Il referendum del 17 aprile spiegato ai nostri figli…

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Il referendum del 17 aprile spiegato ai nostri figli…
Il referendum del 17 aprile spiegato ai nostri figli…
Il referendum del 17 aprile ha un sapore prettamente politico.
In effetti non interessa a nessuno (qualora si raggiungesse il quorum) l’abolizione delle
concessioni alle cosiddette “ trivelle “ , ma con questo referendum si cerca di dare una spallata a
Renzi e al suo governo.
La società in cui lavoro l’Eni spende tantissimi soldi per la sicurezza delle persone e dell'ambiente.
Infatti, L’impegno di Eni per l’ambiente è massimo, in ogni ambito: possiamo dire che ben pochi
spendono come noi in Italia. Dei 17 miliardi investiti dal 2009 in Italia, ben 4,2 miliardi sono stati
spesi per sicurezza e protezione dell’ambiente.
Le 79 infrastrutture Eni attualmente operative nell’off-shore (72 piattaforme di produzione gas e 7
olio) di Emilia Romagna, Marche, Abruzzo, Calabria e Sicilia subiscono costanti attività di
manutenzione ordinaria e straordinaria che coinvolgono oltre 1200 aziende.
Le unità produttive offshore di Eni operano senza incidenti ambientali da oltre 50 anni. Provate a
fare ricerche d’archivio sui giornali: per trovare un incidente vero a una piattaforma bisogna
andare indietro al 1965 (piattaforma Paguro)!
L’estrazione di idrocarburi è un’attività completamente sostenibile e sicura. Ripetiamolo, perché è
importante: le statistiche dicono che questa è una delle industrie più sicure, con il tasso di
infortuni e di incidenti più basso e dove vengono applicate le tecnologie più avanzate.
Come ha detto l’AD di Eni Claudio Descalzi: “Massimo rispetto per il referendum come strumento
democratico, ma se si guarda ai contenuti in questo caso non ha alcun senso: chiede di dire no a
qualcosa che non si sta facendo. In Puglia, per dire, l’ultimo pozzo risale al 1997”.
La produzione offshore di Eni è costituita per il 93% da gas naturale e solo per il 7% da petrolio. Il
gas naturale è considerato tra le fonti di energia più pulite attualmente accessibili. In fase di
combustione produce minime quantità di inquinanti atmosferici come CO2, NOx, trascurabili
emissioni di SO2 e non produce polveri sottili..
Pertanto, la paura di disastri in mare non ha ragione d'essere .
Ciò che deve far riflettere è, che se passasse questo referendum tante piattaforme non avranno
più la possibilità di ricerca, con conseguente perdita di lavoro da parte di tanti lavoratori. E come
se non bastasse oltre al danno la beffa, infatti, il nostro gas verrebbe estratto dai paesi a noi
confinanti ( Croazia , Albania ecc.), in questo caso però una domanda mi sorge spontanea e la
faccio a chi grida e prevede eventi catastrofici; saremmo al riparo da eventuali disastri ambientali ?
Non penso, perché le piattaforme sorgerebbero nelle acque territoriali, difatti a ridosso delle
nostre acque.
Inoltre, importeremo il nostro stesso gas pagandolo di più.
Piattaforma nel mare di Ravenna
Piantina trivellazioni mare in Croazia
Le concessioni che si trovano all’interno delle 12 miglia sono 48 su 69 e producono circa 2,7 Bcm(
miliardi di metri cubi di gas ) di gas ( 60% del totale ) e 4 milioni di barili di petrolio ( 73% del totale ). Gli
impatti economici ed occupazionali del mancato rinnovo delle concessioni di coltivazione degli
idrocarburi entro le 12 miglia, sono: aumento della dipendenza energetica dall’estero fino ad oltre
l’81% rispetto all’attuale76% (ovvero un aumento dell’import di gas dal 90% al 95% e dell’import
di olio e prodotti petroliferi dal 90% attuale al 91.3%); una riduzione degli investimenti nel settore
upstream di circa 1 Mld €. Riduzione del volume del fatturato dell’indotto per circa 0,9 Mld € anno
e ricadute occupazionali su 5.500 risorse impiegate . Infine, da un punto di vista di efficienza
energetica ed ambientale è importante evidenziare come per rimpiazzare un metro cubo di gas
prodotto in Italia occorre importarlo tramite gasdotti o LNG ( gas naturale liquefatto ), con un consumo di
energia mediamente pari al 10% del volume importato, e quindi un maggiore impatto ambientale:
l’import addizionale porterebbe ad un aggravio delle emissioni di circa un milione di tonnellate di
CO2 per anno. Per non parlare dell’aumento dei traffico di petroliere nei nostri mari, con relativi
rischi annessi. Ancora: la ricchezza prodotta da esplorazione e produzione di idrocarburi genera
circa 630 milioni di euro/anno di imposte sul reddito d’impresa e oltre 310 milioni di euro/anno di
royalties e canoni. Occorre essere realisti e dire le cose con chiarezza. L’Italia e l’Europa avranno
bisogno di utilizzare (e importare) idrocarburi ancora per decenni. Oggi l’Italia importa circa il 90%
del petrolio e dei prodotti petroliferi necessari a soddisfare il suo fabbisogno e circa il 90% del gas.
A meno di breakthrough tecnologici - ad oggi difficilmente immaginabili - gas e petrolio
alimenteranno ancora nel 2030 oltre il 50% della domanda primaria di energia.
Piattaforma Giovanna
Piattaforma Fratello Cluster
Comunque nonostante ciò detto sopra, L’Enipower ha avviato degli studi per la produzione di
energie rinnovabili in Piemonte, e precisa quanto segue : Le fonti rinnovabili rappresentano un
fattore importante nella sostenibilità del mix energetico di oggi e del futuro. Perché le rinnovabili
possano raddoppiare la propria incidenza nel mix energetico mondiale senza sacrificarne la
sostenibilità economica, è necessario, oltre ad applicare le migliori tecnologie disponibili, investire
in ricerca scientifica e innovazione industriale.
Per questo motivo Eni è impegnata a:
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Supportare la ricerca e sviluppare partnership con le Università;
Produrre impianti fotovoltaici conformi a standard di eccellenza;
Innovare e convertire processi e prodotti industriali.
Anche se sulle rinnovabili non tutti sono concordi sull’efficienza, tra questi c’è anche il premio
Nobel Carlo Rubbia che ha rilasciato al messaggero un’intervista in cui afferma: "Basta rinnovabili, il
futuro è nel rompere il gas metano", ritiene più opportuno produrre gas metano , ma evitando il
rilascio di anidride carbonica. Inoltre, che dire delle polemiche sulla reiniezione delle acque in Val
d’Agri? ( Artatamente messa in giro a pochi giorni dal referendum ). Anche qui, stiamo ai fatti e
diciamolo con chiarezza: quelle acque non sono pericolose e la pratica della reiniezione è la
migliore per rispettare l’ambiente. Sono stati commissionati studi su questo a esperti di
conclamata esperienza professionale ed autorevolezza in campo scientifico sia a livello nazionale
che internazionale. E gli accertamenti condotti al Centro Oli di Val D’agri si basano su:
monitoraggio e analisi della qualità delle acque per 75 giorni continuativi, 24 ore su 24;
monitoraggio e analisi dei livelli emissivi del Centro Olio per 30 giorni continuativi; monitoraggio e
analisi della qualità dell’aria registrata dalla centraline nelle aree esterne al Centro Olio per 28
giorni continuativi, in periodo invernale ed estivo. Tale monitoraggio prevede l’utilizzo di
centraline indipendenti rispetto a quelle già esistenti dell’ARPAB.
Caro Eustachio e car, ( parafrasando il nostro amico Domenico Palacchio )ho voluto dare un
contributo a tanti amici e compagni che chiedono lumi sul nostro “mondo” e nello specifico sul
referendum voluto da alcune regioni , tra queste c’era anche la regione Abruzzo, che poi ha
rinunciato. Ha rinunciato per la lungimiranza del Presidente D’Alfonso, che tra l’altro si è reso
conto di persona venendo a visitare i nostri siti in on e off shore, della professionalità dei
lavoratori Eni e della efficienza dei nostri impianti. Domenica 17 aprile speriamo che sia una bella
giornata per fare lunghe passeggiate, evitando quindi di andare a votare un referendum inutile.
In questo mio scritto ho attinto alcuni dati dal sito :www.Eni.com , che invito a leggere.
Angelo Torrisi
Dipendente Eni