFIA E BIBLIOGRAFIA
1. Ministero della Salute, “Basi Scientifiche per Linee Guida per
Carcinoma duttale e Precursori del carcinoma invasivo”
http://www.iss.it/lgac/docu/cont.php?id=172&lang=1&tipo=32
2. Pancreas.Org, “Normal Pancreas”
http://pancreas.org/pancreas/normal-pancreas/
3. AISP (Associazione Italiana per lo studio del Pancreas)
“Predisposizione al cancro del pancreas”
http://www.aisponline.it/index.php?option=com_content&view=articl
e&id=151:predisposizione-al-cancro-del-pancreas-ruolo-deipolimorfismi-dei-geni-xrcc1-xrcc3-e-cyp1a1&catid=56:v3n1-032006&Itemid=95
4. OECI (Organisation of European Cancer Institutes) “Cancer of
pancreas”
http://www.startoncology.net/site/index.php?option=com_content&vi
ew=article&id=81%3Acancer-of-pancreas&catid=39%3Acancer-ofpancreas-cat&Itemid=53%E2%8C%A9=it
5. PancreasPadova.org, “Il carcinoma pancreatico”
http://www.pancreaspadova.org/carcinoma.php
6. “Diagnosi, stadiazione e trattamento delle neoplasie pancreatiche”
http://w3.uniroma1.it/step/chir/prot_pancreas.html
7. Pearl, the Pancreas Education and Research Letter
“Chronic Pancreatitis and Genetic Links to Chronic Pancreatitis”
http://pancreas.org/wp-content/uploads/PEARL_Genes-Spring2009.pdf
8. Morfologia Molecolare, Principi generali e Diagnostica Sistematica.
Eugenio Leonaro
“ Neoplasie del Pancreas Esocrino”
9. Pancreas.Org (Information and help about pancreatic diseases)
“ What is the Pancreas?”
http://pancreas.org/pancreas/
10. Pancreas.Org (Information and help about pancreatic diseases)
“Pathology – non-malignant”
http://pancreas.org/pancreas/pathology-nonmalignant/
- 111 -
11. Pancreas.Org (Information and help about pancreatic diseases)
“Pancreatic Cancer”
http://pancreas.org/patients/pancreatic-cancer/
12. Sezione Italiana del Centro Pancreatico Europeo
“Carcinoma del Pancreas”
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