omaggio a nouri bouzid - Didattica PoliTo

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omaggio a nouri bouzid - Didattica PoliTo
OMAGGIO A NOURI BOUZID
2° edizione delle Giornate del cinema universitario del Piemonte
dal 26 al 31 Maggio 2008 nelle aule 1T e 2T presso Politecnico di Torino.
Dopo il successo che ha avuto il suo ultimo capolavoro “Making Off” a seguito della sua
presentazione a Milano in Italia al 17° Festival del Cinema Africano, d'Asia e America
latina (Marzo 2007), abbiamo deciso di dedicare un omaggio al cinema del regista tunisino
Nouri Bouzid. Il festival ha scelto di presentare gli ultimi quatro lavori di Nouri Bouzid:
- Il primo film in programma è “Bezness” (Tunisia/Francia/Germania, 1992, 35mm,100’,
col.). In questo film Nouri bouzid ci racconta la storia di un fotografo Fred che sta in Tunisia
per realizzare un reportage sui “bezness”, uomini che si prostituiscono con i turisti e le turiste.
Il suo lavoro si rivela difficile in un mondo dove l’immagine e la sua rappresentazione sono tabu,
ma trova la protezione di Roufa, un giovane che vive grazie alla prostituzione. Il sogno di Roufa è
partire, lasciare definitivamente la Tunisia per fare fortuna in Europa. La sua vita trascorre
schizofrenica tra il mondo dei/lle turisti/e in cerca di avventure e il quartiere dove vive con la
famiglia e dove abita la fidanzata, Khomsa. Anche il suo comportamento è contraddittorio. Da un
lato è molto permissivo con i turisti, mentre è molto conservatore e repressivo con i suoi, in
particolare con la promessa sposa. Il film ritrae una generazione alle prese con gli effetti perversi
del turismo (sessuale), che cerca di trovare un difficile equilibrio tra le promesse della modernità e
le rassicurazioni della tradizione. Bezness è stato presentato alla Quinzaine des Réalisateurs del
Festival di Cannes.
- Il secondo film in programma è “Bent familia” (Tunisia/Francia, 1997, 35 mm, 105’ col.)
In questo film, Nouri Bouzid ci racconta i fallimenti, i sentimenti e la leggerezza di tre donne
divise dalla consapevolezza di essere donne arabe e l’esigenza (dopo aver studiato e scoperto
la libertà) di realizzare progetti di vita in un universo in cui l’ordine familiare è
imprescindibile...Il film è vincitore di numerosi premi.
- Il terzo film in programma è “Poupées d’argile” (Tunisia/Francia/Marocco, 2002, 35 mm,
100’, col.). Nel suo delicatissimo film, Bouzid, denuncia il commercio di bambine, che
resistono al loro destino, accettandolo e rimettendo in discussione la propria vita in maniera
creativa. Ma denuncia anche la figura maschile, incarnata dal "trafficante di bimbe
d'argilla", attanagliato dai sensi di colpa, confuso "proprio come il popolo arabo", costretto
ad arrendersi alla perdità d'
identità, dominato dalla ragiulia, il senso d'
onore virile, che
impedisce ad un uomo di ammettere davanti agli altri di avere problemi.
I personaggi femminili, la bimba Fedhah ed il suo corrispettivo adulto Rebah, appaiono più
liberi, forti, istintivi, ribelli. Omrane, il protagonista maschile che smercia carne giovane, è
carico di blocchi ed ostacoli, che non capisce e riconosce per primo, annegandoli nell'
alcool
"Gli integralisti rappresentano un contropotere importante - dichiara Bouzid - C'
è una ripresa
importante di questo spirito, alimentato anche dalla televisione... Noi in Tunisia siamo
costretti ad accettare le costrizioni della società saudita, anche se vanno contro la legge
tunisina (la poligamia, ad esempio). La società avanza in maniera lenta e incosciente verso
l'
integralismo e nessuno si rende conto di questo."
Poupees d'
argile è proprio una triangolazione di vite difficili da incatenare, femminili e
maschili, che ritorna nell'
espressione massima di libertà, la canzone a cui Fedhah (che cerca
conforto modellando bambole d'
argilla) e Rebah si affidano quando tutto sembra essere
perduto, reciso. Danzare e cantare per resistere e volare altrove è il loro grido di speranza:
"figlia del vento e dell'
aria senza documento ed identità, le vostre lacrime si sono
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prosciugate..." Parole che riecheggiano attraverso tutta la pellicola. Refrain di una resistenza
femminile che percorrono una vita intera da quando le ingenue bimbe vengono vendute dai
genitori al trafficante di anime e corpi al momento in cui su un ralenty struggente, ma ricco di
speranza, Fedhah, si allontana sola su una strada libera, abbandonando sulla panoramica
dall'
alto lo sguardo dello spettatore.
Con montaggio parallelo e una macchina da presa sempre addosso ai personaggi, con primi
piani insistenti per catturare paure, dolore, sconforto e nostalgia delle protagoniste e una
colonna sonora dolce e dolente, Nouri Bouzid narra la storia di un faticoso riscatto, con un
racconto di contrappunti tra Rebbeh e Feddah. Attraverso le vicende delle due giovani donne,
infatti, il regista (autore di punta della cinematografia tunisina) affronta la delicata questione
del ruolo femminile nella società del suo Paese: Feddah e Rebbeh, per ritrovare la libertà, il
rispetto e la dignità dovranno mettere in gioco tutto, compresa la loro stessa esistenza. In
generale, Nouri Bouzid, con il suo cinema poetico e duro allo stesso tempo, parla di
personaggi che si possono definire come gli archetipi della comunità magrebina sempre
in cerca di riferimenti e di valori positivi da riaffermare e a cui ancorarsi.
- L’ultimo film in programma è “Making Off” (Tunisia, 2007, 35 mm, 120'
, col.).
Certe volte capita di trovarsi difronte ad un capolavoro, inatteso, leggero, divertente,
intenso, moderno, per un pubblico adulto e impegnato, per un pubblico militante, ma
soprattutto per gli adolescenti e i ragazzi «é per loro che l'ho fatto e pensato» afferma
l'
oramai non più giovane regista tunisino.
Chukra (l'
attore Lofti Adbelli) è un diciottenne irrequieto e ribelle che vive nella periferia di
Tunisi, un Breaker, un rapper, un ladro di telefonini, il leader di una banda di ragazzi di strada
che sogna L'
Europa, sogna di diventare un ballerino, adora sua madre, ama la sua ragazza e fa
di tutto per dimostrare al mondo che è un vero uomo.
Ma il sogno di fuga si fa sempre più difficile, anche considerando che «L'
Italia ha scelto Bush
in Iraq e gli imbarchi sono bloccati», che la sua ragazza (anche lei sogna) è, forse, disposta ad
accettare compromessi con ricchi uomini pur di diventare una cantante, che «Il tassista» (suo
padre) è molto lontano da ciò che Chukra considera un vero uomo, che la polizia gli dà la
caccia per le sue bravate invece di accoglierlo tra le sue fila (cosa che a lui non dispiacerebbe
affatto, se non altro per poter imitare i poliziotti dei film americani), che la gente del suo
quartiere fraintende il suo amore per la danza e invece di considerarlo un uomo, un duro, lo
taccia di effeminatezza.
Fuggito di casa in seguito ad una bravata più grossa delle altre (il furto dei risparmi del nonno
e della divisa da poliziotto del cugino), Chukra troverà ospitalità nella casa e nel laboratorio
di un vecchio artigiano marmista che inizia ad istruirlo sul corano, e su una lettura alquanto
deviata e deviante di questo.
La sua indole indomita e ribelle, la sua energia di giovane arrabbiato, la stessa che avrebbe
potuto condurlo a diventare una star del rap o della break viene sfruttata dal vecchio e dalla
sua organizzazione per creare un mostro, un Kamikaze il cui unico sogno è diventare un
martire della jihad in modo da guadagnarsi il paradiso senza dover attendere e subire il
giudizio.
Il film sarebbe stupendo già così, il “semplice” racconto di come si possa praticare il
lavaggio del cervello di un giovane ribelle e sognatore, di come la forza e l'
energia vitale
possano se solo mal convogliate diventare portatrici di morte e distruzione. Ad impreziosirlo
e a renderlo un vero capolavoro c'è il titolo e ciò che ad esso sottende.
Il regista ha stipulato un contratto particolare col giovane protagonista (attore e ballerino
professionista), Lofti Adbelli infatti conosce solo la prima parte della sceneggiatura e del
copione e pensa di essere il protagonista di un film sui giovani breaker di Tunisi, il resto del
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film sarà per lui una totale sorpresa e una continua scoperta, un'avventura da cui una
volta accettata la scrittura e girato il primo tempo non potrà più tirarsi indietro.
Il giovane attore si ritrova così ad essere filmato a sua insaputa durante i Making of, appunto,
mentre si ribella al regista, mentre si rifiuta di andare avanti con le riprese, di diventare un
kamikaze (sia pure cinematografico), mentre si batte e si arrabbia per difendere il suo amore
per la danza e la sua identità di ballerino, mentre si preoccupa per la reazione degli integralisti
islamici e dei critici cinematografici che vedranno il film e, mentre, non potendo fare altro,
nel film come nella vita, come nel making of, si piega al volere del regista e continua il suo
lavoro, la sua doppia trasformazione.
Chukra diventa così un kamikaze e si suicida, senza fare altre vittime oltre se stesso, facendosi
saltare in aria in un enorme container su cui campeggia la scritta Capital, mentre Lofti Adbelli
perde parte delle sue paure e delle sue diffidenze, aprendo il suo modo di vedere le cose ad un
pensiero più laico e più libero da pregiudizi e paure del giudizio.
La realizzazione di questo film ha anch'
essa molto di originale poiché tutta la troup, Lofti
unico escluso, era a conoscenza del progetto del regista di far rientrare nel film il girato del
Making of e collaborava con lui per creare le condizioni necessarie allo scaturire delle
reazioni del protagonista.
Il film è stato girato inoltre e inevitabilmente seguendo l'ordine di successione delle
inquadrature del montato, in modo da mantenere il protagonista sempre all'oscuro di
ciò che sarebbe successo in seguito.
Quello che rende questo film eccezionale è il modo in cui Bouzid ci mostra come il terrorismo
non sia solo un problema per l’Occidente, ma per tutti, ovunque. Per questo motivo è uno dei
film arabi fondamentali sull’argomento. L’interpretazione tesa di Lotfi Abdelli si rivela
intensa e coinvolgente. Il film ha vinto il Gold Tanit come Miglior Film al Carthage Film
Festival e quello per Miglior Sceneggiatura e Miglior Attore al Tribeca Film Festival.
Bouzid al Carthage Film Festival
Bouzid al Tribeca Film Festival
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Nouri Bouzid e Lotfi Abdelli (attore di “Making Off”)
Intervista a Nouri Bouzid
Domanda 1:
Ho notato delle analogie tra il suo film e Paradise Now, ci sono realmente dei punti di
contatto? Si tratta anche qui di una storia vera?
Risposta 1:
Non mi sono ispirato ad una storia vera, tutto il racconto è completamente inventato ed è stato
girato a Cartagine mentre il film è ambientato a Tunisi, anche se durante le riprese sono stati
(per fortuna) sventati vari attentati e uno degli attentatori era proprio un ballerino, cui,
presumibilmente, era stato fatto il lavaggio del cervello.
Per i nove mesi in cui il film è stato fermo per problemi economici, continuavo a pensare al
fatto che la mia storia fosse realmente successa.
Sfortunatamente non ho visto Paradise Now, la sceneggiatura del mio film è stata scritta
prima che Paradise Now uscisse, ho dovuto inoltre attendere tre anni dopo l'
ultimazione della
sceneggiatura per raccogliere tutti i finanziamenti necessari, comunque il mio film era finito
prima dell'
uscita di Paradise Now, è stata quindi una coincidenza, ma una buona coincidenza
poiché abbiamo bisogno di molti film che ci aiutino a riflettere su questi argomenti, con la
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differenza che i palestinesi vivono questa condizione quotidianamente e non hanno bisogno di
cercare ulteriori motivazioni per fare quello che fanno, come invece fa il mio personaggio.
Domanda 2:
Riguardo alla produzione e alla distribuzione del film?
Risposta 2:
Il film è una produzione totalmente tunisina, il produttore è un imprenditore di Tunisi, ho
ricevuto dei fondi da Found du Sud e da la Francofoni che finanziano normalmente tutto il
cinema Tunisino, non abbiamo trovato nessun produttore indipendente francese come era
invece accaduto per gli altri miei film, la postproduzione e i macchinari per la produzione
sono stati sovvenzionati da un ente cinematografico marocchino che si è occupato poi della
distribuzione televisiva.
Su internet il film è stato criticato dagli integralisti islamici che ravvisavano sopratutto errori
dal punto di vista tecnico, forse non avendo il coraggio di criticare il tema di fondo del film,
hanno invece usato parole inquietanti nei miei confronti dipingendomi come una persona di
potere, proprio io che sono refrattario ad ogni forma di potere, dalla famiglia alla religione,
alla politica. Proprio per questo voglio continuare a fare tutti i film che voglio.
Domanda 3:
L'
idea di introdurre il Making-of nel film, e quindi l'idea del titolo erano già nella
sceneggiatura, o è un'
idea nata durante le riprese?
Risposta 3:
Il titolo che è stato deciso prima di girare il film, chiarisce già da solo questo doppio
linguaggio di fiction e di documentario su cui si dipana il film, inizialmente però il regista nel
making-of non avrei dovuto essere io bensì un attore, su questo punto le cose sono andate
diversamente rispetto al previsto.
Prima di girare ho stretto un accordo col protagonista dicendogli che sarebbe rimasto
all'oscuro della sceneggiatura e dello svolgersi del racconto, che sarebbe stato così come
nella vita reale in cui fino ad una certa età il tuo destino, le cose che fai e che farai sono come
segnate, imposte, dalla normalità che la società e la famiglia creano intorno al bambino, poi
arriva il momento delle scelte e tutto diventa più complicato poiché non sai come andrà a
finire e cosa diventerai.
Gli ho chiesto: sei d'accordo? Lui ha risposto di si e sembrava anche eccitato dalla novità.
Siamo stati quindi costretti ad una cosa eccezionale nel cinema, quella di girare nell'
ordine
cronologico della sceneggiatura, siamo andati e venuti dalla stessa location, la casa del
protagonista, dieci volte, tutto per non svelare all'
attore la continuazione del film.
Ho scelto un attore che reagisse facilmente alle provocazioni, io stesso e gli altri attori del
cast provocavamo di proposito le sue reazioni nei momenti opportuni, tutte le discussioni e gli
screzi che si sono succeduti durante le riprese sono stati filmati e sono tutti reali anche se
provocati, su due ore di film ho “manipolato” soltanto 12 minuti.
La realizzazione di questo film è stata una cosa molto importante e avevamo bisogno che il
governo e gli organi di controllo ci lasciassero in pace è per questo che non traspare il
problema della repressione in Tunisia.
La lotta all'integralismo va di pari passo con la lotta per la libertà d'espressione.
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